26° podcast_caccia alle streghe, di Gianfranco Campa

Lo scontro politico negli Stati Uniti ha ormai perso le caratteristiche di un duello, sia pure mortale. Ormai non ci sono più regole ed etiche da rispettare. I motivi politici si dissolvono nell’ombra, il pretesto diventa la motivazione e lo strumento unico per colpire, ferire e uccidere. Un procuratore incaricato di indagare su presunte collusioni con il nemico non dichiarato russo, si sente in diritto di allargare indiscriminatamente il proprio ambito di azione ad ogni campo e pretesto che possano incastrare il nemico politico dichiarato. La tanto osannata separazione dei poteri in uno Stato, a garanzia dei diritti del cittadino e del limite di esercizio del politico, si sta rivelando sempre più una mera distinzione di funzioni ed una collusione tra poteri. Una dinamica che vuole criminalizzare l’avversario, Trump nella fattispecie, ma che in realtà delegittima e priva di autorevolezza anche i fustigatori. Le conseguenze sono uno scontro politico distruttivo e destabilizzante tra oligarchie ristrette e avulse in un caso; nell’altro, e questo sembra essere il caso, un conflitto senza controllo propedeutico ad una vera e propria guerra civile o ad un colpo di stato strisciante. Il retaggio di una nuova classe dirigente giunta relativamente impreparata al governo e che sta scoprendo con durezza sul campo la tragica differenza tra esercizio del governo ed esercizio del potere quando chi detiene il primo è antitetico al detentore preponderante del secondo. A giorni, se non ad ore, si stanno preparando grandi colpi di scena, negli Stati Uniti e a casa nostra. Buon ascolto_Giuseppe Germinario

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L’EROE GUERRAFONDAIO DI TUTTI I MONDI NON C’È PIÙ! LUNGA VITA A JOHN MCCAIN, di Gianfranco Campa

L’EROE GUERRAFONDAIO DI TUTTI I MONDI NON C’È PIÙ! LUNGA VITA A JOHN MCCAIN.

 

Stanotte è morto all’età di 81 anni, il senatore repubblicano, componente primario dell’establishment politico americano, John Sidney McCain III. Se ne va uno degli attori principali della politica americana del ventesimo e ventunesimo secolo. Se ne va colui che il New York Time ha definito: “ Il più grande leader politico del nostro tempo.” Se ne va colui che è stato un arcinemico di Donald Trump e dei suoi sostenitori. Se ne va il tardo eroe dei democratici per il suo militantismo anti-trumpiano. Un sondaggio condotto due giorni fa dice che McCain era amato da circa il 60% dei democratici contro il 48% dei repubblicani. Un amore democratico  morboso dovuto alla militanza anti-trumpiana del senatore dell’Arizona. La santificazione democratica di  McCain rasenta il ridicolo, con buona pace della memoria corta di molti democratici i quali durante le elezioni presidenziali del 2008 avevano definito McCain un sociopatico, un suprematista bianco, razzista, islamofobo, mentecatto, nazista, “moralmente ed eticamente inadatto a essere il presidente degli Stati Uniti.” (The Atlantic- SEP 17, 2008)

 

 

Il rapporto di amore passionale sfociato fra i democratici e il senatore McCain non aveva niente a che vedere con un genuino riallineamento politico di queste due entità, ma andava ricercato piuttosto in un rapporto di interesse reciproco. McCain, come altri neocons del calibro di Max Boot, Bill Kristol e via dicendo, lasciati orfani dal partito repubblicano modellato a immagine di Trump, sono stati costretti a cercare nuove sponde da dove continuare ad alimentare il loro impeto guerrafondaio; i democratici d’altro canto cercavano alleati nella loro partigiana resistenza all’invasore alieno Trump. Un rapporto di interesse quindi,  non di genuino amore.

Sono passate tre ore dalla morte di McCain e mentre scrivo questo articolo siamo soggetti a un continuo tributo mediatico alla memoria del senatore, eroe e prigioniero di guerra. Tutti i canali ne stanno decantando le gesta, siamo sottoposti a una indigestione di lodi che rasentano il ridicolo. Tenete conto che queste entità politiche e mediatiche sono le stesse che sputano veleno su Trump 24 ore al giorno, 365 giorni all’anno. Ci vorrebbe un po di equilibrio da parte di certa gente…  L’ultima volta che ho visto un’unità di intenti mediatica e politica di questa portata a cui ora siamo soggetti qui negli Stati Uniti è stato quando i mass-media hanno elogiato in modo unanime, su tutti i canali, George W. Bush per aver invaso due paesi sulla scia dell’11 settembre.

Aldilà del rispetto per la sofferenza di una persona e della sua famiglia in questi momenti di dolore, se non si fa una breve ma onesta analisi, si manca allora di rispetto anche verso coloro che le sofferenze e i dolori li hanno subiti per colpa di una uomo che per decenni  ha infiammato ed iniettato veleno non solo nella politica americana ma in quella di mezzo mondo.

La lista dei peccati e delle scorribande di McCain è abbastanza lunga. Per cominciare, fra i contribuenti alla sua fondazione, troviamo gente del calibro della famiglia Rothschilds, del governo Saudita, del filantropo George Soros. Quest’ultimo fra l’altro ha contribuito finanziariamente più volte alle campagne politiche di McCain.

McCain ce lo ritroviamo in Siria prima dell’inizio della guerra civile, in Ucraina prima della rimozione violenta di Viktor Yanukovych, nei Balcani prima dell’attacco alla Serbia. Ce lo ritroviamo ultras militante anti-Gheddafi prima della guerra civile in Libia. Cè lo ritroviamo  vocalmente allineato alle forze della primavera araba. Ce lo ritroviamo attivo sostenitore di quel Saakashvili che ha incendiato l’Ossezia del Sud e torturato i prigionieri nelle carceri Georgiane. Ce lo ritroviamo attore principale e instancabile sostenitore delle sanzioni all’Iraq durante il regno di Saddam Hussein, sanzioni che costarono la vita a migliaia di civili innocenti. Uno dei principali promulgatori e promotori delle due guerre del golfo. Ce lo ritroviamo sostenitore energiico e indefesso nell’espansione della NATO sino ai confini Russi. Insomma sostenitore convinto di guerre interventiste, esportatrici di democrazia mirate ai cosiddetti cambi di regime.

Se si vuole vedere un mondo sotto la ottica delle guerre neoconservatrici allora John McCain è la quintessenza delle aggressioni militari americane degli ultimi trenta anni. Il disprezzo per la vita di innocenti civili è  quello che in realtà ha propagato John McCain negli anni più attivi della sua politica. Il sangue sparso in Libia, Siria, Ucraina, Balcani, Iraq etc.  grida ancora giustizia, quella giustizia superiore a cui ora McCain dovrà dar conto.

 

 

Lo so,  vi diranno che non si può criticare McCain, perché McCain è un eroe; ma un eroe per chi? Forse per la sua prima moglie che tradì e lasciò per un’altra donna molto più giovane?  Forse per quelle accusatrici di molestie e rapporti sessuali extra matrimoniali venute fuori allo scoperto e ignorate dalla maggioranza della grande stampa? Eroe per le milioni di vittime che le guerre sponsorizzate da McCain hanno provocato? Eroe perché il senatore John McCain disse a chiunque non avesse gradito la sua decisione di consegnare il dossier di Christopher Steele all’FBI “di andare tranquillamente all’inferno.”. Sappiamo bene come la pensano i saggi conformisti di questi tempi decadenti : McCain è un eroe mentre Trump è un villano.

Meglio lasciarsi con le parole del nostro “amato” George Soros che dal suo account Twitter ci manda un messaggio di pace e speranza:  “Ricordiamo John McCain, un guerriero coraggioso dei diritti umani che si è sempre opposto alla repressione e alle torture” Meno male che ci pensa il nostro caro George ad illuminarci sulla strada di Damasco. Anche se quella strada, grazie alle opere miracolose dei discepoli di McCain, si ritrova disseminata di buche bombarole.

Ora però mi sento in colpa perché è volato all’aldilà  un vero  santo. Io l’avevo sotto il naso e non l’ho capito, apprezzato e venerato per quello che era realmente. R.I.P John McCain che ti sia concesso il perdono divino…

 

un mostro militare, di Gianfranco Campa

UN CRESCENTE MOSTRO MILITARE. LA MACCHINA DA GUERRA SI PREPARA ALLO SCONTRO PROSSIMO FUTURO.

 

Ieri, durante una cerimonia nella base militare di Fort Drum (New York), Il presidente degli Stati Uniti; Donald J. Trump a firmato il cosiddetto H.R. 515, cioe “Il National Defense Authorization Act (NADD),” che e` il disegno di legge approvato dalla Camera e dal Senato americani con cui si autorizza una spesa militare di oltre 717 miliardi di dollari. Questo piano di spesa per il 2019, è uno dei più sostanziosi pacchetti di spesa militare mai approvati nella storia americana in tempi di pace.

Curiosamente il NADD 2019 è soprannominato il “John S. McCain National Defense Authorization Act for Fiscal Year 2019,” in onore del moribondo, guerrafondaio, senatore americano dell’Arizona; John Mccain, l’oltranzista diventato inopinatamente negli ultimi due anni l’eroe della sinistra americana ed dell’establishment repubblicano, per il suo attivismo anti-trumpiano. Una nota curiosa: Durante la cerimonia della firma, Trump ha esaltato i contenuti del pacchetto di spesa militare dichiarando che: “Dopo anni di tagli devastanti, stiamo ricostruendo il nostro esercito come mai abbiamo fatto prima. Le nostre basi e le nostre attrezzature che sono vitali alla nostra difesa, sono state lasciate cadere in uno stato di abbandono, … ma quei giorni sono finiti. ” Trump nel corso dell’intero discorso non ha mai menzionato una sola volta il suo arcinemico John Mccain.

Cosa contiene il NADD 2019? Ecco in linea generale i suoi punti più importanti:

– Prima di tutto un aumento del 2,6% di stipendio per i soldati a stelle e strisce, uno dei più sostanziosi dell’ultima decade.

– 77 nuovi jet da combattimento F-35, 24 F/A-18 Super Hornets, 10 P-8A Poseidons,2 KC-130J Hercules, 25 AH-1Z Cobras, 7 MV-22/CMV-22B Ospreys, 3 MQ-4 Tritons e 46 nuove navi da battaglia, inclusa una nuova portaerei, 3 Cacciatorpediniere classe Arleigh Burke e due sottomarini classe Virginia.

– Espansione con arruolamento di nuovi soldati aggiuntivi che saranno divisi in questo modo e porteranno il numero di soldati attivo a : 487.500 per l’Esercito, 335.400 nella Marina, 186.100 nel Corpo dei Marines e 329.100 nell’Aeronautica. Un incremento totale di 15,600 soldati.

– 5,2 miliardi per il Fondo delle Forze di Sicurezza dell’Afghanistan e altri 850 milioni per addestrare ed equipaggiare le forze di sicurezza irachene per contrastare i terroristi dello Stato Islamico dell’Iraq e della Siria.

– Accelerazione nel settore della ricerca sulla tecnologia iperspaziale e sulla difesa dai missili iperspaziali.

– Sostanziale finanziamento per lo sviluppo delle capacità di intelligenza artificiale con applicazione militare.

Detto questo, l’aspetto più importante del nuovo pacchetto di spesa difesa e militare non sta tanto nei numeri impressionanti sopra elencati quanto nello spirito e nelle dichiarazioni fatte durante la cerimonia della firma.  Trump ha definito il nuovo NADD la risposta necessaria per competere per l’egemonia militare a lungo termine contro Russia e specialmente Cina. Il NADD infatti contiene tra l’altro una serie di obiettivi mirati a contenere nel caso specifico la Cina soprattutto nei settori chiave.

Con il passaggio del nuovo NADD, ecco alcune delle misure che entrano in vigore:

– Esclude la Cina da qualsiasi esercizitazione militare e navale congiunta con le altre forze del Pacifico.

– Include un comprensivo piano di rinforzo delle capacità militari “difensive” di Taiwan

– Coordinamento e comprensivo monitoraggio di tutte le attività della Cina nel Mar Cinese Meridionale

– Vieta al Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti l’utilizzo di apparecchiature Huawei o ZTE

– Riforma delle norme sugli investimenti esteri per rafforzare la sicurezza nazionale

– Riduce i finanziamenti per i programmi di lingua cinese nelle università che ospitano gli istituti di Confucio.

La svolta anti-cinese dell’amministrazione Trump e del congresso americano ha sorpreso molti analisti i quali l’hanno definita un cambiamento epocale, un giro di boa, nelle politiche verso la Cina.

Per molti non si tratta semplicemente di autorizzare la costruzione di più aerei e navi ma si allarga anche sulle tematiche relative alle operazioni di influenza geopolitica di spionaggio e controspionaggio. Questa svolta arriva anche sull’onda della guerra ormai senza esclusione di colpi ingaggiata contro la Cina sui dazi commerciali. La guerra commerciale USA-Cina si sta intensificando sempre di più e al momento non si percepisce alcuna volontà da ambe le parti di negoziare e mediare su questa escalation economica e ora anche militare. Tra l’altro qualche segno negativo in riguardo era già arrivato giorni fa quando l’amministrazione Trump, non solo aveva imposto ulteriori nuovi dazi sui prodotti cinesi, ma è arrivata a suggerire, tramite il portavoce Kevin Hassett, presidente del Consiglio dei consulenti economici della Casa Bianca, la possibilità di chiedere ed ottenere l’esclusione della Cina dall’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). Hassett in una intervista ha dichiarato che “La Cina ha bisogno di prendere una decisione: “Vogliono essere parte integrante nella comunità delle nazioni, vogliono far parte del WTO e comportarsi come tutti, oppure no?”

Le dichiarazioni di Hassett, sono anche qui sorprendenti perché a differenza di Peter Navarro, Hassett è considerato un sostenitore convinto del libero scambio, una colomba piuttosto che un  falco anticinese di cui l’amministrazione Trump pullula.

Il nuovo NADD non solo mira a colpire direttamente la Cina e segna una svolta storica nel rapporto fra i due paesi, da partner commerciale e geopolitico a concorrente strategico, ma tende ad accerchiare e contenere la potenza Cinese investendo non solo sulla difesa di Taiwan; ma mette anche sul piatto una somma di denaro consistente da usare per impostare rapporti di alleanza militare più stretti con altre nazioni come per esempio  l’India e lo Sri Lanka. In questa ottica, per la prima volta dalla fine delle ostilità, va visto anche l’ormeggio, nei mesi scorsi, di una portaerei statunitense in Vietnam.

Naturalmente l’obiettivo del NADD non comprende solo il contenimento e la contrapposizione  alla Cina ma include una strategia anti-Russa e anti-Iraniana. Per esempio nel NADD c’è la proposta che include un piano per una presenza permanente dei militari USA nella vicina Polonia, mentre alla Turchia, sarà precluso l’accesso al nuovo jet da combattimento F-35.

Una nuova guerra fredda e una nuova guerra commerciale è ormai arrivata; una guerra che verrà combattuta su molteplici fronti e con non può escludere la possibilità che sfoci in una guerra militare. L’Europa da che parte si schiererà? Quali decisioni verranno prese dagli europei nell’ambito di uno scacchiere geopolitico ormai sovradimensionato rispetto a loro? Una situazione che rischia di inghiottirli e che segnerà forse la linea di demarcazione sulla quale i singoli stati europei si confronteranno e dalla quale dipenderà la sopravvivenza della costruzione del concetto Europeo stesso.

 

25° PODCAST_NEL TEMPO E NELLO SPAZIO, di Gianfranco Campa

L’inchiesta sul Russiagate, con i suoi corollari, procede ormai stancamente e a tentoni. Rappresenta l’emblema dei pesanti e sistematici interventi in grado di condizionare pesantemente la condotta del Presidente Trump e di snaturare le finalità politiche originarie specie nell’agone geopolitico. Lo hanno spinto e costretto a stringere e saldare alleanze, specie in Medio Oriente, con modalità talmente ostentate da pregiudicare quasi irreparabilmente il ruolo di arbitro, sia pure di arbitro-giocatore, già compromesso con le politiche destabilizzatrici dei precedenti Presidenti Bush e Obama; ma non lo hanno atterrato e neutralizzato definitivamente. L’inerzia dello scontro, piuttosto, sta mettendo a nudo progressivamente la vana e sterile potenza del vecchio establishment. Uno ad uno i pilastri sui quali ha poggiato il proprio predominio trentennale cominciano a mostrare l’usura e crepe preoccupanti. Dal multipolarismo all’ambientalismo catastrofista, dall’interventismo esibito e giustificato dal vessillo dei cosiddetti diritti umani al globalismo fondato sullo scambio perverso tra estorsione finanziaria e deindustrializzazione di importanti aree e settori della formazione dominante, dalla cosiddetta libertà delle reti alla cosiddetta libertà di migrare, uno ad uno tutti i tabù cominciano ad essere contestati e la fede euforica in quei principi si trasforma sempre più apertamente in dubbio e in contestazione sempre più aperta.

Non solo! Lo stallo nello scontro e la perdita duratura di controllo di alcune leve fondamentali di potere e di trasmissione delle direttive stanno compromettendo la già scarsa coerenza delle condotte politiche e paralizzando la fiducia e l’efficacia dell’azione delle seconde linee sparse per il mondo. La crisi della Unione Europea, la situazione traballante di dirigenti politici sino a pochi mesi fa indiscussi, come Merkel e Macron, sono gli indizi della crisi di una intera classe dirigente e di un intero sistema di relazioni, ormai aggrappato all’esito delle prossime elezioni di medio termine negli USA, nel frattempo vagante come pecorelle smarrite. Fosse anche largamente positivo per il vecchio schieramento neocon e democratico, nulla però potrà ormai tornare come prima. La coperta americana si sta rivelando sempre più stretta per coprire l’intero planisfero. La stessa Europa è sempre meno un campo unitario di azione. Ossessionata dalla capacità di resistenza della Russia, vede con difficoltà l’emergere di altre forze concorrenti.

Sarebbe ormai più interesse del vecchio establishment americano, costretto sempre più a mettere a repentaglio la credibilità di intere istituzioni e dei personaggi chiave ad esse connessi, che del nuovo establishment in via di formazione cercare di chiudere la messinscena. La dinamica della rappresentazione ha però assunto una propria inerzia difficile da governare sino a coinvolgere autorità sino ad ora indiscusse e indiscutibili come Obama. Se vittoria potrà essere, rischia di rivelarsi una vittoria di Pirro. La vecchia talpa ha già scavato abbastanza. Buon ascolto_Giuseppe Germinario

 

24° podcast_ Botta e risposta, di Gianfranco Campa

Il Russiagate avrebbe dovuto essere la pietra tombale della Presidenza Trump. Si sta rivelando una caccia ai mulini a vento che rischia di ridicolizzare e discreditare ulteriormente i promotori. Per uscire dalla palude nella quale stanno annaspando senza vie di uscita cercano di aprire pretestuosamente nuovi filoni di indagine con veri e propri colpi di mano e abusi delle proprie funzioni e del proprio mandato. Un logoramento che sta consentendo a Trump di esibire nuovi campioni in grado di tener testa alle scorribande e di rendere la pariglia anche allo stesso livello. La discesa in campo di Rudolph Giuliani è particolarmente significativa. Efficace nel ribattere gli attacchi personali, al prezzo però del sacrificio progressivo dello staff che ha portato Trump alla Casa Bianca sull’onda di prospettive e strategie alternative oramai sempre più vaghe. Un duello che spinge a concentrare sempre più le forze nella tenzone con il risultato di allentare i fili che controllano le dinamiche nei paesi alleati più stretti. Tanto più che uno degli oggetti reali del contenzioso che fanno da sfondo alle faide riguarda il mantenimento o meno della rete di rapporti multilaterali costruiti in questi ultimi trenta anni oppure la loro ridefinizione attraverso una rinegoziazione  bilaterale con i principali paesi, compresi quelli aderenti al Patto Atlantico. Una dinamica che porta ad acuire le rivalità tra le varie potenze regionali ma che sembra altresì offrire qualche margine di azione inaspettato a nuovi centri politici in via di emersione. Ciò che sta accadendo in Italia potrebbe testimoniare un ulteriore passo verso questa direzione. Un processo che rende ancora più interessante ed offre un contesto verosimile alla narrazione inedita che Gianfranco Campa continua ad offrirci_ Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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UNA RISATA SEPPELLIRÀ IL CACCIATORE FASULLO, di Gianfranco Campa

UNA RISATA SEPPELLIRÀ IL CACCIATORE FASULLO

 

In un articolo pubblicato lo scorso febbraio sul nostro sito avevo riportato la notizia della decisione, presa dal cacciatore fasullo, il Procuratore Speciale Robert Mueller, di rendere pubblici, con grandi fanfare, i capi di imputazione contro 13 cittadini ed entità Russe per aver intrapreso “una guerra di disinformazione” tesa ad interferire nelle elezioni presidenziali americane con l’intento di frodare gli Stati Uniti. In altre parole per aver cospirato al fine di manipolare le elezioni presidenziali Americane del 2016.

Sotto la costante pressione dovuta alla necessità di produrre risultati immediati, concreti, visibili, dopo mesi di indagini e pressioni provenienti dai Democratici, dall’establishment e dallo stato ombra, con il chiaro intento di dimostrare la fondatezza delle  presunte infiltrazioni Russe e continuare quindi a giustificare le caccia alle streghe del Russiagate contro Trump, il signor Mueller aveva tirato fuori dal suo cilindro magico le accuse contro questi cittadini e compagnie Russe.

Una mossa da vero coniglio, per il procuratore Mueller, non nuovo a questo tipo di prodezze giudiziarie. Capi di accuse contro fantomatiche entità Russe, messi in piedi più per necessità di spettacolo mediatico teso a soddisfare i nemici di Trump e di giustificazione dei milioni di dollari spesi dai contribuenti americani nel mettere in piedi la struttura dell’ufficio del procuratore speciale sul Russiagate che per la serietà di evidenze, prove e indagini.

Così lo scorso 9 Maggio, i portavoce di Mueller, accusatori dei Russi, si sono presentati al Tribunale del Distretto Federale Della Columbia (Washington DC),  di fronte al Giudice Magistrato Michael Harvey, per quella che viene chiamata in gergo giuridico: Initial Appearance and Arraignment, meglio anche conosciuto come Preliminary Hearings. In altre parole sarebbe l’equivalente di un’udienza preliminare sul caso Troll Russi.

Quella che doveva essere una trionfale passeggiata per gli eroi del Procuratore si è trasformata in un siparietto comico, dove Mueller di riflesso ha fatto una emerita figura barbina, abbastanza determinante da innalzare prepotentemente il livello delle sue già leggendarie capacità investigative…

Le accuse contro i Russi avrebbero dovute essere in teoria una agevole passeggiata, una sua facile vittoria mediatica e giuridica poiché nessuno, tantomeno i  Mulleriani, si sarebbero aspettati una aperta sfida in tribunale. Questo perché le entità Russe, individuate da Mueller, non risiedono negli Stati Uniti e nessuna decisione giuridica in America avrebbe avuto valore in Russia o viceversa. Si riteneva altamente improbabile che le persone imputate nel caso dei Troll Russi, si presentassero in un tribunale degli Stati Uniti. Ci si aspettava quindi da parte di Mueller che codeste società e persone ignorassero il procedimento, aprendo la strada ad uno scontato riconoscimento del lavoro svolto da Mueller. In altre parole questi capi di accusa contro i Russi dovevano servire da palcoscenico per gli applausi di riconoscimento del solerte lavoro sin qui svolto dal nostro eroe Robert Mueller.

Questo appunto in teoria; perché in realtà quando i Mulleriani si sono presentati in Tribunale, tutto si aspettavano fuorché di trovare un team attrezzato di avvocati incaricati di rappresentare una delle entità Russe menzionate negli atti di accusa.

Delle tredici entità Russe, tre di queste sono compagnie facenti capo al magnate russo, amico di Putin, Yevgeny Prigozhin, conosciuto meglio col soprannome di “ cuoco di Putin”. La Concord Catering and Concord Management avrebbero, secondo Mueller, finanziato le operazioni di un’altra compagnia, la Internet Research Agency, una “fabbrica di trolls online” con sede a San Pietroburgo.

La Concord Management and Consulting LLC sono quindi in realtà la stessa compagnia e si sono presentate in Tribunale difese da uno dei più famosi studi di avvocati statunitensi: Reed Smith LLP.

Di fronte al giudice Harvey c’erano i rappresentanti del procuratore speciale Mueller; gli assistenti procuratori speciali Jeannie Rhee, Lawrence Atkinson e Ryan Dickey. Mentre a rappresentare i Russi, del leggendario studio legale Reed Smith LLP c’erano: Eric Dubelier e  Katherine Joanne Seikaly.

A questo punto sono cominciati i sorrisi. Prima di tutto lo sguardo smarrito dei procuratori Mulleriani nel vedere un team di avvocati presenti in tribunale per conto dei russi. I procuratori, colti evidentemente di sorpresa, avrebbero immediatamente chiesto che il caso venisse posticipato. Questo probabilmente per guadagnare tempo e permettere ai Mulleriani di assorbire lo shock, la svolta negativa della situazione e tracciare una nuova linea di attacco alla luce dei nuovi sviluppi della situazione, opposta rispetto alle aspettative iniziali. Insomma per i Mulleriani trovarsi di fronte la squadra di avvocati è valso l’equivalente di un uppercut ben assestato ad un avversario troppo baldanzoso. Il giudice avrebbe rifiutato la richiesta dei Mulleriani e l’udienza quindi si è svolta regolarmente.

Durante questa udienza, il giudice chiede all’avvocato che rappresenta la Concord Management se rappresentasse anche la Concord Catering. L’avvocato Dubelier risponde al giudice affermando di rappresentare solo la Concord Management. Dubelier sottolinea la ragione per cui non rappresentano la Concord Catering: “Vostro Onore, penso siamo di fronte al classico caso in cui il governo tenta di incriminare il proverbiale panino al prosciutto”. Il panino al prosciutto si riferisce al famoso termine “incriminare un panino al prosciutto” tratto da un articolo del New York Daily News del 1985,  quando il capo procuratore di New York, Sol Wachtler, dichiarò alla stampa che i pubblici ministeri avevano così tanta influenza sulle giurie da poter, se necessario, condannare anche un panino al prosciutto.

Dubilier prosegue affermando che la Concord Catering non esisteva come entità legale durante il periodo in cui Mueller la accusa di aver influenzato le elezioni americane. Dubelier aggiunge inoltre che “Se mi mostrassero le prove che codesta compagnia esisteva al momento dei fatti contestati dai procuratori, probabilmente saremmo qui a rappresentarli, ma per gli scopi di oggi no.”

Gli avvocati Eric Dubelier e Katherine Joanne Seikaly hanno sottolineato inoltre che le accuse del  procuratore speciale Robert Mueller sono infondate e l’unica ragione mossa dalle accuse di Mueller sarebbe quella di “incriminare un russo – qualsiasi russo possibile“. In altre parole gli avvocati hanno accusato Mueller di fronte al giudice di condurre una vera e propria caccia alle streghe. Secondo gli avvocati la ragione di queste approssimative accuse di Mueller contro fantomatiche entità Russe è ovvia: accusare i Russi per giustificare la propria esistenza da procuratore speciale.

Dubelier e Seikaly hanno detto che le accuse “costituiscono un forma di ipocrisia” in quanto gli Stati Uniti hanno interferito regolarmente nelle elezioni di molti paesi stranieri. Inoltre secondo gli avvocati la Concord Management non intendeva violare la legge federale. D’altronde la Concord Management non conosce la legge federale americana, non operando sul territorio americano. “L’accusa precipitosa non è in grado di discernere se l’imputato sapeva che stava agendo in modo illegale o che intendeva violare i reati normativi sottostanti. Il rischio qui è grave, cioè una società straniera senza una presenza fisica negli Stati Uniti è accusata, in un caso senza precedenti, di una tipologia mai presentata prima dal Dipartimento Di Giustizia per aver cospirato nel frodare gli Stati Uniti, non rispettando determinati requisiti normativi che sono sconosciuti anche alla maggior parte degli americani.” Gli Avvocati dei Russi hanno concluso di voler avvalersi del diritto di un processo veloce, cosa che metterebbe i paladini Mulleriani in crisi.

Così il nostro eroe Robert Mueller, dopo aver condotto una inchiesta a dir poco dilettantistica, arriva ad accusare una societa` che al tempo dei fatti non esisteva nemmeno e una volta in tribunale, si ritrova spiazzato dalla presenza degli avvocati difensori. Tutto questo avendo speso fino ad ora la bellezza di 14 milioni di dollari, con un team di ben 16 assistenti procuratori, per ritrovarsi poi in mano “un panino al prosciutto”. Come disse qualcuno (Michail Bakunin): “La fantasia distruggerà il potere e una risata vi seppellirà!” Già si odono le poderose risate di scherno echeggiare nelle stanze del Cremlino. La farsa del Russiagate continua ma almeno ora cominciamo a divertirci.

http://italiaeilmondo.com/2018/02/17/epilogo-di-una-farsa_-di-gianfranco-campa/

EPILOGO DI UNA FARSA?_ di Gianfranco Campa

italiaeilmondo.com

Mueller ha reso pubblici i capi di accusa contro tredici cittadini russi accusati di intrusione nelle elezioni presidenziali americane. Ciò che colpisce però non …

 

http://www.dcd.uscourts.gov/content/magistrate-judge-g-michael-harvey

Magistrate Judge G. Michael Harvey | District of Columbia …

www.dcd.uscourts.gov

G. Michael Harvey was appointed as a United States Magistrate Judge on February 13, 2015. He received a B.A., cum laude, from Duke University in Political Science and Religion in 1989.

 

https://www.docdroid.net/ytSx83s/usa-v-concord-5-9-18-18-032.pdf

 

 

23° PODCAST_Nessun prigioniero!_di Gianfranco Campa

Il conflitto politico in atto negli Stati Uniti sta perdendo le caratteristiche di un confronto senza storia tra un ceto politico consolidato e funzionari e strateghi all’opera ormai da decenni negli apparati da una parte e un gruppo di outsider pressoché avulsi dal sistema di potere dall’altro. Quest’ultimo, a costo di gravi compromessi, inizia a radicarsi in maniera più profonda in alcuni apparati e a tessere una sia pur minima trama di relazioni internazionali secondo disegni più coordinati. I primi dispongono di un controllo predominante degli apparati di potere e delle leve dello stato profondo; l’indisponibilità però di alcune importanti leve di governo, in particolare della Presidenza, li costringe ad un uso distorto dei sistemi di relazione e degli apparati. Le conseguenze sono nefaste sulle modalità di conduzione dello scontro politico e sulla coerenza ed efficacia delle strategie politiche. Dinamiche che studiosi europei, come Althusser e Poulantzas ed americani hanno analizzato con sagacia. L’utilizzo di strumenti repressivi e giudiziari possono distruggere e tuttalpiù contribuire a creare solo indirettamente le condizioni di mantenimento e di ricambio di gruppi dirigenti. Le controindicazioni sono però pesanti: istituzioni che perdono l’aura di terzietà della loro azione sino ad assumere un carattere apertamente partigiano foriero di perdita di autorevolezza verso i sottoposti e le fazioni e di coerenza e compattezza interna nella propria azione; manovratori adusi a giocare nell’ombra, costretti invece ad esporsi in prima persona e sacrificati in nome dell’emergenza; schieramenti di fazioni contrapposte che attraversano progressivamente l’intero scacchiere geopolitico e si inseriscono a pieno titolo nel confronto tra e all’interno degli stati nazionali; un conflitto sempre più viscerale e spietato che lascia poco spazio a margini di compromesso tra strategie già di per sé incompatibili. Gianfranco Campa ci conferma con un pathos sempre più coinvolgente ed allarmato un assunto da sempre sostenuto da questo sito: l’attuale scontro politico negli Stati Uniti si risolverà senza prigionieri con conseguente nefaste anche per i gruppi dirigenti aggregati nel mondo soprattutto alla parte “sbagliata”; i progressivi cedimenti e le fulminee conversioni non risparmieranno Trump dal redde rationem. I vincitori vorranno estirpare la “mala pianta” che Donald Trump, volente o nolente, simboleggia perchè non risorga ammaestrata dagli errori e dalle vicissitudini. Un anno fa le “attenzioni” erano riservate ai pochi protagonisti della inaspettata vittoria emersi dalle quinte del palcoscenico; oggi si comincia a vociferare di liste di proscrizione di decine di migliaia di malcapitati. Il proditorio sequestro di tutta la documentazione dell’avvocato di Trump non fa che confermare i peggiori sospetti. Buon ascolto_Giuseppe Germinario

https://soundcloud.com/user-159708855/podcast-episode-23

 

L’ULTIMO UOMO-L’ULTIMA BATTAGLIA, di Gianfranco Campa

L’ULTIMO UOMO-L’ULTIMA BATTAGLIA

 

E così un’altra presidenza scivola via nella fogna della storia americana. Storia composta da guerre di annientamento, indipendenza, fratricide, mondiali, regionali. Come quelli che lo avevano preceduto, Trump ha completato la sua mutazione da presidente antisistema a parte integrante del sistema guerrafondaio, imperialista dei neocon e neoliberali. Non per giustificare Trump, ma d’altronde avere una pistola puntata costantemente alla testa, non è la condizione ideale.  All’ultimo presidente che ha cercato di opporsi al complesso industriale militare americano  hanno fatto esplodere il cervello a Dallas in Texas, in un pomeriggio di tanti anni fa…

Come prevedibile, dopo l’attacco alla Siria, gli esperti americani di politica estera si sono uniti nell’elogiare Trump. Per l’élite americana quello che fino a dieci minuti prima era un mentecatto arancione è ora diventato un brillante genio. Gli apprezzamenti verso Trump di questa gentaglia sono ingannevoli, finti; dureranno il tempo di una estate come fra i ghiacci del Polo Nord. Niente salverà Trump dal destino che gli è stato tracciato da questi esseri beceri; l’oblio politico e personale, soprattutto nel momento in cui riprenderanno completamente in mano il potere nelle stanze di Washington. Trump non sopravviverà mai alla controffensiva dell’establishment, una volta che l’establishement stesso avrà domato la rivolta in atto nelle stanze del potere americano. Lo odiano visceralmente solo per aver messo in pericolo la loro egemonia in questi ultimi due anni e costretto molti di loro ad esporsi più del dovuto. Quelli che gli potranno salvare il culo saranno quegli stessi a cui Trump oggi ha sputato in faccia, tradendoli  con la decisione di attaccare la Siria.

Dobbiamo comunque ringraziare soprattutto il movimento anti-trump, quello composto dai democratici liberali che ci hanno martellato la testa ed altro per due anni con la storia di Trump pupazzo di Putin. Trump ha prima provato a difendersi, poi ha infine ceduto vistosi circondato ormai da tutte le posizioni. La costante opera di logoramento ai fianchi, costante quanto dolorosa ha finito per erodere la volontà di resistenza di Donald Trump. Attaccando la Siria probabilmente Trump innescherà una serie di conflagrazioni che potrebbero determinare degli eventi capaci di trascinarci sull’orlo della apocalisse. Nel frattempo per chi crede che gli americani limiteranno gli attacchi alla Siria solo dal cielo, avverto che si sbaglia di grosso: ci sono più di 2000 soldati americani già presenti in Siria ed è proprio di queste ora la notizia che un contingente di 3600 marines sta arrivando in Siria attraverso la Giordania.

Questa notizia arriva direttamente dalla bocca del Pentagono:

https://www.marinecorpstimes.com/news/your-marine-corps/2018/04/13/thousands-of-us-troops-and-marines-arrive-in-jordan/?utm_source=Facebook&utm_medium=Socialflow

L’attacco alla Siria vede anche per la prima volta l’uso in combattimento dei missili JASSMs lanciati dai B-1B; questi sono i missili con cui Trump minacciava i Russi nel suo delirante tweet di 3 giorni fa.

Sotto una foto dei missili in questione.

 

In quest’ottica ora si capisce il perché delle lettere di allerta mandate a migliaia di riservisti americani l’anno scorso. All’epoca si credeva possibile un conflitto nella penisola coreana; in realtà potrebbe essere stata pianificata da tempo una guerra su scala mondiale da attuare nei prossimi mesi e anni.

Nelle ore che hanno preceduto l’attacco di Trump alla Siria si è sentito di tutto e il contrario di tutto. Alla fine ha prevalso il partito della guerra e Trump (Bolton) con la May e Macron ( Israele, Arabia Saudita nell’ombra) sono diventati  i principali  responsabili di questo intervento militare in Siria  L’attacco arriva poco prima che il OPCW (https://www.opcw.org/)  avesse avuto la possibilità di procedere con la sua inchiesta, ormai pronta a partire. Ma la pazienza non è la virtù dei criminali poiché è necessario agire in fretta per cancellare le tracce dei loro crimini e delle loro falsità.

C’è molta costernazione e molta delusione tra quelli che hanno sostenuto Trump contro tutto e tutti. La base anti-interventista, anti-globalista, che ha sostenuto, direi anzi creato il fenomeno Trump e permesso a Trump di arrivare alla presidenza ha perso la sua battaglia finale per il controllo della presidenza americana, anche se la guerra contro l’establishment era ormai compromessa sin dall’anno scorso, dopo l’uscita di scena cioè del compianto Michael Flynn seguito dopo alcuni mesi da Stephen Bannon. Su molti dei siti, canali radio, personaggi anti-establishment, da Infowars a Breitbart, da Michael Savage a Roger Stone, da Pat Buchanan a Wikileaks, da Tucker Carlson a Laura Ingraham elevano un coro di rabbia espresso in commenti e video. Personalmente ho passato le ultime ore a comunicare con le persone che insieme a me hanno reso possibile l’ascesa di Trump e con le quali ho condiviso appassionatamente le battaglie politiche che hanno coinvolto molti di questi ultimi 10 anni della mia vita. Tanti sacrifici, impegni, viaggi, programmi, riunioni a scapito personale, a volte anche a costo di compromettere l’incolumità personale per ritrovarsi qui punto e a capo.

La guerra, lo scontro politico fra una parte della società americana e l’establishment politico elitario al potere continua; è una guerra che trascende l’esistenza, le trasformazioni politiche e umorali di Donald Trump.

Vi lascio con i twitter di Trump pubblicati qui sotto. Scritti da lui stesso nell’ormai lontano 2013, giusto per non dimenticare chi fosse Trump prima di questa mutazione compiutasi in una notte Siriana sotto le bombe umanitarie trumpiane:

Cosa otterremo bombardando la Siria oltre a più debito e un possibile conflitto a lungo termine? Obama ha bisogno dell’approvazione del Congresso.

…Rimani fuori dalla Siria (Obama), non abbiamo la leadership per vincere guerre o strategie.”

“La debolezza e l’indecisione del presidente Obama ci hanno forse risparmiare un attacco orribile e molto costoso in Siria!”

“Se gli Stati Uniti attaccano la Siria e colpiscono bersagli sbagliati, uccidendo civili, ci sarà un inferno in tutto il mondo da pagare. Stai (Obama) lontano e curati degli Stati Uniti”

“L’unico motivo per cui il presidente Obama vuole attaccare la Siria è quello di salvare la faccia sulla sua stupida dichiarazione della RED LINE. NON attaccare la Siria, curati degli U.S.A.”

“Quello che sto dicendo è stare fuori dalla Siria.”

“Dovremmo smettere di far chiacchiere, stare fuori dalla Siria e da altri paesi che ci odiano, ricostruire il nostro paese e renderlo forte e grande di nuovo, USA!”

 

LA TARDA ORA DELLA REPUBBLICA DEGLI STATI UNITI d’AMERICA, di Gianfranco Campa

L’ORA TARDA-L’ULTIMA DELLA REPUBBLICA

Non voglio apparire eccessivamente pessimista. Quelle che stiamo vivendo però sono ore e giorni infidi e drammatici: Alle 20:00 di oggi, 9 Aprile 2018, ora della costa del pacifico, le notizie che arrivano dagli Stati Uniti sono preoccupanti. Probabilmente nel momento in cui questo articolo sarà messo sul sito sapremo già se il Pentagono ha attaccato la Siria oppure no. Fonti militari suggeriscono che un’operazione in larga scala contro Assad è entrata ormai nella fase finale. Si aspetta solo l’ok del Presidente Americano. Speriamo nel buon senso di Donald Trump.

La trappola dello stato ombra orchestrata contro Donald Trump è ormai pianificata e operativa.

I dirigenti politici, sia essi Repubblicani o Democratici, tutte le agenzie di intelligence, tutte le agenzie di stampa, tutte le organizzazioni di Think Tanks si levano all’unisono nel grido di guerra contro la Siria e il demonio Assad. Il presunto attacco chimico perpetrato dal Presidente Siriano arriva ad una settimana esatta dall’annuncio di Trump di voler ritirare il suo esercito dalla Siria, ritenendo il pericolo ISIS ormai neutralizzato. Il nuovo attacco chimico arriva ad un anno esatto dall’ultimo presunto attacco di Assad che portò Trump a lanciare i missili Tomahawk contro la Siria. La guerra delle fogne di Washington, dello stato ombra, contro Trump ha improvvisamente acquisito un rinnovato senso di urgenza e drammaticità. La settimana scorsa, tutti i sondaggi delle maggiori agenzie attribuivano per la prima volta a Trump oltre il 50% di approvazione contro il 48% di Obama nel periodo equivalente. In altre parole, il 45% di approvazione per un presidente comporta la certezza matematica di essere rieletto in un secondo mandato. Questo ha scatenato lo stato ombra.

Non sono nato ieri. La trappola piazzata sull’impervio sentiero di Trump è per me decifrabile e chiara; un attacco chimico in Siria forzerà la sua mano mettendolo in rotta di collisione con la Russia. Se Trump dovesse intervenire militarmente, perderebbe il sostegno dello zoccolo più duro del suo elettorato; lo accuseranno di essere diventato un neocon. Se non dovesse intervenire sarà considerato debole e incapace dal resto del popolo. Gli Americani, come del resto tutti i popoli occidentali, hanno la memoria corta e gli orrori della guerra in Iraq sono solo un pallido ricordo. Bolton già sbava dall’eccitazione di ritrovarsi a sussurrare all’orecchio di Donald: “missili-missili, attacca-attacca, guerra-guerra..”. Se Trump dovesse attaccare senza approvazione del Senato sarà certamente impeachment per the Donald. Se non dovesse farlo, diventerebbe un incompetente e quindi meritorio sempre di impeachment.

Il caso Skripal è stato solo il preambolo: E’ notizia fresca di oggi che il procuratore speciale Robert Muller e il deputato procuratore generale Rod Rosenstein, hanno autorizzato l’FBI a fare irruzione nell’ufficio di uno degli avvocati del presidente, Michael Cohen, a New York, con un mandato di perquisizione firmato da un giudice per impossessarsi di tutta la documentazione sui rapporti tra il Presidente e il suo avvocato; la perquisizione e il sequestro dei documenti sono avvenuti poche ore prima di scrivere questo articolo e a tre giorni dallo strano incendio in uno degli appartamenti della Trump Tower. La motivazione non risalirebbe al Russiagate, bensì alla violazione delle regole elettorali. Nel momento in cui Cohen ha versato soldi alla porno attrice Stormy Daniels per assicurarsi il silenzio mediatico, Trump avrebbe infranto la legge sui finanziamenti delle campagne elettorali. Poco importa se le vicende fra Trump e Daniels risalgono al 2007; poco conta se questo presunto contratto, accordo, firmato da Daniels risale al 2015, cioè prima ancora che Trump annunciasse il lancio della sua campagna presidenziale. Il nostro cacciatore fasullo Muller è passato inopinatamente dalle indagini sul Russiagate alle quelle sul Pornogate. Inoltre ciò che Muller e l’FBI hanno fatto oggi con l’irruzione nell’ufficio dell’avvocato di Trump è stato rimuovere il diritto di tutti i cittadini americani di consultare privatamente un avvocato. D’ora in poi tutto ciò che racconti al tuo avvocato non è più considerato privato. La sacrosanta privacy del rapporto avvocato-cliente, tutelata dalla costituzione americana e stata calpestata dal nostro eroico cacciatore fasullo Robert Muller. 

Complimenti davvero allo stato ombra! Non c’è che dire, la fantasia non manca loro senza alcun dubbio. Dovesse Donald Trump decidere di licenziare Mueller la sua Presidenza potrà considerarsi finita; non dovesse farlo la sua Presidenza può considerarsi finita lo stesso.

A Trump sono rimaste solo pochissime carte da giocarsi.

Potessi, gli consiglierei due mosse importanti che potrebbero ribaltare la situazione a suo favore. Preferisco per istinto di sopravvivenza tenerle per me. Speriamo che qualcun altro abbia la possibilità di suggerire a Trump le giuste mosse. Ci spero, ma ne dubito…

Nel frattempo ormai si è capito che Trump è letteralmente circondato su tutti i fronti e non ha le capacità gestionali nè tattiche di resistere alla pressione dello stato ombra.

Saremo noi a pagarne il prezzo con una nuova guerra che si sta affacciando all’orizzonte.

Come diceva Grima Vermilinguo, nel signore degli Anelli: : “Tarda è l’ora in cui questo stregone decide di apparire” Anche se, in questo caso, sono molti gli Stregoni che sono apparsi nell’ora tarda di questa morente repubblica americana.

L’ORDINE MONDIALE LIBERALE_R.I.P., a cura di Gianfranco Campa

Pubblichiamo qui sotto, tradotto in italiano, un articolo apparso sul sito del CFR (Council on Foreign Relations) il 21 marzo scorso. Il testo, accompagnato da alcune note di Gianfranco Campa, è particolarmente importante più che per i contenuti, per la banalità e la rozzezza degli argomenti, soprattutto per l’atteggiamento psicologico, rivelatore di uno stato d’animo. Seguirà un articolo più ampio sull’argomento. Buona lettura_ Germinario Giuseppe

 

L’ORDINE MONDIALE LIBERALE-R.I.P.

Dopo una parabola di quasi mille anni, il filosofo e scrittore francese Voltaire scherzando afferma che il Sacro Romano Impero in declino non era né santo, né romano, né un impero. Oggi, a distanza di due secoli e mezzo, il problema, parafrasando Voltaire, è che l’ordine mondiale liberale, non è né liberale, né mondiale, né ordinato.

Gli Stati Uniti, lavorando a stretto contatto con il Regno Unito e altri paesi, istituirono l’ordine mondiale liberale sulla scia della seconda guerra mondiale. L’obiettivo era quello di garantire che le condizioni che avevano portato a due guerre mondiali in 30 anni non si sarebbero mai più verificate.

A tal fine i paesi democratici si sono impegnati a creare un sistema internazionale che fosse liberale, nel senso che doveva essere basato sullo stato di diritto e sul rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale dei paesi. I diritti umani dovevano essere tutelati. Tutto questo avrebbe dovuto essere applicato su scala planetaria e contestualmente la partecipazione sarebbe fondata su base volontaria e aperta a tutti. Molte istituzioni furono costruite per promuovere la pace (le Nazioni Unite), lo sviluppo economico (la Banca mondiale) e il commercio e gli investimenti (il Fondo Monetario Internazionale e l’Organizzazione Mondiale del Commercio).

Tutto questo era sostenuto dalla potenza economica e militare degli Stati Uniti, da una rete di alleanze tra Europa e Asia e dalle armi nucleari necessarie a scoraggiare l’aggressione. L’ordine mondiale liberale si basava quindi non solo su ideali democratici, ma anche sulla minaccia dell’uso di forza bruta. Tutto ciò sopravvisse ad una Unione Sovietica decisamente illiberale, dalla nozione fondamentalmente diversa da ciò che costituiva l’ordine in Europa e nel mondo.

L’ordine mondiale liberale sembrava essere più robusto che mai con la fine della Guerra Fredda e il crollo dell’Unione Sovietica. Ma oggi, un quarto di secolo dopo, il suo futuro è in dubbio. Le sue tre componenti – il liberalismo, l’universalità e la preservazione dell’ordine stesso – vengono messe a dura prova come non era mai successo prima nel corso dei suoi 70 anni di storia.

Il liberalismo è in ritirata. Le democrazie sentono gli effetti del crescente populismo. I partiti dalle estreme ideologie hanno guadagnato terreno in Europa. Il voto nel Regno Unito a favore dell’uscita dall’UE ha attestato la perdita di influenza da parte dell’élite dominante. Persino gli Stati Uniti stanno subendo attacchi senza precedenti ad opera del proprio stesso Presidente, impegnato a colpire direttamente le istituzioni dei mass-media, della giustizia, delle forze dell’ordine e di intelligence; i capisaldi del paese. I governi autoritari, tra i quali Cina, Russia e Turchia, sono diventati ancora più chiusi su se stessi. Paesi come l’Ungheria e la Polonia sembrano non interessarsi al destino delle loro giovani democrazie.

È sempre più difficile parlare del mondo come se fosse un tutt’uno . Stiamo assistendo all’emergere di ordini regionali,  ognuno con le proprie caratteristiche. I tentativi di costruire una intelaiatura globale sta fallendo. Il protezionismo è in aumento; l’ultimo turno di negoziati sul commercio globale non è stato completato. Ci sono ancora poche regole che governano l’uso del cyberspace.

Allo stesso tempo, sta tornando la tensione e la rivalità fra varie potenze. La Russia ha violato la norma più basilare delle relazioni internazionali quando ha usato la forza armata per cambiare i confini in Europa e ha violato la sovranità degli Stati Uniti attraverso i suoi sforzi per influenzare le elezioni del 2016. La Corea del Nord ha ignorato il forte consenso internazionale contrario alla proliferazione delle armi nucleari. Il mondo è rimasto a guardare mentre gli abusi umanitari erano incorso in Siria e nello Yemen, senza nessuna iniziativa né dell’ONU, né di altre entità in risposta all’utilizzo di armi chimiche da parte del governo siriano. Il Venezuela è uno paese ormai fallito. Oggi una persona su cento al mondo è rifugiata o sfollata.

Ci sono diversi motivi per cui tutto questo sta accadendo e perché proprio ora. L’ascesa del populismo è in parte una risposta ai redditi stagnanti e alla perdita di posti di lavoro, dovuta principalmente alle nuove tecnologie, ma ampiamente attribuita alle importazioni e agli immigrati. Il nazionalismo è uno strumento sempre più utilizzato dai leader per rafforzare la propria autorità, specialmente in condizioni economiche e politiche difficili. Le istituzioni globali non sono riuscite ad adeguarsi ai nuovi equilibri di potere e alle tecnologie.

Ma l’indebolimento dell’ordine mondiale liberale è dovuto, più di ogni altra cosa, al mutato atteggiamento degli Stati Uniti. Sotto la presidenza di Donald Trump, gli Stati Uniti hanno deciso di non aderire al partenariato transpacifico e di ritirarsi dall’accordo sul clima di Parigi. Trump ha anche minacciato di abbandonare l’accordo di libero scambio nordamericano e l’accordo sul nucleare iraniano. Ha introdotto unilateralmente tariffe sull’ acciaio e l’alluminio, basandosi su una giustificazione (sicurezza nazionale) che anche altri paesi potrebbero usare; un processo che potrebbe innescare una guerra commerciale. Ha posto dubbi sul suo impegno nei confronti della NATO e di altre forme di alleanza. E parla raramente di democrazia o diritti umani. L’America Prima sembrano incompatibili con l’ordine mondiale liberale.

Il mio punto non è quello di concentrare sugli Stati Uniti tutte le critiche. Altre importanti potenze, tra cui l’UE, la Russia, la Cina, l’India e il Giappone, potrebbero essere criticate per quello che stanno facendo o non facendo. Ma gli Stati Uniti non sono come altri paesi. Gli Stati Uniti erano non solo il principale artefice dell’ordine mondiale liberale ma anche il suo principale sostenitore e beneficiario. La decisione dell’America di abbandonare il ruolo che ha svolto per più di sette decenni segna così un punto di svolta. L’ordine mondiale liberale non può sopravvivere da solo, perché gli altri non hanno né l’interesse né i mezzi per sostenerlo. Il risultato sarà un mondo meno libero, meno prospero e meno pacifico, sia per gli americani che per gli altri.

https://www.cfr.org/article/liberal-world-order-rip?utm_medium=social_share&utm_source=fb

 

IL COMMENTO DI GIANFRANCO CAMPA

Questo senso di scoramento da parte delle élites è iniziato e precipitato dopo le elezioni di Trump. Il pessimismo li rende diabolicamente esposti e totalmente spogliati delle loro certezze. E’ ormai da tempo che circolano analisi sul tramonto dello stato globale; questa non è una notizia nuova. Quello che piuttosto colpisce non è solo la pubblicazione dell’articolo da parte del CFR (Council on Foreign Relations), uno dei maggiori e più importanti think tanks che supportano il cosiddetto globalismo e il nuovo ordine mondiale. Non è nemmeno l’unico articolo che il CFR ha dedicato al tramonto del nuovo ordine mondiale. Colpisce soprattutto la banalità dell’articolo, la leggerezza della analisi, piena di frasi fatte quasi a denotare il senso di disperazione e impotenza di questi potenti individui. Segno che la situazione sta realmente sfuggendo loro di mano. Tra l’altro l’articolo parla di un ordine mondiale in cui le sovranità nazionali sono rispettate. L’autore a questo punto può solo essere tacciato di disonestà oppure di ignoranza. Chi di spada ferisce di spada perisce.

Quando parla di sovranità non menziona che, soprattutto in Europa, la perdita di sovranità nazionale, giuridica, legale, militare, monetaria in paesi come l’Italia, la Grecia, la Spagna, ha influenzato negativamente l’opinione pubblica sulla necessità di un mondo globale. Le politiche di austerità hanno fatto il resto. L’autore denuncia il fatto che una persona su cento oggi come oggi sono rifugiati o sfollati ma si dimentica di analizzare l’impatto negativo che l’immigrazione di massa incontrollabile ha avuto sull’opinione pubblica. Parla di un mondo di pace globale che ha scongiurato una nuova guerra mondiale, ma si dimentica di ricordare i danni e il caos che guerre e bombardamenti negli ultimi anni hanno creato, destabilizzando intere aree geografiche; tutto nel nome di questo nuovo ordine mondiale. Come dimenticare il bombardamento della Serbia, la Guerra in Afghanistan, in Iraq (due volte), in Libia, in Siria, ect. Il peggior nemico di questi signori globalisti elitisti sono loro stessi, non Trump. Trump è il sintomo di una malattia più grande e profonda che loro hanno contribuito a creare.  La vera novità è che ormai queste organizzazioni globaliste non solo hanno paura e quindi denunciano apertamente l’erosione evidente nel loro piano di ordine mondiale, ma sono ormai entrati nella fase successiva; la disperazione di chi sa di aver perso per sempre il controllo della situazione. Questo spiega ora anche l’approssimazione delle loro analisi.

Per chi non lo sapesse il CFR è stato storicamente uno dei maggiori architetti di questo nuovo ordine mondiale.

Qualche nota, giusto per fare un veloce riassunto di cosa sia il Council On Foreign Relations. Uno dei fondatori del CFR è stato David Rockefeller. L’obiettivo del CFR era la formazione di un governo mondiale incrementalmente più forte. L’Ammiraglio Chester Ward, ex Giudice Avvocato della Marina degli Stati Uniti, è stato membro del CFR per 16 anni prima di dimettersi disgustato. Ha dichiarato: “Lo scopo principale del Council on Foreign Relations è promuovere il disarmo della sovranità degli Stati Uniti e l’indipendenza nazionale, la sommersione in un governo monopolistico onnipotente“.

Dopo la seconda guerra mondiale, nacquero le Nazioni Unite, il successore della Lega delle Nazioni. Contrariamente a ciò che viene comunemente detto al pubblico, l’ONU non è stata fondata da nazioni esauste della guerra. L’ONU è stata concepita da un gruppo di membri del CFR nel Dipartimento di Stato che si autodefinirono il Gruppo di Agenda informale. Hanno redatto la proposta originale per le Nazioni Unite e ottenuto l’approvazione del presidente Roosevelt il quale ha poi fatto stabilire all’ONU la sua più alta priorità politica postbellica. Quando l’ONU tenne la sua riunione di fondazione a San Francisco nel 1945, 47 delegati americani erano membri del CFR. Sebbene inizialmente l’ONU non fosse stata istituita come un governo mondiale, l’intento era che si sarebbe trasformata nel tempo in governo mondiale. John Foster Dulles (CFR), un delegato americano alla riunione di fondazione delle Nazioni Unite che in seguito divenne Segretario di Stato sotto Eisenhower, lo ha riconosciuto nel suo libro Guerra o Pace: “Le Nazioni Unite non rappresentano una fase finale nello sviluppo dell’ordine mondiale, ma solo uno stadio primitivo. Pertanto il suo compito principale è creare le condizioni che renderanno possibile un’organizzazione più altamente sviluppata.

Altre due istituzioni postbelliche, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, sono state create tecnicamente alla Conferenza di Bretton Woods del 1944. Ma la pianificazione iniziale è stata fatta dal gruppo economico e finanziario del CFR, parte del loro programma bellico di guerra e di studi sulla guerra. La Banca Mondiale e il FMI agiscono come un sistema di garanzia dei prestiti per le banche multinazionali. Quando un prestito in un paese straniero va male, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale entrano in azione con il denaro dei contribuenti, garantendo che le banche private continuino a ricevere i pagamenti di interessi. Inoltre, la Banca Mondiale e il FMI dettano le condizioni ai paesi che ricevono salvataggi, dando così ai banchieri una misura di controllo politico sulle nazioni indebitate.

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