LA CINA NON RINUNCERÀ AL SUO DEBITO AFRICANO, di Bernard Lugan

All’articolo di Bernard Lugan vanno riconosciuti sicuramente due meriti. Il primo è la sottolineatura del senso di auto-colpevolezza e di auto-fustigazione che hanno caratterizzato i passi diplomatici e le relazioni dei paesi occidentali con le élites emergenti soprattutto africane negli ultimi decenni. Atti di contrizione che, però, sono andati di pari passo con operazioni scellerate e arroganti come l’attacco e la demolizione del regime di  Gheddafi e della struttura statuale della Libia e con la presunzione di poter imporre, per mera superiorità morale, i propri modelli istituzionali. La condizione patetica in cui si è cacciato ad esempio Macron, in Africa e non solo, è semplicemente l’epilogo di una postura assunta progressivamente dagli anni ’90. Da qui il giudizio moralistico sul periodo coloniale che ha impedito la contestualizzazione di quelle scelte politiche. Il secondo sottolinea il carattere pragmatico e rigoroso, rispetto ai canoni dell’interesse nazionale, della politica estera cinese in Africa, ma con una vena ironica e sarcastica non del tutto giustificabile che impedisce di cogliere almeno alcune delle ragioni profonde di auto-fustigazione che informano la politica estera occidentale, specie dei paesi sconfitti, in Africa. La politica di investimenti della Cina ha vissuto in realtà periodi di malumore e di profondi contrasti con le élites locali, specie nella fase iniziale, proprio perché escludeva il coinvolgimento nella attuazione delle opere e nell’acquisizione dei benefici. La dirigenza cinese si è resa conto subito della situazione e, soprattutto, ha colto, assieme ai russi, ma anche alla Turchia e all’India, la consapevolezza acquisita dalle élites africane di poter contrattare su più tavoli in un contesto di incipiente multipolarismo. Su questo la Cina ha parecchio da offrire ai propri interlocutori a differenza dei paesi occidentali, liberatisi troppo frettolosamente e sventatamente del proprio “fardello” di capacità industriale faticosamente accumulato all’interno e in parte decentrato verso le ex colonie. Le rinegoziazioni e le cancellazioni di debito, quasi mai concesse per altro a titolo gratuito e in assenza di contropartite, sono quindi dei surrogati da parte di chi non ha altro da offrire che una economia di mera rapina ed espropriazione. Il decorso dei rapporti della Francia con l’Algeria, come con i paesi dell’Africa Sub-sahariana, attraversato da estenuanti ed inconcludenti trattative e copi di mano, ne sono un tipico esempio. Buona lettura, Giuseppe Germinario
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A differenza dell'”Occidente”, che periodicamente accetta di rinegoziare o cancellare il debito africano, consumato da un masochistico senso di auto-colpevolezza, i cinesi non prestano per perdere denaro. Ecco perché rifiutano qualsiasi rinegoziazione globale.
LA CINA NON RINUNCERÀ AL SUO DEBITO AFRICANO
I conoscitori della Cina sono soliti dire che “un cinese non perdona mai il suo debito”, ed è esattamente ciò che sta accadendo in Africa in questo momento, dove Pechino ha prestato denaro a Paesi che non possono più ripagarlo. Ora, a differenza dei “buoni” occidentali che hanno sempre cancellato il debito, la Cina non perdonerà il suo debito africano…

La penetrazione predatoria della Cina nel continente africano a partire dagli anni ’90 si è concentrata principalmente sulle opportunità commerciali e sulle risorse naturali. La Cina ha prestato più di 100 miliardi di dollari ai Paesi, alcuni dei quali ora non sono in grado di ripagare o addirittura servire i loro debiti. Con l’aumento dei tassi di interesse e del prezzo delle importazioni di cibo, la loro situazione è catastrofica. Attualmente l’Africa importa cibo per 35 miliardi di dollari all’anno, cifra destinata a salire a 110 miliardi di dollari nei prossimi anni a causa del crescente numero di bocche da sfamare dovuto alla demografia suicida dell’Africa. E con l’impennata dei prezzi dell’energia, diversi Paesi africani sono sull’orlo della bancarotta. Una situazione drammatica, visto che, secondo il ministro delle Finanze del Ghana, 33 Paesi africani stanno pagando in interessi più di quanto non facciano con i bilanci della sanità e dell’istruzione. Oggi il debito dell’Africa si aggira intorno ai 700 miliardi di dollari, di cui poco meno di 100 miliardi sono dovuti ai prestatori cinesi. Ma la Cina, che non è disposta a perdere denaro, si rifiuta di ristrutturare questo debito in modo significativo. Di conseguenza, ai Paesi a rischio, che saranno ulteriormente strangolati dal prestatore cinese, rimane solo una speranza: implorare i prestatori occidentali di cancellare o ristrutturare il loro debito. Due esempi illustrano la situazione: lo Zambia e il Ghana. Lo Zambia, che deve quasi 20 miliardi di dollari, di cui poco più di 6 miliardi alla Cina, ha fatto default nel 2020 e non può più contrarre prestiti sui mercati finanziari internazionali. Di conseguenza, la Cina ha preso il controllo dell’emittente radiotelevisiva di Stato e dell’aeroporto della capitale Lusaka. Il Ghana, che ha un debito di 30 miliardi di dollari, di cui 2 miliardi verso la Cina, ha un bisogno vitale di un prestito di 3 miliardi di dollari dal Fondo Monetario Internazionale. In realtà, la Cina ha capito chiaramente che non recupererà mai tutte le somme prestate a questi due Paesi, il problema è sapere quante perdite accetterà e in cambio di cosa. Tanto più che il sistema bancario cinese è fortemente indebitato e indebolito dalla crisi del settore immobiliare. Pechino non sembra disposta a ignorare il debito africano in un momento in cui la sua priorità è ripianare il debito del suo sistema bancario. Tuttavia, non dobbiamo credere che i prestatori cinesi siano stati così ingenui da concedere consapevolmente prestiti a Paesi insolventi. In Africa, i prestiti cinesi sono stati spesso accusati di creare “trappole del debito”, ma nella maggior parte dei Paesi africani sovraindebitati, i prestiti cinesi rappresentano solo una parte dell’indebitamento, ovvero, a livello continentale, circa il 20% del debito estero dei Paesi africani. La Cina ha quindi concesso prestiti a diversi Paesi africani non sovraindebitati. Secondo il FMI, dei 15 Paesi africani ad alto rischio di sovraindebitamento, solo tre (Gibuti, Zambia e Camerun) hanno un debito cinese superiore al 24%.

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