Hans-Werner Sinn, “La costituzione tedesca e la sovranità europea”. Cronache del crollo., di Alessandro Visalli
Hans-Werner Sinn, “La costituzione tedesca e la sovranità europea”. Cronache del crollo.
Avevo chiuso l’ultimo post[1] individuando come via di uscita dalla ordalia[2] chiamata dalla Germania un’uscita unilaterale della stessa, o la resa latina (con conseguente aggressione finale dei mercati ai più deboli). Certo ci sono anche una serie di possibilità di mezzo e di rinvii, ma rimandano solo l’inevitabile definizione della battaglia finale per l’Europa che è stata avviata.
Per rendere più chiaro il terreno di gioco e le poste designate interviene una delle voci più autorevoli della destra economica tedesca, ovvero Hans-Werner Sinn. In un breve articolo[3] su “Project Syndacate” diffida la Commissione dall’avanzare una procedura di infrazione verso la Germania, conferma la natura eminentemente politico-istituzionale dello scontro, e indica quale unica via di uscita la creazione di un’unione politica realmente indipendente, nella quale si parta dalla protezione militare e nucleare autoctona. Ovvero propone uno scambio di unione fiscale verso condivisione della capacità nucleare, e dei relativi eserciti, alla Francia.
Bisognerà richiamare un lontano antefatto. Quando terminò la Seconda guerra mondiale la Germania era distrutta fisicamente, umiliata moralmente, ed occupata militarmente da tutte le potenze alleate. Si avviò un lungo gioco egemonico e di confronto militare nel quale, fino al crollo sovietico, la posta principale era il controllo dell’Europa, per impedire che potesse passare nel campo avverso. Cruciale in questo gioco è sempre stato il controllo delle due potenze sconfitte, sia militarmente sia ideologicamente. Ovvero di Germania e Italia. Ma, ovviamente, soprattutto della prima. Non è affatto un caso che la “guerra fredda” abbia coinciso con la pace europea e con l’occupazione militare perdurante dei paesi di cui sopra citati. Ci sono alcuni corollari: l’Europa non è più da considerare il centro del mondo, dopo il “suicidio” determinato dalle due grandi guerre questo si è spostato fuori (inizialmente Usa e Urss, ed ora Usa e Cina, con la Russia a fare da terzo ballerino). La Germania, inizialmente divisa in due paesi contrapposti, è sempre stata il centro della partita. La dimensione militare del confronto è stata egemonizzata dalla presenza della dissuasione nucleare, senza la quale l’intera questione si spenderebbe in modo del tutto diverso. La presenza della dissuasione nucleare, e l’accordo di spartizione del mondo noto come “equilibrio del terrore” per un quarantennio ha indotto esclusivamente guerre frizionali esterne. A fare da suggello a questo status quo intervennero almeno tre fattori decisivi: l’occupazione militare asimmetrica; l’istituzione presso le Nazioni Unite di un organismo permanente come il Consiglio di Sicurezza nel quale solo le cinque potenze vincitrici siedono in modo permanente e dispongono di un decisivo potere di veto; la concessione alla Francia, dal 1958, e il Regno Unito, dal 1952[4], di poter sviluppare autonomamente armi nucleari, cosa aspramente interdetta a tutte le altre nazioni[5], fanno informalmente eccezione solo altre quattro nazioni[6].
Quando terminò l’Urss ricominciarono quasi subito le guerre in Europa, nel drammatico teatro jugoslavo, e si svuotò repentinamente il senso geopolitico della costruzione europea antecedente. Mentre gli Stati Uniti perdevano interesse, spostandolo in medio ed estremo oriente, la riunificazione tedesca ricreò un potente blocco storicamente refrattario all’idea di essere dominato da altri. I due paesi europei vincitori, dotati sia della legittimazione storica sia delle basi di forza geopolitica e istituzionale, rappresentate dal seggio permanente all’Onu e da potenti eserciti dotati di mezzi nucleari, Gran Bretagna e Francia, hanno visto subito come una minaccia il nuovo assetto ed hanno cercato, la seconda, di imbrigliarla in una nuova costruzione economica rafforzata che, però, evitasse accuratamente di condividere i fattori di forza sopradetti.
Il progetto asimmetrico europeo è quindi nato da compromessi ibridi, ambigui e di essenziale natura politica e intessuti di proiezione strategica. È stato realizzato attraverso la condivisione guidata dal mercato degli spazi di circolazione dei capitali privati, ma confermando l’assoluta regimentazione nazionale di quelli pubblici. Una costruzione semi-confederale, nella quale i fattori identificativi della sovranità statuale sono stati ambiguamente messi in comune o trattenuti gelosamente. Stante l’inibizione militare e l’esclusione istituzionale della Germania, la sua tutela geopolitica, si è inteso porre in comune solo i fattori di potenza economici, e la moneta in primis, sperando che questa struttura riuscisse a quadrare un cerchio davvero complesso.
Ma come è evidente non funziona e non può funzionare.
Il compromesso si basa sull’ipocrisia e sul tacito accordo di non tentare di andare oltre, di non porre la questione del potere politico e geopolitico, e di non dire il vero.
È questa ipocrisia che è saltata con la sentenza della Corte Costituzionale tedesca.
Tutto ciò che segue è esito naturale della reale posta in gioco.
Il 5 maggio i leader della Spd hanno chiesto[7] che le armi nucleari americane siano ritirate dal paese. Due giorni fa c’era stata una risposta[8] insolitamente aspra di parte americana, espressa al massimo livello locale dall’Ambasciatore e sulla testata ufficiale: l’ombrello nucleare Nato è indispensabile. Tradotto, al di là delle questioni contingenti come la sostituzione dei Tornado con capacità nucleare, la richiesta tedesca è che il dispositivo di uscita dalla Seconda guerra mondiale venga dichiarato finito e sia smantellato. La Germania, utilizzando lo schermo europeo, vuole tornare ad esercitare una capacità di influenza mondiale ed indipendente. Il cavallo di troia previsto è il ritiro delle forze americane, in primis nucleari, e l’estensione dell’ombrello alternativo costituito dalla ‘force de dissuasion nucléaire française’, un complesso di dispositivi che costano alla Francia circa tre miliardi di euro di costi di manutenzione all’anno e complessivamente sono in grado di lanciare circa 350 vettori nucleari tramite sottomarini ed aerei[9]. Una “forza d’urto” la cui dottrina è di affermare una capacità di difesa indipendente, premessa dell’effettiva indipendenza politica (ed anche, in ultima istanza, economica), sulla base della capacità di infliggere significativi danni alla controparte in modo da dissuaderla. La dottrina è anche detta della “dissuasione del debole sul forte (dissuasion du faible au fort), formulata dal generale Pierre Gallois.
In questa congiuntura, si incrociano, rafforzandosi, due correnti diverse del sentimento politico tedesco: da una parte la destra ha fisso al centro del suo pensiero strategico la potenza perduta, dall’altro la sinistra reagisce allo stesso sentimento di umiliazione e subalternità politica attaccandone i simboli. Ma politicamente ciò assume un unico significato: la Germania vuole tornare.
Vediamo dunque, dopo questo preambolo necessario, cosa ha scritto Hans-Werner Sinn. La situazione, nell’incipit del pezzo è qualificata come una “crisi costituzionale” nella quale combattono da una parte la Corte di giustizia dell’Unione Europea (CGUE), dall’altra la Corte Costituzionale federale (CCG) per influenzare le politiche europee della Banca Centrale. Per come la riassume, “La CCG ha accusato la CGUE di aver oltrepassato il suo mandato, sviluppando un ragionamento arbitrario in una sentenza del dicembre 2018 a favore della Bce”. Le serrate e diffuse proteste, anche nella Germania stessa, per le conseguenze economiche e geo-politiche della sentenza, sarebbero espressione di quella che Sinn chiama “una disconnessione tra ciò che molti commentatori potrebbero desiderare e la realtà legale”.
La “realtà legale” è che il re europeo è nudo. La gerarchia tra le autorità europee (e per esse la CGUE) e quelle nazionali è asimmetrica. Mentre esiste chiaramente nella politica monetaria (per i paesi che hanno aderito all’Euro, perdendo il controllo delle loro Banche Centrali e dell’emissione di moneta), non esiste in generale “in altri settori politici”. Ovvero, è la tesi di Sinn, non esiste per le complessive politiche fiscali. E queste sono chiamate inesorabilmente ed inevitabilmente in campo dalle politiche di salvataggio non convenzionali che la Bce ha sviluppato utilizzando il suo potere di generazione di moneta. Nello specifico la tesi è che “La BCE avrebbe dovuto essere specificamente autorizzata ad attuare tali misure ai sensi dell’articolo 5 del trattato UE. Ma questa autorizzazione non è stata concessa”.
Dunque, la Bce è ultra vires, oltre i propri poteri, e agisce in modo illegale, quando li compie.
La questione inerisce direttamente l’ambigua costituzione del progetto europeo post caduta del muro, nelle condizioni date dall’equilibrio di potere mondiale. Con i termini esattamente individuati da Hans-Werner Sinn: “l’Ue e le sue istituzioni non hanno lo status di sovrano assoluto”, ma “in base ai suoi Trattati attuali, l’Europa è molto distante dalla statualità forse desiderabile che conferirebbe alla Bce e alla CGUE poteri paragonabili a quelli di istituzioni simili in stati-nazione o confederazioni”.
Data l’essenziale asimmetria che interessa gli stati europei, dopo il citato ‘suicidio’, ciò non è affatto casuale. Gli stati-nazione, tra i quali sul piano geopolitico e di legittimazione la Gran Bretagna e la Francia non sono affatto pari a Germania e Italia, restano “padroni dei trattati”. Dunque, i tribunali costituzionali, come hanno già fatto quelli di Danimarca e Repubblica Ceca, possono pronunciare ed applicare sentenze contro la CGUE. La questione posta da Sinn si applica agli acquisti di titoli di stato ma è tanto più larga.
La Germania rivendica la propria indipendenza.
A supporto di questa linea l’economista tedesco porta un esempio americano incongruo e fuorviante[10], ma probabilmente scelto per evocare la vera posta in gioco senza doverla nominare: la costruzione di un centro di potere indipendente e dominante che sfidi e si contrapponga agli Usa. Centro che, con la condivisione simultanea della capacità fiscale e militare, li vedrebbe a loro volta dominanti nella dinamica a quel punto interna.
L’acquisto, sui mercati secondari, del debito degli stati avrebbe infatti creato effetti diffusi e rilevanti, proteggendoli dalle perdite e impedendo ai tassi di interesse di salire, con ciò rischiando l’azzardo morale e minando i patti fiscali e di debito dell’Ue. Patti che, dal punto di vista tedesco, sin dall’inizio “mirano a prevenire l’escalation del debito nazionale”.
In Germania, sostiene Sinn, c’è un chiaro impedimento costituzionale che di fatto impedisce di avviare politiche di salvataggio fiscale a vantaggio di terzi. Quindi, per farlo sarebbe necessario rifondare lo Stato e darsi una nuova costituzione[11].
Anche qui c’è, a ben vedere, in gioco la stessa eredità. La Costituzione federale è il guardiano che gli alleati vollero porre a tutela del rischio di risorgenza delle mire egemoniche ed imperiali tedesche. Cosa fa, infatti e necessariamente, un egemone imperiale? Sopporta, anche a lungo, deficit per rendere i paesi colonizzati dipendenti da sé e, se del caso, si fa carico di costi per sostenerli. Istituisce, in altre parole, una relazione servo-padrone. Egli rischia, ed assume su di sé i costi della difesa comune, ma per questo legittima il servizio che riceve dai subalterni. Tra i servi ed il padrone si istituisce una relazione di reciproca dipendenza ed una divisione del lavoro.
Ora, la doppia proibizione di armarsi in modo autonomo, ed in primis dell’arma delle armi (il nucleare), e di spendere per il ‘bene’ altrui, ovvero per creare dipendenza economica, è il cardine sul quale è stato creato e mantenuto il rapporto gerarchico tra l’unico egemone dell’occidente, gli Usa, in quanto vincitore della guerra, e i suoi satelliti.
Quando la destra economica tedesca, tramite Sinn, pone la questione di liberarsi in un colpo e sintetico, come vedremo, dei due vincoli e caratteristiche del non poter condividere risorse e di non essere armati, sta ponendo finalmente la questione di diventare indipendente. Cioè di tornare ad essere dominante.
Si arriva alla fine.
Il blocco è chiaramente descritto dall’economista tedesco: se nessuno ha il potere sovrano di trasferire risorse surrettiziamente, non si può neppure aggirare la cosa ponendo in procedura di infrazione la Germania (come ha ipotizzato la Commissione Europea), perché comunque la trappola costituzionale si è ormai chiusa. Se la Ue comminasse un’ammenda perché il governo tedesco ha disobbedito ad una sentenza della CGUE, questi non la potrebbe pagare perché la propria corte CCG la ritiene illegale. Le conseguenze di un simile scontro sarebbero “devastanti per l’Ue”.
Se non si vuole costringere la Germania ad uscire resta, in altre ed ultime parole, solo la strada di sviluppare ulteriormente la Ue in direzione chiaramente federale (e chiaramente “imperiale”). Non c’è altra via. “Non può essere sviluppato arbitrariamente espandendo la giurisdizione della CGUE o attraverso le decisioni di un organo tecnocratico come il Consiglio direttivo della BCE”.
Qualora si volesse proseguire in questa direzione, e qui l’invito è rivolto alla Francia, la strada dovrebbe essere di aumentare il bilancio europeo, e, se non bastasse, di introdurre una moratoria sul debito pubblico italiano[12], con tutte le condizionalità e le regole stringenti dei creditori (ovvero con commissariamento del paese), e bloccare la fuga di capitali.
Ma il colpo è alla fine.
“Ciononostante, gli Stati membri dell’UE dovrebbero riunirsi per formare un’unione politica che consentirà di fatto al blocco di raggiungere la sovranità desiderata. Una tale unione dovrebbe principalmente comportare la creazione di un esercito europeo, con tutto ciò che ciò comporta. Una semplice unione fiscale, infatti, bloccherebbe la strada verso l’unione politica, perché alcuni Stati membri avrebbero fornito i soldi mentre altri avrebbero le carte vincenti militari”.
Bisogna giungere ad un’Unione Politica in grado di essere effettivamente sovrana. Ma ciò significa che se si mette insieme la cassaforte, ovvero si attiva una qualche forma di unione fiscale, diretta e non surrettizia, bisogna anche condividere le armi. Tutte, ovvero “un esercito europeo con tutto ciò che ciò comporta”.
Insieme ai soldi bisogna mettere insieme “le carte vincenti militari”.
Si può scrivere in modo più secco: la destra tedesca intende bloccare la strada all’integrazione europea asimmetrica, ‘a la carte’, come fino ad ora sviluppata, sfruttando il momento di acuta necessità, perché vuole tornare al gioco di dominio imperiale del mondo che per due volte ha fallito nel novecento. Lo scambio è chiaro e semplice: se volete i nostri soldi e le nostre garanzie allora la Seconda guerra mondiale è veramente finita.
Noi siamo tornati[13].
[1] – Ovvero “Verso lo scontro finale? Germania, Ue e cronache del crollo”.
[2] – Duello sacro per definire chi ha il favore degli dei e dunque ha ragione.
[3] – Hans-Werner Sinn, “Germany’s constitution ande european sovereignty”, 15 marzo 2020.
[4] – Il Regno Unito dispone di ca 160 testate operative e si giova di una stretta collaborazione avviata già negli anni sessanta.
[5] – Il Nuclear non-proliferation treaty, siglato nel 1968, designa solo cinque nazioni (NWS) autorizzate a disporre legittimamente di armamento nucleare. Si tratta di Usa, Russia, Regno Unito, Francia e Cina. Che sono non a caso anche i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e i vincitori ufficiali della Seconda guerra mondiale.
[6] – Che sono India, Pakistan, Corea del Nord e Israele. Di queste, come noto, la Corea del Nord è presente solo in quanto si è fatta strada letteralmente a forza.
[7] – Si veda questo link.
[8] – Richard A. Grenell “A credible nuclear deterrent remais needed”, U.S. Embassy Consulate in Germany, 14 maggio 2020.[9] – Al momento si tratta di quattro sottomarini nucleari con 16 missili M51 ciascuno, 2 squadriglie di Rafale con 54 missili ASMP-A, e 2 di Rafale-M imbarcati sulla portaerei Charles de Gaulle.
[10] – “Per quanto riguarda la controversia relativa agli acquisti di titoli di stato da parte della BCE, considerate questo: anche negli Stati Uniti, la Federal Reserve non ha acquistato il debito pubblico dei singoli stati, una questione che è diventata un osso della contesa in Europa. Quando la California, il Minnesota e l’Illinois erano sull’orlo della bancarotta, la Fed non è venuta in soccorso di questi stati acquistando le loro obbligazioni”. È evidente che l’assetto costituzionale americano, nel quale i titoli di stato sono emessi a livello federale, e gli stati federati sono tenuti al pareggio di bilancio, ma nel contesto di significative spese federali diffuse, non è comparabile. L’esempio è mal portato. Peraltro l’atto di fondazione della capacità finanziaria dello stato federale è stato proprio l’assorbimento del debito degli stati federati dopo la guerra di indipendenza.
[11] – “Anche con una maggioranza di due terzi a favore, il Bundestag tedesco non ha potuto approvare le disposizioni del trattato UE che consentirebbero alla BCE di perseguire una politica di salvataggi statali che comportasse gravi rischi prevedibili per i contribuenti della zona euro. Invece, la Repubblica federale dovrebbe prima essere rifondata e una nuova costituzione adottata con referendum.”
[12] – “A dire il vero, gli stati sovrani dell’UE dovrebbero stare insieme e aiutare quelli più colpiti dalla crisi – soprattutto l’Italia, che è stata la prima nazione europea a essere colpita dalla pandemia e ha subito 31.000 morti COVID-19, il numero più alto nella UNIONE EUROPEA. Oltre ai trasferimenti unilaterali, che ogni governo nazionale può decidere liberamente, gli Stati membri dovrebbero aumentare il bilancio dell’UE per fornire aiuti speciali alle persone e agli ospedali italiani.
Se ciò non bastasse, allora potrebbe essere introdotta una moratoria del debito per l’Italia secondo le regole del Club dei paesi creditori di Parigi. Ciò dovrebbe essere combinato, come nel caso della Grecia, con controlli di capitale per fermare l’enorme fuga di capitali dall’Italia alla Germania e agli Stati Uniti che si sta verificando da marzo.”[13] – Certo ci sarebbe da capire cosa pensano di questi i cinque paesi che quella guerra la vinsero, pagando un immane tributo di sangue e di dolore. In primo piano cosa ne pensa la Francia, che talvolta percorre terreni simili, e poi, soprattutto, che ne pensano gli Usa. Ma questo, penso, lo capiremo presto.