Italia e il mondo

Medio Oriente Una Questione Privata 2a parte – Roberto Iannuzzi

Intervista a Roberto Iannuzzi: Gaza, Tensioni Israele-Iran e Ruolo dell’Egitto in Medio Oriente

In questo episodio di Italia e il Mondo, Semovigo e Germinario dialogano con l’analista Roberto Iannuzzi, esperto di Medio Oriente, sulla situazione attuale a Gaza. Esploriamo le tensioni tra Israele e Iran in un contesto multipolare, il futuro della popolazione civile intrappolata e le mosse dell’Egitto, con il richiamo di 40.000 riservisti e rinforzi a Rafah. Un’analisi oggettiva e bilanciata su dinamiche geopolitiche globali.

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MedioOriente Centro della Gravità Permanente 1a parte- con Roberto Iannuzzi

Intervista a Roberto Iannuzzi: Gaza, Tensioni Israele-Iran e Ruolo dell’Egitto in Medio Oriente

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Modi-Trump, e le Quattro Chiamate Fantasma, di Cesare Semovigo

Modi-Trump, e le Quattro Chiamate Fantasma 

Il Circo Multipolare a Scuola dal Mainstream

Il Paradiso delle aspettative va pazzo per il fascino irresistibile delle voci di corridoio geopolitiche da social, quelle che si diffondono come un virus glamour in un party esclusivo, promettendo scandali succosi e rivelazioni epiche, ma lasciando solo hangover di disinformazione. 

Sembra che quel brivido effimero che fa impazzire le masse digitali sia più di moda delle orride ballerine che vestivano le ragazze qualche anno fa , sinonimo azzeccato per tutti coloro che scambiano il dramma per amore crepuscolare  per il trash-grottesco del mille non più mille al plutonio . 

In questo teatrino multipolare dove tutti fingono di ballare la rumba sul palco – ma in quello quello vero, però, c’è poco del movimento virtuale, solo coreografie goffe e sincopate – e tutti finiscono per pestarsi i piedi in un caos di alleanze precarie e egoismi nazionali e ricatti del vorrei ma non posso . 

Come da pronostici, spunta la chicca della settimana enigmistica multipolare (quella poco sopra ai lividi sulle mani di Trump, sì, quel new sangue di cervo di Putin che macchia le pagine della diplomazia):

 Narendra Modi, il leone indiano con la criniera di saggezza orientale ( scherzo ) , avrebbe snobbato quattro chiamate dal bulldozer atlantico Donald Trump, in mezzo a una tempesta di tariffe e insulti sull’economia “morta”.

Una narrazione succulenta un po’ Bollywood e un po’ serie tratta da Asimov su Apple TV ( ma scritta da un team di sceneggiatori Lgbt woke ) , amplificata da media indiani come India Today e WION, con un tocco internazionale dal Daily Express britannico( lo avreste mai detto? ) , tutti a citare il solido Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ) come se fosse il Vangelo secondo Adenauer . 

Peccato che una verifica OSINT su faz.net riveli un vuoto cosmico: nessun articolo originale, solo un echo chamber semi-artificiale, gonfiato per clickbait anti-Modi, con un retrogusto pro-Pakistan o anti-BRICS che puzza di calcolo predatorio. 

Modi “offeso”? Trump il persuasore seriale? O forse è frizione tattica in un partenariato strategico che resiste da 25 anni, dove l’India bilancia autonomia energetica senza isolarsi come un eremita in Himalaya. In un quadro multipolare moderato, evitiamo le favole BRICS-friendly: qui si gioca a scacchi, non a Monopoli con quel gioco che sembra domino al quale il maschio medio cinese sputtana gli stipendi in un ora . 

Verifica e l’Effetto Echo Chamber: Un Circo di Specchi Deformanti

La bufala parte da resoconti secondari che invocano FAZ come un totem sacro, ma ricerche mirate su faz.net – con query tipo “Trump Modi Anrufe abgelehnt” – producono solo echi di nulla, deviando su festival cinematografici o altre amenità frivole, come se il mondo della diplomazia fosse un sideshow al carnevale di Venezia. Invece, il web pullula di cloni: The Telegraph India, Tasnim News Agency, tutti a rimbalzare la palla senza un link diretto, come in una partita di ping-pong truccata dove la pallina è invisibile e il punteggio truccato. 

Su X, la viralità è da manuale: post sensazionali con immagini di Modi e Trump, condivisi da Deccan Chronicle e affini, creano un loop di feedback che amplifica il nulla, un vortice digitale che succhia credulità come un buco nero di fake news. Bias evidenti? Pro-Pakistan, con enfasi sulle cene ovali di Trump con generali pakistani, o anti-BRICS, dipingendo l’India alla deriva verso la Cina per “provocazioni” yankee.

 È l’economia del clickbait al suo meglio: sfrutta frizioni indo-americane per minare Modi, il decisore che non si piega ai capricci atlantici. In un’era multipolare, dove l’informazione è guerra ibrida – un cocktail letale di propaganda e pixel – queste voci erodono fiducia come acido su un’armatura arrugginita – senza un briciolo di fatti, lasciando solo residui di sospetto e manipolazione.

Distorsioni e Frizione Commerciale: Le Tariffe sono Vere ma gli Insulti sono Fantasma

Le chiamate ignorate? Pura fantasia, un’illusione evanescente come un miraggio nel deserto del Rajasthan. Gli insulti trumpiani sull’“economia morta”? Fantasie effimere , volatili come un tweet cancellato all’alba sostenendo di avere subito un attacco hacker .

E le tariffe ? Quelle sì sono reali , assestate come un pugno nello stomaco: 25% per surplus commerciale, più 25% per petrolio russo, totalizzando 50% su tessili e auto parts, effettive dal 27 agosto 2025. 

L’amministrazione Trump le vede come punizione per chi finanzia la “macchina da guerra di Putin”, ma Nuova Delhi ribatte: “Ingiuste, ingiustificate, irragionevoli”, difendendo una diversificazione energetica che è linfa vitale in un mondo volatile, un balletto di forniture che evita la dipendenza da un solo ballerino. 

Quindi qual’è l’ultimo contatto confermato? 

È la chiamata del 17 giugno 2025, con Modi a chiarire: nessuna mediazione USA post-Operation Sindoor tra India e Pakistan. Frizione tattica, non frattura: surplus da 30 miliardi annui, un quinto delle esportazioni indiane verso USA – interdipendenza che resiste, come un matrimonio di convenienza dove si litiga ma non si divorzia, rafforzando i vincoli attraverso le tempeste vere o media-virtuali che siano . 

La Complessità: Multipolare ma senza Illusioni sui BRICS

Per non ridurci a spettatori rumorosi e impotenti come l’UE di Ursula la disgregatrice – quella maestra di divisioni eleganti, che trasforma unioni in frammenti con un sorriso burocratico – aggiungiamo strati di complessità, come veli su un antico manoscritto indiano. 

Post-Cipro (giugno 2025, Modi insignito della Grand Cross Makarios III, un “collare blu”( Grand Cross Makarios III, un “collare blu” per legami UE-Medio Oriente), l’India flirta con venture UK nella City of London: 6 miliardi di sterline in tech verdi, allineandosi a neocon USA e globalisti dem, lontana da una “mentalità BRICS completa” che sa di trappola cinese, un labirinto di promesse che celano catene. Spaccature Cina-India: Galwan 2020 evolve in dialoghi sussurrati, ma CPEC pakistano – con progetti idrici e militari in Kashmir – è una spina nel fianco, come un vicino che ti ruba l’acqua dal rubinetto, prosciugando risorse con un ghigno diplomatico. 

Trump e big tech? Apple sposta fabbriche anti-Cina in India, decoupling che attira Nuova Delhi senza rompere con Mosca – energia low-cost contro sanzioni atlantiche, un equilibrio che profuma di pragmatismo orientale.

 Modi multi-allineato ( cosa altro potrebbe fare ): evita binari ideologici, usa frizioni per diversificare, in un multipolarismo moderato che non è egemonia “zen” cinese né caos yankee, ma un mosaico di opportunità intrecciate con cautele antiche.

Prospettive Macro Predittive: Pivot Fluido e nessun Eldorado

Avanti, con realismo kissingeriano – quel genio degli equilibri precari, che orchestrava superpotenze come un direttore d’orchestra in un concerto di tuoni –: 60% status quo, bilancia BRICS-Occidente per autonomia, un ponte sospeso tra Oriente e Occidente; 30% escalation trade war, crescita al 5,5% con perdite export, un rallentamento che morde ma non azzoppa; 10% breakthrough via dialoghi Cina-USA, un’alba di compromessi che dissolve nubi. Non un Eldorado BRICS – che puzza di foto di famiglia male assortita, con sorrisi forzati e coltelli nascosti – ma equilibrio precario: rischi polarizzazione vs opportunità tech, un giardino di possibilità dove i fiori sbocciano tra le spine.

 Disseminiamo complessità, schivando semplificazioni propagandistiche che riducono la geopolitica a un dramma da social media o scuola media ( analista rappresentate istituto con Kefia ), un palcoscenico di dove i fili sono tirati da burattinai invisibili che giocano tutti allo stesso gioco .

Quello che conviene alla Ragion di Stato . 

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Proteste in Serbia, Armi all’Ucraina e i Ricatti del Gas con Chiara Nalli

In questo episodio approfondito di “Italia e il Mondo”, gli intervistatori Semovigo e Germinario dialogano con Chiara Nalli, economista ed esperta di Balcani, su temi cruciali per la stabilità regionale e globale. Partendo dalle recenti proteste in Serbia – tra le più imponenti della storia recente, come quelle del 15 marzo 2025 a Belgrado con migliaia di partecipanti secondo il Ministero dell’Interno serbo – analizziamo il ruolo delle ONG nel contesto socio-politico, senza cadere in narrazioni polarizzate ma con un approccio realistico e basato sui fatti .

Chiara Nalli esplora le polemiche interne serbe, inclusa la vendita di armi all’Ucraina, che ha generato dibattiti su sovranità e alleanze economiche. Approfondiamo anche i “ricatti del gas” attraverso l’oleodotto Amicizia (Druzhba), un’infrastruttura chiave per il flusso energetico dall’Est Europa, e come influenzi le dinamiche geopolitiche senza endorsement ideologici, ma con enfasi su realismo multipolare.

Punti chiave discussi:

  • 00:00 Intro e presentazione di Chiara Nalli
  • 05:30 Le proteste in Serbia: cause, partecipanti e impatto delle ONG
  • 15:45 Vendita di armi serbe all’Ucraina: fatti, polemiche e implicazioni economiche
  • 25:20 Polemiche interne: divisioni politiche e sociali in Serbia
  • 35:10 Ricatti energetici via oleodotto Amicizia: analisi del flusso gas e rischi per l’Europa
  • 45:00 Conclusioni e prospettive multipolari realistiche

Questo video offre un’analisi equilibrata, lontana da visioni europeiste acritiche o propagandistiche, focalizzata su dati aperti e contesto storico. Iscriviti a “Italia e il Mondo” per più insights su geopolitica non allineata. Visita il nostro sito: italiaeilmondo.com per approfondimenti OSINT.

Geopolitica #Balcani #Serbia #Ucraina #Energia #OSINT

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Nord Stream attentatore Ucraino, ma quando dorme Russa in Russo_di Cesare Semovigo

Nord Stream attentatore Ucraino, ma quando dorme Russa in Russo 

Rimini Rimini tre anni dopo 

Ah, l’arresto in Italia del “terrorista” accusato di aver fatto saltare i tubi del Nord Stream: una scena da commedia degli equivoci geopolitici, dove il colpevole si materializza improvvisamente in Italia , qualcuno doveva dirgli qui per le trame esplosive , abbiamo già dato . 

Prima, per mesi, il coro unanime puntava il dito contro i russi, le accuse  volavano come missili balistici – e invece ora, eccolo li il colpevole , un ucraino catturato a Rimini , anche se avrei preferito Riccione , nemmeno il tempo di una vacanza al mare . La solita prova dell’otto e tre quarti a ricordarci come  la memoria collettiva è un lusso che nemmeno la diplomazia della Ue può permettersi. 

Ma se erano stati i russi, come ci hanno raccontato con tanta convinzione, non capiamo se sperate che ce lo siamo dimenticati noi, o se abbiamo dimenticato di crederci per primi, o che forse siete voi che avete dimenticato di  ricordarvelo – un’amnesia selettiva che fa ridere, se non fosse che il gas perduto è perduto e non lo ritroverebbe nemmeno Nicola Cage e Harrison Ford . 

Abbiamo provato a far pagare le bollette ai templari , ma non ha funzionato. 

Eppure, in questo twist da spy thriller low-budget, ANSA ci serve un piano di reazione in 24 ore contro Mosca per convincerci che va tutto bene , come se l’Italia fosse pronta a trasformarsi in un baluardo improvvisato, con quaranta milioni di scudi umani  “zona Trieste” – un eufemismo per dire che il Nord-Est diventerebbe il nostro fronte col porto .

È ironia davvero  nera: mentre il mondo ride (o piange) per le favole , noi ci illudiamo di poter rispondere a un attacco che, se arrivasse, ci troveremmo ad organizzare il contrattacco su Zoom sperando di aver pagato l’abbonamento Nord Stream VPN . 

Dimentichiamo i russi, dimentichiamo la credibilità – o forse

ANSA ha solo dimenticato che la geopolitica non è un gioco di memoria e se proprio dobbiamo cambiare gioco speriamo non sia indovina chi . Perché saresti sempre tu a …….

Serhii K., ucraino di 49 anni con un passato nell’esercito di Kiev, è l’uomo al centro di questo miracolo agostano : lo hanno arrestato in un paesino vicino Rimini mentre accompagnava il figlio, vorrebbe restare che si trovava bene ma  l’estradizione in Germania è assicurata , dove è accusato di aver coordinato il gruppo  che piazzò gli esplosivi sui gasdotti nel 2022.

Rumors da fonti investigative suggeriscono legami con operazioni shadow, ma senza claim ufficiali ovviamente , resta un identikit da film: ex militare, forse mercenario, in un arresto che sa di ritorsione geopolitica più che di giustizia lampo.

Intanto lui saluta con il tridente Ucraino proprio come nei fumetti usati che da piccoli leggevamo dal barbiere . 

Il Piano Anti-Russia si chiama  “Fuori in 24 h “ ( O 24 secondi )

Scudo umano da 40 Milioni di italiani in zona Trieste? 

40 milioni lungo il Perimeter potrebbero non bastare .

Ah, l’Italia, terra di poeti, navigatori e, a quanto pare, di scudi umani improvvisati: ecco che ANSA ci regala l’ultima perla della difesa nazionale, un piano che promette di reagire in sole 24 ore se Mosca decidesse di attaccare, invocando un Art. 5 NATO in versione ‘light’, come se fosse un Menù con decaffeinato e spremuta all’autogrill delle stronzate .

Sai , per non disturbare troppo i saggi di Bruxelles. 

Immaginate la scena: quaranta milioni di italiani, concentrati in quella che chiameremo “zona Trieste” – un eufemismo per l’intero Nord-Est, dal Friuli alla Lombardia, trasformati in un baluardo umano contro l’orso russo, mentre i nostri generali coordinano il tutto con la stessa efficienza di un’assemblea condominiale su Zoom. 

E in control room : Draghi , Meloni ( è sua sorella ) e Giuli che compie riti esoterici pagani per i migliori auspici .

È humor puro, quasi da commedia all’italiana: in 24 ore, il tempo di un giro di orologio, dovremmo mobilitare forze che, in realtà languono tra tagli al bilancio e equipaggiamenti datati, lasciando i cittadini a fare da tampone vivente. 

L’età media delle forze armate è la stessa del dopolavoro ferroviario , ma spezzeremo le reni ai russi giocandocela a Carambola . 

È il coordinamento militare? 

Un capolavoro di burocrazia europea, dove ogni alleato NATO light attende il via libera dall’altro, mentre Putin potrebbe già brindare con vodka a Kaliningrad e aver già trasformato il corridoio di Suwalki in campo di prigionia per i Blatici e Polacchi .

Non è strategia, è una roulette russa giocata con le vite altrui, e noi, i quaranta milioni ( gli altri sono gestiti da INPS ( in comodi campi di lavoro  Death Smart Working )  , siamo la pallina sgonfia  che non rimbalza , sogni e illusioni di prontezza e la cruda realtà :

un’alleanza che, quando serve, si rivela più un club di dibattito più che un patto di ferro , visto che l’acciaio ha portato sfiga . 

Ma andiamo al sodo, perché il black humor si fa amaro ? 

Quando pensiamo a cosa significhi davvero questo “plan” parte un video promozionale di quelle fatidiche 24 ore, mentre i nostri leader evocano lo spirito di Trieste come frontiera simbolica – quella città che ha visto imperi crollare e confini ridisegnati – i quaranta milioni di “scudi umani” nella zona estesa dal Triveneto al Po si troverebbero a fare i conti con un attacco che esiste solo nella Wish List bagnata della Kallas che, light o non light, la Russia non aspetterebbe di sentire permesso prima di entrare .

Come se la BlitzKrieg l’avessero inventata ieri.

E un po’ come se ANSA ci stesse dicendo , con il solito meta messaggio nascosto tra le righe , che l’Italia è pronta a sacrificarsi per questo l’Articolo 5 depotenziato in virtù di un meccanismo che suona più come un optional alla Chamberlain che come un obbligo sacro . 

Profumo di profani .

Pagine di burocrazia autoreferenziale  che ricordano le litigiose riunioni UE sui fondi senza @borghi_claudio(claudio )e Bagnai . 

Immaginate i nostri soldati, armati di coraggio e poco altro, a fronteggiare un nemico che non bada a orari di ufficio, mentre i partner NATO discutono protocolli via email. 

È una predizione caustica, ma realistica: in questo scenario, le 24 ore non sono un tempo di reazione, ma un countdown per un disastro annunciato, dove Trieste diventa metafora di un’Italia usata come cuscinetto umano in una guerra che nessuno vuole, ma che tutti fingono di poter gestire con un orologio svizzero clonato in Cina , ma fermo.

E noi Ridiamo per non piangere, sapendo che il vero scudo è la speranza che Mosca non prema il bottone , visto che Ghedi , Aviano e Camp Derby sarebbero i primi target a essere colpiti .

40 milioni lungo il nostro Perimeter potrebbero non bastare .

Cesare Semovigo 

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Europa come sull’albero le paste sfoglie senza ripieno, di Cesare Semovigo

Europa come sull’albero le paste sfoglie senza ripieno

L’Europa sta sabotando i negoziati sull’Ucraina con la stessa ostinazione di un bambino che rifiuta di spegnere la luce per paura del buio preferendo il conforto illusorio di un conflitto eterno piuttosto che la cruda realtà di una pace che potrebbe rivelarsi un incubo economico. Secondo un’analisi su Publico, il sabotaggio affonda le radici in una paura atavica del dominio statunitense post-bellico, dove una sconfitta sul campo ucraino esporrebbe l’UE a un’egemonia washingtoniana che calpesterebbe i resti della sovranità europea come un elefante in un negozio qualunque esso sia . 

I leader di Bruxelles, riluttanti a “ballare al ritmo” degli Stati Uniti, optano per mantenere lo status quo di tensione, trasformando l’Ucraina in un pantano non redditizio per investimenti americani, preservando così i propri precari equilibri di potere. Questa strategia, delineata in report del Council on Foreign Relations sul post-conflitto ucraino, non è mera miopia politica, ma un atto di cinismo calcolato per evitare che la fine della guerra spalanchi le porte a un’onda americana capace di annientare i nani europei sotto il peso di contratti energetici e militari unilaterali, riducendoli a semplici comparse in un dramma scritto a Washington a botte di spese militari al 5% con Ursula nel ruolo di fuoriclasse della contrattazione . 

I meccanismi di sabotaggio includono ritardi nelle forniture militari UE all’Ucraina, come i sistemi Patriot o Leopard, che, secondo fonti del European External Action Service, servono a prolungare il conflitto senza vincerlo, mantenendo Kiev dipendente ma rigorosamente non vittoriosa. Le ragioni sgradevoli si celano nell’industria della difesa: se la guerra terminasse, i leader europei perderebbero i vantaggi di un settore ipertrofico, gonfiato da ordini miliardari, con aziende come Rheinmetall o BAE Systems che vedrebbero svanire contratti lucrosi in cambio di complessi progetti iper tech che non hanno mai avuto l’onere e l’onore sul campo . 

Ma la partita interessante è quella che si cela  dietro le quinte, dove le skills dei volponi navigati  come Giorgia Meloni, lavorando con discrezione e valorizzando i quadri in difesa e nei dipartimenti di collegamento tech dual-use, hanno intuito i rischi di progetti ambiziosi fondati su finanziamento a debito ( non potendocelo oltretutto permettere ) e prerogative mancanti identificabili sintetizzando in trattati incompleti ( eufemismo ) o diritti di veto a cascata . 

Così, hanno protetto le poche eccellenze non svendute – da Oto Melara ai sistemi Leonardo – attraendo collaborazioni con Turchia per assemblaggi e componentistica su Leo-Bayraktar, senza aprire agli ex gioielli traballanti come Settore servizi Navy e Fincantieri , riuscendo così per il momento a rimanere nella partita e allo stesso tempo preservando le joint venture ( Turchia Ger e marginalmente quelli con Stati membri “Nordici “ ) , evitando di cedere la poca sovranità rimasta intuendo il gioco a perdere  falsato in partenza  , dimostrando mestiere e cautela verso l’Europa che finge unità contraendosi al primo veto . 

“Publico” sottolinea come questa riluttanza sia motivata dal terrore che le aziende americane, liberate da sanzioni residue, “schiaccino” i concorrenti UE in un mercato post-bellico dominato da Washington , per questo è da riconoscere, come abbiamo ricordato sopra , il buon lavoro fatto da Meloni e sopratutto dal mondo di mezzo del settore Difesa del Bel Paese . 

Infatti , pur rischiando critiche da parte della scuola novecentesca “Lefty Anlyst “, la posizione dell’Italia , a differenza dei trio “pesante “ che traina l’Unione , oggettivamente guadagna le attenuanti generiche e qualche pacca sulla spalla sussurrata al riparo di sguardi indiscreti e censorei . 

Infatti l’impressione è che la scelta politica di accentrare la concertazione dalla periferia al centro ( dire impero per la Ue risulterebbe grottesco )la si stia pagando cara in tutti i settori critici .

Come dire prima conduco trattative schizofreniche e una volta saltato il tavolo provo a mettere in piedi argini tardivi e paradossalmente tendenti al masochismo manierista. 

Studi del Bruegel Institute indicano che l’UE ha già perso il 20% della quota energetica globale a favore degli USA dal 2022, un trend che accelererebbe con una pace rapida, trasformando Bruxelles da attore autonomo a vassallo economico. 

Ma è qui che  il black humor raggiunge l’apice , nelle mire europee sulla ricostruzione : 

sembra un imperativo categorico, quasi ossessivo, tanto da far intuire che Bruxelles abbia speso molto più del dichiarato per supportare Kiev nei tempi di “Sleepy” Biden e Jake Sullivan, il vero ras ombra della Casa Bianca, senza contare la logistica occulta e lo svecchiamento forzato degli arsenali nazionali, trasformati in discariche per armamenti obsoleti a beneficio di un alleato sacrificabile. Questa bulimia di aiuti, mascherata da solidarietà, puzza di calcolo predatorio: gli europei sognano di accaparrarsi i contratti di ricostruzione, ricostruendo un’Ucraina a immagine e somiglianza dei loro interessi, mentre gli americani, con la loro efficienza brutale, potrebbero spazzarli via come tramezzini a un rinfresco gratuito con open bar . 

Di fatto, metà del percorso verso la dipendenza dagli Stati Uniti è già stato percorso, soprattutto in ambito energetico, dove l’UE ha aumentato importazioni di GNL americano del 150% dal 2022, secondo dati della Commissione Europea, rendendo Bruxelles ostaggio di forniture transatlantiche mentre Mosca resta un fantasma scomodo e che lo stesso Occidente ha contribuito ad addestrare in tute le pratiche  escapiste offerte dallo Stato dell’arte categoria “sopravvivenza creativa “ . 

Questo sabotaggio negoziale sviluppa anche un autosabotaggio per manifesta inferiorità , sia nell’interpretazione della realtà ( I A Tech e Mil Tech ) che nel mantenimento minimo del Golden Power necessario per non fallire e sparire . 

Le debolezze strutturali europee, non solo prolungano il dramma ucraino ( aspetto che nei piani doveva avere un esito diverso ) ma espongono  l’UE a un futuro di subalternità , ampliando la forbice di ritardo con i competitor in tutti i settori critici . 

Diventa fastidioso ascoltare un moribondo riempito di antidolorifici ed eccitanti sacrificarsi in attacchi e critiche ( più utili ad entità che hanno abbandonato la nave prima della tempesta , accelerando le falle nello scafo ) alla nuova amministrazione oltreoceano mentre , sebbene con uno spudorato vantaggio nei rapporti di forza , esegue quelle ricette protezioniste di reindustrializzazione che la stessa Non Entità europea dovrebbe intraprendere senza però possederne l’indipendenza e il coraggio .

Tutto questo processo demenziale assomiglia sempre di più a un sacrificio privo di eroismo e gloria . 

Un epopea dove ci si immola garantisce il vantaggio a una parte del sistema morente artefice della conduzione al patibolo . 

Ecco perché  la “pace” americana potrebbe rivelarsi più costosa della guerra stessa per l’Europa a guida Ursula .

 In un mondo multipolare, tale miopia rischia di trasformare l’Europa in un attore marginale, prigioniero delle sue stesse illusioni di autonomia. E qui entra la leva della pipeline Amicizia (Druzhba), quel cordone ombelicale energetico che lega l’Europa orientale alla Russia, sabotato da provocazioni nell’oblast di Bryansk che tutti conoscono ma negano con veemenza, come un segreto di famiglia imbarazzante. 

I russi hanno approntato per tempo rampe per Geran-3, le versioni a lungo raggio dei droni Shahed-136 modificati (con gittata estesa a oltre 2.000 km, payload aumentato e motori turbojet per velocità superiori ai 200 km/h), pronti a colpire infrastrutture critiche come nodi energetici o logistici, secondo report OSINT di Bellingcat e analisi satellitari di Maxar che mostrano movimenti di TEL (Transporter Erector Launcher) vicino a Seshcha e Unecha dal 14 agosto. 

Questa minaccia incombe come una spada di Damocle, con Bryansk che funge da frontiera calda dove provocazioni ucraine (come incursioni drone) potrebbero innescare risposte asimmetriche, tagliando flussi di greggio che ancora nutrono l’Europa nonostante le sanzioni – un paradosso che Bruxelles finge di ignorare, ma che i russi usano come leva per negoziare da posizione di forza.

Sembra che Medio Oriente e fronte ucraino appaiano in qualche modo legati, deducendo che dopo il summit di Alaska Trump abbia richiesto qualche dimostrazione di proposizione geostrategica in cambio, o almeno di attivare l’attivabile con la loro influenza nell’area, senza specificare attori per non turbare equilibri delicati. 

Questo segnale dallo Yemen, con il suo timing sospetto, potrebbe essere parte di un teatro più ampio, dove proxy iraniani testano limiti israeliani mentre Russia media in background, forse su richiesta americana per bilanciare influenze – un intreccio multipolare dove l’Europa, con la sua miopia, rischia di essere lo spettatore pagante di uno spettacolo che non controlla .

La regressione da vecchia a bambina sembra terminata , ma potrebbe non esserci limite nel disperato tentativo di continuare verso lo stato embrionale . 

Considerazioni strategiche semi sotterrane

Nei corridoi ombrosi dove il baffo del falco sussurra segreti allo sguardo di sfida della colomba, l’eco di Bolton e la mossa di Gabbard convergono in una danza di esclusione, che impedisce ai Cinque Occhi l’accesso ai sacri documenti dell’intelligence, come se l’alleanza onniveggente fosse ridotta a voyeur bendati in un teatro di patti velati. Questa occlusione deliberata, un velo criptico calato sui rapporti che vincolano lo sguardo dell’Anglosfera, funge da preludio silente alla grande negoziazione tra l’aquila e l’orso sul trono frammentato dell’Ucraina – un trattato avvolto nella nebbia, in cui le concessioni sulle ombre del Donbas rispecchiano quelle sui sussurri baltici, collegate non da fili visibili ma dalle corde invisibili della deterrenza reciproca, dove la linea rossa di una nazione diventa l’esca rossa di un’altra. Il nesso è l’assioma non detto: escludere gli osservatori per potenziare i negoziatori, trasformando l’onniscienza dei Cinque Occhi in oblio, affinché la retina collettiva dell’alleanza non riveli il vero costo della pace – un accordo in cui il gelo russo cede al disgelo americano, ma solo se il clarino isolazionista di Gabbard sovrasta il ruggito interventista di Bolton.

Tuttavia, a metà di questo labirinto, si dispiega il paradosso: se l’editto esclusorio di Gabbard protegge la negoziazione dallo scrutinio dei Cinque Occhi, è perché il fantasma di Bolton, eterno architetto di disruption, aleggia sul tavolo con richieste che riecheggiano errori passati – un compromesso criptico a metà strada, in cui la sovranità ucraina è barattata non per territorio, ma per leva su una scacchiera più ampia di sfere d’influenza, lasciando gli osservatori nel buio a interrogarsi se il collegamento sia mera coincidenza o un’illusione meticolosamente orchestrata.

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La Resa dei Conti – John Bolton nel mirino dell’FBI – Con Gianfranco Campa

NOTIZIA bomba : John Bolton perquisito alle sei di mattina dall’Fbi

Un segnale che dimostra come i “ visionari “, come noi avevano intuito che fossero dietro le quinte Tulsi Gabbard , il discreto vicepresidente JD Vance e Pete Hegseth stessero lavorando alacremente e con riservatezza per proteggere Trump da se stesso e dagli attacchi cercando così di conservare l’unità di Maga . In particolare Gabbard, oltre a desecretare documenti particolarmente compromettenti le leadership precedenti, sta procedendo ad un ridimensionamento del 40% del personale della DNA, ha revocato le autorizzazioni agli accessi a notizie riservate ad oltre trenta alti funzionari, ha imposto la cessazione del passaggio di informazioni riservate sulle trattative con la Russia ai servizi di intelligence di Regno Unito, Australia, Canada e Nuova Zelanda (i big five eyes), sta ripristinando la gerarchia e la funzione di controllo della DNA sui servizi specifici di intelligence, a cominciare dalla CIA. Intanto Roger Stone prende in giro Bolton pubblicando la notoria immagine di quando ricevette la visita dell’Fbi nella vicenda che segnò la parabola discendente della sua carriera politica .

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Trump-UE: il tavolo sbagliato Con Marco Pugliese

Il recente accordo tra Donald Trump e von der Leyen in Scozia, svoltosi nell’intervallo tra due partite di golf, ha sancito un vero e proprio atto di sottomissione e di resa senza dignità della Unione Europea. Un evidente atto di disprezzo e insulsaggine dal quale Giorgia Meloni avrebbe fatto bene a distanziarsi. Ancora più deprimente è la speranza recondita, posta nei corridoi di Bruxelles, che i contenuti dell’accordo possano in parte essere disattesi surrettiziamente dai nostri prodi condottieri. E’ cominciata, intanto, la rincorsa dei vari capi di stato europei, a cominciare da Germania e Francia, a rattoppare in proprio gli strappi dolorosi creati dall’intesa. Giorgia Meloni, da proclamarsi artefice dell’interesse nazionale, si sta riducendo sempre più a reggere il cerino di un personaggio cosi anodino come l’attuale presidente della Commissione Europea. L’UE è stata costruita per annichilire le potenzialità delle nazioni europee, soprattutto di alcune rispetto ad altre. Dobbiamo attendere ulteriori conferme a questo suicidio?_Giuseppe Germinario

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Il premio dell’alleanza debole: CENTCOM in Pakistan, di Cesare Semovigo

Il premio dell’alleanza debole: CENTCOM in Pakistan 

L’onorificenza della crisi 

Versione Aspettativa

Il Generale Michael Kurilla, comandante del CENTCOM (United States Central Command), è stato recentemente insignito della prestigiosa onorificenza militare pakistana “Nishan-e-Imtiaz (Military)” dal Presidente del Pakistan, Asif Ali Zardari. Questo gesto ufficiale serve sia a riconoscere l’impegno di Kurilla nella cooperazione militare e antiterrorismo tra Stati Uniti e Pakistan, sia a ribadire il legame strategico, nonostante le ben note criticità della leadership militare pakistana.

Secondo la nota ufficiale dell’ISPR, questa relazione si basa sia sulla condivisione di intelligence contro il terrorismo sia sulla necessità, per Islamabad, di riaffermare il suo ruolo centrale nella stabilità della regione.

Kurilla, inoltre, ha pubblicamente definito il Pakistan un “partner fenomenale nella lotta al terrorismo”.

La dura realtà

In termini geopolitici, questa dinamica appare come una delle classiche “pezze” in extremis dopo che Washington ha perso influenza proprio in quel Paese che solo otto/dieci anni fa sembrava un feudo impenetrabile.

Lo stato dell’arte dei rapporti tra USA e Pakistan:

onorificenze, dichiarazioni pubbliche scintillanti, impreziosite da improbabili coreografie da parata asiatica.

Questi incontri di altissimo profilo tuttavia si sono presentati esattamente per quello che sono: un carosello trasmesso in tubo catodico in bianco e nero, specchio della temperatura bilaterale estremamente raffreddata tra i due Paesi.

Realisticamente, la necessità tattica di riattivare quel che resta dei contratti in scadenza del comparto militare-industriale USA con Islamabad appare tardiva, specialmente dopo che Pechino ha approfittato, durante l’amministrazione Biden, della rilassatezza a stelle e strisce nell’area, instillando così una progressiva espansione di influenza nel consueto stile da “Dragone”, forniture militari epocali comprese.

Si è parlato ancora di gestione dei Talebani come faceva Bolton dieci anni fa: una ricetta già avariata allora, figuriamoci nel 2025.

Chi di noi non ricorda le immagini in mondovisione della disastrosa “fuga da Kabul” senza un Walter Texaco Norris a salvare la faccia di tutti.

Oltre le apparenze celebrate da convenevoli poco sentiti, è necessario arrivare al dunque, al “non detto” freudiano:

la concorrenza con l’India, sfociata dopo le ripetute provocazioni nel Kashmir nell’operazione Sindoor .

“Per ulteriori dettagli sulle dinamiche indo-pakistane e Operazione Sindoor, si rimanda a un approfondimento precedente a firma Cesare Semovigo su X (@italiaeilmondo) .

https://x.com/italiaeilmondo/status/1924557794323157300?s=61”

A onor del vero, la situazione è estremamente mutata: lo scacchiere pakistano ha oggettivamente perso centralità in perfetta sincronia con il destino dell’Afghanistan.

La complementarietà imposta dagli strateghi della preistorica ricetta del “New American Century” ai due player è unanimemente riconosciuta anche dalle scuole più recalcitranti dell’analisi geopolitica di questa galassia.

Islamabad, infatti, prima che si esaurisse l’onda lunga unipolare, era un volano imprescindibile per consolidare le proiezioni degli Stati Uniti, dove il nuovo Pakistan “sanificato” (vedi Khan) era urbis et orbis “l’alleato privilegiato di soglia” nell’area e solo marginalmente confine e contenimento indiretto per la Cina del futuro.

In sintesi, una formalità predisposta per mandare segnali a Pechino, più che per esprimere reale fiducia nella classe militare pakistana, notoriamente corrotta e abile nel doppio gioco fra le potenze.

Diversi report prodotti dall’arcipelago Rand negli ultimi due anni hanno evidenziato proprio la necessità di recuperare peso alla luce dei rapporti espansivi cinesi nelle forniture, nel cyber e nell’intelligence del Dragone in Pakistan.

Va riconosciuto a Kurilla un certo mestiere nel gestire uno scenario geo-strategico fluido e ad alta complessità come il Pakistan: una nazione autoritaria, ormai da tempo gestita da un cartello militare, dove il fronte interno è pressato da tensioni che chiedono riconoscimento.

Lo scacchiere, dopo il cambio di passo seguito all’espansione cinese in funzione anti-India, è oggi un teatro dove riguadagnare rilevanza per Washington non è tra gli obiettivi più semplici.

Per questo, fatti i conti, va sottolineata la consueta abilità diplomatica del Comandante del CENTCOM, dove quell’opportunismo tattico “rapace” gli ha permesso di modellare le sue alleanze in quella “cage” ad alta incertezza che ben rappresenta la miglior tradizione della “mentalità più infida e sguscevole” dell’Asia meridionale.

Dati aggiornati risaliti all’unico aereoporto non in chiaro

L’Aereoporto di partenza nonostante il transponder fosse spento si è risaliti all’origine : con ottime probabilità si tratta della base dell’aviazione militare PAF Base Nur Khan .
Siamo giunti alla conclusione incrociando il tempo di volo e rotta relativa , a ulteriore sostegno della tesi l’evidenza che il tipo di veicolo è normalmente stanziato in quella base .
1min

Conferme alle nostre previsioni riguardo la visita del Generale
Kurilla in Pakistan : La nostra ricerca OSINT Open Source

Il capo di stato maggiore dell’Army Staff Pakistano, Asim Munir, atterra a Brussels ( scalo compatibile con visita al centro comando Nato ) volando su un PAF Global 6000 (J-758, flight PA786) partendo da Tampa Florida , USA.

Ma questa non è né la prima né tantomeno l’ultima tappa di una complessa rete di incontri diplomatici Stati Uniti – Pakistan Un serie programmata bilaterale ad altissimo livello , intensità e urgenza; le ragioni sono intuibili contestualizzando gli eventi geopolitici che si sono osservati negli ultimi mesi sfociati poi nelle tensioni in Kashmir sfociati in scontri armati tra India e Pakistan .

Un “viaggio” che coerentemente si inserisce alla perfezione in quell’alleanza “debole” emersa nell’articolo di Cesare Semovigo dove abbiamo analizzato i rapporti bilaterali tra Stati Uniti e Pakistan e i ridisegnati giochi di influenze nell’Indo-Pacifico.
A breve in uscita un rapporto OSINT accurato con tutte le fonti Open Source consultabili che documentano come il viaggio del Generale Kurilla ad Islamabad fosse solo l’incipit di consultazioni bilaterali ben più ampie come l’articolo “Usa-Pak l’alleanza debole“ .
Nella foto una anticipazione del nostro lavoro di analisi dati .

Dati aggiornati risaliti all’unico aereoporto non in chiaro

L’Aereoporto di partenza nonostante il transponder fosse spento si è risaliti all’origine : con ottime probabilità si tratta della base dell’aviazione militare PAF Base Nur Khan .
Siamo giunti alla conclusione incrociando il tempo di volo e rotta relativa , a ulteriore sostegno della tesi l’evidenza che il tipo di veicolo è normalmente stanziato in quella base .

1. Premio Nishan-e-Imtiaz a Kurilla: fatti e cornice ufficiale

• Il Generale Michael Kurilla, comandante di CENTCOM, è stato insignito del “Nishan-e-Imtiaz (Military)”, una delle massime onorificenze pakistane, da parte del Presidente Asif Ali Zardari.

• La cerimonia ha avuto luogo ad Islamabad il 26 luglio 2025, nell’ambito di una visita ufficiale che ha compreso riunioni con le più alte sfere politico-militari pakistane, incluso il Capo di Stato Maggiore Munir.

• Il conferimento è stato giustificato esplicitamente come “riconoscimento dell’esemplare servizio e ruolo cardine nell’avanzamento della cooperazione militare duratura fra Pakistan e Stati Uniti, in particolare su intelligence e antiterrorismo” ([The Tribune]4, [Hindustan Times]3.

2. Narrativa ufficiale e funzione diplomatica

• Radio Pakistan (media pubblico statale) sottolinea come la visita e la premiazione confermino “l’impegno del Pakistan a rafforzare i legami con Washington in uno scenario di crescenti pressioni geopolitiche e finanziarie”.

• Kurilla ha pubblicamente definito il Pakistan “un partner fenomenale nella lotta al terrorismo”, dichiarazione risalente a giugno 2025 e ripresa in tutti i comunicati ufficiali ([FirstPost]1
, [SSBCRACK]2, [Hindustan Times]3).

3. Contesto geopolitico e retroscena

• Questo scambio “stinato” avviene mentre l’India accusa apertamente Islamabad di legami non recisi con reti terroristiche (es. caso Pahalgam a giugno), rilanciando nel dibattito internazionale il passato controverso del Pakistan come “safe haven” (bin Laden, 2008; dichiarazioni MEA India, [SSBCRACK]2).

• La mossa è interpretata come tentativo di Islamabad di mantenere la rilevanza strategica presso Washington, in un quadro reso sempre più complicato dalla crescente influenza cinese nel settore militare e infrastrutturale pakistano (analisi regionale riportate dalle stesse fonti e dai think-tank internazionali).

4. Evidenze tecnico-analitiche delle fonti

• Tutte le fonti concordano su alcuni punti-chiave:

• La cerimonia rappresenta una formalità inscritta nella ritualità delle alleanze più che una svolta effettiva (la cooperazione militare reale è oggi assai più fragile di quanto non risultasse dieci anni fa).

• La centralità del Pakistan per gli USA è percepita come in declino, benché sian ripresi tentativi di “re-engagement” su dossier sensibili—fenomeno di cui l’onorificenza a Kurilla è più segnale simbolico che garanzia sostanziale di fiducia ([FirstPost]1, [Tribune]4

• Approfondisci la linea interpretativa, validata dalla convergenza fra notizie “embedded” (Radio Pakistan, ISPR, comunicati ufficiali) e media indipendente/esterno (FirstPost, Hindustan Times), con particolare attenzione alle funzioni “scenografiche” dell’incontro (Tri-Services Guard of Honour ecc.).

Per i lettori contesto e approfondimento fonti specifiche utilizzate nell’articolo 

La visita e l’onorificenza a Kurilla confermano più che altro la volontà delle parti di mantenere aperta una “vetrina” di collaborazione, mentre nella sostanza la relazione soffre pressioni crescenti dovute all’espansione cinese e al ridimensionamento della tradizionale influenza statunitense, come riportato e validato da tutte le principali fonti internazionali citate.

Fonti validate ed estratti:

• 1
 FirstPost: “US CENTCOM chief General Michael Kurilla has been awarded Pakistan’s top military honour…”

• https://www.firstpost.com/world/pakistan-confers-key-honour-on-us-centcom-chief-who-praised-its-counterterror-role-13913660.html

• 2
 SSBCRACK: “The government of Pakistan has awarded the Nishan-e-Imtiaz (Military)…”

• https://shop.ssbcrack.com/blogs/blog/pakistan-awards-nishan-e-imtiaz-to-us-centcom-chief-in-recognition-of-counterterrorism-efforts

• 3
 Hindustan Times: “US Central Command chief General Michael Kurilla was conferred with a big honour…”

• https://www.hindustantimes.com/world-news/pakistan-nishan-e-imtiaz-military-us-general-michael-kurilla-101753568026679.html

• 4
 The Tribune: “President Asif Ali Zardari has conferred the prestigious Nishan-e-Imtiaz (Military) award on General Michael E. Kurilla…”

• https://tribune.com.pk/story/2557993/president-zardari-confers-nishan-e-imtiaz-on-uscentcom-chief-gen-kurilla

L’archetipo dell’esecutoreCome Elio Petri predisse David Puente

L’archetipo dell’esecutore
Come Elio Petri predisse David Puente

Il cinema di Elio Petri ha raccontato i“Direttori” al di sopra di tutto per mandato di pochi .

Qui serve un ragionamento stoico e spietato a tratti affettuoso verso il nostro compagno delle tante distopie recenti , immersi come siamo in una realtà priva delle scale mobili dei grigi .

Prima dell’exploit digitale del 2019/20, molti di noi, abitanti del fortino ribaltato di Alamo — indiani assediati dentro, i pochi fuori — hanno creduto di poter riflettere la medesima superiorità intellettuale semplificata dallo stile sessantotto .

Ritengo questo approccio negativo rispetto a un percorso consapevole delle dinamiche media-politiche.
Non per un vizio “platonico”, ma perché è urgente dare a David ciò che è di David . Donatello .

Per questo è piacevole rammentare come qualcuno cinquant’anni fa , molto lucidamente , non solo ne predisse l’avvento ,ma ne rappresentò anche l’anima .

Il cliché del lealista da sala da the alla corte del Re — il Ser Bis di Robin WokeWood, per capirci, un po’ serpe e un po’ Bruno Vespa— colui che , negando la regola aurea della tradizione elitaria marxista, non è identificabile nel solito luogo comune del mediocre ambizioso pronto a tutto.

Petri proprio in quegli anni “formidabili”, per fare film anarchici e meta-narrare il presente, scelse la via di evitare l’assimilazione censoria , esercitando un simbolismo interno-esterno raffinatissimo.

Nelle sue interviste incarnava il prototipo del “Comunista Così”, versione pravda edition, stratagemma essenziale per il riconoscimento borghese in essere mantenendo così la sopravvivenza culturale del suo cinema.

Alle Frattocchie (la scuola quadri del PCI), sopportavano l’artificio (solo i più svegli), basta che da contratto continuasse a separare le due anime: quella pubblica e quella più anarchica.

Per questo pensare che David Puente non sia in grado di comprendere le tesi complesse di chi lo attacca come osservava @alunni_70, è una sottovalutazione .
Le figure come il direttore di Open infatti sanno maneggiare con cura sia le critiche e le relative contromosse, e proprio per questo sono . Altrimenti non sarebbero.

Ruoli del genere sono frutto di selezione e non sono assimilabili ai comprimari “figli di “ superando così il grottesco mediatore riduttivo della commedia all’italiana e i cavalli di battaglia del “ Non siamo in un film di Alberto Sordi “.

Per capirci vanno oltre il filtro burocratico finale da “ tagliatori di teste “ tra la società del controllo e la “schiuma della terra” tanto cara a Wellington .(come chiamava i suoi soldati il generale che sconfisse Napoleone nello scontro finale).

Questi profili richiestissimi , invece assomigliano all’archetipo di quell’esecutore spietato e felicemente partecipe , esattamente la figura del prescelto dalla Macchina oppressiva che tutto vede che magistralmente raccontava Elio Petri.

Puente, da questo punto di vista, potrebbe essere benissimo “il Dottore” di “Indagine su un cittadino..”, o il Lou Castel (“il Niño” in “Quien Sabe”). Ma solo parzialmente .

È “il Direttore” di “ Sbatti il mostro in prima pagina “ il giornalista cinico e reazionario naturalmente partecipe la personificazione che davvero potrebbe rappresentarlo .

Non sono figure ignoranti né superficiali , tutt’altro : dobbiamo riconoscerne le “qualità”, infatti non è da tutti essere guardiani di soglia conto terzi .

Questi profili sono più attratti dalla logistica e alle sfaccettature del sotto e del sopra : quello che è bene oggi è male domani e viceversa .

Ovviamente anche il profitto non li attrae , quando domini un territorio anche la pecunia al massimo è consuetudine per assimilazione di classe .

Abbandoniamo dunque l’interpretazione riduttiva dell’esecutore ambizioso e di chi per indole, fa parte dei portatori di luce .
Figli prediletti delle zone d’ombra che rappresentano .

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