Potere presidenziale: crisi istituzionale o ripristino della governance costituzionale, di Alberto Cossu

Potere presidenziale: crisi istituzionale o ripristino della governance costituzionale

Alberto Cossu

L’azione della nuova amministrazione americana ha generato un’ampia gamma di commenti da parte di analisti di ogni genere, molti dei quali si avventurano in campi complessi come il diritto costituzionale. Spesso, questi commenti si basano su analogie con il diritto italiano o di altri paesi occidentali, un approccio che può risultare problematico data la specificità del sistema costituzionale statunitense. I giudizi espressi riguardo alla serie di executive orders emanati dal nuovo Presidente variano dall’asserita illegittimità di alcuni di essi, alla paventata crisi istituzionale tra organi dello Stato, fino a scenari più estremi che evocano un vero e proprio colpo di stato in atto. Nell’ambito dello scontro di potere che sta avvenendo negli USA guardiamo alle dinamiche in evoluzione tra la presidenza e le agenzie indipendenti, con particolare attenzione alle azioni recenti volti a limitare il potere di queste ultime.

Per comprendere appieno il dibattito attuale, è essenziale rivisitare i principi fondanti della repubblica statunitense. I padri costituenti  hanno concepito una repubblica presidenziale in cui il Presidente, in quanto capo del ramo esecutivo, detiene un potere significativo al fine di dare coerenza ed efficacia alle politiche che hanno ottenuto il sostegno popolare. Come sottolineato da Costantino Mortati in “Le Forme di Governo”, il ruolo del Presidente era concepito come un contraltare al monarca britannico, con il Congresso che fungeva da freno al potere esecutivo.

Infatti, il Presidente sovrintende direttamente alle funzioni esecutive e amministrative del governo, assumendosi la responsabilità ultima della loro esecuzione. Questa concentrazione di autorità consente al Presidente di adempiere al mandato conferitogli dal processo elettorale. A differenza dei sistemi parlamentari in cui il potere è diffuso coinvolgendo il consiglio di ministri, il sistema statunitense attribuisce un’autorità considerevole al Presidente, che nomina i segretari a capo dei vari dipartimenti. Questi segretari non fanno parte di un consiglio formale con rilevanza costituzionale; invece, servono a discrezione del Presidente e possono essere rimossi dall’incarico in qualsiasi momento.

Il ruolo delle agenzie governative negli Stati Uniti ha subito una trasformazione significativa, in particolare a partire dall’era di Franklin D. Roosevelt. Il New Deal di Roosevelt ha ridefinito radicalmente l’ambito del governo federale, inaugurando un’era di espansione del potere e dell’influenza delle agenzie governative. Nel corso del tempo, queste agenzie si sono moltiplicate e hanno acquisito una crescente autonomia, allontanandosi dalla visione dei Padri Fondatori di un ramo esecutivo direttamente responsabile nei confronti del popolo.

La crescita delle agenzie indipendenti, come la Federal Trade Commission (FTC), la Federal Communications Commission (FCC) e la Securities and Exchange Commission (SEC), è stata particolarmente notevole. Queste agenzie operano con un certo grado di indipendenza dal diretto controllo presidenziale, ed esercitano una notevole influenza sulla società americana.

Nel febbraio 2025, il Presidente Trump ha emanato un executive order[1] volto a limitare il potere delle agenzie indipendenti e a riaffermare il controllo presidenziale sul ramo esecutivo. L’ordine invoca esplicitamente l’articolo II della Costituzione, che attribuisce tutto il potere esecutivo al Presidente. Questa affermazione costituisce la base dell’argomentazione dell’amministrazione secondo cui tutti i funzionari e i dipendenti del ramo esecutivo sono soggetti alla supervisione presidenziale e quindi possono essere rimossi qualora non si attengano alla volontà del Presidente.

L’executive order include diverse disposizioni. Tutte le agenzie, comprese quelle indipendenti (ad eccezione delle funzioni di politica monetaria della Federal Reserve), devono presentare le bozze dei regolamenti per la revisione da parte della Casa Bianca. Le agenzie sono tenute a consultarsi con la Casa Bianca sulle loro priorità e sui loro piani strategici, con la Casa Bianca che stabilisce gli standard di prestazione. L’Office of Management and Budget (OMB) adatterà le allocazioni delle agenzie indipendenti per garantire una spesa responsabile del denaro dei contribuenti.Il Presidente e il Procuratore Generale interpreteranno la legge per il ramo esecutivo, impedendo alle agenzie di adottare interpretazioni contrastanti. Implementando queste misure, l’amministrazione Trump cerca di garantire che le agenzie indipendenti siano responsabili nei confronti del Presidente e, per estensione, nei confronti del popolo americano. L’executive order riflette l’impegno a ripristinare la governance costituzionale e la responsabilità all’interno del ramo esecutivo.

Lo sforzo per limitare il potere delle agenzie indipendenti ha suscitato un intenso dibattito, con sostenitori e oppositori che presentano argomentazioni convincenti. I sostenitori della limitazione sostengono che le agenzie indipendenti operano senza sufficiente responsabilità nei confronti dei responsabili politici eletti. Sottoponendo queste agenzie alla supervisione presidenziale, l’executive order garantisce che rispondano alla volontà del popolo. Centralizzare l’interpretazione legale all’interno del ramo esecutivo promuove la coerenza e la coesione nell’applicazione delle leggi. Ciò riduce il potenziale di interpretazioni contrastanti da parte delle agenzie e rafforza lo stato di diritto. Semplificare i processi normativi e allineare le priorità delle agenzie all’agenda del Presidente può portare a una maggiore efficienza nelle operazioni governative. Infine  l’executive order è radicato nella Costituzione, che attribuisce tutto il potere esecutivo al Presidente. Perciò affermando  il controllo presidenziale sulle agenzie indipendenti, l’amministrazione sta semplicemente applicando lo spirito della costituzione.

Gli oppositori alla limitazione sostengono che l’executive order mina l’indipendenza delle agenzie che sono state create per operare libere da interferenze politiche. Questa indipendenza è considerata essenziale per garantire una regolamentazione e un’applicazione imparziali.

 Le agenzie indipendenti possiedono una competenza specializzata necessaria per un’efficace elaborazione delle politiche. Sottoponendo queste agenzie al controllo politico, l’executive order rischia di compromettere la qualità delle loro decisioni.

 Alcuni sostengono che l’executive order sconvolge il sistema di checks and balances concentrando troppo potere nel ramo esecutivo. Ciò potrebbe portare ad abusi di potere e a un indebolimento delle istituzioni democratiche.

Gli oppositori suggeriscono che il controllo presidenziale sulle agenzie indipendenti potrebbe renderle più suscettibili alla regulatory capture da parte di interessi speciali. Ciò potrebbe tradursi in politiche che avvantaggiano le industrie potenti a spese dell’interesse pubblico. Il regulatory capture è un fenomeno che si verifica quando un’agenzia di regolamentazione, creata per servire l’interesse pubblico, finisce per essere controllata dagli interessi delle aziende o dei settori che dovrebbe regolamentare. In altre parole, invece di proteggere il pubblico dai possibili abusi delle imprese, l’agenzia diventa uno strumento per favorire gli interessi di queste ultime

Il tentativo di limitare le agenzie indipendenti rappresenta uno sviluppo significativo nella governance americana. Il dibattito su questo tema solleva questioni fondamentali sull’equilibrio dei poteri tra il ramo esecutivo e gli organismi di regolamentazione. Mentre i sostenitori sostengono che un maggiore controllo presidenziale aumenta la responsabilità e l’efficienza, gli oppositori sollevano preoccupazioni sull’indipendenza, la competenza e il potenziale abuso di potere. Su questo punto si dovrà sicuramente esprimere la Corte Suprema.

In conclusione l’excutive order del 18 febbraio 2025 apre la strada ad una reinterpretazione del ruolo delle agenzie e non solo di quelle ma anche ai limiti del potere del Presidente. Gli scenari descritti dagli analisti avanzano ipotesi che sembrano discostarsi dalla realtà dei fatti che dimostra che le azioni della attuale amministrazione sono inquadrabili nell’ambito della Costituzione e non ne costituiscono un pregiudizio e meno che mai configurano un colpo di stato. Forse bisogna parlare di un ritorno allo spirito dei Padri Fondatori che concepivano la figura del Presidente con dei tratti da monarca sebbene limitato da un complesso sistema di check and balance.


[1] https://www.whitehouse.gov/fact-sheets/2025/02/fact-sheet-president-donald-j-trump-reins-in-independent-agencies-to-restore-a-government-that-answers-to-the-american-people/

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Il Manifesto dell’età Trumpiana, di Alberto Cossu

Il Manifesto dell’età Trumpiana

Alberto Cossu 05/03/2025

In un discorso carico di retorica e promesse di rinnovamento radicale, il Presidente Donald Trump si è rivolto alla sessione congiunta del Congresso il 4 marzo 2025, dipingendo un quadro di “America Rinata” e celebrando i risultati dei suoi primi 43 giorni in carica. Il discorso, caratterizzato da una combinazione di auto elogio, critiche pungenti e promesse di un futuro più prospero e sicuro, ha delineato una serie di politiche e iniziative volte a trasformare profondamente il tessuto economico, sociale e culturale degli Stati Uniti. Hanno prevalso gli argomenti di politica interna su quelli di politica estera.

Trump ha iniziato il suo discorso con una dichiarazione di intenti chiara e inequivocabile: “L’America è tornata”. Ha esaltato i risultati ottenuti in un lasso di tempo relativamente breve, sostenendo di aver fatto più in 43 giorni di quanto molte amministrazioni riescano a fare in anni. Questa affermazione, seppur esagerata, ha gettato le basi per un discorso incentrato sulla trasformazione rapida e radicale del paese.

Il Presidente ha posto l’accento sulla sua vittoria elettorale come un mandato popolare per il cambiamento, sottolineando la sua ampia vittoria nel Collegio Elettorale e nel voto popolare. Ha enfatizzato come, per la prima volta nella storia moderna, la maggior parte degli americani creda che il paese stia andando nella giusta direzione, un’inversione di tendenza che attribuisce direttamente alle sue politiche.

Il cuore del discorso è stato dedicato all’illustrazione delle politiche e delle iniziative chiave che l’amministrazione Trump ha intrapreso per realizzare la sua visione di un’America rinata. Queste politiche toccano una vasta gamma di settori, dall’immigrazione all’economia, dall’energia alla cultura.

Trump ha ribadito la sua posizione intransigente sull’immigrazione, dichiarando che ha proclamato  un’emergenza nazionale al confine meridionale con il Messico e schierato l’esercito e la Guardia di Confine per respingere l'”invasione” del paese. Ha rivendicato un drastico calo degli attraversamenti illegali come risultato diretto delle sue azioni, sottolineando il contrasto con le politiche “disastrose” dell’amministrazione Biden.

Il Presidente ha delineato una serie di misure volte a stimolare la crescita economica e a garantire l’indipendenza energetica degli Stati Uniti. Tra queste, il blocco delle assunzioni federali, la revisione delle normative, la fine degli aiuti esteri e il ritiro dall’Accordo di Parigi sul clima. Trump ha promesso di eliminare le restrizioni ambientali che ostacolano lo sviluppo industriale e di promuovere l’estrazione di petrolio e gas, sfruttando le vaste risorse energetiche del paese. L’approvazione di un gigantesco gasdotto in Alaska, con la partecipazione di investitori stranieri, è stata presentata come un simbolo di questa nuova era di prosperità energetica.

Trump ha parlato della creazione del “Dipartimento per l’Efficienza Governativa” (DOGE), guidato da Elon Musk, con l’obiettivo di eliminare gli sprechi e le frodi nel settore pubblico. Il Presidente ha elencato una serie di esempi di spese pubbliche che ha definito “assurde”, tra cui finanziamenti per programmi di diversità, equità e inclusione (DEI). Queste spese, secondo Trump, rappresentano un uso irresponsabile dei soldi dei contribuenti e devono essere eliminate.

Il Presidente ha promesso di invertire le politiche “woke” che, a suo dire, hanno minato i valori tradizionali americani. Ha annunciato la fine delle politiche DEI, il ripristino della libertà di parola, la dichiarazione dell’inglese come lingua ufficiale e il divieto agli uomini di partecipare agli sport femminili. Quest’ultima misura, in particolare, è stata presentata come una difesa delle atlete donne e un rifiuto dell’ideologia di genere.

Trump ha promesso di combattere le frodi e l’incompetenza presenti nel programma di previdenza sociale, sottolineando l’importanza di proteggere gli anziani e le persone vulnerabili. Ha citato dati “scioccanti” sui beneficiari della previdenza sociale, suggerendo che il sistema è afflitto da irregolarità e abusi.

Nonostante il tono celebrativo e ottimista, il discorso di Trump è stato segnato da critiche aspre nei confronti dei Democratici e delle politiche dell’amministrazione precedente. Il Presidente ha accusato i Democratici di non sostenere le sue politiche e di essere ostili al suo programma di cambiamento. Ha attaccato l’amministrazione Biden per aver causato una “catastrofe economica” e un’inflazione galoppante, e di aver generato l’aumento dei prezzi dell’energia e dei generi alimentari.

Tuttavia, Trump ha anche lanciato un appello all’unità e alla collaborazione, invitando i Democratici a unirsi a lui nel celebrare i successi dell’America e nel lavorare insieme per il bene della nazione. Ha esortato il Congresso a mettere da parte le divisioni partitiche e a concentrarsi sulla realizzazione di un futuro migliore per tutti gli americani.

Il discorso di Donald Trump al Congresso ha delineato un’agenda politica radicale e trasformativa, volta a smantellare le politiche dell’amministrazione Biden e a ripristinare i valori tradizionali americani. Le politiche proposte dal Presidente avranno un impatto significativo su una vasta gamma di settori, dall’economia all’energia, dall’immigrazione alla cultura.

Le implicazioni del discorso sono molteplici. In primo luogo, segnala un’intensificazione della polarizzazione politica negli Stati Uniti. Le critiche aspre di Trump nei confronti dei Democratici e la sua retorica incendiaria rischiano di esacerbare le divisioni esistenti e di rendere più difficile la cooperazione bipartisan.

In secondo luogo, il discorso riflette una visione del mondo populista e nazionalista. Trump si presenta come un difensore degli americani comuni e promette di proteggere i loro interessi dalle minacce esterne e interne. La sua enfasi sull’indipendenza energetica, sulla sicurezza dei confini e sulla lotta contro le politiche “woke” risuona con una parte significativa dell’elettorato americano.

In terzo luogo, il discorso solleva interrogativi sulla sostenibilità economica e ambientale delle politiche proposte. La promozione dell’estrazione di combustibili fossili e il ritiro dagli accordi internazionali sul clima potrebbero avere conseguenze negative sull’ambiente e sulla salute pubblica. Allo stesso modo, i tagli alla spesa pubblica e la deregolamentazione potrebbero compromettere i servizi sociali e la protezione dei lavoratori.

Il discorso di Donald Trump al Congresso ha segnato l’inizio di una nuova era nella politica americana. Le sue politiche radicali e la retorica che li caratterizza  hanno il potenziale per trasformare profondamente il paese, ma anche per accentuare le divisioni esistenti e disturbare il dialogo tra le forze politiche. Il Presidente ha i numeri nel Congresso per realizzare la sua visione di un’America rinata e allo stato attuale il programma politico dispone del sostegno necessario per superare le sfide che lo attendono.

In conclusione, il discorso di Trump è un manifesto politico che segna un cambio di paradigma e apre scenari inediti e, per molti versi, imprevedibili anche se il Presidente non si è sbilanciato sul versante della politica estera se non relativamente alla questione dei confini con il Messico, preferendo parlare dell’opera di prosciugamento della “palude” che assorbe risorse sottraendole allo sviluppo del paese. In alcuni passi soprattutto quelli dedicati al commercio internazionale si prefigura quasi un regime “autarchico” nel senso di auspicare un maggior consumo di prodotti soprattutto agroalimentari da parte del consumatore americano.

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