DUE APPUNTATI E DUE STUDENTESSE, di Antonio de Martini

L’argomento è delicato e si presta alle più svariate strumentalizzazioni. L’affare Weinstein negli USA e Brizzi in Italia ha ridato vita a una campagna isterica e scandalistica sugli abusi sessuali ai danni delle donne. Il campionario delle accuse va dall’abuso violento, al mercimonio tra sesso e carriere, sino alle avances troppo invadenti e a quelle appena accennate. Weinstein ha più volte ventilato che a tempo debito pubblicherà i testi di messaggi e dichiarazioni con l’obbiettivo di riequilibrare in qualche maniera il rapporto tra vittime e carnefici delineato grossolanamente nella campagna mediatica. L’epilogo naturale di tanta acredine non è soltanto la condanna e la giusta persecuzione dei casi di abuso concreto, ma l’estensione agli estremi della casistica di abuso stesso sino alla stesura di decaloghi, poi di comandamenti e poi di leggi di morale e salute pubblica per l’applicazione delle quali non mancheranno certamente i Savonarola di turno dediti alla missione. Nel frattempo anche questo “argomento” si presta ad essere uno strumento efficace per liquidare e neutralizzare avversari nella vita civile e nel confronto politico.

Chi nel proprio lavoro, specie se prossimo ai luoghi decisionali, non ha assistito oltre a soprusi vili a carriere miracolose e vergognose legate a curricula con referenze legate alle capacità “seduttive”?

Tralascio anche le conseguenze soprattutto nefaste ed inibitorie, spesso opportunistiche che l’affermazione di questi codici moralistici stanno avendo nel rapporto affettivo tra i ragazzi dei due sessi. Sarebbe un discorso troppo complesso per l’economia di questo articolo.

Non sono mancate comunque iniziative di buon senso.

L’appello firmato, tra gli altri, da Catherine Deneuve ne è un esempio  https://www.ilfoglio.it/societa/2018/01/10/news/appello-monde-deneuve-172508/

La reazione appare però ancora inadeguata.  

La vicenda di settembre scorso con i due carabinieri protagonisti in divisa di prestazioni sessuali con due turiste americane alticce si inquadra in questo clima. Nel caso più favorevole ai militi, l’episodio denota comunque un comportamento a dir poco riprovevole e meritevole di sanzioni. Il caso peggiore, però, quello di violenza, vien dato per scontato sia dall’iniziale campagna di stampa, sia, fatto preoccupante ma prevedibile vista la statura del personaggio, dallo stesso Ministro Pinotti, dimentica del necessario equilibrio richiesto dalla sua funzione. Ora cominciano a circolare i primi verbali degli interrogatori riguardanti la vicenda e con essi i dubbi sulle versioni e le preoccupazioni sull’influenza che un clima di caccia alle streghe può esercitare sull’orientamento dei giudici. Da qui il commento sagace di Antonio de Martini. Buona lettura, Giuseppe Germinario Tratto da facebook

 

I DUE APPUNTATI E GLI INCONTRI RAVVICINATI DEL TERZO TIPO.

Sarebbe forse meglio dire i due allupati, ma il processo ai due carabinieri ( non si dice più militari dell’Arma, perché adesso sono diventati Forza Armata), rischia di assomigliare a quello dei due marò che furono vittime, non difese, di una campagna nazionalista indiana, come costoro rischiano di essere sacrificati sull’altare del femminismo isterico americano non garantiti da un giudice imparziale.

Leggendo il resoconto dell’interrogatorio di una delle due querelanti sul Corriere della Sera raccontato da una donna, ho tratto l’impressione – più di una impressione- che il giudice abbia preso le parti della americana chiamata sul banco dei testimoni, ma questo è un problema della difesa.

Cerco di fare un discorso generale. Esistono tre tipi di rapporti sessuali:

a) consensuale , in cui entrambi i partecipanti ci danno dentro con entusiasmo. Chiaro.

b) Stupro: in cui uno dei due, generalmente il maschio, usa o minaccia una qualche forma di violenza. Chiaro.

c) tra i due tipi di rapporto c’è una terza zona che possiamo definire una ” no men’s land”, una zona grigia, che risulta irta di trappole e mine. Ma che non è stupro. È complicato.

La vicenda che si sta valutando a Firenze, è certamente un rapporto del terzo tipo.

La ragazza interrogata tra mille divieti posti da un giudice iperprotettivo, ha ammesso che ricorda di essersi baciata, fatta togliere il top è poi “essersi sentita debole” e ” non ricordare più nulla” tranne che fu oggetto di sesso penetrante che non avrebbe voluto avere. Ma non ricorda se lo disse.

Alla domanda ” se non ricorda, come fa ad essere sicura dell’avvenimento?” ha risposto di ” aver sentito un fastidio lì.” Ha aggiunto, con singolare capacità mnemonica selettiva, che si sentiva intimorita dal fatto che il militare avesse un’arma.

Ma fu lei, l’americanina (41 anni, studentessa di che?) a chiamare i carabinieri alla discoteca per sentirsi protetta proprio da quell’arma?
Fu lei a dare il proprio numero di telefono ( esatto).

Il giudice ha impedito di fare la domanda se portasse o meno le mutande.

Un vero peccato.

Qui sotto il link con il resoconto dell’interrogatorio

http://27esimaora.corriere.it/18_febbraio_13/trova-sexy-divise-domande-choc-aula-due-ragazze-stuprate-a2853158-1103-11e8-ae74-6fc70a32f18b.shtml

Qui sotto l’intera trascrizione dell’articolo:

 

WEINSTEIN, CLINTON! LE SUPERNOVA DELLO STARSYSTEM AMERICANO, di Gianfranco Campa

Lo avevamo già, più volte annunciato. Tra i tanti qui a fianco due link http://italiaeilmondo.com/2017/10/22/un-torrido-inverno-di-giuseppe-germinario/

http://italiaeilmondo.com/2017/09/15/755/

Le impalcature dell’attuale sistema di potere americano iniziano a vacillare pericolosamente. La produzione cinematografica americana è uno dei veicoli fondamentali nella costruzione dell’immaginario; indispensabile a fornire una rappresentazione, indispensabile a orientare e a offrire motivi e chiavi di interpretazione alle azioni degli individui e guida e orientamento necessari a plasmare la società alle élites. E’ il modello americano! La cinematografia americana è un pilastro fondamentale della egemonia culturale e politica di quel paese. Nei momenti di crisi acuta ha spesso accentuato il proprio carattere propagandistico, ma ha sempre saputo offrire scorci sottili e di impressionante realismo e veridicità dei pregi, dei difetti e delle crudeltà della società, in particolare la loro. Da alcuni anni, però, si è legata in larga parte, quasi soffocata, ad una frazione precisa e particolare dell’establishment, quello democratico, sposando appieno l’ipocrisia del “politicamente corretto”. Ne ha guadagnato in posizioni di potere, ma ne ha perso pesantemente in credibilità agli occhi di gran parte dello stesso pubblico americano. Da qui, una delle cause del crollo degli incassi e dell’affluenza di pubblico. Da qui, soprattutto, il diretto coinvolgimento nei conflitti tra fazioni politiche e la sovraesposizione, in quanto personaggi pubblici particolarmente in vista, alle gogne politiche e mediatiche tipiche delle fasi di transizione sino a diventare, ormai, vittime sacrificali. Gianfranco Campa ci illustra, ancora una volta, con sagacia e dovizia di particolari, queste dinamiche. Una voce rara, pressoché unica, nello stantio salotto politico italico, della quale si dovrebbe saper approfittare. Buon ascolto, qui sotto_Giuseppe Germinario

“QUESTA DONNA PAGATA IO L’HO !” , di Antonio de Martini

La prima volta che notai il fenomeno fu nel film ” “Shinue l’egiziano” con Edmund Purdom. Avevo 14/15 anni.
Un polpettone pseudo biblico.

Notai un “cammeo” fatto da una attrice sconosciuta e piacente a nome Bella Darvi.
Recitava tanto male che se ne accorse anche un adolescente arrapato come me.

Anni dopo scoprii che era stata inserita nel cast perché era la “caralcuore” del produttore Darryl Zanuck.

Poi scoprii che Jane Russel ( “gli uomini preferiscono le bionde”) era molto ammirata dal produttore Howard Hughes e così via.

Ingrid Bergmann, nelle sue memorie e interviste, racconta che per fare entrare meglio Antony Perkins nella parte del giovane innamorato di ” Le piace Brahams” se lo portò a letto fin dal primo incontro. Fu un successo.

Molti giornali parlavano apertamente de ” il divano del produttore” e Otto Preminger fu colui che “fece il provino a Jean Seberg” per ” buongiorno tristezza” e a Tippi Hiddren per “gli uccelli.”

Grande ė stata la mia meraviglia quando lo scandalo contro Harvey Weinstein, nei giorni scorsi è stato montato a freddo.

L’accusa è ” comportamento inappropriato” – nessun reato dunque, ma uno sputtanamento sistematico sotto forma di stillicidio moralistico dal pulpito dei media per metterlo fuori gioco.

È a malapena trapelato che Harvey Weinstein era in trattativa con Michel Moore per fare un film su Donald Trump, certo non elogiativo, visto che sono entrambi contribuenti del partito democratico. Potrebbe essere.

Ma, badiamo al sodo.

A me interessa il candore ipocrita delle “vittime” che confessano di aver giaciuto col Tycoon di Hollywood, ammettendo di averlo fatto per ottenerne l’appoggio e lo hanno annunziato come se fosse una novità assoluta che ,dopo anni, ancora le sconvolge la psiche.

Il povero, perverso, Harvey, fatemelo chiamare così, considerava le attrici – a detta loro- come pezzi di carne. Incluse Lea Seydoux e la Delevigne entrambe lesbiche dichiarate sui media.

Harvey aveva certamente una predilezione per l’esibizionismo e si mostrava in accappatoio in camera sua alle vergini in cerca di scritture notturne o circuiti di distribuzione dei loro films e confessava un ” penchant” per il cunnilingus, proponendosi, ammettono, senza violenza.

UNA PER TUTTE

Asia Argento, all’epoca dei fatti maggiorenne da ben tre anni, ci racconta che, “per farlo smettere” ha dovuto fingere un orgasmo.
Non ci dice cosa pensava di fare nottetempo nella camera da letto di un albergo con un produttore dalla lingua piuttosto chiacchierata.

Poi ci informa – sempre sul New Yorker che ho pubblicato due giorni fa- che il rapporto è durato cinque anni, lui l’ha anche presentata alla mamma e le ha pagato la bambinaia per la pargola.

A me sembra un sempliciotto più che un predatore.

Lo definirei puttaniere solo se posto in relazione alle signore che hanno frequentato, lautamente compensate, il suo talamo.

Anche dal punto di vista morale, il povero Harvey deve essersi ritenuto in regola, avendo seguito l’esempio di re Davide ( senza peraltro mai uccidere il marito delle Betsabee di turno) e non pochi altri regnanti e patriarchi biblici.

Le ragazzine al vecchio re Davide le forniva il gran sacerdote e a gratis per consentirgli di superare la depressione. Lui, invece, ne discuteva con Lombardo in termini di incarichi retribuiti e distribuzione sul mercato USA.

Queste signore, ora che hanno incassato notorietà e denaro cercano di ribaltare sul vecchio cliente il naturale senso di colpa scaturente dal meretricio praticato in giovane età.

Non sono un rabbino, ma non mi sembra kosher.

LETTERA DAL PROFESSORE, a cura di Giuseppe Germinario

Pubblichiamo, autorizzati, la lettera di un professore italo-americano, insegnante di liceo a San Francisco. Dal testo si comprende come il dibattito ormai del tutto distorto sull’antifascismo, sui diritti umani, sul politicamente corretto non sia una prerogativa italiana. Si può affermare con certezza, al contrario, che le campagne orchestrate dai grandi organi di informazione siano solo un aspetto di una pratica certosina pluridecennale che ha messo le prime radici negli Stati Uniti sino alle sue ultime degenerazioni moralistiche ed inquisitorie pervasive dei diversi ambiti della società, a cominciare dal settore dell’istruzione, denunciate dalla lettera. In Italia, quello che ci appare una novità, a cominciare dall’impegno messianico e ottuso della nostra Presidente della Camera, Laura Boldrini, non è altro che il rimasuglio ripetitivo, nemmeno troppo convinto, di una violenta battaglia politica il cui epicentro è localizzato di là dell’Atlantico

«Fino a pochi giorni fa i neo-nazisti in America erano quattro gatti,
psicopatici, buoni al massimo ad essere messi alla berlina dai Blues
Brothers. Qualche settimana fa, sono andati a Charlottesville in cerca
di attenzione. La Cnn si è occupata di loro con una diretta non stop. La
presenza delle telecamere ha galvanizzato la protesta e la
contro-protesta, così ora i nazisti, da quella caccola che erano, si
sentono importanti. La diretta televisiva a Charlottesville ha aperto
una lattina piena di vermi e ora non c’è più modo di rimettere i vermi
nella lattina.

Tutto questo è il risultato di una mentalità che nasce nelle high
schools, forse anche middle schools, dove tutti i temi politicamente
corretti costituiscono una specie di dogma e dove si sviluppa la
retorica del “safe space”, lo “spazio sicuro”. Gli insegnanti sono
invitati a mettere sulla porta della loro aula un adesivo che dice
“questo spazio è sicuro”, cioè è uno spazio dove non si mette in
discussione la teoria gender, non si parla di diritto alla vita dei
nascituri, nessun comportamento sessuale è criticato. Sono incluse in
questa retorica anche tutte le teorie pseudo scientifiche su come
l’apprendimento, e perciò la conoscenza, dipenda dal soggetto e non
dall’oggetto che viene studiato. Non è un caso che l’oggettività del
metodo di conoscenza è sotto attacco.

Un altro grande dogma indimostrato che comincia dai livelli scolastici
inferiori è quello di tutta una serie di “disordini”, il più famoso dei
quali è l’Add, Attention Deficit Disorder, o il suo fratellino Adhd,
Attention Deficit and Hyperactivity Disorder. Ce ne sono molti altri e,
anche se la definizione di disordine enuncia chiaramente che non sono
patologie, vengono di fatto trattate come tali, in molti casi con
psicofarmaci. La conseguenza è che un numero sempre crescente di
ragazzini è considerato non responsabile delle proprie azioni (il ché
potrebbe essere vero nel caso di una patologia), in quanto ha un
“disordine”.

*Il cestino dei deplorevoli
*Qualunque tentativo di discutere seriamente “dogmi”, è presentato ai
ragazzini come una forma di attacco a loro stessi. Questo li educa a
considerare qualunque sfida alla versione corrente del politicamente
corretto come un’offesa inaccettabile, un attacco che provoca loro una
sorta di dolore mentale. Da qui si capisce come, arrivati
all’università, questi ragazzi considerino non solo un loro diritto, ma
quasi un dovere impedire di parlare a chiunque dica una cosa diversa dal
sistema di pensiero dello “spazio sicuro”.

Si potrebbero citare molti episodi, mi limiterò a quanto accaduto al
Middlebury College a fine febbraio. Alison Stanger, una professoressa di
sinistra, aveva invitato Charles Murray, un sociologo conservatore, a un
dibattito pubblico. Gli studenti erano così infuriati che li hanno
attaccati fisicamente e la professoressa ha subìto una contusione. La
presenza di un conservatore nel campus non li faceva sentire sicuri, in
quanto i conservatori sono tutti per definizione intolleranti. Questione
di “feeling”.

Qualunque pensatore non in linea con l’ultima versione del politicamente
corretto è automaticamente immesso in quello che Hillary Clinton ha
definito “il cestino dei deplorevoli”. Nella mente dei ragazzi educati
alla retorica dello spazio sicuro, tutti quelli che sono al di fuori di
tale spazio sono i mostri che popolano il buio dei bambini: odiano i
gay, le donne, i neri e le minoranze; sono fascisti e nazisti. Neanche
essere gay li salva, infatti Milo Yiannopoulos ha ricevuto gli stessi
trattamenti. Questo dimostra che quelli che difendono non sono i gay
reali, ma solo quelli politicamente corretti; non i neri reali, ma solo
quelli politicamente corretti. Se un afro-americano esprime un punto di
vista “conservatore” diventa subito una legittima preda degli attacchi
verbali più feroci, senza tema di razzismo.

Allora si capisce l’enorme pubblicità data al fenomeno, fino a ieri
marginale, dei neo-nazisti. Infatti consente di dire alla generazione
dello “spazio sicuro”, cioè il terreno di coltura degli elettori liberal
del presente e del futuro: “Avete visto che avevamo ragione? Tutti
quelli che non sono d’accordo con noi sono in realtà dei mostri, dei
nazisti. Non esiste complessità di temi o di posizioni, il mondo si
divide in noi e loro. Noi siamo i buoni e loro i cattivi”. I cliché di
Hollywood avevano già preparato il terreno da tempo».

 

 

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