Tre paradossi di un assalto_di Giuseppe Germinario

Un mondo a rovescio! Almeno per chi ha vissuto e conosciuto il mondo di quaranta anni fa e più.

  • La sorpresa sardonica è tutta per Roberto Fiore, leader di Forza Nuova, nelle vesti di apostolo e paladino delle libertà dal Green Pass e dalla “dittatura sanitaria”.

  • L’inquietudine serpeggia nelle parole di Giorgia Meloni che adombra il lezzo sulfureo della provocazione organizzata che sia quella autonoma di un gruppo di facinorosi o quella perpetrata e programmata, come più probabile, grazie a probabili complicità e direttive.

  • Il sarcasmo aleggia quando la quasi totalità dei gruppi dirigenti, specie quelli progressisti, ostentano la loro indignazione su un atto così proditorio e “tempestivo”, ma dimentichi dell’essenziale del loro passato.

LA SORPRESA SARDONICA

Tutti i movimenti a carattere rivoluzionario ed eversivo giustificano i propri atti, anche i più brutali, sotto il vessillo della libertà. In suo nome si compiono le azioni più coraggiose, gli atti più efferati, le conquiste più ambiziose e le nuove e peggiori forme di sopraffazione. L’enfasi dell’azione diretta individuale, il carattere di per sé purificatore ed emancipatore di essa, lo spiritualismo orientato al richiamo alla tradizione e a valori immobili come programma politico sono gli ingredienti necessari a tarare un movimento e a segnare la sua deriva progressiva verso un anarchismo individualistico reso politicamente praticabile paradossalmente attraverso una visione rigidamente gerarchica e militare del proprio impegno sino ad assumere un carattere terroristico. Un vicolo cieco che prima o poi, per sopravvivere e non soccombere, porta ad essere strumento e complice, volente e nolente, delle trame di potere più oscure dei centri decisionali. È quanto è successo a Roberto Fiore, a Terza Posizione e ai NAR negli anni ‘70 e ‘80. Uscito indenne con un salvacondotto che gli ha permesso di fuggire ed arricchirsi in Gran Bretagna. Difficile che la sua salvezza non abbia richiesto il pagamento di un qualche pegno pesante qui in Italia e nel luogo di esilio. Ritorna ormai attempato in Italia, ma assieme ad altri commilitoni pronto ad innescare pesanti provocazioni come l’assalto recente alla CGIL. La contingenza suggerisce la volontà di influire sul ballottaggio elettorale; uno sguardo più lontano suggerisce qualcosa di molto più profondo legato alla gestione della pandemia e della profonda ristrutturazione degli assetti sociali e politici.

L’INQUIETUDINE CHE SERPEGGIA

Ha ragione quindi Giorgia Meloni ad alludere sia pure timidamente alla “eccessiva” facilità di movimento di personaggi ormai attempati e conosciuti per il loro particolare impegno politico e a ricondurre la responsabilità di quanto accaduto per lo meno al Ministro dell’Interno. Dovrebbe essere molto più chiara ed esplicita visto che la sua formazione politica, FdI, è la lontana erede del partito che spesso e volentieri ha offerto qualche copertura alle formazioni stragiste di quegli anni. In mancanza, un ulteriore pesante tassello sarà posto al disegno di isolamento e ghettizzazione del suo partito, funzionale alla creazione di una opposizione di comodo. Una morsa che sembra ormai accompagnarla, con tempi e modalità diverse, alla parabola discendente intrapresa da Salvini.

IL SARCASMO CHE ALEGGIA

La prontezza e la decisione con la quale tutto il campo progressista ha reagito alla pesante provocazione nasconde un lato oscuro. La generazione detentrice delle principali redini del potere politico di matrice progressista ha vissuto in prima persona o si è formata nella fase immediatamente successiva agli attentati terroristici e stragisti condannando quegli atti e denunciando le connivenze, le infiltrazioni e le strategie di centri e settori istituzionali nazionali ed esteri. “La strage di Stato” era all’incirca il motivo conduttore di quegli anni. Sarebbe stato quasi scontato almeno ipotizzare qualcosa di analogo senza nemmeno lo sforzo di dover individuare nuovi protagonisti, visto l’evidente problema di ricambio generazionale. Non lo fanno e il motivo è facilmente intuibile.

CONCLUSIONI

I pretesti, le provocazioni, le trappole sono parti integranti dell’armamentario della lotta politica, a maggior ragione nelle fasi più concitate di scontro e nei momenti di scarsa credibilità di un ceto politico. Solitamente favoriscono maggiormente le forze che più controllano le leve e i centri di potere e di influenza.

Trovano condizioni più favorevoli di esercizio quando le questioni sono mal poste e gli obbiettivi individuati dai movimenti di opposizione scarsamente definiti se non fuorvianti.

Nella fattispecie con l’introduzione delle mascherine, il green pass, le chiusure il problema posto dalla contestazione è quello della limitazione delle libertà e dell’incostituzionalità dei provvedimenti, quando il tema reale ed imposto è quello della necessità dello stato di emergenza, delle modalità di applicazione e delle dinamiche di accentramento e di efficacia dell’esercizio del potere con tutte le manipolazioni connaturate o che fungono da corollario.

Può apparire una sottigliezza insignificante; in realtà è dirimente in quanto riconosce la possibilità teorica dell’introduzione di uno stato d’emergenza e costringe ad entrare nel merito della gravità dell’epidemia, del disordine istituzionale, delle misure necessarie in funzione degli obbiettivi da raggiungere e delle manipolazioni politiche ormai sempre più evidenti di questa condizione. Dal punto di vista delle dinamiche politiche può contribuire a superare la fossilizzazione del confronto antitetico-polare tra la visione complottista del grande disegno totalitario perpetrato da una cupola onnipotente e onniveggente e quella tecnocratica-positivista fondata sul verbo a prescindere degli esperti riconosciuti istituzionalmente; una fossilizzazione del dibattito su binari inesorabilmente tracciati di fatto dai secondi.

A corollario induce a porre realisticamente un altro aspetto dalle implicazioni analoghe: quello dell’esorcizzazione e demonizzazione del problema dell’acquisizione dei dati e del controllo di questi e dei comportamenti. Nella realtà qualsiasi progresso scientifico e tecnologico mira a, parte da una crescente capacità di controllo di dati e procedure. Il problema da affrontare è quello dell’utilizzo possibile e del riconoscimento istituzionale di questi da parte dei detentori piuttosto che la limitazione dei flussi.

Sembrano questioni avulse; sono invece dirimenti per liberare la dinamica politica e soprattutto i movimenti contestatori dalla gabbia inesorabile che hanno costruito i centri decisori dominanti, più fragili nella realtà rispetto alle apparenze, ma resi forti anche grazie alla complicità delle stesse vittime.