24° podcast_ Botta e risposta, di Gianfranco Campa

Il Russiagate avrebbe dovuto essere la pietra tombale della Presidenza Trump. Si sta rivelando una caccia ai mulini a vento che rischia di ridicolizzare e discreditare ulteriormente i promotori. Per uscire dalla palude nella quale stanno annaspando senza vie di uscita cercano di aprire pretestuosamente nuovi filoni di indagine con veri e propri colpi di mano e abusi delle proprie funzioni e del proprio mandato. Un logoramento che sta consentendo a Trump di esibire nuovi campioni in grado di tener testa alle scorribande e di rendere la pariglia anche allo stesso livello. La discesa in campo di Rudolph Giuliani è particolarmente significativa. Efficace nel ribattere gli attacchi personali, al prezzo però del sacrificio progressivo dello staff che ha portato Trump alla Casa Bianca sull’onda di prospettive e strategie alternative oramai sempre più vaghe. Un duello che spinge a concentrare sempre più le forze nella tenzone con il risultato di allentare i fili che controllano le dinamiche nei paesi alleati più stretti. Tanto più che uno degli oggetti reali del contenzioso che fanno da sfondo alle faide riguarda il mantenimento o meno della rete di rapporti multilaterali costruiti in questi ultimi trenta anni oppure la loro ridefinizione attraverso una rinegoziazione  bilaterale con i principali paesi, compresi quelli aderenti al Patto Atlantico. Una dinamica che porta ad acuire le rivalità tra le varie potenze regionali ma che sembra altresì offrire qualche margine di azione inaspettato a nuovi centri politici in via di emersione. Ciò che sta accadendo in Italia potrebbe testimoniare un ulteriore passo verso questa direzione. Un processo che rende ancora più interessante ed offre un contesto verosimile alla narrazione inedita che Gianfranco Campa continua ad offrirci_ Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://soundcloud.com/user-159708855/podcast-episode-24

23° PODCAST_Nessun prigioniero!_di Gianfranco Campa

Il conflitto politico in atto negli Stati Uniti sta perdendo le caratteristiche di un confronto senza storia tra un ceto politico consolidato e funzionari e strateghi all’opera ormai da decenni negli apparati da una parte e un gruppo di outsider pressoché avulsi dal sistema di potere dall’altro. Quest’ultimo, a costo di gravi compromessi, inizia a radicarsi in maniera più profonda in alcuni apparati e a tessere una sia pur minima trama di relazioni internazionali secondo disegni più coordinati. I primi dispongono di un controllo predominante degli apparati di potere e delle leve dello stato profondo; l’indisponibilità però di alcune importanti leve di governo, in particolare della Presidenza, li costringe ad un uso distorto dei sistemi di relazione e degli apparati. Le conseguenze sono nefaste sulle modalità di conduzione dello scontro politico e sulla coerenza ed efficacia delle strategie politiche. Dinamiche che studiosi europei, come Althusser e Poulantzas ed americani hanno analizzato con sagacia. L’utilizzo di strumenti repressivi e giudiziari possono distruggere e tuttalpiù contribuire a creare solo indirettamente le condizioni di mantenimento e di ricambio di gruppi dirigenti. Le controindicazioni sono però pesanti: istituzioni che perdono l’aura di terzietà della loro azione sino ad assumere un carattere apertamente partigiano foriero di perdita di autorevolezza verso i sottoposti e le fazioni e di coerenza e compattezza interna nella propria azione; manovratori adusi a giocare nell’ombra, costretti invece ad esporsi in prima persona e sacrificati in nome dell’emergenza; schieramenti di fazioni contrapposte che attraversano progressivamente l’intero scacchiere geopolitico e si inseriscono a pieno titolo nel confronto tra e all’interno degli stati nazionali; un conflitto sempre più viscerale e spietato che lascia poco spazio a margini di compromesso tra strategie già di per sé incompatibili. Gianfranco Campa ci conferma con un pathos sempre più coinvolgente ed allarmato un assunto da sempre sostenuto da questo sito: l’attuale scontro politico negli Stati Uniti si risolverà senza prigionieri con conseguente nefaste anche per i gruppi dirigenti aggregati nel mondo soprattutto alla parte “sbagliata”; i progressivi cedimenti e le fulminee conversioni non risparmieranno Trump dal redde rationem. I vincitori vorranno estirpare la “mala pianta” che Donald Trump, volente o nolente, simboleggia perchè non risorga ammaestrata dagli errori e dalle vicissitudini. Un anno fa le “attenzioni” erano riservate ai pochi protagonisti della inaspettata vittoria emersi dalle quinte del palcoscenico; oggi si comincia a vociferare di liste di proscrizione di decine di migliaia di malcapitati. Il proditorio sequestro di tutta la documentazione dell’avvocato di Trump non fa che confermare i peggiori sospetti. Buon ascolto_Giuseppe Germinario

https://soundcloud.com/user-159708855/podcast-episode-23