Italia e il mondo

Europicidio_di WS

L’ amico  Ernesto  ha riportato ottimi spunti  nel suo commento  qui

Avevo  appunto  cominciato a rispondergli  in modo  sintetico , ma  poi ho capito  che   per non essere travisato  serviva un  commento più esteso. Mi ha portato ad una  conclusione  certamente   “ divisiva”,  perché  sono  sicuro  che ancora pochi  la vedono  con la chiarezza che  appare a me.

1) quella di Herr H non era una soluzione ma la perversione di un “orecchiante”.

 Chi ha studiato a  fondo  l’ essenza reale della “nota etnia” sa  che cosa  essi intendano  per “orecchiante  della porta”. Con tale  definizione  essi  chiamano   chi  gli  si appressa  ,  sia come  simpatizzante   che  emulo; non solo,  quest’ultimo  è   in questo mosso  solo  da   rancorosa  ostilità.

 ESSI comunque irridono     sempre  questi   “ orecchianti”   ed operano   affinché   costoro  siano   in pratica  solo  “strumenti”  dei PROPRI progetti .

Certo i valori di base  del  “signor H “ sembravano  nella  tradizione europea ( virtu’ , armonia bellezza, ect.. ); ma da dove poteva il “signor H” avere orecchiato il suo Darwinismo e la sua visione razzista e suprematista ?

C’era nel signor H una totale negazione di una visione cristiana e una sua totale apertura ad ogni visione gnostica. Non faccio nomi ma non è appunto un caso che alcuni  suoi “nipotini” siano oggi i più determinati e stupidi strumenti della cabala globalista.

E qui  faccio notare anche come l’ intera opera del signor  H  sia poi  nella  sostanza   andata    esattamente  a  favore  dei piani  di tale  “cabala”.

Sapeva “il signor H”   di  essere un “orecchiante”?  Certamente  no , ma aveva le caratteristiche  giuste per   diventarlo, esattamente    come  un  “ nipote  della  serva “cresciuto  rabbioso  in una Vienna     già  corrotta  e decadente.

Qualcuno  sicuramente lo  avrà notato   dai  suoi  discorsi     “in birreria”   e gli    avrà “insufflato” i giusti “input”; certi “cognomi” dei suoi più intimi “ camerati” lo lascerebbero   pensare .

Ma  questo è un argomento piuttosto  complesso che non può  essere  trattato  in poche pagine.  Quello  che è certo    è che  ai piani     della “  setta mondialista”   serviva   comunque  qualcuno in Europa  che  ridesse “fuoco alle polveri”  e  di fatti    il “ signor  H”  è servito  egregiamente a questo  esito.

2)Trovo   maliziosamente pretestuosa  la sparata di Todd   sulle  virtù  del protestantesimo. 

Di quale   “ superiorità ”    dovrebbe  essere incensata    questa   setta   del cristianesimo?  A parte il fatto  che il suo  valore  religioso   peculiare     è     appunto  un “settarismo”    vestito  di ipocrisia , al protestantesimo   vengono  attribuiti in sostanza  solo i “meriti” di una sua particolare  “sottosetta”: quel  calvinismo, portatore di   giustificazione  religiosa  del peggior  “homo homini  lupus”   che  ci  ha portato  allo  sfrenato  capitalismo  attuale    “ che tanto bene   ci sta  facendo”.

In realtà  l’€uropa  muore   non perché siano  venuti meno i “valori”  piuttosto   gretti  e comunque   divisivi    del protestantesimo , ma per l’ esatto contrario:  la perdita  dei suoi valori  comunitari  e trascendenti  originari , valori  certamente  anche cristiani  ma  integrati   indissolubilmente   in quelli  precedenti “greci” , “romani” e anche “germanici”  in secoli  e secoli  di  generazioni  di  “ Padri della  Chiesa” .

3) Tutto questo ovviamente  non è una questione  “etnica”,  ma “  culturale”.

Ma  questa contrapposizione  è un non  sense  perché nella  storia    “etnia” e “cultura” si sono  sempre  confusi. Noi parliamo di “cultura del  bronzo,  del  ferro  ect “ mica  di “etnia del ferro”. Gli indoeuropei , i  “signori del ferro” ,  sono  accumunati     da comuni  elementi “culturali”   come    lingua, mitologia,  tradizioni,  organizzazione  sociale  e non perché  hanno   tutti  “ lo stesso sangue”.

Chi ha introdotto il concetto  di “etnia”  voleva  appunto  restringere  il campo  della identità culturale  solo  ad una  comunità di “ sangue” ,  cioè un ritorno ad un passato  tribale e il cui  sottoprodotto    non poteva    essere  che  l’ odio  tribale.

L’ Europa non  era  così;  domandiamoci  quindi da  chi    il “ signor H”  possa mai aver orecchiato   questa  perversione.

Quale è la  conclusione  di   tutto questo ragionamento ?  

Che l’ Europa  , questa  comunità   culturale   che ha avuto un passato  unitario  splendido     e  la  cui memoria     migliaia  di “cervelli a pagamento”   oggi  sono impiegati    a     denigrare  e seppellire  sotto una montagna  di contumelie e  di bruttezze , è  stata  “ackerata” .

 C’è una   cultura   “aliena”  alla    guida dei popoli europei  ,  che non solo li  usa  per il PROPRIO  interesse  senza  alcun  riguardo per  essi   , ma addirittura  ha per  TUTTI  essi un  odio  tanto belluino  ed implacabile che userà   qualunque mezzo per  cancellarli per sempre.

E   la cosa  che   questo “alien” più  teme  è  che  qualcosa  o qualcuno possa  risvegliare la  vittima  prima  che il “danno “  sia   completo.

Se infatti  la  “vittima” riuscisse a  reagire  in tempo,   che    cosa essa  dovrebbe  fare   a questo   MORTALE  “parassita”  ?

Ti sei mai chiesto  perché  nelle “ parole d’ordine”  che  dai  vertici  ci vengono  martellate in  testa ogni giorno  c’è sempre più la parola “ resilienza” ?  Quale  ne è il valore e in che cosa  essa  si differenza  da “resistenza “ ?

Solo nel fatto  che il “  resistente”   può   reagire  ai colpi  che  riceve, il “ resiliente” invece  li incassa  e basta.

E  d’altronde i numeri  già sono impietosi;  il  vero  “genocidio”  in corso     è il nostro.

Il commento di Ernesto:

ernesto20 ore fa

Alle volte viene da pensare, in modo semplicistico e paradossale, che se le soluzioni di Mister H fossero state attuate fino in fondo, non avremmo i problemi di oggi. Ma è un paradosso ed anzi, proprio la soluzione di Mster H ha favorito l’amplificazione dei problemi di oggi. Perchè concordo con Emmanule Todd, sul fatto che anche il luteranesimo, pur contenente caratteristi messianiche aveva anche un’etica del lavoro e del dovere, che sono stati motori della gradenzza occidentale: purtroppo come sosteine lo scrittore, questa etica è scomparsa ed oggi anche i figli del luteranesimo, all’etica del dovere e del lavoro preferiscono quella della rendita. E la rendita, il vivere di rendita, è una forma mentis dei pochi che vivono alle spalle di molti; è la forma mentis di chi usa il controllo del denaro per esercitare predominio su molti. Questa mentalità avvelenatrice delle tradizioni culturali dell’occidente è il verme che ha eroso dell’interno il dinamismo della società occidentale. Ma atenzione a non farne una questione etnica: si rischia di confondere il problema con la soluzione. Perchè la soluzione non è, a mio modo di vedere, trvolgere il rispetto della sostanza umana che ci accomuna tutti al mondo ma concentarsi su gli aspetti antropologici/culturali per recuperare la grandezza. Ma forse sono un illuso e un inguaribile ottimista.

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LA PACE DI TRUMP – Campa & GERMINARIO

LA PACE DI TRUMP – Campa & GERMINARIO_Al momento della pubblicazione di questa conversazione è in corso a Sharm el-Sheikh la firma di un memorandum tra oltre venti paesi a garanzia della cessazione delle ostilità e del processo di ricostruzione di Gaza. Non sono presenti, significativamente, i due contendenti del conflitto: Israele e Hamas. Dal numero e dalla qualità dei garanti, difficilmente i due contendenti, a cominciare da Nethanyahu, potranno sfuggire alla morsa di un accordo che potrà cambiare gli equilibri e il peso dei vari paesi di quell’area. Difficile, ma non impossibile. Difficile per il peso politico dei garanti, per la stanchezza dell’esercito israeliano e la relativa vulnerabilità del suo sistema di difesa; non impossibile per l’incertezza dell’esito dello scontro politico negli Stati Uniti e per i tempi stretti di cui dispone l’attuale presidenza statunitense. Un accordo che non tarderà a mettere a nudo la natura e l’evoluzione dei rapporti tra le varie élites del mondo occidentale, i centri di Israele e quelli del Medio Oriente- Un tassello della grande complessità e ambiguità entro la quale si trova ad agire Trump e il suo composito schieramento. Un dato certo permane: l’assenza di una adeguata rappresentanza politica dei palestinesi. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

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Il ritorno di Andrej Babiš: l’inizio di una nuova ondata di euroscetticismo in Europa?

Il ritorno di Andrej Babiš: l’inizio di una nuova ondata di euroscetticismo in Europa?_di Daria Luisa Petrucci

Dopo quattro anni all’opposizione, il magnate ceco torna a guidare il Paese e rilancia la sfida a Bruxelles con un’agenda nazionalista e pragmatica

Daria Luisa Petrucci

7 Ott, 2025

In questo report:

  • Babiš torna al potere con un’agenda euroscettica
  • Praga si avvicina al fronte sovranista dell’Est
  • L’Europa verso una nuova ondata di scetticismo?

Ascolta questo articolo

9 min

Con una campagna costruita su slogan anti-immigrazione, critiche ai “burocrati di Bruxelles” e promesse di aumenti salarialiAndrej Babiš ha vinto le elezioni parlamentari in Repubblica Ceca con circa il 35% dei voti. Il magnate populista torna al potere promettendo di “difendere Praga da Bruxelles”.

Data la mancanza di una maggioranza assoluta, Babiš sta cercando alleanze con altre forze radicali affini, come il partito Libertà e democrazia (Spd), apertamente anti-Ue anti-Nato, o il movimento dei Motoristi, gruppo populista che si oppone alle politiche ambientali europee e alla transizione verde.

Chi è Andrej Babiš e perché l’abbiamo già sentito nominare

Andrej Babiš, già Primo ministro tra il 2017 e il 2021, è un noto imprenditore e miliardario ceco. Con un patrimonio stimato in circa 4,3 miliardi di dollari, è uno degli uomini più ricchi del Paese. È il fondatore di Agrofert, un colosso agrochimico e alimentare che impiega 34 mila persone e comprende oltre 250 società attive nei settori dell’agricoltura, dell’energia, dei media e dell’alimentazione. Nel comparto agroalimentare e chimico, Agrofert controlla più di due terzi del mercato ceco.

Nel 2013 Babiš è entrato anche nell’industria dei media acquisendo il gruppo Mafra, compagnia alla quale fanno capo alcuni dei giornali più letti del Paese. L’anno successivo ha acquistato Radio Impuls, la stazione radiofonica più seguita in Repubblica Ceca. Per il suo mix di potere economicocontrollo mediatico e retorica anti-establishment, Babiš viene spesso paragonato a Donald Trump e a Silvio Berlusconi.

L’esordio politico risale al 2011, con la fondazione del movimento Akce nespokojených občanů (Azione dei cittadini insoddisfatti o Ano). Il partito, caratterizzato da toni populisti, conquistò rapidamente un elettorato trasversale, soprattutto tra la classe media e i piccoli imprenditori.

Nel 2013 Ano entrò in Parlamento e nel 2014 Babiš divenne vicepremier e ministro delle Finanze. Tre anni dopo, nel 2017, conquistò la carica di Primo ministro. Già tra il 2014 e il 2017, durante il suo mandato da ministro e poi da premier, Babiš attirò l’attenzione della stampa europea per un potenziale conflitto di interessi derivante dal suo doppio ruolo di politico e imprenditore. Si trovava infatti nella posizione di approvare, tramite ministeri o agenzie sotto il suo controllo, l’erogazione di fondi europei destinati ad aziende del gruppo che lui stesso possedeva o ad altre aziende in vario modo collegate.

Nel frattempo, il Parlamento ceco approvò una legge anti-conflitto d’interessi, soprannominata Lex Babiš, che vietava ai membri del governo di possedere media e di ricevere fondi pubblici nazionali o europei attraverso aziende controllate. Per aggirare la disposizione, Babiš trasferì formalmente Agrofert in due trust fiduciari, risultando così, tecnicamente, non più proprietario diretto delle quote.

Tuttavia, un audit condotto dalla Commissione europea concluse che il conflitto d’interesse persisteva poiché Babiš, pur non essendo più titolare formale delle società, ne manteneva l’influenza e continuava a trarne beneficio economico. Secondo Bruxelles, le sue aziende avevano beneficiato impropriamente di sussidi europei erogati durante il suo mandato.

Parallelamente, l’Ufficio europeo antifrode (Olaf) stava indagando su un altro fascicolo riguardante Babiš. L’imprenditore era accusato di aver ottenuto, già nel 2008, prima del suo ingresso in politica, un finanziamento europeo indebito per la costruzione del resort  Nido della Cicogna.

Babiš avrebbe occultato che il complesso appartenesse al gruppo Agrofert per poter accedere a fondi destinati esclusivamente alle piccole e medie imprese, ai quali diversamente non avrebbe avuto accesso. Nel gennaio 2023 un tribunale lo ha assolto, ma nel giugno del 2025 l’Alta Corte di Praga ha annullato la decisione e ordinato un nuovo processoattualmente pendente.

Nel 2021 Babiš perse le elezioni contro la coalizione liberale Spolu (Insieme), travolto dallo scandalo dei Pandora Papers, una fuga massiva di documenti finanziari che rivelò come numerosi leader politici e imprenditori utilizzassero società offshoretrust e altre strutture societarie complesse per occultare proprietà e movimenti di capitale.

L’episodio condusse all’apertura di un’indagine per sospetto riciclaggio di denaro da parte delle autorità francesi, trovandosi in Francia alcuni degli immobili coinvolti. Babiš respinse ogni accusa, definendo il caso “un attacco politico” orchestrato per indebolirlo durante la campagna elettorale.

Connessioni tra le aziende nel portafoglio Agrofert

Il ritorno di Babiš tra populismo e pragmatismo

La crisi economica e il malcontento sociale hanno riaperto uno spazio politico per la retorica di Babiš: il 4 ottobre 2025 è tornato a vincere, rilanciando la narrativa populista ed euroscettica, centrata su sicurezzasovranità e tutela economica nazionale.

Il suo partito, Azione dei Cittadini Insoddisfatti (Ano) ha vinto le elezioni con il  34.5% dei voti, superando la coalizione di centro-destra Spolu (Insieme) messa insieme dal precedente premier Petr Fiala, che si assesta intorno al 23.4%. In questo modo, Ano ha ottenuto circa 80 seggi nella Camera bassa, che ne conta 200, in aumento rispetto ai 72 seggi dello scorso mandato ma comunque con una maggioranza risicata: Babiš ha dichiarato di volere un governo monopartitico ma che formerà delle alleanze per ottenere un sostegno più ampio.

Sono già iniziati i colloqui con i piccoli partiti euroscettici di destra che sono riusciti a superare la soglia di sbarramento del 5%: il partito anti-green Motoristi e partito anti-immigrazione Libertà e democrazia diretta (Spd), guidato dall’imprenditore ceco-giapponese Tomio Okamura. Con i Motoristi, Babiš condivide i timori riguardo agli obiettivi europei di riduzione delle emissioni e promette di modificarli o di rifiutarli in toto.

Durante la campagna elettorale, il partito Azione dei Cittadini Insoddisfatti (Ano) ha promesso una più rapida crescita economicasalari e pensioni più alti, tasse più basse e sconti fiscali per studenti e giovani famiglie, preannunciando probabili aumenti del deficit di bilancio. Babiš è così riuscito a capitalizzare il malcontento verso l’inflazione e la percezione di un’eccessiva ingerenza dell’Unione Europea nelle politiche nazionali.

Sul piano della politica estera, Ano si posiziona per una riduzione del sostegno all’Ucraina, punto chiave nell’agenda del precedente governo, avendo dichiarato di voler porre fine alle numerose iniziative messe in piedi per difendere Kiev. Inoltre, Babiš si è già in passato opposto all’adesione dell’Ucraina all’Unione. Intende concentrarsi sulle politiche interne, ha dichiarato, ma respinge fermamente le richieste dell’aspirante alleato, il partito Spd, di indire un referendum sull’uscita del Paese dall’Ue e dalla Nato.

L’Europa verso una nuova ondata di scetticismo?

Babiš riflette un modello di populismo manageriale: un leader che si presenta come uomo “del fare” e che accusa Bruxelles di ostacolare la crescita economica del Paese con normative superflue ed eccessivamente rigorose.

Sostenitore del leader ungherese Viktor Orban, ha stretto un’alleanza con diversi partiti di estrema destra nel gruppo Patrioti per l’Europa del Parlamento europeo, al fine di contestare l’orientamento mainstream delle politiche europee, compresa la decarbonizzazione e il nuovo patto sull’immigrazione.

In ambito europeo, dunque, si affianca ai governi di Slovacchia e Ungheria nel pretendere una maggiore autonomia economicalimiti alle competenze di Bruxelles e politiche più dure sull’immigrazione. La vicinanza con Budapest e Bratislava rischia di riportare Praga verso la sfera d’influenza di Mosca.

Secondo il Manifesto, l’ascesa di Babiš non è un episodio isolato. In tutta l’Europa centro-orientale si registra una nuova ondata di diffidenza verso l’Ue, alimentata da inflazione e costo della vita, considerati come effetti collaterali delle sanzioni alla Russia.

Le politiche ambientali europee vengono percepite come penalizzanti per le industrie locali e la crisi migratoria torna a pesare nei dibattiti pubblici nazionali. Le elezioni ceche riflettono un trend europeo che sta prendendo forma: la sfiducia nelle élite di Bruxelles, accusate di essere lontane dai cittadini, insieme all’assenza di una sinistra capace di proporre valide alternative, stanno facendo strada agli oligarchi populisti, alle forze di estrema destra e al trumpismo.

Babiš vuole perseguire una linea più pragmatica che ideologica e vuole una Repubblica Ceca più sovrana, più nazionale, meno integrata. Il riposizionamento di Praga tra gli Stati membri euroscettici dell’Europa centrale, accanto a Budapest e Bratislava rischia di indebolire il fronte orientale pro-Ucraina, proprio mentre l’Unione cerca di mantenere l’unità nel sostegno a Kiev.

Anche se non sembra che il neo-premier persegua una rottura netta con Bruxelles, il ritorno di Praga su posizioni euroscettiche rappresenterà una spina nel fianco delle prossime negoziazioni europee su energia, sostenibilità e Difesa comune, in un momento in cui l’Unione è già divisa sul piano interno a causa delle partecipatissime manifestazioni pro-Palestina che si stanno diffondendo a macchia d’olio in tutte le principali capitali europee.

Immagine in evidenza: https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=38699826; immagini presenti nell’articolo: https://en.wikipedia.org/wiki/Andrej_Babi%C5%A1#/media/File:Ing_Andrej_Babis.png

Si accettano miracoli, di WS

Consiglio di rilanciare questo notevole intervento di Aurelien https://italiaeilmondo.com/2025/10/05/ripartire-da-zero_di-aurelien/ che mi ero perso; confesso che non lo avevo nemmeno letto  finché  l’ ho  ritrovato oggi   per caso   su Reseau International.

E in  ciò   mi dichiaro  colpevole  di  essere  prevenuto   perché oramai leggo  Aurelien  distrattamente  considerandolo solo un  raffinato  gatekeeper.

Questa volta, però, Aurelien mostra  che non è un personaggio  così banale; lui   “le cose le sa” e  sa trarne tutte le dovute conseguenze.  L’  €uropa  è ad bivio   tra  “tornare indietro”  pagando  comunque  un duro  contraccolpo o andare  avanti  in un abisso  che di certo non la vedrà “vincitrice”.

 Ma il nostro è come sempre un po’ ” perfidamente omissivo” perché qualunque sia la migliore “gestione del danno” nell’ormai inevitabile “ripartire da zero ” ( perché ” a zero” alla fine  ci saremo COMUNQUE finiti) , se  si vuole  “ridefinire  “ la futura  politica  europea   in un post-ucraina  che   non ci veda   a  “zero  tagliato” ,   si deve inevitabilmente partire dal definire PRIMA   tutte le colpe di chi “il danno” lo ha voluto e provocato.

 Io trovo in questo articolo  di Aurelien appunto l’ eco di un  dibattito che sicuramente adesso corre nei quadri intermedi delle elite inglesi da cui il nostro proviene; dibattito ovviamente riservato e che di sicuro non è ancora iniziato invece nelle élites coloniali del resto d’€uropa.

Questo è  certamente  un segno  interessante ma  temo  molto probabilmente finalizzato alla speranza  dei più   furbi  di potersene  appunto” filare a l’ inglese” lasciando   nelle pesti  tutti gli altri . 

Una  cosa che però non dovrebbe essere permessa al principale “piromane” di questo danno. Anche perché in questo  gli inglesi  sono almeno tre volte recidivi; non c’ è dubbio che se la facesse   franca l’elite inglese ci  riproverebbe alla prima occasione.

La    russofobia delle elites inglesi non è una pulsione  occasionale    come  quelle  della  sue “scimmie”  italiche; è ben  radicata  e perseguita  con maligna “coerenza”   da almeno   due secoli  e mezzo.

Aurelien  questo lo sa , ma soprattutto  sa  che  questo cominciano a comprenderlo  tutti i russi.  Aurelien  non è ora preoccupato  per “l’€uropa” , cosa  di cui  ad ogni inglese  importa un piffero , ma   della  SUA  Inghilterra  per  cui    comunque  le  cose  volgono  al peggio-

   E appunto  ora valuta la necessità  di definire   per TUTTI   ciò che i russi  hanno  chiesto  sempre e da subito: la definizione  di un quadro  di sicurezza  collettiva,   financo  fosse  una    totale €urofinlandesizzazione,  che però  sostanzialmente  lasci  libera  e nell’ ombra  la  solita  “manina” inglese.

Ma  Aurelien  sa  certamente  anche  “che i fatti  comportano  conseguenze” . 

C’ è appunto un  primo   fatto  che  questa  nuova “ sicurezza  collettiva”  alla  Russia  è stata  negata   su istigazione  inglese   suppur per voce  spesso  dei  suoi  “obbedienti”  massonici posti a dirigere  i vari  €uronanerottoli .

E  c’ è un  un  secondo  fatto:  la “sconfitta  strategica”   che  si  voleva così  imporre  alla  Russia   dovrà per  forza  ritorcersi verso chi l’aveva progettata  e perseguita.

 Certo  Putin non vuole “vincere”, la Russia  lotta solo per  “sopravvivere”; ma   se  ci riesce,  quale  “ sicurezza  collettiva”   potrà mai    firmare   con chi   ha  così  subdolamente  minacciato l’esistenza  della Russia?

Forse  qualcuno   più  resipiscente  in €uropa sta  sinceramente valutando una  “nuova  Helsinki “   ma  anche  qui  c’ è un  terzo  fatto:  quella “Finlandia”   lì non  esiste più. La memoria  del  voltafaccia  finlandese, per non dire   tradimento  dei patti sottoscritti,  ora  non potrà essere rimossa  dalla  testa  dei russi.

In altre  parole  tutto    deve necessariamente passare PRIMA  per  la  rimozione  delle  attuali  elites  €uropee ,  perché  “chi  è stato parte  del problema non può essere parte  della  soluzione”. 

Solo  così  la Russia  potrà veramente   credere  che valga la pena  di firmare  qualcosa   con chi la voleva morta.

Ma  queste   élites  non  se ne andranno  da  sole;  lotteranno fin in fondo  per  trascinare  tutti con  sé.

La conclusione  quindi  è la  stessa di sempre  e  mi rendo  conto  di essere  noioso  a   ribadirla continuamente.

 Non ci sono più margini per  fermare   questo  treno in corsa , “salvo miracoli” ovviamente.

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