14 MINUTI DOPO LA MEZZANOTTE E A POCHI SECONDI DALL’APOCALISSE, LA STORIA DI UN EROE DIMENTICATO, di Gianfranco Campa

14 MINUTI DOPO LA MEZZANOTTE E A POCHI SECONDI DALL’APOCALISSE, LA STORIA DI UN EROE DIMENTICATO.

Purtroppo gli eventi attuali ci portano a rivisitare un periodo buio della storia moderna recente che si pensava di aver messo per sempre da parte.

Molti credono che il momento più pericoloso nella prima guerra fredda, del secolo passato, sia stata la crisi dei missili sovietici a Cuba. In realtà, il momento più critico, che portò il mondo vicinissimo ad una apocalisse nucleare è avvenuto nel settembre del 1983.

La crisi del 1983, a differenza del 1962, si è svolta a porte chiuse, in una connubio tra spie e segreti.

Che gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica, nel 1962, fossero sull’orlo di una guerra mondiale, quando John Kennedy e Nikita Khrushchev si “confrontarono” sui missili a Cuba, è risaputo. Gli eventi del 1962 si svolsero, per la maggior parte, alla luce del sole. La crisi del 1983 si è svolta invece in un contesto, nel suo senso letterale, sotterraneo. Nel 1983, il mondo andava avanti con le sue solite routine ed affari per lo più ignaro dei mortali ed apocalittici pericoli cui andava incontro.

Molti della mia generazione, nel 1983 erano ventenni, probabilmente ricorderanno quell’anno più per motivi mondani-sociali e meno per le tensioni e i pericoli insiti nei giochi geopolitici. D’altronde il 1983 è stato un anno particolare: parte la rivoluzione High Tech; vengono messi in vendita i primi orologi Swatch ed entra in commercio il primo cellulare. Con ARPANET nasce di fatto l’era di Internet. Nintendo lancia la console NES. Il primo personal computer viene annunciato da Apple Computer. Microsoft rilascia la prima versione di Word. Si scopre il primo virus informatico.

Il 1983 verrà anche ricordato per altri eventi; come la vendita della prima FIAT Uno, e mentre nelle sale cinematografiche esce il leggendario Scarface, al cinema statuto di Torino, un incendio uccide 64 persone.

Sarà anche l’anno della scomparsa di Emanuela Orlandi e dell’arresto del povero Enzo Tortora. Mentre nell’ombra il mostro di Firenze commette il sesto duplice omicidio, in Brasile viene arrestato Tommaso Buscetta.

In termini di politica interna, Bettino Craxi forma il nuovo governo, legislatura che entrerà nella storia della politica italiana come la più longeva della prima repubblica.

Quell’anno, Margaret Thatcher aveva conseguito un secondo mandato come Primo Ministro inglese, ma il suo erede, Cecil Parkinson, aveva dovuto dimettersi dopo aver ammesso di essere il padre del frutto di una relazione con la sua segretaria. Due giovani socialisti, Tony Blair e Gordon Brown, erano stati eletti, per la prima volta, parlamentari. Lo stesso Tony Blair che ha servito da spalla alle avventure belliche di molte amministrazioni americane, quel Tony Blair che qualche giorno fa ha dichiarato possibile uno scenario da guerra nucleare come risultato del conflitto in Ucraina.

Detto ciò, fu nell’ambito geopolitico che in quel ormai lontano 1983 si verificheranno eventi che avrebbero portato il mondo sull’orlo della catastrofe nucleare e dell’abisso dell’estinzione. I sovietici avevano testato i missili SS-20 su piattaforme di lancio mobili, facili da nascondere e quasi impossibili da rilevare. Nello stesso tempo, gli americani nell’Europa occidentale, avevano dispiegato i missili balistici Pershing II, come contromisura a una “possibile” invasione dell’Europa Occidentale da parte degli eserciti del Patto di Varsavia.

Nel marzo di quell’anno il presidente americano Ronald Reagan annuncia, definendo l’Unione Sovietica “l’Impero del Male”, l’iniziativa di difesa strategica, meglio conosciuta con il nome di Scudo Spaziale, alzando, alla massima esponenza, la tensione fra le due superpotenze; una tensione palpabile che sarebbe sfociata in una serie di “incidenti” che porteranno l’umanità al limite del precipizio.

Il 1º settembre 1983, l’aviazione sovietica abbatté un aereo passeggeri sudcoreano, il volo Korean Air Lines 007, che aveva sconfinato nello spazio aereo sovietico; sono 269 le vittime a bordo dell’aereo, tra i quali Larry McDonald, membro del Congresso degli Stati Uniti. La pressione è alle stelle, il mondo una polveriera pronta ad esplodere.

Gli eventi del 1983 arrivano sulla coda degli anni ’70 che avevano visto un periodo di distensione tra le due superpotenze, simboleggiato dalla firma degli accordi di Helsinki del 1975, suggellati poi dall’incontro nello spazio delle navicelle Apollo e Soyuz. Dopo decenni di reciproco sospetto, sembrava che le due superpotenze potessero, dopotutto, godere di una pacifica convivenza. L’iniziativa dello Scudo Spaziale annunciato da Reagan viene visto a Mosca come un gesto altamente aggressivo, poiché minava il principio della “distruzione reciprocamente assicurata”, il concetto essenziale, non scritto, che teneva sotto scacco, da ambedue le parti, la tentazione di usare le armi nucleari.

 

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L’orologio segna 14 minuti dopo la mezzanotte, ora di Mosca, del 26 Settembre 1983; in America, a causa delle differenze di fuso orario, e` ancora il 25 settembre di una qualsiasi domenica pomeriggio. Stanislav Petrov, un tenente colonnello nella sezione dell’intelligence militare dei servizi segreti dell’Unione Sovietica, si è accomodato, senza troppo entusiasmo, nella sedia di comandante nel bunker sotterraneo di pre-allerta, il cosiddetto Oko System, bunker collocato a sud della capitale sovietica, Mosca. Avrebbe dovuto essere la sua serata libera, ma un altro ufficiale si era ammalato e Petrov era stato convocato all’ultimo minuto per rimpiazzarlo.

La notte, nonostante sia ancora il 26 di Settembre, è già molto fredda; davanti a Petrov e i suoi uomini, ci sono gli schermi che mostrano la locazione di silos missilistici sotterranei nelle praterie del Midwest americano, foto frutto dei satelliti spia. Era dovere del tenente colonnello Stanislav Petrov, usando computer e satelliti, avvertire l’Unione Sovietica se ci fosse stato un attacco missilistico nucleare da parte degli Stati Uniti. In caso di un attacco simile, la strategia dell’Unione Sovietica prevedeva di lanciare un immediato contrattacco con tutte le armi nucleari a disposizione contro gli Stati Uniti stessi e i suoi alleati.

Petrov e i suoi uomini, presenti nel bunker, osservano e ascoltano in cuffia qualsiasi segno di movimento, qualsiasi cosa di insolito che potesse suggerire un attacco nucleare. Il tempo di volo di un missile balistico intercontinentale, dagli USA all’URSS e viceversa, era all’epoca di circa 12 minuti. Se la Guerra Fredda dovesse diventare “calda”, i secondi potrebbero fare la differenza.

 

 

Tutto fa credere che questa notte sarà una notte come tante altre, noiosa, di routine, in cui non succede mai niente. Improvvisamente però si accendono le spie e suonano gli allarmi del computer, avvertendo la presenza di un missile americano che si starebbe dirigendo verso l’Unione Sovietica. Una spia si illumina, a caratteri cubitali digitali, con lettere rosse su sfondo bianco, annunciano la decisione da prendere: “LANCIARE”. Il suono delle sirene avvolgono il bunker, gli allarmi, le luci, le scritte e il computer fanno credere che gli Stati Uniti hanno appena lanciato i loro missili, dando via alla terza e ultima guerra mondiale, la guerra nucleare, “the war to end all wars…” A Petrov spetta la decisione finale: alzare la cornetta del telefono rosso, per lanciare i missili, oppure no.

Petrov, mantiene la calma, quella calma che avvolge gli esseri umani veri quando vengono confrontati da situazioni difficili e mortali. Petrov, ragionando con freddezza, crede che si sia verificato un errore del computer anche perché,  pensando tra sé e sé, ritiene che gli Stati Uniti non avrebbero lanciato un solo missile se avessero davvero deciso di attaccare l’Unione Sovietica; ne avrebbero invece lanciato un numero molto più alto, per colpire più obiettivi, neutralizzando una possibile risposta di Mosca. Sa, inoltre, che in passato si erano presentati dubbi sull’affidabilità del sistema satellitare utilizzato. Petrov deduce, con logica lucidità, in un momento di forte stress, che si tratta quindi di un falso allarme, concludendo che nessun missile era stato realmente lanciato dagli Stati Uniti.

Giusto il tempo per ponderare la sua scelta che la situazione precipita ulteriormente, diventando drammatica. Il sistema informatico indica che un secondo missile è stato lanciato dagli Stati Uniti  in direzione dell’Unione Sovietica. L’allarme continua a suonare mostrando ora un terzo missile, seguito da un quarto e poi un quinto missile. Il suono degli allarmi si fa assordante. Mentre gli occhi degli uomini presenti nel bunker si concentrano su Petrov, lui continua a fissare la scritta lampeggiante “lanciare”, il segnale che indica a Petrov di iniziare la procedura per il lancio dei missili nucleari.

Nonostante ciò, Petrov, sotto tremenda pressione, continua a credere che si tratti di un falso allarme. La sua scelta si basa solo sul suo intuito; intuito che gli fa credere che il sistema informatico sia in qualche modo compromesso. In altre parole Petrov crede che sia un problema tecnico, ma non aveva comunque modo di saperlo con certezza. Non c’erano altri parametri sui quali basarsi. In caso di errore i missili avrebbero presto iniziato a piovere sull’Unione Sovietica.

Passano prima i secondi poi i minuti, ma tutto rimane tranquillo: non ci sono missili e non c’è nessuna distruzione. Il Tenente Colonnello Stanislav Petrov aveva preso la decisione giusta, scongiurando di fatto una guerra nucleare. Il resto dei colleghi, nel Bunker, tirano con Petrov un sospiro di sollievo, qualcuno si congratula con il suo superiore per aver preso, d’istinto, la decisione giusta, salvando il mondo dalla catastrofe. Se l’attacco fosse stato reale, anche un solo missile avrebbe causato una esplosione 50 volte maggiore a quella di Hiroshima; le sirene invece  smettono di suonare e le spie si spengono.

Il dramma intorno agli eventi di quel 26 settembre 1983 era reale, ma gli allarmi fasulli. Successivamente, si scoprì che ciò che i sensori del satellite avevano captato e interpretato come missili in volo non erano altro che nuvole d’alta quota. Un glitch nel sistema che sarebbe potuto costare molto caro.

 

***

 

La coraggiosa decisione di Petrov violava però  la procedura militare che fino a quel momento obbligava l’ufficiale di turno al comando di Oko, di assecondare gli avvertimenti del computer, lasciando di fatto la decisione del lancio ai terminali stessi, marginalizzando il fattore umano. Petrov, dopo l’incidente, fu posto sotto interrogatorio dai vertici militari, per mettere in chiaro le sue decisioni e azioni. Petrov aveva scongiurato una guerra nucleare, ma così facendo aveva anche smascherato le inadeguatezze del tanto decantato sistema di allerta impiegato da Mosca.

La scelta del comando militare sovietico si orientò verso l’atteggiamento pilatesco: da un lato Petrov fu criticato per aver violato le procedure e venne di conseguenza ritenuto un ufficiale non più affidabile. Non fu quindi né premiato né onorato per le sue decisioni, ma non fu neanche punito. La sua carriera militare, un tempo promettente, era giunta al termine. Fu riassegnato in una posizione meno importante. Nel 1984 Petrov lasciò l’esercito e ottenne un lavoro presso l’istituto di ricerca che aveva sviluppato il sistema di allerta dell’Unione Sovietica, quello stesso sistema che in quella notte settembrina, nel bunker, aveva tradito Petrov e i suoi uomini. In seguito Petrov si ritirò per poter prendersi cura di sua moglie dopo che le fu diagnosticato un cancro che la portò via nel 1997 . Ha continuato a vivere la sua vita, in Russia, da pensionato, soffrendo di depressione e morendo di polmonite, il 17 Maggio del 2017.

 

 

Stanislav Petrov, quel giorno del 1983, salvò la Terra dal disastro, salvando l’umanità da una tragedia immane. Petrov ha sempre sostenuto che non si considerava un eroe per quello che aveva fatto quel giorno. Ma in termini di numero incalcolabile di vite salvate e di danni risparmiati al pianeta Terra, Petrov è innegabilmente uno dei più grandi eroi di tutti i tempi. Certamente se c’era un personaggio che meritava il premio nobel per la pace, questo era Petrov; ma si sa i finti scienziati climatici e i finti pacifisti hanno la precedenza…

C’è ancora qualcos’altro di inquietante in questo incidente. Stanislav Petrov non era originariamente l’ufficiale in servizio quella notte. Se non fosse stato presente nel bunker, è possibile che un altro comandante più solerte non avrebbe dubitato degli allarmi dei computer, ponendo di fatto tragicamente fine all’umanità. Il debito dovuto a Petrov da parte del mondo è incommensurabile; non saremo mai in grado di ripagarlo.

Quarant’anni dopo gli eventi racchiusi in quel bunker, siamo di nuovo qui a confrontarci con la prospettiva di una guerra nucleare. Ormai si parla apertamente e disinvoltamente di rischio nucleare, “armi tattiche nucleari“, “missili nucleari“, come se fossero noccioline, con i meschini mass media più che entusiasti di rilanciare la propaganda alzando il livello della tensione e alimentando così il pericolo nucleare. Neppure una pausa nel ponderare la pazzia di una tale dialettica. Poche sono le voci che si alzano di condanna o di critica costruttiva a questa situazione. Pubblichiamo il titolo di un articolo pubblicato nel 2011 dell’Huffpost sulle tematiche ambientali, che ci serva da avvertimento a non sottovalutare il delirio di questa gente cui abbiamo affidato il nostro destino :

“POTREBBE UNA PICCOLA GUERRA NUCLEARE CAPOVOLGERE IL SURRISCALDAMENTO DELLA TERRA?”

Durante un viaggio negli Stati Uniti, per un discorso all’ONU, Petrov disse: ‘Non sono un eroe, ero solo nel posto giusto al momento giusto” Alla domanda posta da Kevin Costner se un giorno si sarebbero usate le armi nucleari Petrov rispose che “era una certezza”.

Oggi purtroppo siamo in mano a maniaci; si confida nell’avvento di uno, dieci, cento, mille Stanislav Petrov, l’eroe oscuro e umile che salvò il mondo.

 

P.S. Consiglio la visione del documentario: The Man Who Saved the World

 

Il tech-enigma cinese di Washington By: Phillip Orchard

tratto da https://geopoliticalfutures.com/

Il tech-enigma cinese di Washington

By: Phillip Orchard

Ai primi di novembre, l’incipiente  “ guerra fredda tecnologica ” USA-Cina ha preso una piega piuttosto surreale. Il governo degli Stati Uniti ha annunciato una revisione della legge di sicurezza nazionale sulla minaccia rappresentata non da giganti delle telecomunicazioni cinesi come Huawei o aziende intelligenza artificiale cinese in via di sviluppo applicazioni campali per l’Esercito di Liberazione del Popolo, ma piuttosto da TikTok, una piattaforma di social media cinesi popolarissima meglio conosciuta per il 15- secondi di clip di Gen Zers (i nati tra il 1996 e il 2010) facendo molto cose Gen Z . La scorsa settimana, al Senato degli Stati Uniti il ​​leader della minoranza Chuck Schumer ha pressato il Segretario dell’Esercito di astenersi dall’utilizzare TikTok come strumento di reclutamento.

La presunta minaccia ha a che fare con i dati. Con circa 500 milioni di utenti, tra cui 80 milioni negli Stati Uniti, TikTok sta raccogliendo una tonnellata di dati. TikTok è di proprietà di ByteDance, una società privata cinese, e non è nemmeno disponibile all’interno della Cina. Ma dal momento che anche le imprese private in Cina non hanno altra scelta che cooperare con il Partito Comunista di richieste della Cina, Pechino potrebbe apparentemente utilizzare l’applicazione, per esempio, per monitorare i movimenti di obiettivi di intelligence. Tali preoccupazioni non sono interamente infondate. Dopo tutto, anche i giganti tecnologici basati negli US sono sotto esame per il montaggio degli oceani di dati utili che possono accumulare.

Questo illustra una caratteristica fondamentale della concorrenza degli Stati Uniti-Cina: Date le linee di sfocatura tra tecnologie commerciali e militari o di intelligence, non è difficile trovare motivi per cui quasi ogni tecnologia cinese emergente potrebbe minacciare gli interessi degli Stati Uniti . Infrastrutture cinese 5G, per esempio, potrebbe apparentemente essere un’arma per deviare i dati sensibili a Pechino o devastare la logistica militare degli Stati Uniti e le linee di comunicazione come il PLA fa la sua mossa su Taiwan . Convogli del treno di fabbricazione cinese potrebbero essere truccati per paralizzare le principali città degli Stati Uniti. Frigoriferi intelligenti di fabbricazione cinese potrebbero essere programmati per diventare senziente in massa e mettere in scena un ammutinamento di ghiaccio. (In teoria, almeno.)

Di conseguenza, Washington sta rimescolando per sviluppare un approccio coerente alla gestione di una serie di minacce che è estremamente chiaro sia in portata e per la gravità. Proprio come un problema, la capacità di Washington di ridurre tali minacce senza fare più male che bene per gli interessi degli Stati Uniti è oscura. Linea di fondo: Gli Stati Uniti lottare per un equilibrio ideale, ma la competizione geopolitica più ampia spingerà gli Stati Uniti a sbagliare sul lato di mitigare gli scenari peggiori – tuttavia reale o immaginario.

tre incertezze

Nel corso dei prossimi mesi, con nuovi poteri concessi dalla legge di riforma Export di controllo del 2018 , il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti è prevista per chiarire quali “ tecnologie di base e emergenti” cinesi si considerano veramente problematiche. Essa continuerà inoltre porre le basi per misure concrete per farvi fronte, tra cui i controlli sulle esportazioni, divieti di importazione, restrizioni sugli investimenti e collaborazione nella ricerca e sviluppo, e così via. Questo compito è complicato da tre fonti di incertezza.

La prima domanda, naturalmente, è solo quanto una particolare tecnologia cinese – o anche tecnologie di fabbricati in Cina – può realisticamente danneggiare la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. Alcuni sono abbastanza ovvio; gli Stati Uniti hanno un ampio interesse a mantenere i cittadini cinesi lontani dalla sequenza di ricerca dei laboratori biotech degli Stati Uniti, per esempio, o di privare i responsabili di sistemi di arma dei semiconduttori all’avanguardia degli Stati Uniti e del software. Innegabilmente, i progressi cinesi in computazione quantistica, di intelligenza artificiale, la robotica, aeronautica, spazio e così via hanno il potenziale di diminuire il gap convenzionale del militare degli Stati Uniti nel corso del PLA.

Ma con la maggior parte delle altre aziende tecnologiche e di produzione avanzata cinesi nel mirino degli Stati Uniti, la minaccia è in larga misura teorica a questo punto. Anche le preoccupazioni circa 5G cerniera in gran parte su una serie di ipotesi su come rapidamente e ampiamente verrà adottato la tecnologia, quali tipi di applicazioni si depositeranno, e la difficoltà a sviluppare misure di sicurezza informatica sufficienti come la crittografia. C’è anche una tendenza a sopravvalutare la capacità innovativa della Cina. Pechino sta aiutando le imprese cinesi a ridurre il divario con gli Stati Uniti nel campo della R & S di spesa, certo, ma il record di innovazione delle imprese cinesi (in particolare le mastodontiche imprese di proprietà statale) è stato misto, nel migliore dei casi. Gli alleati ad alta tecnologia in Asia nordorientale e in Europa degli Stati Uniti hanno un vantaggio di decenni nella maggior parte dei settori, e la Cina non può chiudere il gap attraverso trasferimenti forzati di tecnologia o cyberespionage da soli.

Made in China 2015: Obiettivi Industry

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La seconda questione è se gli Stati Uniti hanno in realtà gli strumenti per minacce potenziali in indirizzo. Gli strumenti possono essere raggruppati in due categorie: difensivi e offensivi. Attuare la maggior parte delle misure di difesa sarebbe relativamente semplice. Gli Stati Uniti potrebbero, ad esempio, vietare ai membri del suo esercito, servizi segreti, e gli altri reparti sensibili utilizzando i dati-accaparramento applicazioni cinesi come TikTok – o semplicemente vietare tali applicazioni da noi nel complesso. Già è efficacemente vietato l’uso di apparecchiature di telecomunicazione cinese alle reti degli Stati Uniti. E ‘anche probabile che fare di più per incoraggiare lo sviluppo (e l’adozione diffusa) di più sofisticate pratiche di crittografia e sicurezza informatica.

Ma le misure difensive non copriranno tutto. Tutte le reti di telecomunicazione, con o senza tecnologia cinese, saranno intrinsecamente vulnerabili alle operazioni informatiche cinesi. Inoltre, gli interessi degli Stati Uniti non si limitano a coste degli Stati Uniti. Così, gli Stati Uniti stanno anche giocando con misure offensive efficacemente volte a smontare le imprese cinesi potenzialmente problematiche o del tutto. Questo è il punto della on-ancora una volta, fuori di nuovo i controlli sulle esportazioni di componenti degli Stati Uniti e software per Huawei, che si basa prevalentemente su semiconduttori statunitensi, software e progettazione di chip – così come l’offensiva diplomatica volti a mantenere la macchina Huawei lontano dai posti che gli Stati Uniti contano per la logistica militare. Quando il breve colpo US di un divieto di esportazione sul rivale di proprietà statale di Huawei, ZTE, nel maggio del 2018, ha quasi portato l’azienda in ginocchio.

Tuttavia, ci sono diversi motivi per dubitare della efficacia delle misure offensive come i controlli sulle esportazioni. Per uno, funziona davvero solo se una ditta cinese è veramente dipendente dalla tecnologia degli Stati Uniti, l’accesso al mercato o di finanziamento. E gli Stati Uniti hanno il dominio quasi totale su solo un piccolo numero di settori, come i semiconduttori. Per un altro, come dimostrato questa estate quando diversi fornitori statunitensi hanno annunciato di aver sfruttato scappatoie nel divieto morbido sulle vendite a Huawei, imprese private multinazionali avrebbero schiaccianti incentivi per trovare il modo di continuare a vendere in Cina – anche se richiede operazioni di intermediazione all’estero. Infine, non è chiaro per quanto tempo la dipendenza cinese da imprese statunitensi sarà effettivamente in corso. Una ragione principale per cui le aziende cinesi come Huawei e ZTE hanno lottato per fare il salto in settori come i semiconduttori è che appena sempre avuto più senso continuare a comprare dagli Stati Uniti e concentrare le proprie risorse su ciò che sono in realtà buoni a fare(o sul servizio Pechino di politica e gli obiettivi diplomatici). Tagliato fuori da fornitori critici, tali imprese sarebbe venuto sotto pressione enorme per sviluppare sostituti adeguati – mentre Pechino garantisce di non appassire e morire nel frattempo. Può sembrare banale, ma la necessità è davvero la madre di innovazione.

Più male che bene?

Ciò evidenzia la terza fonte di incertezza: Gli Stati Uniti possono andare dopo le imprese cinesi senza fare più male che bene agli interessi degli Stati Uniti nel processo? La realtà è: La maggior parte delle misure proposte dagli Stati Uniti  porterebbero grandi rischi potenziali e dei costi – per i consumatori degli Stati Uniti, per le relazioni diplomatiche degli Stati Uniti, o alla capacità di salute e innovativa delle imprese statunitensi che Washington starebbe apparentemente cercando di proteggere. Si stima, per esempio, che tra il 10 per cento e 30 per cento dei ricavi delle principali aziende americane come Intel, Advanced Micro Devices e Qualcomm provengono dalla Cina. Ogni semiconduttore che non possono vendere a Huawei corrisponde a meno entrate per loro da dedicare nella R & S. Come detto, c’è anche il fatto spinoso che gli Stati Uniti hanno il monopolio solo di una manciata di tecnologie. Quindi, non ci sarebbe poco senso vietare le vendite verso la Cina nei settori in cui Tech è già ampiamente disponibile. In effetti, i controlli sulle esportazioni degli Stati Uniti sulle tecnologie satellitari disponibili a livello globale nel 1990 sono stati ritenuti controproducenti.

Nel frattempo, start-up della Silicon Valley soffrirebbero dalla perdita di investimenti cinesi. Una forza di base degli Stati Uniti, del resto, è la sua capacità di attrarre i migliori e più brillanti di altri paesi, in modo da un giro di vite degli Stati Uniti sugli immigrati cinesi, gli studenti e la collaborazione di ricerca non sarebbe a costo zero. Già, la minaccia delle tariffe supplementari degli Stati Uniti, insieme con i potenziali divieti in materia di appalti federale di apparati telematici con componenti fabbricati in Cina, ha costretto i produttori di elettronica degli Stati Uniti con operazioni di produzione in Cina per spendere miliardi per il reinstradamento delle catene di fornitura complicate altrove. La rappresaglia Cinese sarebbe inevitabile, sia sotto forma di sanzioni reciproche, boicottaggi dei consumatori nazionalisti, vessazioni delle imprese statunitensi in Cina o il divieto di sempre incombente su esportazioni di terre rare .

Infine, ci potrebbero essere i costi per la struttura diplomatica e l’alleanza degli Stati Uniti. Con 5G, ad esempio, gli Stati Uniti hanno effettivamente minacciato le relazioni di intelligence e cooperazione militare con i paesi che utilizzano apparecchiature di telecomunicazione Huawei. Per la maggior parte dei paesi, la speleologia per gli Stati Uniti sarebbe incredibilmente costoso e ritardare la loro implementazione 5G da diversi anni. (Molti usano Huawei per 4G, nel senso che avresti bisogno di strappare vecchia infrastruttura oltre a prendere sul vasto buildout necessaria per 5G -. E farlo con i fornitori più costosi)

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Il problema di fondo per gli Stati Uniti è l’incertezza che la preparazione per potenziali minacce tecnologia con mezzi di stima della potenza delle applicazioni tecnologiche che spesso  nemmeno esistono ancora – e l’innovazione tecnologica si muove velocemente. Di fronte a una minaccia emergente poco chiara, gli Stati Uniti tendono ad ignorare il problema prima  di travolgere con il potere ottuso. Idealmente, la soluzione per gli Stati Uniti sarebbe un “piccolo cortile, recinzione alta”, approccio che conserva la sicurezza nazionale senza compromettere la propria capacità di innovare e competere nei mercati globali – e senza ribaltamento la sua preziosa struttura di alleanza globale. Ma la minaccia ambientale è semplicemente troppo torbida, troppo dinamico e troppo carico di potenziale di conseguenze impreviste per gli Stati Uniti per realisticamente essere in grado di trovare un equilibrio in qualsiasi momento ottimale presto.

Il problema per la Cina, nel frattempo, è che può fare ben poco per placare i timori degli Stati Uniti di scenari peggiori. Le imprese cinesi possono promettono di rifiutare le richieste di stato per la cooperazione, ma sarebbe ingenuo riservare molta fiducia in questo. Possono aprire il proprio codice sorgente per gli ispettori stranieri, ma il codice sorgente possono cambiare rapidamente. La Cina non può certo abbandonare il suo tentativo di corsa la catena del valore di fabbricazione o di trasformare il PLA in una forza di combattimento ad alta tecnologia . Quindi, la questione non può essere separata dai sospetti più ampi e gli interessi in collisione che definiranno le relazioni USA-Cina per decenni a venire. Per gli Stati Uniti, in altre parole, è perfettamente razionale di considerare la privazione a un potenziale avversario di funzionalità che potrebbero rivelarsi pericolosi – tuttavia smussato e potenzialmente distruttiva. E data la traiettoria delle imprese cinesi e la possibilità che la leva degli Stati Uniti potrebbe presto evaporare, Washington sarà tentato di colpire veloce e poi porre domande.

Poroshenko fuori, Zelensky dentro. Cambieranno le cose in Ucraina? Di Tom Luongo

Dopo Israele ci avviciniamo alle porte di casa. E’ la volta dell’Ucraina. Si vedrà se l’avvicendamento in Ucraina si risolverà in un mero regolamento di conti interno alla oligarchia imperante dovuto ai veri e propri espropri operati da Poroshenko ai danni di altri personaggi della sua stessa risma oppure si rivelerà il prodromo di una svolta politica essenziale per la sopravvivenza di quel paese_Giuseppe Germinario

 

Poroshenko fuori, Zelensky dentro. Cambieranno le cose in Ucraina?

Di Tom Luongo

 

Il danno incalcolabile che è stato procurato alla area geografica dell’Europa Orientale per cinici obiettivi geopolitici non potrà mai essere azzerato, ma può essere fermato.

Come quell’arte che imita la vita, le elezioni presidenziali in Ucraina si sono concluse con Volodymyr Zelenski, un personaggio televisivo, che ha raccolto una maggioranza straripante rispetto a Petro Poroshenko. Quindi, arrivo subito al punto: Queste elezioni cambieranno qualcosa?

L’Occidente ha investito una marea di risorse di tempo e denaro puntando decisamente su Poroshenko. Ma era già ovvio da molti mesi che non avrebbe conseguito un secondo mandato, indipendentemente da quello che Poroshenko si sarebbe inventato. Con Poroshenko uscito di scena, ora spetta a Zelensky mettere insieme un piano che va ben oltre il voto di protesta contro l’evidente corruzione del Presidente uscente. Il problema è che non abbiamo idea se sia; 1) capace di attuare questo piano;  2) se sia abbastanza forte da implementare una qualsiasi cosa ritenga necessaria.

Con il suo partito al disotto della soglia del 30%, è chiaro che questo responso non era un mandato a favore di Zelenski, quanto piuttosto un voto di protesta contro Poroshenko. È alta la probabilità che Zelensky non sarà in grado di formare un governo con maggioranza stabile e duraturain grado di sopravvivere almeno una anno, se la sua elezione si rivelerà, non una rivoluzione politica, quanto piuttosto un capriccio anti-Poroshenko da parte dell’elettorato Ucraino. Speriamo nel primo caso; dato però il profondo legame degli Stati Uniti con Poroshenko e Yulia Tymoshenko, scommetterei, sfortunatamente, su l’ultima opzione.

Quindi, i prossimi passi saranno importanti. E i problemi che dovrà affrontare sono seri: Dal Donbass, con il quale ha sempre auspicato una riconciliazione in contrasto con la bellicosità di Poroshenko, per finire con la Crimea. Zelensky dovrà affrontare un’enorme pressione politica nel risolvere questi problemi in modo realistico e pragmatico. Ciò significa riallacciare con la Russia legami distrutti da Poroshenko; legami che Zelensky afferma di voler ripristinare. La domanda da porsi è se Zelensky sia consapevole che gran parte del voto anti-Poroshenko è legato al rapporto Russia-Ucraina e quindi di conseguenza si renda cnto di quanto debole sia la sua posizione da presidente. Tutto ciò significa che avrà bisogno di guardare verso sud-est, in Pakistan, dove un uomo fuori dagli schemi tradizionali e presunto neofita politico, Imran Khan, sta affrontando problematiche equivalenti ad quelle di un campo minato in politica e geopolitica. Khan sta cercando di unire le armate civili e quelle militari pakistane sotto la guida di una unica entità; di conseguenza tutti sotto lo stesso ombrello amministrativo. Non è un compito da poco. Finora Khan si è comportato bene. Ha siglato accordi sia con l’Arabia Saudita per l’energia che con l’Iran sulla sicurezza delle frontiere / terrorismo. È sopravvissuto fino ad ora a provocazioni incendiarie con l’India e con l’Iran; operazioni cronometrate di depistaggio mirate a creare il massimo caos e a paralizzare il suo governo comprese le eventuali riforme che sta cercando di attuare.

In breve, Zelensky dovrà elevarsi a vero leader. Questo significherà parlare con Putin. Significherà rinunciare a qualcosa per mettere sotto scacco gli avvoltoi occidentali, sia negli Stati Uniti che in Europa. E ha bisogno di farlo in un modo che sia antitetico a quello di Poroshenko. Se Zelensky desidera sopravvivere politicamente e portare l’Ucraina fuori dal caos in cui si trova, dovrà rendersi conto che il riavvicinamento con la Russia è la strada da seguire.

Significa avere il coraggio di non fare richieste irragionevoli a Putin. Poroshenko ha trascorso l’ultimo anno della sua presidenza seminando trappole dietro di sé , trappole poste per chiunque gli sarebbe succeduto. Due di queste, le più evidenti sono: rompere il trattato di amicizia e attaccare il ponte sullo stretto di Kerch. Zelensky deve fermare le  operazioni militari nel Mare di Azov e accettare la responsabilità dell’incidente in cambio della liberazione dei marinai che la Russia detiene.

È inoltre necessario porre fine al bombardamento del Donbass, disimpegnarsi dalle linee di contatto e ritirarsi in linea con il trattato Minsk; smettere di mentire sulla reale situazione bellica. Questo farebbe già molto per stabilire una base di partenza per ridare un senso di fiducia a un rapporto seriamente compromesso. Ed è un passo facile da fare: Gli Ucraini, al di fuori della folle diaspora americana, lo desiderano fortemente. Non è rimasto neanche molto tempo perché il 2019 sta scivolando via e molti problemi rimangono irrisolti. Putin, la scorsa settimana, ha inasprito il blocco delle esportazioni di carbone e petrolio in Ucraina, collocando il paese in una posizione molto vulnerabile nel prossimo inverno. In aggiunta dalla fine di quest’anno scade l’accordo sul trasporto di gas.

Zelensky non manca di qualche asso nella manica da usare contro l’UE. Una UE che ha trascinato i piedi sulle approvazioni finali del gasdotto Nordstream 2. Questo è un momento cruciale: Gazprom e la Russia sono impegnate a fondo per il progetto, ormai quasi completo, ma l’UE sta cercando di lasciarlo incompiuto per infliggere il massimo danno alla Russia.

L’economia ucraina sta collassando. La produzione di carbone è in calo dell’8% su base annua. Putin lo sa e può stringere Zelensky in una morsa mortale.

Angela Merkel non ha fatto mistero di quanto sia importante il transito del gas attraverso l’Ucraina per convincere l’UE a cambiare le sue politiche nei confronti della Russia. E Vladimir Putin non parteciperà a negoziati su nuovi accordi finché l’Ucraina non cambierà linea.

Quindi, tutti questi eventi concomitanti stanno arrivando al culmine nei prossimi due mesi. Nel frattempo, tra un mese, ci saranno le elezioni parlamentari europee che potrebbero facilmente cambiare l’intera dinamica politica dell’Unione europea.

Gli euroscettici come Matteo Salvini potrebbero finalmente spingere per la fine delle sanzioni contro la Russia se Putin e Zelensky seppellissero l’ascia di guerra su alcune delle problematiche lasciate in eredità da Poroshenko. Il ritorno dei marinai Ucraini potrebbe far venir meno la ragione delle ultime sanzioni. Ritirare l’esercito ucraino dalla linea di contatto in conformità con l’ormai simbolico accordo di Minsk II potrebbe sciogliere la resistenza dell’UE alla revoca delle sanzioni.

Infine, il compimento di queste cose, aprirebbe la strada a un contratto di transito del gas tra Gazprom e Naftogaz che finirebbe per aggirare l’opposizione a Nordstream 2, in tanto che la Merkel spinge la Germania e la Danimarca a convalidare i permessi finali.

Ci sono ancora tanti punti interrogativi, lo so, ma questa è la strada che si apre di fronte a Zelensky se è seriamente intenzionato ad apportare sostanziali cambiamenti alla dinamica politica in Europa orientale. Il danno incalcolabile che è stato fatto alla regione per cinici obiettivi geopolitici non potrà essere annullato, ma può essere bloccato

 

https://www.strategic-culture.org/news/2019/04/25/poroshenko-out-zelensky-in-will-things-change-in-ukraine/

 

Poroshenko Out, Zelensky In. Will Things Change in Ukraine?

 

 

un mostro militare, di Gianfranco Campa

UN CRESCENTE MOSTRO MILITARE. LA MACCHINA DA GUERRA SI PREPARA ALLO SCONTRO PROSSIMO FUTURO.

 

Ieri, durante una cerimonia nella base militare di Fort Drum (New York), Il presidente degli Stati Uniti; Donald J. Trump a firmato il cosiddetto H.R. 515, cioe “Il National Defense Authorization Act (NADD),” che e` il disegno di legge approvato dalla Camera e dal Senato americani con cui si autorizza una spesa militare di oltre 717 miliardi di dollari. Questo piano di spesa per il 2019, è uno dei più sostanziosi pacchetti di spesa militare mai approvati nella storia americana in tempi di pace.

Curiosamente il NADD 2019 è soprannominato il “John S. McCain National Defense Authorization Act for Fiscal Year 2019,” in onore del moribondo, guerrafondaio, senatore americano dell’Arizona; John Mccain, l’oltranzista diventato inopinatamente negli ultimi due anni l’eroe della sinistra americana ed dell’establishment repubblicano, per il suo attivismo anti-trumpiano. Una nota curiosa: Durante la cerimonia della firma, Trump ha esaltato i contenuti del pacchetto di spesa militare dichiarando che: “Dopo anni di tagli devastanti, stiamo ricostruendo il nostro esercito come mai abbiamo fatto prima. Le nostre basi e le nostre attrezzature che sono vitali alla nostra difesa, sono state lasciate cadere in uno stato di abbandono, … ma quei giorni sono finiti. ” Trump nel corso dell’intero discorso non ha mai menzionato una sola volta il suo arcinemico John Mccain.

Cosa contiene il NADD 2019? Ecco in linea generale i suoi punti più importanti:

– Prima di tutto un aumento del 2,6% di stipendio per i soldati a stelle e strisce, uno dei più sostanziosi dell’ultima decade.

– 77 nuovi jet da combattimento F-35, 24 F/A-18 Super Hornets, 10 P-8A Poseidons,2 KC-130J Hercules, 25 AH-1Z Cobras, 7 MV-22/CMV-22B Ospreys, 3 MQ-4 Tritons e 46 nuove navi da battaglia, inclusa una nuova portaerei, 3 Cacciatorpediniere classe Arleigh Burke e due sottomarini classe Virginia.

– Espansione con arruolamento di nuovi soldati aggiuntivi che saranno divisi in questo modo e porteranno il numero di soldati attivo a : 487.500 per l’Esercito, 335.400 nella Marina, 186.100 nel Corpo dei Marines e 329.100 nell’Aeronautica. Un incremento totale di 15,600 soldati.

– 5,2 miliardi per il Fondo delle Forze di Sicurezza dell’Afghanistan e altri 850 milioni per addestrare ed equipaggiare le forze di sicurezza irachene per contrastare i terroristi dello Stato Islamico dell’Iraq e della Siria.

– Accelerazione nel settore della ricerca sulla tecnologia iperspaziale e sulla difesa dai missili iperspaziali.

– Sostanziale finanziamento per lo sviluppo delle capacità di intelligenza artificiale con applicazione militare.

Detto questo, l’aspetto più importante del nuovo pacchetto di spesa difesa e militare non sta tanto nei numeri impressionanti sopra elencati quanto nello spirito e nelle dichiarazioni fatte durante la cerimonia della firma.  Trump ha definito il nuovo NADD la risposta necessaria per competere per l’egemonia militare a lungo termine contro Russia e specialmente Cina. Il NADD infatti contiene tra l’altro una serie di obiettivi mirati a contenere nel caso specifico la Cina soprattutto nei settori chiave.

Con il passaggio del nuovo NADD, ecco alcune delle misure che entrano in vigore:

– Esclude la Cina da qualsiasi esercizitazione militare e navale congiunta con le altre forze del Pacifico.

– Include un comprensivo piano di rinforzo delle capacità militari “difensive” di Taiwan

– Coordinamento e comprensivo monitoraggio di tutte le attività della Cina nel Mar Cinese Meridionale

– Vieta al Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti l’utilizzo di apparecchiature Huawei o ZTE

– Riforma delle norme sugli investimenti esteri per rafforzare la sicurezza nazionale

– Riduce i finanziamenti per i programmi di lingua cinese nelle università che ospitano gli istituti di Confucio.

La svolta anti-cinese dell’amministrazione Trump e del congresso americano ha sorpreso molti analisti i quali l’hanno definita un cambiamento epocale, un giro di boa, nelle politiche verso la Cina.

Per molti non si tratta semplicemente di autorizzare la costruzione di più aerei e navi ma si allarga anche sulle tematiche relative alle operazioni di influenza geopolitica di spionaggio e controspionaggio. Questa svolta arriva anche sull’onda della guerra ormai senza esclusione di colpi ingaggiata contro la Cina sui dazi commerciali. La guerra commerciale USA-Cina si sta intensificando sempre di più e al momento non si percepisce alcuna volontà da ambe le parti di negoziare e mediare su questa escalation economica e ora anche militare. Tra l’altro qualche segno negativo in riguardo era già arrivato giorni fa quando l’amministrazione Trump, non solo aveva imposto ulteriori nuovi dazi sui prodotti cinesi, ma è arrivata a suggerire, tramite il portavoce Kevin Hassett, presidente del Consiglio dei consulenti economici della Casa Bianca, la possibilità di chiedere ed ottenere l’esclusione della Cina dall’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO). Hassett in una intervista ha dichiarato che “La Cina ha bisogno di prendere una decisione: “Vogliono essere parte integrante nella comunità delle nazioni, vogliono far parte del WTO e comportarsi come tutti, oppure no?”

Le dichiarazioni di Hassett, sono anche qui sorprendenti perché a differenza di Peter Navarro, Hassett è considerato un sostenitore convinto del libero scambio, una colomba piuttosto che un  falco anticinese di cui l’amministrazione Trump pullula.

Il nuovo NADD non solo mira a colpire direttamente la Cina e segna una svolta storica nel rapporto fra i due paesi, da partner commerciale e geopolitico a concorrente strategico, ma tende ad accerchiare e contenere la potenza Cinese investendo non solo sulla difesa di Taiwan; ma mette anche sul piatto una somma di denaro consistente da usare per impostare rapporti di alleanza militare più stretti con altre nazioni come per esempio  l’India e lo Sri Lanka. In questa ottica, per la prima volta dalla fine delle ostilità, va visto anche l’ormeggio, nei mesi scorsi, di una portaerei statunitense in Vietnam.

Naturalmente l’obiettivo del NADD non comprende solo il contenimento e la contrapposizione  alla Cina ma include una strategia anti-Russa e anti-Iraniana. Per esempio nel NADD c’è la proposta che include un piano per una presenza permanente dei militari USA nella vicina Polonia, mentre alla Turchia, sarà precluso l’accesso al nuovo jet da combattimento F-35.

Una nuova guerra fredda e una nuova guerra commerciale è ormai arrivata; una guerra che verrà combattuta su molteplici fronti e con non può escludere la possibilità che sfoci in una guerra militare. L’Europa da che parte si schiererà? Quali decisioni verranno prese dagli europei nell’ambito di uno scacchiere geopolitico ormai sovradimensionato rispetto a loro? Una situazione che rischia di inghiottirli e che segnerà forse la linea di demarcazione sulla quale i singoli stati europei si confronteranno e dalla quale dipenderà la sopravvivenza della costruzione del concetto Europeo stesso.