TRUMP UNIFICA IL MONDO ARABO E RICOMPATTA L’ISLAM CONTRO ISRAELE. POSSIAMO APPROFITTARNE. di antonio de martini

oggi, 6 dicembre, Trump – per rispettare una promessa elettorale- riconoscerà Gerusalemme capitale di Israele e trasferirà l’ambasciata USA costì. È una scelta che mi ricorda l’adozione del proibizionismo che si ritorse contro gli autori e poi dovette essere rimangiata.

Non accadrà nulla di epocale, tanto la impopolarità e l’odio nei confronti degli Stati Uniti erano già al massimo storico e così rimarranno molto a lungo.

Diversa la situazione di Israele che potrebbe essere nuovamente isolata mentre stava per incassare il riconoscimento saudita, che ora non potrà non sfumare.
Si intravede una nuova rottura dei rapporti con la Turchia e forse persino con l’Egitto.

Per riempire il vuoto politico ed economico che viene lasciato dagli USA ( che a loro volta avevano sostituito gli inglesi dal 1948 in poi) ecco apparire la Francia di Macron.

È possibile che al vuoto politico segua quello economico deciso a livello popolare, che potremmo riempire noi, dato che il gettito maggiore gli USA lo registravano negli approvvigionamenti alimentari all’area MENA e noi potremmo intervenire proficuamente in tutta l’area facendo uscire dallo stato di crisi le fabbriche di pollame e carne non suina in scatola,tabacchi,bibite e dolciumi, condizionatori, distribuzione energetica ecc.

Il settore trainante dell’economia USA non è mai stato la tecnologia o gli armamenti, bensì l’agroindustria e il suo maggior cliente è proprio il mondo arabo.

Per noi è una occasione da non perdere.

Politicamente, il mondo intero – il mondo islamico moderato in particolare- vede questa scelta come un grave errore ed uno schiaffo alla credibilità ONU oltre che ai leaders arabi alleati che vedono traballare i loro troni. Difficile che qualcun altro leader si dichiari alleato o amico degli USA di Trump. Nemmeno i curdi.

Oltre ai tradizionali avversari, anche il Vaticano che puntava alla internazionalizzazione di Gerusalemme e i cristiani palestinesi si muoveranno in senso contrario a queste scelte USA.

Credo che nessun paese occidentale seguirà l’esempio americano e la speranza di promuovere una qualche forma di pace tra palestinesi e israeliani andrà in soffitta per un bel pezzo.

Per ogni paese che trasferirà l’ambasciata a Gerusalemme, si apriranno opportunità commerciali per noi se ci allineeremo col Vaticano invece che con Trump e suo genero.

La conseguenza politica di maggior rilievo, sarà l’atteggiamento delle Nazioni Unite che vedono stracciata la loro storica risoluzione costitutiva dello Stato di Israele del 1948 che in contemporanea stabiliva che Gerusalemme sarebbe stata internazionalizzata.
La credibilità ONU è così azzerata definitivamente.

La reazione araba è scontata ed è possibile che assuma anche forme creative alla Ben Laden. La distinzione molto pompata tra sciiti e sunniti perderà significato.

Meno scontata e prevedibile la reazione dell’Europa e dell’Asia nei confronti di Israele che rischia di fare la spese della bella figura di Trump i cui elettori amano molto vederlo “rompere gli schemi.”

Rischiamo una crisi internazionale di lunga durata per consentire al Presidente americano di conquistare gli elettori dell’Alabama.

Possiamo però trasformare questo problema in una grande occasione commerciale e industriale per occupare le aree in cui gli arabi ( e gli islamici) boicotteranno gli Stati Uniti.

THE DAY AFTER

gli ultimi tentativi di pace tra israeliani e palestinesi ci furono nel 2014, John Kerry consule, e finirono in un nulla di fatto.
Oggi tutti gli israeliani festeggeranno il riconoscimento degli Stati Uniti di quel che già avevano, cioè Gerusalemme capitale.

Passata la sbornia, si renderanno conto di aver barattato la pace con una soddisfazione enorme ma psicologica.

Tutta la comunità internazionale mantiene il punto che i negoziati devono farsi tra le parti in causa ( Israele e i palestinesi) con trattative dirette e che la sola soluzione che tutti gli analisti individuano al problema è quella di creare due Stati .

La frattura stessa interna agli USA, tra democratici e parte dei repubblicani da una parte e seguaci di Trump dall’altra, fa sì che gli USA stessi non siano unanimi in questa scelta ed abbiano bruciato la credibilità delle Nazioni Unite che creava un sembiante di consenso internazionale a molte decisioni USA.

Trump dice che andava tolta la polvere dal negoziato che si trascina da mezzo secolo. Vero, ma andava usato il piumino, non l’idrante.

Netanyahu, è certamente felice di aver acquisito questo merito storico che spera allontani lo spettro della indagine della polizia israeliana che è giunta ormai al suo quinto interrogatorio sulla vicenda di corruzione sulle forniture militari tedesche. Per lui, ogni giorno in più è guadagnato, ma ha messo l’intero paese nella stessa situazione di precarietà.

Nessuno intanto tra gli amici di Israele risponde alla domanda posta da Paolo Sax Sassetti:
da domani Israele sarà più o meno sicuro?

MORTE A SUEZ, di Antonio de Martini

MORTE A SUEZ

riportato da https://www.facebook.com/antonio.demartini.589/posts/1290081454470976

Sembra che, a parte la macabra contabilità, nessun media sia capace di capire come mai ci siano attacchi nel Sinai.

Non esistono rivendicazioni territoriali di indipendenza o rivendicazioni di altro genere.

La zona di El Arish – più precisamente a bir El Abed, il pozzo dello schiavo- è isolata e priva di petrolio o altri interessi strategici. Gli abitanti sono perlopiù nomadi e di origini differenti.

Eppure gli attacchi più ” cattivi” si concentrano lì e negli ultimi tre anni, sono caduti centinaia di militari egiziani, cosa non accaduta altrove. I banditi sono ben armati. Sono arrivato su ” fuori strada”; molto per dei normali nomadi.

L’attacco, lontano dal canale, a civili inermi e in preghiera nel giorno festivo ( venerdì è la loro domenica) mira a far allentare la sorveglianza al canale di Suez e far spargere i militari su un’area più vasta diminuendo così la capacità di protezione e sorveglianza della truppa su una via d’acqua che frutta all’Egitto oltre 5 miliardi di dollari annui di royalties. Per noi europei è vitale.

Da quando la Cina è diventata “il produttore del mondo” e ha avviato le sue merci verso l’Europa sulla via della seta acquatica, ( Aleppo, terminale terrestre è stato inibito per sei lunghi anni) lungo il tragitto si sono create ipoteche di ogni genere: pirati nel mare di Giava prima dello stretto di Singapore; pirati prima dello stretto di Bab El Mandeb all’entrata del mar Rosso; minacce paramilitari al canale di Suez che mirano a impedirne la manutenzione ( dragaggio a intervalli regolari per evitare che le sabbie intasino il percorso).

Se questa via, che ha restituito la centralità perduta nel seicento al Mediterraneo, dovesse chiudersi o divenire antieconomica, tornerebbero in auge incontrastati i porti del nord Europa: Amsterdam, Anversa, Rotterdam, Londra, Amburgo ( ricordate la lega anseatica?) che conoscerebbero una rinnovata prosperità .

La Grecia, che ha ceduto parte del porto del Pireo ai cinesi, è stata duramente colpita per bilanci truccati che tutti sapevano essere truccati col consenso della UE, perché fare “l’Europa senza la Grecia equivaleva a fare un fronte laico senza Pannella.” Questo dicevano all’epoca.

Un solo ostacolo sulla rotta verso il Mediterraneo è un caso. Due ostacoli fanno pensare. Tre, permettono di individuare un trend. Quattro danno la certezza di un piano.

Vogliono che il Mediterraneo torni a un ruolo secondario per consentire la continuità dello sviluppo transatlantico.

L’Unione mediterranea proposta è voluta da Sarkozy, con sede a Barcellona e responsabile italiano, è nata come sistema per imbrigliare ogni iniziativa in materia. A riprova, non hanno fatto assolutamente nulla in un decennio.

La tecnica è la stessa applicata all’ufficio per la promozione dell’Olio di Oliva installato a Madrid con a capo il fratello del ministro italiano Saccomanni, che di fatto è sempre stato gestito da olandesi a Bruxelles ( UNILEVER ha il 90% dei propri grassi di provenienza animale, balene incluse ed è la più grande multinazionale olandese) e credo che nessuno ne abbia sentito parlare.

Egemonizzano le situazioni con lungimiranza geopolitica approfittando della debolezza dei paesi mediterranei che si possono comprare assegnando loro la sede dell’ente preposto a fare gli interessi altrui, quattro posti di lavoro e due prebende.

Adesso vogliono insabbiare il canale di Suez che l’Egitto difende con le unghie e coi denti presidiandolo giorno e notte nonostante le ingenti perdite umane di cui nessuno parla.

Adesso hanno deciso di giocare la carta del massacro ( se succede in Irak se ne fregano tutti) per costringere il governo egiziano a disperdere le forze e allentare la sorveglianza sul canale in maniera da ostacolare i dragaggi.

E non sono stati i fratelli mussulmani.

SIRIA, il vaso di Pandora dalle tante sorprese_ conversazione con Antonio de Martini

Continua il viaggio in Medio Oriente. Antonio de Martini è la bussola che ci consente di orientarci in quel vero e proprio vaso di Pandora che sta diventando il Medio Oriente. Questa volta si parte dalla Siria, l’attuale epicentro di una competizione, grazie soprattutto ai Saud, dai tratti a volte medievali_ Giuseppe Germinario

La saga dei Saud_una conversazione con Antonio de Martini

L’Arabia Saudita sta vivendo da tempo una defatigante fase di successione all’interno della dinastia regnante. Il sistema di trasmissione del potere ha sino ad ora consegnato le leve di governo ad una paradossale gerontocrazia. L’ascesa di Selman sembra contraddire questa prassi e condurre all’epilogo la saga; con essa il perseguimento di alcuni capisaldi della politica estera e della politica interna sta trovando nuove ed inquietanti modalità operative, grazie anche agli sconvolgimenti in corso nella casa-madre americana_ Buon ascolto_ Germinario Giuseppe

https://www.youtube.com/watch?v=hyxQVMqEkG8&t=72s

LA CRISI LIBANESE SARA’ LA TOMBA DELLA DINASTIA SAUDITA? IN OGNI CASO E’ UN ALTRO SCHIAFFO AGLI USA. di Antonio de Martini

La saga dei Saud prosegue con continui colpi di scena. Prosegue l’avvincente e documentato resoconto di Antonio de Martini. Il velo di ironia e sarcasmo che pervade lo scritto non fa che accentuare la drammaticità degli eventi_Giuseppe Germinario https://corrieredellacollera.com/2017/11/13/la-crisi-libanese-sara-la-tomba-della-dinastia-saudita-in-ogni-caso-e-un-altro-schiaffo-agli-usa-di-antonio-de-martini/

Immaginatevi che il Primo ministro Paolo Gentiloni vada in America,  all’arrivo invece del benvenuto di prammatica si veda sequestrato il telefonino, venga catapultato davanti a una telecamera a leggere una lettera di dimissioni e a chi lo contattasse per sapere quando torna in Italia, risponda ” a Dio piacendo” e avrete la fotografia di quel che è accaduto tra Libano e Arabia Saudita in questi giorni.

La motivazione del perché avviene è più complessa e andrebbe spiegata con la psicoanalisi prima che con l’analisi politica. Proviamo a dipanare questa intricata matassa di lana di cammello.Procediamo in ordine cronologico distinguendo tra interno ed estero..

Da quando il nuovo principe ereditario ( MOHAMMED BEN SALMAN) ha ottenuto dal re suo padre,( SALMAN BEN ABDULAZIZ)  approfittando della sua infermità, i pieni poteri, la situazione interna ed estera saudita ha iniziato a muoversi con un moto progressivamente accelerato. Impossibile oggi  capire se verso i vertici del mondo o verso il baratro.

SUL PIANO INTERNO

, col solito pretesto della ” lotta alla corruzione” il nuovo aspirante re ha fatto uccidere due tra i figli di  predecessori del re suo padre che avevano la caratura per contendergli il trono ( il figlio di Abdallah e quello di Fahd; ha messo agli arresto nella sua residenza il cugino ministro dell’interno Mohammed Ben Nayaf suo predecessore nel ruolo, arrestato cinque altri cugini figli di re predecessori del padre  e dieci principi minori più undici ex ministri e le tre fortune più importanti del regno.

E’ di stanotte la notizia che avrebbe arrestato l’ex capo dei servizi segreti Bandar ” Busch” Sultan che fu l’iniziatore della guerra alla Siria,  amico intimo dell’ex Presidente USA George W. Bush ( di qui il suo nomignolo) ed è stato lunghi anni ambasciatore saudita a Washington. Per metterci un po di pepe nel minestrone , sua moglie è stata notata dalla commissione di inchiesta come generosa contribuente di un pio conterraneo il cui nome figura tra quelli dei caduti sauditi che hanno condotto l’attentato alle due torri del World Trade Center.

Mohammed Ben Salman , ormai l Crownprince , è figlio dell’attuale re Salman ben Abdulaziz ,ultimo dei sette fratelli di stessa madre ( Hassa , la preferita del fondatore della dinastia) che si sono trasmessi il trono, per via adelfica, dal 1945.                                                                                                                                                                                               Prima d’essere vittima dell’Alzeimer, Salman era reputato come il più rigido della famiglia reale e il solo che nel 1991 si oppose  – nel Consiglio di famiglia composto da 150 persone – alla concessione di basi militari USA sul territorio saudita, con la motivazione che una volta installati non se ne sarebbero più andati. E’ stato facile profeta. Essndo l’ultimo figlio di Abdelaziz,  otttantenne e malato, si pensò che non avrebbe creato problemi , anzi che avrebbe dato tempo per pensare alla successione e al passaggio generazionale.

Appena salito al trono invece, Salman ha nominato – come da attese-  Crownprince Mohammed Ben Nayaf che da quattro anni era succeduto al defunto suo padre nella conduzione del ministero dell’interno. Dopo qualche tempo, però, il re creò una nuova carica: vice principe ereditario, mettendoci suo figlio Mohammed Ben Salman ( ministro della Difesa e capo della polizia religiosa).

I due Mohammed, in perfetto accordo giubilarono Bandar Bush ( creando per un breve periodo una sorta di Consiglio per la sicurezza nazionale con dentro il figlio), misero da parte il principe Muqrin che aspirava a fare da ago della bilancia tra i due  e poi iniziarono il confronto culminato nella nomina a principe ereditario ( che ha unicamente funzioni di primo ministro dato che il re viene nominato dal Consiglio di famiglia) del trentaduenne  figlio prediletto  Mohammed  il quale non ha esitato a sbarazzarsi del più anziano cugino , accoppare i due principi-cugini  più quotati alla successione e terrorizzare i membri più anziani del clan arrestando in totale quindici principi di varia caratura, oggi ospiti del Royal Carlton Hotel  trasformato in una fastosa prigione e ” fully booked” . L’inchiesta sulla corruzione prosegue senza fretta. Sono ostaggi nella più genuina tradizione beduina. E’ stato proibito in tutto il regno, il decollo di jet privati.

Posto che il piano riesca e il Crownprince prevalga, gli resterà da sciogliere il nodo della modernizzazione ( es la patente alle donne) con il fatto che egli ( e il padre) rappresenta l’ala conservatrice wahabita e si è appoggiato alla polizia religiosa nella sua scalata….

SUL PIANO ESTERO

 Come ministro della Difesa , Mohammed Ben Salman avrebbe dovuto passare per il tramite del Ministero degli Esteri per guerreggiare nello Yemen, ma come figlio del re non si attardò in quisquilie e mosse all’attacco, creandosi così una buona rete di amicizie USA tra i fornitori di materiale bellico.

Per la prima volta nella storia della dinastia il ministro degli esteri fu scelto NON tra i membri della famiglia reale e questo fu un primo segnale che sarebbe stata una partita a due.

Come nemico fu scelta la tribù degli Houti confinanti con l’Arabia Saudita a sud . Il pretesto era che stavano diventando una spina nel fianco alleata con l’Iran.        Inaspettatamente, gli Houti – privi di aeronautica-  resistettero, contrattaccarono, occuparono la capitale Sanaa e il giovane principe ebbe il suo primo “scacco al regno”.  Ossessionato dalla onnipresenza iraniana , il saudita si lanciò sulla scia USA nelle vicende irachene  che hanno visto trionfare l’Irak ufficiale ormai in mano agli sciiti per decreto ( 2003)  del proconsole USA Bremer. I Curdi rientrarono nell’ordine e l’Arabia Saudita si trovò confinante con un Irak ricostruito e diventato potenza sciita invece che sunnita come era sempre stato. Potenzialmente soggetto a influenze iraniane.

Sempre in cerca di successi napoleonici che lo legittimassero agli occhi dei sudditi, specie dopo le prime pessime figure, Mohammed Ben Salman decise di egemonizzare il Consiglio del Golfo ( una sorta di UE degli Emirati) fino ad allora gestito assieme al Katar della famiglia Al Thani. La politica del Katar è sempre consistita nel far fluire i denari in tutte le direzioni e supplire alla dimensione minima del paese ( 300.000 abitanti) con partecipazioni e sponsorizzazioni sportive di caratura mondiale.

Invitato a rompere i contatti con l’Iran ,  Tamim al Thani ,  emiro del katar, finse di non sentire. La reazione smodata fu l’accusa ufficiale  di sostenere nascostamente  il terrorismo e la sanzione lampo fu l’embargo.

Gli americani, per mostrare equidistanza autorizzarono comunque una significativa vendita di armi all’emirato. La famiglia al Thani, approfittando che il padre dell’emiro, Ahmad ben Khalifa al Thani,   ( defenestrato su richiesta USA quando iniziarono a girare le voci sui finanziamenti al Daesch) utilizzò il padre installato negli USA, per una intervista televisiva bomba: nella sua veste di ex primo ministro, dichiarò davanti alle telecamere di aver in effetti finanziato il Daesch, e di averlo fatto suprecisa, insistente  richiesta del re Abdallahben Abdulaziz , predecessore dell’attuale, e d’intesa con il governo americano e la Turchia che si sono occupati della distribuzione dei finanziamenti, delle armi, e della selezione dei mercenari. Il gruppo era destinato a ” una partita di caccia alla volpe” siriana. A conclusione della intervista, il vecchio sceicco ha anche posto la pietra tombale al progetto, dichiarandolo fallito.

Come e dove colpire l’odiato Iran? Come recuperare prestigio alla corona? Sconfitto in Siria, scornato in Yemen e ridicolizzato a Doha, restava il Libano.

Mohammed Ben Salman, convoca il primo ministro libanese Saad Hariri ( figlio dell’ex premier, arricchitosi in Arabia Saudita e  saltato in aria nel 2009) e dopo una accoglienza fredda ( nessuno all’aeroporto ad accoglierlo) e quattro ore di anticamera l’indomani, gli ingiunge di muovere guerra all’Hezbollah. Sarebbe come chiedere alla Romania di muovere guerra alla Russia.

Giudiziosamente Saad Hariri gli deve aver risposto che ci ha già provato nel 2006, subendo una sconfitta netta – come sconfitto fu l’esercito israeliano che aveva sottovalutato il problema –  Oggi l’Hezbollah fa parte del governo, alle elezioni ottiene il 50% dei voti ed è armato fino ai denti con in più la campagna di Siria in cui ha acquisito esperienza  operativa di manovra anche a livello di brigata, cosa che l’esercito regolare non ha. Hezbollah è nell’elenco delle organizzazioni terroristiche in USA, ma un movimento che ha dietro di se metà del paese, è un problema politico , non di ordine pubblico.

Altra reazione furente: Mohammed ingiunge a Saad di dimettersi da primo ministro e lo vuole sostituire col fratello maggiore Bahaa che, guarda caso è in Arabia anche lui.  Il Libano insorge in favore del suo giovanotto in pericolo, i dirigenti del partito di Hariri ( il 14 marzo) rifiutano di andare a Ryad a prestare giuramento di fedeltà a Bahaa come richiesto,  spiegando sprezzantemente che in Libano i dirigenti dei partiti li sceglie il partito in un congresso. Pietosa bugia che rivela la paura di non tornare a casa.

il presidente  della Repubblica, generale Aoun ( i cui volontari cristiani hanno combattuto assieme all’Hezbollah in Siria) si rivolge agli USA e alla Francia per ottenere la liberazione dell’ostaggio. Il dipartimento di Stato USA rilascia una dichiarazione di solidarietà e rispetto per Hariri, mentre il presidente francese Macron va in Arabia Saudita a parlare col focoso giovanotto. Esce dichiarando di non essere d’accordo con la politica iraniana del Crownprince e di ritenere che Hariri è trattenuto. Gli americani cerchiobbottisti avventizi, dichiarano che studieranno delle sanzioni a Hezbollah e la Camera dei rappresentanti autorizza eventuali spese in questo senso.

Consapevoli della gravità del momento, Israele e Hezbollah hanno tenuto un profilo basso e insolitamente silenzioso. Il quotidiano Haartez commenta che l’Arabia Saudita vuole far fare a Israele ” il lavoro sporco”.  In sede di analisi, spiega che non vuole intralciare il processo in corso di accordo tra Hamas e Fatah al Cairo e abbisogna di almeno un anno per completare le sistemazioni difensive del Sinai.

Credo che il silenzioso Hezbollah stia cercando tra i familiari del Crownprince la persona adatta a sbarazzarci del matto, mentre Saad Hariri , rintracciato da un giornalista che voleva sapere quando sarebbe tornato in Patria,  avrebbe risposto ” tra giorni”. Inchallah.

Gli USA adesso non sanno che pesci pigliare. Se seguire il rampollo reale nella sua spericolata discesa e inimicarsi anche il Libano, oppure guardare alla dinastia giordana che potrebbe sostituire i sauditi ( wahabiti) nella custodia dei luoghi santi dell’Islam, visto che ormai i wahabiti vengono sempre più considerati come estranei all’Islam. E guidati da due matti. Sono quasi certo che prenderanno la decisione sbagliata.

LA PRIMAVERA ARABA IN ARABIA SAUDITA NON SBOCCERÀ IN QUESTO SECOLO, A MENO CHE…….. di Antonio de Martini

Tratto da https://corrieredellacollera.com/2012/09/28/la-primavera-araba-in-arabia-saudita-non-sboccera-in-questo-secolo-a-meno-che-di-antonio-de-martini/

L’altra domenica, il regno dell’Arabia Saudita ha festeggiato i suoi ottanta anni, felicemente regnante il sovrano Abdallah, di anni ottantanove.
Tutto sta in questi due numeri: un paese giovane e ricco guidato con mano di ferro da una congrega di geronti.
Tradizionalmente in tutte le feste, si usava celebrare alla maniera beduina, con la danza delle sciabole, ma l’usanza è stata proibita specie nelle sedi diplomatiche, nel timore di veder
“decollato “qualche ambasciatore, da un seguace di Ben Laden o uno sciita invelenito.

Lo stesso Re Abdallah, non ha ritenuto di festeggiare, ne di interrompere le sue vacanze all’estero.
La spiegazione ufficiale è che il regno è ancora in lutto per la morte del principe ereditario
Nayef- ottantenne – e forse più probabilmente perché l’attentato in cui si dice sia perito il principe Sultan ( se è vivo ha ottantasette anni…) potrebbe essere stato compiuto da un insospettabile (re Faisal cadde per le rivoltellate di un cugino) e si teme una spettacolare riedizione fino a che le circostanze non saranno chiarite e gli odi annegati nell’oro.

Il principe ereditario incaricato di gestire il paese – Salman – che non è detto sarà il successore reale visto che il re ha già seppellito due fratelli eredi designati ( Sultan e Nayef) e comunque potrebbe cambiare parere, dato che il re ha solo l’obbligo di consultare il consiglio di famiglia proponendo una rosa di tre nomi, ma la scelta finale è sempre sua.

Salman ( Salomone), dicevo, guida il paese con un rigore politico estremo e un lassismo economico alla Fiorito: 130 miliardi di dollari stanziati per ” buoni alloggio e assistenza ai disoccupati” , raddoppio degli stipendi degli statali, 37 miliardi di integrazione reddito per famiglie bisognose .
Ricordo che il paese non supera i venti milioni di abitanti.

Sul piano dei diritti politici o civili, galera garantita per ogni richiesta sia pur minima e minacce a esponenti della casta, se intoccabili.
Per la minoranza sciita – che abita nella zona petrolifera, si sta pensando a dar loro qualche posto di ambasciatore nel servizio diplomatico.
Le donne possono essere autorizzate dal marito alla guida di auto – all’estero e per la durata della validità del passaporto – una donna una , di taglia singolarmente forte, è stata inviata alle olimpiadi in rappresentanza di dieci milioni di altre rinchiuse in gabbie d’oro.
Agli alleati che consigliano riforme costituzionali, si risponde che i sistemi parlamentari sono ovunque in crisi e non assicurano il benessere di cui godono i cittadini ( quasi il 90% dei quali, impiegati statali, il resto principi o sciiti).

In politica estera,Dove sono pressati dagli sciiti in casa ( est Arabia) e fuori ( Irak, Yemen) stessa musica. Come proibiscono alle donne di guidare le auto, vorrebbero proibire ai siriani di pilotare aerei e questo è il regalo di compleanno che il vecchio re si aspetta dallo zio Sam.

Lo zio Sam, invece sta pensando che il susseguirsi di ottuagenari al trono , le spese pazze e il blocco di qualsiasi riforma stia diventando indifendibile in occidente.
La casa degli Hashemiti , invece, sistemata sul trono di Giordania nel 1928, potrebbe tornare a regnare sulla Mecca donde fu spodestata dai Saud e assicurare l’equilibrio politico voluto da Israele dato che su quattro re, tre ( AbdAllah, Hussein, AbdAllah II, ) hanno convissuto pacificamente per quanto possibile in oriente, con Israele e il dissidente ( Talal, padre di Hussein) fu chiuso in manicomio dalla famiglia senza clamore.
Come accadde al fratello di Gianni e Umberto Agnelli ( Giorgio) che voleva dare le sue azioni agli operai.

PS. AGGIORNAMENTI

1) ARABIA SAUDITA: L’AFFARE SI INGROSSA.
UCCISO UN ALTRO FIGLIO DI RE.ABDUL AZIZ BIN FAHAD, 44 ANNI , UCCISO MENTRE RESISTEVA ALL’ARRESTO.

Mi pare ormai chiara la situazione. Il giovane trentaduenne Ben Salman potrebbe aver deciso di eliminare in un modo o nell’altro chiunque minacciasse il potere suo o del padre.
E’ possibile che volessero eliminare entrambi ( un re con l’Alzeimer non è l’ideale) e lui ha detto al padre che sapeva come reagire.
La dinastia dei saud è in crisi e deve scegliere tra farsi dominare da un esagitato e un demente oppure scomparire dalla storia araba per la terza volta.
Più tardi vedo di trovare il mio , solito , vecchio post : Resisterà l’Arabia Saudita al 2014?”.
Intanto andate a fare il pieno alla macchina.

 

 

MACBETH D’ARABIA, di Antonio de Martini (con aggiornamento)

L’arguzia di Antonio de Martini, di chiaro stampo partenopeo, è pari alla sua competenza. Non occorrono commenti_Giuseppe Germinario

MACBETH D’ARABIA (tratto da https://www.facebook.com/antonio.demartini.589/posts/1277556099056845 )

È successo l’impensabile.
L’Arabia saudita , da sempre teocrazia autocratica, vede realizzarsi un giro di vite nel senso del rafforzamento del potere personale del principe ereditario Mohammed Ben Salman.

Quattro ministri in carica, dieci ex ministri e, sembra, anche il miliardario principe Waleed ben Talal, ( oltre a 11 principi minori) sono stati arrestati ” per corruzione” e per aver ” approfittato dl loro incarico per lucrare”.

In più, il comandante della guardia nazionale ” è stato avvicendato”.

Lettura: il trentaduenne principe ereditario ( Mohammed ben Salman) aveva già dato segni di smodata ambizione e scarso discernimento politico.

Nominato dal re suo padre, ministro della Difesa, aveva d’iniziativa mosso guerra allo Yemen rimanendoci malamente impelagato.

Aveva ottenuto la nomina “a principe ereditario del principe ereditario” in carica ( il cugino Mohammed ben Nayaf) con scelta inedita.

Approfittando dell’Alzheimer del padre – re Salman- si è accaparrato maggiori attribuzioni fino a che ha ottenuto dall’affetto e dalla malattia paterna, di sostituire il cugino nel ruolo di principe ereditario ( che in Arabia Saudita svolge il ruolo di Primo ministro, dato che il re viene eletto dal consiglio di famiglia).

Affetto dal complesso di Macbeth, ha messo il cugino – da due generazioni ministro dell’interno- agli arresti domiciliari e adesso ha arrestato i suoi amici principali.
Il” comandante della guardia nazionale” avvicendato è, guarda caso, il fratello dell’ex ministro dell’interno e concorrente-cugino.

Credo che il padre – ultra ottuagenario, plurioperato e affetto da anni di demenza senile- ormai stia morendo e poiché il crownprince NON diventa automaticamente re, il giovanotto – forte dell’approvazione dell’americano di turno che ha incassato cospicui ordini di materiale bellico grazie allo Yemen – stia apprestandosi a fare campagna elettorale in famiglia a modo suo.

Ha tagliato i rifornimenti a amici e parenti stretti del candidato-cugino e spera di intimidire gli altri parenti con la sua recente autonomina ( fatta da papà ) a presidente di un fantomatico “comitato anticorruzione” , quando la corruzione è la principale se non unica attività del paese.

Il Giovin signore ritiene di avere le carte democratiche in regola con l’Occidente per aver dato la patente alle donne e concesso una intervista a un supplemento femminile di un noto quotidiano.

Questa spaccatura in seno alla famiglia regnante saudita forte di 5.000 membri di casa reale e 11.000 principi, fragilizza ulteriormente l’Arabia Saudita in un momento drammatico.

L’Arabia Saudita si trova – col prezzo del petrolio dimezzato- con una guerra persa con la Siria, e una in via di sconfitta in Yemen, una alleanza antiterrorismo da operetta fatta con gli emirati e una serie di paesetti africani tra cui spicca per dimensioni il Burundi.

Il “blocco antiterrorismo” , che ha spaccato il Consiglio del Golfo ( equivalente emirati della UE) contro il Katar dal quale è stata sputtanata malamente in TV negli USA in una intervista in cui ha confessato la concertata cospirazione contro la Siria e il congiunto finanziamento al Daesch.
Con la spaccatura del Consiglio del Golfo, il giovanotto ha anche perso il ruolo egemone nella Lega Araba.

Per soprammercato, si trova con la crescente penetrazione iraniana in Irak e le dimissioni del primo ministro sunnita il Libano che ha confessato di temere per la sua vita.

Mohammed ben Salman minaccia la sopravvivenza della dinastia e questi sono fatti suoi, ma diventano fatti di tutti se si mette in pericolo l’approvvigionamento di petrolio al l’occidente e adesso si capisce meglio a che servivano le tonnellate di “droga del combattente” destinate alla Libia.

Con una guerra che incrudelisce in Libia, il principino sarebbe certo di non essere abbandonato al suo destino.

Ma gli USA, questa volta, hanno preferito soffiare la notizia alle autorità italiane e bloccare la merce perché forse cominciano a capire che i matti in famiglia sono due.

NOTA AGGIUNTIVA

ECCO LA LISTA DEGLI ARRESTATI IN ARABIA SAUDITA SECONDO L’AGENZIA REUTER. LA RIVOLUZIONE CALA DALL’ALTO.

A riprova che gli americani sapevano del repulisti, la REUTER ha pubblicato la lista degli arrestati.

Da questa lista si evince che il capo della guardia nazionale ( mi correggo, non è il fratello Ben Nayaf, ma cugino.) non è stato solo defenestrato, ma arrestato, assieme al fratello, entrambi figli dell’ex re Abdallah.(!) tra gli arrestati, anche il governatore della Capitale Riad e il finanziere Mohammed Al Amoudi che ha il monopolio di tutti gli uffici cambio del regno e una trentina di grandi società in Etiopia ( oltre ad interessi in Marocco ed Egitto) che spaziano dalle costruzioni al Turismo, alle miniere e alla finanza.

Ecco la lista:

Principe Al-Walid ben Talal, PDG di Kingdom Holding
– Principe Miteb bin Abdullah, ministro della guardia nazionale
– Principe Turki ben Abdullah, governatore della provincia di Riyad
– Khalid al-Tuwaijri, ex capo del cerimoniale di corte
– Adel Fakeih, ministro dell’economia.
– Ibrahim al-Assaf, ex ministro delle Finanze
– Abdullah al-Sultan, Comandante della Marina del regno.
– Bakr bin Laden, capo della Holding Ben Laden
– Mohammed al-Tobaishi, ex capo del protocollo.
– Amr al-Dabbagh, ex governatore della Saudi Arabian General Investment Authority
– Alwaleed al-Ibrahim, proprietario della catena Tv MBC
– Khalid al-Mulheim, ex direttore generale della Saudi Arabian Airways
– Saoud al-Daweesh, ex capo di Saudi Telecom
– Prince Turki ben Nasser ex capo della meteo e ambiente
– Prince Fahad ben Abdullah ex deputato ( fratello capo guardia nazionale)
– Saleh Kamel, businessman
– Mohammed al Amoudi, businessman

A giudicare dai nomi , anche fin troppo altisonanti, dell’elenco questi arresti avranno ripercussioni all’estero – ad esempio in Etiopia, in Tunisia e in Francia – e all’interno.

Mohammed ben Salman mira infatti anche a rendere la sua leadership credibile agli occhi del popolino che ormai non crede più alle parole e vuole i fatti concreti finora mai concessi. Non ha messo la polvere sotto il tappeto, ha fatto le pulizie pasquali e si è impadronito del potere politico e contemporaneamente di quello del business.

Dopo la ” DAVOS DEL DESERTO” dei giorni scorsi in cui MOHAMMED BEN SALMAN aveva presentato la sua “Vision 2030” a 2000 possibili investitori accorsi da ogni parte del mondo, il giovane, audace quasi monarca, ha capito che doveva presentare veri fatti concreti a pena di vedersi rinfacciare il libro dei sogni.

Ha colpito duro e tagliato le gambe ai figli del re predecessore oltre che al cugino-concorrente attuale e con l’occasione inferto un colpo ai Ben Laden sempre in odore di vendetta del sangue e a Al Waleed e Al Amoudi che rappresentano una enorme fortuna economica.

Adesso manca solo che perfezioni il colpo destituendo, forse con le buone, il padre.

L’ostacolo residuo è costituito dalla componente religiosa wahabita che fino a ieri era il suo bastione principale. Evidentemente pensa di convincerli a autoriformarsi o convincere gli americano che si sono autoriformati…da soli.

Finora MBS ( d’ora in poi lo chiameremo così) si è contraddistinto per l’audacia con cui ha fatto le pentole e per la sistematica mancanza dei coperchi, specie in politica estera. Ora vedremo se ha imparato a fare il lattoniere a regola d’arte.

CAPORETTO OPPURE L’8 SETTEMBRE. CHI CI HA PIÙ COPERTI DI INFAMIA ? BADOGLIO E L’ANSA. di Antonio de Martini

Tratto dal blog di Antonio de Martini https://corrieredellacollera.com/

Ho resistito.

Mi ero ripromesso di lasciar passare sia la data dell’8 settembre che quella del 24 ottobre senza commentare questi due avvenimenti che puntualmente scatenano la cupidigia di servilismo di moltitudini di scrivani che si improvvisano strateghi e si tolgono la soddisfazione di insultare gente che ha negato una croce di guerra al nonno o più probabilmente lo ha fatto fucilare per diserzione. Piccoli uomini che regolano i conti coi morti che i loro padri non seppero affrontare da vivi.

Ho resistito anche quando il mellifluo Paolo Mieli ha organizzato in TV una sceneggiata con un paio di compari di quarta fila  e con nomi da opera buffa,  cui faceva rispondere a memoria sciocchezze che la prudenza gli sconsigliava di pronunziare in prima persona.

Ho resistito anche alle rievocazioni apparse su ” Il Corriere della sera” – buona duella di Danilo Taino, inutilmente squallida l’altra-  e ho evitato di commentare quella del generale Graziano ( capo di Stato Maggiore della Difesa) che finge di non sapere la differenza tra ” reparto” e ” soldato” forse nella speranza di mendicare un rinnovo di qualche nell’incarico. Poi anche la rana più paziente  giunge al punto di ebollizione. L’ANSA – agenzia di stampa ufficiosamente servile come lo fu la Stefani verso Mussolini e il fascismo –  lancia il titolo ” La più grande sconfitta della nostra storia” e questa frase mi ha ricordato un caro amico scomparso, triestino, carrista e mio compagno di reggimento,  Lucio Monego pensionato come generale di divisione, forse un po per colpa mia e per un episodio che mi ha invelenito per via del titolo dell’ANSA,  acronimo che certamente vuol dire Associazione nazionale stampa asservita.

Lucio Monego, ufficiale brillantissimo, eccezionale etica militare nel senso più nobile del termine,  poliglotta, frequentò con successo  la scuola di guerra – sia l’ italiana  a Civitavecchia che quella  tedesca ad Amburgo – e diresse il primo corso di ardimento – di fatto ne fu il fondatore e plasmatore – alla scuola di fanteria di Cesano.

Mentre prestava servizio a Roma allo Stato Maggiore dell’Esercito, l’intero corpo degli ufficiali  di SM presenti in sede fu convocato dal capo di SME, che all’epoca era il generale Francesco Mereu, il quale, furente, spiegò come si doveva preparare e servire un cocktail, visto che aveva assistito a una scena che gli aveva procuraro, parole testuali ” la più grande umiliazione della sua vita di soldato”. Il ten colonnello Monego, dall’alto dei suoi due metri virgola due e col suo vocione baritonale lasciò cadere , come parlando col vicino di fila: ” chissà dov’era l’8 settembre“. Le parole di Monego mi rimbombano nelle orecchie ogni volta che si parla di storia patria.

LA PRIMA GUERRA MONDIALE

Un brillante ricercatore italo britannico – Edwin Morley Fletcher – ha ritrovato un documento per un suo libro in via di preparazione, che il 17 settembre, proprio mentre si consumava il dramma di Carzano, il capo di gabinetto del governo inglese e anima della guerra, Alfred Milner, si trovava nella residenza di campagna del primo Ministro inglese  con la proposta di spostare il centro degli sforzi strategici alleati dal fronte francese a quello italiano.

Quella notte, Luigi  Cadorna stava giocando le sue carte in trentino, ai piedi dell’altopiano di Asiago, dove un battaglione bosniaco aveva deciso di defezionare e di agevolare la penetrazione delle truppe italiane verso Trento che era a soli 40 km di distanza su un percorso guarnito di difese. Il battaglio era stato narcotizzato, il primo battaglione di bersaglieri che doveva precedere quattro divisioni comandate dal generale Etna era entrato nella breccia ed aveva raggiunto il paesino di Carzano e attendeva che giungesse la brigata comandata dal generale Zincone per proseguire.

Zincone, pur sapendo la strada libera ed avendone ottenuto conferma, ordinò di seguire un camminamento  che consentiva il passaggio di un uomo alla volta, perse tempo e non diede mai l’ordine di avanzare fuori dalle trincee. Sul far del giorno, gli austriaci se ne accorsero, entrarono in azione le artiglierie e il battaglione fu sterminato. Etna e Zincone furono destituiti ( benché Etna fosse figlio naturale del re) e anche all’epoca Cadorna parlò di reparti  e non di soldati.  Un mese dopo gli austriaci ci resero la pariglia a Caporetto.

Tutti gli storici sono concordi nel convenire sul fatto che il Monte Grappa era stato fortificato da alcuni mesi perché Cadorna voleva arroccarsi sul Piave per risparmiare i soldati che era costretto a sacrificare perché il patto di Londra faceva obbligo all’Italia di “attaccare incessantemente” per evitare che gli austriaci potessero inviare truppe di rincalzo in Francia.

La ritirata pianificata non si era ancora fatta perché le autorità civili nelle retrovie non avevano ancora dato vita e azione al piano di sgombero delle popolazioni civili.  Molte truppe, mal guidate da ufficiali di complemento si arresero, ma nel complesso l’Esercito resse, ripiegò sulle posizioni già personalmente scelte e fortificate  da Cadorna e i trecentomila prigionieri fanno il paio con le torme di prigionieri inglesi e francesi e tedeschi e russi che affollarono i campi di concentramento.

Per capire come gli italiani condussero la guerra, basterà una cifra: italiani morti nella guerra, seicentomila. Francesi morti nella guerra un milione e settecentomila. Gli inglesi persero in un solo giorno tra morti e feriti sessantamila uomini, mentre gli italiani persero nella settimana di Caporetto undicimila uomini con trentamila feriti.

LA SECONDA GUERRA MONDIALE

downloadPassando a cose più amene , parliamo dell’8 settembre 1943.   Pur avendo avuto un mese e mezzo per prepararsi, il governo Badoglio ( il re aveva avuto oltre un anno, ma questo è un altro discorso)consumò alcune vecchie ruggini personali ( la destituzione del generale Vittorio  Ruggero che aveva rifiutato di sparare sui milanesi inermi che manifestavano il 25 luglio) e benché lo Stato Maggiore avesse pianificato il rovesciamento del fronte col piano ” OP 44″ , Badoglio pensò solo a fuggire dimenticando di dare disposizioni all’esercito. Il Capo di SM Cavallero non trovo altra soluzione che il suicidio mentre il generale Carboni restò acquattato ai Castelli romani con l’amante di turno, mentre Roma protetta da sette divisioni ( cinque di fanteria e due corazzate) dopo una resistenza proforma si arrese a due divisioni tedesche. Notevole il fatto che gli americani avessero offerto l’apporto di una divisione paracadutisti di élite – la 82 a- che sarebbe sbarcata a Pratica di mare prendendo alle spalle i tedeschi. Gli italiani rifiutarono preferendo la fuga e ritardando di nove mesi la liberazione della Capitale  e di almeno dodici la fine della guerra in Italia.

Ecco ho pensato al mio amico Monego e a Dio. Non credo che esista e, se esiste, perché ce l’abbia tanto con l’Italia. Ha fatto morire Lucio Monego con un tumore alla gola e lascia che il giornalista dell’ANSA trascini la sua inutile esistenza .

Badoglio comandava un’armata e  mirava ( non era il solo)  a sostituire Cadorna. Scelse di non obbedire all’ordine di aprire il fuoco con le artiglierie e fermare subito gli austriaci.  voleva che penetrassero e poi li avrebbe fermati col fuoco di sbarramento di quattrocento cannoni passando per il salvatore. Per non farsi raggiungere e intimare l’ordine di intervento, lasciò il posto comando rendendosi irreperibile, ritenendo di poter dare l’ordine via radio una volta giunto il momento. Aveva fatto i conti senza la guerra elettronica già operativa. Gli austriaci gli disturbarono le trasmissioni e i cannoni  di Caporetto in assenza di ordini, tacquero.  Badoglio non partecipò minimamente alla resistenza del Piave. Si augusto suggerimento si rese irreperibile per parecchi giorni.

Due ministri del governo vennero al fronte col bollettino già pronto in cui si parlava di” reparti arresisi vilmente”. Cadorna accennò a una obiezione e poi firmò pensando che aveva di meglio da fare che parlare con Bissolati e il suo compare. Cadde così nella seconda trappola – questa volta italiana-  in una settimana. Accusato di aver parlato male dei soldati fu defenestrato, Generalissimo divenne Armando Diaz con Badoglio vice.

La commissione governativa  di inchiesta lo ritenne completamente innocente MAstracciò le pagine  con le risultanze relative al comportamento di Badoglio dal rapporto finale.

Nella seconda guerra mondiale il ruolo di Badoglio è chiaro a tutti. Essendo stato salvato dal re nella guerra precedente , pensò che a sua volta avrebbe salvato , se non il re, la dinastia. Tradì tutti , calpestò l’onore nazionale, fece uccidere a freddo chi poteva opporsi ( Muti) e non solo e lasciò – ancora una volta- l’Esercito senza alcun tipo di ordini, se non “reagire se attaccati” che non significa nulla. settentatre divisioni sparse tra l’Italia ( 33) , la Grecia, I Balcani, La Francia, la Corsica, l’Albania, il Dodecanneso, si trovarono acefali nel giro di un giorno.

Anche questa volta l’ambizione  sbagliò i calcoli: credeva che avrebbe avuto a che fare  a che fare coi monarchici inglesi ( coi quali  casa Savoia aveva trattato) e invece si trovò davanti i repubblicani americani che come contentino agli inglesi scelsero un successore a nome Ivanoe. Giuda non ha mai avuto buona stampa nemmeno tra i membri del sinedrio.

Breve consuntivo sulla Siria, di Antonio de Martini

Mi pare una sintesi efficace ed una valutazione attendibile di quanto sta accadendo attualmente in Siria ad opera di un personaggio che ha conosciuto e vissuto come pochi la Siria  _ Giuseppe Germinario

SIRIA: ASSAD MOSTRA DI NON CADERE NELLA TRAPPOLA DEL ” FRONTE SUD” E SI RIPRESENTA ALLA FRONTIERA LIBANESE PER RIAPRIRE IL CONTENZIOSO CON GLI ISRAELIANI. di Antonio de Martini

SIRIA: ASSAD MOSTRA DI NON CADERE NELLA TRAPPOLA DEL ” FRONTE SUD” E SI RIPRESENTA ALLA FRONTIERA LIBANESE PER RIAPRIRE IL CONTENZIOSO CON GLI ISRAELIANI. di Antonio de Martini

Sbarcando in Israele per una visita ufficiale predisposta da tempo, il ministro della Difesa russo  Sergei Shoygu si è trovato di fronte a uno dei rompicapo classici del Vicino Oriente: pensava di fare un incontro in atmosfera serena sfuggendo all’inverno di Mosca per qualche giorno e la patata bollente gli è caduta in mano all’improvviso, rivoluzionando l’agenda dell’incontro che peraltro  conferma il nuovo ruolo di arbitro della Russia nel contenzioso mediorientale, accettato anche da Israele.Due giorni fa un aereo di Tsahal è stato attaccato nei cieli del Libano da un sistema missilistico AS 200 in dotazione alla contraerea siriana e l’aeronautica, israeliana ha risposto con sospetta immediatezza attaccando la centrale radar che aveva diretto il tiro dal territorio siriano, distruggendola.

E’ necessaria una premessa mnemonica, necessariamente lunga, ai lettori: il Libano, piccolo e disarmato, è da sempre oggetto di contesa tra i suoi due potenti vicini. Entrambi considerano i cieli libanesi  zona propria sorvolandoli a piacimento, ma dall’inizio della guerra nel 2011 Israele non era più stato contrastato nelle sue scorrerie sul cielo di Beirut.

Assad, preso da altre più pressanti preoccupazioni e ansioso di non accumulare nemici, ha per sei anni ” sorvolato” sulle circa cento incursioni compiute dagli israeliani con due diverse motivazioni: impedire il trasferimento di ” armi strategiche a Hezbollah” e reagire a colpi perduti che colpivano il territorio israeliano senza troppo badare a chi era il mittente.

Ora che la situazione si era andata calmando si è constatato che almeno una delle due motivazioni era artefatta e – poiché le incursioni dell’aeronautica di Tsahal avevano sempre come obbiettivo installazioni militari governative – gli “insurgents” operanti ai confini israeliani avevano preso l’abitudine di sparare qualche colpo di mortaio  ( curando che non colpisse nessuno) sul territorio occupato da Israele, in maniera da ottenere di fatto un appoggio aereo “a richiesta” sotto forma di legittima rappresaglia.

L’intervento dell’aeronautica russa pose fine a questa ambigua forma di sostegno aereo ai ribelli.

Dato che le FFAA di Israele già assistevano i feriti ribelli più gravi  , fino a prelevarli con elicotteri per ricoverarli ed operarli, questo secondo “coordinamento” colp- di-mortaio-senza-danni-intervento-aereo-anti-esercito-siriano, è diventato un ulteriore elemento di accusa di ingerenza israeliana nel conflitto.

Con l’affievolirsi delle prospettive di vittoria dei mercenari ribelli, gli israelo-americani hanno precauzionalmente cessato ogni azione proveniente dalla Giordania e più in generale nelle zone prospicienti il confine israeliano.  Per evitare ogni minimo  rischio,  hanno cessato di pagare e rifornire le truppe in tutta l’area e creato una newsletter finta filo governativa mirante a suggerire la strategia desiderata  ” southfront” che osanna ogni piccolo progresso delle truppe lealiste nell’area di Deir el Zohr. In occidente il bollettino  ha trovato adepti, ma non nel Levante. Oltretutto la terminologia usata dagli arabi non è quella e i filmati e le cartine particolareggiate non fanno parte dell’arsenale siriano.

L’attacco missilistico dei siriani  all’aereo militare  israeliano che solcava i cieli del Libano ha il significato che Assad considera la guerra sul proprio territorio liquidata, che non ha abdicato al ruolo di protettore del Libano e che non abboccherà al giochino di contrastare i curdi che hanno occupato Rakka ” la capitale del Califfo”. Ai curdi ci pensano le truppe irachene che hanno occupato Kirkuk e costretto a un armistizio i seguaci di Barzani che si sono impegnati a rientrare nei confini del 2003 ossia all’inizio dell’avventura di Bush il piccolo, mentre i curdi di Rakka saranno presto impegnati dai turchi che hanno gia annunziato ufficialmente di aver installato “posti di osservazione ” nella zona di Idlib, ossia in territorio siriano ( zona di Aleppo, per intenderci). Nessuna protesta di sovranità violata da parte della Siria.

Gli israeliani, dal canto loro, hanno preferito mettere alla prova le intenzioni siriane proprio mentre arrivava  Sergei Shoygu, responsabile dei rifornimenti di nuove armi alla Siria, per poter disporre di un mediatore autorevole in caso di aggravamento della crisi nascente dal test libanese.

Si torna alla casella di partenza in questo gioco di scacchi in cui tutti sembrano conoscere le regole ad eccezione degli americani che sono riusciti in una nuova performance: hanno unificato turchi, siriani e iracheni contro i curdi.

Dopo l’Operazione ” Pace in Galilea” del 1982 in cui si volle costringere alla pace con Israele  il Libano togliendogli anche un pezzo di territorio ( e che ha dato vita a Hezbollah), assistiamo agli ultimi fuochi della “Operazione Assad” che mirava ad eliminare la Siria come avversario di Israele e che ha trasformato un oculista nel protagonista principale  della politica araba e del Levante.

TEOLOGI FAI DA TE ? AHI, AHI, AHI, ! , di Antonio de Martini

Un po’ di ricostruzione storica serve ad inquadrare il presente di un paese, o meglio della sua classe dirigente attualmente in auge, il quale sorprendentemente comincia a guardarsi anch’essa intorno sino a cercare accordi con gli avversari di sempre, compresa la Russia. Segno che la fase multipolare sta accelerando le dinamiche di confronto. Non è detto, però, che dietro tali passi ci sia la comprensione, benevola ma alquanto discreta, del beffardo Trump _ Giuseppe Germinario

Mohammed ibn Abd el Wahab ( che d’ora in poi chiameremo MAW) è vissuto nel XVIII secolo e gran parte del disordine sociopolitico e militare attuale si deve a lui ed alla intuizione che mettendo le sue idee al servizio delle ambizioni di uno sceicco di periferia in quel di Day’rrya ( un paesino grande come uno sputo) ha provocato un moto ondoso che continua ancor oggi anche se a più riprese stroncato con la forza.

Basterà in questa sede sapere che di regni sauditi ce ne sono stati tre e che il patto tra MAW e lo sceicco Saud ( dei bani Hanifa) fu molto semplice e rispecchiante quello che Guglielmo di Occam propose alla Repubblica di Venezia ( “defende me gladio, te defendam calamo”) rafforzato dall’impegno di sposarsi tra membri dei due clan senza mai che discendenti di Abdel Wahab ( MAW) si candidassero a gestire il potere politico e i Saud quello religioso.

Dopo tre secoli il patto regge ancora e si basa sul programma di unificazione della penisola araba e di riforma salafita dell’Islam.

L’arricchimento seguito allo choc petrolifero del ’74 ha provocato un allargamento degli orizzonti che presto o tardi dovremo fermare con la forza e la forca, come la volta scorsa.

L’ultimo regno saudita, ai primi dell’800, irritò la sublime porta al punto che il Califfo, rischiando il rifiuto da parte dello pseudo vassallo egiziano, gli diede L’ incarico di farla finita voi wahabiti.

Mohammed Alì, un soldato di ventura albanese che si era impadronito dell”
M Egitto, volse la palla al balzo per affermare la propria legittimità e organizzò una spedizione militare nella penisola arabica conclusasi con la cattura e impiccagione del re saudita.

Così cessò il secondo regno saudita e iniziò la dinastia egiziana che portò al re Farouk.

Un sincero amico dell’Italia, di fronte al quale Weinstein era un chierichetto, ma che Churchill definì “uno sfrontato” perché a ventun anni gli si rivolse con franchezza chiedendo come compenso di guerra la Cirenaica.

Per sistemare la crisi del vicino oriente, serve un altro Mohammed Ali.

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