Uova si, petrolio no _ di Alberto Cossu

Uova si petrolio no

Alberto Cossu 04/04/2025

I migliori economisti del mainstream sono unanimi nel prevedere un infiammata globale dell’inflazione e una prossima recessione dovuta alla politica dei dazi dell’amministrazione Trump. Mentre il mondo si interroga sulle catastrofiche conseguenze con le quali presto avremo a che fare il focus dell’attenzione dell’opinione pubblica viene quasi esclusivamente mantenuto sui dazi e le tensioni inflazionistiche.  Fioriscono sui “migliori” giornali racconti sul costo delle uova negli Usa e altre storie che ingenerano paure e preoccupazione per l’inflazione che viene rappresentata come devastante.

Il prezzo del petrolio che solitamente è un indicatore efficace per misurare le tendenze inflazionistiche viene dimenticato e sostituito dal prezzo delle uova come nuovo termometro inflazionistico. Gli analisti parlano di tutto, raccontano nei dettagli particolari a volte irrilevanti. Però sembra che il prezzo del petrolio, che nel paniere dei beni  ha un peso rilevantissimo, è oggetto del totale ostracismo da parte di insigni accademici, giornalisti paludati ed esperti in questioni internazionali. Infatti combinando la spesa per i combustibili impiegati per il trasporto con una parte della spesa per uso domestico, si può certamente affermare che la spesa per il petrolio costituisce una delle categorie  più rilevanti nel paniere dei beni per il calcolo dell’inflazione.

In questi giorni il prezzo del petrolio sia quello quotato WTO che Brent ha perso circa 10 dollari. Le quotazioni oscillano intorno a 65 $ per il Brent e 61$ per il WTO. Una bella discesa da quotazioni superiori ai 70 dollari. Le previsioni di recessione pesano, ma pare che l’Opec e in particolare l’Arabia Saudita invece non la pensino nello stesso modo. Infatti hanno aumentato l’offerta di oro nero facendo letteralmente precipitare il prezzo. Insomma i consumatori di tutto il mondo possono tirare un sospiro di sollievo perché forse l’inflazione non eroderà il loro potere d’acquisto in modo devastante. Una operazione che arriva quasi “telecomandata” ad attenuare gli effetti inflazionistici dovuti alla politica dei dazi voluta dall’amministrazione Trump.

In previsione di un periodo di recessione o di rallentamento dell’economia i paesi produttori controllano l’offerta per evitare una caduta sostenuta del prezzo. Un aumento dell’offerta è una anomalia. Infatti è questo il fattore che ha accelerato la caduta dei prezzi. Se nei prossimi giorni queste dinamiche si confermeranno esse giocheranno a favore delle politiche di Trump attenuandone il peso inflazionistico. Il futuro sarà un po’ meno cupo di come lo descrivono i media mainstream.

Insomma gli analisti di tutte le tipologie capaci di trovare il pelo nell’uovo per far quadrare le loro supponenti previsioni mettono da parte il prezzo del petrolio cosi che tutto può funzionare come vogliono. L’inflazione è assicurata.  Poi se il prezzo del petrolio cala non importa. E’ fuori dal loro modello e possono continuare a distribuire a piene mani paure economiche e generare caos mentale in tutti coloro che si espongono al loro pensiero senza le cautele dovute.

L’operazione di aumento dell’offerta da parte dell’OPEC fa riflettere sulla sincronizzazione delle politiche dei produttori petroliferi con gli USA. La precedente amministrazione quando l’inflazione è esplosa non è riuscita ad ottenere un incremento della produzione di petrolio per ammortizzare l’impatto inflazionistico. Interessi geopolitici e geoeconomici pare che si stiano armonizzando almeno momentaneamente per favorire la costruzione di un altro ordine economico.

L’Arabia Saudita al centro della Rivoluzione Logistica Globale

L’Arabia Saudita al centro della Rivoluzione Logistica Globale

Alberto Cossu

Dal cuore del Medio Oriente, l’Arabia Saudita si sta affermando come un pilastro fondamentale nell’economia globale grazie alla Vision 2030, un piano strategico che mira a trasformare il Regno in un hub logistico di rilevanza mondiale. Questo ambizioso progetto non solo cerca di diversificare l’economia saudita, tradizionalmente dipendente dal petrolio, ma punta anche a posizionare il paese come leader nell’infrastruttura logistica e nei trasporti internazionali. La Vision 2030 non è solo un piano economico, ma una dichiarazione di intenti geopolitici che riflette l’importanza strategica dell’Arabia Saudita nel commercio globale.

Situata al crocevia di tre continenti – Asia, Africa ed Europa – l’Arabia Saudita ha storicamente svolto un ruolo centrale nelle rotte commerciali internazionali. Con il 12% del commercio globale di container che attraversa il Mar Rosso, il Regno è perfettamente posizionato per sfruttare le dinamiche del commercio marittimo internazionale. La Vision 2030 mira a capitalizzare questa posizione strategica attraverso investimenti massicci in infrastrutture portuali, ferroviarie e aeroportuali.

Ad esempio, il porto di King Abdullah sul Mar Rosso è stato trasformato in un modello di sostenibilità e innovazione, riducendo le emissioni di carbonio del 20% grazie all’adozione di sistemi energetici solari e pratiche efficienti nell’uso dell’acqua. Inoltre, il piano prevede l’espansione della capacità portuale del paese per quadruplicare il volume annuale di container movimentati, passando da 10 milioni a 40 milioni di TEU (unità equivalenti a venti piedi) entro il 2030.

Uno degli obiettivi principali della Vision 2030 è posizionare l’Arabia Saudita in uno dei primi dieci paesi al mondo nel Logistics Performance Index della Banca Mondiale. Per raggiungere questo traguardo, il Regno ha introdotto una serie di riforme strutturali e investimenti strategici:

  • Zone Logistiche Integrate: La creazione di una zona logistica speciale presso l’aeroporto internazionale King Khalid a Riyadh rappresenta un esempio chiave. Questa zona mira a semplificare le procedure burocratiche e ad attrarre investimenti esteri.
  • Rete Ferroviaria Estesa: Il collegamento tra i porti del Mar Rosso e del Golfo Persico tramite una rete ferroviaria avanzata migliorerà la connettività regionale e ridurrà i costi logistici.
  • Tecnologie Avanzate: L’introduzione dell’intelligenza artificiale e della digitalizzazione nei processi logistici sta ottimizzando la gestione delle merci e migliorando l’efficienza operativa.

Questi sforzi hanno già prodotto risultati tangibili. Nel 2024, l’Arabia Saudita è salita al 15° posto nella classifica globale dei gestori di container secondo il rapporto Lloyd’s List, consolidando la sua posizione come leader regionale nel settore marittimo.

Un elemento fondamentale della strategia logistica saudita è la partecipazione al Corridoio Economico India-Medio Oriente-Europa (IMEC). Questo progetto ambizioso mira a creare una rete multimodale che colleghi l’India all’Europa attraverso il Medio Oriente, includendo porti e infrastrutture saudite come punti chiave lungo la rotta. In particolare, il porto di Dammam è destinato a giocare un ruolo cruciale come snodo principale nel corridoio IMEC, facilitando il flusso di merci tra l’India e l’Europa.

L’IMEC rappresenta un’opportunità unica per l’Arabia Saudita di rafforzare ulteriormente la sua posizione come hub logistico globale. Il corridoio non solo migliorerà la connettività commerciale tra Asia ed Europa, ma consentirà anche al Regno di diversificare le sue rotte commerciali, riducendo la dipendenza dal Canale di Suez e aprendo nuove opportunità per collaborazioni economiche con India ed Europa. L’Arabia Saudita vede nell’IMEC un’alternativa strategica alla Belt and Road Initiative cinese, con potenziali benefici economici significativi e un rafforzamento dell’influenza regionale.

La Vision 2030 non può essere separata dal contesto geopolitico regionale e internazionale. L’Arabia Saudita sta utilizzando la sua crescente influenza logistica per rafforzare le sue relazioni con potenze globali come Stati Uniti, Cina ed Europa. Allo stesso tempo, il Regno sta cercando di bilanciare le sue relazioni con attori regionali come Israele e Iran. L’avvicinamento ad Israele, seppur cauto, è visto come un modo per stabilizzare la regione e creare un ambiente favorevole allo sviluppo economico a lungo termine.

L’investimento nella logistica è anche una risposta strategica alle sfide geopolitiche. Nel contesto delle tensioni nel Mar Rosso e delle incertezze legate alla sicurezza delle rotte marittime tradizionali, una rete logistica interna forte offre al Regno maggiore resilienza economica e una leva diplomatica significativa. La partecipazione all’IMEC, inoltre, permette all’Arabia Saudita di consolidare la sua posizione come mediatore chiave nei flussi commerciali globali.

La diversificazione economica è un aspetto cruciale della Vision 2030. L’Arabia Saudita sta investendo massicciamente in settori come il turismo, l’istruzione e la sanità, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dal petrolio. Nonostante i progressi, il petrolio continua a rappresentare una quota significativa del budget nazionale, circa il 75% nel 2021.

Per attrarre investimenti stranieri, il Regno ha introdotto riforme che permettono la proprietà al 100% in alcuni settori e ha creato zone economiche speciali. Queste iniziative hanno aumentato gli investimenti diretti esteri (IDE), con l’obiettivo di raggiungere 100 miliardi di dollari entro il 2030.

L’Arabia Saudita sta rafforzando il suo settore marittimo, sfruttando la sua posizione strategica al centro delle rotte commerciali marittime più trafficate del mondo. Investimenti significativi sono stati destinati alla modernizzazione delle infrastrutture portuali e alla costruzione navale, con l’obiettivo di creare un hub logistico globale.

Fincantieri, uno dei principali costruttori navali mondiali, ha costituito Fincantieri Arabia per supportare lo sviluppo del settore marittimo saudita. Questa collaborazione include accordi per la cantieristica civile e lo sviluppo della cybersecurity navale, in linea con gli obiettivi della Vision 2030.

Il settore marittimo globale sta vivendo un momento di grande trasformazione. Nel 2025, le compagnie di navigazione dovranno affrontare sfide economiche, geopolitiche e ambientali che stanno trasformando profondamente il panorama del trasporto marittimo dei container

Nonostante i progressi impressionanti, l’Arabia Saudita deve affrontare diverse sfide per realizzare pienamente gli obiettivi della Vision 2030. Tra queste:

  • Competizione Regionale: Paesi come gli Emirati Arabi Uniti stanno anch’essi investendo pesantemente nel settore logistico, creando una competizione diretta per attrarre investimenti esteri.
  • Rischi Geopolitici: Le tensioni regionali e i conflitti in corso, come in Yemen, potrebbero influenzare negativamente lo sviluppo delle infrastrutture logistiche e la sicurezza delle rotte commerciali.
  • Sostenibilità Ambientale: Sebbene siano stati fatti progressi significativi nella riduzione delle emissioni nei porti sauditi, la transizione verso operazioni completamente sostenibili richiederà ulteriori investimenti e l’adozione di tecnologie innovative.

Tuttavia, le opportunità superano ampiamente le sfide. La crescita del settore logistico non solo diversificherà l’economia saudita, ma creerà anche migliaia di nuovi posti di lavoro e rafforzerà la posizione del paese come leader globale nel commercio internazionale. L’IMEC rappresenta un’ulteriore opportunità per attrarre investimenti e consolidare il ruolo dell’Arabia Saudita come hub logistico strategico.

Guardando al futuro, l’Arabia Saudita ha fissato obiettivi ambiziosi ma raggiungibili. Con investimenti stimati in miliardi di dollari per lo sviluppo delle infrastrutture logistiche e il supporto governativo continuo, il Regno è ben posizionato per diventare uno dei principali attori globali nel settore. L’uso dell’intelligenza artificiale, blockchain e altre tecnologie avanzate contribuirà a ottimizzare le operazioni logistiche e a ridurre i costi, rendendo l’Arabia Saudita ancora più competitiva.

Inoltre, la partecipazione a iniziative internazionali come l’IMEC rafforzerà ulteriormente la posizione dell’Arabia Saudita come ponte tra Asia ed Europa. La combinazione di innovazione tecnologica, sostenibilità ambientale e una visione strategica chiara garantirà che il Regno rimanga al centro delle dinamiche globali del commercio per i decenni a venire.

In sintesi, attraverso la Vision 2030, l’Arabia Saudita non sta solo costruendo un’infrastruttura logistica all’avanguardia; sta ridefinendo il suo ruolo nella geopolitica globale. Come crocevia naturale tra continenti e culture, il Regno si prepara a guidare una nuova era di commercio internazionale basata su efficienza, innovazione, sostenibilità e, soprattutto, sull’integrazione strategica nel panorama logistico globale attraverso iniziative come l’IMEC.

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Potere presidenziale: crisi istituzionale o ripristino della governance costituzionale, di Alberto Cossu

Potere presidenziale: crisi istituzionale o ripristino della governance costituzionale

Alberto Cossu

L’azione della nuova amministrazione americana ha generato un’ampia gamma di commenti da parte di analisti di ogni genere, molti dei quali si avventurano in campi complessi come il diritto costituzionale. Spesso, questi commenti si basano su analogie con il diritto italiano o di altri paesi occidentali, un approccio che può risultare problematico data la specificità del sistema costituzionale statunitense. I giudizi espressi riguardo alla serie di executive orders emanati dal nuovo Presidente variano dall’asserita illegittimità di alcuni di essi, alla paventata crisi istituzionale tra organi dello Stato, fino a scenari più estremi che evocano un vero e proprio colpo di stato in atto. Nell’ambito dello scontro di potere che sta avvenendo negli USA guardiamo alle dinamiche in evoluzione tra la presidenza e le agenzie indipendenti, con particolare attenzione alle azioni recenti volti a limitare il potere di queste ultime.

Per comprendere appieno il dibattito attuale, è essenziale rivisitare i principi fondanti della repubblica statunitense. I padri costituenti  hanno concepito una repubblica presidenziale in cui il Presidente, in quanto capo del ramo esecutivo, detiene un potere significativo al fine di dare coerenza ed efficacia alle politiche che hanno ottenuto il sostegno popolare. Come sottolineato da Costantino Mortati in “Le Forme di Governo”, il ruolo del Presidente era concepito come un contraltare al monarca britannico, con il Congresso che fungeva da freno al potere esecutivo.

Infatti, il Presidente sovrintende direttamente alle funzioni esecutive e amministrative del governo, assumendosi la responsabilità ultima della loro esecuzione. Questa concentrazione di autorità consente al Presidente di adempiere al mandato conferitogli dal processo elettorale. A differenza dei sistemi parlamentari in cui il potere è diffuso coinvolgendo il consiglio di ministri, il sistema statunitense attribuisce un’autorità considerevole al Presidente, che nomina i segretari a capo dei vari dipartimenti. Questi segretari non fanno parte di un consiglio formale con rilevanza costituzionale; invece, servono a discrezione del Presidente e possono essere rimossi dall’incarico in qualsiasi momento.

Il ruolo delle agenzie governative negli Stati Uniti ha subito una trasformazione significativa, in particolare a partire dall’era di Franklin D. Roosevelt. Il New Deal di Roosevelt ha ridefinito radicalmente l’ambito del governo federale, inaugurando un’era di espansione del potere e dell’influenza delle agenzie governative. Nel corso del tempo, queste agenzie si sono moltiplicate e hanno acquisito una crescente autonomia, allontanandosi dalla visione dei Padri Fondatori di un ramo esecutivo direttamente responsabile nei confronti del popolo.

La crescita delle agenzie indipendenti, come la Federal Trade Commission (FTC), la Federal Communications Commission (FCC) e la Securities and Exchange Commission (SEC), è stata particolarmente notevole. Queste agenzie operano con un certo grado di indipendenza dal diretto controllo presidenziale, ed esercitano una notevole influenza sulla società americana.

Nel febbraio 2025, il Presidente Trump ha emanato un executive order[1] volto a limitare il potere delle agenzie indipendenti e a riaffermare il controllo presidenziale sul ramo esecutivo. L’ordine invoca esplicitamente l’articolo II della Costituzione, che attribuisce tutto il potere esecutivo al Presidente. Questa affermazione costituisce la base dell’argomentazione dell’amministrazione secondo cui tutti i funzionari e i dipendenti del ramo esecutivo sono soggetti alla supervisione presidenziale e quindi possono essere rimossi qualora non si attengano alla volontà del Presidente.

L’executive order include diverse disposizioni. Tutte le agenzie, comprese quelle indipendenti (ad eccezione delle funzioni di politica monetaria della Federal Reserve), devono presentare le bozze dei regolamenti per la revisione da parte della Casa Bianca. Le agenzie sono tenute a consultarsi con la Casa Bianca sulle loro priorità e sui loro piani strategici, con la Casa Bianca che stabilisce gli standard di prestazione. L’Office of Management and Budget (OMB) adatterà le allocazioni delle agenzie indipendenti per garantire una spesa responsabile del denaro dei contribuenti.Il Presidente e il Procuratore Generale interpreteranno la legge per il ramo esecutivo, impedendo alle agenzie di adottare interpretazioni contrastanti. Implementando queste misure, l’amministrazione Trump cerca di garantire che le agenzie indipendenti siano responsabili nei confronti del Presidente e, per estensione, nei confronti del popolo americano. L’executive order riflette l’impegno a ripristinare la governance costituzionale e la responsabilità all’interno del ramo esecutivo.

Lo sforzo per limitare il potere delle agenzie indipendenti ha suscitato un intenso dibattito, con sostenitori e oppositori che presentano argomentazioni convincenti. I sostenitori della limitazione sostengono che le agenzie indipendenti operano senza sufficiente responsabilità nei confronti dei responsabili politici eletti. Sottoponendo queste agenzie alla supervisione presidenziale, l’executive order garantisce che rispondano alla volontà del popolo. Centralizzare l’interpretazione legale all’interno del ramo esecutivo promuove la coerenza e la coesione nell’applicazione delle leggi. Ciò riduce il potenziale di interpretazioni contrastanti da parte delle agenzie e rafforza lo stato di diritto. Semplificare i processi normativi e allineare le priorità delle agenzie all’agenda del Presidente può portare a una maggiore efficienza nelle operazioni governative. Infine  l’executive order è radicato nella Costituzione, che attribuisce tutto il potere esecutivo al Presidente. Perciò affermando  il controllo presidenziale sulle agenzie indipendenti, l’amministrazione sta semplicemente applicando lo spirito della costituzione.

Gli oppositori alla limitazione sostengono che l’executive order mina l’indipendenza delle agenzie che sono state create per operare libere da interferenze politiche. Questa indipendenza è considerata essenziale per garantire una regolamentazione e un’applicazione imparziali.

 Le agenzie indipendenti possiedono una competenza specializzata necessaria per un’efficace elaborazione delle politiche. Sottoponendo queste agenzie al controllo politico, l’executive order rischia di compromettere la qualità delle loro decisioni.

 Alcuni sostengono che l’executive order sconvolge il sistema di checks and balances concentrando troppo potere nel ramo esecutivo. Ciò potrebbe portare ad abusi di potere e a un indebolimento delle istituzioni democratiche.

Gli oppositori suggeriscono che il controllo presidenziale sulle agenzie indipendenti potrebbe renderle più suscettibili alla regulatory capture da parte di interessi speciali. Ciò potrebbe tradursi in politiche che avvantaggiano le industrie potenti a spese dell’interesse pubblico. Il regulatory capture è un fenomeno che si verifica quando un’agenzia di regolamentazione, creata per servire l’interesse pubblico, finisce per essere controllata dagli interessi delle aziende o dei settori che dovrebbe regolamentare. In altre parole, invece di proteggere il pubblico dai possibili abusi delle imprese, l’agenzia diventa uno strumento per favorire gli interessi di queste ultime

Il tentativo di limitare le agenzie indipendenti rappresenta uno sviluppo significativo nella governance americana. Il dibattito su questo tema solleva questioni fondamentali sull’equilibrio dei poteri tra il ramo esecutivo e gli organismi di regolamentazione. Mentre i sostenitori sostengono che un maggiore controllo presidenziale aumenta la responsabilità e l’efficienza, gli oppositori sollevano preoccupazioni sull’indipendenza, la competenza e il potenziale abuso di potere. Su questo punto si dovrà sicuramente esprimere la Corte Suprema.

In conclusione l’excutive order del 18 febbraio 2025 apre la strada ad una reinterpretazione del ruolo delle agenzie e non solo di quelle ma anche ai limiti del potere del Presidente. Gli scenari descritti dagli analisti avanzano ipotesi che sembrano discostarsi dalla realtà dei fatti che dimostra che le azioni della attuale amministrazione sono inquadrabili nell’ambito della Costituzione e non ne costituiscono un pregiudizio e meno che mai configurano un colpo di stato. Forse bisogna parlare di un ritorno allo spirito dei Padri Fondatori che concepivano la figura del Presidente con dei tratti da monarca sebbene limitato da un complesso sistema di check and balance.


[1] https://www.whitehouse.gov/fact-sheets/2025/02/fact-sheet-president-donald-j-trump-reins-in-independent-agencies-to-restore-a-government-that-answers-to-the-american-people/

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Il Manifesto dell’età Trumpiana, di Alberto Cossu

Il Manifesto dell’età Trumpiana

Alberto Cossu 05/03/2025

In un discorso carico di retorica e promesse di rinnovamento radicale, il Presidente Donald Trump si è rivolto alla sessione congiunta del Congresso il 4 marzo 2025, dipingendo un quadro di “America Rinata” e celebrando i risultati dei suoi primi 43 giorni in carica. Il discorso, caratterizzato da una combinazione di auto elogio, critiche pungenti e promesse di un futuro più prospero e sicuro, ha delineato una serie di politiche e iniziative volte a trasformare profondamente il tessuto economico, sociale e culturale degli Stati Uniti. Hanno prevalso gli argomenti di politica interna su quelli di politica estera.

Trump ha iniziato il suo discorso con una dichiarazione di intenti chiara e inequivocabile: “L’America è tornata”. Ha esaltato i risultati ottenuti in un lasso di tempo relativamente breve, sostenendo di aver fatto più in 43 giorni di quanto molte amministrazioni riescano a fare in anni. Questa affermazione, seppur esagerata, ha gettato le basi per un discorso incentrato sulla trasformazione rapida e radicale del paese.

Il Presidente ha posto l’accento sulla sua vittoria elettorale come un mandato popolare per il cambiamento, sottolineando la sua ampia vittoria nel Collegio Elettorale e nel voto popolare. Ha enfatizzato come, per la prima volta nella storia moderna, la maggior parte degli americani creda che il paese stia andando nella giusta direzione, un’inversione di tendenza che attribuisce direttamente alle sue politiche.

Il cuore del discorso è stato dedicato all’illustrazione delle politiche e delle iniziative chiave che l’amministrazione Trump ha intrapreso per realizzare la sua visione di un’America rinata. Queste politiche toccano una vasta gamma di settori, dall’immigrazione all’economia, dall’energia alla cultura.

Trump ha ribadito la sua posizione intransigente sull’immigrazione, dichiarando che ha proclamato  un’emergenza nazionale al confine meridionale con il Messico e schierato l’esercito e la Guardia di Confine per respingere l'”invasione” del paese. Ha rivendicato un drastico calo degli attraversamenti illegali come risultato diretto delle sue azioni, sottolineando il contrasto con le politiche “disastrose” dell’amministrazione Biden.

Il Presidente ha delineato una serie di misure volte a stimolare la crescita economica e a garantire l’indipendenza energetica degli Stati Uniti. Tra queste, il blocco delle assunzioni federali, la revisione delle normative, la fine degli aiuti esteri e il ritiro dall’Accordo di Parigi sul clima. Trump ha promesso di eliminare le restrizioni ambientali che ostacolano lo sviluppo industriale e di promuovere l’estrazione di petrolio e gas, sfruttando le vaste risorse energetiche del paese. L’approvazione di un gigantesco gasdotto in Alaska, con la partecipazione di investitori stranieri, è stata presentata come un simbolo di questa nuova era di prosperità energetica.

Trump ha parlato della creazione del “Dipartimento per l’Efficienza Governativa” (DOGE), guidato da Elon Musk, con l’obiettivo di eliminare gli sprechi e le frodi nel settore pubblico. Il Presidente ha elencato una serie di esempi di spese pubbliche che ha definito “assurde”, tra cui finanziamenti per programmi di diversità, equità e inclusione (DEI). Queste spese, secondo Trump, rappresentano un uso irresponsabile dei soldi dei contribuenti e devono essere eliminate.

Il Presidente ha promesso di invertire le politiche “woke” che, a suo dire, hanno minato i valori tradizionali americani. Ha annunciato la fine delle politiche DEI, il ripristino della libertà di parola, la dichiarazione dell’inglese come lingua ufficiale e il divieto agli uomini di partecipare agli sport femminili. Quest’ultima misura, in particolare, è stata presentata come una difesa delle atlete donne e un rifiuto dell’ideologia di genere.

Trump ha promesso di combattere le frodi e l’incompetenza presenti nel programma di previdenza sociale, sottolineando l’importanza di proteggere gli anziani e le persone vulnerabili. Ha citato dati “scioccanti” sui beneficiari della previdenza sociale, suggerendo che il sistema è afflitto da irregolarità e abusi.

Nonostante il tono celebrativo e ottimista, il discorso di Trump è stato segnato da critiche aspre nei confronti dei Democratici e delle politiche dell’amministrazione precedente. Il Presidente ha accusato i Democratici di non sostenere le sue politiche e di essere ostili al suo programma di cambiamento. Ha attaccato l’amministrazione Biden per aver causato una “catastrofe economica” e un’inflazione galoppante, e di aver generato l’aumento dei prezzi dell’energia e dei generi alimentari.

Tuttavia, Trump ha anche lanciato un appello all’unità e alla collaborazione, invitando i Democratici a unirsi a lui nel celebrare i successi dell’America e nel lavorare insieme per il bene della nazione. Ha esortato il Congresso a mettere da parte le divisioni partitiche e a concentrarsi sulla realizzazione di un futuro migliore per tutti gli americani.

Il discorso di Donald Trump al Congresso ha delineato un’agenda politica radicale e trasformativa, volta a smantellare le politiche dell’amministrazione Biden e a ripristinare i valori tradizionali americani. Le politiche proposte dal Presidente avranno un impatto significativo su una vasta gamma di settori, dall’economia all’energia, dall’immigrazione alla cultura.

Le implicazioni del discorso sono molteplici. In primo luogo, segnala un’intensificazione della polarizzazione politica negli Stati Uniti. Le critiche aspre di Trump nei confronti dei Democratici e la sua retorica incendiaria rischiano di esacerbare le divisioni esistenti e di rendere più difficile la cooperazione bipartisan.

In secondo luogo, il discorso riflette una visione del mondo populista e nazionalista. Trump si presenta come un difensore degli americani comuni e promette di proteggere i loro interessi dalle minacce esterne e interne. La sua enfasi sull’indipendenza energetica, sulla sicurezza dei confini e sulla lotta contro le politiche “woke” risuona con una parte significativa dell’elettorato americano.

In terzo luogo, il discorso solleva interrogativi sulla sostenibilità economica e ambientale delle politiche proposte. La promozione dell’estrazione di combustibili fossili e il ritiro dagli accordi internazionali sul clima potrebbero avere conseguenze negative sull’ambiente e sulla salute pubblica. Allo stesso modo, i tagli alla spesa pubblica e la deregolamentazione potrebbero compromettere i servizi sociali e la protezione dei lavoratori.

Il discorso di Donald Trump al Congresso ha segnato l’inizio di una nuova era nella politica americana. Le sue politiche radicali e la retorica che li caratterizza  hanno il potenziale per trasformare profondamente il paese, ma anche per accentuare le divisioni esistenti e disturbare il dialogo tra le forze politiche. Il Presidente ha i numeri nel Congresso per realizzare la sua visione di un’America rinata e allo stato attuale il programma politico dispone del sostegno necessario per superare le sfide che lo attendono.

In conclusione, il discorso di Trump è un manifesto politico che segna un cambio di paradigma e apre scenari inediti e, per molti versi, imprevedibili anche se il Presidente non si è sbilanciato sul versante della politica estera se non relativamente alla questione dei confini con il Messico, preferendo parlare dell’opera di prosciugamento della “palude” che assorbe risorse sottraendole allo sviluppo del paese. In alcuni passi soprattutto quelli dedicati al commercio internazionale si prefigura quasi un regime “autarchico” nel senso di auspicare un maggior consumo di prodotti soprattutto agroalimentari da parte del consumatore americano.

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