Approccio critico analitico aggiornato a quanto sta accadendo in Ucraina_Di Claudio Martinotti Doria

Coloro che festeggiano il ritiro delle truppe e della popolazione russa dalla parte settentrionale dell’Oblast di Kherson temo non abbia mai letto Sun Tzu: L’arte della guerra.

Probabilmente sono gli stessi che hanno ritenuto fosse una grande vittoria la conquista ucraina dell’oblast di Kharkiv un paio di mesi fa, che in realtà è stata possibile grazie a una ritirata russa, eseguita ordinatamente e con pochissime perdite di uomini e mezzi.

In estrema sintesi il generale Sergey Surovikin (denominato Armageddon), fin da quando ha assunto il comando delle operazioni militari in Ucraina, aveva anticipato che avrebbe dovuto prendere decisioni difficili e facilmente equivocabili, cioè che avrebbero assunto il sapore della sconfitta.

Questo perché dallo studio della situazione sul campo, si era subito reso conto di come alcune posizioni fossero alla lunga indifendibili, soprattutto tenendo conto di alcuni fattori oggettivi.

In primo luogo il forte incremento di apporto e supporto NATO in uomini e mezzi fornito all’Ucraina, soprattutto a livello di intelligence, comando e controllo e comunicazioni: in soldoni significa che la NATO sorveglia le posizioni e mosse russe e le segnala all’artiglieria ucraina e alle forze armate.

Inoltre il regime nazista ucraino non si fa alcuno scrupolo morale e conduce una guerra sporca, esattamente come farebbero dei veri nazisti, bombardando obiettivi civili, uccidendo i civili ritenuti collaborazionisti (e basta veramente poco per essere considerati tali), bombarda le centrali nucleari per provocare un incidente radioattivo, prepara una bomba sporca (radioattiva) da far esplodere per poi accusare i russi, compie atti di sabotaggio in territorio russo su addestramento anglosassone, non esiterebbe a far saltare delle dighe per allagare i territori controllati dai russi, provocando numerose vittime civili, ecc..

Consapevole di questi rischi il generale Armageddon ha valutato l’elevata probabilità che tutte queste opzioni fossero adottate dagli ucraini, anche in modalità contemporanea o in rapida sequenza, e le ha anticipate.

Apparentemente le sue mosse, approvate dal Ministero della Difesa russo, sembrano sconfitte, o a essere indulgenti, delle ritirate strategiche, che lasciano ampi margini di manovra militare ma soprattutto politica propagandistica all’avversario, cioè alla NATO e ai suoi utili idioti sacrificabili, cioè gli ucraini.

Oppure, sempre a essere indulgenti, potrebbero preludere a degli accordi sottobanco tra la NATO (leggasi USA) e la Russia per un cessate il fuoco, una tregua o un vero e proprio accordo, come avrebbero dovuto negoziare fin dallo scorso autunno (un anno fa). Ma quest’ultimo caso è il meno credibile, a meno che serva solo a guadagnare tempo per consentire a entrambe le parti in causa di organizzare i loro veri progetti e obiettivi, perché non potrà mai esserci alcuna fiducia reciproca. I russi perché sanno benissimo che gli USA sono totalmente inaffidabili e non esiterebbero un istante a infrangere un accordo (anche se lo farebbero insidiosamente salvando le apparenze), e gli USA non applicherebbero mai un accordo a loro sfavorevole avendo come obiettivo risaputo la distruzione della Russia e la sua frantumazione e sfruttamento intensivo.

Pertanto alla pace non si perverrà mai, proseguiranno fino alla sconfitta di uno dei due avversari.

Dopo queste precisazioni doverose, veniamo alla realtà dei fatti.

Le scelte recentemente operate dalla Russia derivano dalla loro cultura e dottrina militare, la priorità per loro è salvare vite umane, non sacrificare invano i propri soldati o esporre a rischi la propria popolazione. Quindi all’occorrenza ci si ritira su posizioni più difendibili e meno rischiose, anche se potrebbe sembrare una sconfitta dal punto di vista militare.

Dopo di che ci si organizza nel migliore dei modi possibili per conseguire i propri obiettivi.

Il generale Inverno si sta avvicinando, ed è la stagione nella quale i russi combattono al meglio delle loro prestazioni.

Circa 80mila soldati di rinforzo sono già arrivati nel sud dell’Ucraina e altri 220mila arriveranno antro fine mese e i primi di dicembre, raddoppiando di fatto le risorse umane militari disponibili, compresi i mezzi bellici. L’inferiorità numerica rispetto agli ucraini verrà annullata. Nel frattempo continuerà il bombardamento alle infrastrutture ucraine per ridurli al buio, al freddo, riducendo drasticamente i collegamenti, le comunicazioni, i trasferimenti di truppe e mezzi, le riserve alimentari, gli approvvigionamenti, ecc..

Ogni tentativo ucraino di condurre offensive sarà stroncato sul nascere, continuando a colpire duramente con la superiorità dell’artiglieria provocando gravi perdite allo schieramento avversario, le loro difese sull’altra sponda del fiume Dnepr diverranno invalicabili.

Dopo di che si attenderanno gli eventi, cioè lo sviluppo della situazione in Ucraina, nell’UE e nella NATO.

Il tempo lavora a favore dei russi, perché la situazione in occidente e in Ucraina può solo peggiorare.

Se l’Occidente non scenderà a più miti e intelligenti consigli, se al contrario riterrà di essere a un passo dalla vittoria e abuserà della pazienza russa, allora quando sarà il momento propizio, l’orso russo colpirà dando delle zampate feroci dove meno se lo aspettano, e questa volta saranno dolorose, andranno fino in fondo, con determinazione.

Del resto l’unico linguaggio che capiscono è quello della forza, e siccome per eccesso di superbia e supponenza, si ritengono i più forti, solo di fronte a una evidente e sonora sconfitta possono rendersi conto della loro effettiva debolezza.

Il terreno ceduto finora di russi non significa nulla rispetto a quello che potrebbero ottenere al momento propizio, cogliendo i segnali di debolezza dello schieramento nemico, intervenendo con tutta la loro potenza di fuoco e di proiezione con un’adeguata tempistica e accurata organizzazione.

C’è un particolare esiziale che è stato sottovalutato finora, anzi, è stato interpretato al contrario. I russi sono una nazione e un popolo coeso (più popoli uniti) con una guida coerente nella quale ripongono fiducia. L’Occidente è un calderone eterogeneo, disunito, comandato dalla NATO a guida USA, che persegue esclusivamente gli interessi anglosassoni a scapito degli europei, pertanto i dissapori e le conflittualità interne aumenteranno sempre più esasperandosi, anche se inizialmente si manifesteranno in maniera sotterranea e subdola, non è affatto una vera alleanza con un’unità d’intenti, ma un’accozzaglia di egoismi tenuti insieme dall’ipocrisia, dalla minaccia e dal ricatto. Di fronte a rischi gravi e concreti quest’accozzaglia crollerà come un castello di carte. Ognuno andrà per la sua strada e si salvi chi può.

E’ solo questione di tempo, e non si dovrà aspettare molto.

Articolo pubblicabile citando la fonte.

 

 

Cav. Dottor Claudio Martinotti Doria, Via Roma 126, 15039 Ozzano Monferrato (AL), Unione delle Cinque Terre del Monferrato,  Italy,

Email: claudio@gc-colibri.com  – Blog: www.cavalieredimonferrato.it – http://www.casalenews.it/patri-259-montisferrati-storie-aleramiche-e-dintorni

Independent researcher, historiographer, critical analyst, blogger on the web since 1996

L’Ucraina è una cartina tornasole_con Antonio de Martini

L’Ucraina si sta rivelando una vera e propria cartina di tornasole in grado di rivelare gli interessi di fondo, la coerenza dell’azione dei vari attori rispetto a questi e la postura e statura di questi nell’agone internazionale. La Russia, l’Ucraina, la Turchia e l’Italia sono l’oggetto di attenzione di questa conversazione con Antonio de Martini. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v1tdr6y-lucraina-una-cartina-tornasole-con-antonio-de-martini.html

I tre scenari più probabili dopo il parziale ritiro della Russia dalla regione di Kherson, di ANDREW KORYBKO

Le tre interpretazioni seguenti forniscono la spiegazione più probabile per l’ultimo sviluppo: 1) Kiev sta respingendo con successo le forze russe con il pieno sostegno occidentale; 2) Mosca sta preparando un’intelligente trappola militare per i suoi oppositori; o 3) ritirarsi parzialmente da Kherson è il prerequisito segreto per un cessate il fuoco.

L’annuncio del Ministero della Difesa russo mercoledì sera che le sue forze si stanno ritirando oltre il fiume Dnepr nella regione meridionale di Kherson, recentemente riunificata, è stato accolto con shock da coloro che in tutto il mondo sono solidali con l’ operazione speciale di Mosca in Ucraina. Anche se le autorità avevano evacuato i civili dalla riva destra nell’ultimo mese e il generale dell’esercito Surovikin aveva precedentemente detto al suo popolo in quel periodo di aspettarsi decisioni militarmente difficili in futuro, pochi da questa parte della Nuova Guerra Fredda si aspettavano ancora un altro ritiro russo.

Ciò segue la battuta d’ arresto a sorpresa nella regione di Kharkov due mesi fa, che è stata molto più caotica e disorganizzata del parziale ritiro dalla regione di Kherson, sebbene la prima menzionata non fosse una parte costitutiva della Federazione Russa quando ciò è accaduto a differenza della seconda. L’ottica dell’ultimo sviluppo è quindi estremamente scomoda e non può essere ricoperta di zucchero, anche se a loro merito il Ministero della Difesa russo non ha tentato di farlo. Invece, il generale dell’esercito Surovikin e il ministro della Difesa Shoigu hanno apertamente informato il popolo russo sul motivo per cui ciò stava accadendo.

Secondo loro, mantenere quel territorio ha poco senso militare, soprattutto perché la spada di Damocle di Kiev che attacca la vicina diga di Kakhovka è sospesa sulla testa di tutti e alla fine potrebbe isolare quelle delle sue forze che rimangono sulla riva destra in quello scenario. Con questo in mente, è stata presa la decisione di iniziare il ritiro delle loro forze da lì. La cosa più dolorosa di tutte, tuttavia, è che anche l’omonima capitale della regione sarà evacuata come parte di questo processo. Per questo motivo, Kiev, i suoi mecenati occidentali e i loro sostenitori stanno celebrando selvaggiamente ciò che è appena accaduto.

Le tre interpretazioni seguenti forniscono la spiegazione più probabile per l’ultimo sviluppo:

1. Kiev sta respingendo con successo le forze russe con il pieno supporto occidentale

Questa interpretazione convenzionale degli eventi postula che la guerra per procura della NATO guidata dagli Stati Uniti contro la Russia attraverso l’Ucraina che ha provocato l’operazione speciale di Mosca in primo luogo si è evoluta al punto da respingere con successo le forze del suo avversario dallo stesso territorio che ora rivendicano come proprio .

2. Mosca sta preparando un’intelligente trappola militare per i suoi avversari

La seconda interpretazione più speculativa è sospettare che le cose non siano come sembrano e che Mosca stia preparando una trappola intelligente per i suoi oppositori per indurli a allungare eccessivamente le loro linee di rifornimento, esporsi più facilmente agli scioperi e combattere una svolta decisiva alla Stalingrado. battaglia nella città di Cherson.

3. Ritirarsi parzialmente da Kherson è il prerequisito segreto per un cessate il fuoco

L’ultima interpretazione è puramente speculativa e si basa sulla sequenza di segnali che gli Stati Uniti hanno inviato prima di questa settimana ( dettagliata qui ) e sulla riaffermazione della portavoce del ministero degli Esteri Zakharova degli interessi della Russia nei colloqui di mercoledì per suggerire che questo ritiro è il prerequisito segreto per un cessate il fuoco .

Per quanto riguarda la prima interpretazione, sarà considerata credibile se si verifica quanto segue:

1A) Le forze sostenute dall’Occidente di Kiev occupano con successo l’intera sponda destra da cui la Russia si è ritirata;

1B) Hanno quindi attraversato con successo il fiume Dnepr nella regione di Kherson;

1C) E questo li porta a scheggiare o schiacciare rapidamente il “corridoio di Crimea” russo.

La seconda interpretazione richiede che avvenga quanto segue per essere considerata credibile:

2A) Le forze di Kiev sostenute dall’Occidente lottano per occupare l’intera riva destra della regione di Kherson;

2B) Allo stesso modo lottano per occupare la città di Kherson;

2C) E i loro sforzi si concludono con la riva destra della regione di Kherson che diventa una zona cuscinetto (smilitarizzata?).

Infine, deve presto accadere quanto segue affinché la terza teoria non venga respinta come coping:

3A) La riva destra della regione di Kherson rimane smilitarizzata o solo leggermente militarizzata da Kiev;

3B) I combattimenti tra le forze appoggiate dall’Occidente di Kiev e quelle russe nella regione di Kherson rallentano o si fermano;

3C) E si ottiene una svolta diplomatica prima, durante o immediatamente dopo il G20 della prossima settimana.

Per concludere, ecco i tre punti principali di ciò che è appena accaduto:

1. La Russia si è ritirata dal territorio che rivendica come proprio con disappunto dei suoi sostenitori;

2. È più probabile che Kiev continui ad avanzare o si impantani in un pantano piuttosto che accettare un cessate il fuoco;

3. E c’è la possibilità che Kiev e/o la Russia reagiscano in modo asimmetrico all’ultimo sviluppo.

https://korybko.substack.com/p/the-three-most-likely-scenarios-after?utm_source=post-email-title&publication_id=835783&post_id=83553511&isFreemail=true&utm_medium=email

La strategia fallita di Vladimir Putin, di EDWARD LUTTWAK

Considerazioni più simili ad un auspicio. Giuseppe Germinario

Come hanno dimostrato ancora una volta i primi 250 giorni di guerra della Russia in Ucraina, la logica della strategia è paradossale. Non è mai stato lineare, come nel romano Si vis pacem para bellum: se vuoi la pace preparati alla guerra. Poiché la logica della strategia è paradossale, è molto facile sbagliarsi in materia di pace e guerra, ed è molto difficile avere ragione.

Questa è stata la prima lezione della guerra: Putin si è scontrato frontalmente con la logica paradossale della strategia. Le alleanze militari hanno bisogno di un nemico condiviso. Una volta finita la Guerra Fredda, la Nato è diventata sempre più debole, perché interessi diversi – incluso il desiderio di spendere meno – sono sorti naturalmente una volta che non c’era nessun nemico che minacciasse tutti. La Nato è diventata così debole che in Europa si è parlato di un’alleanza militare senza gli USA. Solo persone di sinistra irrilevanti lo hanno detto apertamente, ma molti politici tradizionali in tutta Europa hanno continuato a suggerire che era giunto il momento per la Nato di essere sostituita da un’alleanza dell’Unione Europea.

A febbraio 2022, la Nato evidentemente non era più abbastanza forte da scoraggiare la Russia, quindi la Russia ha attaccato l’Ucraina. Poiché la Russia ha attaccato l’Ucraina, la Nato ha improvvisamente avuto un nemico minaccioso e l’alleanza è diventata rapidamente di nuovo forte. Molti paesi della NATO hanno inviato rapidamente aiuti militari all’Ucraina, il che era essenziale dal punto di vista materiale e molto incoraggiante moralmente. Alcuni erano per lo spettacolo, ma molti erano utili e altri erano semplicemente intelligenti. La Norvegia, ad esempio, ha immediatamente inviato 5.000 razzi anticarro lanciati a mano dalla LAW. Vecchie, economiche e di portata limitata ma armi perfette per i primi giorni di questa guerra, perché chiunque le potrebbe usare anche senza addestramento. Basta puntare e sparare a un veicolo blindato.

Non solo la Nato si è svegliata, ma è anche cresciuta. Pochi giorni dopo l’invasione, l’alleanza iniziò ad espandersi. L’Australia, non un membro della Nato ma un “partner” ufficiale, ha inviato aiuti militari (compresi i blindati Bushmaster con un ponte aereo per oltre 19.600 chilometri). Il Giappone, non membro della Nato, ha inviato importanti aiuti finanziari. Anche prima di presentare domanda di adesione alla Nato, anche Svezia e Finlandia hanno inviato aiuti militari.

La seconda lezione della guerra riguardava il ruolo silenzioso della forza marittima. Ad aprile, l’affondamento dell’ammiraglia russa Moskva 80 miglia nautiche a sud di Odessa ha attirato molta attenzione. I video della nave in fiamme erano ovunque. Ma non ci sono video di battaglie aeronavali nel Nord Atlantico: anche se la Russia dispone di efficaci sottomarini d’attacco, sia a propulsione nucleare che diesel-elettrici nelle acque atlantiche, Stati Uniti e Canada sono stati in grado di sostenere l’Ucraina inviando aiuti del tutto indisturbati . Poiché le forze navali russe sono totalmente dissuase, l’Europa occidentale ha il suo materiale sicuro e la sua profondità strategica nell’Atlantico.

La terza lezione della guerra è stata una dimostrazione dei livelli di strategia. La strategia opera a diversi livelli: il livello tattico, il livello operativo, il livello del teatro di guerra e, infine, il livello della Grande Strategia. È possibile perdere una guerra a uno qualsiasi di questi livelli, ma per avere successo è necessario essere almeno adeguati a ciascuno di essi.

Il livello tattico

In questa guerra, il primo combattimento ha avuto luogo presso l’aeroporto della compagnia aerea Antonov appena fuori Kiev, una battaglia tattica faccia a faccia per la pista di atterraggio. Doveva essere utilizzato per il trasporto di truppe russe per volare nella forza d’assalto che mirava a impadronirsi rapidamente della capitale.

Le truppe russe che arrivarono erano elementi dell’11a brigata d’assalto aereo delle guardie e della 31a brigata d’assalto aereo delle guardie, le truppe d’élite russe. Gli ucraini non avevano una tale forza per opporsi a loro, solo chiunque si trovasse all’aeroporto o nelle vicinanze: alcuni membri della cosiddetta “Guardia nazionale” – solo gendarmi con armi leggere – e poi chiunque potesse arrivare subito da Kiev: alcuni truppe ucraine disperse, volontari civili con qualsiasi arma trovassero, alcuni soldati d’élite attaccati al quartier generale, persino alcuni volontari della legione georgiana in esilio…

Era una ricetta per un massacro: le unità coese e d’élite russe avrebbero dovuto ucciderli tutti rapidamente. Ma poiché non si aspettavano alcuna resistenza (come avevano previsto sia i servizi segreti russi che la CIA sempre sbagliata), furono sconvolti dalla feroce resistenza e presto dovettero fuggire nei boschi vicini. Una vittoria tattica russa non avrebbe vinto la guerra, ma la sconfitta tattica sul campo di Antonov è stata catastrofica, perché l’intero piano di guerra russo era basato su un rapido colpo di stato per impadronirsi del centro di Kiev nel giro di poche ore.

Il livello operativo

Quando le colonne corazzate invadono un paese, dovrebbero avanzare su più vettori. In questo modo, se un vettore viene fermato dal nemico (sconfitta tattica), altri vettori possono continuare ad avanzare, costringendo il nemico a ritirarsi o essere catturato, trasformando il fallimento tattico in una vittoria a livello operativo.

Ma nel piano russo c’era un solo vettore: tutte le forze disponibili dovevano guidare a Kiev. Ma quando il sequestro di Antonov fallì e migliaia di truppe aviotrasportate non poterono essere trasportate in volo, l’unico vettore in avanzamento della Russia dovette fermarsi. Ricordiamo quella doppia colonna di veicoli blindati e camion di rifornimenti in quelle immagini satellitari: non poteva né avanzare né ritirarsi senza impigliarsi in migliaia di ingombranti inversioni a U. Con carri armati e altri veicoli pesanti, lo stop-and-go consuma enormi quantità di carburante e, con molti veicoli bloccati, la doppia colonna è stata esposta a un numero crescente di attacchi audaci.

Le perdite materiali furono grandi e la sconfitta morale maggiore perché i russi non potevano riscattare il catastrofico fallimento a livello operativo che seguì la loro sconfitta tattica sul campo di Antonov, a causa di un errore ancora più fondamentale a un livello strategico superiore.

Il livello della strategia di teatro

La geografia entra in scena a livello di strategia di teatro. L’Ucraina è molto più piccola della Federazione Russa, il paese più grande del mondo. Ma l’Ucraina non è piccola: è il paese più grande d’Europa.

Nell’agosto 1968, quando l’Unione Sovietica decise di invadere la Cecoslovacchia (un quinto delle dimensioni dell’Ucraina moderna), inviò circa 800.000 soldati per invadere la Germania dell’Est, la Polonia, l’Ungheria e verso ovest dall’Ucraina. Entro la prima notte dell’invasione, c’erano truppe di occupazione ovunque, pronte a soffocare qualsiasi resistenza ceca.

Ma Putin, fino al 2022 un giocatore di poker attento che ha vinto territori senza combattere affatto, è diventato un giocatore sconsiderato. Ha invaso il paese più grande d’Europa con un esercito molto piccolo di circa 130.000 persone (compresi i dentisti sul campo), quindi non aveva potenti forze di combattimento pronte a intervenire quando la mossa d’assalto aereo di Kiev fallì.

Ciò che conta a livello di Grand Strategy sono due insiemi di fondamenti. La prima è la Messa: popolazione, economia, tecnologia. Allora Massa x Coesione = potenza. Senza coesione, non c’è affatto forza, anche con molta messa. Secondo è quello che ha un paese all’estero: alleati, neutrali, nemici.

Per quanto riguarda la sua economia, la Russia, sebbene non sia un paese ricco, è del tutto autosufficiente in termini di cibo ed energia. Questo non è vero per la maggior parte dei paesi. Le stesse sanzioni del G-7 che non sono riuscite a fermare la Russia potrebbero fermare la Cina di Xi Jinping, che deve scegliere tra combattere guerre e mangiare proteine. Sì, è possibile immagazzinare più di un anno di riserve di riso e alcuni mesi di carne di maiale congelata, ma non le immense quantità di semi di soia che la Cina importa per nutrire gli animali con latte, uova e carne.

Abbiamo visto tutti che la Russia è debole negli alleati, perché invece di attirare i neutrali dalla sua parte, li ha spaventati facendoli aderire alla Nato o almeno rimanere neutrali. La Russia è anche debole negli alleati perché, anche se ha una marina, non è una potenza marittima. Solo i vicini paesi dell’Asia centrale e la Mongolia, di fronte a una Cina espansionista, hanno ancora bisogno del contrappeso della potenza russa e temono debitamente il suo declino in Ucraina. Ma per riuscire a livello di grande strategia, servirebbe qualcos’altro: la volontaria cooperazione dei paesi insulari, peninsulari e costieri che solo una potenza marittima può avere.

Ma la Russia ha ancora un’assoluta grandezza dalla sua. Con molte più persone di qualsiasi altro paese europeo, a meno che Putin non cambi idea o perda il potere, può continuare a provare e fallire in Ucraina finché non fa le cose giuste. Dei suoi due milioni di riservisti, solo 300.000 sono stati richiamati in servizio, di cui 200.000 potrebbero raggiungere il fronte. Ma 200.000 sono sufficienti per raddoppiare le forze che ora combattono al fronte e, una volta recuperato l’esperienza di combattimento, potrebbero fermare le vittorie dell’Ucraina. In altre parole, la massa della Russia significa che può perdere molte battaglie e tuttavia continuare a combattere.

Ma la vittoria resta improbabile. I successi russi, compreso il recente attacco alle centrali elettriche ucraine, con missili da crociera e droni Shahed 136 kamikaze , sono stati troppo pochi per compensare i numerosi fallimenti operativi degli ultimi 250 giorni. Nella tradizione militare russa, che risale a secoli fa, a un anno o più di sconfitte seguì la vittoria solo con l’aiuto delle grandi potenze alleate, come avvenne da Napoleone alla seconda guerra mondiale. Questa volta, però, non ci saranno alleati per salvare Putin.

Cattolicesimo da una lira o da un (euro)dollaro?_di Roberto Buffagni

Pensierino sulla manifestazione per la pace in Ucraina. Meglio che niente, ma: a) è veramente curioso, e gravemente sbagliato, che i manifestanti tutti ritengano che il loro compito principale consista in 1) dare giudizi individuando “chi ha la colpa” 2) auspicare generiche utopie, basate su concetti che sono calorie vuote (tipo “la guerra è orrenda, la pace è bella e necessaria”). Particolarmente curioso e sbagliato quando questo combo proviene da organizzazioni cattoliche, perché in teoria il cattolicesimo, almeno il cattolicesimo di una volta, diciamo il cattolicesimo da una lira, aveva ben chiari alcuni punti chiave: a) sino alla Parusia, male, disordine, ingiustizia sono realtà permanenti, il principe di questo mondo è Satana b) scopo dell’azione politica, dunque, NON è realizzare il Regno della Giustizia su questa terra, ma porre un freno al male (rinvio alle sei biblioteche dedicate al tema del “kathecon”). c) dunque emettere giudizi morali sugli avvenimenti storici è possibile, a volte anche necessario, ma non costituisce il criterio ordinatore dell’azione politica d) il criterio dell’azione politica è invece, per dirlo con le parole di un grande studioso di scuola realistica – non credente – del Politico, Julien Freund, “antivedere il peggio e sventarlo”. Ora in questo caso “il peggio” – il peggio per l’Ucraina, per i paesi europei, per l’Italia, per l’umanità in generale, è – caso raro – chiaro come il sole. Il peggio è l’escalation della guerra sino a uno scontro diretto fra due grandi potenze nucleari. Per “sventarlo” è indispensabile che qualcuno costruisca le condizioni minime necessarie per un’apertura di trattativa diplomatica tra Russia, Stati Uniti e Ucraina. Le condizioni minime necessarie sono che Kiev e Washington smettano di enunciare obiettivi strategici estremistici, es. “si tratta solo quando i russi se ne vanno dalla Crimea e Putin non è più Presidente”, perché tentare di realizzarli implica una guerra di grandi proporzioni tra Occidente e Federazione russa, che può deragliare in uno scambio nucleare strategico. Quindi, chi sostiene l’Ucraina, come la UE e i paesi che la compongono, deve SMETTERLA di sostenere questi obiettivi, e condizionare l’appoggio a una riduzione degli obiettivi strategici del proprio campo; il che per di più è atto di puro buon senso ed eticamente più che giustificato: non si può sostenere un alleato dandogli carta bianca e accettando qualunque cosa faccia come cosa buona e giusta in quanto la vittima è lui, perché la sua politica coinvolge anche te. Ma il cattolicesimo da una lira è fuori corso, oggi c’è il cattolicesimo da un euro o da un dollaro che a quanto pare ha cambiato idea.

NB_tratto da https://www.facebook.com/roberto.buffagni.35

Cosa ci dice l’Ucraina sulla guerra in arrivo, di Bernard Wicht

Alla fine del 2021, Bernard Wicht ha pubblicato Vers l’autodéfense: le défi des guerres internes ( Towards Self-Defense: The Challenge of Internal Wars ). Le sue riflessioni restano di grande attualità, nonostante il recente ritorno, a quanto pare, dei conflitti “interstatali”. Gli abbiamo posto alcune domande per capire meglio le nuove linee del fronte.

Nella sua recensione di questo libro, il filosofo Eric Werner ha sottolineato l’aspetto più preoccupante della guerra nel 21° secolo: la sua irruzione nello spazio interno delle società, la sua trasformazione in una guerra di “tutti contro tutti”, senza limiti e senza regole. Come storico e stratega, Wicht «non si accontenta di descrivere le trasformazioni in questione, ma le collega all’evoluzione complessiva delle nostre società, mostrando che sono la conseguenza di sconvolgimenti più profondi».

Ora siamo testimoni diretti di questi sconvolgimenti profondi, su base quotidiana. Dalla pubblicazione del suo libro si sono verificati eventi di proporzioni tettoniche. Abbiamo ritenuto utile fare il punto sullo spirito e sulle modalità dell’autodifesa in un momento in cui sta tornando la guerra “convenzionale” tra forze armate. [Questa intervista è condotta da Laurent Schang, che dirige la casa editrice Éditions Polémarque , a Nancy, in Francia, e da Slobodan Despot, con sede in Svizzera, che pubblica la rivista Antipresse .

Nell’attuale letteratura scientifica sui conflitti armati post 11 settembre in generale, e sulla guerra contro lo Stato Islamico in particolare, è consuetudine tracciare una linea più o meno esplicita tra i protagonisti coinvolti. Questo principio di distinzione si basa sul presupposto che i conflitti contemporanei siano tra due parti, una delle quali è buona e l’altra cattiva per difetto. Questa moralizzazione dello studio dei conflitti, che è originale nella scala della storia della guerra, o più precisamente nella scala del modo in cui le nazioni cosiddette “occidentali” pensano alla guerra, pone tuttavia alcuni problemi teorici. Questa tendenza è dannosa per lo studio della guerra da un lato e per lo sviluppo di una risposta adeguata dall’altro (Olivier Entraygues, Regards sur la guerre: L’école de la défaite—Viste sulla guerra: The School of Defeat).

Laurent Schang e Slobodan Despot (LS-SD): In primo luogo, una necessaria domanda preliminare. In un contesto di quasi totale disinformazione, da entrambe le parti, è possibile pensare di decifrare le operazioni militari in corso?

Bernard Wicht (BW): Se un giorno riusciremo ad arrivare alla differenza, la guerra in Ucraina verrà senza dubbio insegnata per prima come la più grande manovra di disinformazione mai condotta nella storia dell’arte della guerra. Ricordiamo a questo proposito che dalla prima guerra in Iraq (1990-1991), la disinformazione è stata parte integrante della strategia attuata dagli Stati Uniti e dai suoi alleati occidentali.

Bernard Wicht.

In quell’occasione è stato il caso degli incubatori dell’ospedale di maternità di Kuwait City, che è stato dato ai media. Queste incubatrici sarebbero state disconnesse dai soldati iracheni quando hanno invaso il Kuwait, causando la morte dei neonati che vi si trovavano. È stata l’indagine post-conflitto di una squadra di giornalisti danesi a smascherare la menzogna: l’ospedale di Kuwait City non ha un reparto maternità e le donne non vanno a partorire lì. Inoltre, la giovane donna che ha denunciato questo apparente crimine di guerra davanti alle autorità dell’Onu a New York si è rivelata la figlia dell’ambasciatore kuwaitiano a Washington, studentessa per diversi anni in un’università americana. Per gli strateghi di Washington, lo scopo della manovra era quindi quello di provocare uno “shock emotivo” all’interno della comunità internazionale,

Poi, nel 2002, prima dello scoppio della seconda guerra in Iraq, la famosa “prova” delle armi di distruzione di massa possedute da Saddam Hussein è stata brandita davanti agli stessi organismi delle Nazioni Unite, sotto forma di una piccola fiala, dal segretario americano alla Stato all’epoca, l’ex capo di stato maggiore dell’esercito americano, il generale Colin Powell. Ancora una volta, l’obiettivo era convincere il mondo del grave pericolo rappresentato dall’Iraq per la stabilità internazionale. Finora queste armi di distruzione di massa non sono state ancora scoperte.

Questa strategia di disinformazione è attualmente perseguita su scala globale, principalmente dai media europei e americani e da un pugno di esperti vicini agli ambienti della NATO. Questa manovra è finora riuscita a impedire qualsiasi analisi coerente del conflitto ucraino. Gli ucraini continuano a rilasciare comunicati di vittoria, mentre i russi sono molto discreti. In altre parole, nelle parole del famoso detective (creato da Agatha Christie) Hercule Poirot, “in questo caso tutti mentono”, costringendo il nostro uomo a ricostruire gli eventi secondo la sua esperienza del crimine, del buon senso e delle domande di fondo ( cui bono , motivo, opportunità e mezzi).

In questa particolare guerra, ci troviamo in una situazione molto simile a Poirot, e siamo costretti a cercare di ricostruire il corso delle operazioni secondo alcuni frammenti di realtà e utilizzando la conoscenza dell’arte della guerra e della storia militare. Ecco perché dobbiamo chiederci, al di là delle successive narrazioni che Stati Uniti e NATO hanno cercato di imporre dall’inizio del conflitto (resistenza vittoriosa delle forze ucraine; poi crimini di guerra russi; e, più recentemente, un vasto contrasto ucraino- offensiva e ritirata dell’esercito russo), cosa si può dire con un minimo di certezza in questa fase:

  • Alla fine del 2021, alla vigilia dello scoppio della guerra, l’esercito ucraino era in uno stato di degrado (vedi inserto: “Ucraina, uno Stato fallito?”).
  • Nel giugno 2022, alti funzionari ucraini hanno riconosciuto che le loro truppe stavano subendo perdite spaventose di fronte alla potenza di fuoco dell’esercito russo, con circa 100 morti e 500 feriti al giorno .
  • A terra, dalla fine dell’estate, vediamo un esercito russo che non sembra avere alcuna fretta di porre fine alle cose, prendendo il suo tempo avanzando in alcuni punti e ritirandosi in altri. Sebbene in gran parte meccanizzata e con il completo controllo del cielo, non lancia la grande offensiva decisiva volta alla capitolazione del governo Zelensky. Al contrario, ha permesso agli ucraini di riconquistare alcune città e villaggi.

Dovremmo quindi accettare la narrazione ufficiale occidentale di una controffensiva decisiva, grazie alle armi miracolose consegnate dalla NATO (compresi i mercenari al loro servizio) e al ritiro generale delle forze russe incapaci di reagire?

Questa versione dei fatti potrebbe essere accettabile se ci trovassimo di fronte all’esercito russo degli anni ’90, quello che si è impantanato in Cecenia e il cui decadimento è stato poi equivalente a quello dell’esercito ucraino alla vigilia del 24 febbraio 2022. C’è voluto Vladimir Putin più di un decennio per ripristinare un esercito efficace e competente le cui qualità si sono viste durante l’intervento in Siria al fianco di Bashar al-Assad, a partire da settembre 2015.

Ucraina, uno Stato fallito?

Nel suo studio del 2017, Emmanuel Todd ha dato una diagnosi pessimistica dell’Ucraina. La considera una nazione “che non è stata in grado di costruirsi uno stato dalla sua separazione dalla Russia”. Aggiunge che il Paese è pericolosamente vuoto di popolazione: “sopra una certa soglia di emigrazione… in Ucraina, ad esempio… i flussi possono destabilizzare le società… senza poter prevedere molto di più della comparsa di buchi neri sociologici”. A questo proposito, evoca «l’apparenza di una zona di anarchia» e ricorda che la massiccia partenza dei ceti medi ucraini verso l’Europa o la Russia, rende molto improbabile che questo Paese si stabilizzi politicamente perché, appunto, «la costruzione di uno stato è solo la cristallizzazione istituzionale della supervisione della società da parte dei suoi ceti medi.

Dal 2014 (Euro Maidan) la classe politica ucraina si è disintegrata in liti interne tra filorussi e filoeuropei, lasciando campo libero alle organizzazioni paramilitari di estrema destra.

LS-SD: Come spiegheresti questo “gioco del gatto e del topo” in cui è impegnato l’esercito russo?

BW: Penso che questa stessa espressione ci dia la “chiave” necessaria per decifrare ciò che sta accadendo in questo momento:

  • Per la cronaca, l’obiettivo della Russia non è principalmente l’Ucraina, ma stordire e sbilanciare UE e NATO (crisi energetica=> crisi economica=> inflazione, recessione. Vedi inserto: “The Legacy of Soviet Operational Thinking” ).
  • D’altra parte, sotto la pressione dei suoi mentori occidentali, il presidente Zelensky ha ritirato le sue proposte di pace di febbraio-marzo, in modo che la guerra possa continuare fino all’esaurimento. Questo è molto probabilmente il gioco che il gatto russo sta giocando con il topo ucraino. Dal momento che una soluzione negoziata sembra impossibile oggi, solo l’esaurimento (demografico) dell’Ucraina può garantire alla Russia una relativa “tranquillità” a lungo termine sul confine sud-occidentale.
  • Questa dialettica del gatto e del topo potrebbe spiegare l’atteggiamento russo di “non voler mettere fine a tutto”. Una tale posizione strategica non è sconosciuta nella storia militare.

Spieghiamolo con un esempio storico.

Il caso della guerra civile spagnola (1936-1939) è particolarmente emblematico da questo punto di vista. Il generale Franco, comandante in capo delle forze nazionaliste, è stato a lungo considerato, certamente come un politico molto scaltro, ma come un povero stratega sul campo. Nonostante la superiorità militare a sua disposizione, fece scelte operative sbagliate, dando ai repubblicani la possibilità di effettuare disperati contrattacchi, prolungando, così, la guerra di almeno due anni.

Poi, di recente, la ricerca storica ha rivelato che queste “scelte sbagliate” sono state fatte consapevolmente al fine di esaurire il potenziale umano dei repubblicani nelle battaglie di annientamento, dove la potenza di fuoco dell’esercito nazionalista poteva raggiungere il suo pieno potenziale. Per esempio, già nel settembre del 1936, invece di prendere Madrid, allora molto poco difesa, ottenendo così la capitolazione del governo repubblicano e ponendo fine alla guerra in due mesi, Franco optò per la presa di Toledo, città certamente molto simbolica, ma la cui importanza strategica era limitata. Franco volle una lunga guerra per distruggere il bacino demografico dei repubblicani e così “ripulire” le regioni conquistate da popolazioni favorevoli al regime in atto. Sentiva che non avrebbe potuto avere la stabilità necessaria per ricostruire il paese se una generazione filo-repubblicana giovane e sufficientemente numerosa fosse sopravvissuta alla guerra. Lo ha detto esplicitamentein un’intervista : “In una guerra civile, è meglio occupare sistematicamente il territorio, accompagnato dalla necessaria pulizia, che una rapida disfatta degli eserciti nemici che lascerebbe il paese infestato da avversari”.

L’eredità del pensiero operativo sovietico

Pensare in termini di obiettivo “Ucraina” è troppo ristretto. È importante tenere presente che, geograficamente parlando, la Russia è un paese mondiale (in senso braudeliano). Né l’Europa occidentale né gli Stati Uniti lo sono. Il pensiero strategico russo si sviluppa a livello macro-spaziale e macro-culturale. Riprende le conquiste della sua sorella maggiore, il pensiero strategico sovietico, che ha sviluppato e concettualizzato quello che viene chiamato il livello operativo della guerra, che non prende più di mira principalmente obiettivi militari tattici (truppe, equipaggiamento, infrastrutture, ecc.), ma l’avversario come un sistema .

Il pensiero operativo non vede il nemico da un punto di vista strettamente militare, a differenza della classica dottrina Clausewitziana di distruggere le forze armate nemiche in una grande battaglia di annientamento considerata la chiave della vittoria. Il pensiero operativo sovietico e poi russo si avvicina all’avversario da una prospettiva sistemica: mira al suo crollo, non in una grande battaglia decisiva, ma con azioni in profondità .

Va notato che questa nozione copre diversi aspetti: il termine profonditànon si riferisce necessariamente al dispositivo difensivo dell’avversario (fortificazioni, centri logistici, reti di comunicazione), ma a tutte le strutture politiche, socio-economiche e culturali nonché alle infrastrutture che consentono il funzionamento del Paese nemico. Pertanto, dal punto di vista del pensiero operativo russo, l’obiettivo perseguito è raramente specifico; è olistico.

La Russia non sta semplicemente cercando di mettere alla prova un vicino recalcitrante, è il “nemico sistemico” a cui punta mostrando in termini concreti di essere non solo pronta, ma soprattutto capace di fare guerre, compresa quella nucleare. Questo nemico sistemico è ovviamente l’UE e la NATO. La Russia ha potuto prendere coscienza al più tardi con la guerra in Siria (dal 2011 in poi) delle scarse capacità di intervento occidentale che, in questo caso, si sono limitate all’invio di pochi contingenti di forze speciali a sostegno delle milizie curde. È stato in grado di farsi un’idea concreta dei severi limiti operativi e dell’incapacità dell’Alleanza Atlantica di condurre un’operazione militare su larga scala a causa della mancanza di manodopera e logistica.

Successivamente, Vladimir Putin e il suo staff hanno potuto pianificare il loro intervento in Ucraina. Ma l’Ucraina non è l’obiettivo principale della guerra; è solo un campo di battaglia, cioè un luogo dove si svolgono le operazioni militari. I russi hanno altri effetti e bersagli.

Quanto agli effetti , la Russia vuole dimostrare che può dichiarare una guerra convenzionale e portarla a termine. Di fronte a questa dimostrazione di forza, va notato che la NATO e l’Unione Europea (UE) sono militarmente “assenti”.

LS-SD: Credi che anche i russi vogliano una lunga guerra? Hanno davvero un interesse per questo?

BW: Mutatis mutandis, questo potrebbe essere il calcolo dei russi di fronte alla guerra (per procura) che gli Stati Uniti e la NATO stanno conducendo contro di loro attraverso gli ucraini. Questa guerra finirà alla fine a causa della mancanza di combattenti. Ma dobbiamo affrettarci ad aggiungere che, anche da parte russa, non tutto è semplice. Lo shock causato dalla parziale mobilitazione delle giovani generazioni non fa ben sperare. In effetti, una parte della società di questo grande paese assapora da più di vent’anni le “delizie” della società dei consumi: possibilità di viaggiare all’estero, un certo senso di libertà legato allo stile di vita consumistico, ecc. Per tutti di loro, improvvisamente, tutto è cambiato. Per tutti loro, all’improvviso, tutto si è fermato e chiuso. Lo spettro della guerra e della morte ora perseguita le loro vite quotidiane, da qui la domanda,

In queste condizioni, possiamo ipotizzare che Russia e Ucraina siano entrambe a rischio di un reciproco collasso. Un po’ come la dialettica tra Grecia e Roma nell’antichità, l’antinomia tra questi due mondi è riassunta dalla famosa formula – La Grecia prigioniera fece prigioniero il suo selvaggio conquistatore – esprimendo il fatto che, militarmente sconfitta, la Grecia riuscì comunque a ellenizzare completamente il mondo romano . In questo caso, un’Ucraina militarmente distrutta provocherebbe, in cambio di shock, un crollo della Russia a causa dei sacrifici richiesti o, almeno, avvertiti da una parte del popolo russo. I recenti attacchi perpetrati sul suolo russo potrebbero rafforzare questa sensazione di improvvisa fragilità?

LS-SD: Qual è l’importanza del tuo studio sull’autodifesa quando la guerra infuria alle nostre porte?

BW: Come indica il titolo, il mio ultimo libriccino è dedicato all’autodifesa, che ritengo essere il concetto operativo anziché quello di “difesa nazionale”, divenuto obsoleto con il declino dello stato-nazione (segnato in particolare dal concomitante ed esponenziale ritorno del mercenarismo.

[La sociologia weberiana relativa alla formazione dello stato moderno (Max Weber, Norbert Elias, Otto Hintze, Charles Tilly, per citare i principali) si concentra sulla costruzione del monopolio statale della coercizione , chiamato anche monopolio della violenza legittima. Evidenzia così l’evoluzione dell’apparato militare e il suo progressivo controllo da parte delle autorità statali. Dal punto di vista di questa concezione della costruzione dello stato, il ricorso ai mercenari rappresenta una tappa intermedia tra l’età feudale (caratterizzata dall’assenza dello stato oltre che da una cavalleria anarchica praticante la guerra privata – Faustrecht), e il periodo contemporaneo con l’avvento degli eserciti nazionali completamente controllati dallo stato. L’attuale ritorno del mercenarismo, attraverso il ricorso a compagnie militari private, tende a segnalare un “ritorno al passato”, e di conseguenza una relativa decostruzione del monopolio di Stato. Su questo argomento si veda Yves Déloye Sociologie historique du politique .]

Ecco perché, allo scoppio della guerra in Ucraina, pensavo che anche il mio studio fosse ipso facto divenuto obsoleto, poiché l’attacco russo sembrava indicare il grande ritorno della guerra convenzionale tra stati e quella degli eserciti regolari. La mia ipotesi di lavoro, basata su minacce di tipo “guerra civile molecolare”, con predominanza di attori non statali, come narco-gang, narcoterroristi e islamo-jihadisti, sembra quindi compromessa. Come mi ha detto il mio amico Laurent Schang la sera del 24 febbraio, “questa volta è la fine della guerra 2.0” (riferendosi alle sfide subbelliche).

LS-SD: Gli stati-nazione dell’Europa occidentale e occidentale sono ancora in grado di fare la guerra?

BW: È evidente che, a parte pochi battaglioni sparsi, la NATO non ha più alcun potere militare effettivo; che l’esercito tedesco è in avanzato stato di decadimento; che l’esercito francese (sebbene ancora molto operativo) ha solo sette giorni di munizioni in caso di scontro ad alta intensità, ed è lo stesso con tutto il resto.

Tutto ciò significa che nell’Europa occidentale lo Stato-nazione non è più in grado di “fare la guerra”, funzione che è stata il suo principale attributo regalian e la forza trainante della sua costruzione storica (secondo la famosa formula di Charles Tilly, “la guerra fa il Stato.” ( Vedi inserto “La guerra come forza trainante dietro la costruzione dello Stato-nazione” ).

Oggi, lo stato-nazione è accalcato sul suo unico privilegio di carcerazione penale. Inoltre, la tempesta di disinformazione mediatica, orchestrata dall’inizio della guerra in Ucraina, mostra che la cittadinanza ha perso ogni sostanza e che non è più importante informare uomini e donne liberi e responsabili, ma mantenere un popolo, sempre al passo con i sull’orlo di una rivolta o di una rivolta, calma.

La guerra come forza trainante dietro la costruzione dello stato-nazione

Nel suo approccio alla costruzione dello stato, Charles Tilly mette in evidenza due fattori che contribuiscono alla formazione del monopolio statale della violenza legittima: da un lato, la costrizione (la capacità di imporre l’ordine e, soprattutto, per mobilitare le risorse umane necessarie per fare la guerra); e, dall’altra parte, il capitale (la capacità di finanziare ed equipaggiare eserciti attraverso le tasse ei profitti del commercio estero).

Così, Tilly dimostra che è la combinazione di questi due fattori (da cui il titolo della sua opera) che determina il tipo di organizzazione statale in vigore, in un dato momento storico, cioè quella capace di “fare la guerra”. Nel nostro caso, a partire dal XVI secolo, le trasformazioni nell’arte della guerra (sistematizzazione dell’uso delle armi da fuoco, ricorso a soldati professionisti, crescita esponenziale del numero dei soldati) hanno portato alla necessità che le unità politiche esistenti in Europa disporre di risorse finanziarie sufficienti per poter “permettersi” questo nuovo strumento militare.

Da qui l’istituzionalizzazione della tassazione , al posto delle vecchie tasse feudali locali. Furono così poste le basi del moderno stato-nazione (una burocrazia incaricata di riscuotere le tasse, un esercito permanente). Da quel momento in poi, la dinamica vincolo-capitalesi avviava: più guerre si succedevano in Europa, più si rafforzava il suddetto fenomeno stato-nazione nelle aree geografiche interessate (Paesi Bassi, Francia, Spagna e poi Prussia e Svezia). E arriviamo così alla famosa formula: la guerra fa lo Stato .

Oggi questa analisi rimane del tutto pertinente per comprendere l’evoluzione delle unità politico-militari. Tuttavia, le dinamiche sopra descritte hanno cambiato scala: con la globalizzazione, il capitale non si trova più a livello nazionale. Di conseguenza, gli stati sono svuotati della loro sostanza e dipendono dalla finanza globale per il loro funzionamento.

Oggi, all’incrocio tra vincolo (mobilitazione delle risorse umane) e capitale(mobilitazione delle risorse finanziarie), non troviamo più eserciti regolari, ma due tipi di organizzazioni militari non statali: da un lato, il mercenarismo sotto forma di compagnie militari private (PMC) e, dall’altro, le armi gruppi paramilitari-criminali. I primi sono generalmente finanziati dal capitalismo globale, i secondi dall’economia sommersa. Da un lato, c’è la combinazione di Wall Street e PMC, e dall’altro, la combinazione del traffico di droga e di vari gruppi armati irregolari.

LS-SD: Quindi, la tua analisi rimane rilevante?

BW: Vanitas vanitatis … Sì. È quella di uno Stato-nazione svuotato della sua sostanza dal capitalismo catastrofico , di società post-nazionali soggette a una violenza interna che non è più incanalata dall’ormai obsoleto monopolio di Stato. Se fosse ancora necessario, la guerra in Ucraina e le decisioni che ha generato (in particolare le sanzioni di cui siamo le prime vittime) dimostrano che gli stati europei non si preoccupano più del benessere dei loro popoli; che le loro élite politiche sono risucchiate dalle dinamiche del capitalismo globale e da coloro che detengono le leve di controllo.

Fernand Braudel diceva : “Il capitalismo trionfa solo quando si identifica con lo Stato; quando è lo Stato”. Inoltre, la sua regolamentazione non passa più attraverso lo stato-nazione (welfare), ma attraverso la guerra (welfare => guerra), sia essa interna o contro un nemico, designata dall’apparato mediatico (Russia in casu ). È importante tenere a mente questa realtà e farne il punto di partenza di qualsiasi sforzo per comprendere i meccanismi del mondo attuale, nel quadro del capitalismo globale, lo stato-nazione a guscio vuotonon è più oggetto di guerra; è solo il teatro (l’ambientazione, si potrebbe dire), lo spazio geografico in cui si svolgono i confronti. Se proviamo a studiarlo al di là del rumore dei media, la guerra in Ucraina rivela questo nuovo stato di cose.

LS-SD: Eppure questo conflitto segna il ritorno della guerra tra gli stati-nazione. Quindi, non è contraddittorio affermare che lo stato-nazione non è più oggetto di guerra?

BW: No, e questa domanda mi permette di chiarire il mio punto. In parole povere, si può dire che fino al 24 febbraio 2022 molti analisti (me compreso) ritenevano che la guerra infrastatalerappresentava il maggior rischio in Europa: 1) scontri a livello molecolare (attentati suicidi, machete, sparatorie); 2) avvenga al di sotto della soglia tecnologica; 3) coinvolgimento di gruppi armati, bande e cellule terroristiche; 4) finanziato attraverso il traffico di droga e altri canali dell’economia sommersa. In altre parole, una rappresentazione che segue direttamente dall’osservazione di Martin van Creveld: “Gli armamenti moderni sono diventati così costosi, così veloci, così indiscriminati, così imponenti, così ingombranti e così potenti che sono sicuri di portare la guerra contemporanea in un vicolo cieco, cioè, in ambienti in cui non funzionano. ( La trasformazione della guerra , p. 52).

Come dicevo all’inizio, lo scoppio della guerra in Ucraina ha mandato in frantumi questo quadro minaccioso facendo pensare a un ritorno alla guerra convenzionale in Europa (battaglie tra eserciti regolari, scontri di carri armati, artiglieria, aviazione e missili a lungo raggio, spettro dell’uso di armi nucleari tattiche). Tuttavia, a un esame più attento, la realtà del combattimento non è così ovvia. Certamente, la guerra convenzionale è davvero presente da parte russa, con un esercito disciplinato, ben equipaggiato e ben comandato che pratica manovre congiunte.

Da parte ucraina, invece, la situazione è molto più offuscata, poiché l’esercito di leva regolare era già allo sbando prima dello scoppio del conflitto, costringendo così il governo Zelensky a fare affidamento su gruppi paramilitari, in particolare i sinistri battaglioni Azov, i cui abusi contro la popolazione civile sono ormai ben noti. Tuttavia, sono le uniche vere forze combattenti su cui il “fallito” Stato ucraino (siamo onesti e usiamo questo termine) può fare affidamento per affrontare l’offensiva russa. Precisiamo che queste unità non dipendono direttamente dallo stato ucraino; hanno una loro modalità di finanziamento, basata sulla tratta e il racket mafioso delle popolazioni locali che non esitano a usare come scudi umani. Tuttavia, furono completamente decimati nei combattimenti intorno a Marioupol e alle acciaierie Azovstal.

[Sembrerebbe che dallo scoppio del conflitto le autorità ucraine abbiano emesso otto appelli di mobilitazione per sopperire alle pesanti perdite subite. Vale quindi la pena chiedersi perché le nuove generazioni stanno ancora rispondendo a queste chiamate quando sono quasi certe di morire sul campo di battaglia. Si può evocare la seguente ipotesi: gli ucraini delle classi lavoratrici non hanno avuto la possibilità di fuggire all’estero per mancanza di mezzi; in un paese distrutto dove l’economia è dissanguata, non è irragionevole pensare che un “bel” bonus per l’impegno (finanziato dal dollaro) possa rappresentare per loro un motivo sufficiente, perché la somma così percepita permette di garantire il sopravvivenza del resto della famiglia. Come spesso accade nella storia militare, sono i poveri che pagano la tassa sul sangue.]

Oggi, dopo le spaventose perdite umane subite dalle truppe ucraine, sono i mercenari che sembrano sopportare il peso maggiore dei combattimenti, ma che, soprattutto, stanno assumendo il ruolo predatorio precedentemente svolto dai battaglioni Azov. Questi mercenari ovviamente non sono pagati dall’Ucraina, che non ha i mezzi, ma dal complesso militare-mediatico americano-NATO. Il capitalismo è al lavoro! Possiamo quindi già affermare che al momento uno Stato indebolito ( in fallimento ) – l’Ucraina in questo caso – non è più in grado di muovere guerra alle proprie forze nazionali. È obbligata a fare appello a forze esterne che non controlla. Siamo quindi in linea con la nostra precedente osservazione sull’incapacità dello stato-nazione di fare la guerra.

[Secondo l’analisi dei video disponibili, si tratterebbe di mercenari di origine latinoamericana, probabilmente reclutati dai servizi di Erik Prince (fondatore della famigerata SMP Blackwater). Quest’ultimo era stato chiamato, ai tempi della Primavera Araba, dalle monarchie petrolifere del Golfo, per dotarle di battaglioni di polizia militare, composti da mercenari colombiani. Questi ultimi non si sono fatti scrupoli a sparare sulla folla, mentre gli eserciti tunisino ed egiziano si erano rifiutati di farlo nei rispettivi paesi. Erik Prince ha i collegamenti necessari per questo pool di reclutamento].

Divaghiamo un po’ per notare quanto troviamo qui lo scenario della Guerra dei Trent’anni (1618-1648). Questa guerra è un perfetto esempio degli sviluppi sopra menzionati: la confusione tra guerra interna e guerra interstatale; la relativa debolezza degli stati coinvolti; e, di conseguenza, il ricorso esponenziale a appaltatori militari privati ​​(mercenari). Per la cronaca, i giovani regni europei (Francia e Svezia) cercarono di sfruttare la temporanea debolezza del Sacro Romano Impero per aumentare il loro territorio e la loro influenza in Europa. Infatti quest’ultimo era invischiato in una lotta interna contro i principi protestanti che sfidavano il potere imperiale.

Prima la Francia, poi la Svezia entrarono in guerra per approfittare di questa momentanea fragilità dell’Impero. Ma né il re di Francia né il re di Svezia avevano i mezzi per la loro politica. Non avevano un apparato statale-nazione sufficiente per mantenere una tale guerra per un lungo periodo di tempo e su vasti territori; la loro burocrazia, ancora agli albori, non consentiva loro di aumentare le tasse in modo efficiente e sostenibile, né di reclutare le truppe necessarie tra la popolazione.

Il Sacro Romano Imperatore aveva le stesse limitazioni. Per questo tutti si sono rivolti a imprenditori militari (Wallenstein, Tilly, Saxe-Weimar in particolare). Oltre alle loro capacità di grandi capitani , questi imprenditori militari erano anche uomini d’affari di talentocon le reti appropriate per reclutare soldati e mantenere i loro eserciti. Da quel momento in poi, e proprio per l’attuazione di questo modello di business, questa guerra è diventata un “affare commerciale”, determinato in gran parte dagli interessi di questi imprenditori e dei loro finanziatori. Furono loro a decidere gli obiettivi, non tanto secondo le priorità politico-strategiche degli Stati, quanto piuttosto secondo gli interessi “commerciali” delle rispettive compagnie (gli eserciti di mercenari messi a disposizione dei principi europei in lotta) . Per fare ciò, e data l’insufficienza dei finanziamenti pubblici, si affidarono al primo “sistema finanziario transnazionale”: la Banca di Amsterdam. Tuttavia, per quanto furbi fossero i banchieri bataviani, i crediti forniti non erano mai sufficienti a coprire tutte le esigenze, soprattutto in termini di logistica.

La durata del conflitto può anche essere spiegata per questo motivo: in un’Europa che esce dall’economia feudale ed entra nel cosiddetto “primo capitalismo”, l’imprenditoria militare ha portato profitti davvero succosi.

In breve, la Guerra dei Trent’anni offre un esempio di un confronto che può essere definito “pre-clausewitziano”, cioè un confronto in cui, sebbene iniziata dagli stati, la guerra ha presto cessato di essere la continuazione della politica con altri mezzi, per mancanza di adeguate risorse statali. Mutatis mutandis , è una situazione simile che troviamo oggi in Europa con la guerra in Ucraina.

LS-SD: Quindi, stiamo assistendo (o no) al ritorno della guerra convenzionale in Europa?

BW: Certamente, ma questa affermazione richiede qualche spiegazione, perché se c’è un ritorno alla guerra convenzionale , dobbiamo affrettarci a dire che si tratta di una guerra convenzionale NG (nuova generazione) in cui, da parte ucraina, le forze paramilitari e mercenarie , incaricati di difendere il Paese, si stanno rivelando più pericolosi per gli ucraini dell’esercito russo che li sta attaccando.

Da questo punto in poi, sembrano emergere i seguenti parametri riguardo a questa “guerra convenzionale di nuova generazione”: 1) a livello centrale, uno Stato-nazione indebolito ( fallito ) che non è più in grado di garantire la sua difesa attraverso la sua forze armate; 2) che deve fare appello a forze irregolari , paramilitari e mercenarie; 3) queste forze stanno “vivendo fuori dal paese” attraverso il racket e la predazione; 4) e sono massicciamente finanziati e attrezzati dal capitalismo globale. Inoltre, sembra che l’Ucraina non sia affatto un precursore in questa materia: all’inizio della guerra in Siria (2011), è stato l’intervento degli irregolari libanesi di Hezbollah a salvare dal collasso lo stato indebolito di Bashar El Assad.

Allo stesso modo, il caso dell’Azerbaigian indica una situazione simile: è grazie alle armi e ai mercenari messi a disposizione dalla Turchia, nonché ai contingenti di combattenti arabo-musulmani, tutti pagati dalle entrate petrolifere azere, che questo paese riesce a ottenere i successi che abbiamo visto in Nagorno-Karabakh.

Ma nonostante tutte le loro differenze, l’Ucraina, la Siria di Bashar e l’Azerbaigian non sono stati forti. Questo non è il caso degli Stati Uniti, che sono l’unico paese al mondo che ha una forte coesione sociale e un’economia prospera che avvantaggia tutti i suoi cittadini. Né nessuno di questi paesi ha una vera élite politica nazionale su cui l’apparato dello stato-nazione possa fare affidamento; il potere è detenuto da clan o cricche mafiose che cercano soprattutto di monopolizzare la ricchezza a proprio vantaggio.

LS-SD: Di conseguenza, per gli ucraini, è “una guerra nella guerra?”

BW: Sì, e questo non sorprende, se seguiamo la griglia del Leviatano di Hobbes: in assenza dello Stato, è la guerra di tutti contro tutti — che, nell’era del capitalismo globale, può durare indefinitamente perché rappresenta un affare molto redditizio, da cui il concetto di “capitalismo dei disastri”.

In altre parole, condotta da combattenti di unità paramilitari e mercenarie, questa belligeranza di NG è “illimitata” e diventa essa stessa l’obiettivo; i civili presumibilmente difesi diventano l’obiettivo principale dei suddetti gruppi armati e lo sforzo bellico è finanziato dal capitalismo globale nella sua declinazione “disastro”. Una tale guerra non rispetta le distinzioni di civile/militare, fronte/retro, guerra/crimine. È misto [non userò il termine “ibrido” perché è così abusato e frainteso]: convenzionale sul campo di battaglia, criminale nel suo funzionamento, terrorista nei suoi atti e mirato alle popolazioni. Consentitemi di sottolineare come arriviamo alle caratteristiche della guerra sub-statale sopra descritte.

LS-SD: Da questo punto di vista, quale ulteriore prospettiva generale si può trarre dalla situazione ucraina?

BW: Il caso ucraino mette in luce la profonda trasformazione dell’Europa e del mondo occidentale (di fatto la sua disintegrazione) attraverso due dimensioni specifiche: una macro-economica e l’altra macro-geografica . Il primo ci ricorda l’importanza del principio che la guerra si fa nello stesso modo in cui si produce la ricchezza : il modo di produzione economica in un dato momento ha un’influenza determinante sia sul tipo di guerra che sulla configurazione dello strumento militare. Pertanto, le guerre tra stati nel XIX e XX secolo erano essenzialmente basate su un’equazione a tre termini: Nazione + Rivoluzione industriale = eserciti di massa. Il capitalismo industriale ha formattato gli spazi nazionali (stati-nazione) e ha aumentato la concorrenza tra di loro in modo parossistico.

Oggi è definitivamente finita l’era degli eserciti nazionali regolari finanziati ed equipaggiati, grazie all’avanzare della Rivoluzione Industriale. Il capitale è mutato; è diventato interamente finanziarizzato ed è migrato al livello sovranazionale, portando a quella che di solito viene chiamata globalizzazione . È a questo livello che ora si produce ricchezza e si modifica irrevocabilmente la condotta della guerra. Ciò significa, come abbiamo già detto sopra in riferimento al ritorno del mercenarismo, che gli Stati non sono più padroni della propria difesa. Un esercito regolare, anche se apparentemente finanziato da uno stato, è diventato di fattouno strumento al servizio del capitale globale, come dimostra l’ansia (quasi surreale) dei governi europei di svuotare i loro magri arsenali, disarmando le proprie forze armate per inviare armi in Ucraina, alcune delle quali già vendute sui mercati paralleli. L’analisi di questa guerra rivela una tale realtà che era prima senza precedenti e inimmaginabile.

[In tali circostanze, e dopo l’annuncio che la Bundeswehr (esercito tedesco) aveva solo due giorni di scorta di munizioni, un commentatore tedesco ha messo in dubbio questo stato di cose e il suo riconoscimento ufficiale da parte delle autorità. Si è spinto fino a formulare l’ipotesi di una “resa di fatto”, esplicitamente ammessa, per preservare la Germania dalla distruzione in caso di allargamento della guerra verso occidente. Secondo lui, dichiarandosi “in bancarotta” a causa della liquidazione dei suoi modestissimi stock di armi e munizioni a favore delle forze ucraine, il Paese potrebbe evitare di “diventare il prossimo campo di battaglia” una volta distrutta l’Ucraina. Anche se questo può essere un po’ inverosimile, mette in evidenza la portata del disarmo dell’Europa occidentale nell’attuale conflitto.]

Per quanto riguarda la dimensione macrogeografica, il caso ucraino sottolinea il valore dell’analisi fornita da David Cosandey nel suo monumentale studio pubblicato nel 1997 e intitolato, Le secret de l’Occident: du miracolo passé au marasme présent ( Il segreto dell’Occidente : Dal miracolo passato alla palude presente ). Nella sua ricerca per comprendere questo “miracolo passato”, Cosandey si concentra sul fattore geografico come elemento decisivo del dinamismo europeo. L’Europa essendo a priori solo un promontorio dell’Eurasia, è il suo perimetro costiero, a nord come a sud, frastagliato, sinuoso e irregolare, che consente la costituzione di entità socio-politiche molto diverse, ma che praticano intensamente scambi commerciali tra queste entità prima, poi con il resto del mondo.

È quindi per questa specificità dello spazio geografico europeo che Cosandey propone la sua spiegazione del “miracolo” basandosi su due neologismi di sua creazione: “ mereupory ” e “ talassografia ”. Il primo termine mira a spiegare il progresso scientifico dell’Europa attraverso la sua stabile divisione politica e il suo dinamismo commerciale. Il secondo termine specifica che il dinamismo commerciale così come la diversità e la stabilità sono favoriti da questo particolarissimo profilo costiero, rispetto agli altri continenti. Dunque, sulla base di questa articolazione mereuporico-talassografica, Cosandey esamina l’evoluzione contemporanea del nostro continente.

In caso, non si tratta di sottoporre a critica le tesi di Cosandey, ma di considerare ciò che ci dicono dell’Europa nel quadro della guerra in Ucraina. Cosandey pensa infatti che la potenza degli armamenti sviluppati dopo la seconda guerra mondiale metta in discussione fondamentalmente la morfologia dell’Europa. In altre parole, lo spazio non è più sufficiente per assorbire la forza militare. Ora è troppo piccolo per poter formare una zona geopolitica stabile.

Di conseguenza Cosandey sostiene che il vantaggio geografico europeo è ormai obsoleto a causa del potere degli armamenti: “A causa del progresso della tecnologia militare, la talassografia del continente europeo, per quanto straordinaria possa essere, non consente più a un sistema di Stati di stabilire stesso lì in modo duraturo. Questa intuizione merita ovviamente una spiegazione.

Il riferimento al progresso della tecnologia militare si riferisce principalmente alla portata continentale e intercontinentaledi armi moderne (missili balistici, portaerei e velivoli a lungo raggio in grado di colpire qualsiasi punto del continente). Di fronte a queste capacità di proiezione della forza su distanze molto lunghe, le qualità meteoriche e talassografiche dell’Europa diventano inefficaci: la specificità della sua costa non è più sufficiente. Il continente torna ad essere una semplice lingua di terra, un promontorio eurasiatico, che può essere attraversato molto facilmente, e in tutte le direzioni (i flussi migratori sembrano confermarlo). Da qui l’impossibilità, in tali condizioni, di mantenere uno scacchiere stabile e dinamico di Stati, poiché questi non hanno più la capacità di proteggersi, ei loro confini geografici non svolgono più una funzione di difesa.

Seguendo Cosandey su questa traiettoria, la guerra in Ucraina sembra indicare che il futuro dell’Europa in termini di Stati non può che essere quello di un disordine su larga scala, una sorta di nuovo Medioevo in cui la Chiesa è sostituita dal dollaro .

LS-SD: Per concludere, torniamo alla domanda iniziale. L’autodifesa è ancora rilevante in un tale stato di caos e disordine, di guerra senza limiti?

BW: Ora più che mai, specialmente in un’Europa occidentale incapace di difendersi, dove è probabile che il modello ucraino si ripeta. Infatti, se lo Stato-nazione non è più oggetto di guerra, allora è l’individuo stesso che diventa oggetto di guerra (da qui l’autodifesa). Tale individuo, inoltre, non è più un cittadino, ma un “uomo nudo” privato di ogni protezione, senza una città ( a-polis ) e passibile di essere messo a morte dalle forze dell’ordine oltre che dalle cosche o dai suddetti attori di la guerra convenzionale NG senza limiti . Per quest’uomo nudo , d’ora in poi, l’autodifesa rappresenta l’unico orizzonte in termini di libertà e sicurezza residue, l’ultimo mezzo per preservare alcuni frammenti dello status di animale politicoquella cittadinanza in armi (la polis oplitica ) gli era stata precedentemente conferita.

[Diversi fattori fanno propendere non solo per un prolungamento della guerra, ma per una sua possibile estensione alla regione europea: l’atteggiamento della Russia, che è pronta a continuare i combattimenti fintanto che il governo ucraino non farà una proposta di pace; il possibile coinvolgimento della Bielorussia; la goffaggine e gli errori di polacchi e lituani riguardo all’enclave di Kaliningrad; l’attivismo di UE, Regno Unito e Stati Uniti per impedire la fine delle ostilità; e, ultimo ma non meno importante, il cieco desiderio della Germania di svuotare i suoi arsenali e inviare il loro contenuto in Ucraina.]

Precisiamo che la nozione di autodifesa qui intesa va oltre la semplice tecnica del combattimento a mani nude. Rappresenta il rovescio dell’autodifesa perché non è un concetto giuridico a tutela del cittadino, ma uno stato di cose , una tattica difensiva, una reazione di sopravvivenza. In questo senso, costituisce l’ultima barriera degli esiliati e dei proscritti contro la violenza a cui sono sottoposti. Per loro è il mezzo per ricostruirsi, per ridiventare persone umane e non solo corpi ( homo sacer ) che possono essere violati a piacimento.

La filosofa Elsa Dorlin parla in tal senso della costruzione di una “etica marziale del sé”, attraverso pratiche che l’individuo disarmato, senza cittadinanza, utilizza per proteggersi fisicamente dall’aggressione. E, visto il caos generalizzato e il collasso che si profila all’orizzonte delle società europee, a seguito della guerra in Ucraina, è importante insistere su questa funzione ricostitutiva dell’autodifesa. Difendersi è esistere: gli insorti del ghetto di Varsavia ne sono un esempio emblematico!

Segnaliamo però anche che anche in questo scenario di re-empowerment , il margine di manovra dell’homo sacer resta molto stretto. Per questo la messa in prospettiva degli eventi (secondo il metodo del lungo tempo storico), cioè la narrazione, occupa un posto strategico. Ciò consente di definire uno spazio, una realtà “alternativa” alla narrativa imposta dal complesso militare-mediatico del capitalismo globale. Il filosofo Eric Werner cerca di articolare questa narrativa minoritaria con il trittico – autonomia-crisi-prossimità – in risposta a quello del discorso dominante – insicurezza-crisi-resilienza . Per la cronaca, quest’ultima nozione non significa resistere, ma “accettare docilmente il proprio destino, per quanto brutto possa essere”.

Autonomia, prossimità, autodifesa , intese come “difesa il più vicino possibile”, costituiranno, con ogni probabilità, i nuovi punti di riferimento in un mondo europeo dove la guerra in Ucraina segna la fine ultima del ciclo storico occidentale: “Il il tempo delle rivoluzioni è finito. Viviamo nel tempo dello sterminio; e, di conseguenza, il tempo della sopravvivenza e dell’autodifesa. Questa è l’era delle sacche di autonomia”.

Avendo qualificato il sistema-mondo dallo stato di governo insicuro, possiamo iniziare definendo il nuovo quadro di guerra. Fa parte dell’abbattimento delle sovranità nazionali. Lo stato-nazione europeo non sembra più essere rilevante per risolvere i problemi di sicurezza dei suoi cittadini. Quest’ultimo, retaggio storico dello stato della Westfalia (1648), e teorizzato da Hobbes nel Leviatano (1651), geograficamente delimitato, è in decomposizione… Inoltre, il degrado del modello di stato-nazione vede la sua sovranità militare messa sotto la tutela di un’altra forma di sovranità, non militare, vale a dire economica, portata dal capitalismo globale (Olivier Entraygues, Regards sur la guerre: L’école de la défaite — Views on the war: The School of Defeat ).

Bernard Wicht è docente all’Università di Losanna, dove insegna strategia. È relatore regolare presso istituzioni militari, tra cui l’Ecole de Guerre, e think tank all’estero. È autore di numerosi libri, tra cui Vers l’autodéfense: Le défi des guerres internes ( Verso l’autodifesa: la sfida delle guerre interne ), Les loups et l’agneau-citoyen. Gangs militarisés, Etat policier et desarmement du peuple ( I lupi e il cittadino-agnello: le bande militarizzate, lo Stato di polizia e il disarmo del popolo ); Citoyen-soldat 2.0, Mode d’emploi ( Cittadino-Soldato 2.0: Guida per l’utente ); Europa Mad Max decadono? ritorno à la défense citoyenneMad Max Europe Tomorrow? Un ritorno alla difesa dei cittadini ); Una nuova guerra di Trentre Ans ? Réflexion et hypothèse sur la crisi actuelle ( Una nuova guerra dei trent’anni: riflessioni e ipotesi sulla crisi attuale ); L’OTAN attaque: la nouvelle donne stratégique ( Attacchi NATO: il nuovo ordine strategico ); L’Idée de milice et le modèle suisse dans la pensée de Machiavel ( L’idea della milizia e il modello svizzero nel pensiero di Machiavelli ).

https://www.thepostil.com/what-ukraine-tells-us-about-the-coming-war/?utm_source=sendfox&utm_medium=email&utm_campaign=the-postil-november-newsletter

Ucraina, il conflitto 19a puntata_strategie parallele_con Stefano Orsi e Max Bonelli

Il conflitto in Ucraina sta percorrendo una fase interlocutoria. Interlocutoria non significa stasi, al contrario. La virulenza del confronto impegna almeno tre focolai del lungo fronte sul quale si dispiegano le truppe. La novità sostanziale riguarda il fatto che i russi sembrano aver finalmente stabilizzato il fronte e delimitato con determinazione le linee di difesa. Di conseguenza viene accettato lo scontro, con il relativo prezzo in perdite umane da pagare, soprattutto da parte ucraina. Ormai la partecipazione diretta della NATO nello scontro viene esibita con sempre minori infingimenti un po’ per necessità, viste le pesanti perdite ucraine in uomini e materiali, sia perché la incessante campagna mediatica in corso da mesi ha prodotto la necessaria assuefazione al clima di guerra nei paesi dell’area occidentale. Una assuefazione, però, che dovrà fare ancora i conti con il protrarsi della guerra e con le pesanti implicazioni in ambito socio-economico. Nelle more, anche il confronto mediatico e la gestione del “softpower” appaiono decisamente più equilibrati, specie nelle aree di contesa esterne al mondo occidentale. La guerra sta mettendo in evidenza i problemi e i limiti di preparazione dei contendenti, anche dei russi. Non c’è da sorprendersi. Ogni conflitto è un “work in progress”. Difetta, ancora, altresì, la considerazione dell’entità del disastro negli anni ’90, dal quale la Russia sta emergendo con enormi sforzi ed una crescente ostilità del mondo occidentale. Quello che importa sarà la determinazione, la motivazione e la capacità di attingere dalle proprie rilevanti riserve. Quanto al contesto internazionale, i margini di movimento sono sempre più ampi. Il temporeggiamento non è necessariamente una prova di debolezza; nell’attuale contesto è piuttosto una prova di maturità e di fiducia nel futuro. Buon ascolto, Giuseppe Germinario

https://rumble.com/v1qqzuw-ucraina-il-conflitto-19a-puntata-strategie-parallele-con-stefano-orsi-e-max.html

i generali americani metteranno fine alla follia?_di Larry Johnson 

La storia si ripete; anche le montature e le provocazioni_Giuseppe Germinario

Red Line, Rat Line Part Deux in Ucraina: i generali americani metteranno fine alla follia?

C’è un aumento nella speculazione in preda al panico sull’uso da parte dell’Ucraina di una bomba sporca per fabbricare un pretesto che giustificherebbe l’intervento della NATO in Ucraina. Mi ricorda molto i precedenti sforzi degli inglesi e degli yankee per creare una crisi in Siria nell’agosto 2013 che costringerebbe gli Stati Uniti e gli inglesi a inviare le loro truppe per aiutare i ribelli islamici che cercano di rovesciare il leader siriano Assad. Barack Obama aveva promesso nell’agosto del 2012 che qualsiasi uso di armi chimiche da parte del governo di Assad avrebbe rappresentato il superamento di una linea rossa che sarebbe stata seguita da una rappresaglia da parte dell’Occidente. Perché Obama ha esitato a rispondere a questo presunto crimine contro l’umanità da parte della Siria? Sy Hersh ha fornito la risposta:

La risposta sta in uno scontro tra coloro nell’amministrazione che si erano impegnati a far rispettare la linea rossa e i leader militari che pensavano che andare in guerra fosse sia ingiustificato che potenzialmente disastroso.

https://www.lrb.co.uk/the-paper/v36/n08/seymour-m.-hersh/the-red-line-and-the-rat-line

Potremmo essere sull’orlo di una nuova provocazione inventata, questa che coinvolge una sporca bomba atomica. Lo stato maggiore russo sta prendendo sul serio questa minaccia e sta telefonando a Turchia, Francia e Cina per avvertire di questo complotto per far esplodere una bomba sporca e incolpare Mosca. I russi hanno chiaramente imparato le lezioni dalla Siria e dal Sarin. Resta da vedere se l’attuale leadership militare statunitense ha la spina dorsale mostrata dai predecessori nell’agosto 2013.

Lasciate che vi riporti indietro di 9 anni all’agosto 2013. La classe politica di Washington aveva la febbre siriana, cioè erano accaldati e ansiosi di rovesciare il siriano Bashir Assad e i canali di notizie erano pieni di terribili previsioni sull’imminente morte di Assad. Poi è arrivata la notizia di un presunto attacco con gas “sarin” ai civili siriani da parte dell’esercito di Assad. Almeno questa è la storia che i media stavano spingendo.

All’epoca stavo lavorando all’interno di uno SCIF a Fort Bragg e avevo accesso ai rapporti dell’intelligence sull’attacco a Ghouta. Il generale Michael Flynn all’epoca era il capo della DIA. In contrasto con la propaganda veicolata dall’INR del Dipartimento di Stato, dalla CIA e dai media, cioè che i ribelli siriani stavano guidando il governo siriano e, aspetta, il presidente siriano Assad era alle corde, la DIA ha fatto un ottimo lavoro onestamente riportando l’attività di combattimento e l’ordine di battaglia. I rapporti della DIA raccontavano una storia completamente diversa: l’esercito siriano stava facendo progressi nel contenimento della rivolta dei ribelli e l’efficacia in combattimento dei ribelli stava diminuendo.

Poi è arrivato il presunto attacco del sarin da parte del governo siriano a Ghouta. Si scopre che questa era una bugia. Sy Hersh ha avuto la storia e, come sempre, ha riportato di prim’ordine:

Il cambio di opinione di Obama ha avuto origine a Porton Down, il laboratorio di difesa nel Wiltshire. L’intelligence britannica aveva ottenuto un campione del sarin utilizzato nell’attacco del 21 agosto e l’analisi ha dimostrato che il gas utilizzato non corrispondeva ai lotti noti per esistere nell’arsenale di armi chimiche dell’esercito siriano. Il messaggio che il caso contro la Siria non avrebbe resistito è stato rapidamente inoltrato ai capi di stato maggiore congiunti degli Stati Uniti. Il rapporto britannico ha acuito i dubbi all’interno del Pentagono; i capi congiunti si stavano già preparando ad avvertire Obama che i suoi piani per un attacco di bombe e missili di vasta portata alle infrastrutture della Siria potrebbero portare a una guerra più ampia in Medio Oriente. Di conseguenza, gli ufficiali americani hanno lanciato un avvertimento dell’ultimo minuto al presidente, che, a loro avviso, alla fine ha portato alla sua cancellazione dell’attacco. . . .

I capi congiunti sapevano anche che le affermazioni pubbliche dell’amministrazione Obama secondo cui solo l’esercito siriano aveva accesso al sarin erano sbagliate. Le comunità dell’intelligence americana e britannica erano consapevoli dalla primavera del 2013 che alcune unità ribelli in Siria stavano sviluppando armi chimiche. Il 20 giugno gli analisti della US Defense Intelligence Agency hanno pubblicato un briefing altamente riservato di cinque pagine sui “punti di discussione” per il vicedirettore della DIA, David Shedd, in cui affermava che al-Nusra manteneva una cellula di produzione di sarin: il suo programma, affermava il giornale, era “il complotto Sarin più avanzato dai tempi dello sforzo di al-Qaida prima dell’11 settembre”. (Secondo un consulente del Dipartimento della Difesa, l’intelligence statunitense sa da tempo che al-Qaida ha sperimentato armi chimiche e ha un video di uno dei suoi esperimenti sui gas con i cani.) Il documento della DIA continuava: “Il precedente focus dell’IC [comunità di intelligence] era stato quasi interamente sulle scorte di armi chimiche siriane CW; ora vediamo l’ANF che tenta di creare il proprio CW … La relativa libertà di operazione del Fronte Al-Nusrah all’interno della Siria ci porta a valutare che le aspirazioni del gruppo CW saranno difficili da interrompere in futuro.’ Il documento si basava su informazioni riservate di numerose agenzie: “Facilitatori chimici con sede in Turchia e in Arabia Saudita”, affermava, “stavano tentando di ottenere precursori del sarin in grandi quantità, decine di chilogrammi, probabilmente per il previsto sforzo di produzione su larga scala in Siria”. ( Alla domanda sul documento della DIA, un portavoce del direttore dell’intelligence nazionale ha dichiarato: “Nessun documento del genere è mai stato richiesto o prodotto dagli analisti della comunità dell’intelligence.”) ora vediamo l’ANF che tenta di creare il proprio CW … La relativa libertà di operazione del Fronte Al-Nusrah all’interno della Siria ci porta a valutare che le aspirazioni del gruppo CW saranno difficili da interrompere in futuro.’ Il documento si basava su informazioni riservate di numerose agenzie: “Facilitatori chimici con sede in Turchia e in Arabia Saudita”, affermava, “stavano tentando di ottenere precursori del sarin in grandi quantità, decine di chilogrammi, probabilmente per il previsto sforzo di produzione su larga scala in Siria”. ( Alla domanda sul documento della DIA, un portavoce del direttore dell’intelligence nazionale ha dichiarato: “Nessun documento del genere è mai stato richiesto o prodotto dagli analisti della comunità dell’intelligence.”) ora vediamo l’ANF che tenta di creare il proprio CW … La relativa libertà di operazione del Fronte Al-Nusrah all’interno della Siria ci porta a valutare che le aspirazioni del gruppo CW saranno difficili da interrompere in futuro.’ Il documento si basava su informazioni riservate di numerose agenzie: “Facilitatori chimici con sede in Turchia e in Arabia Saudita”, affermava, “stavano tentando di ottenere precursori del sarin in grandi quantità, decine di chilogrammi, probabilmente per il previsto sforzo di produzione su larga scala in Siria”. ( Alla domanda sul documento della DIA, un portavoce del direttore dell’intelligence nazionale ha dichiarato: “Nessun documento del genere è mai stato richiesto o prodotto dagli analisti della comunità dell’intelligence.”) Il documento si basava su informazioni riservate di numerose agenzie: “Facilitatori chimici con sede in Turchia e in Arabia Saudita”, affermava, “stavano tentando di ottenere precursori del sarin in grandi quantità, decine di chilogrammi, probabilmente per il previsto sforzo di produzione su larga scala in Siria”. ( Alla domanda sul documento della DIA, un portavoce del direttore dell’intelligence nazionale ha dichiarato: “Nessun documento del genere è mai stato richiesto o prodotto dagli analisti della comunità dell’intelligence.”) Il documento si basava su informazioni riservate di numerose agenzie: “Facilitatori chimici con sede in Turchia e in Arabia Saudita”, affermava, “stavano tentando di ottenere precursori del sarin in grandi quantità, decine di chilogrammi, probabilmente per il previsto sforzo di produzione su larga scala in Siria”. ( Alla domanda sul documento della DIA, un portavoce del direttore dell’intelligence nazionale ha dichiarato: “Nessun documento del genere è mai stato richiesto o prodotto dagli analisti della comunità dell’intelligence.”)

Quando sono emersi i primi rapporti sull’attacco a Ghouta, ho immediatamente iniziato a guardare i rapporti di intelligence ai capi di stato maggiore congiunti che erano stati pubblicati nei giorni precedenti l’attacco. Ho pensato che se l’esercito siriano fosse stato il colpevole, la comunità dell’intelligence degli Stati Uniti avrebbe rilevato le unità di armi chimiche siriane in piedi e prepararsi per l’attacco. Come mai? Perché gli Stati Uniti facevano parte del sistema di allerta per Israele. C’era il timore che la Siria potesse usare armi chimiche contro Israele e gli Stati Uniti stavano usando i suoi mezzi tecnici per monitorare l’attività delle unità militari siriane che avrebbero effettuato un simile attacco. I siriani hanno usato un sistema d’arma chimica binaria. Ciò significa che due sostanze chimiche dovevano essere mescolate insieme per creare una miscela mortale. Questo tipo di attività può essere rilevato da misure tecniche di intelligence. Stranamente, non c’erano informazioni precedenti che indicassero alcuna attività dell’esercito siriano nei giorni precedenti a Ghouta. Niente. Nada. Zero. Cerniera lampo.

Saresti sorpreso di apprendere che ufficiali dell’intelligence britannica e della CIA potrebbero essere stati coinvolti nel complotto di Ghouta con la missione di produrre un casus belli che avrebbe consentito agli Stati Uniti e al Regno Unito di intervenire militarmente in Siria?

Il che ci riporta in Ucraina. C’è seria preoccupazione che l’Occidente stia ancora una volta cercando di inventare una falsa bandiera che può essere utilizzata per radunare un pubblico riluttante ad entrare in guerra con la Russia. Invece delle armi chimiche, l’attuale schema prevede la detonazione di una bomba nucleare sporca in un territorio apparentemente sotto il controllo della Russia. L’esercito ucraino sta subendo vittime catastrofiche e, nonostante la propaganda occidentale, avrà grandi difficoltà a sostenere qualsiasi offensiva. Gli Stati Uniti ei loro alleati della NATO se ne rendono conto e cercano un pretesto per inviare le forze della NATO in soccorso. Sembra che l’Occidente stia considerando di utilizzare la minaccia di sconfiggere un attacco nucleare come giustificazione per inviare le proprie forze nel vortice ucraino.

Penso che la situazione in Ucraina sia molto più pericolosa di quella avvenuta in Siria. È in gioco la sicurezza nazionale della Russia e l’Occidente è in preda al panico alla prospettiva che l’Ucraina venga picchiata fino alla sottomissione. Almeno la Russia sta facendo la cosa giusta, muovendosi preventivamente per avvertire i paesi interessati che sa cosa si sta tramando e che prenderà le azioni appropriate per contrastare un simile attacco se si verifica. Siamo seduti su una polveriera nucleare. Prega che le teste più fredde prevalgano.

https://sonar21.com/red-line-rat-line-part-deux-in-ukraine-will-american-generals-put-a-stop-to-madness/?fbclid=IwAR3canxSrBfhL8qbjxr7-Za-eX3liUHYxDeDFhHy5t3vvjsJNeGO–JnWmc

Riunione del Valdai International Discussion Club con Vladimir Putin

Qui sotto la trascrizione dell’intervento di Vladimir Putin tenuto al forum in corso del Valdai Club. Di questo forum abbiamo già presentato un primo interessante contributo di analisi http://italiaeilmondo.com/2022/10/27/un-mondo-senza-super-poteri_di-oleg-barabanov-timofei-bordachev-yaroslav-lissovolik-fyodor-lukyanov-andrey-sushentsov-ivan-timofeev/ giustapposto ad un commento del recente rapporto sulla sicurezza strategica nazionale degli Stati Uniti http://italiaeilmondo.com/2022/10/23/considerazioni-sul-nss-national-security-strategy-statunitense_di-giuseppe-germinario/. Appena possibile seguirà la trascrizione della relazione di Xi Jinping al congresso del Partito Comunista Cinese. Ritengo di offrire un quadro sufficiente delle posizioni dei leader dei più importanti e decisivi paesi dello scenario geopolitico attuale. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Il Presidente ha partecipato all’ultima sessione plenaria del 19 ° incontro del Valdai International Discussion Club.

Il tema del forum di quest’anno è Un mondo  postegemonicogiustizia  e  sicurezza  per  tutti . L’incontro di quattro giorni ha riunito 111 esperti, politici, diplomatici ed economisti provenienti dalla Russia e da 40 paesi stranieri, tra cui Afghanistan, Brasile, Cina, Egitto, Francia, Germania, India, Indonesia, Iran, Kazakistan, Sud Africa, Turkiye, Stati Uniti e Uzbekistan, solo per citarne alcuni.

* * *

Moderatore della sessione plenaria del Club Valdai Fyodor Lukyanov: Buon pomeriggio, signor Presidente,

Non vediamo l’ora di vedervi ogni anno, ma quest’anno, forse, siamo stati più impazienti del solito, poiché ci sono molte questioni di cui discutere.

Presidente della Russia Vladimir Putin: suppongo di sì, sì.

Fyodor Lukyanov: Il forum si è concentrato principalmente su questioni relative all’ordine internazionale, su come sta cambiando il mondo e, soprattutto, chi, in effetti, è al timone del mondo, chi lo gestisce e se il mondo è disponibile ad essere a disposizione di tutti.

Tuttavia, ne stiamo discutendo come osservatori, ma tu hai il potere, quindi per favore condividi i tuoi pensieri con noi.

Vladimir Putin: Grazie mille.

Signore e signori, amici,

Ho avuto la possibilità di avere un’idea di ciò di cui hai discusso qui negli ultimi giorni. È stata una discussione interessante e sostanziale. Spero che non ti pentirai di essere venuto in Russia e di comunicare tra loro.

Sono felice di vedervi tutti.

Abbiamo utilizzato la piattaforma del Valdai Club per discutere, più di una volta, dei grandi e gravi cambiamenti che sono già avvenuti e stanno avvenendo in tutto il mondo, i rischi posti dal degrado delle istituzioni globali, l’erosione dei principi di sicurezza collettiva e la sostituzione di “regole” al diritto internazionale. Sono stato tentato di dire “siamo chiari su chi ha escogitato queste regole”, ma, forse, non sarebbe un’affermazione accurata. Non abbiamo idea di chi abbia inventato queste regole, su cosa si basino queste regole o cosa sia contenuto in queste regole.

Sembra che stiamo assistendo a un tentativo di far rispettare una sola regola in base alla quale coloro che sono al potere – stavamo parlando di potere e ora sto parlando di potere globale – potrebbero vivere senza seguire alcuna regola e farla franca su qualsiasi cosa. Queste sono le regole che sentiamo costantemente, come si dice insistentemente, cioè parlandone incessantemente

Le discussioni di Valdai sono importanti perché qui è possibile ascoltare una varietà di valutazioni e previsioni. La vita mostra sempre quanto fossero accurati, poiché la vita è la maestra più severa e più obiettiva. Quindi, la vita mostra quanto fossero accurate le proiezioni dei nostri anni precedenti.

Purtroppo, gli eventi continuano a seguire uno scenario negativo, di cui abbiamo discusso più di una volta durante i nostri precedenti incontri. Inoltre, si sono trasformati in una grave crisi di sistema che ha colpito, oltre alla sfera politico-militare, anche la sfera economica e umanitaria.

Il cosiddetto Occidente che è, ovviamente, un costrutto teorico poiché non è unito e chiaramente è un conglomerato molto complesso, ma dirò comunque che l’Occidente ha compiuto diversi passi negli ultimi anni e soprattutto negli ultimi mesi che sono progettati per aggravare la situazione. In realtà, cercano sempre di aggravare le cose, il che non è nemmeno una novità. Ciò include l’alimentazione della guerra in Ucraina, le provocazioni intorno a Taiwan e la destabilizzazione dei mercati alimentari ed energetici globali. A dire il vero, quest’ultimo, ovviamente, non è stato fatto apposta, non ci sono dubbi. La destabilizzazione del mercato energetico è il risultato di una serie di passi falsi sistematici compiuti dalle autorità occidentali che ho menzionato sopra. Come possiamo vedere ora, la situazione è stata ulteriormente aggravata dalla distruzione dei gasdotti paneuropei.

Il potere globale è esattamente ciò che il cosiddetto Occidente ha in palio nel suo gioco. Ma questo gioco è sicuramente pericoloso, cruento e, direi, sporco. Nega la sovranità dei paesi e dei popoli, la loro identità e unicità, e calpesta gli interessi di altri Stati. In ogni caso, anche se negazione non è la parola usata, lo stanno facendo nella vita reale. Nessuno, tranne coloro che creano queste regole che ho citato, ha il diritto di conservare la propria identità: tutti gli altri devono attenersi a queste regole.

A questo proposito, vorrei ricordarvi le proposte della Russia ai nostri partner occidentali per creare fiducia e un sistema di sicurezza collettiva. Sono stati nuovamente lanciati nel dicembre 2021.

Tuttavia, nel mondo moderno difficilmente le cose possono funzionare. Chi semina vento raccoglierà tempesta, come si suol dire. La crisi ha infatti assunto una dimensione globale e ha colpito tutti. Non ci possono essere illusioni su questo.

L’umanità è a un bivio: o continuano ad accumulare problemi e rimanere alla fine schiacciati sotto il loro peso, oppure lavorano insieme per trovare soluzioni – anche imperfette, purché funzionino – che possano rendere il nostro mondo un posto più stabile e più sicuro.

Sai, ho sempre creduto nel potere del buon senso. Pertanto, sono convinto che prima o poi sia i nuovi centri dell’ordine internazionale multipolare che l’Occidente dovranno avviare un dialogo alla pari su un futuro comune per tutti noi, e prima è, naturalmente, meglio è. A questo proposito, metterò in evidenza alcuni degli aspetti più importanti per tutti noi.

Gli sviluppi attuali hanno messo in ombra le questioni ambientali. Per quanto strano possa sembrare, questo è ciò di cui vorrei parlare prima oggi. Il cambiamento climatico non è più in cima all’agenda. Ma quella sfida fondamentale non è andata via, è ancora con noi e sta crescendo.

La perdita di biodiversità è una delle conseguenze più pericolose dello sconvolgimento dell’equilibrio ambientale. Questo mi porta al punto chiave per cui tutti noi ci siamo riuniti qui. Non è altrettanto importante mantenere la diversità culturale, sociale, politica e di civiltà?

Allo stesso tempo, l’appiattimento e la cancellazione di tutte le differenze è essenzialmente ciò che riguarda l’Occidente moderno. Cosa c’è dietro questo? In primo luogo, è il potenziale creativo in decomposizione dell’Occidente e il desiderio di frenare e bloccare il libero sviluppo di altre civiltà.

C’è anche un interesse apertamente mercantile, ovviamente. Imponendo agli altri i propri valori, le abitudini di consumo e la standardizzazione, i nostri avversari – starò attento alle parole – stanno cercando di espandere i mercati per i loro prodotti. L’obiettivo di questa traccia è, in definitiva, molto primitivo. È da notare che l’Occidente proclama il valore universale della sua cultura e visione del mondo. Anche se non lo dicono apertamente, cosa che in realtà fanno spesso, si comportano come se fosse così, che fosse un dato di fatto, e la politica che perseguono è concepita per dimostrare che questi valori devono essere accettati incondizionatamente da tutti gli altri membri della comunità internazionale.

Vorrei citare il famoso discorso di inizio di Harvard di Alexander Solzhenitsyn pronunciato nel 1978. Ha detto che tipico dell’Occidente è “una continua cecità da superiorità” – e continua ancora oggi – che “sostiene la convinzione che vaste regioni ovunque sul nostro pianeta dovrebbero svilupparsi e maturare al livello degli odierni sistemi occidentali”. Lo disse nel 1978. Nulla è cambiato.

Nel corso dei quasi 50 anni da allora, la cecità di cui parlava Solzhenitsyn e che è apertamente razzista e neocoloniale, ha assunto forme particolarmente distorte, in particolare dopo l’emergere del cosiddetto mondo unipolare. A cosa mi riferisco? Credere nella propria infallibilità è molto pericoloso; è solo a un passo dal desiderio dell’infallibile di distruggere coloro che non amano, o come si suol dire, di cancellarli. Basta pensare al significato di questa parola.

Anche al culmine della Guerra Fredda, al culmine del confronto tra i due sistemi, di ideologie e di rivalità militare, a nessuno venne in mente di negare l’esistenza stessa della cultura, dell’arte e della scienza di altri popoli, loro oppositori . Non è nemmeno venuto in mente a nessuno. Sì, sono state imposte alcune restrizioni ai contatti nei settori dell’istruzione, della scienza, della cultura e, sfortunatamente, dello sport. Ma nondimeno, sia i leader sovietici che quelli americani hanno capito che era necessario trattare l’area umanitaria con tatto, studiando e rispettando il proprio rivale, e talvolta anche prendendo in prestito da esso per mantenere le basi per relazioni solide e produttive almeno per il futuro.

E cosa sta succedendo adesso? Un tempo i nazisti hanno raggiunto il punto di bruciare libri, e ora i “guardiani del liberalismo e del progresso” occidentali sono arrivati ​​al punto di bandire Dostoevskij e Ciajkovskij. Il cosiddetto “cancellare la cultura” e di fatto – come abbiamo detto più volte – il vero annullamento della cultura sta sradicando tutto ciò che è vivo e creativo e soffoca il libero pensiero in tutti i campi, sia esso economico, politico o culturale.

Oggi, la stessa ideologia liberale è cambiata, irriconoscibile. Se inizialmente per liberalismo classico si intendeva la libertà di ogni persona di fare e dire a proprio piacimento, nel XX secolo i liberali iniziarono a dire che la cosiddetta società aperta aveva dei nemici e che la libertà di questi nemici poteva e doveva essere limitata se non annullata. Ha raggiunto il punto assurdo in cui qualsiasi opinione alternativa viene dichiarata propaganda sovversiva e una minaccia alla democrazia.

Qualunque cosa provenga dalla Russia è tutto bollato come “intrigo del Cremlino”. Ma guardatevi. Siamo davvero così onnipotenti? Qualsiasi critica ai nostri avversari – qualsiasi – è percepita come “intrigo del Cremlino”, “la mano del Cremlino”. Questo è folle. In cosa sei affondato? Usa almeno il tuo cervello, dì qualcosa di più interessante, esponi il tuo punto di vista concettualmente. Non puoi incolpare di tutto gli intrighi del Cremlino.

Fëdor Dostoevskij profetizzò tutto questo nel 19 ° secolo. Uno dei personaggi del suo romanzo Demons , il nichilista Shigalev, descrisse il futuro radioso che immaginava nel modo seguente: “Emergendo da una libertà sconfinata, concludo con un dispotismo sconfinato”. Questo è ciò a cui sono arrivati ​​i nostri avversari occidentali. Gli fa eco un altro personaggio del romanzo, Pyotr Verkhovensky, parlando della necessità del tradimento universale, della denuncia e dello spionaggio, e affermando che la società non ha bisogno di talenti o capacità maggiori: “La lingua di Cicerone è tagliata, Copernico ha gli occhi cavati e Shakespeare è lapidato”. Questo è ciò a cui stanno arrivando i nostri avversari occidentali. Cos’è questa se non la cultura occidentale dell’annullamento?

Questi sono stati grandi pensatori e, francamente, sono grato ai miei aiutanti per aver trovato queste citazioni.

Come si può replicare a questo? La storia certamente metterà tutto al suo posto e saprà chi cancellare, e non saranno sicuramente le più grandi opere di geni universalmente riconosciuti della cultura mondiale, ma coloro che per qualche ragione hanno deciso di avere il diritto di usare la cultura mondiale come ritengono opportuno. La loro autostima non conosce davvero limiti. Nessuno ricorderà i loro nomi tra qualche anno. Ma Dostoevskij vivrà, così come Čajkovskij, Pushkin, non importa quanto avrebbero gradito il contrario.

Standardizzazione, monopolio finanziario e tecnologico, cancellazione di tutte le differenze è ciò che sta alla base del modello occidentale di globalizzazione, che è di natura neocoloniale. Il loro obiettivo era chiaro: stabilire il dominio incondizionato dell’Occidente nell’economia e nella politica globali. Per fare ciò, l’Occidente ha messo al suo servizio le risorse naturali e finanziarie dell’intero pianeta, così come tutte le capacità intellettuali, umane ed economiche, sostenendo che fosse una caratteristica naturale della cosiddetta nuova interdipendenza globale.

Vorrei qui ricordare un altro filosofo russo, Alexander Zinoviev, di cui celebreremo il centenario della nascita il 29 ottobre. Più di 20 anni fa, disse che la civiltà occidentale aveva bisogno dell’intero pianeta come mezzo di esistenza e di tutte le risorse dell’umanità per sopravvivere al livello raggiunto. Questo è quello che vogliono, è esattamente così.

Inoltre, l’Occidente inizialmente si è assicurato un enorme vantaggio in quel sistema perché aveva sviluppato i principi e i meccanismi – gli stessi delle regole odierne di cui continuano a parlare, che rimangono un buco nero incomprensibile perché nessuno sa davvero cosa siano. Ma non appena i paesi non occidentali hanno cominciato a trarre benefici dalla globalizzazione, soprattutto le grandi nazioni asiatiche, l’Occidente ha subito cambiato o abolito del tutto molte di queste regole. E i cosiddetti sacri principi del libero scambio, dell’apertura economica, della parità di concorrenza, persino dei diritti di proprietà sono stati improvvisamente dimenticati, completamente. Cambiano le regole in corso d’opera, sul posto ovunque vedono un’opportunità per se stessi.

Ecco un altro esempio di sostituzione di concetti e significati. Per molti anni, ideologi e politici occidentali hanno detto al mondo che non c’era alternativa alla democrazia. Certamente, intendevano lo stile occidentale, il cosiddetto modello di democrazia liberale. Hanno respinto con arroganza tutte le altre varianti e forme di governo del popolo e, voglio sottolinearlo, lo hanno fatto con disprezzo e sdegno. Questo modo ha preso forma fin dall’epoca coloniale, come se tutti fossero di seconda categoria, mentre erano eccezionali. Va avanti da secoli e continua ancora oggi.

Quindi attualmente, la stragrande maggioranza della comunità internazionale chiede democrazia negli affari internazionali e rifiuta ogni forma di imposizione autoritaria da parte di singoli paesi o gruppi di paesi. Che cos’è questa se non l’applicazione diretta dei principi democratici alle relazioni internazionali?

Quale posizione ha adottato l’Occidente “civilizzato”? Se siete democratici, dovreste accogliere il naturale desiderio di libertà espresso da miliardi di persone, ma no. L’Occidente lo chiama minando l’ordine liberale basato sulle regole. Sta ricorrendo a guerre economiche e commerciali, sanzioni, boicottaggi e rivoluzioni colorate, e prepara e compie ogni tipo di colpo di stato.

Uno di loro ha portato a tragiche conseguenze in Ucraina nel 2014. Lo hanno sostenuto e hanno persino specificato la quantità di denaro che avevano speso per questo colpo di stato. Hanno la sfacciataggine di comportarsi a loro piacimento e non hanno scrupoli in tutto ciò che fanno. Hanno ucciso Soleimani, un generale iraniano. Puoi pensare quello che vuoi su Soleimani, ma era un funzionario di uno stato estero. Lo hanno ucciso in un paese terzo e si sono assunti la responsabilità. Cosa dovrebbe significare per gridare ad alta voce? In che tipo di mondo stiamo vivendo?

Come è consuetudine, Washington continua a riferirsi all’attuale ordine internazionale come all’ordine americano liberale, ma in realtà, questo famigerato “ordine” sta moltiplicando il caos ogni giorno e, potrei anche aggiungere, sta diventando sempre più intollerante anche nei confronti dei paesi occidentali e loro tentativi di agire in modo indipendente. Tutto è stroncato sul nascere, e non esitano nemmeno a imporre sanzioni ai loro alleati, che abbassano la testa in segno di acquiescenza.

Ad esempio, le proposte di luglio dei parlamentari ungheresi di codificare l’impegno per i valori e la cultura cristiana europea nel Trattato sull’Unione europea non sono state prese nemmeno come un affronto, ma come un vero e proprio atto di sabotaggio ostile. Cos’è quello? Cosa significa? In effetti, ad alcune persone potrebbe piacere, ad altri no.

Nel corso di mille anni, la Russia ha sviluppato una cultura unica di interazione tra tutte le religioni del mondo. Non c’è bisogno di cancellare nulla, siano valori cristiani, valori islamici o valori ebraici. Abbiamo anche altre religioni del mondo. Tutto quello che devi fare è rispettarti a vicenda. In alcune delle nostre regioni – lo so io stesso in prima persona – le persone celebrano insieme le festività cristiane, islamiche, buddiste ed ebraiche e si divertono a farlo perché si congratulano e sono felici l’una per l’altra.

Ma non qui. Perché no? Almeno, potrebbero discuterne. Sorprendente.

Senza esagerare, questa non è nemmeno una crisi sistemica, ma dottrinale del modello neoliberista di ordine internazionale di stampo americano. Non hanno idee per il progresso e lo sviluppo positivo. Semplicemente non hanno nulla da offrire al mondo, tranne perpetuare il loro dominio.

Sono convinto che la vera democrazia in un mondo multipolare riguardi principalmente la capacità di qualsiasi nazione – sottolineo – di qualsiasi società o civiltà di seguire il proprio percorso e organizzare il proprio sistema socio-politico. Se gli Stati Uniti o i paesi dell’UE godono di questo diritto, allora anche i paesi dell’Asia, gli stati islamici, le monarchie del Golfo Persico e i paesi di altri continenti hanno questo diritto. Naturalmente, anche il nostro paese, la Russia, ha questo diritto e nessuno potrà mai dire alla nostra gente che tipo di società dovremmo costruire e quali principi dovrebbero essere alla base di essa.

Una minaccia diretta al monopolio politico, economico e ideologico dell’Occidente risiede nel fatto che il mondo può inventare modelli sociali alternativi più efficaci; Voglio sottolineare questo, più efficace oggi, più luminoso e più accattivante di quelli che esistono attualmente. Questi modelli verranno sicuramente. Questo è inevitabile. A proposito, anche gli scienziati politici e gli analisti statunitensi scrivono di questo. In verità, il loro governo non ascolta quello che dicono, anche se non può evitare di vedere questi concetti nelle riviste di scienze politiche e menzionati nelle discussioni.

Lo sviluppo dovrebbe basarsi su un dialogo tra le civiltà e sui valori spirituali e morali. In effetti, capire di cosa trattano gli esseri umani e la loro natura varia tra le civiltà, ma questa differenza è spesso superficiale e tutti riconoscono la dignità ultima e l’essenza spirituale delle persone. Una base comune su cui possiamo e dobbiamo costruire il nostro futuro è di fondamentale importanza.

Ecco una cosa che vorrei sottolineare. I valori tradizionali non sono un rigido insieme di postulati a cui tutti devono attenersi, certo che no. La differenza dai cosiddetti valori neoliberisti è che sono unici in ogni caso particolare, perché derivano dalle tradizioni di una particolare società, dalla sua cultura e dal suo background storico. Per questo i valori tradizionali non possono essere imposti a nessuno. Devono semplicemente essere rispettati e tutto ciò che ogni nazione ha scelto per sé nel corso dei secoli deve essere gestito con cura.

Questo è il modo in cui comprendiamo i valori tradizionali e la maggior parte dell’umanità condivide e accetta il nostro approccio. Questo è comprensibile, perché le società tradizionali dell’Est, dell’America Latina, dell’Africa e dell’Eurasia costituiscono la base della civiltà mondiale.

Il rispetto dei costumi e dei costumi dei popoli e delle civiltà è nell’interesse di tutti. In effetti, questo è anche nell’interesse dell'”Occidente”, che sta rapidamente diventando una minoranza sulla scena internazionale perdendo il suo predominio. Certo, il diritto della minoranza occidentale alla propria identità culturale – lo tengo a sottolineare – deve essere assicurato e rispettato, ma, soprattutto, su un piano di parità con i diritti di ogni altra nazione.

Se le élite occidentali credono di poter avere la loro gente e le loro società abbracciare quelle che credo siano idee strane e alla moda come dozzine di generi o parate del gay pride, così sia. Lascia che facciano come vogliono. Ma di certo non hanno il diritto di dire agli altri di seguire i loro passi.

Vediamo i complicati processi demografici, politici e sociali che hanno luogo nei paesi occidentali. Questi sono, ovviamente, affari loro. La Russia non interferisce in tali questioni e non ha alcuna intenzione di farlo. A differenza dell’Occidente, ci facciamo gli affari nostri. Ma speriamo che il pragmatismo trionfi e che il dialogo della Russia con l’occidente autentico e tradizionale, così come con altri centri di sviluppo paritario, diventi un importante contributo alla costruzione di un ordine mondiale multipolare.

Aggiungo che il multipolarismo è una vera e, di fatto, unica possibilità per l’Europa di ripristinare la sua identità politica ed economica. A dire il vero – e questa idea è espressa oggi in modo esplicito in Europa – la capacità giuridica dell’Europa è molto limitata. Ho cercato di usare un eufemismo per non offendere nessuno.

Il mondo è diverso per natura e i tentativi occidentali di schiacciare tutti nello stesso schema sono chiaramente condannati. Non ne uscirà nulla.

L’aspirazione presuntuosa a raggiungere la supremazia globale e, essenzialmente, a dettare o preservare la leadership in base a dettatura sta davvero riducendo il prestigio internazionale dei leader del mondo occidentale, inclusi gli Stati Uniti, e aumentando la sfiducia nella loro capacità di negoziare in generale. Dicono una cosa oggi e un’altra domani; firmano documenti e vi rinunciano, fanno quello che vogliono. Non c’è stabilità in niente. Come vengono firmati i documenti, cosa è stato discusso, cosa possiamo sperare: tutto questo non è del tutto chiaro.

In precedenza, solo pochi paesi osavano discutere con l’America e sembrava quasi sensazionale, mentre ora è diventata una routine per tutti i tipi di stati rifiutare le richieste infondate di Washington nonostante i suoi continui tentativi di esercitare pressioni su tutti. Questa è una politica sbagliata che non porta da nessuna parte. Ma lasciamoli, questa è anche la loro scelta.

Sono convinto che le nazioni del mondo non chiuderanno gli occhi davanti a una politica di coercizione che si è screditata. Ogni volta che l’Occidente ci prova, dovrà pagare un prezzo più alto per i suoi tentativi di preservare la sua egemonia. Se fossi un’élite occidentale, valuterei seriamente questa prospettiva. Come ho detto, alcuni politologi e politici negli Stati Uniti ci stanno già pensando.

Nelle attuali condizioni di intenso conflitto, sarò diretto su alcune cose. In quanto civiltà indipendente e distintiva, la Russia non ha mai considerato e non si considera un nemico dell’Occidente. L’americofobia, l’anglofobia, la francofobia e la germanofobia sono le stesse forme di razzismo della russofobia o dell’antisemitismo e, per inciso, della xenofobia in tutte le sue forme.

È semplicemente necessario capire chiaramente che, come ho già detto prima, ci sono due  filoni occidentali – almeno due e forse più, ma almeno due –: l’Occidente dei valori tradizionali, in primis cristiani, della libertà, del patriottismo, della grande cultura e ora dei valori islamici come beh, una parte consistente della popolazione in molti paesi occidentali segue l’Islam. Questo Occidente ci è vicino in qualcosa. Condividiamo con essa radici comuni, anche antiche. Ma c’è anche un Occidente diverso: aggressivo, cosmopolita e neocoloniale. Agisce come uno strumento delle élite neoliberiste. Naturalmente, la Russia non si riconcilierà mai con i dettami di questo Occidente.

Nel 2000, dopo essere stato eletto presidente, ricorderò sempre quello che ho dovuto affrontare: ricorderò il prezzo che abbiamo pagato per aver distrutto la tana del terrorismo nel Caucaso settentrionale, che l’Occidente sosteneva quasi apertamente all’epoca. Siamo tutti adulti qui; la maggior parte di voi presenti in questa sala capisce di cosa sto parlando. Sappiamo che questo è esattamente ciò che è successo nella pratica: supporto finanziario, politico e informativo. Tutti l’abbiamo vissuta.

Inoltre, non solo l’Occidente ha sostenuto attivamente i terroristi sul territorio russo, ma ha anche alimentato questa minaccia in molti modi. Lo sappiamo. Tuttavia, dopo che la situazione si era stabilizzata, quando le principali cosche terroristiche erano state sconfitte, anche grazie al coraggio del popolo ceceno, abbiamo deciso di non tornare indietro, di non fare l’offeso, ma di andare avanti, di costruire relazioni anche con coloro che effettivamente hanno agito contro di noi, per stabilire e sviluppare relazioni con tutti coloro che le volevano, basate sul reciproco vantaggio e sul rispetto reciproco.

Abbiamo pensato che fosse nell’interesse di tutti. La Russia, grazie a Dio, era sopravvissuta a tutte le difficoltà di quel tempo, è rimasta ferma, è diventata più forte, è stata in grado di far fronte al terrorismo interno ed esterno, la sua economia è stata preservata, ha iniziato a svilupparsi e la sua capacità di difesa ha iniziato a migliorare. Abbiamo cercato di costruire relazioni con i principali paesi dell’Occidente e con la NATO. Il messaggio era lo stesso: smettiamo di essere nemici, viviamo insieme come amici, dialoghiamo, costruiamo fiducia e, quindi, pace. Siamo stati assolutamente sinceri, voglio sottolinearlo. Abbiamo compreso chiaramente la complessità di questo riavvicinamento, ma ci siamo trovati d’accordo.

Cosa abbiamo ottenuto in risposta? Insomma, abbiamo ottenuto un “no” in tutte le principali aree di possibile cooperazione. Abbiamo ricevuto una pressione sempre crescente su di noi e focolai di tensione vicino ai nostri confini. E qual è, posso chiedere, lo scopo di questa pressione? Che cos’è? È solo per esercitarsi? Ovviamente no. L’obiettivo era rendere la Russia più vulnerabile. Lo scopo è trasformare la Russia in uno strumento per raggiungere i propri obiettivi geopolitici.

Questa, infatti, è una regola universale: cercano di trasformare tutti in uno strumento, per utilizzare questi strumenti per i propri scopi. E chi non cede a questa pressione, chi non vuole essere tale strumento viene sanzionato: nei loro confronti si effettuano ogni sorta di restrizione economica e in relazione ad esse si preparano colpi di stato o ove possibile si compiono e così via. E alla fine, se non si può fare niente, lo scopo è lo stesso: distruggerli, cancellarli dalla mappa politica. Ma non è e non sarà mai possibile elaborare e realizzare uno scenario del genere nei confronti della Russia.

Cos’altro posso aggiungere? La Russia non sta sfidando le élite occidentali. La Russia sta semplicemente difendendo il suo diritto di esistere e di svilupparsi liberamente. È importante sottolineare che non diventeremo noi stessi un nuovo egemone. La Russia non sta suggerendo di sostituire un mondo unipolare con un ordine bipolare, tripolare o di altro tipo, o di sostituire il dominio occidentale con il dominio da est, nord o sud. Ciò porterebbe inevitabilmente a un’altra impasse.

A questo punto vorrei citare le parole del grande filosofo russo Nikolai Danilevsky. Credeva che il progresso non consistesse nell’andare tutti nella stessa direzione, come alcuni dei nostri avversari sembrano volere. Ciò comporterebbe solo l’arresto dei progressi, ha affermato Danilevsky. Il progresso sta nel “camminare sul campo che rappresenta l’attività storica dell’umanità, camminando in tutte le direzioni”, ha affermato, aggiungendo che nessuna civiltà può essere orgogliosa di essere all’altezza dello sviluppo.

Sono convinto che la dittatura può essere contrastata solo attraverso il libero sviluppo dei paesi e dei popoli; il degrado dell’individuo può essere innescato dall’amore di una persona come creatore; la semplificazione e il proibizionismo primitivi possono essere sostituiti con la fiorente complessità della cultura e della tradizione.

Il significato del momento storico odierno sta nelle opportunità per un percorso di sviluppo democratico e distinto di tutti, che si apre davanti a tutte le civiltà, gli Stati e le associazioni di integrazione. Crediamo soprattutto che il nuovo ordine mondiale debba basarsi sulla legge e sul diritto, e debba essere libero, distintivo ed equo.

Anche l’economia e il commercio mondiale devono diventare più equi e più aperti. La Russia considera inevitabile la creazione di nuove piattaforme finanziarie internazionali; questo include le transazioni internazionali. Queste piattaforme dovrebbero essere al di sopra delle giurisdizioni nazionali. Dovrebbero essere sicuri, depoliticizzati e automatizzati e non dovrebbero dipendere da un unico centro di controllo. È possibile farlo o no? Certo che è possibile. Ciò richiederà molto sforzo. Molti paesi dovranno unire i loro sforzi, ma è possibile.

Ciò esclude la possibilità di abusi in una nuova infrastruttura finanziaria globale. Consentirebbe di condurre transazioni internazionali efficaci, vantaggiose e sicure senza il dollaro o nessuna delle cosiddette valute di riserva. Questo è tanto più importante, ora che il dollaro viene usato come arma; gli Stati Uniti, e l’Occidente in generale, hanno screditato l’istituto delle riserve finanziarie internazionali. In primo luogo, l’hanno svalutato con l’inflazione nelle zone del dollaro e dell’euro e poi hanno preso le nostre riserve di oro e valuta.

La transizione alle transazioni in valute nazionali acquisirà rapidamente slancio. Questo è inevitabile. Certo, dipende dallo status degli emittenti di queste valute e dallo stato delle loro economie, ma si rafforzeranno e queste transazioni sono destinate a prevalere gradualmente sulle altre. Tale è la logica di una politica economica e finanziaria sovrana in un mondo multipolare.

Inoltre, i nuovi centri di sviluppo globali stanno già utilizzando tecnologia e ricerca senza pari in vari campi e possono competere con successo con le aziende transnazionali occidentali in molti settori.

Chiaramente, abbiamo un interesse comune e molto pragmatico per uno scambio scientifico e tecnologico libero e aperto. Uniti, possiamo vincere di più che se agiamo separatamente. La maggioranza dovrebbe beneficiare di questi scambi, non le singole società super ricche.

Come stanno andando le cose oggi? Se l’Occidente vende medicinali o coltiva semi ad altri paesi, dice loro di uccidere le loro industrie farmaceutiche nazionali e la loro selezione. In effetti, tutto si riduce a questo: le sue forniture di macchine utensili e attrezzature distruggono l’industria meccanica locale. Me ne sono reso conto quando ho servito come Primo Ministro. Una volta aperto il mercato a un determinato gruppo di prodotti, il produttore locale va subito a gambe all’aria ed è quasi impossibile per lui alzare la testa. È così che costruiscono relazioni. È così che si impossessano dei mercati e delle risorse e i paesi perdono il loro potenziale tecnologico e scientifico. Questo non è progresso; è asservimento e riduzione delle economie a livelli primitivi.

Lo sviluppo tecnologico non dovrebbe aumentare la disuguaglianza globale, ma piuttosto ridurla. Questo è il modo in cui la Russia ha tradizionalmente attuato la sua politica tecnologica estera. Ad esempio, quando costruiamo centrali nucleari in altri paesi, creiamo centri di competenza e formiamo personale locale. Creiamo un’industria. Non costruiamo solo un impianto, creiamo un intero settore. In effetti, diamo ad altri paesi la possibilità di aprire nuove strade nel loro sviluppo scientifico e tecnologico, ridurre le disuguaglianze e portare il loro settore energetico a nuovi livelli di efficienza e rispetto dell’ambiente.

Consentitemi di sottolineare ancora una volta che sovranità e un percorso unico di sviluppo non significano in alcun modo isolamento o autarchia. Al contrario, si tratta di una cooperazione energica e reciprocamente vantaggiosa basata sui principi di equità e uguaglianza.

Se la globalizzazione liberale riguarda la spersonalizzazione e l’imposizione del modello occidentale al mondo intero, l’integrazione riguarda, al contrario, lo sfruttamento del potenziale di ciascuna civiltà a vantaggio di tutti. Se il globalismo è dettato, ed è ciò a cui alla fine si riduce, l’integrazione è uno sforzo di squadra per sviluppare strategie comuni di cui tutti possono trarre vantaggio.

A questo proposito, la Russia ritiene importante fare un uso più ampio dei meccanismi per creare grandi spazi che si basano sull’interazione tra paesi vicini, le cui economie e sistemi sociali, nonché basi di risorse e infrastrutture, si completano a vicenda. In effetti, questi grandi spazi costituiscono la base economica di un ordine mondiale multipolare. Il loro dialogo dà origine a una genuina unità nell’umanità, che è molto più complessa, unica e multidimensionale delle idee semplicistiche professate da alcune menti occidentali.

L’unità tra l’umanità non può essere creata impartendo comandi come “fai come me” o “sii come noi”. È creato tenendo conto dell’opinione di tutti e con un approccio attento all’identità di ogni società e di ogni nazione. Questo è il principio che può essere alla base della cooperazione a lungo termine in un mondo multipolare.

A questo proposito, può valere la pena rivedere la struttura delle Nazioni Unite, compreso il suo Consiglio di sicurezza, per riflettere meglio la diversità del mondo. Dopotutto, dall’Asia, dall’Africa e dall’America Latina nel mondo di domani dipenderà molto di più di quanto comunemente si creda oggi, e questo aumento della loro influenza è senza dubbio uno sviluppo positivo.

Vorrei ricordare che la civiltà occidentale non è l’unica anche nel nostro comune spazio eurasiatico. Inoltre, la maggior parte della popolazione è concentrata nell’est dell’Eurasia, dove sono emersi i centri delle più antiche civiltà umane.

Il valore e l’importanza dell’Eurasia sta nel fatto che rappresenta un complesso autosufficiente che possiede enormi risorse di ogni tipo e enormi opportunità. Più lavoriamo per aumentare la connettività dell’Eurasia e creare nuovi modi e forme di cooperazione, più risultati impressionanti otteniamo.

Il successo dell’Unione economica eurasiatica, la rapida crescita dell’autorità e del prestigio dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, le iniziative su larga scala One Belt, One Road, piani di cooperazione multilaterale nella costruzione del corridoio di trasporto nord-sud e molti altri progetti , sono l’inizio di una nuova era, una nuova fase nello sviluppo dell’Eurasia. Sono fiducioso di questo. I progetti di integrazione lì non si contraddicono ma si integrano a vicenda – ovviamente, se sono portati avanti dai paesi vicini nel proprio interesse piuttosto che introdotti da forze esterne con l’obiettivo di dividere lo spazio eurasiatico e trasformarlo in una zona di confronto a blocchi.

Anche l’Europa, l’estremità occidentale della Grande Eurasia, potrebbe diventare la sua parte naturale. Ma molti dei suoi dirigenti sono ostacolati dalla convinzione che gli europei siano superiori agli altri, che sia consentito al di sotto di loro prendere parte alla pari nelle imprese con gli altri. Questa arroganza impedisce loro di vedere di essere diventati essi stessi una periferia straniera e di fatto trasformati in vassalli, spesso privi del diritto di voto.

Colleghi,

Il crollo dell’Unione Sovietica sconvolse l’equilibrio delle forze geopolitiche. L’Occidente si sentì vincitore e dichiarò un assetto mondiale unipolare, in cui solo la sua volontà, cultura e interessi avevano il diritto di esistere.

Ora questo periodo storico di sconfinato dominio occidentale negli affari mondiali sta volgendo al termine. Il mondo unipolare viene relegato nel passato. Siamo a un bivio storico. Ci troviamo probabilmente nel decennio più pericoloso, imprevedibile e allo stesso tempo più importante dalla fine della seconda guerra mondiale. L’Occidente non è in grado di governare l’umanità da solo e la maggior parte delle nazioni non vuole più sopportarlo. Questa è la principale contraddizione della nuova era. Per citare un classico, questa è una situazione in una certa misura rivoluzionaria: le élite non possono e la gente non vuole più vivere così.

Questo stato di cose è irto di conflitti globali o di un’intera catena di conflitti, che rappresenta una minaccia per l’umanità, compreso l’Occidente stesso. Il principale compito storico di oggi è risolvere questa contraddizione in modo costruttivo e positivo.

Il cambiamento delle epoche è un processo doloroso, anche se naturale e inevitabile. Un futuro accordo mondiale sta prendendo forma davanti ai nostri occhi. In questa disposizione mondiale, dobbiamo ascoltare tutti, considerare ogni opinione, ogni nazione, società, cultura e ogni sistema di visioni del mondo, idee e concetti religiosi, senza imporre una sola verità a nessuno. Solo su questa base, comprendendo la nostra responsabilità per i destini delle nazioni e del nostro pianeta, creeremo una sinfonia della civiltà umana.

A questo punto, vorrei concludere le mie osservazioni esprimendo gratitudine per la pazienza che avete dimostrato ascoltandole.

Grazie mille.

http://en.kremlin.ru/events/president/news/69695?fbclid=IwAR18eNhcIG7erfvKPk8YvD0zGV9t1KvLAcHE64icAuSiKSgZheMHfiBvQpY

Tanti soldi all’Ucraina, chi paga? _di Fernando Rossi

Giovedì 20 ottobre il Parlamento UE ha approvato una risoluzione per la solidarietà culturale con l’Ucraina

(https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2022-0374_IT.html).

La NATO continua a fornire armi e tecnologie militari all’Ucraina, mentre la scorsa settimana la commissione UE ha approvato una nuova trance miliardaria di ‘aiuti’ finanziari al bilancio dell’Ucraina, bypassando il fatto che l’Ucraina non fa parte della NATO, né della Unione Europea e fingendo di non sapere che per creare odio verso la Russia i golpisti fecero massacrare loro aderenti di Azov e Pravy Sector, in piazza Maidan, dando la colpa agli oppositori russofoni (Parlano i cecchini di Maidan. Tacciono i media di regime – Come Don Chisciotte ).

Alla quasi totalità degli Italiani sfugge il fatto che per sostenere i golpisti ucraini del B’nai B’rith:

  • noi applichiamo sanzioni alla Russia, che è intervenuta verso il non rispetto degli accordi e per difendere la minoranza russofona del sudest ucraino (sanzioni che stanno duramente colpendo le nostre imprese e le nostre famiglie con il prezzo stratosferico dell’energia);

. in più, noi italiani siamo il terzo pagatore, dopo Germania e Francia, delle spese NATO (https://italybynumbers.it/chi-paga-per-la-nato/) e UE per l’Ucraina.

Curioso il fatto che gli stati UE che più premono per sanzioni alla Russia e per erogare sempre altri miliardi di euro per ‘aiuti’ al governo ucraino e per dargli armamenti, siano paesi che non sostengono quelle spese: Estonia, Lituania, Lettonia, Bulgaria, Slovacchia, Romania, Repubblica Ceca, Portogallo e Polonia. Essi sono infatti beneficiari netti, cioè incassano dalla UE più di quanto concorrano al suo bilancio; la Polonia, ad esempio, dal 2009 al 2015, ha versato circa 27 miliardi alla UE ottenendone 158.

Il fiume di denaro UE/NATO/BEI/FMI (che si somma a quelli del B’nai B’rith) incanalato in Ucraina per preparare, gestire e sostenere i governi golpisti ne ha fatto il paese più corrotto del continente.

Anche questa fantomatica ‘solidarietà culturale’ altro non è che un modo per dare altri soldi a Zelensky.

Colpito un ospedale a Donetsk, separatisti: “Attacco ucraino più feroce dal 2015”

Se si trattasse di reale amore per la libertà culturale e per il patrimonio artistico, come ipocritamente Popolari, Socialdemocratici e SorosVerdi, hanno manifestato nel dibattito, costoro non avrebbero potuto restare silenti di fronte a:

– 8 anni di bombardamenti e aggressioni della Azov nei territori russofoni ed alle chiese ortodosse dell’Est Ucraina e Crimea, compresi i patrimoni UNESCO (Hardiske-Crimea, la riserva della biosfera steppica nazionale di Askania -Nova, il Palazzo dei Kan di Crimea Bachcysaraj, il complesso di monumenti della fortezza di Sdak e le stazioni commerciali e fortificazioni sulle rotte genovesi, le città rupestri della Gotia Crimeana);

– Il divieto e la distruzione di libri, quadri, sculture, musica e monumenti di artisti russi in tutta l’Ucraina, deciso dai vari governi golpisti.

Ma governi e partiti atlantici eseguono gli input della grande finanza americana senza battere ciglio anche di fronte a palesi violazioni di quelli che, a parole, sono i ‘loro’ valori di democrazia, libertà, onestà, nonché rispetto dei diritti e della cultura delle minoranze.

https://nandorossi.wordpress.com/2022/10/23/tanti-soldi-allucraina-chi-paga/

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