Il disadattamento delle élites_ Le risposte di Mario Iannaccone

Il sito italiaeilmondo.com ha iniziato a rivolgere quattro domande a Aurelien[1], e continua a proporle, identiche, a diversi amici, analisti, studiosi italiani e stranieri.

Oggi risponde Mario Iannaccone

Qui il collegamento con la raccolta di tutti gli articoli sino ad ora pubblicati_Giuseppe Germinario, Roberto Buffagni

 

1) Quali sono le ragioni principali dei gravi errori di valutazione commessi dai decisori politico-militari occidentali nella guerra in Ucraina?

 

Penso che i principali errori dei decisori militari – per quanto possiamo capire – non stiano nello scoppio o estensione della guerra d’Ucraina nel febbraio del 2022 che, ampiamente previsti e forse ricercati. Credo che l’errato calcolo stia nella valutazione della capacità dell’apparato industriale-militare russo di rispondere e resistere al logoramento. Errori sono stati fatti nel calcolo delle sue riserve, negli stoccaggi di mezzi di artiglieria, missili. Errori di valutazione, anche, mi pare, nella capacità di utilizzare in modo flessibile i nuovi mezzi che si stanno rivelando cruciali, i droni esplosivi e i missili ipersonici di cui pure si conosceva la precisione.

Anche la valutazione della strategia militare della Federazione Russa, che si credeva antiquata e si è rivelata invece flessibile e adatta ai tempi e agli armamenti, è stata valutata in modo impreciso. L’utilità di droni di basso costo che distruggono mezzi e sistemi missilistici da milioni di dollari, la loro efficacia era stata prevista in questo modo e in questa portata? Non pare. Per il resto, sul campo, la dottrina russa sembra quella di sempre: si ritirano con movimenti di truppe veloci e flessibili, creano sacche che colpiscono con l’artiglieria prima di avanzare di nuovo eventualmente. Si ritirano per risparmiare uomini e mezzi. I carri armati si stanno rivelando meno efficienti del previsto in questa guerra? Anche questo mi pare evidente, e sono mezzi costosissimi (pensiamo ai Leopard 2). Non sappiamo su chi grava la maggior parte della responsabilità. Ovviamente hanno potuto contare su un regime, come quello di Kiev, che dimostra pochi scrupoli nel inviare i propri militari in operazioni ad altissimo rischio di fallimento.

Per quanto, nello specifico, i decisori politici e non strettamente militari mi pare molto grave non aver previsto i gravi danni che vengono inflitti all’economia tedesca, quindi italiana e francese, oltre che di altri paesi europei. Soprattutto le potenze manifatturiere rischiano danni di lungo corso se non permanenti ma certamente decennali anche con l’azzeramento dele esportazioni e l’aggravamento della bilancia dei pagamenti. D’altra parte, gli Stati Uniti stanno mostrando, al solito, di essere in grado di mettere in campo mezzi, anche fiscali e di stimolo (si parla di circa 400 miliardi a favore dell’industria “green”), per riportare nel loro continente quelle produzioni che erano passate soprattutto ai tedeschi, magari delocalizzando gli impianti più pesanti. Quale sia il vantaggio europeo in questo gioco va ancora compreso ma non è facile capire: al momento, sembra, nulla: perdita secca e accelerazione di politiche “green” che non possono che  essere distruttive dei modelli sociali che sino a ora hanno funzionato, bene o male, e tenuto in equilibrio il sistema.

 

 

2) Sono errori di una classe dirigente o di un’intera cultura?

 

Sono errori – ma sono errori? – di una classe dirigente tecnocratica e, a catena, di coloro che rispondono alla classe dirigente perché le devono privilegi ovvero gran parte del mondo della cultura, dei media e dell’accademia. Soltanto isolati intellettuali, storici, analisti, giornalisti, criticano la gestione di questa vicenda e spesso in modo parziale. La gente comune non era ostile alla Russia se non perché mossa da una narrazione parziale e una grossolana approssimazione della realtà, che riattivava in modo indebito le paure contro l’Unione Sovietica finita nel 1991. Questo disastro voluto e preparato, è propedeutico alla volontà di cambiare l’intero modello sociale, quanto meno in Europa e in quelle parti del mondo che si autodefiniscono “Occidente”. Potremmo passare da una  società relativamente libera e con una certa mobilità sociale a una società bloccata, soggetta a restrizioni di cui la città 15 minuti, C40, Agenda 20-30 e simili ordigni ideologici non sono che segni.

 

 

3) La guerra in Ucraina manifesta una crisi dell’Occidente. È reversibile? Se sì, come? Se no, perché?

 

La crisi dell’Occidente viene da lontano, se ne parla da ben oltre un secolo e non si vede il modo di risolverla. Le categorie utilizzate oggi dalla classe dirigente, quelle che si traducono in concetti come “transizione green”, “woke”, e tutto quanto esce dai laboratori dell’ONU, delle riunioni COP, del WEF e di altri organismi simili – cinghia di trasmissione fra politica, economia, finanza e media, sembrano anzi fatti per trasferire ricchezza dal basso all’altro e per aggravare la crisi sociale e culturale. Non vedo possibilità di risolverla se non con uno slittamento di paradigma o la presa di coscienza dopo un lungo periodo di logoramento che porti ad aggravare ancora di più la crisi in essere: come è accaduto con il marxismo, questo sistema cadrà sotto le proprie contraddizioni. Questo, però, presuppone una lunga marcia nella notte e la presa di coscienza, anche da parte delle generazioni più giovani di aspetti non secondari come l’insostenibile imposizione fiscale italiana.

Inoltre, per risolvere la crisi una pace con la Federazione russa è necessaria. Ma lo strappo non è facilmente reversibile, se non in una o due generazioni a patto che cambi la classe dirigente europea. Così come siamo messi oggi è difficile pensare a una reversibilità facile e veloce. Troppe gravi ammissioni sono state fatte: firma di trattati Minsk 1 e 2 senza l’intenzione di rispettarli, promesse di ulteriori allargamenti della NATO a est, eventi come la distruzione dell’enorme infrastruttura North Stream che garantiva combustibile a buoni prezzi a molti paesi europei, costata circa 15 miliardi di euro a Germania e Federazione russa soltanto nel tratto offshore. Altri fatti, come l’estromissione di atleti e artisti russi dai circuiti internazionali, lo sganciamento dal sistema dei pagamenti internazionali SWIFT appaiono molto gravi, e riflettono proprio la “crisi dell’Occidente” che sta rigettando i presupposti su cui si è fondata e l’ordine internazionale che era stato faticosamente costruito negli ultimi secoli per ordine, sembra delle talassocrazie occidentali. Occorre il cambio di un’intera classe dirigente amministrativa politica e anche culturale per ricucire nei governi, nelle istituzioni internazionali, negli organismi dell’Unione Europea e degli Stati Uniti. Non è cosa che possa avvenire in pochi anni ma forse in 20 o 30.

 

 

4) Cina e Russia, le due potenze emergenti che sfidano il dominio unipolare degli Stati Uniti e dell’Occidente, dopo il crollo del comunismo si sono ricollegate alle loro tradizioni culturali premoderne: Il confucianesimo per la Cina, il cristianesimo ortodosso per la Russia. Perché? Il ritorno all’indietro, letteralmente “reazionario”, può attecchire in una moderna società industriale?

 

L’esempio di Cina e Russia dimostra che sì, ricollegarsi alle tradizioni culturali premoderne è possibile: la società diviene più coesa e forte. Ma si tratta di paesi che non temono il loro passato. Sanno che è stato gestito da loro avi con errori e anche orrori così come sanno che chi gestisce adesso il potere appartiene ad altre generazioni: non si sentono schiacciati da indebiti complessi di colpa. Sanno che non ha senso pretendere che ogni generazione si debba cospargere il capo di cenere per quello che è stato fatto da chi la preceduti. Questa libertà di tenersi liberi dal fardello del passato non c’è più in Occidente, l’entità formata dall’Europa continentale, Inghilterra e Stati Uniti dove i mea culpa sempre riferiti al passato lontano (Medioevo, Colonialismo, Schiavismo ecc.) e mai a quello più recente. Tutto questo è parte della strategia del marxismo culturale francofortese – è una semplificazione ma la radice è quella – teso a creare l’uomo nuovo che deve sentire la colpa del passato per poterlo cancellare e superare completamente. Questo alla lunga ha prodotto società malate, deboli, composte da individui insicuri e sempre disposti ad autocolpevolizzarsi. Il cristianesimo, sino a che è stato forte, non ha mai prodotto simili fenomeni ma negli ultimi decenni è entrato in pieno nel meccanismo di autocolpevolizzazione che rende la società e gli individui manipolabili. I risultati li stiamo vedendo.

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