NOTA SU ‘POPULISMO’ E DINTORNI, di Andrea Zhok

Manca la formazione pubblica, ma mancano per altro i formatori e scarseggiano i luoghi di formazione_Giuseppe Germinario

NOTA SU ‘POPULISMO’ E DINTORNI

1) Un capovolgimento dello status quo per via politica esige un livello diffuso di consapevolezza, non solo del proprio disagio, ma delle ragioni del disagio e delle opzioni per risolverlo.

2) Per essere operativo questo livello di consapevolezza deve essere diffuso in fasce estese della popolazione, in ultima istanza maggioritarie. Questo per una ragione di fondo: lo status quo premia già una minoranza che detiene il potere economico, e l’unico modo per superare le resistenze di questa minoranza è opporvi la consapevolezza di una maggioranza. L’élite economica non cederà spontaneamente nulla, mai. Può esservi indotta solo da una volontà comune della maggioranza.

3) La consapevolezza diffusa nella maggioranza è dunque l’estensione di un bene peculiare (che possiamo nominare, con approssimazione, come ‘conoscenza’). La differenza tra la ‘conoscenza’ e i beni economici è che la conoscenza può essere condivisa senza perdere di valore al numero delle persone che vi partecipano, al contrario la condivisione dei beni economici ne riduce l’ammontare nelle mani di alcuni.

4) La diffusione della ‘conoscenza’ (la cui natura varia da epoca in epoca) è l’unica cosa che può: a) opporsi alla concentrazione di potere delle élite economiche; b) diffondersi in forme non coincidenti con la concentrazione economica.

5) La ‘conoscenza’ naturalmente non è qualcosa di garantita né da titoli di studio, né dal numero dei libri letti.
Ma questo non significa neanche per un momento che essa sia un bene ‘democratico’ nel senso di essere facilmente accessibile a tutti.
Non lo è.
Richiede sempre tempo e fatica, e senza guide (come un’efficiente formazione pubblica) è raggiungibile solo sporadicamente.
(NB: Tale ‘conoscenza’ non deve avere necessariamente carattere ‘scientifico’: sono esempi storici di tale ‘conoscenza’ anche la comunanza di una ‘gnosi’, o di una ‘coscienza religiosa’. L’essenziale è la comunanza di un codice comunicativo ed etico. Tuttavia nel mondo occidentale, per come ha costituito i suoi paradigmi comunicativi e operativi, ciò non può fare a meno di passare attraverso una certa competenza ‘scientifica’.)

6) Lo spazio delle battaglie emancipative dalla Rivoluzione francese in poi sono definite da questa linea di confronto: consapevolezza pubblica (maturata intorno ad una ‘conoscenza’) versus privilegio economico.
Il secondo è strutturalmente elitario, la prima non è necessariamente elitaria, anche se quasi sempre lo è.
Lo spazio per movimenti popolari democratici capaci di rovesciare lo status quo e migliorare le forme di vita sta tutto in quel pertugio definito dalla natura NON NECESSARIAMENTE elitaria della consapevolezza (e della ‘conoscenza’).

7) Se con ‘populismo’ intendiamo un movimento che
a) ritiene che un rovesciamento migliorativo dello status quo possa essere prodotto con successo dal popolo, e
b) ritiene che il ‘popolo’ (o la ‘massa’, o varianti) detenga NATURALMENTE consapevolezza pubblica di problemi e soluzioni, allora il populismo è un vicolo cieco in politica.
Tale consapevolezza può esserci abbastanza facilmente per la rilevazione dei problemi, ma quasi mai per l’analisi delle cause e la proposta di soluzioni.

Conclusioni:

I) Il tema della formazione pubblica è il tema politico rivoluzionario per eccellenza: l’unico tema realmente rivoluzionario. Solo una diffusa consapevolezza pubblica consente infatti di concepire e implementare un processo di rivolgimento democratico costruttivo (una ‘rivoluzione’, non una mera ‘rivolta’).

II) In assenza di tale consapevolezza ogni rivolgimento democratico può essere solo distruttivo: per abbattere un muro non hai bisogno di sapere come era costruito, ma per edificarne uno migliore invece quella conoscenza è indispensabile. Rivolgimenti democratici distruttivi sono regolarmente preda di demagoghi di passaggio.

III) Perciò il destino dei processi distruttivi provvisoriamente guidati da un demagogo è sempre, senza eccezioni, un ritorno nelle braccia dei vecchi detentori di potere ed in ultima istanza un rafforzamento dello status quo.

IV) La formazione pubblica è un processo che non ha i tempi dell’agire politico. E’ un processo normalmente generazionale, che può essere occasionalmente accelerato, ma non di molto.

V) Né in Italia, né il alcun paese occidentale odierno esiste una formazione pubblica pregressa e diffusa che permetta di avviare un processo rivoluzionario: mancano tutte le premesse ‘conoscitive’ di cui sopra, manca un linguaggio comune, una cornice etica condivisa, un riconoscimento di minimi paradigmi ‘scientifici’, ecc.).
Le condizioni storiche correnti promuoveranno perciò senza dubbio moti di rivolta.
Le possibilità che tali moti di rivolta abbiano esiti migliorativi per la condizione dei più sono le stesse che un televisore guasto riprenda a funzionare con qualche martellata.

P.S.: Riconoscere queste condizioni non può naturalmente che produrre frustrazione e dunque ripulsa, disgusto, rabbia in chiunque ambisca ad un cambiamento radicale dello status quo. Purtroppo non sono né la frustrazione, né il disgusto, né la rabbia che ci fanno difetto. E quello che ci manca non si può recuperare in un pomeriggio, o comprare in un supermercato.