Violenza sulle donne, di Roberto Buffagni

VIOLENZA SULLE DONNE
Se vogliamo cadere per un attimo nel serio, ciascuno e ciascuna dovrebbe, magari, interrogarsi un pochino sul fascino, anche erotico, che esercita la violenza. Resecare chirurgicamente l’eros dalla violenza, Afrodite da Ares, è affatto impossibile. Se ce ne si rende conto, il rapporto erotismo-violenza si può addomesticare. Non che sia facile ma si può. Sarebbe la funzione della virtù cardinale della temperanza, che non è il moderatismo ma la forgia del carattere, che si tempra come si tempra(va) l’acciaio, ossia immergendo nell’acqua gelida il metallo incandescente martellato dal fabbro. Un uomo che abbia imparato a dominare la paura e la violenza, trasmutando la violenza in forza, non userà mai violenza contro una donna, che è fisicamente più debole, perché è disonorante abusare della propria forza impiegandola contro chi non può reagire. Il ricorso alla violenza fisica, in una relazione, è il sintomo più appariscente di un blocco della capacità di comunicare altrimenti un’emozione soverchiante che non si riesce a dominare. Il punto chiave è “che non si riesce a dominare”, cioè una debolezza del carattere, che può derivare da semplice barbarie e rozzezza, perché il barbaro deve saper dominare la paura, ma di rado si pone il problema di dominare la violenza; o dalla “barbarie riflessiva” (Vico), ossia dall’eccesso di raffinatezza, cinismo, corruzione dei costumi, che compromette la formazione corretta della personalità; o da veri e propri disturbi della personalità individuale.
Se invece, per correggere l’uomo violento, si punta sulla riforma in senso moderato, coccoloso, politically correct del trasporto erotico, il risultato è: a) se la riforma riesce, il rapporto erotico è intenso come una minestrina di dado, l’investimento emotivo sotto il minimo sindacale, e probabilmente lo erano già prima che il riformatore si mettesse all’opera b) se la riforma non riesce (caso più frequente) non si fa che provocare una reazione emotiva ancor più potente e incontrollabile, perché reprimere, negare, dichiarare fuorilegge un’emozione profonda, che a volte è un vero e proprio affetto nel senso psichiatrico della parola, non l’ha mai fatta sparire da che mondo è mondo e uomo è uomo; e anzi, ciò che viene così represso e negato prende proporzioni formidabili nella vita interiore, più facilmente travolgendo la volontà cosciente. Un secolo e mezzo di studi psicoanalitici dovrebbe averci insegnato almeno questo.
Le relazioni affettive tra uomo e donna sono un mondo intero. In questo mondo ci stanno, giusto per nominare gli aspetti principali: a) la relazione erotica vera e propria, che anch’essa è un mondo intero, e presenta aspetti e livelli molto diversi. Esemplifico con l’Odissea: Circe è “appetitio”, sensualità incontrollata, istinto sessuale che prende il comando e imbestia l’uomo; Calipso è “perditio”, isolamento, oblio, sospensione della vita nella bolla erotica; Penelope è “affectio”, attrazione fisica + affinità d’anima. b) in una relazione stabile, di tipo matrimoniale, c’è il progetto di vita in comune, con la sua dimensione anche economica, sociale, giuridica, comunitaria, religiosa, e, quando dalla relazione nascono figli, questo progetto di vita in comune coinvolge necessariamente altri esseri ed entrambe le stirpi dei coniugi, e così diviene un albero – l’Albero della Vita, l’ulivo dal quale Ulisse ricava il letto matrimoniale intorno al quale fa costruire la casa – che affonda nel passato con le radici, e si protende nel futuro con i rami. Quanto sopra per dire che le relazioni tra uomo e donna sono qualcosa di molto complesso, delicato, e di un’importanza che è un vero e proprio suicidio sottovalutare, ridurre a un astratto modello impoverito di uomo e donna. Ue’ ragazzi: da questa cosa nasce il mondo dell’uomo, di tutti gli uomini e le donne che esistono, sono esistiti, esisteranno. Ci dovremmo impegnare di più per capirla, se non vogliamo che imploda e trascini il mondo vitale dell’uomo nella disgregazione.

Il paradiso femminista svedese  è un inferno in terra per la donna, di Max Bonelli

 

 

 

Nell’immaginario collettivo la Scandinavia e la Svezia in particolare è associata a natura incontaminata in perfetto equilibrio con una società tecnologicamente avanzata e con un rapporto uomo donna paritario sotto tutti gli aspetti e le sfaccettature. Gli uomini vanno in piazza a battersi il petto nelle manifestazioni di piazza dei “Me Too” e confessano di aver fatto apprezzamenti pesanti alla loro collega di lavoro tipo “Jag tycker om kvinnorna  i skjol” “mi piacciono le donne in gonna” la quale chiaramente rimane turbata per mesi da questa ardito complimento, tale da costringerla a tornare ai più sobri pantaloni più o meno attillati. Tutti sono compressi in questa confessione collettiva, momento culmine di una  società fermamente radicata nell’assioma uomo carnefice e donna vittima. Sentito è lo sconcerto su  simili pesanti proposte  che spesso anche se denunciate alla polizia, vengono fatte decadere, per mancanza di risorse umane da parte dei solerti vigilanti della legge occupati tra multare criminali della strada che superano i 40 orari su una strada con il divieto da 30 e criminalità d’importazione che fa saltare in aria il portone centrale della questura di Helsingborg (la quinta città della Svezia per numero di abitanti) nella completa impunità. Ma il momento d’isteria collettiva si raggiunge, in queste flagellazioni morali collettive, quando si arriva alla disparità di stipendi tra uomo donna che raggiunge in certi settori a parità di mansione la terribile cifra di un 100 euro mensili. In quel momento l’acme flagellativo raggiunge il culmine, gli uomini che non erano riusciti a sgaiattolare prima per seri impegni, guardano per terra i loro stivali di gomma immersi nella pioggia battente mentre le loro compagne sono in un ira dai connotati vagamente risorgimentali che sfogheranno in serata in una delle palestre riservate solo alle donne finalmente libere dagli sguardi indiscreti di uomini che esercitano la loro vista periferica sugli attillatissimi panta collant.

In questo paese così avanzato dove le donne lavorano ed hanno spesso incarichi dirigenziali e rilevanti nonostante le gravi discriminazioni di cui sono oggetto poc’anzi descritte, ci si aspetterebbe di avere notizie di un quadro statistico confortante riguardo la salute mentale della donna, scandinava ed in particolare svedese. La televisione inonda in maniera “sovietica” esempi di donne dedite alla thai boxe,pugilato , viaggi estremi nell’artico e via dicendo. Mentre sull’altro versante si accarezza virtualmente immagini di ragazzi in crisi psicologica da quando è stato rintrodotto il terribile servizio militare, dove per 5 giorni a settimana saranno impegnati nei rudimenti dell’arte della guerra, si sopravvive chiaramente solo perchè il fine settimana si va a casa! Certo anche le donne possono ambire ad indossate la divisa e lo fanno con una aggessività degna di una ardito di dannunziana memoria come al solito riportata alla evidenza da televisioni e giornali.

In questo contesto, mi aspettavo ti trovare delle statistiche che grondavano di felicità e stabilità psichica per quanto riguarda le donne in questo paradiso di valchirie. La visione della seguente tabella di dati sulla salute psichica della popolazione svedese ha incominciato a porre in crisi questa immagine idilliaca.

 

svezia statistica

Come si evince dai dati frutto dell’efficiente sistema statistico sanitario svedese, su una popolazione di quasi cinque milioni e quattrocentomila pazienti registrati in età adulta, nel sistema sanitario svedese oltre due milioni soffrivano nel 1998 di disturbi psichici di varia natura, tali da indurre una diagnosi e verosimilmente una conseguente terapia. Se andiamo all’ultima colonna abbiamo il rapporto numerico tra donne e uomini in riferimento alla singola diagnosi.(1)

A prima vista risalta agli occhi la prevalenza delle patologie psichiche tra le donne rispetto agli uomini. In alcuni si casi si arriva al rapporto 2 donne ammalate per ogni uomo. Solo per quanto l’abuso di alcool il rapporto è invertito e gli alcool dipendenti sono in rapporto di una donna per due uomini.

I dati sono riferiti al 1998 ma facendo un controllo su indici statistici più recenti la tendenza risulta invariata, le donne soffrono di malattie nervose in maniera più frequente degli uomini. Ho utilizzato questa tabella, perchè pur datata al 1998 da una immagine comparata della salute psichica degli uomini e delle donne svedesi e non si riescono a trovare tabelle così esemplificative più recenti.

Conoscendo bene la società svedese per averci vissuto diversi anni ho immediatamente collegato questi dati allo sforzo psicologico giornaliero della donna nell’inseguimento di una parità dei sessi a tutto campo anche in settori tradizionalmente più ostici all’universo femminile. Una donna, poliziotto, soldato, muratore, carpentiere, trova se non rare eccezioni  una strada più in salita rispetto ad i colleghi maschietti per raggiungere gli stessi standard in ambito lavorativo. Prendere sulle spalle un manichino di sessanta chili e portarlo fuori da un area dove si simula un incendio è una prova impegnativa per parecchi uomini e madre natura ancora non si è attrezzata alle richieste di emancipazione della società scandinava degli anni 2000. Ma lo stesso si potrebbe dire per incarichi manageriali dove ti porti a casa il lavoro e con esse le sue pressioni psicologiche.

Per contro la stessa madre natura non rende insensibili le donne  all’esigenza di avere figli ed il peso di una famiglia si riversa maggiormente sulle mamme  per quanto i bravi uomini svedesi facciano di tutto per fare la loro parte. Ma vedete, gli scandinavi abitano per la massima parte in grandi, moderne baite, leggesi villone di legno, e quando tornano a casa da un lavoro eretto a religione di vita, si devono occupare della costante manutenzione di queste case di legno. Lavori manuali che spesso vengono lasciati all’uomo dalle loro consorti che per forza di cose si prendono cura della cucina, dei bimbi, almeno due e l’immancabile cane. Trovare elettricisti ed idraulici è un operazione difficile e costosa nell’avanzata Scandinavia e la pressione psicologica sugli uomini che devono essere”handig=capaci a far tutto” non è inferiore a quello dello loro mogli. Ad un certo punto l’idillio delle 3 V,(Volvo,Villa, Vove(cane) si rompe e scatta il divorzio abbondantemente sopra il 50% nel paese di Emil di Astrid Lindberg.

Nella maggior parte dei casi sono le donne a chiederlo ma nel contempo, per quella matrigna di madre natura, sono le stesse a sostenere la botta psicologica di figli che finiscono in depressione od in sindrome ADHD, facilmente diagnosticata ed ancor più facilmente trattata con anfetamina.

Le moderne vichinghe con il passare del tempo trovano che se è facile trovare un compagno che salta sul letto con te per una sera, nello stesso tempo è difficile trasformare un “knullkompis=compagno di scopata” in un uomo che lavora per te, che condivide le fatiche quotidiane del paradiso 3V che proprio lei stessa nella maggior parte delle occasioni ha infranto.

Ad un certo punto qualcosa in questa donna iper produttiva, in carriera, emancipata e pronta a prendere il suo destino nelle sue mani si rompe e compare una patologia psichica di varia natura a cui l’apparentemente iper avanzato sistema sanitario svedese da una risposta palliativa (farmacologica) che tiene a bada i sintomi senza curare le cause. A tutto questo si uniscono giornate di malattia, la produttività sul lavoro cala e con essa anche gli aumenti di stipendio che già avevano risentito del divorzio visto che i bambini si ammalavano di più e la mamma si doveva mettere in  aspettativa genitoriale.

L’arcano della differenza degli stipendi a parità di mansione tra uomo e donna viene presto spiegato, il mondo del lavoro non è di per se maschilista ma semplicemente realista, se sei meno presente sul lavoro è difficile pretendere un buon aumento dello stipendio.Maschilista è la società occidentale neoliberista che all’altare della produzione brucia quella micro società fondamento della società umana compostasi in decine di millenni di evoluzione che si chiama famiglia.(2)

La donna viene bruciata, usata, usando lo specchietto dell’allodole del raggiungimento di una parità nei processi produttivi e di distribuzione della ricchezza,a questo altare è costretta a sacrificare, i valori più innati ed il suo equilibrio psichico.

Il risultato una marea di donne insoddisfatte della loro vita e di se stesse. Di buone intenzioni è lastricata la strada dell’inferno.

 

 

Max Bonelli

 

 

 

Riferimenti Bibbliografici

 

 

1)https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC5493066/

 

2)https://it.wikipedia.org/wiki/La_teoria_svedese_dell%27amore