Germania, un astro nascente?_ una conversazione con Giacomo Gabellini

La Germania viene rappresentata il più delle volte come l’unico paese europeo in grado di sostenere il gioco geopolitico sempre più complesso che si sta profilando. E’ veramente così? In realtà la costruzione europea che per gentile concessione le ha consentito di lucrare significative rendite di posizione e di tenere a bada i propri vicini più importanti sembra vacillare ogni giorno di più. La classe dirigente tedesca sembra reagire con la tentazione e la speranza di un ritorno al recente passato; quasi che l’avvento di Trump possa essere considerato ancora una parentesi inquieta ma ancora addomesticabile. Un singolare processo di rimozione che lascia presagire un esito funesto e inatteso della condizione di gran parte dei paesi europei e, soprattutto, della Germania stessa. Una situazione che sta spingendo ad una crescente conflittualità intraeuropea, piuttosto che alla ricerca di un denominatore comune in grado di trasformare  gli stati europei, almeno i più importanti, soggetti politici autonomi ed autorevoli. Le avvisaglie di un esito funesto cominciano ad essere numerose. Buon ascolto_Giuseppe Germinario

Il liberalismo e il populismo sono davvero così incompatibili come pensa Patrick Buisson?

Un importante articolo tratto da “Atlantico” sul riposizionamento delle correnti di pensiero politico e delle forze organizzate nella formazione francese. Offre parecchi spunti da utilizzare nel nostro cortile di casa; in particolare ad analizzare le discontinuità e le costanti presenti nella Lega_Giuseppe Germinario

Il liberalismo e il populismo sono davvero così incompatibili come pensa Patrick Buisson?

Atlantico: In un’intervista a L’Opinion, Patrick Buisson, l’ex stratega di Nicolas Sarkozy, afferma che non esiste una possibile convergenza tra liberalismo e populismo laddove ce ne sarebbe una tra conservatorismo e populismo. Le offerte politiche rappresentate da Donald Trump, Boris Johnson, Viktor Orban e altri Andrej Babis nella Repubblica Ceca non contraddicono la dichiarazione del signor Buisson? 

Edouard Husson: Patrick Buisson è un uomo intelligente e colto. Ma confesso di non capire quello che definisce “liberalismo”. Non capisco la frase della sua intervista in cui afferma: “Non possiamo sostenere il libero mercato e combattere la PMA e il GPA”. La frase contiene un pleonasmo: per definizione, il mercato è libero: è una realtà, ben prima del capitalismo, dove ci sono acquirenti e venditori che sono liberi nelle loro transazioni – secondo le regole, ovviamente garantite da un’autorità esterna, sia politica, giudiziaria o altro. La salumeria dietro l’angolo è già un mercato. Forse è un problema che la stessa parola sia usata per i mercati finanziari, ma la realtà di base è sempre la stessa, quella di domanda e offerta. Potremmo anche vedere l’universalità del “commercio”: giungeremo sempre alla stessa conclusione, vale a dire che l’uomo vive di scambi. Ciò non significa che tutto ciò che riguarda l’uomo sia oggetto di scambio. La società è fatta di rapporti di mercato ma anche di rapporti gratuiti, etica, cultura. Ci sono mercati che la morale riprova, come la prostituzione. Ci sono altri che il progresso della morale ha bandito, come la schiavitù. Non solo possiamo, ma dobbiamo essere per il mercato e contro la PMA e l’AAP, se ci piace davvero la libertà. La PMA si basa su tecniche complesse, che hanno lo svantaggio di produrre e distruggere masse di embrioni – tranne quello impiantato nell’utero; non vediamo nel nome di cosa un embrione sia scelto più di un altro: il dottore si crederebbe Dio? Aggiungiamo che questa tecnica è accessibile solo agli individui che possono permettersela, e più la PMA viene ampliata, più si vedrà il rafforzamento della discriminazione sociale. Che l’AAP sia nella continuità del “PMA per tutti”, questo è stato ampiamente dimostrato recentemente da menti lucide. E questo ci riporta al nostro argomento: il mercato non può riguardare l’intera esistenza. Solo alcuni liberali ci credono: da un lato i libertari, che sono a favore dell’abolizione dello stato e credono che la totale privatizzazione dell’economia possa risolvere tutto; d’altra parte i progressisti (i “liberali” in America), che sostengono una totale liberazione della morale, accessibile, infatti, solo per i più ricchi. A parte queste famiglie di pensiero, tutti coloro che sanno che il mercato è l’unico modo per far funzionare l’economia in modo efficace concordano di porre dei limiti e di rifiutare la mercificazione del corpo, per esempio.

Contrariamente a quanto ritiene Patrick Buisson, i conservatori sono i migliori amici dell’economia di mercato: inquadrano il mercato e lo regolano meno dalle direttive statali accatastate che dall’istruzione, dall’etica, dalla protezione di famiglia, dal rispetto religioso di una giornata non lavorativa, ecc. Per capire questo, dovremmo andare oltre la tradizione del conservatorismo francese del 19 ° secolo, che è davvero molto sospetto per l’economia moderna. . Dovremmo rivolgerci al conservatorismo anglo-americano, tedesco e italiano, dove la preoccupazione per la trasmissione, i valori, la famiglia va di pari passo con l’economia di mercato, comprese le sue versioni capitalistiche più moderne. E citi giustamente Trump, Johnson, Orban o Babis, che sono allo stesso tempo liberali, conservatori e patriottici!

Affrontiamo la stessa questione per il verso del capitalismo. L’economia di mercato esiste sin dall’inizio della civiltà. Ma è stato permanentemente minacciato da saccheggi, guerre, invasioni del potere statale. Il genio dell’Occidente è di aver inventato il capitalismo! L’economia di mercato diventa praticabile nel tempo e in grandi aree perché il potere politico si impegna a rispettare lo stato di diritto. Di conseguenza, gli individui cessano di avere paura, di accumulare; il denaro circola; l’interesse del prestito sostituisce l’usura. Il risparmio e gli investimenti consentono la costituzione del capitale. In combinazione con la rivoluzione della scienza e della tecnologia, stiamo assistendo alla magnifica ascesa che ha portato la grandezza dell’Europa e la sua influenza dal Medioevo al 1914: L’Europa fu il continente della prima rivoluzione industriale, dal 1770, e condivise l’invenzione della seconda con gli Stati Uniti, dopo il 1870; ed è ancora questo sistema capitalista, preziosamente conservato dal mondo anglo-americano, nonostante i totalitarismi e l’occupazione dell’Europa, che ha permesso la nostra straordinaria ripresa dopo il 1945. Possiamo persino restituire le dichiarazioni di Patrick Buisson con un osservazione storica: l’economia di mercato ha funzionato molto bene in Europa, purché sia ​​stata dispiegata entro limiti identificabili, quelli delle società conservatrici e socialdemocratiche dei Trenta Gloriosi (1945-1975). È l’incontro del neoliberismo e l’individualismo assoluto dei sessantottini che produce la folle fuga dei Trenta Pitei (1980-2010): Creazione monetaria inflazionistica USA controbilanciata da trasferimenti di lavoro, immigrazione massiccia e abolizione delle frontiere; finanziarizzazione dell’economia fino al punto di estendere il campo della mercificazione alle aree che sono state adeguatamente devastate, come gli sport professionistici, che muoiono a causa del diffuso doping; distruzione delle classi medie vittime della concentrazione nelle mani di una valuta che si sarebbe svalutata ad alta velocità a causa di un allentamento quantitativo, ecc. Tutto il nostro mondo è da ricostruire; non si farà contro il capitalismo e il mercato; ma ricreando contrappesi. Questa è la sfida. E una destra allo stesso tempo identitaria, conservatrice, imprenditoriale,  decentralizzatrice, attenta alla coesione sociale sarebbe meglio piazzata per rispondere alle sfide epocali

Nella stessa intervista, Patrick Buisson afferma che Emmanuel Macron sarà il candidato della destra nel 2022 e che l’unica candidatura che potrebbe minacciarlo sarebbe quella di un candidato che potrebbe creare un’offerta politica che combini la questione sociale e quella delle fratture etniche, culturale. Buisson ritiene che il liberalismo non possa, naturalmente, essere una proposta convincente sulla questione sociale. Anche se è vero che la parola provoca allergia in Francia, è davvero così?

Questo è il tipo stesso di profezia che si autoavvera. Dal momento in cui ha decretato che la società e il mercato non avevano posto nel software di destra, Patrick Buisson ha annunciato che il diritto non vincerà. Curiosa evoluzione semantica, a proposito: all’improvviso, il Rassemblement National non è più una destra? Cosa rappresenta allora il partito di Marine Le Pen? L’estrema destra? Il populismo? Questa non è l’unica approssimazione nell’intervista: parlare del populismo cristiano sul Manif per tutti può solo farti sorridere. Il limite incontrato dal rinnovamento cattolico è quello della barriera sociale. Ho sostenuto il Manif per tutti e ho ammirato la testimonianza di queste famiglie e il coraggio di questi giovani che hanno rischiato di essere picchiati per ordine di Manuel Valls, ministro degli Interni, in nome di un anti-cattolicesimo che purtroppo non è scomparso dal nostro paese. Ma è abbastanza ovvio che non erano le classi lavoratrici a manifestare. È la barriera di classe, ancora, che ha impedito al Manif per tutti di fraternizzare massicciamente con i giubbotti gialli – anche se la polizia di Christophe Castaner riproduce, amplificando, il comportamento della polizia di Manuel Valls.

Concordo con Patrick Buisson sul fatto che per battere Emmanuel Macron dovremo combinare la questione sociale con quella delle fratture etno-culturali. Ma questo non sarà abbastanza. Stiamo affrontando un fenomeno tragico: il voto dei cattolici, nelle ultime elezioni europee, per la lista di LREM. Mentre il presidente smentisce ciò che i cattolici hanno più a cuore in molte aree (dilettantismo sulla questione della ricostruzione di Notre Dame, eutanasia di Vincent Lambert, anticamera del GPA del GPA), i cattolici hanno votato per lui. Come invertire tale tendenza? Quale elettorato prendere se non hai cattolici dalla tua parte? Tutto sarà suonato a poche centinaia di migliaia di voci che oscilleranno da una parte o dall’altra. Ricordiamo che Nicolas Sarkozy ha perso per molto poco nel 2012! È quindi sui nuovi elettori – dal punto di vista di un diritto interessato alla questione sociale e all’immigrazione – che sarà necessario concentrare la maggior parte degli sforzi portati avanti. In effetti, Patrick Buisson apre una porta: ciò che ci descrive è esattamente il posizionamento dell’attuale Rassemblement Nazionale. Dobbiamo senza dubbio rinnovare i discorsi e imparare dal fallimento del 2017, ma non è il fatto di arare indefinitamente le stesse terre che porterà la vittoria.

Concordo seriamente con il movimento dei gilet gialli. Ma poi devi ridargli la sua complessità. Non è solo una sete di legame sociale, espressa dalla comunità! È un movimento ribelle della Francia che lavora e produce contro l’invasione dello Stato e le sue normative sempre più noiose, anche se ritira i suoi servizi di prossimità per ragioni di costi. È un movimento che interessa i giovani pensionati della classe media di fronte al declino del tenore di vita che attende i loro nipoti. È una rivolta della Francia di buon senso contro quella dell’iperdiploma. Bisogna anche capire fino a che punto questo movimento originariamente a destra è stato parzialmente recuperato dalla sinistra e parassitato dall’estrema sinistra. Se Patrick Buisson ritiene che sarà possibile mordere le terre della sinistra populista, si tratta di pie illusioni. La sinistra populista aderisce al divario fondamentale tra progressisti e conservatori sotto due aspetti: è immigrazionista ed è progressista in termini di morale.

Il brillante stratega dell’elezione di Nicolas Sarkozy nel 2007 potrebbe riportare il problema in tutte le direzioni: non avrà altra scelta che tornare in questa unione di elettori di destra che aveva saputo accompagnare a quel tempo. E per questo, sarà necessario parlare di economia, istruzione, terza rivoluzione industriale, Europa non meno di sicurezza, immigrazione, identità nazionale. E poiché si tratterà di reinvestire nei settori sovrani senza aumentare le tasse, sarà necessario scommettere su uno shock fiscale per stimolare l’attività e assicurare allo Stato un aumento delle entrate nel lungo periodo. Vale a dire, fidarsi delle forze di mercato, liberarle in modo che la Francia possa tornare alla crescita a lungo termine.

Patrick Buisson alla fine dipinge un ritratto intransigente di Marion Maréchal: secondo lui, è solo una costruzione mediatica, il suo spazio politico (conservatore liberale) sarebbe quasi zero e la sua strategia politica di mano estesa a LR destinata al fallimento. Ti sembra questa affermazione quella di un noto analista della vita politica o quella di un attore che cerca di influenzare la riorganizzazione della destra?

Come Steve Bannon, Patrick Buisson lavora con le emozioni ed è in grado di bruciare ciò che ha amato durante la notte; abbiamo visto Nicolas Sarkozy. Quindi penso che non abbia molto senso scoprire perché sta dicendo il bene o il male a questa o quella persona. D’altra parte, ciò di cui sono sicuro è che personalizzando la questione del futuro della destra, positivamente o negativamente, Patrick Buisson correrebbe il rischio di essere emarginato nella ricostruzione di una macchina per vincere le prossime elezioni. Sarebbe un peccato perché tutte le competizioni avranno la loro importanza in questa grande battaglia che si impegna.

Questa battaglia è la “lotta finale” iniziata da un progressivismo senza fiato ma con ancora molte leve culturali, politiche, economiche, finanziarie; e chi può contare su organizzazioni internazionali e sovranazionali per rendere molto arduo per il conservatorismo, suo principale avversario, riconquistare la nazione. Questa guerra non è solo francese, si svolge in tutte le nazioni occidentali, ma può girare diversamente in ogni nazione. Per il momento osserviamo che il progressismo mantiene le sue posizioni migliori in Francia più che in altri paesi: è in procinto di lasciarsi andare negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, Ungheria, Italia; ma resiste in Francia. Ciò è spiegato dalla prima inversione di tendenza del conservatore francese mancato, quella di Nicolas Sarkozy tra il 2007 e il 2012.

Esiste un modo per radunare le destre, permettendo ai destri nazionalisti, conservatori, imprenditoriali e sociali cattolici di lavorare insieme. Ma questo deve iniziare con la cessazione degli anatemi: non può esserci divieto di lavorare con questo o quello. Non è né scandaloso né irrealistico che un conservatore, un gollista, un liberale classico e un populista provino a trovare un linguaggio comune. Soprattutto, è necessario smettere di agitare questo spaventapasseri che è il “liberalismo”. Di cosa stiamo parlando? Il liberalismo è una famiglia estremamente diversificata. Esiste un liberalismo politico: chi pretenderà di non dover tornare a un rafforzamento del parlamentarismo nelle nostre istituzioni? C’è un liberalismo economico: chi affermerà che Emmanuel Macron è un difensore della libera impresa al di là della sua difesa del capitalismo connettivo e di un discorso molto superficiale sull’innovazione e le start-up? Perché non possiamo essere liberali, autentici e giusti? Al contrario, in un momento in cui siamo minacciati di sistematica censura progressiva sui social network, dovremo alzarci per difendere le libertà. Se la destra vuole vincere, deve cogliere questo tema: è tanto più vitale che non stiamo più trattando, come negli anni ’80, un totalitarismo situato dall’altra parte di un ” cortina di ferro “. Abbiamo a che fare con l’istituzione del “Brave New World” e del “Camp of Saints” sul nostro territorio! Non abbiamo più a che fare, come nel 1940, con un nemico organizzato militarmente ma a una internazionale progressista che cerca di costruire monopoli, soprattutto in termini finanziari e di big data, e sempre più affidandosi ai servizi di un esercito di riserva, immigrazione di massa e di un “servizio di intelligence”, i gruppi che trasportano tutte le ideologie della sinistra e dell’estrema sinistra: teorici del genere, formulatori della cattiva coscienza occidentale e profeti dell’apocalisse climatica. Contro questo fronte, sia sfuggente che strutturato, ci vorrà immaginazione e coesione.

Forse, per chiarire il dibattito, è necessario parlare di individualismo e denunciarlo! Se questo è ciò che sostiene Patrick Buisson, allora sì, il diritto si distingue per il suo rifiuto dell’individualismo assoluto. Ma una conoscenza, anche superficiale, dell’azienda, deve chiarire che non si è molto fortunati ad avere successo lì quando si è un puro individualista. È tempo di uscire dalle parole preconfezionate e dal fraseggio stereotipato.

È tempo di capire che sempre più imprenditori riscoprono l’importanza del capitale culturale e dell’appartenenza nazionale per lo sviluppo della propria attività. Ascolta allo stesso tempo il sogno di Boris Johnson delle capacità ereditate e del potenziale di innovazione dell’economia del Regno Unito! Ascolta, più modestamente, come si svolge il dibattito economico all’interno di LR, per la successione di Laurent Wauquiez: improvvisamente, parte della destra liberale riscopre il concetto di protezione! Siamo ancora molto lontani dall’obiettivo; a dire il vero, la ricostruzione è solo all’inizio. Ci vorrà pazienza, ascolto reciproco e inventiva.

https://www.atlantico.fr/decryptage/3577223/le-liberalisme-et-le-populisme-sont-ils-vraiment-aussi-incompatibles-que-le-croit-patrick-buisson–edouard-husson-

Multipolarismo in pericolo, di Guillaume Berlat

L’articolo tradotto qui in basso è importante per la rappresentazione della condizione penosa e tragicomica dell’attuale modalità di conduzione delle relazioni diplomatiche e di organismi sovranazionali come la UE. Rivela però la grande difficoltà con la quale anche gli analisti più critici cercano di introdurre chiavi di interpretazioni più adeguate a comprendere le dinamiche. Lo stesso Berlat, criticando giustamente il termina “multipolarismo” non riesce in realtà a ridefinirlo e rischia di ricadere a sua volta involontariamente in una operazione “nostalgia” paralizzante. Il multilateralismo in realtà, a dispetto del significato letterale e superficiale che si tende ad attribuire ad esso, è il termine che definisce un particolare sistema di relazioni e di regolazione dei rapporti geopolitici che presuppone e fonda la propria esistenza e legittimità su organismi sovranazionali a guida ed egemonia di una unica superpotenza. Nella recente contingenza storica, il ruolo di pivot e fulcro sono (stati) gli USA. L’unilateralismo, di fatto, è il riconoscimento di una realtà multipolare e della necessità di mantenimento di sfere di influenza contrapposte. In questa chiave vanno visti i conflitti trasversali che stanno attraversando le classi dirigenti a partire dallo scontro di insolita virulenza in corso negli Stati Uniti. L’inganno delle parole appunto._Giuseppe Germinario

“Dare un nome sbagliato alle cose è aggiungere guai ai guai del mondo” giustamente ci ricorda il premio Nobel per la letteratura, Albert Camus. Per più di mezzo secolo, le cose si sono evolute ma nella direzione sbagliata. Al momento della confusione dei generi e delle parole, è di moda usare con sazietà alcune parole contenitrici (chi vuole tutto e non dire nulla allo stesso tempo) per evitare di affrontare frontalmente i veri dibattiti che condizionano pace e guerra nel 21 ° secolo. Tra questi ultimi, due ritornano alla maniera pavloviana nelle conversazioni di autoproclamati esperti, “ tuttologi ” e tra i commensali in città: “ comunità internazionale ” e, soprattutto, “ multilateralismo“. Dopo aver posto il problema della confusione dei termini, prenderemo due esempi tratti da una realtà recente: il G20 di Osaka e l’ultimo Consiglio europeo di Bruxelles.

CONFUSIONE DEI TERMINI

Il minimo che possiamo dire è che più pericoloso è il mondo 1 , più viviamo nella confusione di termini che coprono il campo delle relazioni internazionali. Fermiamoci a due esempi, quelli di comunità internazionale e di multilateralismo!

La comunità internazionale troppo famosa

Il primo termine si riferisce a tutti coloro che condividono il tuo punto di vista. Tradizionalmente, gli occidentali si sono assimilati alla ” comunità internazionale ” di fronte all’opposizione (sotto forma di diritti di veto di cinesi e russi nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, per esempio). Il termine non ha una definizione legale concordata, rientrando esso nella moralità a geometria variabile. Il suo uso è molto conveniente per screditare l’avversario quando si è alla fine di argomentazioni razionali. Quando i nostri membri follicolari del clero dei media, una volta per tutte, smetteranno di usare il termine senza alcun contenuto nient’altro che mediatico?

Il non meno famoso multilateralismo

Il secondo termine può essere definito come l’atteggiamento politico che favorisce la risoluzione multilaterale dei problemi mondiali. È tradizionalmente contrario all’unilateralismo associato alla pratica americana. In un atteggiamento imperiale, Washington si considera al di sopra della legge, essendo il rappresentante del popolo dal destino manifesto. Al contrario, gli americani ritengono che la loro legge si applichi al di fuori dei propri confini. Come esempi recenti, gli Stati Uniti si sono ritirati dall’accordo iraniano sul nucleare, le forze nucleari intermedie (INF) e molti altri, ma anche da organizzazioni internazionali che rappresentano il diavolo e si oppongono agli interessi ben compresi dello zio Sam, come l’UNESCO. Mentre il multilateralismo sta attraversando una crisi senza precedenti, alcuni ingenui europei lodano costantemente i suoi incommensurabili meriti. Il presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron, eccelle in questo esercizio di diplomazia declamatoria e inefficace. Tutti i pretesti sono buoni da usare a parole mentre li esentano nella pratica. In un contesto di paralisi delle Nazioni Unite, i leader chiave sono costretti a evidenziare le virtù del dialogo e della cooperazione nei club o nelle organizzazioni regionali. Facciamo due esempi recenti.

L’OSAKA G20 (28-29 GIUGNO 2019): LIMITARE IL DANNO

L’Osaka G20, nonostante le splendide foto patinate, rimarrà nella storia come un incontro surrealista ma anche inutile come strumento informale per regolare le relazioni internazionali.

Un vertice surrealista

La formula migliore che abbiamo trovato per caratterizzare questo inutile vertice del G20 a Osaka è: un G20 di ” luoghi comuni ” anziché ” valori comuni “. Un G20 caratterizzato da un’esacerbazione delle tensioni commerciali e climatiche, sebbene gli americani stiano spingendo le loro sanzioni contro Pechino 3 . Donald Trump annuncia che vuole stringere la mano a Kim Jong-un al confine tra le due Corea, ecco cosa fa il giorno dopo. 19 dei 20 membri confermano il loro impegno per una ” piena attuazione ” dell’accordo sul clima di Parigi del 2015. Donald Trump elogia il Principe MBS dell’Arabia Saudita. Emmanuel Macron dichiara di non essere ” freddo” con Donald Trump, visiterà la Cina a novembre e incontrerà presto Vladimir Putin. Ancora una volta, tiene conferenze su Vladimir Putin sulla questione dei valori. È chiaro che nessuno crede in questo formato, questo granaio G20.

Un vertice inutile

Pertanto, ci si chiede quale sia l’interesse di un G20 che riunisce grandi potenze una contro l’altra come lo sono gli Stati Uniti da un lato, la Russia e la Cina dall’altro, con la Francia che cerca di svolgere un ruolo moderatore ma senza alcuna seria possibilità di essere ascoltato visti i mezzi limitati a sua disposizione? 4 Qual è l’interesse di una struttura multilaterale il cui unico scopo è consentire riunioni bilaterali 5 e limitare il danno provocato da Donald Trump? 6 Immagine divertente di un multilateralismo efficace! 7

In queste condizioni, è comprensibile che il multilateralismo dei club sia a mal partito. Senza una cura da cavallo, è probabile che il progetto del G20 rischia di morire di bellissima morte. È vero che l’Unione europea non è al suo meglio in questo contesto postelettorale al Parlamento europeo. L’ultimo Consiglio europeo allargato fornisce un esempio illuminante.

IL CONSIGLIO EUROPEO STRAORDINARIO (30 GIUGNO-2 LUGLIO 2019): NIENTE VERRÀ PIÙ O QUASI

Abbiamo appena assistito a uno spettacolo di gran usignolo, degno del suo peso in oro con Pinocchio nel ruolo del giovane che ha dovuto affrontare i tremori di suor Angela. L’ubriacone del Granducato ha sferrato un colpo antidemocratico con il suo dono avvelenato che si chiama UE-Mercosur. Tutto ciò dà un’immagine pietosa dell’Unione europea nel resto del pianeta. Prima di allora, Emmanuel Macron aveva sofferto di un disturbo in questa buona città di Marsiglia, nonostante il decoro delle circostanze.

Un ennesimo psicodramma che non risolve nulla

Mentre l’Unione europea evolve con crisi sempre più gravi, la macchina viene paralizzata in modo duraturo. Si occupa solo di problemi di cottura procedurali e interni. Gli unici a interessare gli stati e la burocrazia onnipotente. Per più di due mesi, l’unica questione importante che mobilita la sua energia è quella della nomina di alti funzionari della struttura 8 . Né più né meno. Negoziazione che prende la forma di una comune battaglia di cassettieri a causa della politica della mosca della barca di Giove 9 . Soprattutto i criteri che disciplinano le denominazioni sono surreali (equilibrio geografico, equilibrio politico e la parità 10). Che dire del criterio di competenza? Come credere in un’Europa dell’astuzia in un momento in cui le sfide che si trovano ad affrontare richiederebbero di essere esaltate? Come credere in un’Europa democratica nel rispetto della decisione sovrana dei popoli? 11Un accordo si trova finalmente il 2 luglio 2019 attorno a quattro nomi (Ursula von der Leyen 12 che proviene da lontano 13 , Christine Lagarde la cui competenza è già in discussione 14 e che appare molto chiaramente come una donna sotto giuramento 15 , Charles Michel 16 e Josep Borrell 17). Vedremo in futuro se questo cambia il funzionamento dell’Unione o se tutto cambia in modo che nulla cambi. Checché ne dicano i nostri pseudo-esperti, la coppia franco-tedesca ne esce particolarmente fragilizzata da questa insolita giostra nsolita e senza complimenti 18 . Quel che è certo è che alla fine è Berlino a vincere la partita 19 .

La farsa dell’accordo UE-Mercosur

Surrealista, questa è la parola giusta per come il presidente uscente della Commissione, l’ubriacone lussemburghese Jean-Claude Juncker, accoglie con favore l’accordo di libero scambio tra l’Unione europea e il Mercosur, presentato dai suoi negoziatori come ” storici” 20 e difesi dal Segretario di Stato agli affari esteri 21 ; dai detrattori come pericoloso 22 . Accordo del quale pochi conoscono il contenuto! 23Non sarebbe stato opportuno che la questione fosse deferita al nuovo team e non rilevata dall’ex team, il cui ruolo dovrebbe essere limitato all’ordinaria amministrazione di attività quotidiane durante questo periodo di transizione? E saremo stupiti dalla sfiducia dei cittadini verso una struttura apolide che fa ciò che vuole nel suo cantuccio. Il mandato, che gli è stato affidato dai governi, non gli conferisce tutti i diritti soprattutto quando gli esperti dubitano dei suoi contenuti 24 . I cittadini sono trattati come un valore trascurabile.

Un’immagine pietosa dell’Unione Europea

In queste circostanze, è comprensibile che il multilateralismo regionale sia in cattive condizioni. Senza una cura da cavallo, è probabile che il progetto europeo muoia di una sua bellissima morte. Emmanuel Macron ha impiegato due anni per scoprire che ” stiamo dando un quadro dell’Europa poco serio ” e che l’organizzazione è stata vittima dell’egoismo nazionale a causa del fallimento dei negoziati sull’assegnazione di posizioni chiave. Che dire dei deputati del Partito Brexit Nigel Farage che hanno voltato le spalle il 2 luglio 2019, mentre l’inno europeo ha suonato nell’emiciclo del Parlamento europeo a Strasburgo, durante la sua sessione inaugurale!

Un nuovo affronto per Giove-Pinocchio

Per la cronaca, Emmanuel Macron è l’unico capo di Stato a partecipare al ” Summit delle due banche ” a Marsiglia (24-25 giugno 2019) 25 . Un altro buon esempio di multilateralismo che non funziona! Ma, per fortuna, pena l’intelligenza umana, l’intelligenza artificiale (AI) troverà la giusta soluzione a tutte queste sfide di governance internazionale se davvero ha contenuto reale 26 .

“La diplomazia è difficile da esistere laddove l’equilibrio di potere è troppo sbilanciato, o al contrario quando un equilibrio eccessivo garantisce il mantenimento dello status quo. Si può sostenere che si manifesta realmente solo nei periodi di equilibrio intermedio, imperfetto o addirittura di squilibri di equilibrio ” 27 . E, dopo la parola ” diplomazia “, potremmo aggiungere quella di ” multilaterale ” per caratterizzare questo momento di oscillazione del mondo 28 .

È ovvio che stiamo affrontando una grave crisi del multilateralismo 29 . Questo collasso del multilateralismo deve essere compreso nel contesto di un ritorno di potere e forza. Questo collasso del multilateralismo deve essere compreso in un contesto di ritorno delle nazioni.

Questo collasso del multilateralismo deve essere compreso nel contesto di una relazione malsana tra potere e verità. ” Vieni qui, brava gente! Le uniche notizie false che sono tollerate sono quelle approvate dal potere. Contro gli altri, faremo una legge ” 30 . Smettiamo di pagare per parole sul multilateralismo, come fanno gli esperti francesi 31 o anglosassoni 32 , come se volessero scongiurare il destino! Per rimandare troppo la scadenza della somministrazione di un rimedio pesante, il paziente ” multilateralismo” rischio di passare dalla vita alla morte. Queste sono alcune delle considerazioni che possono essere fatte sull’inefficiente multilateralismo per affrontare le sfide del ventunesimo secolo!

Guillaume Berlat 
8 luglio 2019 

1 Maurin Picard, François Delattre: ” In questo mondo pericoloso, la Francia parla a tutti “, Le Figaro, 27 giugno 2019, p. 16. 
2 Jacques-Hubert Rodier / Nicolas Rauline, Nucleare: Washington e Mosca si stanno avvicinando a una nuova guerra fredda , Les Echos, 4 febbraio 2019, pag. 6. 
3 Anne Cheyvialle / Fabrice Node-Langlois, Il duello tra Trump e Xi oscura l’incontro del G20 , Le Figaro economy, 27 giugno 2019, pagg. 18-19. 
4 Jean-Paul Baquiast, G20 Meeting a Osaka il 28 e 29 giugno 2019 , Blog: for a Power Europe, www.mediapart.fr , 30 giugno 2019. 
5 Brice Pedroletti / Arnaud Leparmentier, Trump in una posizione forte contro Xi al G20 , Le Monde, 28 giugno 2019, p. 2. 
6 Philippe Mesmer / Brice Pedroletti, G20 limita i danni affrontato Donald Trump , Le Monde, 30 giugno al 1 ° luglio 2019, pp. 2-3. 
7 Martine Arancione, il G20, il volto una smorfia del mondo , www.mediapart.fr , 1 ° luglio 2019. 
8 Anne Rovan, UE: le posizioni chiave nel cuore del nuovo vertice , Le Figaro, 29-30 giugno 2019, pag. 7. 
9 Cécile Ducourtieux / Cédric Piétralunga / Jean-Pierre Stroobants, a Bruxelles, forcipe appuntamenti, Le Monde, 2 luglio 2019, pag. 2. 
10 Cécile Ducourtieux / Jean-Pierre Stroobants, Due donne di potere alla testa dell’Europa , Le Monde, 4 luglio 2019, pag. 2. 
11 Ludovic Lamant / Amélie Poinssot, il Parlamento europeo, ogni gruppo ha il suo incongruenze , www.mediapart.fr , 1 ° luglio 2019. 
12 Thomas Wieder, Ursula von der Leyen, i fedeli di Angela Merkel , il Mondo, 4 Luglio 2019, p. 2. 
13 Thomas Schnee, Commissione europea: von der Leyen, il candidato che si pensava fosse morto , www.mediapart.fr , 3 luglio 2019. 
14 Eric Albert,Christine Lagarde, una scelta controversa per la Banca centrale europea , Le Monde, 4 luglio 2019, pag. 5. 
15 Martine Orange, Christine Lagarde presso la BCE: una donna fedele , www.mediapart.fr , 3 luglio 2019. 
16 Charles Michel , Profil, Le Monde, 4 luglio 2019, p. 4. 
17 Sandrine Morel, la socialista spagnola Borell a capo della diplomazia , Le Monde, 4 luglio 2019, pag. 4. 
18 Jean-Pierre Stroobants / Cédric Pietralunga / Thomas Wieder, Il duo Parigi-Berlino alla manovra nonostante tutto, Le Monde, 4 luglio 2019, p. 3. 
19 Ludovic Lamant,Mercato dei leader dell’UE: alla fine, è la Germania a vincere , www.mediapat.fr , 3 luglio 2019. 
20 Cécile Ducourtieux, Commercio: uno storico accordo Mercosur-UE , Le Monde, Économie & Entreprise , 30 giugno al 1 ° luglio 2019, pag. 16. 
21 Rémi Barroux / Olivier Faye (commenti raccolti da), Jean-Baptiste Lemoyne: ” Gli accordi devono promuovere il libero scambio “, Le Monde, 3 luglio 2019, pag. 7. 
22 Leonor Hubaut L’accordo UE-Mercosur suscita già polemiche , economia Le Figaro, 1 °luglio 2019, pag. 25. 
23 J.-LP, EU-Mercosur: pollame ahi ahi,The Duck Chained, 3 luglio 2019, pag. 8. 
24 Nicolas Hulot, ” Ci sono testi che non possiamo più firmare “, Le Monde, 2 luglio 2019, pag. 8. 
25 Arthur Berdah, Mediterraneo: Macron da solo in cima , Le Figaro, 25 giugno 2019, pag. 8. 
26 Luc Julia, L’intelligenza artificiale non esiste , Prime edizioni, 2019. 
27 Michel Duclos, The Long Syrian Night , edizioni dell’Osservatorio, p. 192. 
28 Laure Mandeville, In un mondo che oscilla, pensa al grande ritorno delle nazioni , Le Figaro, 28 giugno 2019, p. 14. 
29 Guy Rider (direttore generale dell’OIL), “Ci sono minacce al multilateralismo “, Le Monde, Économie & Entreprise, 4 luglio 2019, pag. 14. 
30 Pierre Sassier, The Unhealthy Report of Power to the Truth , Blog di Pierre Sassier, www.mediapart.fr , 30 giugno 2019. 
31 Franck Petiteville, Multilateralism Will Survive Trump , Le Monde, 27 giugno 2019, p. 21. 
32 Gayle Smith, “Preservare il multilateralismo è diventata una sfida “, Le Monde, 30 giugno al 1 ° luglio 2019, pag. 23.

Per aiutare il sito del Medio Oriente è qui

Fonte: Vicino e Medio Oriente, Guillaume Berlat , 08-07-2019

https://www.les-crises.fr/multilateralisme-en-danger-par-guillaume-berlat/

Lilli e il vagabondo, di Giuseppe Germinario

A scrutarlo con benevola accondiscendenza, gli occhi di Alessandro Di Battista rivelano la sua più grande aspirazione: poter riprendere le peregrinazioni alla scoperta del mondo. Una propensione sopita a fatica durante il suo intenso ciclo quinquennale di impegno parlamentare. Un logorio che a suo dire lo ha spinto a non sfruttare la seconda ed ultima opportunità di rielezione offerta dallo statuto del M5S. Un bisogno irrefrenabile di uscire da un ambiente, sempre a suo dire, del tutto avulso dalla realtà della vita quotidiana della gente comune. L’indole sarà senz’altro questa, ma la spinta ad assecondarla molto prosaicamente sarà venuta dall’impossibilità di gestire due galli nello stesso pollaio governativo e dalla necessità di tenersi un leader di riserva del movimento in caso di fallimento del predestinato e di svolte inopinate. Che sia questa la reale motivazione è stato lo stesso Dibba a riconoscerlo confessando pubblicamente il magone provato al momento dell’insediamento del suo amico Gigino e rivelando la sua ambizione pudicamente nascosta a ricoprire l’incarico nientemeno che di Ministro degli Esteri. Il buon Di Battista, evidentemente, deve ritenere più che sufficiente la sua formazione terzomondista maturata con le sue peregrinazioni “on the road” in America Latina e la sua vicinanza fisica a quei popoli come d’altro canto praticamente irrilevante la precaria conoscenza del peso delle dinamiche della diplomazia, delle relazioni tra stati, centri decisionali ed elite per ambire a quell’incarico. Lo spessore politico dell’attuale facente funzioni come della maggior parte dei predecessori, compresi i competenti, non deve certo averlo indotto a moderare le proprie ambizioni; sono però limiti tollerabili tuttalpiù nel perseguire politiche completamente afone e allineate a centri decisionali internazionali affermati ed incontrastati. Normalità d’altri tempi. In una fase di conflitto estremo e dichiarato tra centri decisionali all’interno della stessa nazione egemone e di multipolarismo acclarato diventano al contrario tare destinate a segnare l’esistenza stessa di un paese geopoliticamente importante come l’Italia. La realizzazione di quella aspirazione avrebbe quindi certamente consentito a Dibba di conciliare il suo impegno politico e la sua indole di girovago; quasi certamente la realtà delle cose lo avrebbe condotto più o meno consapevolmente e rapidamente nel solco globalista e dirittoumanitarista proprie di uno degli schieramenti, sia pure con eccezioni apparenti come quelle sul Venezuela, con grave e irrimediabile nocumento per il paese. Una ambizione, la sua, alimentata in realtà da velleità che rivelano per altro quanto meno una grave sottovalutazione del peso avuto dal Presidente Mattarella nel determinare la maggior parte degli incarichi fondamentali nel Governo Conte.

Qualche tarlo deve però aver roso la sua testa se la lunga immersione nei popoli d’America ha previsto l’eccezione significativa dei contatti con il mondo istituzionale e imprenditoriale statunitensi; la sua curiosità ed affinità elettiva si è limitata però allo stesso solco tracciato sei anni prima dall’odiato Matteo Renzi.

La cruda realtà alla fine ha riportato Dibba in Italia già l’inverno scorso. Da una parte il magro successo di vendite della sua opera editoriale ed i conseguenti scarsi introiti, dall’altra il timore di un insuccesso marcato alle elezioni europee lo hanno costretto al rientro forzato e al ritorno all’impegno politico diretto. Non è stato il guado del Rubicone di un novello Cesare. Il paventato insuccesso si è quasi trasformato in un tracollo elettorale e Di Battista si è rivelato un argine eroso dai fontanazzi. Cionondimeno il suo impegno ed attivismo non si è ridotto. Alle sue comparsate in televisione rese sostenibili e dignitose, sia pure a fatica, dall’utilizzo abile di luoghi comuni teso a sottolineare il suo allineamento alle posizioni ufficiali filogovernative, si avvicendano cinguettìi, comizi e manifestazioni pubbliche nelle quali la retorica polemica, in particolare verso l’alleato di governo, prende il sopravvento. Tra le prime ha brillato il confronto con una Lilli Gruber sempre più partigiana e sempre più dimentica di svolgere la professione di giornalista terminato con un eloquente sospiro di sollievo del nostro. Tra le seconde, l’uso sempre più frequente e ossessivo di locuzioni del tipo “credetemi” sono il segno involontario di una forzatura e del sentore che la presa del suo fervore si sta allentando tra gli stessi adepti più osservanti.

Il personaggio Di Battista, più che per il peso effettivo della sua azione, è importante perché rappresenta l’espressione più chiara delle tare e dei limiti di un movimento sempre più complice, volontario o meno, dell’opera di accerchiamento della Lega di Salvini da parte di forze ben più potenti e pervasive.

Il M5S ha sicuramente al proprio attivo alcuni meriti. L’eliminazione di alcuni degli aspetti efferati del Job Act varato da Renzi; l’intenzione di varare il salario minimo garantito di fronte ad una radicale perdita di rappresentanza dei sindacati e di polverizzazione del mercato del lavoro; il freno ad alcuni degli aspetti separatisti degli accordi incipienti di autonomia differenziata delle Regioni. Il secondo però è sminuito dal disconoscimento del valore della rappresentatività sindacale e della contrattazione nazionale del rapporto di lavoro; il terzo appare più che altro un atteggiamento strumentale teso a dilazionare a futura memoria le richieste di autonomia regionale con il solo scopo di paralizzare e dividere la Lega.

Al di là di questi successi tattici, il M5S soffre della contraddizione sempre più evidente tra un gruppo dirigente espressione in netta prevalenza della componente girotondina, giustizialista e dogmatico-ambientalista ed un elettorato sino a pochi mesi fa trasversale, ma in via di ridimensionamento nelle sue varie componenti, ma soprattutto in quella economicamente più attiva e politicamente più istituzionale, proprie del vecchio centrodestra.

I richiami assillanti ed univoci all’onestà e l’ossequio conclamato all’azione qualsivoglia dei giudici ne fanno una cassa di risonanza della crescente manipolazione giudiziaria dello scontro politico. Dalla vicenda dei 49milioni di euro della Lega dei tempi di Bossi e Maroni addebitati al nuovo gruppo dirigente, a differenza degli analoghi del vecchio PDS, al caso delle dimissioni del Sottosegretario Siri, le cui indagini sono immediatamente cadute nel dimenticatoio, al vero e proprio fumo persecutorio dell’affare russo Metropol, le cui dinamiche tutt’altro che interrotte, sembrano una parodia del bluff del Russiagate che ha paralizzato per anni la Presidenza Trump, il gruppo dirigente del M5S ha pensato di lucrare ai danni della Lega sino a concedere, con il progetto di riforma del Ministro Bonafede, ai centri di potere della Magistratura, cristallizzati nel Consiglio Superiore, ulteriori poteri di determinazione delle politiche giudiziarie, proprie del potere legislativo e di controllo dei singoli magistrati.

L’attacco all’affarismo nella gestione della spesa pubblica e di una concezione regressiva della difesa ambientale stanno portando ad una contrapposizione antagonistica le esigenze di tutela ambientale e la difesa e sviluppo della residua industria strategica e delle infrastrutture di rilevanza nazionale. Il caso dell’ILVA di Taranto è probabilmente il più emblematico. I pifferai del M5S sono il supporto di forze politiche ben più incisive, del peso del Presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, a favore di interessi militari atlantisti, economici europei tesi a ridurre le quote europee di produzione dell’acciaio a spese dell’Italia e di mire di ulteriore subordinazione geoeconomica della struttura economica del paese con la distruzione completa della propria industria di base, tutti coalizzati nell’obbiettivo di chiusura dello stabilimento. Un ritorno ai temi dello scontro politico di settant’anni fa, ma con un esito opposto, nefasto.

La stessa difesa dei diritti del lavoro e di livelli minimi di reddito si riducono ad una scatola vuota utile tuttalpiù a creare delle nicchie assistenzialistiche e di privilegio e tutela corporativa senza una politica economica di espansione della base produttiva e di potenziamento dei settori strategici nonché di riconoscimento delle competenze professionali.

Il M5S si sta rivelando sempre più come una delle forze di normalizzazione, anche se non l’esclusiva e nemmeno la più importante, della anomalia politica italiana. Parte di una vera e propria manovra a tenaglia che cerca di mettere a tacere qualsiasi velleità minimamente autonomistica nelle scelte politiche del paese; una azione rivelatasi al momento in tre aspetti ed episodi, ma suscettibile di allargarsi ad altri ambiti ancora più dirompenti: l’affare Metropol di presunti fondi russi alla Lega, la guerra per bande nel CSM, la gestione delle nomine in sede UE (Unione Europea).

L’affare Metropol di Mosca affiora cinque mesi fa, grazie ad un servizio del settimanale Espresso, ed esplode grazie al contributo di un sito legato agli ambienti democratici americani. Prende corpo dopo l’esito delle elezioni europee ancora favorevole alla vecchia guardia europeista ma minacciata dal successo leghista in Italia e da altre forze in Europa; dopo il viaggio di Salvini negli Stati Uniti culminati con l’incontro con Pompeo e Pence, non ancora una consacrazione, quantomeno una nota di accredito al cospetto dell’attuale Presidenza; dopo le notizie del pesante coinvolgimento di importanti settori dell’intelligence italiana, degli apparati e di numerosi personaggi politici di area piddina nella costruzione di un ramo secondario del Russiagate americano e la probabile richiesta di pulizia ed epurazione pretesa dall’attuale governo americano. Di certo esistono le registrazioni di colloqui così compromettenti in un luogo così aperto ed accessibile ai curiosi di vario genere, l’improbabilità dei personaggi, in particolare italiani, coinvolti e l’impaccio e la goffagine almeno iniziale delle reazioni della vittima designata, il Ministro Salvini. Per il resto mancano la fonte e la certezza certificata delle registrazioni, la certezza dell’originalità dei documenti che stanno affiorando. Il sospetto è che i bersagli siano più di uno, ivi compresa l’attuale dirigenza dell’ENI; la certezza pressoché acquisita è che più che l’iter giudiziario, sia importante lo stillicidio di informazioni tale da paralizzare l’azione politica di Salvini. Gli indizi di pretestuosità e strumentalità nella gestione dell’affare poggiano sulla base solida del prosciugamento delle risorse finanziarie della Lega legate alla vicenda del recupero dei 49 milioni di euro truffati dalla gestione precedente del partito e sulla capziosità della tesi dell’infedeltà e dell’inaffidabilità di Salvini nel garantire la stretta osservanza atlantista. Con questo i detrattori sembrano rimuovere il fatto che attualmente le politiche estere americane sono almeno due; una delle quali prevede il riconoscimento di un ruolo specifico della Russia in antitesi alla crescita di potenza della Cina. Puntano a delegittimare Salvini, come fautore e paladino degli interessi nazionali.

Nella vicenda della gestione del CSM curiosamente nessuno ha avuto da ridire sulla fuga “incontrollata” delle intercettazioni. I garantisti a corrente alternata questa volta hanno scelto di spegnere la luce. Eppure la Procura di Perugia è di piccole dimensioni e non dovrebbe essere particolarmente difficile individuare la fonte delle fughe, la gola profonda. Pochissimi hanno considerato il fatto fisiologico che le decisioni formali di politiche di varia natura presuppongono sempre una attività di tipo informale. La costituzione di una “banda organizzata” tesa a preparare e predeterminare le decisioni presuppone necessariamente l’esistenza di “bande alternative”, colluse e/o antagoniste. L’attenzione si è concentrata su una di esse con il risultato di riportare in auge, nell’occupazione degli incarichi, componenti ridimensionate nelle recenti elezioni al CSM, probabilmente quelle più interessate a concentrarsi sui nuovi filoni di indagine e sul bersaglio grosso. Un interesse che richiede il sacrificio delle componenti renziane, di quelle incidentalmente contrarie a qualsiasi accordo tra PD e M5S. Il progetto di riforma del Ministro grillino Bonafede contribuisce a determinare questa svolta e ad accentrare in mano alle correnti di potere dei magistrati la determinazione delle politiche giudiziarie e dei poteri di controllo dell’azione giudiziaria dei singoli giudici. Una tangentopoli all’ennesima potenza in una situazione nella quale la stessa autorevolezza dell’azione giudiziaria è pesantemente lesa dalla commistione di ruoli ed incarichi e dall’emergere di scandali interni all’ordine. Una condizione diversa da quella di trenta anni fa e molto meno gestibile nella costruzione di una opinione pubblica favorevole.

La gestione delle nomine in sede UE rappresenta plasticamente il crescente sodalizio tra la componente tecnica e quirinalizia e quella grillina del Governo, sintetizzata dal ruolo crescente da protagonista assunto da Giuseppe Conte. La conferma del sodalizio franco-tedesco, avvallata dai grillini e dal Capo di Governo italiano è culminata con la conferma del duo Lagarde-von der Leyen con il voto determinante dei 5stelle. La sintesi tra il più classico filoatlantismo fondato sull’asse francotedesco e le politiche del FMI, laddove la maschera del globalismo individualistico non riuscirà a nascondere il conflitto tra interessi nazionali. La beffa riservata ai neofiti italioti è arrivata appena il giorno dopo con l’annuncio dei Verdi a sostegno delle nuove nomine e la probabile negazione del misero piatto di lenticchie riservato agli ultimi convertiti alla causa della vecchia UE. Ad esso fa seguito l’inedito attivismo del Ministro Moavero in materia di politiche comunitarie sull’immigrazione. Tutto lascia presagire una serie di provvedimenti di facciata tesi a concedere qualche contentino e a togliere l’iniziativa a Salvini sul suo al momento unico cavallo di battaglia vincente. Per il resto, lo conferma il recente accordo europeo con i paesi del Sudamerica, prosegue la politica di drenaggio di risorse dal Sudeuropa e di stretta dipendenza e subordinazione delle loro economie.

La definizione di questi tre ambiti di azione può indurre però ad una rappresentazione fuorviante delle dinamiche politiche nostrane fatta di schieramenti nitidi e delineati. La ridefinizione degli schieramenti in corso nel PD e il cuneo inserito nel M5S che sta portando, al prezzo di un pesante sacrificio elettorale, a far corrispondere i resti del movimento alle affinità elettive del suo gruppo dirigente potrà agire ancora più pesantemente all’interno della stessa Lega.

In essa il cuneo potrà agire su due aspetti consustanziali alla formazione ed esistenza di quel partito. La presenza, nel nocciolo duro lombardo-veneto, di una base sociale costituita da piccoli imprenditori e professionisti ancora convinte delle virtù di questa Unione Europea e la forza di posizioni federaliste che vedono nell’indebolimento delle competenze dello stato centrale, piuttosto che nella loro ridefinizione, le possibilità di sviluppo e progresso locali, comprese le istanze democratiche.

La prima nasconde la realtà di una dipendenza preoccupante della residua struttura industriale e finanziaria nazionale dalle scelte economiche, di marketing e tecnologiche operate in Germania in un contesto del tutto diverso dagli anni ’80 in cui erano assenti i paesi dell’Europa Orientale e la merceologia di prodotti finiti in Italia era più ampia.

La seconda di fatto fonda la propria ragione su più convinzioni maldestre:

  • sulla funzione regolatrice ed equilibratrice dell’Unione Europea delle politiche regionali. Una funzione smentita dalle dinamiche degli ultimi quasi quaranta anni
  • sulla capacità tutt’altro che dimostrata della capacità di amministrazioni regionali di concepire e mettere in opera strutture di valenza strategica tali da poter contrastare gli squilibri, in assenza di uno stato nazionale forte e dotato tecnicamente
  • sul disconoscimento del fatto che un vero stato federale poggia su ferrei ed adeguati strumenti controllo, di riequilibrio e di compensazione tali da garantire forza ed unitarietà all’intera formazione e standard di prestazioni tendenzialmente uniformi verso l’apice
  • sull’elusione del mantenimento di prerogative fondamentali compresa quella della politica estera e delle condizioni di base di esistenza della formazione sociale

Il paese, attualmente, presenta una situazione di tale frammentazione da rendere inderogabile un processo di autonomia decisionale e gestionale regolati

Se l’azione del M5S avesse finalità serie e non strumentali alla contingenza politica dovrebbe prevedere una azione di sostegno di tali istanze accompagnati da processi di modificazione della Costituzione e degli apparati istituzionali tesi a regolare competenze, controlli e compensazioni. Una azione che per retaggi storici la Lega non pare in grado di affrontare coerentemente e che la cosiddetta sinistra ha già dimostrato di poter barattare allegramente in nome di un europeismo lirico. Nemmeno la retorica dei popoli di Italia appare sufficiente a superare tale lascito. La classe dirigente grillina non pare in grado di concepire nemmeno il senso di tale operazione, semplicemente perché anch’essa è vittima del pregiudizio che più l’azione politica è decentrata, più è scevra dai particolarismi e dalle tentazioni elitarie e soggetta al controllo democratico.

Potrebbe essere invece la funzione di una possibile formazione di stampo socialdemocratico piccola al momento, ma coesa e con precisi riferimenti sociali tra i ceti professionalizzati e con funzioni gestionali.

Sono queste le due crepe entro le quali potrà insinuarsi l’azione di restaurazione e di debilitazione dell’attuale gruppo dirigente leghista sino a ricondurlo alle origini oppure di una azione apertamente scissionista.

La situazione è tragica ma probabilmente non del tutto compromessa, più per le condizioni esterne che interne al paese.

Gli Stati Uniti appaiono sempre meno interessati a mantenere questa Unione Europea

In secondo luogo e in subordine perché il fulcro di tale azione, la Germania, è destinata a subire in modo drammatico i contraccolpi di tali scelte e a non poter garantire le condizioni minime di sussistenza di tale proposito di restaurazione. I segnali sono sempre più manifesti.

È una finestra che non potrà rimanere aperta per molto tempo. L’accordo di due anni fa tra Trump e la Merkel, per interposta Commissione Europea, per una dilazione delle sanzioni doganali a scapito dell’agricoltura italiana sono un avvertimento eloquente che il futuro del paese non può dipendere dalla benevolenza degli “amici”. Qualche segnale positivo di consapevolezza inizia ad emergere in alcuni settori fondamentali degli apparati. Sta al ceto politico sensibile a queste istanze cercare di raccoglierlo e dare prospettive. In caso contrario una svolta nel paese dovrà passare ancora una volta da una nuova scomposizione delle forze.

 

Il riscaldamento in Africa non è dovuto all’uomo, di Bernard Lugan

In Africa, la premessa di “riscaldamento globale dovuto all’uomo” è contraddetta dalle cinque principali discipline scientifiche:

1) paleoclimatologi hanno, analizzando le “carote” ottenuti nella perforazione continentale e marina hanno mostrato che durante il Quaternario, vale a dire, da 2,5 milioni di anni, l’Africa ha vissuto alternanze di periodi freddi e caldi, secco e umido. Australopithecus e primi ominidi sarebbero stati responsabili …?

2) i paleoambientalisti hanno evidenziato cambiamenti della vegetazione africana derivanti da tali cambiamenti climatici, senza alcun intervento umano.

3) tropicalisti climatologi hanno dimostrato che il riscaldamento reale e presente è un fenomeno sia naturale -anche se la suicida demografia africana aggrava la desertificazione-, e da tempo parte di un ciclo ivi iniziato da 5 000 anni. Sempre senza responsabilità umana.

4) Gli archeologi ci dicono che negli ultimi quindici millenni, sono stati questi cambiamenti climatici da nord a sud e da est a ovest, a condizionare l’insediamento del popolo africano.

5) Gli storici hanno messo in evidenza la sincronizzazione esistente tra i cambiamenti climatici e le grandi sequenze della storia del continente [1] .

E’ stato dimostrato che per milioni di anni, il cambiamento climatico africano è riconosciuto secondo cicli naturali descritti, analizzati e indipendenti dalle attività umane.

Eppure tali nuovi messia, “ayatollah verdi” impongono loro profezie allucinogene alle popolazioni colpite da reazione eccessiva e per tanto che, attraverso un  orwelliano assalto sempre più inquisitorio, cercano di ridurre al silenzio gli “eretici” scettici delle loro “rivelazioni”.

Questo chiarimento è destinato a fornire una motivazione per “scettici”, attraverso la scoperta delle vere ragioni del cambiamento climatico africano.

sviluppi:

I) La cronologia del clima africano

La cronologia climatica mostra che 60 000 anni, ha cominciato in Africa a nord dell’equatore, un periodo freddo e sterile, che ha raggiunto un picco tra i 18 000 e i 15 000 anni (Leroux, 2000). Questo fu il periodo di iper aridità del Sahara. E ‘apparso, poi scomparve senza l’azione umana.

Al picco di massima fase di aridità, tra -18000 e -15000, distese desertiche e formazioni dunali hanno invaso zone del Sudan. Più a sud, lo stand della foresta era quasi scomparso, non più confinata che nei rifugi delle posizioni vicine all’equatore, al riparo (soprattutto da parte di soccorso), dei forti venti secchi da nord e sud.

La regione del Sahara-Sahel poi subì un nuovo cambiamento climatico associato ad una maggiore umidità. Questo periodo è conosciuto come il Gran umido Olocene [2] o ottimale Olocene clima.

a) The Big Wet Olocene clima ottimale e Olocene

Il fenomeno ha iniziato nella regione tra 10.000 aC. -7000 AD e BC. AC ed è durato fino a circa 4000 aC. AC, con un picco intorno al 6000 aC. AD (Leroux 1994: 231). Questo periodo di calore e di umidità, presenta differenze regionali:

  • Nel Nord Africa, la vegetazione mediterranea ha colonizzato lo spazio a sud per oltre 300 km dai suoi limiti attuali. Più a est, fino a circa 7000-6000 aC. AC, la regione Nilo era una zona repulsiva a causa del livello impressionante di alluvioni che periodicamente sommergeva la valle.
  • Al centro del Sahara, i massicci del Air, la Hoggar e l’Adrar des Iforas ha dato alla luce un gran numero di Wadi (plurale di wadi), alimentando un fiume ormai estinto, l’Azawag, lungo 1600 km. Il Ténéré era una savana. Più a ovest, nella zona dell’attuale Mauritania e in tutto l’Occidente del Sahara Occidentale, le depressioni erano diventati laghi.
  • Nella regione del Ciad-nigeriana, il lago Ciad era esteso forse ai piedi del Tibesti.
  • Nel Sahel la savana salì di 500-1000 chilometri a nord, spingendo verso il basso anche il deserto del Sahara.

Nella sua fase di massima umidità, tra -9000 e -6000, il Sahara, punteggiato di laghi e paludi, ha ricevuto relativamente buone piogge di origine sia mediterranee che tropicali. Fu il momento degli allevatori. Più a sud, la riconquista vegetale fece sì che la foresta riguadagnasse terreno superando ampiamente il suo attuale campo di applicazione.

Dopo la Grande Wet o Olocene Optimum climatico dell’Olocene, il cambiamento climatico è riuscito attraverso sequenze sempre più brevi e in un contesto di generale riscaldamento, sempre indipendente da qualsiasi intervento umano.

b) l’arido medo-Olocene (o intermedio o intermedio Barren Barren metà dell’Olocene) succeduto al Grande Olocene umido, si inserisce tra due periodi umidi. Questa è un breve intervallo intermedio secco che durò mille anni al massimo, e che è cronologicamente tra il 6000 e il 4500 aC. DC secondo le regioni.

c) Il piccolo umido o umido neolitico  succeduto all’Arido Intermedio semi Holocene) che si estendeva dal 5000/4500 aC. AC al 2500 aC. AD, è nettamente meno pronunciato del grande holocene umido del Neolitico . Ha dato i natali al grande periodo pastorale nel Sahara-Sahel durante il quale il Sahara, steppa subdesertica – non “prato verde” – ha visto la primavera di molte fonti in debito delle piogge del periodo della Grande Olocene umido.

Questo episodio bagnato era comunque una parentesi in un processo di essiccazione continuo che non ha cessato sino ad oggi, e ciò nonostante oscillazioni umide costituiscono come remissioni in uno sviluppo che va dalla semi-arida all’arida assoluta.

d) post-neolitico arido è tra il 2500 e il 2000 e 1500 aC. J.-C. Durante questo periodo, il Sahara settentrionale sapeva accelerare la siccità, che porta alla partenza della maggior parte dei gruppi umani. Così i neri sembrano finalmente rinunciare a parti del Tassili del Hoggar e l’Acacus in cui vivevano. Da quel momento, queste zone sembrano essere popolati da gruppi proto-berberi e dagli antenati degli attuali Harratins, ultimi superstiti della popolazione nera precedente. Nella parte meridionale, dal 2000 aC. AC, gli uomini ripiegarono verso il fiume Niger (Quellec 1998: 189). Più a sud, la savana “ascesa” al nord durante il periodo precedente rioccupa la “sua” zona precedente. Più a sud, nella zona della foresta, è stato dal 1500 aC. DC, che il clima corrente ha cominciato a insediarsi.

Intorno al 1000 aC. J.-C e fino a circa 800 aC. DC, un nuovo cambiamento climatico ha permesso un breve ritorno di piogge limitate. Poi il livello delle acque sotterranee si è abbassato, le fonti sono scomparse e i pozzi prosciugati. Ora nel centro del Sahara, gli insediamenti permanenti sono concentrati in grande oasi dove trovare l’acquanelle profondità del terreno. A ovest, il Sahara occidentale, l’Oued Draa attualmente Mauritania è trasformato in steppa.

Non avendo l’uomo a che fare con il cambiamento climatico, allora quali sono le cause?

II) Le vere cause del cambiamento climatico in Africa

Nel 1992, in una pubblicazione in modo da prima della nascita del concetto di “riscaldamento globale dovuto all’uomo”, due dei più grandi tropicalisti climatici globali, il francese Yves Tardy e Jean-Luc Probst hanno spiegato in pochi linee illuminanti per la loro chiarezza i successivi cambiamenti climatici nella parte Sahel-sahariana dell’Africa a partire da un secolo:

“Il clima in Africa segue la posizione della ITCZ (Intertropical anteriore) o ITCZ (intertropicale zona di convergenza). Ci sono due scenari:

1) Quando il FIT è tenuto in posizione sud, o perché anticicloni polari mobili, dal Polo Sud, sono meno attivi rispetto al solito, o perché le loro controparti settentrionali dal Polo Nord sono piuttosto più lungo e più altamente attive il deficit di precipitazioni è molto diffuso nel Sahel dell’Africa occidentale […] Questo è il caso per anni 1942,1944,1948,1970,1971,1972 e il 1973 […].

2) Quando il FIT di nuovo verso nord sotto la pressione dell’anticiclone dal Polo Sud in movimento, c’è stata una pioggia eccessiva dell’Africa occidentale Sahel […].

Così, con i movimenti della ITF che sono sotto l’influenza della salita per le masse d’aria polare settentrionale del Polo Sud o la discesa verso sud masse d’aria polare dal Polo Nord, è facilmente comprensibile il rapporto che può esistere tra variazioni di temperatura e quelli di umidità, e l’effetto competizione tra l’emisfero settentrionale e meridionale “(Tardy e Probst 1992 26).

La ricerca attuale ha incorporato le ITF variazioni contemporanee nei cicli precedenti. Nella sua tesi sui cambiamenti climatici africani da 165.000 anni, Mathieu Dalibard (2011) scrive:

“Il cambiamento climatico globale per tutto il Quaternario (periodo che inizia  2,5 milioni di anni fa)risultato dall’interazione di vari fattori che agiscono più o meno ciclicamente, nel breve o lungo termine. I cambiamenti climatici importanti come lunghi cicli il cui periodo è maggiore di qualche migliaio di anni sono dovuti alle variazioni di movimento e della posizione della terra rispetto al sole. Se questi cicli influenzano i cambiamenti climatici su larga scala, di fatto le fasi glaciali e interglaciali, altri cicli più brevi svolgono anche un ruolo sulle fluttuazioni ambientali “(Dalibard, 2011: 30).

Questi cicli climatici lunghi sono in numero di tre:

1) Coloro che dipendono dal cambiamento di orbita della Terra sono chiamati “cicli di eccentricità” e fluttuano tra i 400 000 e 100 000 anni.

2) Coloro che assecondano l’inclinazione dell’asse della Terra sono il ” i cicli dell’obliquità” e oscillano tra i 54 000 e i 41 000 anni.

3) Quelli dipendente dalla variazione l’asse di rotazione della Terra sono i “cicli precessione” e fluttuano tra i 23 000 e i 19 000 anni.

Si cerca invano qualsiasi azione umana nella successione di questi cicli … La realtà è che nel corso di questi tre cicli, l’intercettazione della radiazione solare dalla Terra varia e questo per un semplice motivo: i parametri orbitali che cambia, la quantità di energia solare ricevuta dalla terra viene assegnato automaticamente, con conseguente cambiamenti climatici che si verificano come i principali intervalli di circa 100.000, 40.000 e 20.000 anni che hanno molti cambiamenti interni.

Qui siamo lontani sia dal gergo IPCC e dalle allucinazioni di ayatollah catastrofici “verdi” con il loro “ambientalismo” che infligge colpa punitiva.

conclusione

L’attuale processo di riscaldamento africano non è il risultato delle attività umane dal suo avvio di circa 5000 anni, al momento chiamato post-neolitico arido, tra il 2500 e il 2000 -1500 aC. AC, in una Africa ancora scarsamente popolata.

Questo ciclo continua ancora oggi, intervallati da remissioni e siccità perfettamente identificati:

– Durante il periodo moderno, le principali vette di aridità che conosciamo si sono verificati nel XVII secolo,con un picco tra il 1730 e il 1750.

– Il ventesimo secolo ha vissuto quattro grandi periodi di siccità tra 1909-1913, 1940-1944, 1969-1973 e 1983-1985 (Ridimensiona 1984; Ozer et al, 2010; Maley e Vernet, 2013).

– Negli anni sessanta, periodo “caldo” di Optimum clima contemporaneo, un breve aumento delle precipitazioni compone la regione del Sahel, a nord, sconfinando così nel deserto.

– Dal 1972, le precipitazioni diminuiscono nuovamente. Di conseguenza, il deserto allunga. Per quanto riguarda il Sahel, isohyets media giù da 100 150 chilometri più a sud, abbiamo la spiegazione della più recente siccità (Carré et al, 2018). Le loro conseguenze sono naturalmente aggravate dalla pressione demografica, dal pascolo eccessivo, dalla sramatura, dalla distruzione di legna da ardere tratta dai boschi di tamerici per l’alimentazione dei forni per nutrire una popolazione in suicidio demografico, dall’abbandono delle rotazioni triennali tradizionali. Tutto questo porta ad esaurimento del suolo, un fenomeno che sta accelerando. Ma il massacro dell’ambinte ad opera dell’uomo non è di per sé la causa del riscaldamento ciclico dell’Africa.

Il problema con i sostenitori del concetto di “climaticamente corretto”, strettamente confinato ai paesi “ricchi”, è che essi confondono origine e l’influenza, due diversi concetti scientifici. Ma, come essi esercitano il monopolio mediatico e politico, in modo che possano formare le generazioni più giovani e affondarle nello stampo universalista del “del villaggio-terra” che deve essere protetto al fine di “salvare il pianeta”.

Aderendo con entusiasmo o copycat in questo nuovo messianismo, l’uomo bianco è decisamente incurabile.

bibliografia

– Bouquet, C., (2017) “Il Sahara tra i suoi due sponde .. Con delimitazione elementi geohistory a vincoli di spazio. ” Géoconfluences, dicembre 2017 in linea.

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– Quellec, L. (1998) Rock Art e Sahara preistoria. Parigi.

– Leroux, M., (1994) “l’interpretazione meteorologica di cambiamenti climatici osservati in Africa per 18.000 anni. “. Geo-Eco-Trop, 1994,16, (1-4), pp. 207-258.
– Leroux, M. (2000) La dinamica del tempo e il clima. Parigi.
– Maley, J e Vernet, R. (2013) “Popoli e del cambiamento climatico in Africa tropicale nord-est, dal tardo neolitico agli albori dell’era moderna” Afriche, dibattiti, metodi e corsi di storia, vol 4 (online).

– Ozer, P et al, (2010) “La desertificazione nel Sahel: storia e prospettive.”. BSGLg 2010, 54, pp 69-84.
– Consente di ridimensionare, D. (1984) La siccità e la siccità nel Sahel, Geographic Information 1984,48, pp 137-144.

– Tardy, Y e Probst, JL (1992) “La siccità, crisi climatica e oscillazioni climatiche téléconnectées centoanni.”. Siccità, 1992; 3: 25-36


[1] Questo tema della sincronicità è il cuore del mio libro ” Il Sahel guerre origini ad oggi .”

[2] L’Olocene, l’ultima fase Quaternario geologica inizia ci sono 12 000 anni fa e vede la comparsa delle prime culture neolitiche .v

Affidamenti di minori! Psichiatria, psicologia e tribunali_ Intervista a Paolo Di Remigio

Paolo Di Remigio è professore di storia e filosofia e studioso di Hegel. Questa conversazione trae spunto da un suo articolo intitolato ‘Le scienze umane a Bibbiano’. Bibbiano è il luogo dell’Emilia dove è emerso lo scandalo degli affidamenti dei bambini strappati dalle famiglie e affidati o a persone o a case-famiglia, a cui sono stati riservati maltrattamenti, sia psicologici che fisici, da regime totalitario. Sono vicende che hanno impressionato le coscienze. Mi interessa molto il modo in cui nell’articolo hai considerato questi fenomeni. Ora, se si collegano i vari fatti accaduti e che sono per la verità molto frequenti, sembra di intravvedere una sorta di cupola che avrebbe immaginato e costruito tutto questo. È una scorciatoia un po’ deviante per spiegare questi fatti. In realtà sappiamo che dietro ogni azione umana c’è una rappresentazione, c’è una cultura, c’è una ideologia nel senso generale del termine, in base alla quale gli uomini, i gruppi agiscono. In questo caso è accaduto qualcosa del genere. Che cosa è successo secondo te?

 

Rispetto a ogni avvenimento c’è la possibilità di essere complottisti, cioè di cercare spiegazioni in intenzioni segrete, inconfessabili, non rilevabili nell’esperienza quotidiana. Invece le intenzioni di quanto è successo negli ultimi trenta, quaranta anni non soltanto sono chiare, ma divulgate da una propaganda ossessiva. Per questo non abbiamo bisogno di spiegazioni aggiuntive rispetto a quelle offerte dall’esperienza. Abbiamo visto che il capitalismo si è trasformato da capitalismo keynesiano che affida allo Stato il compito di creare la piena occupazione a capitalismo finanziario. E questo ha portato a profonde trasformazioni: a livello ideologico, il consumismo è stato sostituito dall’ecologia; a livello economico lo Stato è stato reso impotente. Sono state imposte cioè non solo le liberalizzazioni, ma la privatizzazione dei servizi pubblici, perfino delle istituzioni, ossia la loro cessione a privati perché li facessero funzionare in modo da accumulare profitto. Mi spiego gli avvenimenti di Bibbiano come un caso particolare di questa trasformazione che ha riguardato tutti gli ambiti della nostra vita. Ciò che prima era dello Stato e non era gestito secondo criteri di profitto, perché per sua natura non poteva esserlo, è stato privatizzato; la nuova gestione ha portato con sé la possibilità di scatenare comportamenti cinici, tali da violare la natura intima del servizio e dell’istituzione acquisiti. Se si guardano le cifre, mi sembra che la spiegazione possa tenere: 200 € al giorno per l’affidamento di un bambino rappresentano una somma notevole. Questo motivo di fondo trova alleanze in passioni, in ideologie, in deliri di onnipotenza; però credo che senza l’interesse economico passioni, ideologie, abusi di posizioni di potere non avrebbero raggiunto la soglia per organizzare un sistema totalitario quale l’assistenza sociale sembra essere diventata in alcune regioni d’Italia. Tutto ciò deve rammentarci che ci sono vasti ambiti della società che non possono essere gestiti dai privati, non possono essere gestiti secondo il principio del profitto, perché sono composti da soggetti deboli, indifesi, come le famiglie in difficoltà economica, i malati, i bambini, i giovani, rispetto ai quali il perseguimento del profitto, legittimo in altri ambiti, si degrada in un approfittare senza scrupoli.

 

Ridurre tutto a un fatto di interesse economico, di guadagno, quindi di vantaggio, serve a spiegare fino a un certo punto la questione. Anche chi trae profitto, chi instaura dinamiche tese al guadagno, cerca quanto meno di giustificare la propria attività e di trarre delle motivazioni che lo portano a quel tipo particolare di attività. Qui subentra il ruolo delle scienze umane, di fatto. Sono stati introdotti dei protocolli indiscutibili in base ai quali venivano catalogati i comportamenti dei bambini e in base ai quali si arrivava a decisioni insidacabili degli operatori – assistenti sociali, psichiatri e poi anche giudici. Com’è che viene giustificata questa dinamica?

 

Il puro interesse è qualcosa di mortalmente arido. La capacità di trasformare ogni cosa, ogni circostanza in un’occasione per fare soldi è un talento che è al tempo stesso una maledizione. La saggezza greca ha rappresentato la potenza letale di questo talento nel mito di re Mida, che con la sua mano trasforma tutto in oro, ma proprio per questo si condanna a vivere nell’inorganico, nell’inanimato. Chi agisce secondo il puro interesse ha necessità di intrecciare la sua azione con motivi ulteriori. Pensiamo ai monopolisti, ai finanzieri che in genere si danno anche il vestito di filantropi. La grande finanza internazionale va sempre a braccetto con la filantropia. È vero che questa filantropia è così pelosa da suscitare in noi normali una ripugnanza superiore a quella suscitata da un comportamento esclusivamente affaristico. Ma è una nostra illusione; dobbiamo fare lo sforzo di fantasia per comprendere che ridurre tutto a valore di scambio è il massimo peccato contro lo spirito; conduce infatti alla legittimità dello schiavismo, che ha deturpato le società antiche e dal cui rifiuto nascono il cristianesimo e il nostro diritto. Nei giorni passati stavo riflettendo su quello che è accaduto nella scuola. I vari ministeri dell’istruzione che si sono succeduti negli ultimi trent’anni hanno profuso uno sforzo spasmodico per imporre la cosiddetta didattica digitale. Non c’era nessuno studio scientifico che ne mostrasse la fecondità. Poi, quando sono cominciati gli studi – essi seguono sempre l’innovazione invece di precederla, come sarebbe auspicabile – si è scoperto il contrario, che l’uso didattico di supporti digitali ostacola l’apprendimento. La precedente mancanza di studi scientifici, anziché suggerire prudenza nell’applicazione delle novità, è stata compensata da un diluvio di piani, di convegni, di citazioni, di rappresentazioni ideologiche della realtà storica, che per incoraggiare il nuovo non aveva altro argomento che diffamare il tradizionale. In chi la subiva, la pressione ossessiva incoraggiava l’ipotesi di un grande complotto contro la scuola ordito da incappucciati per realizzare piani innominabili. Ora che gli studi scientifici esistono, si capisce bene che non occorreva l’ipotesi degli incappucciati, che tutto si spiega con il fatto che i produttori di software scolastico devono vendere la loro merce, e per venderla devono pubblicizzarla; la pubblicità genera discorsi ideologici, sgangherati, ma usati dai decisori politici, spesso in mala fede, ma a volte anche in buona fede, per giustificare le loro iniziative. Che qualcuno creda in questi discorsi che ripetono le bugie del marketing è importante per la sua riuscita, perché chi vi si oppone, si oppone innanzitutto a coloro che credono, quindi il suo buon senso assume esso stesso l’apparenza di una credenza, e così è facile farla passare per una predilizione personale dettata dalla pigrizia. Nel caso di Bibbiano, ciò che è stato fatto implica un disprezzo profondo per la famiglia; ma io penso che questo disprezzo in certi ambienti ci sia sempre stato; se questo disprezzo in un certo momento storico è diventato un sistema e ha prodotto quelle situazioni spaventose, la spiegazione storica non può che partire dall’interesse materiale di un capitalismo che rifiuta la crescita economica e aumenta i margini di profitto a scapito del reddito dei lavoratori, impoveriti e precarizzati da una studiata disoccupazione. La forza abnorme acquisita oggi dalle ideologie che condannano la famiglia è una conseguenza diretta della precarizzazione subita dai lavoratori.

 

Nel tuo articolo parti dalla differenza di fondamento tra le scienze naturali e le scienze umane e affronti il tema della debolezza intrinseca del carattere scientifico delle scienze umane, legata all’impossibilità del riscontro oggettivo, all’impossibilità di falsificazione, come si dice in gergo, della propria teoria, della propria ipotesi.

 

La distinzione tra filosofia teoretica che ha per oggetto la natura, che non è fatta dall’uomo, e filosofia pratica, che non mira soltanto alla conoscenza di ciò che è fatto dall’uomo ma lo aiuta a realizzare il suo bene, è molto antica, è di Aristotele. Aristotele non dice che le scienze etiche siano meno importati; dal punto di vista teoretico sono più deboli, ma dal punto di vista dell’utilità complessiva sono anche più interessanti delle scienze teoretiche. Le scienze umane tendono a violare la distinzione aristotelica: esse vogliono conoscere l’uomo, ma vogliono conoscerlo oggettivamente, come gli scienziati della natura conoscono la natura. Nelle scienze umane il dato oggettivo è però l’intenzione. Lo psicanalista ascolta il paziente e dietro le intenzioni evidenti, dietro il contenuto esplicito, riscontra delle intenzioni più profonde, nascoste allo stesso paziente, che soffre le conseguenze di questa sua inconsapevolezza. Dall’analisi che ho fatto dello scritto di Freud si evince però che queste intenzioni nascoste, più che pura realtà oggettiva, sono in parte costruzioni del paziente che parla, in parte costruzioni dell’analista che ascolta, solo in parte realtà oggettiva. Non solo: la terapia guarisce a prescindere dalla verità della ricostruzione delle intenzioni inconsapevoli; ai suoi fini è sufficiente raggiungere il convincimento. Se una scienza non raggiunge la piena oggettività, ma si ferma alla probabilità, come fa per lo più la medicina, o addirittura al convincimento, questa scienza non può farsi portavoce di necessità assolute, anzi, nel suo operare deve rispettare un codice deontologico. Lo psicologo non può dunque affermare la sua teoria, e tanto meno il giudice può assumerla, come se fosse infallibile; la teoria deve essere applicata nel rispetto del diritto del paziente. E qui diritto è determinabile con precisione: la capacità dell’uomo di provvedere a sé stesso, l’autosufficienza della persona. Se il paziente è una famiglia, l’intervento dell’assistente sociale, dello psicologo e del giudice, non può che essere finalizzato al diritto della famiglia, al suo conservarsi come persona, alla sua coesione, alla sua compattezza, alla soluzione dei conflitti diventati troppo esasperati. Se pretende di derivare da una millantata onniscienza che gli consente di porsi al di là del bene e del male, l’operare dell’assistente sociale, dello psicologo, del giudice si trasforma in violenza contro ciò che dovrebbe sanare. Il rifiuto della finitezza di una scienza che non potendo arrivare al dato oggettivo si accontenta del convincimento, equivale all’esercizio di una prassi arbitraria e onnipotente. E questa è storia. Parenti di Freud sono stati protagonisti nell’applicare tecniche di manipolazione di massa negli Stati Uniti. Conosciamo l’applicazione delle tecniche psicologiche da parte dei servizi segreti. È terribile il fatto che una professione che dipende innanzitutto dall’atteggiamento morale di chi la pratica può assumere una pretesa di onniscienza di fronte alla quale lo stesso giudice, che deve far valere il principio etico contenuto nella legge, si arrende. Uno dei giudici implicati in queste vicende si costituisce parte civile perché si sente ingannato dai referti degli psicologi e degli psichiatri. Doveva però essergli chiaro che lo psicologo dà soltanto un parere e che la decisione doveva essere presa sulla base di un’ampia raccolta di altri pareri e secondo il principio etico fissato nelle leggi. Ho letto del caso di una madre a cui è stato strappato il bambino perché secondo una psichiatra gli sarebbe stata troppo legata, e non c’è stato verso di piegare il giudice perché ha ritenuto le testimonianze portate contro il parere della psichiatra testimonianze di persone non esperte; ma nel campo del conoscersi degli uomini tutte le persone normali, cioè le persone che sanno badare a sé stesse, che sanno affrontare e risolvere i loro problemi, sono esperte. Come scrivevo nell’articolo, l’uomo è trasparente a sé stesso, e normalmente gli uomini si capiscono guardandosi, ascoltandosi, perfino annusandosi. Io non capisco le equazioni della fisica nucleare e le formule chimiche guardandole, ma capisco subito, in quanto docente, che cosa significhi veramente un’espressione di un mio studente, e gli studenti capiscono a primo sguardo cosa possono permettersi con il docente; capisco subito, in quanto genitore, che cosa significhi un’espressione di mio figlio, magari con maggiore sicurezza di quanto possa capirlo uno psicologo che lo vede per la prima volta. È quella trasparenza per cui gli uomini riescono a vivere insieme. Succede tra marito e moglie: all’inizio si litiga, poi ci si adatta, alla fine, senza una parola, si sa benissimo cosa pensi e come reagisca il proprio coniuge. È quella trasparenza nei rapporti normali tra gli uomini di cui il giudice deve tener conto non meno che dei referti psichiatrici.

 

Facciamo un passo avanti rispetto a questo discorso. Un ruolo fondamentale sembrano averlo gli psicologi e gli psichiatri e gli assistenti sociali, che sono una sorta di psicologi. Una delle caratteristiche della psichiatria è quella di vedere la realtà come sommatoria di patologie. Questa visione contrasta con un criterio scientifico che tende a fissare la normalità, la regola dei fenomeni. È possibile attribuire un carattere scientifico e insindacabile a una prassi di questo genere?

 

Tu mi chiedi del pericolo legato alle scienze dell’uomo di vedere ovunque malattia. La tendenza a generalizzare la diffusione della malattia è la grande tentazione dei terapeuti. L’individualità è negazione del riferimento all’altro, direbbe Hegel; l’essere dei viventi non è inerte, ma è una attività e anche una lotta. Siamo dotati di un apparato immunitario che ci protegge dalle aggressioni dei microorganismi, di un apparato scheletrico e muscolare che ci protegge permettendoci la fuga o la lotta. Certo, non siamo soltanto individui in lotta. Possiamo superare la nostra individualità, stringere alleanze, allacciare rapporti positivi, rapporti di solidarietà, di amore. In ogni caso la vita ha la sua durezza; essa comporta sconfitte, disagi che possono infliggere ferite, provocare malattia. Come distinguere salute e malattia? Come determinare la salute? Come ho già detto, non è difficile: è la capacità, l’onore di provvedere a sé stessi, di non dover chiedere aiuto, anzi di poter aiutare i figli, la moglie, il prossimo, le persone incontrate nella professione. Davanti a una persona che sa provvedere a sé stessa non dovrebbero scattare categorie che vengono dall’ambito del patologico. È vero, però, che le scienze umane più fortunate, per esempio la psicoanalisi che deborda spesso dai suoi confini,  sono scienze che nascono da terapie, cioè i loro concetti principali sono concetti che hanno funzionato all’interno del rapporto tra medico e paziente. Estendere questi concetti di origine terapeutica dal rapporto con il paziente all’intera realtà non soltanto le applica un punto di vista interpretativo ma vi trasporta la malattia. L’ultimo Freud è molto apprezzato e lodato: è il Freud che si interessa non solo e non tanto di terapia, ma soprattutto di estendere i concetti della psicanalisi alla letteratura, all’arte, alla storia, alla civiltà, in particolare alla religione. Ma fatalmente i nuovi fenomeni a cui sono estesi i concetti di origine terapeutica diventano tutti più o meno patologici; quindi la religione è marchiata come nevrosi collettiva, la stessa civiltà appare definitivamente contrassegnata da un disagio derivante dal dover barattare la pulsione sessuale e quella aggressiva, quindi la felicità, con la sicurezza – come se l’essenza dell’uomo fosse la felicità e non la libertà, e la felicità fosse la soddisfazione delle pulsioni sessuali e aggressive. Si tratta di ipotesi rese interessanti dalle grandi capacità letterarie di Freud, che però si riducono spesso a miti privi di consapevolezza filosofica. Quando poi manca l’accuratezza analitica di Freud, a volte si finisce nel delirio interpretativo.

 

Non è un caso quindi che quando la funzione dello scienziato sociale si unisce al potere decisionale rischi di sfociare in un fenomeno di totalitarismo e di giudizio insindacabile nei confronti di persone, più che essere un supporto di decisioni.

 

Il principio dell’agire degli uomini rispetto agli uomini è interno all’etica. E non occorre fare chissà quali studi: essa è esposta nella Costituzione. Nella Costituzione è scritto che la legge garantisce l’unità familiare e che la Repubblica protegge non soltanto l’infanzia e la gioventù, ma innanzitutto la maternità. È la Costituzione il principio a partire dal quale il giudice emette le sue sentenze, non il parere di uno psicologo o di uno psichiatra che, per quanto esperto, non dispone di una conoscenza per principio più sicura di quella di cui dispongono i non psicologi. Nel caso della madre privata del figlio perché troppo affettuosa, le persone senza titoli professionali che hanno testimoniato contro la valutazione della psichiatra conoscevano meglio il bambino e la madre.

 

Abbiamo visto invece che sono gli stessi professionisti ad assumere il ruolo di giudici come giudici onorari, con un peso decisionale determinante, insindacabile; mentre la famiglia, i genitori, il parentado, il vicinato non assumevano più un ruolo positivo.

 

Quando la specializzazione professionale consiste nello scovare malattie occulte allo stesso malato, ogni comportamento diventa un sintomo. Quando poi chi ha questa competenza così invasiva è anche giudice, il comportamento interpretato come patologico si connette, per la natura stessa della professione di giudice, alla presunzione di colpevolezza – del genitore, ma perfino del bambino. Nel giudice onorario, nello psichiatra-giudice la malattia universale è nello stesso tempo colpa universale. Si ripropongono allora situazioni terrificanti, analoghe ai processi di stregoneria, in cui la colpa era così identica all’essere dell’imputato da essere dimostrata sia dal suo cedere che dal suo resistere alle torture.

 

Questo potrebbe spiegare come le procedure burocratiche abbiano potuto consolidarsi nel corso degli anni fino ad arrivare allo scempio a cui stiamo assistendo nelle cronache attuali. Questa rappresentazione del ruolo dello scienziato, del ruolo della scienza sociale, ha aperto le strade e fornito giustificazioni.

 

C’è un interesse economico molto forte; è incautamente concessa a certe figure professionali, che onniscienti non sono per la natura stessa dell’oggetto su cui affermano la loro competenza, la possibilità di attribuirsi l’onniscienza e di esercitare un potere assoluto; da questa confluenza è chiaro che nasce l’abuso.

 

Stiamo assistendo all’affermazione delle teorie LGBT che rivendicano il diritto di famiglie non tradizionali ad allevare, educare e anche a creare bambini. Mi sembrano teorie interessate a denigrare la funzione della famiglia tradizionale, predestinata alla procreazione, all’educazione degli affetti. Questo approccio alla scienza, questa relativizzazione è un ulteriore passo destinato ad ampliare lo spazio di queste teorie?

 

Qui direi che si verifica il caso contrario a quello di prima. Prima avevamo una scienza che è presunta totale e definitiva, che quindi abilita all’onnipotenza; qui invece si presenta una tendenza a non tener conto dei dati scientifici. Premetto che gli atteggiamenti omofobici sono sempre vergognosi. Se si guarda alla storia, in Italia non ci sono state, almeno dal Novecento, esplicite persecuzioni giudiziarie nei confronti delle persone per la loro omosessualità; invece negli altri Stati, in particolare nell’Europa luterana e calvinista, c’erano leggi che la punivano – i casi dolorosi di Oscar Wilde, di Alan Turing sono tra i più eclatanti. Anche in Italia erano però normali manifestazioni di omofobia; se capita di guardare spezzoni dei film spazzatura degli anni ’70, degli anni ’80, spesso vi compare la figura dell’omosessuale affinché faccia ridere, affinché sia umiliato. Che simili atteggiamenti in sé ignobili e pericolosi dal punto di vista educativo dovessero essere superati, che a ogni essere umano a prescindere dai suoi gusti sessuali debba essere garantito rispetto, su questo non può esserci nessuna riserva. D’altra parte, però, ci si imbatte a volte in discorsi forzati. Mi è capitato per esempio di assistere a un video, una conversazione tra Piero Angela e uno scienziato qualificato tra l’altro come sessuologo, in cui il conduttore tendeva ad esporre la questione della differenza sessuale in modo piuttosto distorsivo. Per quello che ne so – ma qui si tratta di conoscenze minime acquisibili a livello di scuole medie – la sessualità si gioca su quattro livelli: innanzitutto su quello del codice genetico; nel momento in cui i due gameti si uniscono, lo zigote ha nel suo codice genetico la determinazione sessuale, è già maschio oppure femmina, senza possibilità intermedie; è il codice genetico che, in misura sempre meno determinante, provvede al secondo livello, cioè alla differenziazione ormonale, poi al terzo, alla differenziazione anatomica, e infine al quarto, alla differenziazione psicologica. In questo sviluppo l’alternativa netta maschio/femmina propria del livello genetico può dunque stemperarsi in una pluralità di differenze. Ora in quella intervista il livello genetico, l’unico a presentare l’alternativa sessuale netta tra maschio e femmina, era presentato in modo così sfumato che sembrava inesistente. È vero che il professore aggiungeva che si nasce definitivamente maschi o femmine, ma se si trascura di menzionare che a livello genetico tertium non datur, si rischia di trascurare una differenza importante, quella tra sessualità ed erotismo, su cui lo stesso linguaggio quotidiano, che risente di una lunga tradizione di pruderie, è ambiguo. La sessualità è una forma di riproduzione dei viventi e come tale implica la differenziazione genetica tra maschio e femmina. Per questo motivo il termine ‘omosessualità’ non ha senso biologico: la congiunzione maschio-maschio, quella femmina-femmina, a cui si riferisce il prefisso ‘omo-’, non hanno carattere sessuale perché non possono svolgere alcuna funzione riproduttiva. Invece, la possibilità che i quattro livelli della sessualità si sviluppino in modo particolare determina forme intermedie di erotismo, cioè di attrazione e di piacere, oltre quello maschile e quello femminile. Il termine più esatto per molte di queste forme intermedie potrebbe essere ‘omoerotismo’. Tutto questo ha importanti conseguenze. Innanzitutto l’omoerotismo, essendo fondato sulla natura complessa dello sviluppo sessuale, è in sé stesso innocente quanto lo è l’eterosessualità, quindi l’omofobia che presuppone che l’omoerotismo derivi da una perversione della volontà è per principio ingiustificabile. La seconda conseguenza è però la differenza di dignità tra sessualità ed erotismo. Piacere e sentimento erotico non sono la sessualità, anche se di solito l’accompagnano. Si tratta del motivo esposto in modo magistrale da Platone nel Simposio. Il sesso è l’arma della fecondità con cui il vivente vince la morte, la sua ontologia, dalla cui sublimazione nell’uomo nasce tutto ciò che c’è in lui di grande; in quanto tale esso non è piacevole, ma penoso: il parto comporta pericolo e dolore, l’allevamento è sfibrante, l’educazione difficile. Proprio perché il sesso è penoso, la natura ha provveduto ad addolcirlo con il piacere erotico e con la bellezza. Il piacere erotico è per lo più un invito alla fecondità sessuale; ma può rendersene indipendente, addirittura fino all’incompatibilità. Se si tengono fermi i significati che ho attribuito ai termini, risulta evidente che il primo scopo, non l’unico, certo, della famiglia è sessuale, non erotico: la famiglia è innanzitutto la solidarietà dei sessi di fronte a un compito essenziale e difficile quale quello della riproduzione, ed è per questa difficoltà ed essenzialità del suo compito che essa va appoggiata e difesa. Ma è altrettanto evidente che il progetto di rendere biologicamente feconde le forme di omoerotismo incompatibili con la sessualità è artificiale e volontaristico. Che sia artificiale permette l’irruzione dell’interesse economico; credo che proprio questo interesse economico, nel contesto dell’attuale capitalismo teso a superare ogni vincolo che immobilizzi la forza-lavoro, renda attualmente influenti le opinioni più esagerate degli LGBT. Che sia volontaristico apre le porte alla violenza: le procedure che permettono alle coppie cosiddette omosessuali di ottenere figli, implicano sempre la rottura dei legami umani più profondi, quelli tra genitori biologici e figli biologici, e costituiscono una indubbia violazione dei loro diritti.

 

Quindi la novità rispetto alle prime fasi di questo processo, iniziato nel ’95 con le case-famiglia e quindi  con gli allontanamenti, è che allora c’era una corrente scientifica dogmatica, legata a determinati ambienti della psichiatria, della psicologia con connessioni dirette agli apparati giudiziari che portavano avanti questa ipotesi e vedevano tendenzialmente la famiglia come l’origine del male, adesso a questa tendenza si sovrappongono queste correnti che, per affermare una loro identità, una loro efficacia anche di tipo lobbistico, hanno interesse a denigrare il ruolo della famiglia tradizionale. È una loro affermazione.

 

La critica della famiglia, in genere di una superficialità irresponsabile, è un motivo fiorito negli anni ’60 e che si radica in tanti autori precedenti. Neanche occorre aspettare Freud per trovare un atteggiamento di estremo sospetto nei suoi confronti. Si può pensare a Schopenhauer, per esempio; egli rifiuta l’erotismo non tanto per un’esigenza ascetica di liberarsi dalla schiavitù dei piaceri, ma per una posizione opposta a quella di Platone, sulla base dell’odio della sessualità, in quanto l’erotismo sarebbe l’inganno con cui l’essenza maligna della natura, che Schopenhauer chiama volontà, ci alletta a riprodurci con lo scopo di perpetuare sé stessa. Se vogliamo tornare ancora più dietro la preferenza per la vita asessuata rispetto alla vita sessuata è già accordata dal cristianesimo. È vero che nelle prime comunità i presbiteri, i vescovi non solo erano sposati ma erano tenuti a sposarsi, in quanto l’amministrazione familiare era l’indispensabile tirocinio per l’amministrazione della comunità; già per San Paolo, però, il matrimonio è un ripiego per chi non ha la forza di dominare la propria sensualità ed è quindi esposto all’irregolarità erotica, più che la via privilegiata verso la santità. In seguito si sono affermati l’obbligo della castità per gli ecclesiastici e una posizione definitivamente subordinata dei laici, cioè delle famiglie, nei confronti del clero. Così, all’interno della Chiesa cattolica il matrimonio è certo un sacramento, dunque un’unione sigillata da Dio, ma la scelta matrimoniale è inferiore alla vocazione sacerdotale, l’agape è superiore al sesso.

 

In queste dinamiche c’è un rapporto molto squilibrato. La logica vorrebbe che dal punto di vista istituzionale, nelle procedure, negli affidamenti ecc., questo equilibrio si ricrei dando voce a chi non ce l’ha, tipo i genitori, tipo il bambino che in qualche maniera deve essere rappresentato in questi processi che rischiano di portarlo all’allontanamento. Quindi si tratta di ripristinare un equilibrio anche a livello istituzionale.

 

Si tratta di attenersi alla Costituzione, che nel Titolo II considera la famiglia società naturale fondata sul matrimonio, che riconosce ai genitori il diritto e il dovere di mantenere, istruire ed educare i figli e consente l’intervento della legge solo nel caso di loro incapacità. Nessuno può rompere alla leggera una famiglia, può strappare sulla base di impressioni paludate da un gergo psicologistico i figli ai genitori; tutto deve essere fatto per tenere insieme la famiglia e soltanto in caso di situazioni estreme si può ricorrere a misure estreme.

 

Per concludere, lo sforzo che dobbiamo fare non è tanto indugiare sull’aspetto kafkiano, mostruoso della situazione, ma reagire al pericolo che possa diventare una normalità perché legata a certe logiche, siano esse economiche, di interesse, ma anche legate a rappresentazioni ideologiche e culturali. È lì che bisogna battere per ripristinare una situazione più equilibrata. Superare dunque l’approccio scandalistico a quello che sta emergendo.

 

Riassumi bene le mie opinioni. La grande trasformazione del capitalismo della piena occupazione in capitalismo della finanza che deve controllare tutta la società attraverso la disoccupazione, comporta innanzitutto la fluidità di ogni legame umano, l’estraneazione dalla patria e dalla famiglia; comporta poi l’impotenza economica dello Stato: la sua incapacità di porre limiti all’affarismo, la gestione privatistica dei servizi più legati alla fragilità umana: il servizio sanitario, l’assistenza sociale, la scuola; e quando in questi ambiti entrano gli interessi, per quanto si mascherino con passioni, sogni, ideologie, entra l’aridità, la smania di trasformare tutto in denaro.

 

Non può essere che sotto ci sia qualcosa di più profondo che, più che al capitalismo, all’attività legata al profitto, sia legato a una logica di affermazione di élite che tendono ad acquisire sempre più potere, che non trovano contrasto e quindi attraverso questo vincolo anche ideologico tendono ad affermarsi senza alternative? Entriamo così nella discussione tra il marxismo che vede il motore della storia nelle forze produttive e Weber, Carl Schmitt che concepiscono il politico come dominante, come logica delle dinamiche e dei conflitti.

 

Forse le due prospettive non si escludono; forse la supremazia dell’economico non è eterna, ma la forma di dominio propria dell’impero anglosassone. Finché ne siamo però sudditi conviene fare della supremazia dell’economico la principale chiave interpretativa. Penso che la banca centrale indipendente che favorisce le élite finanziarie lesinando la moneta in modo da farne una merce scarsa, e quindi impedisce gli investimenti, provoca sottosviluppo, crisi, disoccupazione, migrazioni, la distruzione delle famiglie, sia il principio non segreto, anzi proclamato e difeso come un dogma religioso, sufficiente a spiegare perché attualmente l’uomo resti schiavo dei suoi bisogni quando potrebbe esserne libero.

 

IL SISTEMA CHE RUBA I BAMBINI, a cura di Barbara Tampieri

Prosegue il dibattito intorno alla gestione degli affidamenti di minori iniziato, a seguito dell’emersione dei fatti di Bibbiano, con la conversazione con Paolo Roat http://italiaeilmondo.com/2019/06/29/affidamento-di-minori-tra-tutela-ed-abusi_-una-conversazione-con-paolo-roat/ Qui sotto un approfondimento redatto da Barbara Tampieri, curatrice del canale Youtube e del blog omonimo http://ilblogdilameduck.blogspot.com/ , che vede coinvolto anche www.italiaeilmondo.com. Buon Ascolto_Giuseppe Germinario

 

MEDINSAHARA e la guerra ibrida, a cura di Giuseppe Germinario e Roberto Buffagni

 

Negli ultimi articoli[1] dedicati all’ operazione Carola,  http://italiaeilmondo.com ha analizzato le azioni delle ONG che trasbordano immigrati irregolari nel nostro paese come veri e propri atti di guerra ibrida concepiti, diretti e organizzati da centri decisionali legati a potenze straniere. A queste operazioni prestano la loro indispensabile collaborazione, con gradi diversi di consapevolezza e organicità, settori tutt’altro che trascurabili delle istituzioni e dei media italiani[2].

Il governo ha reagito agli attacchi, seppur in modo non del tutto collegiale e adeguato. Il Ministro Salvini, principale bersaglio politico degli attacchi, sta tentando di rispondervi con l’ inasprimento delle sanzioni e un assiduo impegno nella comunicazione e nel sostegno a FFOO e FFAA. In termini di dissuasione, qualche risultato si comincia a vedere: ma si tratta pur sempre di un’azione di rimessa, indispensabile ma insufficiente. E’ invece di importanza capitale prendere l’iniziativa e contrattaccare, dettando l’agenda politica e costringendo l’avversario – anzi gli avversari, esterni e interni – a combattere sul nostro terreno e alle nostre condizioni.

Tra le prerogative e i doveri fondamentali di qualsiasi Stato c’è, naturalmente, la difesa delle frontiere e il controllo del territorio. E’ dunque benemerita e indispensabile la politica dei “porti chiusi” proposta e accanitamente difesa da Salvini, perché ha segnato una svolta netta, anche simbolica, rispetto alle politiche migratorie irresponsabili dei governi precedenti.

E’ chiaro a tutti che è responsabilità storica di qualsiasi governo puntare ad una netta diminuzione, regolamentazione e regolarizzazione di flussi migratori, in modo da renderli compatibili con la struttura socioeconomica e la coesione culturale d’Italia.

E’ così chiaro a tutti, che persino i diretti responsabili politici della grave crisi migratoria italiana  hanno la faccia tosta di sventolare  – a parole e a favor di telecamere – lo slogan “Aiutiamoli a casa loro”.

Sinora, l’unico “aiuto a casa loro” che la classe dirigente europeista italiana ha dato agli immigrati è stata la sciagurata collaborazione all’aggressione anglo-francese alla Libia: li hanno aiutati ad ammazzare il  dittatore antidemocratico, precipitandoli nell’anarchia e nella guerra civile per poi piangere lacrime di coccodrillo sulle sofferenze dei migranti e l’insicurezza dei porti libici, e cianciare di “corridoi umanitari” che come l’araba Fenice, che vi sian ciascun lo dice, dove sian nessun lo sa.

Non c’è dubbio: anarchia e guerra civile sono “democratiche”, nel senso che coinvolgono tutto un popolo nessuno escluso, ma sarebbe questo, “aiutarli a casa loro”? Semmai, è mitragliare qualcuno, regalargli una scatola di cerotti e poi pretendere la medaglia al valore civile.

Un’altra cantafavola con allegate lacrime di coccodrillo e boccuccia ipocrita a culo di gallina che ogni tanto fa capolino nei media è quella del “piano Marshall europeo per l’Africa”, svergognata sciocchezza alla quale nemmeno il fratello più scemo della scemo può prestare una briciola di fede.

Da trent’anni l’Unione Europea applica, in Europa, una dura politica deflattiva iscritta nei trattati fondativi. Nell’Unione Europea, da trent’anni gli investimenti diminuiscono e la disoccupazione cresce, toccando vette abissali in Grecia e nel Meridione d’Italia. Con queste premesse, per “restare umani” (ammesso e non concesso che mai lo siano diventati) i diretti responsabili della catastrofe sociale europea sarebbero in procinto di inaugurare un “piano Marshall per l’Africa”?!

Ma insomma: è possibile aiutarli a casa loro, sì o no?

Sì che è possibile. E’ possibile “aiutarli a casa loro” se un governo italiano si ricorda della vocazione mediterranea del nostro paese, e degli antichi scambi culturali, politici ed economici che ci legano al Levante; è possibile aiutarli a casa loro se governo italiano e governi del Levante riconoscono i reciproci, comuni interessi e avviano una fattiva collaborazione economica e politica.

Basta ciarle a vuoto, basta ipocrite mozioni degli affetti,  basta eroismi umanitari a costo zero, basta carità pelosa con capital gain garantito sul C/C del caritatevole: avviare invece trattative su un piede di cordiale parità, e sulla base del reciproco rispetto e interesse.

Gli immigrati non sono i bambolotti di pezza, le coperte di Linus dei professionisti della bontà, non sono i personaggi di un brutto melodramma TV , e non sono il Buon Selvaggio Sventurato oppresso dal Cattivo Uomo Bianco Colonialista.

Gli immigrati sono uomini come noi, con la nostra stessa capacità di bene e male, con interessi e ambizioni e bisogni, con i quali dobbiamo trattare da pari a pari, sulla base del reciproco interesse, come con gli uomini dei paesi europei.

Leggiamo che proprio in questi giorni, il governo italiano tratta con il governo tunisino per ridurre l’afflusso dei barchini pilotati dagli scafisti, i trafficanti di schiavi che trasportano gli immigrati nel nostro paese.

E’ un’iniziativa opportuna, ma è anche un’occasione preziosa per riprendere in esame un progetto italiano che sul serio può “aiutarli a casa loro”.

italiaeilmondo.com ha già presentato https://www.medinsahara.org/   il progetto di collaborazione tra governo italiano e tunisino per l’escavazione di un mare artificiale nel deserto del Sahara, del quale è promotore e referente italiano il nostro collaboratore e amico Antonio de Martini.

Il progetto “ Mare nel Sahara” è stato presentato nell’ottobre scorso a Biserta, nel corso del « Forum de la Mer / rencontres euro-méditerranéennes de l’économie bleue durable », organizzato dall’ Institut tunisien des études stratégiques (ITES), con l’appoggio dell’ Unione Europea e dell’ Unione per il Mediterraneo, e la partecipazione dell’ambasciata di Francia in Tunisia. Vi collaborano le Università di Ferrara, Bologna e “La Sapienza” di Roma, l’ Istituto per l’Oriente Carlo Alfonso Nallino (Roma), l’UNESCO.

E’ un progetto che sarebbe di interesse nazionale per il nostro paese anche se il problema migratorio non esistesse: per il vantaggio economico immediato (4-5 MLD di lavori per imprese italiane, circa 2.000 posti di lavoro per tecnici italiani), e per il vantaggio politico a breve e lungo termine di una ripresa in grande stile della cooperazione italiana con le nazioni del Nordafrica (il progetto è replicabile anche in Algeria).

Ma oggi che il problema migratorio è al primo posto dell’agenda del governo, il progetto “Mare nel Sahara” moltiplica la sua importanza e il suo valore, tanto economico quanto politico, internazionale e interno.

Il progetto “Mare nel Sahara”  è importante, anzi decisivo per la politica interna italiana, perché è questo il modo di “aiutare a casa loro” gli immigrati: creando nelle nazioni nordafricane opportunità di lavoro, sviluppo e speranza che tengano conto insieme dell’interesse loro e nostro.

Solo dando agli immigrati concreta speranza di lavoro e di vita dignitosa nel continente africano possiamo costruire le condizioni per  la nostra e la loro sicurezza, come per la reciproca intesa nella diversità.

Solo così svergognamo e tappiamo la bocca agli ipocriti fautori di un’immigrazione incontrollata e incontrollabile, ai bugiardi che cianciano di umanità mentre trattano noi e loro come animali “da meticciare”. Politica realistica ci vuole, non zootecnia ideologica.

Qui sotto il lettore troverà una intervista ad Antonio de Martini, principale promotore dell’iniziativa, e il link a un sintetico dossier sull’argomento.

Speriamo che finalmente, la vox clamantis in deserto Sahara trovi un ascolto attento nel governo. Per avviare il progetto,  basta finanziarne lo studio di fattibilità con 300.000 euro, da destinare alle tre Università italiane che lo sponsorizzano.

Sì, avete letto bene: non abbiamo scritto “trecento milioni” di euro. Abbiamo scritto “trecentomila”. Troppo? Non ci sembra._Roberto Buffagni, Giuseppe Germinario

[1] http://italiaeilmondo.com/2019/07/07/guerra-ibrida-navi-corsare-a-sud-e-pokeristi-a-bruxelles-con-piero-visani/

http://italiaeilmondo.com/2019/07/09/dopo-l-operazione-carola-la-fine-dellinizio-di-roberto-buffagni/

[2] http://italiaeilmondo.com/2019/07/06/navi-corsare-a-lampedusa-con-augusto-sinagra/

http://italiaeilmondo.com/2019/07/09/una-traversata-nella-teratologia-giuridica-su-alcuni-profili-dellordinanza-del-g-i-p-di-agrigento-in-merito-alla-vicenda-della-nave-sea-watch-3-di-emilio-ricciardi/

https://www.medinsahara.org/

 

TRIBUNALE PER I MINORENNI: UNA GIUSTIZIA PRIVA DI CONFINI, a cura di Giuseppe Germinario

Qui sotto una lettera aperta-documento stilato dallo psicologo e psicoterapeuta Giuseppe Raspadori. Il testo risale al 2010. E’ una critica, di fatto un atto di accusa, alla condotta e alle procedure adottate dall’allora Tribunale dei Minori riguardanti le sentenze di allontanamento di minori dalle famiglie. In pratica un protocollo alternativo a quello adottato dalla maggior parte dei consulenti e degli assistenti sociali che fungono da supporto alle decisioni del giudice; il ruolo dei quali, spesso e volentieri, è ben più pregnante. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti. La situazione in provincia di Trento, nel frattempo, è cambiata in meglio, più nelle zone urbane che nella periferia. Ad una situazione che si equilibra se ne aggiungono però tante altre, in Italia, che seguono un percorso drammaticamente inverso. I fatti di Bibbiano, come quelli di Forteto e di tanti altri che però emergono solo nelle cronache locali come meri fatti di colore e di costume sono lì a testimoniarlo. Questo documento fu il segnale di avvio di un movimento ostinato e pervicace che testimonia della possibilità di modificare una situazione apparentemente immobile e intangibile. Al prezzo però di enormi sacrifici e rischi. Tanto per citare un esempio, questo documento ha comportato per l’estensore, il deferimento e la richiesta di un provvedimento di radiazione dall’albo professionale. Un atto proditorio rintuzzato a fatica. La finalità che ha spinto questo sito ad affrontare il tema è ovviamente diversa da quella dei vari comitati sorti nel frattempo. Si tratta di porre un tema cruciale alla comprensione delle dinamiche di funzionamento della nostra formazione sociale, di confronto e conflitto politico e di formazione di una particolare classe dirigente del tutto inadeguata: il peso e la capacità di influenza del cosiddetto terzo settore. Il caso di Pamela Mastropietro e della gestione degli immigrati ne ha messo a nudo un filone; quello di Bibbiano e in generale degli affidamenti e della gestione delle case-famiglia ne ha evidenziato un altro_Giuseppe Germinario

https://www.ccdu.org/sites/default/files/media/docs/tribunale_per_i_minorenni_una_giustizia_priva_di_confini.pdf

TRIBUNALE PER I MINORENNI: UNA GIUSTIZIA PRIVA DI CONFINI
“dedicato al silenzio delle madri a cui il dolore toglie anche la dignità della parola”
Premessa
L’altro giorno la dott.ssa Santaniello, presidente del Tribunale dei Minori, nell’ambito di un’udienza in cui intervenivo ripetutamente affinché fossero definiti a priori dei criteri precisi, oggettivi intendo, per la valutazione di “un caso”, mi ha detto “Raspadori, lei si coinvolge troppo”.
Eh già, è vero, e lo rivendico.
Respingo l’idea di svolgere silenziosamente, da bravo scolaretto, il mio “compitino” di Consulente Tecnico di Parte (CPT), delineare cioè il profilo psicologico di un bambino o di un adulto, consegnarlo alla scadenza, farlo affluire assieme a mille altri atti di altri psicologi, psichiatri, assistenti sociali, educatori, avvocati, sul tavolo del giudice, senza chiedermi come è sorto “un caso”, perché proprio quel genitore è finito nel mirino dei tanti ruoli che girano attorno al Tribunale dei Minori, quali sono e che valore hanno i criteri con cui improvvisamente viene valutata la “capacità genitoriale” di una madre, e viene esclusa.
Nel “piccolo” di un Tribunale per i Minori, io dico che, così come sono le procedure e i comportamenti di tanti personaggi che accettano di svolgere il proprio compito parcellizzato, rivive in pieno quella “banalità del male” che Hanna Arendt descrisse per i campi di concentramento, in cui ogni funzionario svolgeva burocraticamente e disciplinatamente il proprio “compitino” nell’ambito prescrittogli, al punto di perdere la coscienza del maggiore dramma che avveniva, e a cui lui era chiamato ad aggiungere “solo” un mattoncino, il proprio.
Se nulla di peggio c’è di quando l’immacolatezza dell’infanzia viene violata, dobbiamo dirci però che oggi i casi di abusi e di violenze conclamate ad opera di genitori sui propri bambini riguardano meno del cinque per cento di quelli per cui il Tribunale per i Minori sancisce la perdita della potestà genitoriale ed il collocamento dei figli altrove.
So bene, come tutti noi sappiamo, che la violenza non è solo fisica, ma quando ci addentriamo nel campo indefinito della psicologia, al di fuori cioè di fattispecie certe di reato, quando noi decidiamo di valutare modi, comportamenti, sentimenti, espressioni, collegate al carattere, a tratti di personalità, a stati d’animo, a tutto quell’insieme, cioè, spesso contraddittorio di ansie, paure, sicurezze, aspettative, gelosie, dipendenze, orgogli, che compongono la psiche umana, noi entriamo inevitabilmente nel campo della discrezionalità.
La discrezionalità dei nostri valori, sentimenti, vissuti, visioni della vita, e molto più semplicemente del nostro modo di amare e di crescere i figli.
E quando la discrezionalità delle valutazioni psicologiche si accompagna al potere di irrorare il massimo della pena,la perdita di tuo figlio e la negazione di te stessa, il rischio di passare dalla discrezionalità all’arbitrio è enorme, e foriero di danni e drammi di molto maggiori di quelli che astrattamente si dichiara di volere evitare.
Il minore ha diritto di essere educato nell’ambito della propria famiglia
Dichiarare un genitore, ed in particolare una madre, “incapace” e sottrargli i figli, ed oggi, assai frequentemente, l’unico figlio, è lacerante ben più della galera, molto più vicino ad una pena di morte, specie e proprio per le modalità con cui questi provvedimenti, come vedremo, vengono attuati.
Ed è più che lacerante per lo stesso figlio, quando è un bambino, perché lui non è alla ricerca del miglior modello di genitore, ma a quel genitore, così com’è, lui è attaccato.
Quel genitore, ed in particolare quella madre, con le sue caratteristiche, è stata la sua costante. Di quella madre conosce le dolcezze e le sfuriate. Da quella madre ha imparato anche a difendersi, oserei dire, da quella madre sa cosa aspettarsi, ma sa anche che c’è.
Perdere questa presenza concreta, di punto in bianco, perché un giudice o un assistente sociale o uno psichiatra decreta tra sé e sé, perché ad un bambino non viene detto e in ogni caso è un’astrazione che non può comprendere, che solo altrove c’è ciò che converrà al suo futuro, è più che una violenza, più che un trauma, è come precipitare un piccolo nel vuoto accompagnandolo con volti di adulti sconosciuti e sorridenti.
Noi che, proprio qui in Trentino, all’epoca della guerra in Jugoslavia e poi in Cecenia, quando per generosa ma falsa coscienza sull’aiuto possibile da portare, comprendemmo, solo dopo, che non si possono separare i piccoli dalle madri, perché il benessere psichico di un bambino è maggiore tra le braccia materne pur sotto le bombe, come ci dicemmo allora, piuttosto che in una lacerante separazione, tutto questo, quotidianamente, psicologi/educatori/assistenti sociali, sembrano oggi dimenticarlo. In nome di un decisionismo tutto fondato sulla più vaga e incerta delle scienze, la psicologia, che diventa arrogante supponenza quando viene usata per giudicare e per punire e non per accompagnare ad una maggiore consapevolezza.
Allora, del Tribunale per i Minori voglio dire le seguenti cose:
1) I procedimenti con cui si separano i bambini dalle madri in nome dell’incapacità genitoriale, facendo risalire questa capacità/incapacità ad una caratteristica psicologica, ad un tratto di personalità cioè, sono un abuso anche scientifico. Non esiste in nessun manuale di psicologia o psichiatria la categoria o la sindrome di incapacità genitoriale.
Non esiste l’incapacità genitoriale in quanto categoria psicologica AD EXCLUDENDUM.
Gli atti a cui così frequentemente ricorre il Tribunale per i Minori di Trento, di affidamento a terzi (Servizi Sociali) di un minore è una ipotesi che dovrebbe essere perseguita solo per gravissimi ed eccezionali motivi
“La potestà genitoriale costituisce un ufficio di diritto privato, dice la letteratura giuridica, e il genitore, verso lo Stato e verso i terzi, h .un vero e proprio diritto soggettivo alla titolarità dell’ufficio e all’esercizio
personale e discrezionale del medesimo, con l’unico limite…di indirizzarlo verso il soddisfacimento delle sole esigenze del minore.
In altri termini, la titolarità della potestà genitoriale, oltre che un dovere ed officium, è anche e ad un tempo un insieme di poteri, dal contenuto personale e patrimoniale, talmente incisivi da assurgere al rango di diritto soggettivo; pertanto i provvedimenti del giudice, che su quel diritto possono incidere fortemente, hanno pur sempre uno spiccato carattere contenzioso e non di decisioni unilaterali”.
I principi generali lasciano fuori i bisogni concreti del minore: è stato giustamente osservato che l’interesse del bambino è visto attraverso il mondo degli adulti, ed una tale ottica può essere drammaticamente deformante. Non ha senso perseguire la individuazione di una astratta idoneità genitoriale, dato che le conseguenze che se ne volessero trarre potrebbero benissimo non adeguarsi al caso che ci sta davanti.
La “capacità genitoriale” è l’oggetto ricorrente nelle CTU (le perizie predisposte dal tribunale)
Non pensate a chissà quali virtù debbano possedere i genitori adeguati e chissà quali pecche contraddistinguono quelli inidoei.
Ormai una dichiarazione di inacapacità genitoriale la potete leggere ad occhi chiusi, tanto si sviluppa ripetitivamente dai presupposti ai passaggi diagnostici intermedi, fino alle conclusioni.
Una madre di fronte al perito è in partenza una madre ferita, che non comprende perchè tutto questo sta succedendo, attraversata da dubbi, paure e sospetti e dalla certezza di doversi difendere, che tutto può essere usato a suo scapito.
Da qui, regolare come un’equazione matematica, la prima diagnosi di sentimenti persecutori di stampo paranoide.
Sicuramente nel passato della madre c’è qualche forte dolore rimosso che porta ad una elaborazione depressiva nella forma di comportamenti troppo accuditivi, protettivi o possessivi della madre nei confronti del proprio piccolo.
E a questo punto non c’è scampo perchè se prevale una elaborazione rabbiosa, maniacale, narcisistica la madre può diventare pericolosa, e altrimenti i comportamenti troppo accuditivi, di stampo regressivo, vengono equiparati ad incapacità genitoriale di crescere i figli, di cogliere i loro reali bisogni, ovvero di inadeguatezza al ruolo materno.
Tutto questo in nome della indiscutibile verità che l’equilibrata crescita psicologica di una persona è fondata sulla capacità di vivere relazioni oggettuali, ovvero la capacità di distinguere perfettamente sè dagli altri, di non essere attraversati da facili meccanismi di identificazioni o proiezioni, che inducono dipendenza o misconoscenza e negazione delle altrui caratteristiche, necessità, bisogni e desideri.
Affermare che la madre ideale è una madre che sappia rapportarsi oggettualmente con il proprio figlio, che sappia in lui vedere una persona ben distinta da sè, a 2, 5, 8, 15, 25 anni, è altrettanto banale della presunzione “tutta materna” di conoscere perfettamente il proprio figliolo, anche quando questi ha 30 o 50 anni. Se fosse per questa incongruenza dovremmo affidare ai Servizi Sociali, ben più della metà dei nati.
Ciò che reputo importante è che una madre sappia essere ben protettiva negli anni in cui il piccolo è completamente affidato a lei, ed essa deve sapere prevenire le possibilità di pericolo per il piccolo indifeso. Quando ce l’ha in pancia e per alcuni anni successivi ancora.
Poi, può avvenire che lei lo consideri sempre il “suo bambino”, che sia più ansiosa e protettiva del dovuto, ma in ogni caso è la socializazzione che prende avvio con la scuola materna e poi le elementari che introduce il bambino a nuove relazioni..
E’ l’ingresso in scena di nuovi adulti significativi, a cominciare dalle maestre ma non solo, che portano a ridimensionare la magia infantile della mamma “la più buona e la più bella” e del papà “il più forte ed il più giusto”, e questo avviene comunque, anche se la mamma continua a ritenersi unica e insostituibile.
La pubertà e l’adolescenza, poi, faranno il resto. Gli amori dell’adolescenza, i rapporti amicali, la scuola con il suo chiedere conto, formeranno definitivamente il nostro piccolo al rapporto con la realtà ed alla reciprocità con l’altro.
Dimenticare questi principi della vita e della crescita, pretendere che una madre sia come una operatrice sociale o una psicologa, pretendere cioè di misurare e giudicare la qualità dell’amore materno e il modo di esprimere affettuosità da un lato, e quanta la capacità di asettico coinvolgimento operativo, senza tenere conto della naturale visceralità del rapporto, non solo rischia di far prendere solenni cantonate, ma purtroppo anche commettere ingiustizie, quando non le vogliamo chiamare crudeltà.
A volte dovremmo riflettere che il genitore che a noi non piace è forse il miglior genitore accanto a cui può crescere un figlio.
E che forse c’è un eccesso nella sostituzione di un genitore con l’assistente sociale.
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Ancora sulle capacità genitoriali
Ci sono due casi che possono sembrare assai diversi uno dall’altro, due bambini tolti alle rispettive madri, uno nel corso della prima infanzia, l’altro verso la fine delle scuole elementari.
Le madri sono assai diverse, i gesti ed i comportamenti a cui danno vita sono assai diversi, eppure entrambe accumunate nel dovere dimostrare la propria adeguatezza genitoriale.
Ebbene non è assolutamente vero che l’esame per la valutazione delle capacità genitoriali debba tradursi nei meandri di una perizia psichica, come se fosse l’equilibrato psichismo a generare i bambini ed il loro benessere.
Sarebbe sufficiente invece, per comprendere se il percorso è stato fin lì adeguato, analizzare il comportamento del piccolo nelle relazioni con il suo mondo prevalente.
Cosa intendo? Che per un piccolissimo ci sono le otto-nove ore quotidiane che lui trascorre al nido o alla scuola materna e per un bimbo più grandicello le ore a tempo pieno della scuola elementare.
Quale osservatorio migliore per valutare con gli insegnanti lo sviluppo cognitivo, emotivo e del giudizio critico, la curiosità dei percorsi ed il coraggio, l’elaborazione positiva dell’aggressività e la capacità cooperativa, l’affermazione di sè ed il rispetto degli altri, la franchezza, la lealtà, la vivacità degli interessi, e via dicendo.
Se un bambino, a seconda dell’età, e delle tappe dello sviluppo psichico previsto, risponde positivamente a canoni di normalità e non presenta particolari difficoltà e intoppo da indagare, allora è segno che la madre, o il padre, ma prevalentemente la madre, comunque sia portatrice dei propri vissuti psicologici, è una madre più che adeguata.
La terribile equazione astratta “disturbo o tratto particolare di personalità = fattore di rischio = incapacità genitoriale” non ha senso, non risponde a nessuna verità, specie poi oggi che, ripeto, il bambino vive una forte socializzazione fin dai primissimi mesi di vita e una moltitudine di figure significative di riferimento.
2) Il Tribunale per i Minori in nome della sacra difesa dei diritti dei minori toglie qualsiasi diritto e garanzia agli adulti, ovvero ai genitori.
La funzione inquirente e quella giudicante si somma nella stessa persona, il giudice è al contempo organo giudicante e portatore dell’interesse del minore.
Non è super partes ma assume di fatto le vesti di difensore del minore, con la conseguenza che, in modo aprioristico e preconcetto, la voce del genitore viene disattesa e neppure ascoltata.
Il punto di partenza è fare arrivare una segnalazione che appaia credibile, in cui si sbatte il mostro, la madre, in prima pagina: il Tribunale, con decreto “provvisorio e urgente”, non impugnabile da nessuno, sospende la potestà genitoriale e affida il minore ai servizi sociali.
C’è un meccanismo, a mio parere perverso, per cui è talmente grave il primo provvedimento, la sottrazione del minore alla madre, che successivamente il Tribunale, seppur difronte all’emergere di una realtà diversa o in ogni caso non così allarmante quanto la denuncia iniziale aveva fatto credere, non ammette di essere stato tratto in inganno e si intestardisce a dare la parola e il potere di gestire il caso alle stesse assistenti sociali affidatarie dei bambini e, dopo l’urgenza quasi vitale del primo provvedimento, tutti i tempi si allungano.
I genitori vengono ascoltati per la prima volta dopo mesi.
La loro rabbia e la loro disperazione, i loro gesti a volte inconsulti, il loro contrapporsi al coacervo di figure mai considerate prima, le assistenti sociali, si trasformano in ulteriori relazioni negative a loro danno che affluiscono sul tavolo del giudice. Il giudice a questo punto nominerà un CTU (consulente tecnico d’ufficio) che, tempo 90 giorni più eventuali proroghe, svolgerà una perizia. A quel punto saranno trascorsi per lo meno otto/dieci mesi: più che sufficienti a stravolgere per sempre la vita di un bambino di due anni, e della madre.
In tutto questo tempo la difesa non ha alcun potere, se non di produrre “memorie” che non ho mai visto essere tenute in alcuna considerazione. Mai, mai, che l’aver dimostrato che l’accusa iniziale era fondata ad arte su falsi o su insignificanti stereotipi, mai ho visto un giudice correre velocemente ai ripari, ammettere l’errore, rimediare.
E’ il caso, gravissimo, di una giovanissima trentina che al momento del parto è stata raggiunta immotivatamente da una procedura di adottabilità del figlio: lei che partoriva chiedendo coscientemente un affido condiviso per il bimbo che momentaneamente non era in grado di mantenere, ma che era sua intenzione tenere. Il Tribunale senza interpellarla hanno dato avvio alla procedura di adottabilità. Questo ha voluto dire che il figlio le è stato sottratto alla nascita e non l’ha più visto. Dopo più di un mese si è potuta incontrare con il giudice. Il giudice ha compreso di essersi sbagliato, di aver sottovalutato quella ragazza. Ma invece di rimediare prontamente, in fondo era passato un mese appena, ha preferito mantenere integro l’aplomb del proprio potere e ha sentenziato “va bene, vorrà dire che faremo una CTU sulle tue capacità genitoriali”. In questo modo i mesi da uno sono diventati otto, e la ragazza rivedrà solo allora suo figlio. Addio fase primaria dell’attaccamento ! Addio giustizia per il minore !
Da ultimo :
in Italia si discute tanto di garantismo. Al Tribunale per i Minori i genitori sono privi di qualsiasi diritto. Al punto che gli avvocati saltano come birilli, tanto sono sfiduciati dai loro clienti che non capiscono cosa accade, che non credono assolutamente possibile che non esista il diritto di parola.
Mi meraviglio che l’Ordine degli Avvocati così pronto a battersi per la separazione delle carriere non dica nulla di un istituto dove gli avvocati, per quanto bravi e appassionati, sono zimbello.
3) Il potere delle assistenti sociali, vero braccio operativo del Tribunale dei Minori
A volte addirittura sembra il contrario: che le assistenti siano la mente, e il Tribunale il braccio esecutivo.
Sono loro quelle a cui viene affidato un figlio il giorno dell’allontanamento dal genitore.
Sono loro quelle che decidono quando e come e dove il genitore potrà rivedere il figlio alla loro presenza.
Sono loro, prima del giudice stesso che incontrano il genitore spodestato e gli altri attori della vicenda.
Sono loro che nella loro prima relazione rilevano, con un uso spregiudicato della psicopatologia, gli stati di “disagio psicologico” vissuto dagli attori, quali sono quelli più lievi e quali quelli più importanti, quali quelli gestiti razionalmente e quali no, quali le ossessioni, quali quelli da diagnosticare più approfonditamente e quali da “curare”, quali quelli dannosi per il minore, e, sempre nella prima relazione quali i percorsi per la riabilitazione psicologica genitoriale.
Il giudice riceve, e questi sono gli elementi nuovi in base ai quali dispone gli ulteriori provvedimenti.
E’ evidente a chiunque che diventa fondamentale l’alleanza che si crea fin dalle prime battute tra gli attori della vicenda e gli assistenti sociali. Per alleanza intendo la simpatia, la disponibilità, la collaborazione, la non opposizione anzi la remissione. Le assistenti sociali nelle loro lunghissime relazioni sono veramente abili a coniugare in positivo o in negativo qualsiasi comportamento. Per esempio chiedere indicazioni sull’atteggiamento da tenere con il bambino, a seconda della simpatia o antipatia di cui godi può significare “mostrare consapevolezza e disponibilità all’aiuto e al cambiamento” oppure, viceversa “solitudine…stanchezza…insicurezza genitoriale”.
4) I provvedimenti del Tribunale per i Minori e i “media”
Raramente sulla stampa nazionale, più frequentemente su quella locale, irrompe drammaticamente la notizia di provvedimenti del Tribunale dei Minori.
Notizie che durano un giorno e che al più vedono nei giorni successivi lettere di sensibile sdegno e umana solidarietà.
Notizie che sono gestite con la riservatezza dei nomi per il doppio motivo che c’è una privacy di un minore che va salvaguardata, e c’è uno stigma che colpisce il genitore oggetto del provvedimento di separazione dal minore.
Ma quello che dobbiamo dirci è che gli stessi cronisti esperti giudiziari si muovono con estrema difficoltà di fronte a questi eventi, di cui non sono mai chiari i contorni, salvo nei rarissimi casi di violenze e abusi conclamati. Non sono chiare le fattispecie di reato, le prove, le procedure.
Quanto un cronista giudiziario si muove agevolmente nei riferimenti ben codificati del Tribunale Ordinario, altrettanto è l’incertezza, il dubbio, la sfuggevolezza degli elementi che hanno dettato un provvedimento di separazione di un figlio dai genitori.
Se per un cronista giudiziario è chiaro l’articolo del codice a cui si riferisce un reato, sa che cosa è un rinvio a giudizio, commenta la sentenza di condanna “tre anni, minimo erano due, massimo otto”, commenta le attenuanti concesse o rifiutate, non altrettanto avviene per il Tribunale dei Minori. Dove non ci sono condanne, non ci sono sentenze, ma “provvedimenti”, che però pesano come condanne, che colpiscono la sensibilità delle persone più della galera, che creano dolori laceranti rispetto a ciò che di più caro hai al mondo.
Ed il cronista giudiziario si accorge che questi “provvedimenti” tanto drammatici si riferiscono a comportamenti che di per sé non sono reati, che sono diffusi nella maggior parte degli interni famigliari, ma che improvvisamente vengono classificati come altamente pericolosi, al punto da dover mettere in salvo il minore.
Ed è tanto grande la discrezionalità di queste valutazioni che il cronista giudiziario non si raccapezza, e, dopo la notizia, molla. Anche perché a differenza di qualsiasi altra cronaca di indagini, a parte il “provvedimento” tutto il resto è astrattamente anonimo e motivato da valutazioni psicologiche soggettive prive di riscontri.
Ma non pensate che per un genitore lo sconcerto di fronte ad un provvedimento del Tribunale per i Minori, sia inferiore, che cioè il suo sentire sia lo stesso di un mariuolo preso con le mani nel sacco, e che, se anche l’ha sempre fatta franca, era ben consapevole delle proprie illegalità.
Tra i genitori si sa ci sono quelli più pacati e quelli più isterici, quelli che alzano più spesso la voce, che gridano, che danno scapaccioni, ed anche sonore “bussate”, che spesso “scaricano” la goccia che ha fatto traboccare il (loro) vaso, quelli che assolutamente sono subalterni ai capricci e ai pianti dei figli, quelli più possessivi, più ansiosi, quelli severi e rigorosi oltre misura (qual è la misura?), quelli che “viziano” troppo i loro pargoletti, quelli che rincarano la dose quando l’altro genitore sgrida i figli, quelli che li difendono contrapponendosi al coniuge (ahi ahi è sbagliatissimo, lo sanno tutti, ma avviene), quelli che lo lasciano impossessarsi del lettone “vai a dormire tu sul divano”( ahi, ahi, il triangolo perverso), quelli che usano tranquillamente lo sproloquio, i vaffa, le bestemmie…:
improvvisamente, finiti attraverso mille vie in una “segnalazione” al Tribunale dei Minori, scoprono che quei comportamenti sono oggetto di pagine di valutazioni e che il loro figlio è sotto la potestà del Tribunale, loro monitorati, e da un momento all’altro la forza pubblica può intervenire per “mettere in salvo il figlio” da un genitore più che pericoloso.
Voglio dire che ciò che ritenevate “normale” e in ogni caso appartenente alla diversa soggettività genitoriale, improvvisamente si scontra con la diversa soggettività di un giudice o di un’assistente sociale, che però hanno il potere di sancire quale sarà la sorte del vostro minore.
5) La solitudine dei genitori “espropriati”
Il secondo motivo per cui ho convocato questo incontro è il totale isolamento e la totale solitudine del genitore a cui è stata tolta la potestà sui figli.
Sei stata giudicata madre incapace, pericolosa per tuo figlio: il massimo della condanna sociale e personale. Il silenzio dei giornali, l’anonimato comunque, non è una difesa: è un’ulteriore condanna alla solitudine, all’impossibilità di dire le tue ragioni, di chiedere il perché.
State attenti che il provvedimento viene deciso, ma non viene comunicato, men che meno discusso con il genitore.
Un bambino di due anni e mezzo è stato portato via il 7 maggio, la madre ha incontrato per la prima un’assistente sociale il 28 maggio e ha incontrato per la prima volta il giudice il 22 giugno, e ha potuto rivedere per la prima volta il suo bambino, per un’ora, dalle 16 e 15 alle 17 e 15, l’otto luglio: lei che per i primi due anni e mezzo di vita di suo figlio non l’aveva mai lasciato, nemmeno per un giorno.
La vita di un genitore viene, così, stravolta e negata nella sua identità, da un momento all’altro.
Non ha con chi parlare, lui solo sa, non il perché, ma quanto gli è successo.
Se esterna angoscia, rabbia, dolore, le persone attorno, i conoscenti, i colleghi, ascoltano con compatimento, certo, ma ognuno è portato a pensare “chissà cosa nasconde, chissà cosa ha combinato”. Meglio tacere, mimetizzarsi, sparire, che vivere lo stigma di “madre incapace”, incapace e pericolosa al punto che i giudici hanno dovuto mettere al sicuro i figli.
Tutto questo perché il Tribunale per i Minori esiste ed agisce nella “esclusiva tutela del minore”, il “minore” e basta, non il figlio di una madre e di un padre, eventualmente da aiutare o da accompagnare in una genitorialità ritenuta carente, il “minore” il cui bene è qualcosa di astratto che prescinde dal contesto in cui è nato e cresciuto, il cui bene è un assunto posseduto solo dal giudice e dalle assistenti sociali: i genitori sono un optional da interpellare a tempo debito, da valutare in ub secondo tempo, a cui proporre al più dei non ben definiti “percorsi” in cui saranno monitorati e valutati dalle stesse assistenti sociali che già li hanno giudicati e puniti.
Un genitore spodestato è solo, senza ragione, senza ascolto, e senza parole.
6) Dieci anni dopo
Maria Rosa, così 10 anni fa
il dirigente psicologo del Servizio territoriale “nel complesso la signora appare una madre adeguata…prevalentemente attenta agli aspetti fisici e concreti della relazione coi figli”
la psichiatra chiamata ad una prima CTU “il test di Rorschach esclude la presenza di una struttura psicotica di personalità…è capace di una forte attenzione ai bisogni primari dei bambini, perché lei vi si identifica e proietta i propri bisogni insoddisfatti…”
Nelle conclusioni esprime un giudizio negativo sulla famiglia affidataria e perora un collocamento in un’area neutra, “un istituto come il S.O.S.”, fase intermedia per permettere ai genitori di recuperare un modalità serena….ecc.ecc.
E’ un caso di molti anni fa, in cui una madre fu messa sotto accusa da parte di tutto il clan famigliare del marito, e con il consenso delle assistenti sociali le furono tolti tre figli di cui un neonato che stava allattando.
Lo riporto perché in esso appare quell’equazione tra capacità accuditive di una madre uguale a sintomo di grave disturbo di personalità.
Ovvero la capacità accuditiva, se rilevata e valutata in eccesso, da elemento positivo si trasforma in negativo e di grave pericolo per i minori.
La madre, con i suoi comportamenti prevalenti, darebbe risposta ai propri bisogni affettivi irrisolti, passando di volta in volta dagli accudimenti ai sentimenti di persecuzione, senza alcuna capacità di cogliere i bisogni oggettuali dei figli che stanno crescendo.
Allora, fu pertanto svalutato il giudizio del dirigente psicologo che conosceva bene la situazione famigliare della signora e le conclusioni della psichiatra CTU vennero definite conclusioni “più emotive che lucide”.
Tali conclusioni non soddisfacevano in realtà il sentimento e la valutazione che l’allora Presidente del Tribunale aveva espresso sul caso d’accordo con le Assistenti sociali, quella prima CTU fu rigettata e decisa una seconda CTU, che non doveva assolutamente verificare le capacità e le possibilità della madre ma unicamente il benessere dei bambini presso la famiglia affidataria.
Questa verifica avvenne dopo oltre un anno che i tre bambini colà risiedevano e la famiglia affidataria riceveva dai servizi lauti compensi (risultano ben cinque milioni solo nei primi due mesi), La CTU, una professoressa di chiara fama, si adeguò alle richieste del Tribunale di verificare unicamente la bontà del collocamento e non i motivi per cui erano stati tolti alla madre.
Il caso praticamente terminò lì. Ora sono passati più di otto anni, e quella triplice maternità di una donna che, a detta della prima CTU “il test di Rorschach mette in evidenza una certa ricchezza interiore e la presenza di buone risorse intellettive, un adeguato senso di realtà e capacità di controllo degli impulsi”, è rimasta solo un ricordo tragico e lei, perennemente esautorata, via via travolta ed estraniata.
Ancora, un secondo caso, sempre emblematico dell’abuso che si fa del concetto/categoria di “capacità genitoriale”.
Quasi 10 anni orsono : Teresa
Una donna ha il sospetto che il marito addotti pratiche ambigue, toccamenti di natura morbosa nei confronti del figlioletto di poco più di due anni. Siamo alla fine del 2001.
Si confida, ne parla col parroco, col pediatra, si reca all’ospedale, le viene consigliato di rivolgersi al Servizio di Psicologia per l’infanzia, ha ben sei incontri durante l’anno successivo con la dott.ssa dirigente, la quale, insospettita da strane reazioni del bambino che confermerebbero i sospetti le consiglia di rivolgersi al Tribunale per i Minori. Quella esperta psicoterapeuta, non le dice “signora, lei ha delle fisime, si curi”, no, avvalla i sospetti della madre e la invita ad adire al Tribunale dei Minori. Siamo alla fine del 2002, e qui inizia la sua tragedia, perché, come io dico, il Tribunale dei Minori se lo conosci lo eviti.
In rapida successione il Tribunale dispone l’affido del bambino ai Servizi sociali e colloca la donna e il bambino in una struttura protetta.
La signora solo a questo punto comprende di non avere più potere, sente di essere sotto il giudizio delle assistenti sociali, che iniziano ad inviare relazioni al Tribunale “comportamento schivo, disturbato, non collaborativo, segni di confusione mentale –a volte chiama “capo” il direttore della struttura, a volte lo chiama “giudice”- diffidenza profonda….non coerenza nei pensieri e nelle azioni…relazione madre-bambino poco serena…non educativa”, e via scrivendo in un crescendo di note negative.
Povera Teresa ! non cercava simpatia, e finiva sempre più nel tritacarne.
Io feci notare al Tribunale che erano molto pregiudizievoli quelle relazioni, che la signora non era affatto paranoica ma che ogni tanto chiamava “giudice” il direttore non per sindrome di persecuzione, ma perché il benemerito direttore della struttura lei lo aveva conosciuto per la prima volta proprio ad una udienza del Tribunale dei Minori in qualità di Giudice Onorario a fianco del Presidente Agnoli.
Viene nominata una prima CTU nella persona della dott.ssa Luisa Della Rosa di Milano, invero una luminare che è ben nota agli insegnanti di Trento per i suoi corsi di formazione.
Questa prima CTU termina alla fine 2003, ma complessivamente non soddisfa il Presidente del Tribunale.Il figlio viene tolto alla madre e avviato al Villaggio SOS. La madre viene inviata al centro di salute mentale di Trento. Al termine del 2004 dopo otto colloqui diagnostici il lo psichiatra dott. Luca Re psichiatra certifica che “la signora non ha evidenziato patologie psichiatriche” . Viene nominata una seconda CTU, ancora la dott.ssa Della Rosa che conclude i lavori nella primavera del 2005 e scrive “nel corso degli incontri sono emersi elementi che fanno temere che il bambino possa essere stato oggetto di comportamenti pregiudizievoli nell’area della sessualità ad opera della figura paterna”. Poco importa, il Tribunale rimane convinto che sia la madre ad essere un pericolo per il figlio e alla fine del 2005 da mandato ad uno psichiatra locale per una terza CTU che termina a metà del 2006 con la diagnosi di grave disturbo paranoie di personalità “impedente la crescita psicologica del figlio a cui sa dare accudimento fisico e dolcezza simbiotica ma null’altro”.
Alla fine del 2006, dopo che c’è stato anche un contraddittorio tra lo psichiatra e il sottoscritto, il Tribunale sancisce “l’assenza di attitudini genitoriali nella madre del minore assumendo come verità la diagnosi ultima dello psichiatra. L’elemento decisivo è stato una crisi nella capacità di auto controllo della madre giunta alla trentesima udienza di valutazione psichica, dopo cinque anni di un allucinante percorso che, iniziato su suggerimento di una psicologa del servizio pubblico in nome della difesa del figlio, si è tradotto in un autentico massacro della sua genitorialità. Termino con una frase tratta da una relazione psicologica della dott.ssa Sabina Grigolli dell’APSS “il suo atteggiamento oltre ad apparire sincero non può non far trapelare anche i sentimenti di paura e spavento rispetto ad una situazione che sembra esserle sfuggita di mano e di cui pare non conoscere le regole”.
Siamo nel 2010, il piccolo va per gli 11 anni, nulla è cambiato ed oggi lei dice.” Non auguro a nessuno una storia come la mia, perché questa cosa toglie dignità alla vita”
Giuseppe Raspadori – 20 luglio 2010

Qui sotto i due link inerenti lo stesso tema:

http://italiaeilmondo.com/2019/06/29/affidamento-di-minori-tra-tutela-ed-abusi_-una-conversazione-con-paolo-roat/

http://italiaeilmondo.com/2019/07/04/non-solo-reggio-emilia-di-vincenza-palmieri/

GUERRA IBRIDA: NAVI CORSARE A SUD E POKERISTI A BRUXELLES, con Piero Visani

Detto fatto! Il colpo di cannone è partito dal Tribunale di Agrigento. Il segnale è stato raccolto immediatamente e con esso l’assalto ai porti. La meta però è Roma. Ad una forma di guerra ibrida riesumata dalle guerre corsare si son aggiunte le scaramucce a Bruxelles. I passi felpati non hanno però impedito di entrare ai soliti noti con i piedi nel piatto. Le nomine a Bruxelles lasciano presagire poco di buono. Eppure in quella sede le contraddizioni non mancano; come pure la complessità dello scacchiere geopolitico, con attori sempre più numerosi a tenere il banco, offrirebbe margini di iniziativa. Ci mancano una squadra sufficientemente coesa e qualche giocatore audace e di classe. Due partite apparentemente distanti tra loro. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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