ALLE FRONTIERE DELL’APOCALISSE, di Grigoriou Panagiotis

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Alle frontiere dell’apocalisse

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Tempi di apocalisse. La parola è greca e designa l’atto di distinzione di ciò che è coperto e nascosto. Ci si immerge quindi nel regno della verità rivelata agli uomini, prima o anche dopo ogni teologia. E’ anche l’epoca corrente. Il paese reale sta riscoprendo la geopolitica che le è propria, e le ultime notizie dal nostro confine alle porte dell’Europa sono che l’esercito turco sta usando apertamente i propri veicoli corazzati per abbattere le barriere, così come sta lanciando i propri jihadisti infiltrati con i suoi stessi commando per attaccare la Grecia perché i migranti sono stati apertamente e respinti nelle sacche. Almeno per il momento…

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Al di là della strumentalizzazione legata alla preparazione e alla raccolta di un tale numero di migranti essenzialmente non siriani, destinati a incarnare il ruolo di comparse ,  va ricordato che quanto sta avvenendo al confine terrestre e marittimo tra Grecia e Turchia non è una crisi migratoria, ancor meno una crisi di rifugiati. Si tratta ora, apertamente, di una guerra ibrida, o addirittura di una guerra classica sotto forma di invasione umana, iniziata dalla Turchia, anche con i suoi veicoli corazzati che sparano sulle barriere di confine.

https://youtu.be/CHru4G3NLTY

Possiamo ancora sentire alla radio, dalle prime ore del mattino, quelle del primo caffè, “che tempi galoppanti: i Quattro Cavalieri dell’Apocalisse, come si sa personaggi celesti e misteriosi, menzionati nel Nuovo Testamento nel sesto capitolo del libro dell’Apocalisse, sono fuori. In altre parole, il nostro tempo presente è in linea con il loro simbolismo, generalmente mantenuto nei tempi moderni, cioè la Conquista, la Guerra, la Carestia e la Morte. Ed è un altro momento di parossismo attraverso la Hybris e la malattia che affligge la nostra povera Umanità. Tanto per il nostro tempo presente, sempre tra guerra e malattia. Ci si chiede se, come ai tempi di Omero, le nostre guerre possano poi fermarsi sotto gli effetti della pandemia”, trasmissione mattutina su 90.1 FM del 10 marzo.

Guarda caso, la Turchia è il paese che dichiara zero casi di coronavirus, zero portatori e zero morti. Il corrispondente di radio 90.1 FM ha detto che “il regime di Erdogan ha vietato tutti i riferimenti al coronavirus attraverso i media e anche i social network strettamente monitorati. Quando qualcuno su Facebook ha avuto l’idea di dire che c’erano alcuni casi non annunciati, la domanda è stata posta al ministro della Salute, [il quale] ha risposto che la polizia si sarebbe occupata del suo caso”, radio 90.1 FM, programma di Lámbros Kalarrýtis la sera del 10 marzo. Si può immaginare la già fallace argomentazione di Erdogan, apritemi i confini… e accettate il coronavirus a braccia aperte.

Geopolitica, guerra, Germania, Turchia e… coronavirus. I greci stanno guardando quello che sta succedendo in Italia in questo momento e il loro cuore è pesante. “Ah… i nostri amici italiani sono tristi”, sospirava un farmacista del nostro quartiere ad Atene l’altro giorno. In Grecia l’epidemia è appena iniziata, meno di un centinaio di casi ufficiali e noti, e nessun morto, per il momento. Torna il tempo di minacce e invasioni, ed è poi, con tutto il rispetto per i mondialisti, gli immigrati e gli altri sinistrorsi, un tempo di frontiere e di patria.

Su Internet in Grecia, le chiese dedicate alla Madonna sono a volte addobbate in città e villaggi vicino al confine con la Turchia, e poi da Cipro, Austria, Ungheria e Polonia arrivano rinforzi simbolici ma necessari in termini di materiale e di manodopera. Erdogan lascia Bruxelles visibilmente arrabbiato, e la Germania ora finge di criticare l’aggressività del suo storico alleato, la Turchia, in modo gentile.

L’apparato si è certamente ritirato dalle sue posizioni di appena un mese fa, speriamo che non sia per… balzare meglio in avanti. E sul terreno popolare, diciamo, il patriottismo rimane un valore sicuro che porta speranza, proprio come i confini di un Paese, di una nazione o di una società, perché ne incarnano il cordone sanitario in senso stretto, e anche in senso figurato. E il nostro confine tiene, grazie agli uomini e alle donne delle forze armate, grazie alla mobilitazione degli abitanti sul posto e anche in tutta la Grecia.

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Mentre la situazione è sempre più tesa al confine e i turchi non esitano a usare le loro armi, come ad esempio tentare mini intrusioni per intimidire e poi mettere alla prova le forze armate greche, senza successo, alcuni dettagli prima nascosti non passano più inosservati. Apocalisse.

Prima c’è questa… misteriosa questione del confine tra Bulgaria e Turchia. Il 27 febbraio, quando la diplomazia turca ha dichiarato che il suo Paese stava aprendo le porte “ai rifugiati che volevano andare in Europa”, in poche ore migliaia di persone sono state trasportate al confine greco sul fiume Evros. “Possiamo attraversare il confine liberamente. La polizia turca ci ha detto che le frontiere sono aperte da entrambi i lati”, hanno detto i migranti, secondo le agenzie di stampa internazionali sul territorio turco.

Di conseguenza, decine di migliaia di persone raggiungono il confine euro-turco. O per essere più precisi, decine di migliaia di persone raggiungono il confine greco-turco, lungo 212 chilometri, cercando di entrare illegalmente nel territorio europeo. Eppure nessuno appare sui 259 chilometri del confine terrestre bulgaro-turco. Bella, questa. Le autorità bulgare hanno certamente affermato che dissuadere gli immigrati è stata a lungo la loro priorità. Ciò che non spiegano, tuttavia, sono le ragioni. Anche i tedeschi della Deutsche Welle sollevano direttamente la domanda: “Perché tanta pace sul confine turco-bulgaro?”, stampa greca dell’8 marzo 2020.

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La crisi creata dalla responsabilità di Ankara sul confine greco-turco, ufficialmente per ricattare l’UE, è in realtà e prima di tutto un atto di guerra contro la Grecia, secondo una pianificazione storica della Turchia, a prescindere da Erdogan tra l’altro, e non in generale la volontà di far passare i migranti in Europa…. per un miracolo, i contrabbandieri, le mafie delle Ong dell’Onu e di Sóros, nonché il grande tour operator per i migranti musulmani clandestini che è lo Stato turco, “dimenticano” che anche la Bulgaria sarebbe un passaggio verso l’Europa. Ma non è così, e certamente questa scelta non è né casuale né del tutto estranea al punto di vista di Berlino.

Va notato che in un recente viaggio ufficiale in Turchia, il 2 marzo, il presidente bulgaro Boiko Borisov è stato ricevuto a braccia aperte da Erdogan ad Ankara e che la Germania, da parte sua, sostiene di fatto la politica di Erdogan. È stato a questo proposito che, quando una barca di una ONG tedesca che si occupa di immigrazione è stata cacciata dai porti di Lesbo per tre volte lo scorso fine settimana, l’ambasciata di Berlino ad Atene ha ritenuto opportuno rivolgersi direttamente all’ufficiale greco che comanda la guardia costiera dell’isola, anche attraverso una lettera inviata direttamente alla capitaneria di porto di Mitilene, capitale e porto principale di Lesbo.

“Tutto sommato, Berlino, come al solito nella sua consuetudine di forza occupante all’interno dell’UE, ha ritenuto opportuno farlo”. Gli interrogativi derivanti da questa vicenda sono apertamente trasmesse su Internet in Grecia, e anche alcuni media generalisti hanno finito per parlare di questa ennesima… vicenda tedesca in Grecia come la radio 90.1 FM, trasmessa da Lámbros Kalarrýtis, il 9 marzo 2020.

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“È vero che il capo dell’ufficio legale dell’ambasciata tedesca ad Atene, Wiebke Brahe, ha contattato ieri l’autorità portuale centrale di Mitilene? Da quando gli avvocati dell’ambasciata tedesca contattano i comandanti militari greci locali al posto della loro leadership politica?

“È vero che questa comunicazione riguardava la nave di una ONG, quella che nella sua lettera lei chiama semplicemente associazione, quando si sa che proprio questa ONG ha causato tanti problemi alla popolazione locale per anni? È vero che l’ambasciata tedesca ha voluto fornire i dati dei passeggeri tedeschi a bordo della nave e di un cittadino francese, senza dubbio in modo che la capitaneria di porto di Mitilene desse loro un trattamento preferenziale? È vero, infine, che un funzionario dell’Ambasciata tedesca insiste e interviene presso le autorità marittime del Ministero della Difesa e della Marina Greca su una questione di esclusiva competenza del governo greco e in particolare dei ministeri interessati”, 90.1 FM, trasmessa da Lámbros Kalarrýtis, 9 marzo 2020. e dalla stampa greca.

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Il nazionalismo turco è atavico, ufficiale e quindi messo in pratica, dalla Siria alla Grecia e dall’Iraq a Cipro. Allo stesso modo, e a parte le potenze coinvolte nel Mediterraneo orientale, la Germania, come la Bulgaria in misura minore, è tra gli alleati storici della Turchia, sia prima che dopo il kemalismo. Per inciso, ci sono quasi quattro milioni di turchi naturalizzati in Germania, che a quanto pare obbediscono innanzitutto agli ordini di ogni Erdogan di turno il giorno prima di andare a votare, e anche questo è un pezzo del puzzle, ma non il più importante.

Allo stesso tempo, e nella serie sulla geopolitica della fusione tra Paesi islamici, la Turchia invita le forze navali del Pakistan a partecipare alle esercitazioni congiunte nel Mar Egeo; inutile dire che anche la marina greca è altrettanto mobilitata e vigila sull’area, stampa greca del 10 marzo 2020. Non dimentichiamo che “dal basso verso l’alto”, tra i migranti che sono stati sfruttati e trasferiti alla frontiera greca dalla Turchia ci sono molti pakistani e afgani; tutto è coerente, è un piano e una guerra che non ha ancora mostrato tutti i suoi denti.

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Il tempo dei confini è così tornato, anche e già per le nazioni e i paesi europei. Rimane… il fronte interno. Da qualche giorno e anche da qualche notte per alcuni, la sfera di sinistra, l’antifa à la Soros e assimilata, così come molti accademici traboccanti di europeismo, così come dei loro sussidi, si sono opposti, ora che sappiamo che secondo sondaggi apparentemente attendibili, quasi il 90% dei greci è favorevole alla chiusura delle frontiere, e a fermare la migrazione e la colonizzazione de facto della Grecia da parte di queste popolazioni musulmane strumentalizzate.

Insomma, non si tratta di un delirio, come si potrebbe dire gratuito, rivolto ai popoli musulmani, che i greci hanno storicamente conosciuto e rispettato nei loro rispettivi Paesi, ma, prima di tutto, di una logica reazione di un patriottismo ancora profondamente radicato e che ha poca voglia di vedere la Grecia diventare un Paese musulmano, per di più, due secoli dopo la Rivoluzione nazionale e cristiana che ha portato alla liberazione dei greci dall’occupazione turca sotto l’Impero ottomano. Ciò che ha fatto traboccare il calderone è il numero di migranti e l’evidenza degli obiettivi espansionistici della Turchia, così come la volontà globalista di Soros, dell’ONU e di altri, di affondare o addirittura di smembrare l’attuale Grecia. Ecco quanto si dice apertamente in questo momento in Grecia.

È proprio questa evidenza che sfugge alla sfera sinistra e ad altri antifa. Allo stesso modo, è sempre più spesso suggerito da alcuni analisti e giornalisti in Grecia, come Kalarrýtis e Trángas su 90.1 FM, “che tra queste persone, ce ne sono alcune che sono pagate direttamente da Soros, o anche altrettante dalla Turchia. Queste persone hanno certamente il diritto di parlare e questo è normale, tranne che hanno dovuto mostrare un minimo di logica perché il nostro Paese è sotto attacco. Nonostante ciò, le loro argomentazioni sono esattamente quelle generate più spesso dalla propaganda di Erdogan; è triste dirlo, ma tutta questa marmaglia, compreso SYRIZA, forma al suo interno una vera e propria quinta colonna, molto attiva e dannosa. Mi dispiace, tra loro e noi c’è ora un intero confine che ci separa, come quello tra la Grecia e la Turchia sul fiume Evros. E per queste persone, la loro patria è visibilmente sul versante turco, oltre il confine”, Lámbros Kalarrýtis su 90.1 FM, 9 marzo 2020.

Detto questo, bisogna diffidare di Mitsotákis tanto quanto del suo “governo”. Ad esempio, come abbiamo appena appreso, in un incontro tra il Ministro delle politiche migratorie Mitarákis e i Presidenti delle Regioni, il 10 marzo, i politici regionali sono stati invitati ad accogliere i migranti presenti sulle isole greche del Mar Egeo, sistemandoli in numerosi appartamenti della città. Il resto non è ancora noto; relazione, 90.1 FM, 10 marzo 2020. Nulla è più ovvio di quanto non lo fosse in passato, poiché l’atmosfera è visibilmente cambiata.

Infine, come segno dei tempi, i soldati sono ovunque acclamati dagli abitanti del paese reale greco, come anche questa settimana a Lesbo, abitanti che per la sinistra, totalmente ceca di fronte al suo definitivo ritiro dalla storia europea, sono solo seguaci dell’estrema destra.

https://youtu.be/frDzPJDA1SU

E sul lato del… lavoro pratico ad Atene, gli antifa pro-Soros e i pro-Turchi, dopo aver saccheggiato la stazione della metropolitana sotto l’Acropoli, hanno appena assalito nel centro di Atene la statua dell’eroe della Rivoluzione nazionale greca del 1821, Theódoros Kolokotrónis. Tra gli slogan che hanno profanato la statua c’era il famoso “la Grecia deve morire”, oltraggiosamente sostenuto in ogni occasione da questi individui. Noto che per queste persone, solo l’idea della nazione greca è poi imbarazzante e dannosa; tutte le altre nazioni devono ovviamente prosperare. La quinta colonna funziona in modo così classico.Un altro tema della propaganda globalista ed egualmente turca, che viene rilanciato dagli apolidi della sinistra, ad eccezione di Míkis Theodorákis e dell’attivista storico Karambélias, è la questione del diritto internazionale e degli accordi internazionali che presumibilmente impediscono alla Grecia di monitorare, controllare e persino chiudere i suoi confini se necessario di fronte a tale invasione e – allo stesso tempo – all’atto di guerra da parte della Turchia, che costituisce quindi una minaccia multipla per la sicurezza nazionale. “In questi tempi critici, il mio pensiero va ai nostri figli che difendono i confini della patria e ai coraggiosi uomini e donne del fiume Evros”, ha detto Theodorákis, stampa del 9 marzo.

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L’accademico Kóstas Grívas, che non è di sinistra, ha semplicemente ricordato “che dobbiamo tornare ai principi fondamentali del diritto internazionale per non soccombere a queste opinioni fuorvianti e subdole, che fanno parte dell’attacco in questa particolare guerra a tutto campo che la Grecia sta attualmente subendo. Soprattutto, dobbiamo ricordare che il soggetto fondamentale del diritto internazionale, ma anche il suo elemento strutturale fondamentale, sono gli Stati”.

“Sono quindi i Paesi che danno un senso al diritto internazionale. Senza di loro, non esiste nemmeno; dobbiamo anche ricordare che il sistema internazionale è fatto di Paesi e che nessuna autorità sovranazionale è al di sopra di essi. Le Nazioni Unite, come suggerisce il nome, non sono altro che una struttura burocratica che permette ai Paesi di interagire e persino di raggiungere accordi. Non funziona al di sopra di loro e solo i paesi con la loro adesione gli permettono finalmente di esistere. E per poterle dare sostanza, devono anche e prima di tutto avere una propria sostanza”, stampa greca del 9 marzo 2020.

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Non è più il tempo degli agnelli, figuriamoci delle pecore. In breve, tempi apocalittici. La stampa avverte dell’esistenza di nuclei jihadisti in Grecia, introdotti con la gentile partecipazione della Turchia, così come di quella dei governi di destra e di sinistra per più di dieci anni, compreso l’attuale governo di Mitsotákis, anche se la sua ultima gestione dell’emergenza sembra essere minima, in senso più logico. I servizi segreti greci stanno poi cercando… questi jihadisti dormienti all’interno del paese, tranne che c’era la necessità di un migliore controllo delle frontiere, forse a monte.

“Il presidente turco Erdogan aveva dichiarato in un momento insospettabile che 1201 membri dello stato islamico erano detenuti nelle prigioni turche, mentre la Turchia aveva arrestato 287 jihadisti in Siria. E questa è un’altra delle carte segrete di Erdogan, che potrebbe poi svelare nei prossimi giorni. L’attenzione si concentra anche sugli islamisti fanatici che non provengono dalla Siria ma dall’Afghanistan, dall’Iraq, dal Marocco, mescolati a migranti e rifugiati che minacciano di entrare clandestinamente o che sono già entrati in Grecia nelle ultime settimane”,- stampa greca del 10 marzo.

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Rivelazione ancora una volta, la parola è quindi greca, e designa l’azione di distinguere ciò che è nascosto. Ci immergiamo quindi nel regno della verità, rivelata agli uomini, prima o dopo qualsiasi teologia. Probabilmente è anche di quel periodo, perché le chiese del paese sono ormai piuttosto piene, anche a dispetto del coronavirus.

Martedì sera, 10 marzo, è stato annunciato sulla stampa greca che tutte le scuole e le università sarebbero state chiuse.

Il paese reale riscopre poi tutta la geopolitica che è propria… più il coronavirus. Sempre una questione di confini e di sopravvivenza, i nostri…  gatti si azzuffano, è la stagione.

http://www.greekcrisis.fr/2020/03/Fr771.html?fbclid=IwAR36gyAyHjUn8FIJ_wsX7hj1pSHDqxsLcaZRUqvJ0d2Q1ds0PNO26CYaOLc#deb

Minaccia asimmetrica, di Grigoriou Panagiotis

 

Traduciamo e pubblichiamo questo importante articolo, pubblicato il 3 marzo dal blog greco in lingua francese di Panagiotis Grigoriou, “Greekcrisis”[1], che dal 2011 informa puntualmente il mondo sulla situazione, o meglio sulla “crisi” greca.

Panagiotis Grigoriou è uno storico ed etnologo greco. Ha compiuto gli studi post-laurea in Francia. Ha fatto parte del CNR greco, ha organizzato corsi e seminari presso il Centre d’études byzantines, néo-helléniques et Sud-Est européennes – EHESS[2]. Il suo blog è associato alla rivista francese “Marianne”.

In Italia il suo lavoro è diventato noto all’apice della crisi greca, nel periodo in cui SYRIZA, guidata da Alexis Tsipras, andò al governo, aprì una trattativa con la UE,  ne fu duramente sconfitta e si allineò con le richieste UE, con le gravi conseguenze per la nazione e il popolo greco che abbiamo sotto gli occhi, e oggi culminano in questa pericolosa aggressione turca. Nel 2017 ha partecipato  come relatore al convegno organizzato a Pescara,  con il patrocinio dell’Università degli Studi G. d’Annunzio, dall’associazione  “a/simmetrie”  fondata da Alberto Bagnai, sul tema: “Più Italia – Europa e globalizzazione: quale ruolo per il nostro paese?” In nota link alla traduzione italiana del suo intervento.[3]

Panagiotis Grigoriou è insomma un intellettuale europeo, un uomo abituato a riflettere e a pesare le parole; un uomo alieno non solo dalla violenza, ma dall’estremismo ideologico; e la cultura politica in cui si è formato, come tutti o quasi tutti gli intellettuali europei suoi coetanei, è una cultura lato sensu di sinistra. L’esperienza, la dura esperienza anche personale della “crisi greca” (suo cugino si è suicidato dopo aver perso tutto, lui stesso ha incontrato e incontra serie difficoltà economiche, come moltissimi greci) non lo ha trasformato in un estremista o in un violento.

Ma leggendo questo articolo ben informato, e che riporta utilmente l’ analisi del docente di geopolitica alla Scuola Ufficiali dell’Esercito greco, l’accademico Konstantinos Grivas, si leggono parole come “siamo in guerra” o “Tsipras e alcuni dei suoi sono direttamente collegati agli interessi della Turchia e di Soros” o “ancora una volta siamo noi a presidiare le Termopili, Salamina e Maratona a difesa del nostro continente e della nostra civiltà, di fronte a invasori e commandos”.

Se queste parole le scrive un uomo come Grigoriou, è perché descrivono la realtà, la realtà che squarcia il velo della propaganda e dell’ipocrisia, che con la sua urgenza drammatica risveglia dal torpore e dalla rassegnazione un’intera nazione. Prestiamo attenzione.

Segnalo a tutti i lettori che Panagiotis Grigoriou chiede ai suoi lettori un contributo, anche piccolo, per finanziare un viaggio in Tracia, sul confine greco-turco, e informarci meglio sullo svolgersi del confronto bellico in corso._Roberto Buffagni

Minaccia asimmetrica[4]

Anche i media mainstream finiscono per chiamare guerra la guerra, tentativo d’invasione il  tentativo d’invasione. Il “governo” parla di minaccia asimmetrica e mette in allerta l’esercito, annullati tutti i permessi dei militari. “Tutte le persone di sinistra che qui da noi credono che la patria non debba più essere abitata dai Greci ma dagli invasori, che ce lo dicano apertamente“, dice radio 90.1 , un’emittente di grande ascolto, il mattino del 2 marzo. In pieno carnevale, cadono le maschere.

Da stamani, 2 marzo, il Quarto Corpo d’Armata è schierato lungo il confine con la Turchia, in Tracia, e intraprende esercitazioni su larga scala per 24 ore, annunciando che l’area diventerà pericolosa e di conseguenza , vietata, a causa delle manovre e dell’uso di armi di tutti i calibri, dai fucili automatici ai mezzi corazzati, la gamma è ampia. Allo stesso modo e per 24 ore, analoghe esercitazioni di simile portata avranno luogo in mare. Nel programma, fuoco diretto in una vasta area vicino alle isole greche prospicienti la Turchia, su tutta la direttrice nord-sud del Mar Egeo. Lunedì sera viene annunciato che queste esercitazioni con impiego di munizioni da guerra continueranno per altre 24 ore nella giornata di martedì.

Convogli dell’esercito greco convergono al confine con la Turchia, e altre truppe vengono inviate sulle nostre isole in nave e in aereo, mentre tutti gli hotel, nelle città vicine al confine, sono occupati da personale  della polizia e dai soldati inviati sul posto (reportage radiofonico del 2 marzo). Al passaggio dei camion dell’esercito gli abitanti applaudono, mentre altri cittadini, spesso ex membri delle forze speciali,  si organizzano in gruppi di volontari per convergere anch’essi al confine.

Siamo stati sotto lo stivale tedesco per dieci anni durante la cosiddetta crisi, e ora la Merkel e la sua Germania continuano a sostenere Erdogan; sì, siete voi tedeschi i responsabili di ciò che sta diventando la UE, vale a dire inesistente, ormai destinata a scomparire. Perché lo sappiamo che ieri, responsabili tedeschi hanno dichiarato che non dobbiamo essere troppo fermi nei confronti della Turchia, senza dimenticare, in questa truffa, i profittatori pro-migranti delle Nazioni Unite, profittatori orgogliosi  di esserlo” (2 marzo, fascia mattina, radio 90.1 FM). Media mainstream che così finiscono per chiamare guerra la guerra. Si noti che la Deutsche Welle ha riferito che la Germania evita di criticare la Turchia per l’apertura dei suoi confini che permette ai migranti di invadere la Grecia. Tutta la Grecia lo sa … ma non l’Europa, pare.

Il personale delle ONG che si arricchiscono distruggendo la Grecia deve sapere che ormai non è più al sicuro, tale e quale i loro amici, le termiti della nazione di casa nostra“, ha dichiarato il 2 marzo il giornalista Trangas su 90.1 FM. “Dobbiamo usare mezzi adeguati e non cadere nella trappola degli invasori e dei servizi segreti turchi. Questi arrivano facendosi scudo di un bambino e una donna, mentre dietro ci sono dozzine di uomini giovani e determinati. Quindi dobbiamo fargli capire che la loro invasione organizzata deve finire, e che non è una questione di pietà.

Queste persone sono soldati nemici, non sono siriani o rifugiati, su cento arrestati ieri al confine non c’è un solo siriano. Sono afgani, pakistani, africani e altri, in parte usciti delle carceri turche, e le autorità greche hanno trovato bandiere afghane su queste persone che hanno penetrato il nostro confine gridando … Dio è grande ” (Trangas su 90.1 FM, 2 marzo). Inoltre, durante la giornata i soldati e la polizia greci hanno tirato colpi d’avvertimento con veri proiettili, di fronte alle orde di commando “civili” inviati dall’esercito turco come possibile avanguardia (stampa, 2 marzo).

Il generale a riposo Yannis Baltzois, raggiunto dalla stessa radio nelle prime ore del mattino, ha affermato che tra gli invasori migranti arrestati dalla polizia su suolo  greco ci sono due turchi, apparentemente agenti del servizio segreto turco MIT. “Adesso basta scherzare,  coloro che sostengono l’immigrazionismo come la gioventù di SYRIZA, devono come minimo tacere prima di trovarsi in pericolo. La Turchia per bocca dei suoi ministri ammette di voler inviare due milioni di migranti in Grecia, ed è una corsa contro il tempo come in ogni guerra. Dobbiamo rispondere con la violenza alla violenza subita, è una guerra che non ha nulla a che fare con l’asilo e ancor meno con i rifugiati, quindi gli … ‘umanisti’ d’ Atene devono stare buoni e zitti, sennò è a loro rischio e pericolo. ” aggiunge Trangas.

Sul terreno, l’esercito greco e i suoi blindati sono posizionati per le manovre sui 212 chilometri di confine con la Turchia. E’ un primo passo nella guerra asimmetrica, ibrida e già psicologica, per far capire ai migranti che non passeranno. Trangas ci ricorda che le soluzioni esistono e che si sono fatte urgenti: “Usare se necessario le nostre armi per fermare l’invasione da terra e dal mare, e allo stesso tempo espellere le Nazioni Unite e le ONG Sorosiane da isole come Lesbo e Chio, per gestire la situazione tra greci. I membri di queste ONG vanno avvisati, in modo che lascino le nostre isole prima per loro che sia troppo tardi. Gli isolani devono impedire alle ONG di accogliere altri migranti, con qualunque mezzo ”.

Poi dobbiamo evacuare tutti i migranti dalle isole greche abitate ambite dalla Turchia, aggressiva, islamista e nazionalista, convogliandoli sulle isole disabitate, dove saranno parcheggiati e isolati fino alla loro partenza ed espulsione definitiva dal territorio nazionale . Nazioni Unite e soci dovranno allora, visto che sono … ‘umanisti’, finanziare solo i nostri isolotti disabitati trasformati in campi per migranti, invece di lasciarli avvelenare la vita quotidiana nelle nostre isole abitate, o nelle nostre città del continente. Così la smetteranno di rubare, aggredire la popolazione greca o vandalizzare le nostre chiese. D’altronde  tra questi migranti ci sono detenuti per reati comuni che Erdogan ha rilasciato dalle prigioni del suo paese per mescolarli con migranti e islamisti. Sappiamo tutti, in Grecia, qual è la verità della situazione. E’ finito il tempo delle cantafavole.

Dopo di che dovremo ripulire i quartieri di Atene dai migranti, tra i quali prospera la  criminalità organizzata, e tenerci solo quelli che lavorano davvero, che sono legali e potranno rimanere. Infine, dobbiamo armare meglio gli abitanti delle isole, vanno potenziate le nostre forze di riserva della Guardia Nazionale. Senza dimenticare che è ora di eliminare il controllo tedesco sulle nostre amministrazioni e ministeri, fino al grado di capo servizio,  per poter agire in piena libertà, finalmente ” (Trangas su 90.1 FM, 2 marzo) Per due giorni, secondo i reportage sulle isole e in particolare a Lesbo, diversi membri di ONG e altri Onusiani e Sorositi sono stati picchiati dagli abitanti. “Era ora!” sentiamo dire dappertutto, nel  paese reale. La hybris finisce sempre per evocare il suo castigo, è ben noto almeno dall’antichità greca.

Domenica 1 marzo i membri delle ONG sorosiane, come il capo dell’Alto Comitato delle Nazioni Unite per la migrazione a Lesbo, sono stati picchiati dai residenti. Hanno voluto insistere nella loro missione di quinta colonna di un’amministrazione neocoloniale volendo far sbarcare dei migranti, ma ormai gli abitanti difendono il loro territorio, in realtà la loro esistenza.

È un po’ tardi, ma meglio tardi che mai. In seguito, gli abitanti a volte hanno bloccato lo sbarco dei migranti sulla spiaggia, e addirittura in Mar Egeo, alcune barche, sotto la pressione … dei mezzi adeguati hanno invertito la rotta per tornare in Turchia. “Al punto in cui siamo, solo le armi possono risolvere il problema“, questo messaggio e le analoghe analisi degli ascoltatori, come tanti altri messaggi che vanno nella stessa direzione, è stato diffuso in fascia mattina,  senza censure, su 90.1 FM, 2 marzo.

Tsipras si schiera dalla parte di Erdogan quando i suoi media scrivono ancor oggi che questi sfortunati sono bloccati al confine e che il governo sta usando la violenza, intossicato dal  veleno del razzismo e della xenofobia. Quindi Tsipras e l’altro scagnozzo universitario Liakos vogliono che la Grecia diventi musulmana e turca, installando due milioni di invasori? Perché questa cifra di due milioni è stata data ufficialmente dal Ministro degli Affari Esteri della Turchia. Allora, qual è il ruolo che Tsipras e SYRIZA svolgono? Siete ‘umanisti’ forse? Quando questi musulmani verranno da noi, continuerete a esistere abbastanza a lungo da vederli? Voi volete distruggere il nostro paese. Vergogna e ancora vergogna. Ascoltami Tsipras, se osi mostrarti sulle isole vedrai che gli isolani ti picchieranno. E quanto a Mitsotakis, se si comporta male la fine arriverà anche per lui” (Trangas 90.1 FM, 2 marzo).

Io mi spingerei anche un po’ più in là di Trangas. Direi che Tsipras e alcuni dei suoi sono direttamente collegati agli interessi della Turchia e di Soros. Difficile provarlo con i documenti; ad esempio, quelli sui traditori greci pagati dagli inglesi durante la loro colonizzazione di Cipro, e poi tra gli anni Cinquanta e Settanta, sono  appena stati desecretati;  tuttavia, per deduzione logica e confronto dei comportamenti e degli eventi ci si può fare un’idea non diversa della Tsiprosfera, degli Antifa e compagnia cantante. Si stanno organizzando persino ora, e dimostrano non lontano dal confine … per chiedere che si apra finalmente agli invasori (stampa greca del 2 marzo).

Chi insiste nella retorica propagandistica dei cosiddetti poveri rifugiati, mentre queste sono orde di gente fanatizzata e jihadisti che insultano e minacciano la Grecia e i greci sul nostro confine trattandoli da  Crociati , chi fa questa propaganda o è un agente della Turchia, o si arricchisce con l’affare migranti, il che è la stessa medesima cosa. ” si può leggere su Internet greco. D’altronde,  polizia ed esercito usano le armi già la sera del 2 marzo, di fronte a una folla di fanatici deliranti e minacciosi sulla nostra frontiera. Contemporaneamente, i mafiosi oscurantisti delle Nazioni Unite dichiarano che “che la Grecia non ha alcun diritto di sospendere completamente  per un mese tutte le richieste di asilo, come ha appena fatto” (stampa del 2 marzo).

Il paese si risveglia e, per dire le cose come stanno, entra di fatto in guerra di fronte all’invasione avviata dalla Turchia islamico-totalitaria e dei suoi complici mondialisti o geopolitici.  Stando ai reportage disponibili, tra i migranti intercettati al confine ci sono anche turchi, e d’altronde l’esercito turco impiega droni per guidare il lancio di granate chimiche sulla polizia e sui soldati greci (media greci di oggi 3 marzo).

Sotto il velo di quarant’anni e passa di propaganda, la guerra. Mondialisti, immigrazionisti e altri propagatori del virus della decostruzione dei popoli, delle nazioni e delle culture, segnatamente in Europa, hanno già celebrato la loro festa, la festa che la finanza nichilista modello  Soros  celebra in tutto il mondo. Ora, sotto il peso schiacciante della realtà, la festa è finita. Le nostre società sarebbero già entrate in guerra, se non fosse che le pseudo-élite hanno fatto di tutto per chiudere occhi, coscienze e capacità di riflessione dei popoli.

Ma ora finisce, il tempo della decostruzione sorniona e silenziosa: perché sotto la pressione della guerra aperta, come ora in Grecia, la stragrande maggioranza dei cittadini si rende conto che d’ ora in avanti, è questione di vita, libertà o morte. Il linguaggio muta e si libera, e persino i giornalisti mainstream finiscono per ammettere che la Grecia sta subendo un attacco su vasta scala da parte di migranti clandestini, tutti  musulmani, tra i quali gli islamisti irriducibili di Daesh che la Turchia, Stato storicamente pirata e isterico, ha fatto uscire dalle prigioni siriane e turche e condotti sulla frontiera greca in vista dell’invasione.

A parlare non è più il cosiddetto cospirazionismo, spesso attribuito all’estrema destra,  ma i fatti reali e comprovati. Questa è storia, storia che nasce dalla violenza e non dai fantasmi dei sinistroidi, che come ognun sa si uniformano all’immaginario degli oligarchi e dei padroni del mondo, quella banda di squilibrati. E quando la parola dei popoli si libera, ne consegue e ne conseguirà l’azione, anche se un po’ dappertutto i governi attuali sono stati insediati dai mondialisti proprio per abolire popoli e nazioni.

Sì, siamo in guerra e questa guerra, che è soltanto all’inizio, diventerà sempre più incontestabile ed evidente in Europa. Quando nel 2011, al debutto di questo mio povero blog, ho scritto che la cosiddetta crisi o il debito pubblico non sono altro che armi di distruzione di massa, e che in realtà si tratta di una guerra genocida contro il popolo greco, perché a partire dalla Troika, come dalla Germania e dalla Turchia migranti invasori compresi, strumentalizzati o meno, è perché  il processo è fin troppo coerente sin dall’inizio.

Sappiamo anche che in passato. le guardie costiere greche hanno sparato prima per avvertimento e poi sui motori delle barche per farle restare sul lato turco, quindi sappiamo cosa bisogna fare, se necessario dobbiamo affondare alcune barche, è dura ma è così: siamo in guerra. E finirla con le ONG sulle nostre isole. E da FRONTEX apprendiamo che Erdogan sta preparando una nuova ondata per sfondare i nostri confini, quindi dobbiamo sparare nel mucchio, è un piano militare che stanno eseguendo, e dobbiamo reagire immediatamente. Il loro obiettivo è la conquista della Grecia da parte di migliaia di musulmani, e tutto si giocherà sulle isole, perché dal confine settentrionale non passeranno mai ”. Frase del giorno, giornalista Trangas, 90.1 FM, mattina del 2 marzo.

Si noti che la canaglia politica Varoufakis  dichiara “che non c’è invasione e che questi poveretti dovrebbero essere accolti da noi“, ed è lo stesso slogan dell’intera sinistra, a quanto mi risulta. Sappiamo già che Varoufakis è un burattino Soros-compatibile, e ora, con identica deduzione logica, è ammissibile che sia anche un burattino Erdogan-compatibile. In tempi di guerra e storicità coerente, chi tradisce la patria non dura a lungo, lo dice anche Tucidide.

La guerra è manifesta, e persino il momento scelto da Erdogan, in contemporanea al coronavirus,  non è affatto casuale. E ci saranno conseguenze. L’accademico Konstantinos Grivas, che insegna geopolitica alla Scuola Ufficiale dell’Esercito nazionale, prende in esame a sua volta le evidenze.

Sarebbe di un’ingenuità criminale credere che la posta in gioco oggi sul nostro confine sia solo l’aggiungersi di alcune decine di migliaia di migranti illegali ai migranti già esistenti. Questa è solo la punta dell’iceberg. In effetti, la Grecia è attaccata dalla Turchia in un’aggressione totale, che cerca di decostruire la sua identità nazionale complessiva. Se la Grecia non riuscirà a impedire alle folle fanatizzate di attaccare i suoi confini con l’aiuto dell’esercito e della polizia turchi, la sovranità nazionale greca nel suo insieme sarà messa a repentaglio.

Se a qualcuno dir questo sembrasse eccessivo, sappia che si è già verificato nella storia recente. In particolare, ciò che sta accadendo oggi al confine greco-turco assomiglia pericolosamente alla ‘Marcha Verde’ attuata dal re Hassan II del Marocco nel 1975 per conquistare il Sahara spagnolo. Più in dettaglio, questi furono gli ultimi giorni del dominio spagnolo sulla sua colonia nel Nord Africa. Il Fronte di Liberazione del Polisario intraprese una guerriglia contro gli spagnoli, e divenne probabile che presto avrebbero raggiunto l’indipendenza.

Tuttavia, Hassan II voleva incorporare il Sahara spagnolo nel suo territorio. Quindi ha dovuto agire. E doveva agire rapidamente, prima della partenza degli spagnoli,  perché dopo avrebbe attaccato un paese indipendente, mentre sotto il dominio spagnolo, poteva orchestrare la  comunicazione , vendendosi come liberatore dei territori marocchini sotto il dominio coloniale spagnolo . Ma il rapporto di forza strategico con la Spagna non gli consentiva un’azione militare convenzionale, e dunque ha scelto un metodo asimmetrico, diremmo oggi.

Più specificamente, ha radunato circa 350.000 cosiddetti civili, che il 6 novembre 1975 avanzarono nel Sahara spagnolo, presentandosi “pacificamente” perché senz’ armi, ma che, accompagnati da circa 20.000 soldati marocchini, travolsero le truppe spagnole, che avevano ricevuto l’ordine di non aprire il fuoco. Di conseguenza, il Marocco è stato in grado di raggiungere i suoi obiettivi, e nei cosiddetti accordi di Madrid del 14 novembre 1975 è riuscito a condividere il Sahara spagnolo con la Mauritania.

Certo : in seguito, il Fronte Polisario ha intrapreso una dolorosa e feroce guerriglia per liberare il suo paese dai due invasori. E’ riuscito a espellere la Mauritania, ma il Marocco ha occupato i territori evacuati dai mauritani. La guerra ha infuriato per decenni, e i marocchini hanno costruito un enorme muro lungo 2.000 km per bloccare il Polisario. Ancor oggi, la questione dell’indipendenza nazionale del Sahara occidentale non è definitivamente risolta.

Si vede dunque come dei cosiddetti civili, attraversando in gran numero il confine, siano poi di fatto riusciti ad occupare un intero paese, e in un passato non lontano. Oggi, la Turchia di Erdogan sembra adottare la medesima tattica. In altre parole, strumentalizza masse apparentemente composte da civili, inquadrati dalle forze dello Stato turco, con l’obiettivo di neutralizzare la sovranità nazionale greca in Tracia, con tutte le conseguenze che ciò potrebbe avere in futuro.

In altre parole, dobbiamo capire che la Grecia sta subendo un attacco su vasta scala. Non abbiamo a che fare con una presunta crisi di rifugiati, né con la presunta gestione dei flussi migratori, e ancor meno con tutto ciò che i soliti pappagalli ripetono attraverso i media. Siamo attaccati dalla Turchia, è un attacco asimmetrico e ibrido, ma non per questo meno totale. La situazione è chiara e netta. E siamo sulla nostra ultima linea di difesa. Se cadiamo nella trappola in cui sono caduti gli spagnoli, sarà vulnerata la nostra sovranità nazionale. Non c’è spazio per le esitazioni, non c’è spazio per letture erronee della realtà. ”(Konstantinos Grivas, 2 marzo 2020).

Sembra che il paese si stia risvegliando. Non è un ingresso pacifico di alcuni migranti economici, ma di giovani maschi invasori organizzati dalla Turchia. La Turchia, come la nebulosa formata da islamisti ONU e ONG, con una diffusione massiccia di SMS incitano alla rivolta i migranti che già si trovano sulle isole, seminando il caos (stampa del 2 marzo). La Marina Nazionale Greca si dispiega a rinforzo dei guardiacoste, e a quanto pare e già stato dato l’ordine di ‘tirare sulla massa di manovra’ “.

Sì, perché non dispiaccia a mondialisti, ai  banchieri, a Soros, agli Antifa e agli altri islamogoscisti, molto spesso, nella storia, le migrazioni non sono operazioni dello Spirito Santo, ma atti di guerra e invasione. Finalmente l’Europa, cioè i popoli e le élites ancora degne di questo nome, ammesso che esistano, ma non certo l’Unione Europea, capiranno che ancora una volta siamo noi a presidiare le Termopili, Salamina e Maratona a difesa del nostro continente e della nostra civiltà, di fronte a invasori e commandos.

Siamo sotto le armi!” esclama Trangas, concludendo la sua trasmissione del 2 marzo. “Isolate le termiti che divorano la nostra nazione e il nostro morale, il nostro paese sopravvivrà, restiamo uniti, coraggio e forza a tutti“. Cioè a dire, anche i media mainstream finiscono per chiamare guerra la guerra, tentativo d’invasione il  tentativo d’invasione. Cronaca diciamo di guerra. Un’altra notte lunghissima.

 

Storico ed etnologo, porto uno sguardo sia etnografico che da cronista (corrispondente in Francia per NemecisMag 2000-2008). Dal 2008, viaggiando per buona parte della Grecia continentale, ho visitato più di trenta isole nel Mar Egeo e nel Mar Ionio, ho incontrato la vita quotidiana di diversi circoli sociali e culturali, toccando le fratture che si moltiplicano sia a livello dei sillogismi collettivi che a livello di relazioni interpersonali in un contesto di tempi di transizione. Il mio approccio si situa ai confini dell’identità e della differenza, e ciò che più conta in un contesto globalizzante di interconnessioni economiche e  culturali, e degli attriti che ne conseguono; alla luce dei quali, la “bancarotta” economica greca non pare affatto costituire un caso a parte. È così che la vita di tutti i giorni, gli stereotipi, l’immaginazione, i piccoli gesti, i significati di scambi, parole, sguardi, sentimenti e insomma le relazioni interpersonali di un intero paese e le sue “piccole storie”, si trasformano a una velocità che a una storico ricorda gli choc di quando si entra in guerra.

Panagiotis Grigoriou

APPELLO URGENTE: il vostro blog ha urgentemente bisogno del vostro sostegno per finanziare un breve soggiorno nell’Egeo orientale, per meglio comprendere la situazione sul terreno. Libertà e indipendenza hanno sempre un prezzo…

 

 

 

[1] “Menace asymmetryque” http://www.greekcrisis.fr/2020/03/Fr0769.html#deb

[2]  byzance.ehess.fr .

[3] http://www.asimmetrie.org/opinions/asimmetrie-di-panagiotis-grigoriou/

 

[4] Il titolo del pezzo riprende la dichiarazione del Primo ministro greco Mitsotakis, che così definisce la situazione al confine greco-turco.

DEL CAMBIAMENTO POLITICO NEL SUD EUROPA, di Pierluigi Fagan

DEL CAMBIAMENTO POLITICO NEL SUD EUROPA. Torna al governo in Grecia il partito cardine del sistema che la fece precipitare nel dramma del 2015. Scontato il momentaneo purgatorio, NeoDemokratia torna con le sembianze del più tipico rappresentante delle élites greche, un banchiere di Harvard con alle spalle una famiglia politica di lungo corso. Le Borse festeggiano in anticipo da giorni con l’acquolina in bocca dato l’annuncio di massicce e corpose privatizzazioni, riduzione dell’impiego statale, meno tasse per le classi commerciali qui molto forti. Forse una Bruxelles PPE-Liberale, allenterà un po’ il cappio al collo dei Greci donando qualche ulteriore possibilità in più. Il sistema elettorale greco, regalerà all’effettivo 40% di ND, la maggioranza assoluta.

Ma il grande ritorno della Grecia media, non è tutto. Dopo quattro anni di governo terribile, un governo che poteva governare solo austerità e contrazione, Syriza segna un inaspettato 32% ma la sua area può anche contare il 3.4% di Varoufakis. Poco più del 35% quindi, cioè esattamente il risultato trionfante ed inaspettato del 2015. Sebbene il governo sarà monocolore ND, la sua area potrebbe contare anche sull’8% dell’ex PASOK un 48% circa quindi per una opposizione che oltre al blocco Syriza-Varoufakis potrebbe contare il 5% degli inossidabili comunisti per un circa 41%. Più altre sigle sparse tra cui un nuovo movimento nazionalista di destra che subentra a gli allarmanti nazisti di Alba Dorata. Insomma, il pendolo della transizione greca oscilla oggi chiaramente a centro-destra / destra ma non poi così tanto e soprattutto dentro una dinamica, appunto, a “pendolo”.

Ne vengono tre considerazioni:

1) Le nazioni europee sono più o meno tutte, storicamente, per lo più centrate su i grandi numeri di un centro che tende a destra. I numeri son questi, piccola e media borghesia alleata della grande borghesia dalla quale riceve possibilità per sviluppare i suoi piccoli affari. Quando non stravincono o vincono è perché parte del loro elettorato non va a votare, non perché ha cambiato idea. Ricordo feroci polemiche con coloro che dimenticando questo piccolo particolare di fisica sociale, vaneggiavano di un tradimento di Tsipras che non aveva voluto uscire dall’euro a suo tempo, come se questo fosse effettivamente possibile e soprattutto come se questo fosse veramente volontà del “popolo”. “Popolo” è un aggregato statistico-culturale, ma le sue partizioni interne sono assai eterogenee e come sempre, contraddittorie. Una politica che non tiene conto di questo baricentro conservatore del sistema, può animare la produzione intellettuale di disegnatori del mondo alla tastiera, ma non produrre cambiamento effettivo.

2) La condizione greca, sappiamo avere non pochi punti in comune con la condizione di altri Paesi del Sud Europa, è un fatto strutturale. Fintanto che qualcuno non inventerà la bacchetta magica per dissolvere l’UE alla mezzanotte del “giorno che cambierà tutte le cose”, le forze politiche dei Paesi del Sud Europa, dovrebbero cercare una loro fronte comune per pesare qualcosa in ambito europeo. Grandi eterogeneità di posizioni politiche vengono magicamente sintetizzate da coloro che concordano su pochi e chiari punti dell’agenda di governo europeo, il potere unisce. L’opposizione invece, non ha mai questa tendenza a sintetizzarsi, odia l’arte del compromesso, ama le distinzioni ideali nitide, identitarie, minoritarie ma pure. In politica, la purezza, è un vizio intellettuale.

3) Qualche ulteriore punto percentuale Tsipras l’ha perso sulla questione del riconoscimento della Macedonia, ovvero sulla questione “nazionale”. Ma Tsipras ha dovuto ingoiare quel punto (Tsipras e Syriza hanno dovuto ingoiare parecchie cose in questi anni, loro ed i loro elettori), per ragioni strettamente geopolitiche. C’è qui tutta una questione che coinvolge la Turchia ed un complesso gioco di controllo dei fondali dell’Egeo ricco di gas nel più ampio gioco Mediterraneo (giacimenti al largo della costa siriana, libanese, cipriota, israeliana). Non è stata l’UE ad imporre il contrastato riconoscimento della Macedonia che qui è atavica questione nazionale che risale ad Alessandro il Grande, ma gli USA e quell’imposizione per una serie di complicate ragioni che qui non possiamo dettagliare, non aveva alternative politiche realisticamente possibili.

Quindi, a proposito dei progetti di cambiamento politico nel Sud Europa, si tenga ben fisso in agenda questo breve elenco: a) i progetti di egemonia su una massa decisiva di popolo debbono avere ben chiaro in mente chi è questo popolo, cosa vuole, cosa sa, cosa è disposto a fare e subire per raggiungere un supposto obiettivo di cambiamento; b) in attesa di migliori condizioni di contesto, l’UE esiste e tocca farci i conti. Le sue forze maggioritarie tra l’altro alleate di quelle del capitale finanziario occidentale globale, sono formidabili. Andare al confronto senza una chiara alleanza intra-europea, non ha speranze; c) il contesto geopolitico non è la quarta pagina del giornale da frequentare per coloro che hanno aspirazioni estere, il contesto geopolitico è politico, l’esterno è solo la parte fuori dell’interno ed assieme fanno l’Uno oggetto di contesa politica.

Se queste tre cose non vengono pensate “tutte assieme”, scriviamo articoli e post su facebook, ma non illudiamoci di star facendo politica. E soprattutto, scordiamoci di poter governare un cambiamento.