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Come le grandi potenze evitano la guerra: lezioni dal modello concertistico_di Horizon Geopolitics

Come le grandi potenze evitano la guerra: lezioni dal modello concertistico

Scoprite come un sistema informale di equilibrio delle potenze (adattato al mondo multipolare di oggi) può prevenire i conflitti, gestire le rivalità e ripristinare la stabilità.

12 luglio
 
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A majestic white dove with outstretched wings and an olive branch in its beak soars in front of a dramatic backdrop composed of the Russian, Chinese, and American flags. The flags billow with rich texture and deep color—Russia on the left, China at the center, and the United States on the right—symbolizing a powerful visual message of global peace and unity among the world’s leading superpowers.

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L’equilibrio di potere come meccanismo di pace

Il Concerto d’Europa nacque all’indomani di un continente devastato da sconvolgimenti rivoluzionari e conquiste imperiali. Le guerre napoleoniche non avevano semplicemente sconvolto la politica europea; avevano cancellato il precedente quadro di legittimità dinastica e di equilibrio multipolare. In risposta, i vincitori del 1815 (Austria, Prussia, Russia, Gran Bretagna e, più tardi, una Francia reintegrata) intrapresero una ricalibrazione del sistema internazionale basata non su un’ideologia condivisa o sul diritto dei trattati, ma su un pragmatico equilibrio di potere volto a prevenire future guerre su scala continentale.

L’accordo di Vienna che seguì la sconfitta di Napoleone non codificò un regime giuridico universale né tentò di imporre un’autorità sovranazionale. Al contrario, riconobbe la natura anarchica della politica internazionale e rispose con un meccanismo informale, guidato dalle élite, per gestire l’instabilità. Le grandi potenze si impegnavano in consultazioni diplomatiche ricorrenti, a porte chiuse, per monitorare i cambiamenti nella distribuzione delle capacità e per intervenire, collettivamente o individualmente, nel caso in cui uno Stato cercasse di rivedere lo status quo con la forza.

The Congress of Vienna: How Europe Was Redrawn | TheCollector
Congresso di Vienna, di Jean-Baptiste Isabey, 1815; con L’Europa nel 1815, di Alexander Altenhof.

In modo critico, questo assetto era stato concepito come escludente. Erano ammessi solo gli Stati che avevano la forza militare e la portata geopolitica per influenzare i risultati. La legittimità all’interno del Concerto non si riferiva all’adesione alla legge o ai principi, ma significava la capacità materiale di influenzare l’equilibrio di potere. L’ordine veniva mantenuto non attraverso i trattati o l’applicazione istituzionale, ma attraverso un comportamento anticipatorio: gli Stati adeguavano le politiche per evitare di scatenare risposte coordinate da parte dei loro pari. La pace, in questa configurazione, non era mantenuta dalla buona volontà ma dal calcolo strategico.


Sottoscritto


Gli sconvolgimenti interni erodono il consenso internazionale

La lunga pace promossa dal Concerto mascherava una tensione accumulata all’interno del sistema. Pur essendo efficace nel gestire le relazioni tra gli Stati, il Concerto era sempre più vulnerabile alle sfide provenienti dall’interno degli Stati stessi. Le sue basi ideologiche, incentrate sulla legittimità dinastica e sulla continuità monarchica, divennero disallineate rispetto alle profonde trasformazioni sociali e politiche in atto nell’Europa del XIX secolo.

L’industrializzazione alterò la struttura materiale delle società, espandendo le popolazioni urbane e accelerando la diffusione dell’alfabetizzazione e della coscienza politica. Sono emersi movimenti nazionalisti e liberali che chiedevano regole costituzionali, istituzioni rappresentative e autodeterminazione nazionale. Questi movimenti erano l’espressione di forze strutturali che rimodellavano il rapporto tra governanti e governati.

Le rivoluzioni del 1848 rappresentarono un test critico. In tutto il continente, i regimi radicati furono messi in discussione da rivolte popolari. La risposta delle potenze concertatrici fu inizialmente uniforme: la repressione. Tuttavia, la portata e la persistenza dei disordini resero chiaro che l’intervento militare da solo non avrebbe potuto invertire le tendenze di fondo. Il rifiuto della Gran Bretagna di partecipare agli interventi, adducendo sia il distacco strategico che il sentimento liberale interno, segnò l’inizio della frammentazione del Concerto.

The World Revolution of 1848
Il Patto tra le nazioni, stampa preparata da Frédéric Sorrieu nel 1848. Raffigura la visione utopica di Sorrieu degli Stati nazionali democratici.

La contraddizione divenne ineludibile. Un sistema progettato per preservare la stabilità esterna non poteva sopprimere indefinitamente i cambiamenti interni. Mentre il nazionalismo rimodellava la legittimità politica e il liberalismo trasformava la governance, il consenso alla base del Concerto si sfilacciava. La sua coerenza, sempre dipendente dalla stabilità interna dei suoi membri, si è erosa di fronte a questa nuova geografia politica.


Sottoscritto


Le basi condivise hanno fatto funzionare l’ordine informale

Il successo operativo del Concerto d’Europa non può essere disgiunto dalle specifiche condizioni strutturali dell’Europa del XIX secolo. Esso funzionava all’interno di un’area geografica circoscritta, in cui le principali potenze condividevano una visione del mondo culturale, politica e strategica ampiamente simile. Queste potenze erano governate da monarchie, con personale aristocratico e con una tradizione diplomatica radicata nei legami personali e nelle norme condivise.

La vicinanza geografica consentiva una comunicazione rapida, negoziati faccia a faccia e una comprensione comune delle minacce regionali. L’assenza di paradigmi civili profondamente divergenti ha ridotto l’attrito interpretativo. Anche quando gli interessi divergevano, il linguaggio e la logica della diplomazia rimanevano reciprocamente intelligibili. Inoltre, l’impero, e non l’ideologia universale, era la modalità comune di proiezione del potere. Gli obiettivi strategici erano regionali e la competizione era feroce, ma delimitata.

Il sistema internazionale contemporaneo, invece, è vasto, eterogeneo e profondamente interconnesso. Le principali potenze di oggi operano in regioni diverse, con esperienze storiche, sistemi politici e culture strategiche contrastanti. Il nucleo concettuale di termini come “sovranità”, “intervento” o “ordine” varia significativamente tra le capitali, da Washington a Pechino, da Mosca a Nuova Delhi.

Questa diversità introduce profonde limitazioni alla riproduzione del modello del Concerto. Quello che un tempo era un club relativamente coerente di monarchie imperiali è oggi un insieme frammentario di Stati, ciascuno inserito in sistemi che si sovrappongono e che perseguono obiettivi divergenti. La lezione, quindi, non è quella di riprodurre la forma del Concerto, ma di adattarne la logica funzionale: un meccanismo limitato e flessibile per il coordinamento guidato dagli interessi tra le potenze che plasmano il sistema.


Sottoscritto


La diplomazia informale supera le istituzioni rigide

All’indomani della Seconda guerra mondiale, è stata costruita una nuova architettura di governance globale, incentrata su istituzioni legalistiche come le Nazioni Unite e il sistema di Bretton Woods. Questo ordine, pur essendosi stabilizzato per decenni, è stato messo sempre più a dura prova. La diffusione del potere, la paralisi degli organismi formali come il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, e il ritorno della rivalità strategica tra le grandi potenze hanno rivelato i limiti dell’istituzionalismo.

Un Concerto del XXI secolo non sostituirebbe queste istituzioni né tenterebbe di legiferare norme internazionali. Servirebbe invece come un

meccanismo consultivo di alto livello: una stanza di compensazione strategica in cui gli attori sistemicamente significativi si impegnano in un dialogo informale per prevenire il disordine. La sua logica operativa sarebbe molto diversa da quella del multilateralismo postbellico:

  • Non vincolante: Le decisioni si baserebbero sul consenso e sull’interesse strategico, non sugli obblighi del trattato.
  • Non universale: L’adesione sarebbe limitata a quelle potenze che hanno dimostrato di avere un’influenza globale o regionale.
  • Non normativo: rifuggirebbe da impegni ideologici a favore di un impegno procedurale e di un coordinamento pragmatico.

Dal punto di vista funzionale, il Concerto si riunirebbe per affrontare questioni discrete e ad alto rischio: prevenire guerre interstatali, gestire le corse agli armamenti, rispondere alle pandemie o stabilizzare gli Stati in crisi. Queste discussioni avverrebbero attraverso negoziati iterativi, supportati dalla condivisione di informazioni, dalla diplomazia di retrovia e dal coordinamento contingente, non attraverso votazioni formali o codificazioni legali.

Ciò che rende fattibile un forum di questo tipo non è la capacità di applicazione, ma la leva della reputazione. La partecipazione è un segnale di responsabilità. L’esclusione implicherebbe l’emarginazione. Il rischio di perdita di reputazione, unito al beneficio di influenzare i risultati, creerebbe potenti incentivi a rimanere impegnati.


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Includere le potenze revisioniste previene il collasso del sistema

Il principale banco di prova di qualsiasi concerto contemporaneo è la sua capacità di gestire le relazioni con le potenze revisioniste: Stati che cercano di alterare la distribuzione dell’influenza senza necessariamente distruggere il sistema stesso. Russia, Cina e, in parte, altri rientrano in questa categoria. Essi non invocano il caos, ma la rinegoziazione di gerarchie che riflettano il loro crescente potere e le loro rimostranze storiche.

Il tentativo di escludere o isolare questi attori produce tipicamente due risultati: la deterrenza militarizzata, che fa aumentare le tensioni e le competizioni di armi, o la deriva strategica, in cui emergono istituzioni parallele che erodono la coesione sistemica. Un concerto funzionale deve integrare questi attori in un processo che dia loro voce, e non veto, sulle decisioni chiave.

L’inclusione non è un’acquiescenza. È una strategia di cooptazione. Coinvolgendo i poteri revisionisti nella definizione dell’agenda e delle norme, il Concerto riduce l’incentivo all’azione unilaterale e aumenta la legittimità dei risultati comuni. Quando la definizione delle regole è collettiva, la loro violazione diventa irrazionale.

L’empatia strategica, intesa come sforzo disciplinato di mappare le motivazioni, le insicurezze e le ambizioni degli avversari, è essenziale. Permette una deterrenza calibrata: segnalare che alcuni comportamenti scateneranno risposte sistemiche, mentre altri possono essere negoziati.

In questo modo, il Concerto diventa uno strumento di contenimento attraverso l’impegno. Incanala il revisionismo in un forum dove le rimostranze possono essere riconosciute, le posizioni chiarite e le mosse destabilizzanti disincentivate.


Azione


Una stabilità duratura richiede un vincolo strutturale

Affinché un concerto moderno possa durare nel tempo, deve poggiare su fondamenta strutturali che ne consentano la durata senza una rigida formalizzazione. Tre condizioni sono essenziali:

  1. Parità relativa tra gli attori dominanti: nessuna singola potenza può dominare unilateralmente. Se uno Stato detiene una superiorità militare, economica o tecnologica schiacciante, ha pochi incentivi a consultarsi. Una concertazione efficace dipende da un equilibrio approssimativo che renda il consenso più vantaggioso della coercizione.
  2. Riconoscimento reciproco dei limiti: gli Stati devono interiorizzare che l’espansione strategica oltre certe soglie provocherà contrappesi e instabilità. Questo riconoscimento non nasce da un’intuizione morale, ma dall’interazione ripetuta e dalle conseguenze osservate.
  3. Impegno alla regolarità procedurale: in assenza di trattati vincolanti, l’abitudine diventa la spina dorsale della stabilità. Riunioni regolari, formati condivisi e consultazioni prevedibili creano la memoria istituzionale e le aspettative comportamentali necessarie per la gestione delle crisi.

Un moderno Concerto non può eliminare i conflitti. Può però limitarne l’escalation, fornire una via d’uscita nei momenti di tensione e fungere da sede per ricalibrare le dinamiche di potere senza ricorrere alla guerra. Il suo scopo non è produrre armonia, ma prevenire la rottura del sistema.

In un’epoca definita dalla competizione multipolare, dalla volatilità tecnologica e dal pluralismo normativo, il Concerto offre un’architettura strutturalmente minimalista e strategicamente essenziale per l’ordine internazionale.

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