MEDITAZIONE IN MORTE DI UN CARABINIERE, di Antonio de Martini

Non leggo i fatti di cronaca nera , ma inciampo sempre più spesso in notizie e commenti su membri delle forze dell’ordine – sarebbe più appropriato ahimè parlare di forze armate- che soccombono di fronte all’aggressività di criminali di vario conio.

Inevitabile chi lamenta , come Alga Fratini le misere condizioni economiche del militare coinvolto e chi come Luca Pardi si lancia in una filippica contro i cittadini che non hanno votato come vorrebbe lui.

Improprio prendersela con vaghe categorie dello spirito come “ la classe politica” l’immigrazione irregolare o le coltellerie di Maniago ( Solingen per gli europeisti).

Se si andasse a guardare le statistiche dell’ultimo mezzo secolo, gli unici tre anni in cui nessun carabiniere è rimasto ferito o deceduto per causa di servizio, è stato il triennio in cui a capo dell’Arma dei Carabinieri è stato il generale ingegnere Giovanni de Lorenzo.

E questo è un dato di fatto.

Si, tre anni , anche non facili e nemmeno un ferito in un incidente automobilistico.

Seguiti dall’invio – quando de Lorenzo divenne capo di Stato Maggiore dell’Esercito – di sedicimila militari a salvare Firenze da una disastrosa alluvione di cui adesso mena vanto qualche quaquaraquà con accesso in TV.

Sedicimila uomini a spalare fango e raccattar cadaveri per giorni ( leggete le cronache di quei giorni de “ La Nazione” di Firenze) e anche questa missione fu portata a termine senza un ferito un annegato o un incidente.

Si chiama arte del comando e si acquisisce negli anni e non nei cocktail o nelle cerimonie commemorative.

Le nostre Forze Armate hanno il “know how” per addestrare gli uomini ( ed ora anche le donne) a svolgere ogni compito che venga loro assegnato.

Ma cominciarono col sottrarre loro l’addestramento dei controllori di volo e conclusero con una ipocrita “ sospensione” del servizio militare.

Le FFAA. Non dovevano essere un punto di riferimento morale o professionale.

Se da così tanto tempo ci sono incidenti che sarebbero stati evitabili ( come “check point pasta” ( Somalia) Nassirya ( Irak) o Stazione Termini ( casbah) la colpa è dei comandanti che ormai giungono al vertice attraverso una tale catena di servilismi da rasentare il grottesco se non ci fosse da piangere.

Sanno servire i potenti, ma non più lo Stato.

L’Arma dei Carabinieri – continuiamo a chiamarla così , ma è diventata una FORZA ARMATA come la Marina o l’Esercito grazie a un patto scellerato -che deve essere cancellato al più presto – tra D’Alema e il generale Del Sette e pochi altri vendutisi in cambio di un’altra stelletta sulle spalline e una pletora di posizioni da “ aiutanti di campo” che un tempo erano posti riservati agli incapaci di comando.

Oggi sono invece, queste attività servili, trampolini per le posizioni di vertice dato che le nomine le fanno coloro ai quali questi signori portano a spasso il cane o la moglie quando non vanno in giro a sparlare dei concorrenti del padrone di turno.

Chi lotta contro il banditismo non va più a comandare. Ne hanno paura. Et pour cause.

Li odiano e li lasciano massacrare da magistrati che da poco cominciano a far conoscere il loro vero volto e i loro interessi reali.

Gli ufficiali e i sottufficiali bravi a comandare vengono schiacciati tra questa incudine di incapaci e il martello dei magistrati arrivisti.

I carabinieri – e non solo loro – sono quindi molto mal comandati da almeno venti anni e le conseguenze si notano nella disciplina, nel tono psicofisico; nella propaganda fatta a colpi di fiction TV; negli episodi di cronaca nera di cui sono ad in tempo guardie e ladri; nell’impiego operativo affidato a magistrati che non hanno mai udito il suono di un colpo di pistola e arrembano verso l’alto “ senza badare agli uomini né ai mezzi”.

I danni creati da Del sette e compagni dureranno per almeno una intera generazione.

Potete sfogarvi a imprecare , a chiamarli eroi , vittime o altro, ma il DNA dei Carabinieri è cambiato e non in meglio.

Per far tornare a vincere ( è di questo che stiamo parlando) i carabinieri bisogna che tornino ad essere LA PRIMA ARMA DELL’ESERCITO; ESSERE COMANDATI DA UN UFFICIALE ESTRANEO ALLE CORDATE INTERNE; E CHE IL LORO IMPIEGO NON VENGA FRAZIONATO TRA I MAGISTRATI.

I vertici operativi e di comando non vengano scelti tra chi ha fatto l’ufficiale di collegamento di ministri, sottosegretari, e compagnia bella.

Per comandare bisogna aver comandato non vagato tra gli uffici altrui.
Vedrete che miracolo di resurrezione.

Premiare , come faceva de Lorenzo: ( es. invece di tanti premi da duemila lire, un minor numero ma da ventimila) , colpire chi trescava nelle forniture. ( con lo stesso stanziamento scambiò – grazie al colonnello Tagliamonte- settemila biciclette con tremila “Giulie”).

Dare spirito di corpo ( suo fu l’ordine – ancora in vigore- di usare solo la divisa nera e non più quella cachi).
Premi di sette giorni di licenza a chi reagiva energicamente ai contrasti di chiunque .

Diventato capo di Stato Maggiore si accorse che tutte le forniture del triennio erano già state appaltate al gruppo FIAT. Gli lasciavano da comandare una scatola vuota .

Le cancellò tutte.

Gli Agnelli fecero lobby per oltre un anno e poi scatenarono prima i rivali interni e poi i cani.

Dopo uno scontro politico cruento de Lorenzo fu defenestrato e da allora iniziò il piano inclinato delle stellette, intervallato da qualche singulto, ma si indovinava già, ad ogni giro, il rantolo di un sistema morente.

Dopo il sistema muoiono i singoli. Guardate le statistiche.