IL GOVERNO PERICOLOSO DI DON FERRANTE  ATTO III, di Massimo Morigi

 

 IL GOVERNO PERICOLOSO DI DON FERRANTE  ATTO III. L’EPIDEMIA DEL CORONAVIRUS E IL IL “PROTEGO ERGO    OBLIGO” DI THOMAS HOBBES E CARL SCHMITT 

 

Di Massimo Morigi

 

Dopo il mio primo intervento sul Coronavirus in data 21 febbraio 2020 sull’ “Italia e il Mondo” (Massimo Morigi, Il governo pericoloso di Don Ferrante: http://italiaeilmondo.com/2020/02/21/il-governo-pericoloso-di-don-ferrante-di-massimo-morigi/, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20200229093334/http://italiaeilmondo.com/2020/02/21/il-governo-pericoloso-di-don-ferrante-di-massimo-morigi/), cui ha fatto seguito l’ottimo  Andrea Zhock,  Coronavirus e struzzi politicamente corretti, pubblicato sull’ “Italia e il Mondo” in data 23 febbraio 2020 (all’URL http://italiaeilmondo.com/2020/02/23/coronavirus-e-struzzi-politicamente-corretti-a-cura-di-giuseppe-germinario/, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20200223132520/http://italiaeilmondo.com/2020/02/23/coronavirus-e-struzzi-politicamente-corretti-a-cura-di-giuseppe-germinario/), ancora, subito dopo,  un altro mio intervento, Massimo Morigi, Il governo pericoloso di Don Ferrante atto II, in “L’Italia e il Mondo”, 25 febbraio 2020 (http://italiaeilmondo.com/2020/02/25/il-governo-pericoloso-di-don-ferrante-2a-parte-di-massimo-morigi/, Wayback Machine: https://web.archive.org/web/20200229071219/http://italiaeilmondo.com/2020/02/25/il-governo-pericoloso-di-don-ferrante-2a-parte-di-massimo-morigi/), sempre il 25 febbraio due interessanti interventi di Antonio de Martini e di Piero Visani (https://italiaeilmondo.com/2020/02/25/cosa-abbiamo-imparato-di-antonio-de-martini-e-cosa-dovremmo-di-piero-visani/, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20200229213932/https://italiaeilmondo.com/2020/02/25/cosa-abbiamo-imparato-di-antonio-de-martini-e-cosa-dovremmo-di-piero-visani/), per finire con il sempre intelligente e smaliziato Antonio de Martini cioè con Id.,
Lettera a un professore, in “Italia e il Mondo”, 26 febbraio 2020, (all’URL
https://italiaeilmondo.com/2020/02/26/lettera-da-un-professore-di-antonio-de-martini/, Wayback Machine: http://web.archive.org/web/20200229090502/https://italiaeilmondo.com/2020/02/26/lettera-da-un-professore-di-antonio-de-martini/), sembrebbe che veramente, dal punto di vista dell’analisi politica, poco o nulla ci sarebbe da aggiungere sull’epidemia del Coronavirus. Si è già detto, abbiamo tutti più o meno già detto, sull’inefficenza  dell’azione governativa, prima troppo blanda, ora magari eccessiva nella sua isteria interventista, e si è già detto, e più o meno abbiamo tutti pensato, sulla debolezza del sistema Italia in questa crisi, come, per altro, in tutte le importanti crisi nazionali ed internazionali che mettono in discussione la sua stessa esistenza. Perché allora questo ulteriore intervento? Molto semplice. Perché oltre a tutti questi pensieri da tutti più o meno condivisi ora emerge, dopo che i (peraltro tardivi) provvedimenti del governo per arginare l’epidemia sono stati presi, un altro dato di fatto allarmante, se vogliamo ancora più allarmante sia della situazione oggettivamente grave sia della tardiva reazione governativa. Vale a dire l’abissale dolosa/colposa insipienza del sistema informativo  e delle c.d. élite intellettuali nel rappresentare la situazione a sé stesse e a chi dovrbbe prendere da loro consiglio. E se per quanto l’informazione massificata non si è riusciti ad andare oltre prima ad un flebile, molto flebile “piove governo ladro” ma poi, subito dopo, irridere  coloro che, giustamente terrorizzati dalla situazione, cercavano di accaparrarsi  al supermercato qualche scatoletta di carne ed invocare, sempre presso lo  stesso governo, il ritiro della misure poche ore prima (flebilmente) invocate, per quanto riguarda coloro che dovrebbero dare per dovere professionale un contributo di pensiero ci siamo trovati di fronte allo sciorinamento di predicozzi che, quando andava bene, tuonavano contro la globalizzazione (apparentemente benissimo, ma se non si sottolinea, come invece si è pur fatto sulle pagine dell’ “Italia e il Mondo”, il ruolo del tutto ancillare che l’Italia sta svolgendo in questo scenario, si tratta di parole al vento), quando andava male, attingevano alle solite contumelie contro la c.d. società consumistica che divora sé stessa nella sua frenesia produttiva e crea, per questo motivi, inenarrabili sconquassi economico-ecologici (infatti, quando non si produceva e distribuiva in maniera così forsennata, gli agenti alfa-strategici, i poveri cioè, morivano semplicemente di fame ma questi squilibri erano assenti! o forse no, vedi Peste Antonina, Peste Nera del Trecento e Peste manzoniana del Seicento…) e quando andava malissimo, orrore-errore di quella parte del sistema informativo e di quello politico ammorbata della peste ideologica, altro che Coronavirus…!, del  “politicamente corretto”, affermavano che le quarantene sono fasciste. E se per quest’ultime prese di posizione non rimane altro da dire che ci si trova davanti ad un caso di scuola di “distruzione della ragione”, focalizzandoci sulle contumelie general-generiche contro il sistema delle c.d. moderne democrazie industriali, il grave di queste  contumelie   non è tanto il fatto che contengano una pesante critica contro il mondo “democratico” ed industrializzato nel quale ci troviamo a vivere ma l’emotività e il (falso) moralismo anticonsumistico con cui vengono formulate e questo infantilismo espressivo è dovuto al semplice fatto che, tranne pochissime eccezioni, le classi intellettuali occidentali, e quelle italiane in particolare, hanno sempre rifiutato il pensiero politico realista, il solo modo di pensare che, pur nelle sue varie declinazioni, ha sempre posto l’accento sulla illusoria semantica del termine ‘democrazia’ così come comunemente (ed erroneamente) la si esprime e ideologicamente propaganda, appunto, nelle c.d. democrazie industriali.  Sulle ragioni di questo rifiuto abbiamo più volte detto e impiegando la famosa battuta di Leo Longanesi ‘La nostra bandiera nazionale dovrebbe recare una grande scritta: Tengo famiglia’, si definiscono in un sol botto non solo politici, mezzi di informazione di massa, intellettuali nazionali (ed internazionali) ma anche il povero popolo sottoposto a questi inetti ma anche feroci signori, un popolo per il quale ‘tenere famiglia’ è un diuturno affare serio e gravoso che, implica, ovviamente, anche i tanto moralisticamente deprecati accaparramenti di scatolette et similia.  Il governo pericoloso di Don Ferrante atto II terminava con la seguente frase del grande giuspubblicista di Plettenberg: «Sovrano è chi decide sullo stato di eccezione.»: Carl Schmitt, Teologia politica, in Le categorie del ‘politico’, a cura di G. Miglio, e P. Schiera, Il Mulino, Bologna, 1972, p. 33.  Ora non tanto nella speranza di redimere una classe giornalistico-intellettuale-politica che è del tutto morta e, ancor meno, ovviamente, di dare un diretto contributo alla soluzione della crisi epidemiologica (a questo ci penseranno i tecnici medici e, ahinoi,  gli attuali sgangherati “decisori” politici che l’Italia ha oggi a disposizione – potrebbero essere definiti ‘lumpen decisori’ – nella speranza che questi due soggetti facciano meno vicendevole confusione di quanta ne han fatta finora, e ci penserà, anche, diciamolo chiaramente, l’epidemia stessa sulla cui natura e dinamica chi dice di sapere è la persona che men sa), ma col proposito di suscitare in tutti e in nessuno ragionamenti sul significato  filosofico-politico da attribuire alle  crisi di fiducia dei governati verso i governanti nella nostra italica c.d. democrazia  (crisi che, in questo caso, si è manifestata con gli accaparramenti di derrate alimentari, e i ganassa soloni che condannano questo comportamento si dovrebbero solo vergognare per la loro sì grande impudenza, dicono niente a costoro gli italici alluvioni e terremoti in cui l’aiuto dello Stato ai cittadini per superare la situazione è, per la sua totale assenza e inefficacia,  ancora più disastroso,  calmitoso – e finanche predatorio – dei disastri stessi?) e per stigmatizzare il sovrano che in questo, come in molti altri casi, non sa mai decidere sullo stato di eccezione, aggiungiamo altre tre altre auree massime schmittiane. La prima: «L’obbedienza non è arbitraria, ma è in qualche modo motivata. Perché dunque gli uomini danno il loro consenso al potere? In taluni casi per fiducia, in altri per timore, qualche volta per speranza, qualche volta per disperazione. Ma sempre hanno bisogno di protezione nel potere. Vista dall’uomo, la relazione fra protezione ed obbedienza resta la sola spiegazione del potere. Chi non ha il potere di proteggere uno, non ha nemmeno il diritto di pretendere da lui l’obbedienza. E viceversa chi cerca protezione e la ottiene, non ha nemmeno il diritto di rifiutare l’obbedienza.»: Carl Schmitt, Colloquio sul potere e sull’accesso presso il potente, in “Behemoth”, n. 2, anno II, 1987, pp. 47-57. La seconda: «La relazione di protezione obbedienza è la pietra angolare dello Stato architettato da Hobbes.»: Carl Schmitt, Lo Stato come meccanismo in Hobbes e Cartesio, in Scritti su Thomas Hobbes, a cura di C. Galli, Milano, 1986, pp. 52-53. La terza: «Il protego ergo obligo è il cogito ergo sum dello Stato, ed una dottrina dello Stato che non sia sistematicamente consapevole di questa massima, resta un frammento insufficiente. Hobbes ha indicato come scopo principale del suo Leviatano di riproporre agli occhi degli uomini la  “mutual relation between Protection and Obedience”, la cui inviolabile osservanza è imposta dalla natura umana così come dal diritto divino.»: Carl Schmitt, Il concetto di  ‘politico’,  in Id.,  Le categorie del politico, a cura di G. Miglio, P. Schiera, Il Mulino,  Bologna, 1972, pp. 136-137. Come sempre, declamato nella speranza che non tutto il male venga per nuocere, cioè che i vari “svuotamenti di Stato”  – o  colpi di extrastato che dir si voglia – cui stiamo assistendo in questi ultimi tempi siano veramente pronubi ad una autentica e profonda Epifania strategica.