Alessandro Campi, Il fantasma della Nazione. Per una critica del sovranismo, recensione di Teodoro Klitsche de la Grange

Alessandro Campi, Il fantasma della Nazione. Per una critica del sovranismo, Marsilio Editore, Venezia 2023, pp. 205, € 15,00.

Diversamente da quanto più frequentemente si legge, questo saggio formula una critica al sovranismo, che è scientifica e lungimirante. Al contrario, per l’appunto di quanto raccontato nei media maenstream, dove a parlare di Nazione è regola pronunciare formule (e termini) esorcizzanti, e ancor più fare una gran confusione: tra Cavour e Mazzini da una parte e Alfredo Rocco e Enrico Corradini dall’altra (per non parlare di Mussolini). Ovvero tra il sentimento patriottico del risorgimento e quello dei nazionalisti e del fascismo.

Il primo – tra i non pochi pregi del libro – è così rimettere a posto significati, definizioni (e appartenenze). Tanto per fare un esempio il sentimento (nazionale) risorgimentale era quello di una Nazione che voleva costituirsi in Stato, di guisa da non dipendere dagli altri Stati, di gran lunga superiori agli Stati pre-unitari per popolazione, territorio, risorse, per cui era una rivendicazione di indipendenza ed autonomia. Mentre il nazionalismo dei Rocco e Corradini era una rivendicazione di potenza nei confronti di altri popoli – coloniali soprattutto. Il primo era difensivo, il secondo d’aggressione: distinzione essenziale che ancora gli ideologi del pensiero unico non riescono (o non vogliono) afferrare.

Particolarmente interessante è il pensiero di Campi sul rapporto tra destre e nazione, visto (anche) i diversi – e talvolta opposti – modi di declinarlo. In Italia, scrive Campi “quello tra destre (al plurale) e nazione è stato un rapporto per certi versi ambiguo e controverso, discontinuo e accidentato, fortemente rivendicato sul piano ideale quanto scarsamente produttivo su quello politico, che ha finito per generare un nazionalismo-patriottismo più che altro sentimentalistico e retorico, letterario, estetizzante e occasionalistico, come tale incapace di definire una chiara visione degli interessi nazionali dell’Italia… Potremmo dire che la nazione-mito, facile da invocare sul piano della propaganda e in chiave di mobilitazione politica, ha prevalso a destra sulla nazione-progetto, intesa come realizzazione nel concreto della storia di un disegno politico collettivo o comunitario”. Onde la destra italiana, non sembra “sia mai riuscita a elaborare una dottrina nazionalistica coerente e organica in grado di saldare il richiamo all’idea di nazione con un forte senso dello Stato e di tradurre quel richiamo sul terreno della progettualità politica”. A intenzioni “buone” hanno corrisposto spesso risultati modesti o addirittura pessimi. Tralasciando, per ragioni di spazio, tutte le interessanti analisi di Campi sul rapporto con la Nazione delle varie destre (risorgimentale, nazionalista, fascista, della prima repubblica, della seconda), veniamo all’attualità.

Nel presente la concezione di destra della Nazione, o meglio dello Stato nazionale “è la forma politica che assume l’identità collettiva di una comunità interessata a mantenere la propria integrità contro chi la insidia”. In effetti, scrive l’autore “la prima cosa che colpisce nel sovranismo populista, nelle diverse declinazioni che ne sono state offerte dalla politica italiana recente, è il suo carattere meramente difensivo e reattivo”. Se questo costituisce un pregio rispetto alle declinazioni “aggressive” del nazionalismo, ha il difetto di suggerire “un ripiegamento a difesa di ciò che si ha e di ciò che si è, soprattutto di ciò che si teme di perdere. Il sovranismo, in altre parole, è una dottrina della decadenza, è il nazionalismo dei popoli stanchi”. Oltre che l’altro difetto di commettere imprudenze in politica estera. Per cui “Più che una dottrina politica o un progetto ideologico, il sovranismo, come spesso viene declinato soprattutto dalla nuova destra di Salvini e Meloni, può dunque essere considerato un espediente politico-psicologico, grazie al quale si offre un antidoto momentaneo e provvisorio alla paura e all’incertezza in cui oggi si trovano molti individui e interi strati sociali”. Infatti manca il progetto che costituisca una realistica visione del domani. Malgrado la Nazione, sostiene Campi nelle ultime pagine, sia tutt’altro che “obsoleta” e superata. Lo dimostra come possa coniugarsi con la democrazia e il pluralismo “L’unità della nazione, assunta come presupposto del pluralismo, è dunque ciò che consente agli attori di una democrazia di dividersi senza il timore che la comunità si disgreghi o scivoli sul terreno di un conflitto aperto e letale. Questa connessione tra democrazia e nazione viene spesso sottovalutata dai critici di quest’ultima. Mentre invece rappresenta una interessante scommessa per il futuro”.

Due note a conclusione. È inutile ricordare come il saggio, come in genere, l’opera di Campi sia ispirata al pensiero politico realista, molto spesso rigettato (o demonizzato) dal “pensiero amico”.

Secondariamente se è vero che la Nazione nelle “vecchie” concezioni delle varie destre italiane si è per lo più manifestata in declamazioni roboanti e risultati modesti, onde non è confortante per il futuro, è anche vero da un lato che i sovranisti-populisti praticamente non sono mai andati al governo se non con il Conte 1 nel 2018 e poi da qualche mese con la Meloni, onde si può sperare che col tempo possano realizzare, almeno in parte, quanto promesso.

Anche perché, purtroppo, la situazione italiana ha raggiunto il fondo del barile nel decennio trascorso (il peggiore della pur cattiva “seconda Repubblica”). Il che da ai sovranisti un compito assai difficile, simile a quello descritto da Machiavelli nell’ultimo capitolo del Principe: di risollevare un popolo impoverito (e così anche indebolito) da élite politiche (e istituzioni) decadenti. E che soprattutto per questo da quasi dieci anni da un consenso maggioritario (intorno al 55-60% dei voti espressi nelle elezioni succedutesi) agli avversari di quelle élite. Operare meglio delle quali non è impossibile, fare un miracolo sì.

Teodoro Klitsche de la Grange

L’amministrazione Biden punta a un ordine unipolare che non esiste più._Stephen M. Walt

L’anima pragmatica degli Stati Uniti. In altre occasioni abbiamo illustrato una terza America. Buona lettura, Giuseppe Germinario

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L’America ha troppa paura del mondo multipolare
L’amministrazione Biden punta a un ordine unipolare che non esiste più.
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Stephen M. Walt
Di Stephen M. Walt, editorialista di Foreign Policy e professore di relazioni internazionali all’Università di Harvard, Robert e Renée Belfer. Clicca su + per ricevere avvisi via e-mail per le nuove storie scritte da Stephen M. Walt Stephen M. Walt

Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden reagisce durante un incontro sul tema “Build Back Better World (B3W)”, nell’ambito del vertice dei leader mondiali della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici COP26 a Glasgow, in Scozia, il 2 novembre 2021.
Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden reagisce durante un incontro sul tema “Build Back Better World (B3W)”, nell’ambito del Vertice dei leader mondiali della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici COP26 a Glasgow, in Scozia, il 2 novembre 2021.
Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden reagisce durante un incontro sul tema “Build Back Better World (B3W)”, nell’ambito del Vertice dei leader mondiali della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici COP26 a Glasgow, in Scozia, il 2 novembre 2021.
Dopo che gli Stati Uniti sono passati dall’oscurità della Guerra Fredda al piacevole bagliore del cosiddetto momento unipolare, un’ampia gamma di studiosi, opinionisti e leader mondiali ha iniziato a prevedere, desiderare o cercare attivamente il ritorno a un mondo multipolare. Non sorprende che i leader russi e cinesi abbiano da tempo espresso il desiderio di un ordine più multipolare, così come i leader di potenze emergenti come l’India o il Brasile. E, cosa ancora più interessante, anche importanti alleati degli Stati Uniti. L’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder ha avvertito del “pericolo innegabile” dell’unilateralismo statunitense e l’ex ministro degli Esteri francese Hubert Védrine ha dichiarato che “l’intera politica estera della Francia… mira a rendere il mondo di domani composto da diversi poli, non da uno solo”. Il sostegno dell’attuale presidente francese Emmanuel Macron all’unità europea e all’autonomia strategica rivela un impulso simile.

Sorpresa, sorpresa: I leader statunitensi non sono d’accordo. Preferiscono le opportunità espansive e lo status gratificante che derivano dall’essere la potenza indispensabile e sono stati restii ad abbandonare una posizione di supremazia incontrastata. Nel 1991, l’amministrazione di George H.W. Bush preparò un documento di orientamento per la difesa in cui si chiedeva di impegnarsi attivamente per prevenire l’emergere di concorrenti di pari livello in qualsiasi parte del mondo. I vari documenti sulla strategia di sicurezza nazionale pubblicati da repubblicani e democratici negli anni successivi hanno tutti esaltato la necessità di mantenere il primato degli Stati Uniti, anche quando riconoscono il ritorno della competizione tra grandi potenze. Anche importanti accademici si sono espressi in merito: alcuni sostengono che il primato degli Stati Uniti sia “essenziale per il futuro della libertà” e positivo sia per gli Stati Uniti che per il mondo. Io stesso ho contribuito a questo punto di vista, scrivendo nel 2005 che “l’obiettivo centrale della grande strategia degli Stati Uniti dovrebbe essere quello di preservare la propria posizione di supremazia il più a lungo possibile”. (Il mio consiglio su come raggiungere questo obiettivo è stato però ignorato).

Sebbene l’amministrazione Biden riconosca che siamo tornati in un mondo con diverse grandi potenze, sembra nostalgica della breve era in cui gli Stati Uniti non dovevano affrontare concorrenti di pari livello. Da qui la sua vigorosa riaffermazione della “leadership statunitense”, il suo desiderio di infliggere alla Russia una sconfitta militare che la renda troppo debole per causare problemi in futuro e i suoi sforzi per soffocare l’ascesa della Cina limitando l’accesso di Pechino a fattori tecnologici critici e sovvenzionando l’industria dei semiconduttori statunitense.

Anche se questi sforzi dovessero avere successo (e non è detto che lo abbiano), il ripristino dell’unipolarismo è probabilmente impossibile. Ci ritroveremo 1) in un mondo bipolare (con gli Stati Uniti e la Cina come due poli) o 2) in una versione sbilanciata del multipolarismo, in cui gli Stati Uniti sono al primo posto tra un insieme di grandi potenze diseguali ma comunque significative (Cina, Russia, India, forse Brasile e, plausibilmente, un Giappone e una Germania riarmati).

Che tipo di mondo sarebbe? I teorici delle relazioni internazionali sono divisi su questa domanda. I realisti classici, come Hans Morgenthau, ritenevano che i sistemi multipolari fossero meno a rischio di guerra perché gli Stati potevano riallinearsi per contenere pericolosi aggressori e scoraggiare la guerra. Per loro, la flessibilità dell’allineamento era una virtù. Realisti strutturali come Kenneth Waltz o John Mearsheimer sostenevano il contrario. Essi ritenevano che i sistemi bipolari fossero in realtà più stabili perché il pericolo di errori di calcolo era ridotto; le due potenze principali sapevano che l’altra si sarebbe automaticamente opposta a qualsiasi serio tentativo di alterare lo status quo. Inoltre, le due potenze principali non dipendevano dal sostegno degli alleati e potevano tenere in riga i loro clienti quando necessario. Per i realisti strutturali, la flessibilità insita in un ordine multipolare crea maggiore incertezza e rende più probabile che una potenza revisionista pensi di poter alterare lo status quo prima che le altre possano unirsi per fermarla.

Se il futuro ordine mondiale è un ordine multipolare sbilanciato e se tali ordini sono più soggetti a guerre, allora c’è motivo di preoccuparsi. Ma il multipolarismo potrebbe non essere così negativo per gli Stati Uniti, a patto che ne riconoscano le implicazioni e adattino la loro politica estera in modo appropriato.

Per cominciare, riconosciamo che l’unipolarismo non è stato un granché per gli Stati Uniti, soprattutto per quei Paesi sfortunati che hanno ricevuto l’attenzione degli Stati Uniti negli ultimi decenni. L’era unipolare ha incluso gli attacchi terroristici dell’11 settembre, due guerre statunitensi in Iraq e Afghanistan, costose e alla fine infruttuose, alcuni cambi di regime sconsiderati che hanno portato a Stati falliti, una crisi finanziaria che ha alterato drasticamente la politica interna degli Stati Uniti e l’emergere di una Cina sempre più ambiziosa, la cui ascesa è stata in parte facilitata dalle azioni degli Stati Uniti. Ma gli Stati Uniti non hanno imparato molto da questa esperienza, dato che stanno ancora ascoltando i geni strategici le cui azioni hanno sprecato il trionfo di Washington nella Guerra Fredda e accelerato la fine dell’unipolarismo. L’unico freno alle azioni di una potenza unipolare è l’autocontrollo, e l’autocontrollo non è qualcosa che una nazione crociata come gli Stati Uniti sa fare molto bene.

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I tralicci dell’elettricità sono visibili sotto un cielo nuvoloso durante le piogge vicino a Romanel-sur-Lausanne, in Svizzera, il 15 settembre.
I tralicci dell’elettricità sono visibili sotto il cielo nuvoloso durante le piogge vicino a Romanel-sur-Lausanne, in Svizzera, il 15 settembre.
La crisi energetica dell’Europa sta distruggendo il mondo multipolare
L’UE e la Russia stanno perdendo il loro vantaggio competitivo. Questo lascia che siano gli Stati Uniti e la Cina a contendersi la scena.

ARGOMENTO JEFF D. COLGAN
La capsula Orion della NASA viene portata nel ponte del pozzo.
La capsula Orion della NASA viene portata in un ponte di pozzo.
Lo spostamento del centro di gravità della corsa allo spazio
La prima era lunare è stata definita dalla geopolitica. I vincitori della prossima saranno coloro che sapranno trionfare nella competizione economica e nella definizione delle regole.
Il ritorno del multipolarismo ricreerà un mondo in cui l’Eurasia conterrà diverse grandi potenze di diversa forza. È probabile che questi Stati si guardino con diffidenza, soprattutto quando si trovano in prossimità. Questa situazione offre agli Stati Uniti una notevole flessibilità nel modificare i propri allineamenti a seconda delle necessità, proprio come è accaduto quando si sono alleati con la Russia stalinista nella Seconda Guerra Mondiale e quando hanno ricucito i rapporti con la Cina maoista durante la Guerra Fredda. La capacità di scegliere gli alleati giusti è l’ingrediente segreto dei successi passati degli Stati Uniti in politica estera: La sua posizione di unica grande potenza nell’emisfero occidentale le ha dato una “sicurezza gratuita” che nessun’altra grande potenza possedeva, e ha reso gli Stati Uniti un alleato particolarmente desiderabile ogni volta che sono sorti problemi seri. Come ho scritto negli anni ’80: “Per le medie potenze europee e asiatiche, gli Stati Uniti sono l’alleato perfetto. Il suo potere aggregato garantisce che la sua voce sia ascoltata e le sue azioni siano percepite… [ma] è abbastanza lontano da non rappresentare una minaccia significativa [per i suoi alleati]”.

In un mondo multipolare, le altre grandi potenze si assumeranno gradualmente maggiori responsabilità per la propria sicurezza, riducendo così gli oneri globali degli Stati Uniti. L’India sta aumentando le proprie forze militari di pari passo con la crescita della sua economia e il pacifista Giappone si è impegnato a raddoppiare la spesa per la difesa entro il 2027. Naturalmente non si tratta di una notizia del tutto positiva, perché le corse agli armamenti regionali hanno i loro rischi e alcuni di questi Stati potrebbero agire in modi pericolosi o provocatori. Ma a proposito del mio primo punto, non è che gli Stati Uniti abbiano fatto un gran lavoro nel mantenere l’ordine in Medio Oriente, in Europa o in Asia negli ultimi decenni. Siamo sicuri al 100% che le potenze locali faranno peggio, o che agli americani importerebbe se lo facessero?

Anche se il multipolarismo ha i suoi lati negativi (vedi sotto), cercare di evitarlo sarebbe costoso e probabilmente inutile. La Russia potrebbe subire una sconfitta decisiva in Ucraina (anche se non è affatto certo), ma le sue vaste dimensioni, il suo arsenale nucleare e le sue abbondanti risorse naturali la manterranno tra le grandi potenze, indipendentemente dall’esito della guerra in corso. I controlli sulle esportazioni e le sfide interne potrebbero rallentare l’ascesa della Cina e il suo potere relativo potrebbe raggiungere un picco nel prossimo decennio, ma rimarrà un attore importante e le sue capacità militari continueranno a migliorare. Il Giappone è ancora la terza economia mondiale, sta avviando un importante programma di riarmo e potrebbe dotarsi rapidamente di un arsenale nucleare se mai lo ritenesse necessario. La traiettoria dell’India è più difficile da prevedere, ma quasi certamente nei prossimi decenni avrà un peso maggiore rispetto al passato e gli Stati Uniti non hanno né la capacità né il desiderio di impedirlo. Invece di impegnarsi in un inutile tentativo di riportare indietro l’orologio, quindi, gli americani dovrebbero iniziare a prepararsi per un futuro multipolare.

Idealmente, un mondo di multipolarismo sbilanciato incoraggerà gli Stati Uniti ad abbandonare la loro istintiva dipendenza dal potere duro e dalla coercizione e a dare maggior peso alla vera diplomazia. Durante l’era unipolare, i funzionari statunitensi si sono abituati ad affrontare i problemi con richieste e ultimatum e poi ad aumentare la pressione, iniziando con le sanzioni e le minacce di uso della forza, per poi passare allo shock e al cambio di regime se le misure più dolci di coercizione non funzionavano. I risultati deludenti, ahimè, parlano da soli. In un mondo multipolare, invece, anche le potenze più forti devono prestare maggiore attenzione a ciò che vogliono gli altri e lavorare di più per persuadere alcuni di loro a concludere accordi reciprocamente vantaggiosi. La diplomazia del “prendere o lasciare” deve lasciare il posto ad approcci più sottili e a un maggior numero di “dare e avere”; affidarsi principalmente al pugno di ferro porterà gli altri a prendere le distanze. Nel peggiore dei casi, inizieranno a schierarsi in opposizione.

Non fraintendetemi: Per gli Stati Uniti, e forse per l’intero pianeta, il futuro multipolare non è privo di aspetti negativi. In un mondo di grandi potenze in competizione, gli Stati più deboli possono giocare tra loro, il che significa che l’influenza degli Stati Uniti su alcuni piccoli Stati è destinata a diminuire. La competizione tra le grandi potenze in Eurasia potrebbe favorire errori di calcolo e guerre, proprio come avveniva prima del 1945. Un numero maggiore di Stati potrebbe decidere di dotarsi di armi nucleari, in un’epoca in cui i progressi tecnologici potrebbero convincere alcuni che tali armi potrebbero essere utilizzabili. Nessuno di questi sviluppi è da accogliere con favore.

Ma supponendo che gli Stati Uniti rimangano i primi tra i diseguali in un ordine multipolare emergente, i loro leader non dovrebbero essere eccessivamente preoccupati. Washington si troverà in una situazione ideale per mettere le altre grandi potenze l’una contro l’altra e potrà lasciare che i suoi partner in Eurasia si assumano maggiormente l’onere della propria sicurezza. Sebbene i leader statunitensi abbiano a lungo nascosto le loro inclinazioni realiste dietro una nuvola di retorica idealista, un tempo erano piuttosto bravi nella politica di equilibrio delle potenze. Con il ritorno del multipolarismo, i loro successori devono solo ricordare come si fa.

Stephen M. Walt è editorialista di Foreign Policy e professore di relazioni internazionali all’Università di Harvard, Robert e Renée Belfer. Twitter: @stephenwalt

https://foreignpolicy.com/2023/03/07/america-is-too-scared-of-the-multipolar-world/

Comprendere la questione del Sahel_intervista a Bernard Lugan

Dopo la Repubblica Centrafricana e il Mali, alla Francia è stato “chiesto” di “lasciare” il Burkina Faso, e poiché il cuore stesso della sua “precarietà” africana si sta inesorabilmente disgregando – il Niger sarà la prossima tappa – è giunto il momento di puntare il dito contro i responsabili di questo naufragio. Nel Sahel, a differenza del Ruanda, i funzionari francesi non possono invocare l’ignoranza del terreno o il “complotto anglosassone”, ma dovendo trovare cause esterne ai loro fallimenti, in questo caso è la presenza russa che permette loro di cercare di discolparsi dai loro colossali errori politici e sociali. 1) Dal punto di vista politico, la Francia si è dimostrata incapace di superare le sue a-priorità filosofiche e democratiche e si è arenata su postulati filosofici che pretendono di essere universali. In nome delle “nuvole” della “convivenza” e del “buon governo”, si è ostinata a proporre il dialogo e la condivisione del potere a popolazioni che sono in rivalità dalla notte dei tempi2. ) Il comportamento sociale delle sue “élite” ha fatto perdere definitivamente alla Francia ogni prestigio e considerazione. In Africa, le famiglie sono ancora formate dall’unione di uomini e donne, il sesso non è scelto à la carte secondo gli impulsi ormonali del momento, le persone LGBT sono considerate “estranee” e il matrimonio per tutti è visto come un abominio. In questo numero speciale dedicato alla questione del Sahel, si dimostra che il fallimento della Francia è politico. Nonostante le molteplici vittorie tattiche dei militari, i politici francesi non hanno mai avuto una visione strategica coerente. Superbamente ignoranti della storia e delle realtà etniche, hanno dimenticato le sagge raccomandazioni fatte nel 1953 dal governatore dell’AOF: “Meno elezioni e più etnografia, e ognuno troverà il suo conto”. Al contrario, questi stessi funzionari francesi non hanno smesso di voler imporre le elezioni, rifiutandosi di vedere che all’interno delle frontiere artificiali nate dalla colonizzazione, e poi dalla decolonizzazione, la matematica etno-elettorale dà automaticamente il potere ai più numerosi, cioè ai meridionali, il che provoca le periodiche rivolte dei settentrionali… Né hanno capito che il Sahel è il dominio del lungo periodo, dove l’affermazione di una costante islamica radicale è prima di tutto la superinfezione di una ferita etno-razziale millenaria._Bernard Lugan


COMPRENDRE LA QUESTION DU SAHEL INTERVIEW DE BERNARD LUGAN

L’Afrique Réelle: All’inizio del libro Histoire du Sahel des origines ànos jours che lei ha appena pubblicato dalle Editions du Rocher, lei cita la seguente frase del grande conoscitore del Sahel, Yves Urvoy: “La storia del Sahel ” (…) è fatta della corsa e degli urti di queste meteore (nomadi) che vagano nelle immensità sahariane, colte un bel giorno dall’attrazione del Sud (il Sahel) e che vengono, nel corso dei secoli, a precipitarsi sul paese nero e a scuoterlo (…) “. Perché questa citazione? Bernard Lugan: Perché, a mio avviso, riassume perfettamente la storia del Sahel, quest’area di lunga durata in cui l’affermazione della costante espansione dei nomadi è una delle chiavi di lettura della storia. La questione saheliana può essere compresa solo attraverso un approccio etnostorico di lungo periodo poiché, fin dal Neolitico, meridionali e settentrionali sono stati in rivalità regionale per il controllo delle zone intermedie situate tra il deserto settentrionale e la savana meridionale. Tuttavia, questa costante secolare è oggi drammaticamente aggravata dalla demografia suicida che aumenta ulteriormente la competizione territoriale tra pastori nomadi e agricoltori sedentari. È importante ricordare che è questa situazione che viene attualmente utilizzata in modo opportunistico dal jihadismo. Il controsenso degli “esperti” e degli “specialisti” è che questo jihadismo non è la causa dell’attuale caos saheliano, ma la superinfezione di antiche ferite etno-geografiche. L’Afrique Réelle: Può approfondire questa idea? Bernard Lugan: È importante ricordare che il Sahel è uno spazio di contatto e di transizione tra l’Africa “bianca” e “nera”. Composto da aree agricole a sud e pastorali a nord, collega la civiltà meridionale dei granai, o Bilad el-Sudan (la terra dei neri), e la civiltà nomade del nord, Bilad elBeidan (la terra dei bianchi). Durante questo spostamento razziale, la popolazione “bianca” del nord e quella “nera” del sud sono state storicamente in rivalità. Questa rivalità è oggi esacerbata dal suicidio demografico regionale e per secoli l’islamismo radicale è stato una facciata per gli interessi delle “meteore” nomadi. Così, nell’XI secolo, dietro i grandi proclami di fede purificatrice, la jihad dei berberi almoravidi mirava soprattutto all’oro del Ghana. Nel XVIII e XIX secolo, le jihad dei Fulani erano soprattutto imprese politiche per distruggere i capi sedentari a cui questi pastori erano allora soggetti.

L’Afrique Réelle: Torniamo quindi alla geografia. Bernard Lugan: Il Sahel, che in arabo significa “riva”, è un corridoio lungo 4.000 chilometri e largo più di 3.000.000 di chilometri quadrati, che si estende dal Senegal all’Eritrea, cioè dall’Atlantico a ovest al Mar Rosso a est. A nord, sprofonda gradualmente nella desolazione sahariana, mentre a sud si fonde per tocchi nel mondo delle savane. Poiché i suoi confini variano e sono costantemente variati in base ai cambiamenti climatici, la sua storia non è quindi confinata nell’attuale stretto corridoio geografico, ed è una grande originalità del mio libro studiare il suo passato nella sua profondità geostorica e non nei suoi limiti attuali come fanno gli “esperti”. Da ovest a est, il Sahel comprende tutti o parte di nove Paesi: Mauritania, Senegal, Mali, Burkina Faso, Niger, Nigeria settentrionale, Ciad, Sudan settentrionale e la parte settentrionale dell’Eritrea. Alcuni, come il Senegal, sono quasi interamente saheliani, mentre altri, come la Nigeria, il Sudan settentrionale e l’Eritrea, lo sono solo in parte.L’Afrique Réelle Uno degli aspetti più innovativi e persino rivoluzionari del suo libro è l’approccio a quella che lei definisce etnoarcheologia climatica, che secondo lei spiega i dati profondi della questione del Sahel. Bernard Lugan: Assolutamente sì, ma per rendersene conto occorre, oltre a una profonda conoscenza del territorio, una triplice formazione di geografo, etnologo e storico… La storia del Sahel è infatti scritta in un movimento climatico di lunga durata che ha dato luogo a una successione di cicli freddi e secchi, caldi e umidi, attraverso i quali le popolazioni si sono stabilite nel corso dei millenni. Ricordo che in Africa un clima freddo corrisponde all’aridità e un clima caldo all’umidità, un fenomeno ben noto ai geografi, ma meno agli “esperti” dell’IPCC. Semplificando eccessivamente questo fenomeno, è possibile evidenziare dieci grandi sequenze che sono state determinanti nella storia della regione ) Cento milioni di anni fa era una vasta foresta pluviale equatoriale che, sotto l’effetto dell’inaridimento, si è gradualmente trasformata in una foresta tropicale.3) 30.000 anni fa, sotto l’effetto di un maggiore inaridimento dovuto al raffreddamento del clima, la foresta si era trasformata in una savana alberata.4 Questa sequenza durò fino a circa il 4500 a.C. e fu seguita da un breve periodo intermedio arido di non più di un millennio5. ) Seguì il periodo umido neolitico, durato dal 5000/4500 a.C. al 2500 a.C., che diede origine al grande periodo pastorale sahariano-saheliano. Questo episodio umido fu però solo una pausa in un processo di inaridimento continuo che non è cessato fino ad oggi, nonostante le oscillazioni umide costituiscano tante emissioni in un fenomeno che va dalla semi-aridità all’aridità assoluta.6 ) Questa evoluzione verso l’aridità, particolarmente marcata tra il 2000-1500 a.C., ha portato al ritiro della maggior parte dei gruppi umani verso il fiume Niger.7) Poi, per circa mezzo millennio, dal 300 al 1100 d.C., le piogge sono state relativamente abbondanti in tutto il Sahel e sono apparsi grandi imperi. Poi, per quattro secoli, tornò la siccità e il Sahel entrò in una fase di lenta quiescenza.8) Tra il 1500 e il 1600, con il ritorno delle piogge, il lago Ciad raggiunse il livello più alto della storia. I pascoli permisero allora le grandi migrazioni dei pastori Fulani, che misero in atto le leve storiche che avrebbero fatto sentire i loro effetti nei secoli successivi.9) Nel XVII secolo, la regione entrò nuovamente in un periodo di grave aridità, che portò a crisi alimentari e politiche, accompagnate da invasioni di locuste. Questo fu un periodo di ripiegamento e gli Stati che emersero non erano più imperi, in quanto erano tutti etnocentrici.10) ) Alla fine del XVIII secolo, un relativo ritorno delle piogge permise una nuova espansione saheliana, illustrata dai grandi spostamenti dei pastori Fulani che costituirono vasti imperi al riparo dietro l’alibi della jihad.9 Tuttavia, come dimostro nel mio libro, è attraverso queste sequenze derivanti dai cicli climatici che si crea l’immagine di coloro che pretendono di parlare della regione senza conoscerne la geo-storia climatica. L’Afrique Réelle: Lei parla di periodi antichi che costituiscono la base della storia della regione, ma, più da vicino, il clima permette di spiegare la storia moderna della regione? Bernard Lugan: Sì, e anche in questo caso siamo perfettamente informati grazie ai geografi tropicali, quei veri specialisti il cui lavoro è insolitamente trascurato o ignorato dagli “esperti”. Sappiamo che nuovi picchi di aridità si sono verificati nel XVIII secolo, con un picco tra il 1730 e il 1750. Il XX secolo ha visto quattro grandi siccità tra il 1909-1913, il 1940-1944, il 1969-1973 e il 1983-1985, e durante gli anni ’60, un periodo “caldo” e quindi umido, le precipitazioni hanno fatto sì che la zona saheliana si spostasse verso nord e sconfinasse nel deserto. Dagli anni ’70 le precipitazioni sono tornate a diminuire, per cui il deserto si sta espandendo e il Sahel sta scivolando verso le zone sudanesi a sud, in un movimento ciclico che dura da migliaia di anni. E che dire del lago Ciad, che ci dicono stia scomparendo sotto i nostri occhi? Bernard Lugan: La storia della regione peri-cadica illustra particolarmente bene il mio problema, perché si inserisce nel ciclo di variazioni millenarie del livello del lago dovute al cambiamento climatico. A seconda dell’alternarsi di fasi calde, quindi umide, e fredde, quindi aride, il lago Ciad si è infatti espanso o ritirato. 50.000 anni fa, il lago era un vero e proprio mare interno che copriva più di 2 milioni di km2 . La sua ultima grande espansione è iniziata circa 4.000 anni fa ed è durata fino a circa il 1000 a.C. Da allora, il lago ha sperimentato un fenomeno di ritrazione globale intervallato da brevi oscillazioni umide. All’inizio del XX secolo non era altro che una palude sul punto di prosciugarsi, ma mezzo secolo dopo, all’inizio degli anni ’60, si espanse nuovamente, raggiungendo una superficie di 25.000 km2. È quindi facile capire perché questi sviluppi hanno avuto, e hanno tuttora, una notevole influenza sulla vita degli esseri umani nella società. Ad esempio, quando il livello del lago diminuisce, le aree allagate vedono l’arrivo di agricoltori e allevatori, ma quando il livello del lago si alza di nuovo, ne beneficiano i pescatori e gli ex coloni devono evacuare i loro terreni agricoli o le loro aree di pascolo. Questo spiega in parte perché, oggi, i pescatori dell’etnia Buduma sostengono Boko Haram contro gli agropastori. L’Afrique Réelle: Nel suo libro lei fornisce una delle chiavi di lettura per spiegare la questione del Sahel, che, secondo lei, ha avuto origine nella contrapposizione tra due grandi tipi di popolazione con stili di vita in competizione. Bernard Lugan: La costante che spiega in gran parte la storia del Sahel è infatti che, per migliaia di anni, fino alla colonizzazione, gli antenati delle attuali popolazioni del nord (Mori, Tuareg, Toubou e Zaghawa) hanno razziato gli antenati delle attuali popolazioni del sud (Bambara, Djerma, Songhay, Gourmantche, Haoussa, ecc.). Questo fenomeno di lungo periodo spiega in gran parte la genesi dei conflitti che si svolgono oggi nella regione, che sono innanzitutto le forme risorgenti e naturalmente “modernizzate” di questi scontri secolari, per non dire millenari. L’Africa reale: dall’Atlantico al Lago Ciad, a partire dal X secolo, esistevano tre grandi entità politiche saheliane (Ghana, Mali e Songhay) che controllavano le rotte meridionali del commercio trans-sahariano, mettendo in contatto il mondo sudanese e quello mediterraneo. Tuttavia, nel XV-XVI secolo, il destino del Sahel è stato cambiato dalla scoperta portoghese. Bernard Lugan: La conseguenza delle scoperte degli audaci navigatori portoghesi fu lo spostamento del cuore politico ed economico dell’Africa occidentale dalle regioni saheliane alle coste del Golfo di Guinea. Questa fu, secondo lo storico portoghese Magalhaes Godinho, “la vittoria della caravella sulla carovana”, e anche se questa frase eloquente deve essere limitata nella sua portata storica, sottolinea comunque una realtà essenziale, ossia che la costa dell’Africa sta scrivendo la storia del Sahel.

Anche se questa formula eloquente deve essere limitata nella sua portata storica, essa sottolinea comunque il fatto essenziale che la costa dell’Africa sud-sahariana atlantica, fino ad allora marginale nella storia del continente, divenne in pochi decenni il principale centro economico e politico di tutta l’Africa occidentale. Il Sahel era entrato in uno stato di quiescenza e fu violentemente risvegliato nel XVIII secolo dall’espansionismo dei Peul sotto la maschera della jihad. Questo vasto movimento devastò l’intero Sahel, dal fiume Senegal al lago Ciad, e portò alla creazione di potenti sultanati schiavisti con cui i colonizzatori dovettero confrontarsi. L’Afrique Réelle: Quali furono le conseguenze della colonizzazione e della decolonizzazione per il Sahel e le sue popolazioni? Bernard Lugan:La brevissima parentesi coloniale, iniziata negli anni Novanta del XIX secolo e terminata negli anni Cinquanta, fu benefica per i sedentari del Sud e catastrofica per i nomadi del Nord. Questo è il cuore della questione che si pone oggi. La colonizzazione e la decolonizzazione hanno avuto due conseguenze contraddittorie:1) Durante la conquista coloniale, le entità settentrionali bellicose e predatrici sono state sconfitte militarmente a favore delle popolazioni meridionali che dominavano. Per queste ultime, la colonizzazione liberatrice fu accolta con gioia e sollievo. Si dimentica che prima della colonizzazione, le popolazioni che vivevano lungo il fiume Niger e le sue pianure alluvionali, siano esse Songhay, Djerma, Gourmantche, ecc. erano strette tra due forze predatrici, i Tuareg a nord e i Fulani a sud. Troppo deboli per resistere, sono diventati dipendenti da questi gruppi etnici nomadi per essere risparmiati dalle loro razzie.2) Durante il periodo coloniale, predatori e vittime sono stati riuniti entro confini amministrativi tracciati dall’Europa. Tuttavia, con la decolonizzazione, questi confini amministrativi coloniali si sono trasformati in confini statali all’interno dei quali, essendo più numerosi, i meridionali hanno vinto politicamente sui settentrionali secondo le leggi immutabili dell’etnomatematica elettorale. La conseguenza di questa situazione è stata che, a partire dagli anni Sessanta, in Mali, Niger e Ciad, i Tuareg e i Toubou che rifiutavano di essere sottomessi dai loro ex affluenti meridionali si sono sollevati: questa è stata la causa scatenante delle attuali guerre regionali e negli anni Ottanta, approfittando della permeabilità delle frontiere, sono fioriti trafficanti di ogni genere. Poi, a partire dagli anni Duemila, gli islamisti-jihadisti hanno interferito opportunisticamente nel gioco politico locale, facendo sì che la ferita etno-razziale aperta dalla notte dei tempi si infettasse eccessivamente.

L’Afrique Réelle:Se nel 2012 la Francia è stata accolta come un liberatore, come spiega il suo fallimento nel Sahel? Bernard Lugan:Il fallimento della Francia nel Sahel è politico e non militare. Lo avevo già annunciato nel 2012. Il motivo è che, nonostante le numerose vittorie tattiche ottenute dai militari, in nessun momento i responsabili politici francesi hanno avuto una visione strategica coerente. A mio avviso, questo fallimento è dovuto a sei cause principali:1) I leader francesi hanno ritenuto che i diritti dei popoli dovessero cedere il passo ai “diritti umani”, alle chimere del “buon governo” e al postulato della “convivenza”. Tuttavia, queste ideologie, totalmente inadatte al Sahel, ne hanno amplificato i problemi.2) Gli stessi decisori francesi hanno privilegiato le analisi economiche e sociali aggrappandosi al miraggio dello “sviluppo”. Secondo il loro presupposto universalistico, poiché gli africani erano europei poveri e con la pelle scura, le ricette che avevano funzionato in Europa non potevano che essere trasposte in Africa. 3) Questi stessi decisori hanno ignorato superbamente la storia e le realtà etniche, dimenticando le sagge raccomandazioni fatte nel 1953 dal governatore dell’AOF: “Meno elezioni e più etnografia, e tutti ne beneficeranno”. 4) Senza memoria e senza una cultura storica regionale, i decisori francesi non hanno visto, come ho sottolineato sopra, che alla fine del XIX secolo la colonizzazione ha avuto due conseguenze contraddittorie: liberare i meridionali dalla predazione del nord e, allo stesso tempo, riunire le vittime e i carnefici all’interno degli stessi confini amministrativi5 (vedi anche: “Il ruolo del governo francese nello sviluppo dell’AOF”). ) Questi stessi funzionari francesi non si accorsero che negli anni ’60, con l’indipendenza, i confini amministrativi dell’ex AOF, divenuti confini di Stato, erano stati trasformati in prigioni per il popolo. Anche in questo caso, come ho spiegato prima, all’interno di queste frontiere artificiali, essendo le più numerose, l’etnomatematica elettorale ha dato automaticamente il potere ai meridionali, le ex vittime, provocando la rivolta dei settentrionali, gli ex predatori… 6) Gli irresponsabili che definiscono la politica africana della Francia non hanno capito che il Sahel è il dominio del lungo periodo, dove l’affermazione di una costante islamica radicale è prima di tutto la superinfezione di una ferita etno-razziale secolare che non siamo, per definizione, in grado di chiudere. In definitiva, mentre la politica africana della Francia avrebbe dovuto essere affidata a uomini di campo eredi del “metodo Lyautey” e dell’approccio etno-differenzialista dell’ex “Affari indigeni”, è stata ahimè gestita da “piccoli marchesi” di Sciences Po. Insignificanti e pretenziosi, questi settari incistati nei ministeri della Difesa e degli Esteri portano, insieme ai ministri che in teoria li dirigono, la terribile responsabilità del fallimento francese nel Sahel.

L’Afrique Réelle: Lei ha mostrato in diversi numeri de L’Afrique réelle come la Russia stia tornando in grande stile in Africa da un decennio attraverso una politica decisamente centrata sul settore militare, e come i metodi di radicamento di Cina e Russia siano molto diversi. La Russia è quindi responsabile dei “fallimenti francesi nel Sahel? Bernard Lugan: Dobbiamo renderci conto che la Cina si sta insediando in Africa indebitando i suoi partner con prestiti che non saranno mai in grado di ripagare e che permetteranno a Pechino di mettere le mani sulle grandi infrastrutture dei Paesi interessati. La Russia, invece, agisce in modo completamente diverso, attraverso l’opzione militare, ponendosi al centro delle vere strutture di potere e di influenza, ovvero le forze armate, un fenomeno che ha preso slancio dal 2015 e che fa parte della strategia di smantellamento definita da Mosca. A differenza della Francia, la Russia ha una visione geopolitica dell’Africa e del Sahel: mentre la NATO fa avanzare le sue pedine contro la Russia nel Nord Europa ottenendo nuove adesioni o richieste di adesione, Mosca fa avanzare le sue pedine in Africa firmando accordi militari con molti Paesi del continente. Dagli anni Duemila, la Russia ha fatto una grande rimonta in Africa riattivando le sue vecchie reti ereditate dall’ex URSS. Non dimentichiamo che negli ultimi due decenni della sua esistenza, l’URSS era in grado di intervenire militarmente ovunque in Africa, come dimostrano i trasporti aerei organizzati nel 1975 in Angola e nel 1977-78 sul fronte etiope. Diverse decine di migliaia di “consiglieri” sovietici furono poi distribuiti nei Paesi africani che avevano stretto accordi con Mosca. Un altro aspetto di questa politica fu che 25.000 studenti africani frequentarono università e istituti sovietici, tra cui la famosa Università Patrice Lumumba. Oggi, alcuni di questi ex studenti sono in attività, come Michel Djotodia, che ha preso il potere nella Repubblica Centrafricana nel 2013 e parla russo. Ma lo stesso vale per il Sahel, in particolare per il Mali e la regione sudanese. Tuttavia, una volta resosi conto che l’Europa atlantista non voleva una partnership con la Russia, Vladimir Putin ha ripreso la politica sovietica degli anni Settanta e Ottanta. Nel 2006 ha compiuto un viaggio ufficiale in Sudafrica e Marocco, e nel 2009 Dimitri Medvedev ha fatto lo stesso in Angola, Namibia e Nigeria, e in occasione del suo viaggio ha cancellato 29 miliardi di dollari di debito africano. Questi viaggi sono stati l’occasione per rafforzare vecchie amicizie, con Mosca che ha riattivato i contatti dell’epoca dell’ex Unione Sovietica. Oggi la Russia ha stabilito o ristabilito relazioni diplomatiche con tutti i Paesi africani e Mosca ha 35 ambasciate africane, ma la mossa della Russia è stata vista con simpatia in un continente africano stanco delle ingiunzioni politiche (“buon governo”) e delle richieste sociali (LGBT, femminismo politico, omosessualità ecc.) dell’Occidente. Inoltre, come i funzionari russi si affrettano a sottolineare, non avendo un passato coloniale, il loro Paese non si è mai sentito autorizzato a imporre loro imperativi sociali, politici o economici. Al contrario, ieri l’URSS aiutava le lotte di liberazione e oggi esorta i Paesi africani a liberarsi dalle “sopravvivenze coloniali”. Dal punto di vista politico, Vladimir Putin ha quindi assunto una posizione esattamente opposta al diktat democratico che François Mitterrand impose all’Africa nel 1990 alla conferenza di Baule. Un diktat che ha causato un caos senza fine nel continente, installando in modo permanente il disordine democratico. Al contrario, Vladimir Putin ritiene che uno degli ostacoli in Africa sia la sua instabilità politica. Una vignetta russa trasmessa nei cinema e su tutti i media centrafricani riassume perfettamente l’immagine che la Russia vuole dare al popolo africano. Questa vignetta mostra un leone (cioè l’Africa), attaccato da una moltitudine di iene (cioè l’Occidente), e che viene salvato da un orso (la Russia).L’Afrique Réelle:Vede una soluzione al caos nel Sahel? Bernard Lugan: No, e per una ragione molto semplice: nel Nord la pace dipende dai Tuareg, nel Sud dai Peul… Tuttavia, la nostra ideologia ci vieta di prendere in considerazione questo fattore determinante dell’etnostoria regionale. In queste condizioni, non sarebbe meglio, o meglio il male minore, perdere completamente interesse per la regione, in modo da permettere o di ristabilire gli equilibri tradizionali distrutti dalla colonizzazione, o di crearne di nuovi? Ma, in questo caso, dobbiamo tenere presente che il più forte prevarrà sul più debole, e che quindi dovremo accettare che le nuvole democratiche vengano messe tra parentesi…

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Il volto mutevole della guerra – Il futuro dell’“Operazione Militare Speciale” russa, di Simplicius The Thinker_a cura di Roberto Buffagni

Il volto mutevole della guerra – Il futuro dell’“Operazione Militare Speciale” russa

Come le trasformazioni storiche dei conflitti ci guidano verso le incognite moderne.

di

Simplicius The Thinker

28 febbraio

https://simplicius76.substack.com/p/the-changing-face-of-war-future-of

 

Ci sono decenni in cui non accade nulla, e ci sono settimane in cui accadono decenni“. – Vladimir Il’ič Ulyanov

 

Nel corso della vasta storia della guerra, ci sono stati alcuni conflitti che sono serviti come punti di snodo fondamentali per il progresso della scienza militare. La prospettiva scorciata della storia ci seduce con la visione delle guerre come monoliti statici: due parti che si affrontano fino a una data conclusione. Vediamo anni interi, o addirittura decenni, compressi in brevi filmati, sia in forma letterale in video, sia nell’equivalente testuale: libri di storia i cui capitoli ripercorrono anni in pochi gesti scelti e concisi.

 

Ma come si può vedere nell’attuale conflitto ucraino, guardare dal mezzo del vortice offre una prospettiva completamente diversa. I mesi trascorrono, le truppe sembrano strisciare da una posizione stagnante all’altra, con lunghe cesure intermedie di inattività. Allo stesso modo, gli sviluppi operativi sul campo di battaglia si allungano a mesi o addirittura ad anni.

 

Ma la maggior parte delle guerre più importanti e lunghe, in realtà, subisce progressi fondamentali durante il loro corso, tanto che la fine spesso non assomiglia molto all’inizio, come se si trattasse di due conflitti distinti biforcati da un cambiamento epocale, come la svolta di un’epoca.

 

La guerra civile americana, ad esempio, iniziò come un conflitto che per certi versi imitava lo stile di guerra europeo-napoleonico. Grandi processioni di truppe che marciavano in colonne ordinate, sparando con moschetti ad avancarica da file lunghe e regolari.

Ma man mano che la guerra si trascinava, la crudele necessità divenne la parola d’ordine con cui i soldati sperimentavano nuovi modi per rimanere in vita, tattiche più efficienti per uccidere il nemico. Non solo la nascente rivoluzione industriale aveva avuto un grande impatto sulla capacità di manovrare e spostare, per la prima volta nella storia, forze e rifornimenti su rotaie e navi a vapore, ma invenzioni come il telegrafo avevano trasformato la complessità delle comunicazioni di guerra.

 

Ma si trattava di cose che esistevano già, anche se in forma minore. Man mano che il conflitto si protraeva, venivano insistentemente innovati nuovi modi di combattere.

 

Ad esempio, i moschetti lunghi e ingombranti come il modello Springfield 1861 avevano reso necessario stare in piedi durante la ricarica, poiché il processo di ribaltamento del corno della polvere nella canna, per far scendere i pallini, si svolgeva meglio con il moschetto in posizione stabile e verticale.

Questo si articolava naturalmente nella tattica standard di tre file rotanti di uomini: una fila sparava, poi indietreggiava per ricaricare mentre la successiva faceva un passo avanti per sparare. Ricaricare a terra era difficile o quasi impossibile, perché rovesciare la polvere in canna era difficile se il fucile era orizzontale, e l’accesso alle sacche contenenti la polvere, i pallini, l’imbottitura, ecc. era ancora più scomodo.

 

Ma con l’introduzione dei fucili a ripetizione, che videro una maggiore diffusione durante il periodo centrale della guerra, le truppe potevano ora sdraiarsi in copertura e sparare salve di colpi multipli senza dover ricaricare. Questo aprì un paradigma di guerra completamente nuovo, liberandosi dalla rigidità napoleonica che aveva dominato in precedenza.

Le truppe potevano ora essere più mobili, sparare da posizioni accovacciate come i cecchini. Gruppi più piccoli e agili divennero sempre più efficaci. Inoltre, la comparsa delle canne rigate (anziché a canna liscia) migliorò notevolmente la precisione, costringendo entrambe le parti a iniziare a “trincerarsi” e a combattere maggiormente da posizioni coperte per evitare la crescente letalità delle nuove caratteristiche balistiche.

 

Dopo alcuni anni, la guerra, iniziata come un pastiche dell’era napoleonica, si trasformò improvvisamente in una guerra di trincea.

1 Trinceramenti, ultima fase guerra civile americana

Anche la scienza dell’artiglieria aveva fatto passi da gigante durante la guerra. Soldati intraprendenti capirono presto che potevano sparare non solo direttamente contro il nemico, ma anche su terreni nascosti: nacque così il “fuoco indiretto”. A metà della guerra, il tiro d’artiglieria veniva calcolato matematicamente per colpire le truppe al di là della “visuale”.

 

Inoltre, le mongolfiere e i palloni a idrogeno cominciarono a essere utilizzati come moderni “droni”: occhi nel cielo per correggere il tiro d’artiglieria con una serie di bandiere che l’operatore della mongolfiera poteva sventolare per notificare alle forze di terra la correzione di fuoco necessaria.

Lowe fu chiamato per un’altra missione dimostrativa che avrebbe cambiato l’uso effettivo dell’artiglieria da campo. Il 24 settembre 1861, gli fu ordinato di posizionarsi a Fort Corcoran, a sud di Washington, per salire e sorvegliare gli accampamenti confederati a Falls Church, in Virginia, a una distanza più a sud. Una batteria di artiglieria dell’Unione nascosta era posizionata a distanza a Camp Advance. Lowe doveva dare indicazioni con segnali a bandiera all’artiglieria, che avrebbe sparato alla cieca su Falls Church. Ogni segnale avrebbe indicato le regolazioni a sinistra, a destra, lunghe o corte. Contemporaneamente i rapporti venivano telegrafati al quartier generale del forte. Con solo poche correzioni, la batteria si trovò ben presto a sparare colpi esattamente sul bersaglio. Questo fu il precursore dell’uso dell’osservatore avanzato di artiglieria (FO).

Anche la mitragliatrice Gatling fu inventata durante la guerra, rendendola uno dei primi conflitti in assoluto a essere caratterizzato da una “mitragliatrice”. Durante l’assedio di Petersburg, in Virginia, nel 1864, le mitragliatrici Gatling venivano utilizzate per colpire le “trincee” nemiche, in una chiara prefigurazione dei conflitti successivi. Le stesse trincee si estendevano per oltre 30 miglia intorno a Petersburg e Richmond, cambiando completamente il carattere della guerra, tanto che un osservatore inconsapevole non l’avrebbe nemmeno scambiata per la stessa guerra.

Inutile dire che la fine della guerra non assomigliava quasi più all’inizio, e che anzi lasciava presagire le tattiche dei prossimi scontri del XX secolo.

 

Anche le precedenti guerre di Crimea e la successiva guerra franco-prussiana furono note per i loro importanti progressi che cambiarono il volto del conflitto. Anche se nel caso di quest’ultima guerra, essa non è durata abbastanza a lungo per sperimentare un vero e proprio cambiamento epocale.

 

Per questo, dobbiamo rivolgerci alla Prima guerra mondiale, un conflitto che notoriamente ha visto interi avanzamenti generazionali in quasi tutte le categorie di guerra – anche se, è vero, alcune di esse sono regredite all’indietro. L’avvento del volo aveva appena dato vita all’età d’argento dell’aviazione. Ma i primi aerei erano accrocchi rozzi e primitivi le cui rispettive nazioni, nelle prime fasi del 1914, sapevano a malapena come utilizzare questo strumento imprevisto.

 

I primi aerei, infatti, venivano utilizzati per scopi di ricognizione e per correggere il tiro d’artiglieria, proprio come fanno oggi i droni e i palloni aerostatici dell’epoca della Guerra Civile. Anche gli aerei si alzavano in volo per osservare i colpi di artiglieria e poi scendevano per segnalare la correzione necessaria.

 

Alla fine questi osservatori volanti cominciarono a entrare in contatto con quelli della parte avversaria. Gli aerei non erano ancora armati e gli uomini non avevano modo di nuocere l’uno all’altro, il che, ironia della sorte, fece sì che i primi scontri aerei si trasformassero in fraternizzazioni amichevoli. I piloti avversari si vedevano come parte di una fratellanza distinta, a volte salutandosi o aiutandosi a vicenda.

 

Non sorprende, tuttavia, che ben presto sia nata la necessità di difendersi. Le prime battaglie aeree videro gli aviatori sollevare primitivamente da terra mattoni, catene, dardi e altri materiali che avevano infilato nelle loro cabine di pilotaggio. Ben presto, i piloti cominciarono a dotarsi di pistole d’ordinanza e a spararsi addosso con revolver e pistole Colt 1911, attorno alle quali si svilupparono rapidamente alcuni progressi, come una gabbia per raccogliere i bossoli e impedire che si depositassero sul pavimento della cabina di pilotaggio.

Pistola statunitense M1911 calibro 45 con caricatore esteso e gabbia di cattura in ottone. Nei primi tempi della Prima Guerra Mondiale, quando gli aerei non avevano le mitragliatrici, i piloti nemici si sparavano addosso con le pistole. La gabbia evitava che i bossoli esauriti venissero espulsi sul pavimento della cabina di pilotaggio e interferissero con i comandi a pedale.

Un pilota russo di nome Pyotr Nesterov fu addirittura il pioniere della tecnica dello “speronamento aereo” nel 1914. Anche se sfortunatamente uccise sia lui che il nemico, la tecnica fu in seguito perfezionata e ampiamente utilizzata.

 In questa fase iniziale gli aerei erano ancora disarmati e Nesterov divenne il primo pilota a distruggere un aereo nemico in volo. Durante la Battaglia di Galizia del 25 agosto 1914 (secondo il calendario Vecchio Stile ancora in uso in Russia), dopo aver provato vari metodi in occasioni precedenti senza successo, utilizzò il suo Morane-Saulnier Type G (s/n 281) per speronare l’aereo da ricognizione austriaco Albatros B.II dell’osservatore Barone Friedrich von Rosenthal e del pilota Franz Malina dell’FLIK 11.[4] Desideroso di distruggere l’aereo nemico, probabilmente intendeva colpirlo di striscio, ma danneggiò il proprio velivolo tanto quanto quello nemico ed entrambi gli aerei precipitarono. Come era consuetudine all’epoca, Nesterov non era legato e cadde dall’aereo, morendo per le ferite riportate il giorno successivo.[5] Morirono anche il pilota e l’osservatore austriaco. La città di Zhovkva (attualmente nell’Oblast’ di Leopoli, Ucraina), situata nei pressi della battaglia, è stata ribattezzata Nesterov in suo onore nel 1951. Il suo metodo di speronamento fu utilizzato durante la Seconda guerra mondiale da diversi piloti sovietici con successo e senza perdite di vite umane. La tecnica divenne nota come taran.

Alla fine, i pianificatori riuscirono a capire l’utilità di utilizzare gli aerei più grandi e robusti che venivano sviluppati per bombardare gli obiettivi. Così, all’inizio, i piloti cominciarono a lanciare bombe in modo rozzo dall’abitacolo, nell’improbabile speranza di colpire i bersagli senza alcun tipo di strumento o ausilio visivo.

 

Nel corso della guerra, si svilupparono sistemi più precisi, su velivoli da bombardamento molto più grandi e dedicati. Il russo Igor Sikorsky è accreditato per aver creato il primo aereo quadrimotore e l’Ilya Muromets fu il primo vero “bombardiere” della storia. Si dimostrò un successo nel devastare le postazioni e le infrastrutture nemiche e i Paesi si affrettarono ad armare i propri “caccia” con cannoni più capaci di abbattere i bombardieri più grandi che venivano ora messi in campo.

Ciò significava che gli aerei da combattimento erano ora armati con potenti mitragliatrici come le Hotchkiss, dando inizio a una nuova era in cui i piloti non si lanciavano più mattoni e pistole a salve, ma sparavano grossi e precisi calibri in grado di squarciare le fusoliere a pelle morbida degli aerei.

 

L’inventore russo Gleb Kotelnikov sperimentò anche il paracadute a zaino, in questo periodo, e le battaglie aeree videro ora la presenza regolare di piloti che si lanciavano con il paracadute da aerei, palloni e zeppelin danneggiati, il che richiese la riscrittura al volo dei codici di condotta bellica, dato che sparare sui combattenti che si lanciavano con il paracadute fu presto considerato disonorevole e poco cavalleresco.

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Prima della seconda guerra mondiale, ma è interessante notare come i paracadutisti sovietici si lanciassero dai loro aerei prima che venissero formatii moderni corpi aviotrasportati della seconda guerra mondiale.

 

La Seconda Guerra Mondiale iniziò in modo simile, nel senso che le prime iterazioni delle forze armate furono equivalenti a una sorta di brancolamento nel buio, mentre i paesi lottavano per fondare nuove dottrine, scoprire le tattiche, le combinazioni e gli usi più efficaci dell’epoca appena nata dei mezzi corazzati.

 

Come Big Serge illustra molto opportunamente in questo articolo: “Poche parole hanno elettrizzato il lessico militare come Blitzkrieg. La parola ha assunto nel tempo una forma paradossale: significa così tante cose diverse che sembra quasi che non significhi nulla, eppure è universalmente riconosciuta e gode di un forte prestigio. Certo, non è immediatamente evidente cosa si intenda per Blitzkrieg. È un termine operativo, che si riferisce alla penetrazione e all’accerchiamento di grandi formazioni nemiche? O è piuttosto una designazione tattica legata all’uso combinato di armi aeree e corazzate? O forse non si tratta di nessuna delle due cose: in alcuni casi, Blitzkrieg (che significa semplicemente guerra lampo) è semplicemente usato per indicare una vittoria molto rapida.” https://bigserge.substack.com/p/german-rebirth-blitzkrieg?utm_source=substack&utm_campaign=post_embed&utm_medium=web

Non solo i tedeschi stavano seriamente cercando di capire le tattiche dei carri armati, ma i primi giorni della Seconda Guerra Mondiale non assomigliano affatto ai penultimi. Come spiega Serge, la prima incursione della Germania in Francia fu caratterizzata da un monopolio di piccoli Panzer I e II, ben lontani dagli imponenti, terrificanti e rivoluzionari Panther e Tiger dell’epoca successiva.

 

La Seconda Guerra Mondiale ha visto una ricchezza senza precedenti di salti generazionali, sui quali si potrebbero scrivere interi volumi, che in effetti sono stati scritti. Ma i punti salienti includono gli aerei che passarono dalle eliche all’avvento dell’era dei jet entro la fine della guerra. I sistemi di allerta precoce per individuare grandi flotte di velivoli e i bombardamenti erano all’inizio molto rudimentali. Giganteschi localizzatori acustici come questi erano in uso in tutti i Paesi:

Sebbene all’inizio della guerra la Gran Bretagna, la Germania e l’URSS disponessero di sistemi “radar” di prima generazione, questi erano rozzi e non avevano la potenza di trasmissione necessaria per raggiungere le frequenze a microonde richieste per un rilevamento dettagliato. Ma con il protrarsi della guerra, vennero introdotte nuove generazioni di radar molto più potenti. Nel 1942, l’URSS aveva messo in campo il suo primo radar di allarme aereo, che cambiò il calcolo del rilevamento degli aerei.

 

Secondo alcune stime, la composizione delle forze della Wehrmacht tedesca all’inizio della guerra era meccanizzata solo per il 20% circa, mentre il resto utilizzava ancora carri trainati da cavalli per far avanzare l’esercito su terreni insidiosi.

 

Ma lentamente il carattere della guerra si modificò, con l’introduzione nel 1944 di elementi come il razzo V-2 – essenzialmente un moderno missile balistico – e delle bombe volanti V-1.

 

Alla fine della guerra, il conflitto non assomigliava più nemmeno lontanamente a quello dell’inizio. Nuovi carri armati e distruttori di carri armati massicciamente corazzati e potenti si aggiravano sui campi di battaglia, aerei con sistemi radar e caccia a reazione solcavano i cieli mentre missili a lungo raggio relativamente precisi colpivano obiettivi a centinaia di chilometri di distanza.

 

Non solo il mondo aveva voltato pagina verso l’era della missilistica durante il lungo corso della guerra, ma ancora più significativamente verso l’era atomica con gli ignominiosi attacchi atomici degli Stati Uniti su Hiroshima e Nagasaki. Verso la fine del conflitto, anche le glide-bombs e le TV-guided bombs cominciarono a essere ampiamente utilizzate.

https://youtu.be/Ur-G97BVtX0

 

Era passata un’intera epoca. Mentre l’inizio della Seconda Guerra Mondiale assomigliava per certi versi alla Prima Guerra Mondiale e ad altri conflitti precedenti, la parte finale della guerra guardava ai conflitti a venire, come la Guerra di Corea, e per molti versi aveva iniziato ad assomigliare alla guerra moderna per l’ampiezza delle telecomunicazioni, la portata esponenzialmente più lunga, la maggiore precisione e la potenza di ogni tipo di sistema d’arma.

 

Il presente

Oggi in Ucraina stiamo assistendo a quello che probabilmente diventerà un altro cambiamento epocale, un passaggio d’epoca. All’inizio del conflitto si è assistito a un utilizzo maldestro delle tecnologie dei droni di prima generazione, come i modelli di base DJI Phantom, modelli per famiglie. In breve tempo si è passati ai DJI Mavic, più piccoli e versatili, e ad altri tipi di otto ed esacotteri più grandi e potenti, agli ibridi ad ala fissa-VTOL e ora ai droni da corsa FPV con occhialini VR.

 

I droni hanno iniziato a essere modificati con batterie, ricevitori/trasmettitori ed eliche speciali per aumentarne la resistenza, la portata e il potenziale di uccisione. Anche l’equipaggiamento con telecamere termiche (IR) divenne onnipresente, conferendo ai droni la capacità di un ISR quasi totale.

 

Tuttavia, la goffaggine dei primi stadi di questa evoluzione diventa evidente alla luce delle possibilità future, ma ha rivelato indizi dell’imminente tempesta di progressi che serviranno come punto di “biforcazione” dal quale il conflitto non tornerà più indietro.

 

Soprattutto perché la “asimmetricità” rimane l’unico mezzo con cui l’Ucraina può imporre una qualche pressione sul campo di battaglia alla Russia, loro e i loro controllori negli Stati Uniti sono stati impegnati ad accelerare il cambiamento sia sperimentalmente che concettualmente in termini di come potrebbe essere il futuro del conflitto. A seconda di quanto si trascinerà questo conflitto, e ci sono buone probabilità che sia molto lungo (il colonnello MacGregor ha recentemente condiviso la presunta informazione privilegiata secondo cui i pianificatori russi si aspettano ora una guerra di 30 mesi), potremmo iniziare a vedere cose inaugurate nello scenario di battaglia che pochi di noi hanno immaginato.

Anche da parte russa molti leader intellettuali hanno lanciato appelli per un riorientamento verso i sistemi futuri. Dmitry Rogozin, che in passato è stato a capo di Roscosmos (la “NASA” russa) e dell’industria della difesa russa, ha recentemente pubblicato un appello alle armi. Nel suo primo paragrafo, fa eco ai nostri sentimenti recenti, denunciando l’uso dell’aviazione da combattimento nel moderno campo di battaglia ricco di ISR, che ha, in sostanza, reso obsoleti i gloriosi “martelli d’assalto” degli anni ’80.

“La battaglia con la NATO e il suo fantoccio, la pesantemente armata Ucraina, ha dimostrato che la guerra moderna è una guerra di mezzi robotici che garantiscono l’efficacia dell’artiglieria e della fanteria d’assalto. È una guerra di avatar, di robot da combattimento, in cui l’esito della battaglia non è deciso da un gigante di due metri che spiana con una formidabile mitragliatrice, ma da un “uomo occhialuto e intelligente” che crea un UAV da ricognizione e attacco con un collegamento radio protetto, un complesso per superare i disturbi della guerra elettronica nemica e localizzare il suo UAV in base ai dati video, nonché un altro “uomo occhialuto e intelligente” in grado di disporre abilmente di questi mezzi della guerra moderna, di stabilire la posizione del nemico e di fornire in un paio di minuti alla nostra parte le coordinate esatte del nemico. “

E poi chiede apertamente che la totalità delle capacità dell’aviazione e della flotta russa sia autonoma e senza equipaggio.

Allo stesso modo, è giunto il momento di comprendere finalmente che sia l’aviazione che la flotta dovrebbero essere prevalentemente senza equipaggio e avere una maggiore furtività nei confronti del nemico e autonomia di applicazione. I droni aerei e marittimi sostituiranno inevitabilmente l’aviazione da combattimento e la flotta tradizionale. E tutti gli altri partecipanti al conflitto armato dovrebbero procedere dal fatto che tutta l’azione sarà fissata per mezzo di mezzi ottico-elettronici, radio-tecnici e altri tipi di ricognizione nemica – spaziale e senza equipaggio/aria, e il mezzo più importante per la loro sopravvivenza sul campo di battaglia è il mantenimento di una comunicazione “indistruttibile” tra le unità e l’efficienza del processo decisionale.

Va notato che sia il nuovo Su-57 che i carri armati T-14 Armata sono stati progettati con capacità di utilizzo senza equipaggio. Le versioni future dovevano poter essere pilotate a distanza e anche il più recente drone russo S-70 Okhotnik è destinato ad avere una modalità autonoma di “gregario” per assistere le missioni del Su-57.

 

Proprio il mese scorso, Rogozin ha aperto la strada all’ingresso nel conflitto degli UGV (Unmanned Ground Vehicles) russi “Marker”. Il veicolo robotico è disponibile in numerose varianti che gli permettono di svolgere ruoli di tank-killer (con ATGM), anti-fanteria, anti-aria, o un combat-mule che trasporta munizioni, rifornimenti o soldati feriti. La Russia aveva già testato l’Uran-9 pesantemente armato in Siria e aveva raccolto molte informazioni utili per lo sviluppo, ma la tecnologia non era ancora maturata abbastanza per un uso regolare.

 

È difficile stabilire quanto di tutto ciò sia vero, ma Rogozin ha già affermato che il robot Marker ha un catalogo di obiettivi di carri armati nemici (come Abrams, Leopard, ecc.) salvato nel suo database e può autonomamente distinguerli e ingaggiarli.

“Non appena inizieranno le consegne di carri armati Abrams e Leopard alle truppe ucraine, il Marker riceverà un’immagine elettronica appropriata e sarà in grado di rilevare e colpire automaticamente i carri armati americani e tedeschi con ATGM”.

Al momento il limite principale di queste piattaforme sembra essere la portata del controllo/segnale. Gli UAV godono del lusso di un cielo aperto, quindi il segnale di solito non ha ostacoli. Ma gli UGV devono di solito avere una linea di vista diretta (o quasi) con il controllore, il che rende il loro raggio d’azione molto limitato – e questo è stato il principale difetto dell’Uran-9 in Siria; i rapporti affermano che la Russia ha lottato con la caduta del segnale anche a distanze relativamente brevi o medie, come 300-400 metri. In ambienti urbani, dove questi veicoli si rivelerebbero particolarmente essenziali, la situazione peggiora ulteriormente a causa della grande quantità di ostacoli che attenuano il segnale.

 

Una soluzione potrebbe essere rappresentata da droni aerei che fungono da “ripetitori” del segnale. Questa soluzione è già stata utilizzata nell’attuale SMO da entrambe le parti. Gli UAV trasportano in cielo un ripetitore di segnale che consente all’unità militare di comunicare con il quartier generale del battaglione se le radio da combattimento sono fuori portata.

 

Per quanto riguarda il futuro più immediato, il popolare canale Telegram russo “Starshe Edda” ritiene che, se la guerra continuerà, entro il prossimo autunno assisteremo a una “guerra completamente diversa”, in cui le armi sperimentali ora in fase di sperimentazione e prototipazione entreranno in produzione di massa da entrambe le parti.

Se l’SVO non si concluderà improvvisamente con negoziati e una tregua, in autunno assisteremo a una guerra completamente diversa. Questi tipi di armi, prima di tutto, sono ovviamente sistemi senza pilota (sia aerei che terrestri). Ciò che è attualmente disponibile sotto forma di campioni e prototipi sarà trasferito alla categoria dei prodotti di massa.

 

Ci saranno molti sistemi robotizzati e senza pilota, così come munizioni di alta precisione, ma a mio avviso non ci sarà una sola cosa, cioè le tattiche del loro utilizzo stabilite in un sistema coerente. Per ora, si tratta ancora di passi provvisori nella guerra di un nuovo ordine tecnologico, qualcosa come i fucili ad ago Dreise o Mitrailleuse. Non ancora un fucile a retrocarica con una cartuccia unitaria del solito modello e non una mitragliatrice, ma non più un fucile a miccia e non un fucile a pallettoni. In tutto questo, si svilupperanno tattiche, si aggiungeranno regole di combattimento, alcuni campioni e rami di sviluppo saranno riconosciuti come vicoli ciechi, altri, al contrario, si svilupperanno e raggiungeranno la perfezione nell’uccidere una persona.

Esso giudica con precisione il periodo attuale come quello che ho definito la fase di sviluppo “a tentoni nel buio”. È l’inquietante momento della dentizione del neonato che si sta lentamente affermando; l’equivalente della prima guerra mondiale dei piloti che si lanciano mattoni e catene di biciclette l’un l’altro, non comprendendo ancora il pieno potenziale di ciò che hanno. In questi momenti, le direzioni rimangono ancora incerte fino a quando qualcosa non prende piede, si rapprende in dottrine intelligibili, modi di operare e regole di condotta che generano l’uso più efficace di ogni nuovo sistema.

 

Intelligenza artificiale

Per ora, la direzione di sviluppo più ovvia rimane quella di droni FPV più veloci, più precisamente controllabili e più economici, che possono essere usati per abbattere sia i blindati che il personale. La loro velocità e le loro dimensioni li rendono praticamente invisibili al rilevamento radar, o almeno estremamente poco pratici da agganciare e abbattere. Inoltre, la loro manovrabilità permette loro di aggirare i sistemi d’armamento anti-drone dell’EW, che si basano sui tempi di reazione dell’operatore per individuare e seguire il drone con i suoi mirini per un tempo sufficiente a interrompere il suo collegamento di comunicazione.

 

Sebbene entrambe le parti li utilizzino già con crescente regolarità, per necessità l’AFU sembra spingere maggiormente in questa direzione, come si vede in questi recenti video.

 

Ma a parte questo, l’intelligenza artificiale è la tecnologia più in ascesa che presto trasformerà il volto di tutti i conflitti, compreso questo, se dovesse durare abbastanza a lungo. I sistemi di intelligenza artificiale in grado di negoziare in modo “intelligente” il terreno e di trovare, identificare e persino ingaggiare bersagli da soli sono già in fase di prototipazione in tutto il mondo e molto probabilmente faranno presto il loro ingresso nel conflitto in corso.

 

Questo drone israeliano di Elbit Systems, ad esempio, è in grado di muoversi autonomamente negli ambienti interni e di utilizzare il riconoscimento facciale per individuare e ingaggiare da solo i combattenti nemici.

https://youtu.be/rcFyZDRmUiA

Per coloro che potrebbero essere contrariati, questa tecnologia non è rivoluzionaria. Le app dei social media e gli iPhone utilizzano già da tempo algoritmi di riconoscimento facciale per individuare i volti nelle foto. Anche le fotocamere di consumo, da diversi anni, dispongono di funzioni di autofocus per il riconoscimento facciale, che consentono di “mettere a fuoco” automaticamente l’obiettivo su una persona anche se questa si muove avanti e indietro. Diamine, anche i nuovi sistemi di sicurezza a basso costo, come questo di ADT, sono ora dotati di riconoscimento facciale che salva i volti dei vostri amici e familiari e vi avvisa quando si avvicinano alla vostra casa e, viceversa, può avvisarvi se si tratta di un “estraneo”.

 

Esistono anche sfruttamenti più sinistri di questa tecnologia:

Applicato a un drone, unito alla tecnologia di rilevamento ambientale di oggetti come la “modalità di guida autonoma” di Tesla, porta direttamente a progressi come il sistema israeliano di cui sopra. Tuttavia, il vero punto di forza è rappresentato dagli algoritmi molto più avanzati utilizzati per distinguere le minacce da quelle che non lo sono, come ad esempio il rilevamento di determinate “posture” corporee, armi in mano, differenze nelle uniformi, ecc.

 

I missili da crociera dispongono già da tempo di capacità di base di intelligenza artificiale di questo tipo, utilizzate per confrontare i bersagli a terra con i dati memorizzati da satellite/immagini. Ecco una descrizione della fase terminale del missile francese “Storm Shadow / Scalp”, in cui si arrampica sul bersaglio:

La salita in quota ha lo scopo di ottenere le migliori probabilità di identificazione e penetrazione del bersaglio. Durante il bunt, l’ogiva viene sganciata per consentire a una telecamera termografica ad alta risoluzione (homing a infrarossi) di osservare l’area del bersaglio. Il missile cerca quindi di localizzare il bersaglio sulla base delle informazioni di puntamento (DSMAC). Se non ci riesce, e c’è un alto rischio di danni collaterali, è in grado di volare verso un punto di impatto invece di rischiare l’imprecisione.

Google è stata pioniera di questo lavoro sotto la bandiera del controverso “Progetto Maven”, che ha suscitato un quasi-ammutinamento dei dipendenti, debitamente preoccupati, per le macabre implicazioni militari che tali tecnologie comportavano.

Proprio la scorsa settimana, questo nuovo reportage ha mostrato come Eric Schmidt, ex-CEO e presidente esecutivo di Google e Alphabet Inc. abbia lavorato fianco a fianco con il governo degli Stati Uniti per accelerare e semplificare le acquisizioni e lo sviluppo di tecnologie AI. In effetti, ha lasciato Google per fare di questo la sua nuova carriera e il suo impegno a tempo pieno. Sembra che sia molto determinato a sconfiggere la Cina nella guerra dell’IA e si sforza di sottolineare che l’IA è la tecnologia che determinerà il vincitore del futuro.

“Immaginiamo di voler costruire un sistema migliore per combattere la guerra”, dice Schmidt, delineando ciò che equivarrebbe a un’enorme revisione del dispositivo militare più potente del pianeta. “Creeremmo semplicemente un’azienda tecnologica”.

In breve, egli ritiene che i processi di approvvigionamento del governo siano troppo ponderosi per competere nell’era dell’accelerazione della singolarità, quindi il suo obiettivo “lungimirante” è quello di utilizzare l’architettura di un’azienda tecnologica della Silicon Valley come base per il modo in cui il governo dovrebbe ricercare e acquisire queste nuove tecnologie.

Una nuova arma

Il problema tecnologico del Pentagono è più pressante, secondo Schmidt, quando si tratta di IA. “Ogni tanto arriva una nuova arma, una nuova tecnologia che cambia le cose”, afferma. “Einstein scrisse una lettera a Roosevelt negli anni ’30 in cui diceva che c’era una nuova tecnologia – le armi nucleari – che avrebbe potuto cambiare la guerra, e così è stato. Io sostengo che l’autonomia e i sistemi decentralizzati e distribuiti [alimentati dall’IA] sono altrettanto potenti”.

Esiste una moltitudine di modi in cui l’intelligenza artificiale rivoluzionerà molto presto la guerra. Molti di questi sono già in fase iniziale, altri hanno fatto passi da gigante. Chi ha letto il mio articolo sull’ISR conosce la crescente importanza e il dominio di questo campo; ma ora immaginate che al posto degli analisti umani che scrutano faticosamente infiniti gigabyte di dati satellitari per localizzare le posizioni delle truppe russe, ci sia un instancabile, e molto più veloce ed efficiente, algoritmo di intelligenza artificiale che scansiona ed elabora in pochi secondi migliaia di ettari di dati sul terreno, individuando ogni singolo oggetto di interesse che può essere bersagliato, ordinandolo e raggruppandolo in appositi cestini, e persino – alla fine – instradando autonomamente i dati verso l’esatta e appropriata unità di fuoco settoriale che l’intelligenza artificiale giudica più capace, pronta, equipaggiata, ecc. , per gestire il compito.

 

Le iniziative sono già state esplorate; questo articolo descrive un programma chiamato SMART (Space-based Machine Automated Recognition Technique) che fa proprio questo. Inizialmente incentrato su compiti più banali, come l’addestramento di reti neurali per individuare progetti di costruzione in tutto il mondo da immagini satellitari, nel paragrafo finale si ammette che il vero obiettivo è quello di “trasferire questa tecnologia al settore dell’intelligence per l’uso nel mondo reale” – sapete cosa significa.

 

Tuttavia, non mi sorprenderebbe se le agenzie di intelligence stessero già utilizzando una qualche iterazione di questa tecnologia, dato che di solito ciò che le agenzie più importanti hanno è di diverse generazioni/decenni avanti rispetto a ciò che le startup civili stanno ricercando. Sono certo che in Ucraina utilizzano versioni incipienti di questo software di intelligenza artificiale addestrato a setacciare le foto satellitari alla ricerca di posizioni russe.

Allo stesso modo, per molti altri sistemi, come ad esempio i radar, l’intelligenza artificiale gioca un ruolo sempre più dominante, poiché i sistemi radar si affidano ad algoritmi avanzati per ingrandire il segnale del bersaglio eliminando il disordine, sapendo quale rumore/disordine può essere scartato in base a una serie di criteri. Si potrebbe pensare che il radar sia abbastanza semplice: si punta il fascio di luce nel cielo vuoto e qualsiasi segnale puro venga restituito è il bersaglio.

 

Ma c’è un problema: nell’ambiente odierno in cui domina l’ISR, quasi tutte le risorse di rilievo volano a bassa quota, “sotto il radar” per evitarlo: dagli aerei da combattimento ai droni, fino ai missili da crociera che ora sono programmati esclusivamente per “abbracciare il terreno” tramite la mappatura del terreno.

 

Per questo motivo, l’importanza dei radar “Look Down” diventa rapidamente suprema. Si tratta di radar montati su apparecchi come gli AWAC, in grado di scansionare non solo il cielo, ma anche il terreno, e di distinguere un oggetto in movimento rispetto alla grande confusione di altri oggetti a terra, come auto in movimento, persone, alberi ondeggianti, ecc. Affinché un sistema computazionale possa distinguere un elicottero che si muove a una velocità approssimativa di un’auto a 50 piedi dal suolo, da altre auto che viaggiano direttamente sotto di lui, è necessario disporre di enormi quantità di potenza computazionale parallela che alimenta algoritmi avanzati di intelligenza artificiale in grado di distinguere in modo molto “intelligente” questi dati. È così che tali sistemi radar possono anche rilevare oggetti a terra come carri armati e formazioni mobili in movimento.

 

L’ultima frontiera

Ma l’ultima frontiera della capacità dell’intelligenza artificiale non sarà costituita da semplici algoritmi per il rilevamento “intelligente” degli oggetti, bensì dalla piena autonomia, che si concretizzerà in risorse integrate in rete in grado di comunicare tra loro e di risolvere compiti comuni. In parole povere, questo descrive la prossima era degli “sciami di droni”, che è di gran lunga l’area di sviluppo più critica. E qui la Cina sembra essere all’avanguardia.

 

Un filmato pubblicato di recente mostra uno sciame di droni autonomi cinesi che navigano in una foresta di bambù senza l’uso del GPS.

 

Molti hanno visto il video di cui sopra, ma non il grafico di accompagnamento che mostra come i droni siano stati in grado di seguire insieme un obiettivo umano, proprio attraverso questa foresta:

Ora immaginate di liberare decine, o centinaia, o migliaia di questi droni – armati con 4-6 kg di esplosivo, come un tipico drone FPV oggi trasporta normalmente – per setacciare autonomamente il paesaggio brullo, fumoso e pieno di trincee dei vasti campi agricoli dell’Ucraina e dare la caccia ai soldati che si rintanano senza speranza in quelle stesse fortificazioni.

 

Così:

Gli Stati Uniti hanno recentemente lanciato un altro grido d’allarme, sostenendo che sia la Russia che la Cina stanno investendo pesantemente in questo campo.

Infatti, il mese scorso è giunta la notizia che la PMC russa Wagner sta lavorando segretamente con aziende cinesi per sviluppare la tecnologia degli sciami di droni da utilizzare contro l’AFU. Forse a prima vista è improbabile, ma ci sono tutte le ragioni per credere che sia vero. Non solo l’Ucraina rappresenta per la Cina l’ultima piattaforma di test sul campo di battaglia reale per affinare le proprie tecnologie segrete in preparazione dell’inevitabile escalation di Taiwan, ma la cosa è stata anche confermata direttamente da un mercenario australiano che ha combattuto a Bakhmut il mese scorso.

 

In questo video, il mercenario australiano che ha combattuto contro Wagner afferma apertamente che speciali “squadre cinesi di DJI stanno aiutando Wagner dietro la linea”.

 

Chi controlla i chip controlla il futuro

Abbiamo stabilito che chi ha la maggiore potenza di calcolo avrà i sistemi di intelligenza artificiale più avanzati, con la massima capacità di sfornare istruzioni/operazioni pure. Ciò significa che coloro che possiedono i chip migliori, ossia le industrie e le capacità dei semiconduttori, saranno i re delle prossime guerre dell’IA.

Il CEO di Intel a Davos ha dichiarato che: “Le catene di fornitura dei chip plasmeranno la geopolitica più del petrolio nei prossimi 50 anni”.

Gli Stati Uniti e la Cina, ovviamente, sono tra le nazioni leader in questo senso, mentre la Russia mostra qui una delle sue debolezze più evidenti. Tuttavia, non tutto è perduto. Gli Stati Uniti hanno la base tecnologica, ma si affidano pesantemente ai visti H1B di molti altri Paesi come India, Cina, Russia, ecc. (quanti, ad esempio, sanno che la linea Pentium di Intel prende il nome dal suo capo progettista russo, Vladimir Pentkovski)?

 

Questo è un grande punto debole per gli Stati Uniti perché, man mano che il mondo continua a de-dollarizzarsi e il valore della moneta fiat e dello stile di vita americano continua a crollare rispetto ai paesi d’origine in ascesa da cui provengono questi emigranti, diventerà sempre meno attraente venire a lavorare negli Stati Uniti e, in alternativa, più competitivo rimanere a casa. Questo porterà a un grave degrado dell'”innovazione” americana in questi settori.

 

E per quanto riguarda il capitale umano effettivo per la programmazione e la progettazione di questi futuri sistemi di intelligenza artificiale, si può dire che la Russia non ha eguali al mondo. E le sue nuove generazioni brillano sempre di più. Basta dare un’occhiata ai risultati dei rinomati campionati “International Collegiate Programming”:

Certo, gli Stati Uniti hanno finalmente strappato una singola vittoria nell’evento più recente. Ma gli ultimi due decenni sono stati dominati dalla Russia.

 

Le istituzioni con il maggior numero di vittorie:

E se si vuole vedere quanto gli Stati Uniti siano caduti in basso per quanto riguarda il loro capitale umano intellettuale e il loro sistema educativo, basta guardare ai decenni precedenti dello stesso concorso:

Gli Stati Uniti non erano da meno, prima che le disastrose politiche neoliberiste condannassero il tessuto stesso della società.

 

Si potrebbe sostenere che il futuro appartiene a chi ha la tecnologia, ma la tecnologia apparterrà a chi ha il capitale umano per sognarla e innovarla.

 

Ricordiamo che una delle uniche ragioni della presunta “arretratezza” della Russia rispetto all’Occidente in materia di progresso tecnologico è dovuta all’enorme e ingiusto handicap che le è stato artificialmente imposto: la Russia si è vista tarpare le ali in ogni occasione. Attraverso sanzioni schiaccianti. Ostacoli e sabotaggi imposti per decenni. Quando si trattava di industrie critiche, l’Occidente aveva sempre egoisticamente “accaparrato” la tecnologia tra di loro per lo sviluppo iterativo.

 

Per esempio, il motivo per cui la Corea del Sud e il Giappone sono così potenti nel campo dei semiconduttori è che gli Stati Uniti hanno investito e sovvenzionato pesantemente le loro industrie nel secondo dopoguerra, al fine di creare una sorta di mercato di manodopera a basso costo da cui la nascente classe media americana potesse rifornirsi.

 

Alla Russia, purtroppo, non è mai stato concesso un simile lusso, ma piuttosto il contrario:

E come ho detto in questo articolo, così come l’Occidente finge la dipendenza della Russia dai suoi chip, in realtà nasconde la propria vera dipendenza dalla Russia e dalla Cina per le risorse con cui produrre quei chip. Vedete, l’Occidente ha il know-how tecnologico (importato da H1B), ma non le materie prime. Questo articolo di un think tank statunitense lo definisce una minaccia alla sicurezza nazionale di massima priorità.

È per questo che siti importanti come TomsHardware hanno pubblicato titoli come questo l’anno scorso:

Nell’articolo si dice chiaramente:

La fonte condivide alcuni numeri preoccupanti, che evidenziano la dipendenza dell’industria statunitense dei chip dai materiali provenienti dalla Russia/Ucraina. Ad esempio, il gruppo di ricerca di mercato Techcet afferma che il 90% delle forniture di neon per semiconduttori negli Stati Uniti proviene dall’Ucraina, mentre il 35% del palladio statunitense proviene dalla Russia. Inoltre, anche altri materiali vitali come il C4F6, l’elio e lo scandio provengono dalla regione del potenziale punto di infiammabilità.

In breve, la Russia ha altrettanti punti di pressione sull’industria americana dei semiconduttori, ed entrambe stanno investendo molto per cercare di cambiare la situazione: gli Stati Uniti per espandere e diversificare le loro catene di fornitura (molto più difficile di quanto sembri, per ragioni che esulano da questo ambito) e la Russia per sviluppare le sue capacità di produzione di chip.

 

Shock futuro

Il volto del conflitto ucraino si sta già evolvendo rapidamente. Oggi vediamo regolarmente droni che duellano nei cieli sopra il paesaggio in rovina, cosa che sarebbe stata difficile da immaginare fino a pochi anni fa.

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Come evidenziato nel mio precedente articolo, le forze russe stanno già iniziando a utilizzare una serie di sistemi EW automatizzati “a guardia delle trincee” come l’Harpoon-3 e lo Stoizh, che disabilitano i droni anche mentre i soldati dormono nelle loro trincee. Anche i robot “Marker” russi daranno presto la caccia a Leopard e Abrams in natura, come immaginato da Rogozin?

Quel che è certo è che, se il conflitto continuerà per diversi anni, potrebbe essere quasi irriconoscibile se visto attraverso la lente di questi inizi primitivamente umili e comprensibili. Da diversi anni ormai, la Russia mostra come le truppe possano lavorare insieme a UGV o sistemi autonomi non guidati, e con la crescente intrattabilità del problema delle operazioni in trincea dell’Ucraina, è ipotizzabile che la Russia possa iniziare a lanciare sistemi non guidati per fornire supporto di fuoco nelle sempre difficili operazioni di sgombero delle trincee.

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Entrambe le parti stanno cercando di fare passi avanti nei sistemi di gestione del campo di battaglia, costruiti per organizzare la distribuzione delle enormi quantità di dati provenienti dai sensori. I “partner” occidentali hanno aiutato l’Ucraina a sviluppare tali sistemi, come il “Delta”, che si dice abbia alcune capacità di base di intelligenza artificiale nel fornire “raccomandazioni sui bersagli”.

Il video di cui sopra sostiene addirittura che il veicolo Autonomous Combat Warrior (ACW) di Rheinmetall sarà inviato all’Ucraina. Sebbene non sia stato in grado di verificarlo, è stato riferito che la Germania intende fornire all’Ucraina il Boxer RCH 155, un’incredibile piattaforma di artiglieria semovente autonoma che deve essere vista per essere creduta.

 

Man mano che la carenza di truppe dell’Ucraina diventa sempre più grave, i finanziatori occidentali spingeranno verso una sempre maggiore autonomia dell’AFU per colmare il deficit. Questi sistemi non presidiati saranno controllati, ovviamente, da ufficiali occidentali sufficientemente lontani dal campo di battaglia per ridurre i rischi per se stessi. Questo viene già fatto con la guerra dei droni UAV, ma potrebbe presto estendersi anche ai sistemi terrestri.

 

Allo stesso modo, mentre la Russia continua a distruggere il potenziale offensivo dell’Ucraina (che è già sostanzialmente esaurito), l’Ucraina sarà costretta a combattere in una strategia sempre più orientata alla difesa e allo stallo, che richiederà un ulteriore arroccamento nel tipo di guerra intrattabile ora prevalente.

 

Questo potrebbe spingere la Russia a inaugurare l’uso di sistemi UGV senza equipaggio per mitigare meglio il pericolo sproporzionato di dover prendere d’assalto infinite posizioni e trincee rinforzate con grandi perdite di vite umane. Dopotutto, non è un’ipotesi così remota: il fratello minore disarmato dell’Uran-9, lo sminatore Uran-6, è già stato utilizzato efficacemente fin dall’inizio del conflitto.

 

E quanto ci vorrà prima di vedere nuove versioni dei droni russi Lancet e KUB programmate con l’intelligenza artificiale per andare a caccia di obiettivi nemici in modo autonomo, anche lontano dalla portata dei collegamenti dati di controllo?

2 reparto russo si addestra con il Soratnik UGV

In definitiva, non possiamo prevedere quanto durerà il conflitto ucraino, anche se probabilmente si tratterà di un po’ di tempo, almeno diversi anni, a meno di eventi imprevisti da cigno nero. Un tempo più che sufficiente per assistere a una svolta epocale nell’evoluzione dei sistemi di combattimento, che cambierà per sempre il volto di tutte le guerre.

 

Un giorno guarderemo a questi momenti di nascita dei droni di consumo che lanciano piccole cariche esplosive nelle trincee con gli stessi occhi con cui abbiamo guardato a quel mondo apparentemente selvaggio e antidiluviano delle sparatorie aeree con le pistole, molto prima che il Fokker del Barone Rosso solcasse i cieli alleati. E con lo spirito nazionale galvanizzato, la solidarietà senza precedenti del narod [popolo] russo e il fervore di ingegnosità visto quotidianamente nei suoi combattenti, è chiaro che la Russia sarà colei che prenderà le redini e condurrà il mondo per mano attraverso l’oscurità labirintica di questa nuova era.

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Guerra russo-ucraina: l’offensiva di Schrödinger, di Big Serge

Guerra russo-ucraina: l’offensiva di Schrödinger

Una divagazione sulla struttura delle forze, sulla Moldavia e su una fortezza nella steppa

di Big Serge

https://bigserge.substack.com/p/russo-ukrainian-war-Schrödingers

1 Guerra invernale nella steppa

 

Dov’è la grande offensiva russa? Questa è, al momento, la domanda da un milione di dollari che inevitabilmente si intromette in qualsiasi discussione sull’attuale corso della guerra. Probabilmente non è sorprendente (almeno per coloro che conoscono la natura umana) che questa domanda diventi un test di Rorschach in cui ognuno legge le sue proprie ipotesi sull’esercito russo.

 

Le risposte a questa domanda sono in effetti molto diverse. Da un lato, c’è chi crede che centinaia di migliaia di truppe russe siano pronte a lanciare un’enorme offensiva, una “grande freccia sulla mappa” in qualsiasi momento. Lo dicono sia commentatori come il colonnello statunitense in pensione Douglas MacGregor sia alcune fonti ucraine, che probabilmente cercano di fomentare un senso di urgenza per ottenere maggiori aiuti dall’Occidente. All’estremo opposto, c’è chi sostiene che le forze armate russe sono talmente esaurite che non ci sarà alcuna offensiva. Ci sono anche alcuni esponenti dell’intellighenzia occidentale del Ministero dell’Illuminazione Pubblica e della Propaganda del Reich, come l’Istituto Nuland per lo Studio della Guerra o Michael Koffman, che sostengono che l’offensiva sia già iniziata, ma che sia così debole e zoppa che nessuno se n’è accorto.

Ok. Quindi, o un’offensiva gigantesca avverrà da un momento all’altro (potrebbe essere appena iniziata mentre scrivo), o non avverrà mai, o è già avvenuta, o forse è in uno stato di sovrapposizione quantistica in cui è sia riuscita che fallita, almeno finché non apriamo la scatola.

 

Una questione davvero spinosa. Al momento si stanno svolgendo molti combattimenti importanti e intensi in diversi settori del fronte – ma che relazione hanno queste operazioni con qualsiasi azione da “grandi frecce sulla mappa” da parte dei russi? Si tratta di un antipasto o di un’entrée poco soddisfacente?

 

Vorrei suggerire un’alternativa a tutte queste teorie, perché ciò di cui il mondo ha più bisogno in questo momento sono più opinioni.

 

Al momento, la Russia ha l’iniziativa su tutto il fronte. Le riserve dell’Ucraina sono in uno stato precario (soprattutto in considerazione del mandato politicamente imposto di cercare di accumulare forze per un’offensiva contro il ponte di terra verso la Crimea) e la Russia sta conducendo combattimenti ad alta intensità in settori importanti.

 

Queste operazioni, a mio avviso, servono contemporaneamente a tre scopi diversi. In primo luogo, sono operazioni di modellamento del campo di battaglia di per sé preziose, che hanno importanti implicazioni per il lancio di operazioni future. In secondo luogo, funzionano essenzialmente come attacchi di disturbo, in quanto mantengono alto il tasso di combustione al fronte e degradano la capacità dell’Ucraina di formare riserve. Come in una sorta di metafora, già si vocifera che alcuni dei nuovi carri armati Leopard ucraini saranno inviati in combattimento intorno a Bakhmut piuttosto che tenuti in riserva per una futura offensiva. Che la voce sui Leopard sia vera o meno, in termini di uomini l’Ucraina continua a pompare unità a Bakhmut, in uno spreco di uomini inconcepibile. In terzo e ultimo luogo, tutti i combattimenti a est si svolgono sotto un ombrello in cui le linee di rifornimento e l’ISR della Russia sono robusti, creando condizioni in cui l’Ucraina continua a operare con un rapporto di perdite abissale, rispetto ai russi.

 

La sintesi di tutti questi punti è che la Russia sta attualmente conducendo il logoramento dell’esercito ucraino e negando all’Ucraina qualsiasi possibilità di riguadagnare l’iniziativa operativa, perseguendo allo stesso tempo importanti obiettivi di modellamento del campo di battaglia. Ritengo che ciò avvenga sullo sfondo di un moderato, ma non catastrofico, disordine organizzativo e di una ristrutturazione delle forze armate russe, che stanno ritardando la disponibilità russa a lanciare un’offensiva su larga scala. In altre parole, l’attuale ritmo delle operazioni russe ottiene il logoramento generale delle truppe ucraine e implica che non sia necessario affrettare un’operazione ambiziosa fino a quando i problemi organizzativi non saranno risolti.

 

Nel resto di questo spazio, vorrei esaminare quali sono queste considerazioni organizzative ed esaminare due delle operazioni russe in corso (sugli assi Ugledar e Kreminna), esaminandole su una scala abbastanza ravvicinata. Accenneremo anche brevemente alle bizzarre voci di un imminente allargamento della guerra verso la Moldavia.

 

Mi scuso per il tempo che a volte trascorre tra un articolo e l’altro, ma come vedrete la mia scrittura spesso va in metastasi e queste voci diventano molto più lunghe di quanto inizialmente previsto, e potrebbero tecnicamente qualificarsi come novelle, in base al numero di parole. In ogni caso, spero che il volume e la qualità dei contenuti possano compensare l’intervallo, e in caso contrario la sezione dei commenti è aperta per esprimere il vostro disappunto e le vostre polemiche anti-Serge.

 

Organizzare un esercito

Per i giovani uomini, il fascino della guerra attraversa fasi distinte. Nella maggior parte dei casi inizia con l’equipaggiamento e la visione delle battaglie con “grandi frecce sul campo di battaglia”. Le dimensioni dei cannoni dei carri armati della Seconda Guerra Mondiale, ad esempio, rivestono probabilmente un interesse sproporzionato, tra i ragazzi di 8-16 anni. Loro vogliono soprattutto sapere delle grandi battaglie, dei grandi schemi di movimento e dei grandi cannoni.

 

Col tempo, però, si arriva alla conclusione ineluttabile che gli eserciti hanno una spina dorsale intensamente burocratica e che fattori apparentemente banali come la composizione delle unità, la logistica delle retrovie e gli organigrammi hanno enormi implicazioni sul campo di battaglia. È qui che entrano in gioco le temute tabelle dell’ordine di battaglia e i diagrammi delle unità, e inevitabilmente si deve iniziare a memorizzare il significato di quella miriade di piccoli simboli. Alla fine ci si rende conto che la costruzione delle unità e altri fattori organizzativi sono, entro i limiti del ragionevole, molto più importanti delle minuzie dell’equipaggiamento e degli armamenti, e che avreste dovuto contemplare gli aspetti burocratici per tutto il tempo, e che (tragicamente) la dimensione del cannone del carro armato Sherman Firefly non è stata in realtà un fattore particolarmente decisivo nella storia del mondo.

 

Per la cronaca, è ancora bello.

 

La Russia sta attualmente risolvendo i problemi organizzativi creati dal modello unico di servizio misto del Paese (che mescola soldati a contratto e soldati di leva), e in particolare il logorante Gruppo Tattico di Battaglione (BTG).

 

Ho parlato a lungo del Gruppo tattico di battaglione in un precedente articolo, ma ricapitoliamo brevemente. L’esercito russo utilizza un modello misto di soldati professionisti a contratto e di leva, e questi due tipi di personale hanno un’importante differenziazione legale. I soldati di leva non possono essere impiegati in combattimento al di fuori della Russia senza una dichiarazione di guerra. Ciò significa che una data unità russa (usiamo una brigata come esempio standard) ha una forza completa (“sulla carta”) composta da personale misto e un nucleo di soldati a contratto che può essere schierato all’estero. La questione per la leadership russa diventa quindi come progettare queste unità per combattere senza i loro soldati di leva. La risposta a questo problema è stata il Gruppo tattico di battaglione, una formazione derivata che si stacca (se vogliamo) dalla brigata. La progettazione di queste unità ha naturalmente altre considerazioni, ma la preoccupazione di base che ha spinto alla creazione del BTG è stata la necessità di creare una forza che potesse combattere senza i suoi coscritti.

 

Il BTG, come è stato notato, è pesante in termini di potenza di fuoco, con un forte complemento organico di pezzi d’artiglieria e veicoli corazzati, ma eccezionalmente leggero in termini di fanteria. Questo ha implicazioni sia per le operazioni offensive che per quelle difensive, come abbiamo visto molto chiaramente nei primi nove mesi di guerra in Ucraina.

 

In difesa, il BTG (essendo povero di fanteria) deve combattere da dietro un sottile schermo e infliggere sconfitte al nemico con il suo fuoco a distanza. Non si tratta di un’unità in grado di combattere con tenacia per mantenere le posizioni avanzate, ma di un’unità costruita per sbriciolare l’attaccante. Più in generale, tuttavia, i BTG sono unità fragili, nel senso che perdite relativamente basse di fanteria o carri armati li rendono inadatti a ulteriori compiti di combattimento. Questo rende l’unità una specie di cannone di vetro: capace di erogare una potenza di fuoco enorme, ma non in grado di sostenere le operazioni dopo perdite moderate. Essendo un’unità fondamentalmente “dimagrita”, fatica a sostenere e recuperare la capacità di combattimento senza ruotare nelle retrovie per ricevere rimpiazzi o cannibalizzare altre unità.

 

In un certo senso, questo è ciò che ci si aspetterebbe dati i vincoli del modello di coscrizione e contratto, che per sua stessa natura ha costretto i russi a progettare un’unità ridotta e leggera dal punto di vista degli effettivi rispetto alle loro brigate a piena forza. Questo è il motivo per cui la Russia aveva una generale scarsità di truppe che ha iniziato a compromettere la sua efficacia operativa complessiva nell’estate del 2022, quando la mobilitazione ucraina e gli aiuti occidentali hanno portato a un enorme vantaggio numerico dell’esercito ucraino. All’apice, la prima fase della guerra ha visto probabilmente non più di 80.000 effettivi russi regolari in Ucraina, e anche con la DNR, la LNR e il gruppo Wagner che fornivano un cuscinetto di fanteria, la forza russa totale era in inferiorità numerica di almeno 3 a 1. Il BTG poteva ancora infliggere danni enormi, ma la strutturazione delle forze in Ucraina era semplicemente insufficiente per l’ampiezza del teatro d’operazioni, il che portò a svuotare un’enorme sezione del fronte a Kharkov. Da qui la mobilitazione.

2Il BTG si è rivelato un’unità potente ma fragile.

È qui che cominciano ad apparire i segni di problemi organizzativi. Era giunto il momento, con la mobilitazione che finalmente forniva alla Russia le truppe schierabili di cui aveva bisogno, di abbandonare i BTG poveri di fanteria e iniziare a condurre operazioni con grandi unità, ma è chiaro che il processo organizzativo per incorporare il personale mobilitato nell’esercito e assemblare grandi unità (brigate e superiori) non è stato efficiente. I mobilitati sembrano essere stati inizialmente utilizzati in vari modi. Alcuni sono stati inviati alle unità esistenti nella zona di operazioni come rimpiazzi, altri sono stati inseriti in nuove unità composte interamente da personale mobilitato. Il risultato è un’accozzaglia di unità variegate che devono ancora essere organizzate in grandi unità per le operazioni offensive.

 

Probabilmente c’era da aspettarsi un po’ di caos, dato che nessuno oggi in vita ha esperienza nel condurre una mobilitazione generale per una guerra continentale, e l’intero processo per la Russia è un po’ complicato a causa delle molte classi diverse di personale e della barriera legale all’utilizzo dei coscritti. In generale, tuttavia, sembra chiaro che il processo di ritorno dall’esercito di spedizione con BTG ridotti a formazioni madri più grandi è stato inefficiente, e che la Russia sta ancora attraversando la fase di formazione di grandi unità. Inoltre, permane un certo ritardo nella consegna di veicoli da combattimento di fanteria aggiornati (soprattutto BMP) alle unità di fucilieri motorizzati in formazione.

 

In questo contesto, il Ministro della Difesa russo Sergei Shoygu ha annunciato un nuovo programma di riorganizzazione militare. Forse il punto più significativo della lista dei cambiamenti è la decisione di iniziare a convertire le brigate esistenti in divisioni. Può sembrare una vanità burocratica, ma non è così. Discutiamone.

 

Alla fine della Guerra Fredda, l’Unione Sovietica disponeva dell’esercito più grande e potente del mondo, in grado di schierare milioni di uomini, armati fino ai denti e con scorte ineguagliabili di ogni tipo di equipaggiamento pesante. Il fatto che questo potente apparato militare non abbia visto praticamente nessun ammutinamento o rottura alla fine, e che non sia stato impiegato per preservare il sistema comunista, è una delle grandi curiosità della storia moderna, ma questa è una storia per un’altra volta.

 

In ogni caso, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, la Russia ha ereditato la maggior parte dell’eredità militare sovietica, ma tra le turbolenze economiche e il disagio generale della società, non poteva permettersi di mantenere attiva questa forza massiccia (né aveva gli uomini, avendo perso l’accesso a gran parte del bacino di reclutamento sovietico). Questo portò Mosca a convertire gran parte dell’esercito sovietico in quelle che sono note come “formazioni di quadri”: in sostanza, una particolare divisione sarebbe stata ridotta a uno scheletro di personale (poche centinaia di persone, per lo più ufficiali e sottufficiali) che avrebbe costituito il nucleo attorno al quale la divisione sarebbe stata riportata alla forza di combattimento. In questo modo, le enormi divisioni sovietiche potevano essere ridotte a magazzini pieni di equipaggiamento e a un piccolo gruppo di quadri, mettendo più o meno in ibernazione la divisione per un uso futuro.

 

Nel 2008, la Russia ha intrapreso un’importante ristrutturazione militare sotto la guida dell’ex ministro della Difesa Anatoly Serdyukov. Le riforme del 2008 sono state un tentativo tardivo di abbandonare l’esercito sovietico. Gli elementi della riorganizzazione comprendevano l’eliminazione delle divisioni di quadri e la conversione di tutte le divisioni esistenti in brigate. In questo modo la Russia si allontanò dalla struttura delle divisioni sovietiche per passare a un modello di brigata più occidentale.

 

Il duplice effetto dell’eliminazione delle formazioni di quadri e del ridimensionamento delle divisioni in brigate fu quello di snellire un corpo ufficiali troppo gonfio e di creare una forza più snella. Sebbene siano state mantenute alcune divisioni, queste erano l’eccezione piuttosto che la regola. In generale, una brigata russa è grande forse il 40-50% di una divisione di tipo equivalente: ad esempio, una divisione di fucilieri motorizzati può essere forte di 8.500 uomini, ma una brigata di fucilierimotorizzati può essere di circa 3.500-4.000 uomini.

 

Il ridimensionamento delle divisioni in brigate è stato vantaggioso in tempo di pace, in quanto ha ridotto i costi di un corpo ufficiali gonfio e sovraccarico, e in generale ha sostenuto il regime di austerità della Russia. Gli eserciti, tuttavia, sono costruiti per la guerra.

 

La leadership russa ha chiaramente concluso che l’esercito ridotto, con pochi uomini, non è adeguato per una guerra ad alta intensità. Ciò corrisponde alla lezione generale appresa da tutte le parti coinvolte: la guerra è ancora un’impresa industriale e il successo richiede la massa – grandi unità che sparano molti proiettili. Pertanto, l’ammissione da parte della NATO che la spesa per le munizioni supera di gran lunga la loro capacità produttiva e la decisione della Russia di espandere l’esercito sono due facce della stessa medaglia.

3 Sergej Shoigu, MInistro della Difesa della Federazione Russa

Questo ci riporta all’annuncio di Shoigu che le brigate esistenti saranno riconvertite in divisioni, annullando di fatto un elemento chiave delle riforme del 2008. L’esperienza russa in Ucraina ha dimostrato che le unità ridotte non sono abbastanza robuste (soprattutto in termini di uomini) per sostenersi adeguatamente in combattimento.

 

Il quadro che emerge è quello di un esercito russo che cerca di gestire tre diverse transizioni contemporaneamente. Vale a dire: (1) l’ingresso di un gran numero di personale mobilitato che deve essere organizzato in grandi unità capaci di operazioni offensive, (2) un’espansione complessiva e la riorganizzazione dell’esercito in una struttura divisionale, e (3) una massiccia espansione della produzione di armamenti, con il complesso militare-industriale russo che si riattrezza per produrre un mix di sistemi basati sull’esperienza di combattimento in Ucraina.

 

Sembra che il verdetto più probabile sia che, al momento, queste sfide organizzative non siano completamente risolte, limitando l’attività immediata russa alle operazioni di modellamento del campo di battaglia e al mantenimento di battaglie d’attrito in fosse della morte (come Bakhmut) sotto la copertura dell’ombrello ISR e della potenza di fuoco della Russia a est. Questo continuerà fino a quando le unità regolari di fucilieri e carri armati non saranno pronte per le operazioni di attacco.

 

Per questo motivo, al momento, gran parte dei compiti offensivi della Russia sono gestiti da unità che si trovano all’estremità alta e bassa dello spettro delle unità, ovvero unità d’élite come i VDV (aviotrasportati) e i Marines, o unità irregolari come i Wagner e la DNR/LNR. Il gradino intermedio della scala – le unità regolari di fucilieri motorizzati – sono per lo più visibili in posizioni difensive.

 

Questo non vuol dire che la mobilitazione non abbia già avuto un effetto importante sul campo di battaglia. Le condizioni che hanno permesso l’offensiva ucraina nell’oblast di Kharkov lo scorso autunno sono state corrette. Non ci sono più sezioni di fronte assottigliate e le posizioni della Russia sono ora adeguatamente presidiate. A tutt’oggi l’Ucraina non è ancora riuscita a sfondare una posizione russa fortemente presidiata, e la mobilitazione ha permesso alla Russia di presidiare finalmente in modo adeguato l’enorme fronte. Tuttavia, non ha portato a un aumento visibile della generazione di forze offensive, e sembra che ciò sia dovuto in larga misura al caos organizzativo associato al ritorno dai BTG alle brigate e alle divisioni.

 

Dal punto di vista russo, questa è la cattiva notizia. La buona notizia è che, anche se gran parte dell’esercito mobilitato è ancora in uno stato di flusso organizzativo, la forza di combattimento russa è più che sufficiente per sostenere i combattimenti sugli assi esistenti, interrompendo i tentativi dell’Ucraina di accumulare riserve e di perseguire importanti obiettivi di formazione.

 

Persi nei boschi

Mentre il mondo discute all’infinito sull’offensiva di Schrödinger, qualcosa di significativo si sta perdendo. A prescindere dall’assenza, ora o in futuro, di “grandi frecce” che facciano bella figura su una mappa, i combattimenti in corso nel Donbass sono molto importanti dal punto di vista operativo. Restringiamo il campo d’azione e guardiamo a un piccolo tratto di fronte poco amato e pensiamo a ciò che sta accadendo in quel momento. In particolare, vorrei esaminare l’asse di Kreminna.

 

Kreminna è una piccola città di non più di 20.000 abitanti (prima della guerra) con una posizione alquanto fortunata. Si trova vicino al confine tra gli oblast di Lugansk e Donetsk, e in particolare occupa il punto in cui una linea ferroviaria critica si avvicina all’elemento geografico dominante della zona, che è il fiume Donets (alternativamente chiamato fiume Severodonetsk).

 

I fiumi sono sempre importanti, ma il Donets lo è in modo particolare, perché le sue sponde – in particolare quella settentrionale – sono sede di una fitta cintura forestale (in parte naturale, ma in gran parte costituita da piantagioni). Questa foresta è diventata un elemento critico dei combattimenti in questo settore.

4 Foresta di Donets

Nell’estate del 2022, zone boschive come questa sono diventate uno dei primi segnali della necessità per la Russia di aumentare il proprio dispiegamento di forze in Ucraina. Sia in questa fascia lungo il Donets che in una zona forestale simile intorno a Izyum, le forze russe hanno avuto difficoltà a sigillare completamente il fronte e a mettere in sicurezza le foreste. Ciò è dovuto in gran parte a due fattori. In primo luogo, le foreste fitte indeboliscono necessariamente l’ISR (Intelligence, Surveillance, & Reconnaissance) russo oscurando la visibilità. Il secondo fattore (strettamente correlato) era la scarsità di fanteria della Russia. Poiché le forze russe iniziali erano decisamente sotto organico per quanto riguarda la fanteria, l’esercito russo preferiva combattere con uno schermo leggero di fanteria dietro il quale si poteva dirigere il fuoco a distanza – uno schema generale che si rompe nei boschi, dove l’ISR è debole e non ci sono fanterie sufficienti per presidiare linee continue.

 

Tutto questo per dire che nell’estate del 2022 queste fasce boschive erano un ambiente problematico per le forze russe. Ora, però, hanno posto rimedio alle loro carenze di uomini e si trovano in una posizione in cui la sicurezza della cintura forestale del Donets è un’alta priorità operativa. Questo perché la fascia corre orizzontalmente (cioè in direzione est-ovest) sotto l’asse di avanzata della Russia verso Lyman.

 

Kreminna è diventato un settore di combattimenti ad alta intensità negli ultimi mesi, essendo forse l’unico asse in cui l’Ucraina aveva qualche prospettiva realistica di ottenere un risultato decisivo dal punto di vista operativo, con la linea ferroviaria per Lysychansk apparentemente a portata di mano. Questo ha fatto precipitare una serie di attacchi ucraini falliti sulla stessa Kreminna, che sono crollati con pesanti perdite di vite umane, prima che la Russia iniziasse a spingersi verso ovest sull’asse di ritorno verso Lyman.

 

La foresta, tuttavia, complica le cose. L’Ucraina ha libero accesso all’attraversamento della foresta perché controlla la riva meridionale del fiume Donets. Potendo rinforzare e sostenere i gruppi di combattimento nella fascia di foresta, l’Ucraina è in grado di fare pressione sul fianco di qualsiasi attacco russo prolungato verso ovest, in direzione di Lyman. È per questo che nelle ultime settimane gli sforzi russi verso ovest si sono affievoliti a favore di attacchi verso sud, nei boschi stessi.

 

È chiaro che sigillare questa foresta è un compito critico che deve essere raggiunto prima di poter continuare l’offensiva verso Lyman (a sua volta un obiettivo operativo intermedio cruciale prima dell’assalto alla linea di Slavyansk). Fortunatamente per la Russia, essa ha un modo per raggiungere questo obiettivo che sarà più facile di una lotta prolungata nei boschi. Il sostegno ucraino nella cintura forestale si basa sul controllo della riva meridionale del fiume Donets, ma le linee russe sono attualmente a soli cinque chilometri di distanza a Zolotarivka.

L’intero fronte diventa una lezione istruttiva sull’interconnessione di tali operazioni e sulla natura cruciale di queste battaglie, che spesso vengono liquidate come semplici “operazioni di modellamento”, combattute per obiettivi piccoli e insignificanti.

Un attacco russo su direttrice nord-occidentale verso la riva meridionale del fiume Donets punterebbe a piccoli insediamenti dai nomi dimenticabili come Serebryanka e Grygorivka. Di certo, la cattura di tali villaggi difficilmente incuterà il timore di Dio nei Jake Sullivan e nelle Victoria Nuland del mondo – temo che nulla di terreno possa farlo. Tuttavia, una spinta russa verso la sponda meridionale del fiume interromperà le rotte utilizzate per sostenere le forze ucraine nella fascia forestale sulla sponda *nord* del fiume. Questo, a sua volta, permetterebbe alle forze russe uscite da Kreminna di mettere in sicurezza la fascia forestale e di neutralizzare la minaccia sul loro fianco sinistro, mentre riprendono le azioni di attacco a ovest verso Lyman. Non hanno nemmeno bisogno di catturare Lyman stessa nel breve termine, perché raggiungere il villaggio di Yampil sarebbe sufficiente per tagliare l’ultima arteria di rifornimento rimasta a Siversk (le vie meridionali sono state interrotte dalle forze russe intorno a Bakhmut) e creare le condizioni per la Russia di liquidare l’intero saliente di Siversk.

 

In breve, questa zona forestale e il corridoio da Kreminna a Lyman fungono da cerniera tra i fronti di Lugansk e Donetsk, e ancora più specificamente questa fascia forestale direttamente lungo il fiume Donets funge da cerniera tra Kreminna e Siversk. Nel 2022, questo era il tipo di terreno che l’Ucraina riusciva a sfruttare grazie alla composizione della fanteria leggera russa. Ora che questo problema è stato risolto, la Russia ha le forze per proteggere adeguatamente queste foreste e può accelerare questo processo interrompendo i passaggi fluviali su cui l’Ucraina fa affidamento per sostenere le sue unità nella fascia forestale.

Ugledar: Anatomia di una battaglia

Al momento, il fronte in Ucraina è attivo in molti punti, con misurati avanzamenti russi sulla linea fluviale del fiume Oskil, una costante serie di pesanti combattimenti nella zona forestale tra Lyman e Kreminna e, naturalmente, il pozzo della morte wagneriano di Bakhmut. Si tratta di aree di combattimento importanti e ad alta intensità, ma al momento non si sta sviluppando nulla che possa essere razionalmente definito una “grande freccia”.

 

Alla luce di questa situazione generale, ho pensato che questa potesse essere una buona occasione per esaminare una particolare sezione del fronte e riflettere sulla battaglia in corso in alta risoluzione. Più specificamente, voglio esaminare da vicino la battaglia in corso nel settore di Ugledar – discutiamo non solo perché è importante, ma vediamo anche i dettagli ravvicinati dell’assalto russo, le contromisure ucraine e i potenziali progressi futuri.

 

Ugledar (alcune mappe possono usare la formulazione ucraina “Vuhledar”) è una cittadina piuttosto curiosa, con una popolazione che prima della guerra probabilmente non ha mai superato i 15.000 abitanti. La città stessa è un denso agglomerato di condomini in cemento che si affacciano su una distesa di steppa notevolmente piatta – piatta anche per gli standard ucraini.

5 Ugledar e i suoi dintorni

Ugledar ha un’importanza operativa fuori scala per l’Ucraina, sia per scopi offensivi che difensivi. L’attuale linea del fronte vede le forze ucraine tenere un rigonfiamento, o saliente, a sud-ovest della città di Donetsk. Questo rigonfiamento è caratteristico in quanto è la posizione ucraina più vicina alla linea ferroviaria principale che collega Donetsk a Mariupol e al ponte terrestre per la Crimea (e quindi rappresenta la minaccia ucraina più immediata per la logistica russa a sud). I fianchi di questo rigonfiamento sono ancorati da Ugledar e Marinka – e dietro Ugledar, in particolare, non ci sono buoni posti per l’Ucraina per ancorare la difesa del saliente.

6 Ugledar e il saliente di Donetsk (Mappa di Military Land)

Finché gli ucraini terranno Ugledar, terranno questo saliente e avranno una posizione da cui minacciare il traffico ferroviario russo. Se perdono Ugledar, l’arrotolamento dell’intero saliente sarà una conclusione scontata. È quindi banalmente ovvio perché questa posizione è una priorità sia per la Russia che per l’Ucraina.

 

Questo ci porta a Ugledar stessa e alla battaglia in corso per il suo controllo. È immediatamente evidente perché la città sarebbe difficile da conquistare. È caratterizzata da blocchi di appartamenti in cemento, densamente stipati ed estremamente robusti, e la piattezza del terreno in avvicinamento offre ai difensori ucraini un campo visivo pulito. Si tratta di una posizione fisicamente resistente con una vista dominante sull’area circostante.

7 Vista aerea di Ugledar da nordovest

Lo spazio di battaglia qui è piccolo e facile da parametrare. Ugledar è a circa un miglio di distanza dalle città di Pavlivka e Mykils’ke, in mano ai russi. Il campo in avvicinamento è estremamente piatto, il che rende l’attraversamento allo scoperto un pericolo estremo. La linea di avvicinamento più praticabile è invece verso la caratteristica nota colloquialmente come “dacia” – un gruppo di case sul bordo sud-orientale di Ugledar vera e propria.

 

Le dacie sono un elemento importante per due motivi. In primo luogo, offrono l’unico vero riparo alla periferia di Ugledar stessa, diventando così l’unico vero punto di sosta o di appoggio al di fuori della città. In secondo luogo, sono la destinazione naturale per chiunque cerchi di avanzare in modo intelligente, cioè attraverso le linee degli alberi. I campi di questa zona sono separati l’uno dall’altro da linee di alberi molto sottili e molto dritte. Questi costituiscono l’unica copertura all’avvicinamento e sono quindi un terreno caldo. Le forze ucraine scavano abitualmente le loro trincee proprio sotto questo tipo di linee di alberi, che creano le vie di avanzata anche per le forze russe. Nel caso di Ugledar, seguire le linee di alberi porta direttamente alle dacie, che diventano quindi il punto focale naturale di qualsiasi tentativo di avanzata su Ugledar stesso.

 

L’altra caratteristica molto rilevante è una grande miniera di carbone situata a circa un miglio e mezzo a nord-est di Ugledar, lungo la strada. Questa miniera di carbone (anche se non è il pozzo in sé, quanto il complesso di edifici industriali che la circondano) è una posizione ucraina sussidiaria con una propria guarnigione ed elementi logistici.

Così, otteniamo uno spazio di battaglia che si presenta in questo modo:

Con questa comprensione degli aspetti spaziali e geografici, possiamo esaminare la battaglia in corso per Ugledar. Il 25 gennaio, le forze russe sono uscite da Pavlivka e Mykils’ke e hanno preso d’assalto Ugledar, raggiungendo rapidamente le dacie e sgomberandole in gran parte. A questo punto sono stati confermati i combattimenti all’interno di Ugledar stessa, anche se è probabile che l’intenzione russa non fosse quella di assaltare la città blocco per blocco, ma piuttosto di tagliarla fuori (ci sono in realtà solo due strade che portano a Ugledar sotto il controllo ucraino) e costringere gli UA a ritirarsi attraverso un rapido avvolgimento.

 

Questa ondata iniziale russa sembra aver colto di sorpresa gli ucraini, vista la velocità con cui sono riusciti a liberare le dacie e ad avanzare fino alla periferia orientale di Ugledar. Un ufficiale del 105° Reggimento DNR, che ha partecipato a questo primo assalto, ha dichiarato ai corrispondenti russi di ritenere che il gruppo ucraino a Ugledar potesse essere terminato con una forte spinta durante la notte e che sarebbe stato lanciato un ultimatum alla resa (indicando che prevedevano di avvolgere la città).

A questo punto gli ucraini hanno risposto rapidamente e con grande forza. Qui sono entrati in gioco alcuni fattori. In primo luogo, il comando ucraino considera Ugledar una posizione prioritaria e ha inviato quasi immediatamente riserve nella città (fonti ucraine affermano che le riserve destinate all’asse di Kreminna sono state reindirizzate).

 

In secondo luogo, l’Ucraina beneficia di batterie di artiglieria a Kurakhove, una quindicina di chilometri a nord. Questo spinge all’estremo le gittate di alcuni sistemi, ma Kurakhove è una posizione di tiro forte perché permette all’Ucraina di coprire sia il settore di Ugledar che quello di Marinka. Se ricordate il rigonfiamento della linea che abbiamo notato in precedenza, Kurakhove è una sorta di punto di fuoco girevole che consente all’artiglieria ucraina di raggiungere il perimetro del rigonfiamento.

 

Infine, e forse la cosa più importante, la forza d’assalto russa ha trascurato di attaccare o almeno sopprimere la miniera di carbone a nord-est di Ugledar. Le forze ucraine sono state in grado di organizzare un rapido contrattacco, che è arrivato con un angolo obliquo verso le dacie. Una volta che le riserve arrivarono a Ugledar e contrattaccarono anch’esse, le truppe russe furono costrette a combattere per la loro posizione nelle dacie.

Il rapido contrattacco dell’Ucraina, la copertura dell’artiglieria da Kurakhove e l’arrivo delle riserve hanno messo fine alla possibilità della Russia di sopraffare Ugledar nella prima ondata, e la battaglia si è ora trasformata in un affare molto più grande, con più forze impegnate da entrambe le parti. La lotta si è concentrata in gran parte sulle dacie e, naturalmente, sulle linee di alberi che costituiscono le vie di avanzamento per entrambe le parti. Le immagini satellitari mostrano che i bombardamenti si sono concentrati lungo queste linee di alberi.

8 Immagini satellitari Maxar degli impatti del bombardamento

Ancora più incisivi, forse, sono stati gli sforzi intensivi degli ucraini per minare gli avvicinamenti, anche con mine posate a distanza (in sostanza, i proiettili di artiglieria vuoti vengono riempiti con una pila di mine e spargono le piccole bestiole dappertutto). Data la difficoltà di avvicinarsi a Ugledar in campo aperto, anche in assenza di mine, e la natura limitata e lineare dei percorsi di avvicinamento, un assalto diretto a Ugledar è a questo punto una follia, e sembra che la Russia non ci stia più provando.

 

La battaglia sembra subire un netto cambiamento. Due elementi in particolare spiccano: in primo luogo, le forze ucraine non solo sono avanzate attraverso le dacie, ma sono persino riuscite ad attraversare il campo verso Pavilvka e Mykils’ke, tenute dai russi. In secondo luogo, però, le forze russe stanno mantenendo le posizioni e si stanno spingendo verso il margine orientale delle dacie e hanno portato rinforzi attraverso Mykils’ke.

 

Ciò suggerisce il seguente schema, a grandi linee. Gli sforzi russi sembrano ora spostarsi da Ugledar verso la miniera di carbone. Questo isolerebbe ulteriormente la guarnigione di Ugledar e posizionerebbe le forze russe per avvolgerla da est. Contemporaneamente, però, le forze russe sembrano aver rinunciato all’avvicinamento a Ugledar, permettendo agli ucraini di uscire.

 

Qualche giorno fa, alcune fonti ucraine affermavano trionfalmente di aver raggiunto il fiume Kashlahach. Questo mi ha sorpreso immensamente: avanzare così tanto è una pessima idea per gli ucraini. È estremamente improbabile che l’Ucraina possa attaccare con successo in questa direzione: Pavlivka e Mykils’ke sono entrambe sotto il controllo consolidato dei russi e, cosa forse più importante, l’autostrada principale che rifornisce queste città è dietro il fiume. Se l’Ucraina sceglie di attaccare, tutte le difficoltà del terreno sopra menzionate giocano a favore dei russi, e saranno gli ucraini a tentare di proiettare una forza attraverso il campo lungo quelle strette linee di alberi, senza modo di schermare o tagliare.

Inoltre, la via di accesso per gli ucraini si trova tra le due città tenute dai russi. Qualsiasi attacco ucraino di successo richiederebbe quindi di forzare un fiume sotto la minaccia di essere avvolti. In definitiva, la decisione migliore per gli ucraini sarebbe quella di non andare oltre le dacie e di rimanere al sicuro all’ombra di Ugledar. Ma se vogliono uscire dal campo in una zona di morte, sospetto che i russi siano felici di lasciarli fare mentre preparano i lavori alla miniera di carbone.

 

Ugledar si è presentata finora come una battaglia affascinante e ferocemente combattuta. L’ondata iniziale russa verso la città non è stata caratteristica di un esercito russo che ha dimostrato di preferire un movimento metodico e lento. Allo stesso tempo, non si può negare che l’Ucraina abbia contestato l’attacco russo in modo deciso e intelligente. I media e la propaganda hanno cercato di dipingere la battaglia come la scena di orribili perdite russe. È stato affermato, ad esempio, che l’intera 155a Brigata dei Marines è stata distrutta. Questo, inutile dirlo, è un po’ difficile da credere, dato che la 155a Brigata dei Marines sta ancora combattendo attivamente in questo settore e continuano a emergere filmati di combattimento. Curiosamente, anche questa brigata sarebbe stata distrutta a novembre in un presunto tentativo fallito di catturare Pavlivka, ma alla fine né la distruzione della brigata né il fallimento dell’attacco si sono rivelati veri. Oh, bene.

 

Detto questo, le perdite russe sono reali – probabilmente dell’ordine di 300-400 uomini e qualche decina di veicoli assortiti, ma questa è semplicemente la realtà di un combattimento ad alta intensità. Le perdite ucraine in questo settore sono altrettanto intense, e il successo della stabilizzazione del fronte ha costretto il comando ucraino a distrarre le proprie riserve da altri settori critici del fronte. Forse ancora più importante, l’afflusso di forze ucraine in questo settore ha cambiato completamente il calcolo della battaglia, con la Russia che ha portato più armi pesanti e ha creato un’altra fossa della morte.

 

Il futuro di Ugledar rimane nebuloso. Questa mattina (24 febbraio) sono stati diffusi nuovi filmati che mostrano gli attacchi aerei russi sulle posizioni ucraine intorno alla miniera di carbone, suggerendo che potrebbero effettivamente procedere con un tentativo di assalto alla miniera e di avvolgere Ugledar da est. È anche possibile che Ugledar diventi l’ennesima battaglia posizionale, che potrebbe essere annullata per gli ucraini da un’avanzata russa altrove. Se, ad esempio, i russi rompono la linea ucraina a Marinka e avanzano per minacciare Kurakhove, Ugledar potrebbe perdere il vitale ombrello di artiglieria che ha reso possibile il successo della difesa.

 

Per ora, questa battaglia è affascinante perché riduce l’intero dramma della guerra a una scala molto piccola. Decine di migliaia di uomini si sono sfidati coraggiosamente in un’arena di non più di quindici miglia quadrate, e in molti casi la vita e la morte sono state decise dal controllo di uno stretto sentiero sterrato sotto una fila di alberi.

 

In mezzo alle dichiarazioni altisonanti della leadership politica e all’infinito agitarsi per le grandi frecce disegnate sulla mappa, ci fa bene ricordare che il destino del mondo è costruito sugli sforzi individuali accumulati da questi coraggiosi soldati. Indifferenti alle infinite chiacchiere sugli obiettivi di guerra e alle inani chiacchiere sull'”ordine internazionale basato sulle regole”, sul multipolarismo e sui banali interessi geopolitici, gli eventi sul campo sono portati avanti da uomini i cui obiettivi di guerra sono davvero molto semplici. Nelle steppe pontiche innevate intorno a Ugledar, ciò che il guerriero desidera più di ogni altra cosa è non essere colpito.

Cicatrici dell’Impero: Moldavia e Transnistria

Forse uno degli sviluppi più notevoli delle ultime settimane è stato l’emergere simultaneo di due presunti complotti per allargare il conflitto. Il 21 febbraio, il governo ucraino ha affermato di essere in possesso di informazioni di intelligence secondo le quali la Russia avrebbe pianificato di perpetrare un “colpo di Stato” in Moldavia sequestrando l’aeroporto della capitale Chișinău e inserendovi truppe tramite un ponte aereo. Nel giro di 24 ore, la Russia ha replicato affermando che l’Ucraina si stava preparando a invadere il territorio interstiziale e giuridicamente ambiguo noto come Transnistria.

 

Probabilmente tutto questo è molto confuso per gli osservatori occasionali. Se la storia e/o la politica dell’Europa orientale non sono la vostra tazza di tè, allora probabilmente avrete sentito parlare della Moldavia solo di sfuggita e forse non avrete mai sentito parlare della Transnistria, quindi potrebbe essere utile una breve incursione nel contesto storico.

9 Un nido russo di detriti imperiali

La Moldavia è uno di quei piccoli Stati predestinati a essere una scheggia geopolitica. I moldavi stessi (come ethnos o popolo) sono in realtà un derivato dei rumeni – la supermaggioranza del Paese parla rumeno e la religione dominante è l’ortodossia orientale in rumeno liturgico. Dal punto di vista genetico, i moldavi sembrano avere più ascendenze slave dei romeni propriamente detti, ma questo forse esula dallo scopo di questo piccolo saggio.

 

In ogni caso, la domanda che sorge spontanea è: perché la Moldavia è una cosa, invece di essere semplicemente una bella provincia costiera della Romania? La risposta, in breve, è che lo Stato si trova contemporaneamente in due importanti punti di convergenza, uno politico e uno geografico.

 

Dal punto di vista politico (cioè storico), la Moldavia si trovava in una sorta di tessuto connettivo in cui tre grandi imperi si fronteggiavano: l’impero russo, quello ottomano e quello austriaco. In particolare, per gran parte della storia moderna il territorio dell’attuale Moldavia si trovava direttamente al confine tra l’Impero russo e quello ottomano ed era quindi molto ambito. L’appetibilità di questa piccola regione litosferica era ulteriormente rafforzata dalle sue qualità geografiche. Molto semplicemente, la Moldavia occupa un territorio storico noto come Bessarabia, che comprendeva il divario facilmente attraversabile tra i Carpazi e il Mar Nero.

 

La Bessarabia (la futura Moldavia) è stata oggetto di continue brame e passaggi di mano, con le potenze russa e ottomana che desideravano controllare quel corridoio cruciale tra le montagne e il mare. L’emergere di uno Stato rumeno indipendente nell’Ottocento complicò ulteriormente le cose, con un’altra parte che desiderava questo appezzamento strategico. Alla fine, la Seconda guerra mondiale pose fine alla controversia, con l’Unione Sovietica vittoriosa che piantò la falce e il martello sul Varco di Bessarabia con la creazione della Repubblica Socialista Sovietica Moldava. La questione moldava era risolta… per un certo periodo.

 

Il muro di Berlino cadde. L’Unione Sovietica cominciò a dissolversi e il futuro politico della Moldavia divenne di nuovo una questione aperta. Nel giugno 1990, la Repubblica moldava divenne una delle tante a voler lasciare l’Unione, ma non tutti erano d’accordo. I lealisti sovietici e i russi etnici che vivevano in Moldavia si ribellarono al pensiero di lasciare l’Unione e di essere lasciati soli in uno Stato a maggioranza rumena, e in risposta dichiararono la formazione della Repubblica Socialista Sovietica Moldava Pridnestroviana, che presto sarebbe stata meglio conosciuta come Transnistria.

 

Il nome Transnistria è in realtà molto utile e descrittivo. Derivato da “Trans-Dniester”, si riferisce letteralmente a una striscia di terra tra il fiume Dniester e il confine moldavo, che si è staccata dalla Moldavia nel 1990 e ha dichiarato un impegno costante nei confronti dell’URSS. Sorge quindi una domanda piuttosto singolare: la Transnistria è un’entità lealista o separatista? Dal punto di vista di Mosca, le autorità della Transnistria sono lealisti che hanno rifiutato di aderire all’uscita della Moldavia dall’URSS. Per i moldavi, ovviamente, i transnistriani sono separatisti. Il modo in cui saranno considerati dalla storia sarà quasi certamente determinato da chi vincerà o perderà la lotta per il potere nell’Europa orientale.

 

Tutto questo per dire che ora ci sono due staterelli sul litorale del Mar Nero che rappresentano dei detriti imperiali. La Moldavia è uno Stato di etnia rumena che occupa la maggior parte dello spazio tra i Carpazi e il Mar Nero, mentre la Transnistria è uno pseudo-Stato filo-russo che si è staccato dalla Moldavia durante il crollo sovietico. Ora, nel febbraio 2023, l’Ucraina e la Russia si accusano a vicenda di complottare per invadere questi piccoli lembi di schegge geopolitiche.

 

Cominciamo con la questione della Transnistria. Due sono le domande più importanti: perché l’Ucraina vorrebbe invadere la Transnistria e se tale tentativo avrebbe successo.

 

Il motivo dell’invasione della Transnistria da parte dell’Ucraina è alquanto confuso. Molti hanno suggerito che l’Ucraina potrebbe essere motivata a impadronirsi del contenuto del deposito di munizioni Cobasna della Transnistria – un tempo supporto logistico per la 14a Armata della Guardia sovietica che era di stanza nella regione. Oggi, il deposito di Cobasna è una delle più grandi discariche di munizioni in Europa, con fino a 20.000 tonnellate di munizioni di epoca sovietica ancora presenti. Poiché è stato riferito che l’Ucraina è disperatamente a corto di munizioni, la struttura di Cobasna è forse un bersaglio sufficientemente attraente da solleticare lo stato maggiore ucraino, anche se è improbabile che l’intero contenuto del deposito sia utilizzabile. Molte delle munizioni sono probabilmente obsolete a causa dell’età e dell’incuria, ma è probabile che ci sia ancora una scorta significativa di ordigni utilizzabili. Il fatto che il deposito di munizioni si trovi a meno di tre miglia dal confine ucraino fa salire il fascino a livelli forse irresistibili.

10 L’impianto di Cobasna

La Transnistria, ovviamente, non è esattamente indifesa. Essendo più o meno uno staterello formatosi attorno ai resti dell’Armata Rossa, è molto più militarizzata di quanto ci si aspetterebbe da una regione con meno di mezzo milione di abitanti. In effetti, la Transnistria ha più equipaggiamento pesante della Moldavia e può schierare una manciata di brigate di fanteria motorizzata passabili. In Transnistria è presente anche una guarnigione di soldati russi, anche se questi sono relativamente poco equipaggiati e sono stati dispiegati soprattutto come forza di interdizione in tempo di pace.

 

Il verdetto sulla Transnistria è che è combatte di sopra della sua categoria di peso, e probabilmente è una noce molto più difficile da rompere di quanto si possa pensare inizialmente, ma è isolata e non sarebbe in grado di resistere a un attacco ucraino determinato in circostanze normali, anche se a questo punto non è chiaro che tipo di risorse Kiev potrebbe dedicare a quello che equivarrebbe a un raid armato per rubare munizioni.

11 Le gloriose e invincibili armate della Transnistria

Detto questo, dobbiamo ricordare che il deposito di munizioni di Cobasna si trova molto vicino al confine ucraino e la sua messa in sicurezza non richiederebbe la pacificazione di tutta la Transnistria. L’esercito ucraino dovrebbe semplicemente proteggere un saliente a pochi chilometri di profondità e schermare il deposito dalla vicina città di Ribnita mentre trasferisce il suo contenuto in Ucraina. Sarebbe difficile per le forze della Transnistria contestare un obiettivo così vicino al confine ucraino, ed è quindi molto probabile che siano già state prese misure per distruggere il deposito di munizioni in caso di incursione ucraina – un atto che potrebbe produrre un’esplosione delle dimensioni della bomba atomica di Hiroshima, anche se senza le fastidiose radiazioni.

 

Questo suggerisce un paradosso. Il deposito di Cobasna è così vulnerabile a un’incursione ucraina che cessa di diventare un obiettivo realistico, poiché verrebbe semplicemente fatto esplodere nel momento in cui gli ucraini vi si avvicinano. L’Ucraina si troverebbe quindi ad affrontare un nuovo inutile fronte nelle sue retrovie, che quasi certamente richiederebbe unità regolari ucraine (non solo di difesa territoriale) per essere pacificato.

 

Questo ci riporta alla Moldavia. La questione della Transnistria è delicata per la Moldavia, che vede il piccolo staterello transnistriano come una provincia separatista moldava e tende a considerarla come un meccanismo russo per dispiegare truppe in avanti e fare pressione sul governo moldavo. Non è del tutto corretto considerare la Transnistria come una sorta di complotto russo, semplicemente perché la creazione della Transnistria è stata il risultato di un’azione spontanea nella regione stessa e non diretta centralmente da Mosca, ma è senza dubbio un punto dolente per la Moldavia.

 

Per questo motivo l’Ucraina ha costantemente inquadrato la questione della Transnistria come “di competenza della Moldova”. In altre parole, l’Ucraina probabilmente esiterà a muoversi in Transnistria nel nudo tentativo di rubare le scorte di Cobasna – vorrebbe invece dipingere il suo intervento come una richiesta del governo moldavo – “questa è terra della Moldova, e noi interveniamo su loro richiesta per aiutarli a riprendersela“. Questo è probabilmente il motivo per cui l’Ucraina ha affermato che esiste un presunto piano russo per rovesciare il governo moldavo – vorrebbero creare un ambiente politico in cui la Moldavia dia il via libera a un intervento in Transnistria e partecipi con le proprie forze.

 

Facciamo il punto della situazione e cerchiamo di capire cosa sta succedendo con queste voci. L’allargamento della guerra alla Moldavia e alla Transnistria non risponde agli interessi russi. Qualsiasi operazione che avvenga sull’asse della Transnistria sarebbe molto difficile da gestire per la Russia, poiché dovrebbe essere sostenuta interamente da trasporti aerei, e ancora più specificamente da sorvoli del territorio ucraino o moldavo.

 

Nel frattempo, la Moldavia vuole quasi certamente mantenere la sua neutralità (che è codificata nella costituzione del Paese ed è il motivo per cui il Paese non è membro della NATO) ed è quindi altamente improbabile che dia il via libera a una mossa ucraina in Transnistria in assenza di una qualche precedente provocazione russa.

 

In definitiva, l’unica parte che sembrerebbe trarre vantaggio dall’allargamento del conflitto allo spazio moldavo sarebbe l’Ucraina, sia perché brama il deposito di Cobasna, sia perché l’allargamento del conflitto è generalmente un obiettivo ucraino – nel loro calcolo grossolano, qualsiasi escalation che aumenti la probabilità di un intervento occidentale diretto è vantaggiosa. La Moldavia, ovviamente, non è un membro della NATO, ma senza dubbio l’Ucraina vorrebbe innescare un’espansione a spirale del teatro e vedere se, ad esempio, la Romania può essere trascinata in guerra. Detto questo, Kiev dovrebbe probabilmente aspettarsi che il deposito di Cobasna venga semplicemente fatto esplodere nel momento in cui si muove su di esso, rendendo l’intero progetto uno spreco di risorse mal concepito.

 

Nel complesso, sono scettico che si verifichi qualcosa su questo fronte. Il puntare contemporaneamente il dito da parte di Mosca e Kiev ricorda molto il periodo dell’anno scorso in cui entrambe le parti hanno iniziato ad accusare simultaneamente l’altra di complottare per far esplodere una bomba sporca. L’Ucraina cerca di fabbricare una crisi per aumentare l’urgenza in Occidente e fomentare il panico e la distrazione in Russia, e la Russia risponde con controaccuse e gestione dell’escalation. Soprattutto, questo ci ricorda che per l’Ucraina – che dipende interamente dai suoi benefattori occidentali per sostenere la sua attività bellica – questa guerra si combatte davanti a un pubblico.

 

Sono stato abbastanza coerente fin dall’inizio nel dire che mi aspetto che la guerra in Ucraina venga combattuta fino alla sua conclusione e che rimanga un conflitto convenzionale contenuto – vale a dire, non mi aspetto né l’uso di armi nucleari né l’entrata in guerra di altri belligeranti, siano essi la Bielorussia, la Polonia, la Moldavia o la NATO vera e propria. Credo che abbiamo già visto l’entità qualitativa del coinvolgimento esterno nella guerra – la NATO che fornisce addestramento, ISR, armi, manutenzione e supporto, la Bielorussia che viene utilizzata per gli schieramenti russi e gli alleati russi come la Cina e l’Iran che forniscono principalmente armi di distanza. Per ora, nessuno degli sviluppi intorno alla Transnistria sembra sconvolgere in modo credibile questo calcolo. Per ora, aspettiamo di vedere se la carenza di munizioni degli ucraini diventerà così grave che non potranno fare a meno di fare un salto al deposito Cobasna.

Sommario: La vita nella fossa della morte

Per chi siede al sicuro nella propria casa lontano dal Donbass, è facile banalizzare i combattimenti in corso come poco importanti, semplicemente perché luoghi come Ugledar, Bakhmut e la fascia forestale a sud di Kreminna non sembrano particolarmente importanti. Questo, ovviamente, è piuttosto sciocco. Ciò che rende importante un luogo, in quel contesto unico e nell’ambito della nuova logica strategica della guerra, è il fatto che due corpi ostili di uomini armati vi si scontrano. La storia è piena di ricordi di questo tipo: Gettysburg, Stalingrado e Điện Biên Phủ non erano particolarmente importanti di per sé, ma hanno assunto un’importanza spropositata perché lì si trovava il nemico.

 

La vittoria in Ucraina sarà conquistata quando l’uno o l’altro esercito avrà perso la capacità di opporre resistenza armata – a causa della rottura della volontà politica, della distruzione di equipaggiamenti pesanti, della distruzione dei mezzi di sostentamento o delle perdite di uomini. La parola “logoramento” è diventata piuttosto comune e viene abitualmente usata in riferimento all’attuale approccio russo, ma pochi vogliono contemplare cosa significhi veramente – perché implica, soprattutto, l’uccisione di un gran numero di soldati ucraini, la caccia e la distruzione di sistemi critici come l’artiglieria e la difesa aerea, e la messa fuori uso delle retrovie ucraine. Dove combattere meglio che a Bakhmut, dove la fanteria ucraina sopravvive per poche ore in prima linea?

 

Il comando russo potrebbe forse parafrasare il tenente colonnello americano Hal Moore, che notoriamente disse del Vietnam: “Per Dio, ci hanno mandato qui per uccidere i comunisti ed è quello che stiamo facendo”.

 

Una delle grandi peculiarità di questa guerra è il grado di dipendenza di Kiev dall’aiuto occidentale per sostenere la sua azione bellica. Questo è per certi versi sia un vantaggio che uno svantaggio per la Russia. Gli svantaggi sono evidenti, in quanto mettono la maggior parte dell’ISR, della produzione di armamenti e del sostegno dell’Ucraina al di fuori della portata della Russia. Mosca non può certo iniziare ad abbattere gli aerei AWAC americani o a bombardare le strutture della Lockheed Martin, quindi da questo punto di vista la dinamica della guerra conferisce all’Ucraina una resilienza strategica unica. Ma il rovescio della medaglia è che l’Ucraina non è veramente sovrana, come lo è la Russia con la sua produzione bellica interamente interna.

 

Poiché l’Ucraina dipende dall’assistenza straniera per continuare la sua guerra, deve essere costantemente in una modalità performativa e sotto pressione per ottenere successi visibili. Per questo si prevede che l’Ucraina utilizzerà i veicoli attualmente in consegna per lanciare una controffensiva contro il ponte di terra verso la Crimea. Non ha davvero scelta. Al contrario, la Russia non è sottoposta ad alcuna pressione temporale intensa, se non quella che si impone da sola, e questa libertà d’azione le consente il lusso (fintanto che gli eventi sul campo di battaglia non la interrompono) di mettere a punto una revisione organizzativa e di resistere alla tentazione di muoversi prematuramente.

 

Naturalmente sarebbe molto meglio non avere problemi organizzativi, ma il discernimento rimane la parte migliore del valore. E per ora non c’è molta fretta, perché l’intero fronte è diventato una fossa della morte che assorbe uomini ed equipaggiamento ucraino, e priva gli ucraini di riserve e di iniziativa.

 

Il mondo vano che abitiamo in Occidente viene messo a nudo dalla realtà della vera potenza. Dopo l’ennesimo impotente voto di condanna alle Nazioni Unite e la visita a Kiev del gerontocrate preferito dagli americani, l’interesse dei chierici occidentali per la guerra d’Ucraina non mostra segni di cedimento, ma forse stanno gradualmente prendendo coscienza che si tratta di un piano dell’esistenza che non possono comprendere, né tanto meno influenzare. Possono solo osservare.

 

Nella foresta intorno al Donets, nella steppa di Ugledar e nella trappola mortale di Bakhmut, le parole contano poco. In effetti, il potere distruttivo ora all’opera è così grande che anche le azioni dei singoli possono fare ben poco per modificare il corso della battaglia – eppure, da entrambe le parti, uomini di volontà superiore continuano a eseguire i loro compiti, dimostrando disciplina e coraggio al cospetto della costante possibilità di morire. Questi uomini di ferro sono forse al di là della comprensione delle culture postmoderne, ma sono loro che determineranno il destino dell’Ucraina e della Russia.

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Slittamento di paradigma Paradossi, nonsense e pericoli di una svolta storica, di Piero Pagliani

Su questo link http://italiaeilmondo.com/2023/02/28/la-svolta-storica-della-fase-multicentrica-di-luigi-longo/ una prima considerazione sul saggio di Pagliani. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Nell’analisi che segue enuncio quelli che mi sembrano dei dati di fatto, tiro alcune somme, pongo una domanda per rispondere alla quale avanzo un’ipotesi sull’oggi e due sul domani concludendo con un’assunzione che in modo irrituale espongo alla fine e non all’inizio. In specifico:

Primo dato di fatto: la guerra contro Kiev ha sancito la fine del monopolio statunitense della violenza planetaria.

Secondo dato di fatto: la guerra stessa ha neutralizzato le sanzioni contro la guerra perché ha ampliato istantaneamente il campo d’attrazione russo.

Terzo dato di fatto: La Russia ha trasformato in una guerra sistemica quella che per lei è alla base una guerra esistenziale.

Prima conclusione: gli Stati Uniti stanno giocando la propria egemonia globale sul terreno più favorevole al proprio avversario, quello che lo ha sempre visto vincitore.

Ipotesi dello sfasamento cronologico: Lo sviluppo ineguale e i meccanismi del circuito globalizzazione-finanziarizzazione hanno suddiviso il mondo in due parti con processi di accumulazione disallineati, cosa che ha portato a una sfasatura rispetto al loro posizionamento nella crisi sistemica: economie finanziarizzate quelle più mature (Occidente collettivo) ed economie reali quelle più giovani (Sud collettivo).

La domanda fondamentale: si tratta solo dello scontro tra blocchi con sviluppo disallineato (cosa che lo avvicinerebbe a un classico conflitto interimperialistico) o da questo conflitto sistemico uscirà (obbligatoriamente?) uno scenario socio-economico che poggia su basi diverse?

Quinto dato di fatto: una nazione oggi può essere egemone globalmente solo a costi altissimi e quindi per un periodo molto limitato di tempo.

Ipotesi sulla conseguenza del quinto dato di fatto: dallo scontro sistemico attuale uscirà un ordine multipolare, cioè non ruotante attorno a un unico centro egemone.

Ipotesi derivata: nel mondo multipolare i rapporti sociali ed economici saranno sensibilmente diversi da quelli che hanno dominato fino ad oggi, oppure il mondo multipolare si esaurirà in un nuovo e più ampio scontro.

Assunzione: Se si rimetterà al centro di questa architettura l’accumulazione senza (un) fine tutte le contraddizioni riemergeranno, ancora più gigantesche e in condizioni che renderanno la loro soluzione ancora più difficile.

 

1. L’ammiraglio statunitense Robert Bauer, presidente del Comitato militare dell’alleanza Atlantica, ha dichiarato alcuni giorni fa che la Nato «è pronta per un confronto diretto con la Russia». Questa dichiarazione segue di pochi giorni la previsione del generale a 4 stellette Mike Minihan riguardo una guerra con la Cina tra due anni. Immediatamente dopo il segretario della Nato, Jens Stoltenberg ha iniziato a preparare il terreno per trascinarci piano piano nel delirio ventilando che sebbene la Cina non sia un avversario della Nato, «la sua crescente assertività e le sue politiche coercitive hanno delle conseguenze». Parole che, in un gioco di squadra, si inserivano nella scia delle accuse di Ursula von der Leyen contro Pechino, rea di voler «rimodellare l’ordine internazionale a proprio vantaggio [così che] dobbiamo rafforzare la nostra resilienza», sottraendoci in modo crescente alla dipendenza dal commercio con la più grande economia mondiale a parità di potere d’acquisto (PPP) [1].

Seppure la minaccia di confronto diretto con la Russia e l’ipotesi di guerra con la Cina sembrino due follie o addirittura due nonsense, tuttavia hanno entrambe, separatamente e congiuntamente, una logica. O meglio una doppia logica i cui due versanti non sono sempre semplici da discernere, sia per la confusione di interessi che essi rappresentano, sia per la situazione caotica della politica statunitense.

Le due dichiarazioni hanno evidentemente degli scopi, non sono state rilasciate con leggerezza.

Uno di essi è mantenere i membri della Nato in stato di soggezione tramite una sorta di mobilitazione permanente e l’evocazione continua di nemici comuni. E’ una mossa classica, prima l’Unione Sovietica, poi il terrorismo, oggi la Russia e domani la Cina. Tuttavia ripetere la stessa mossa in condizioni drasticamente mutate può portare a risultati opposti a quelli sperati.

Io sono convinto che alle varie cancellerie europee arrivino (anche) notizie veritiere su cosa sta succedendo nel mondo e in Ucraina in specifico [2]. La domanda più immediata è allora: a parte il governo polacco benedetto da Radio Maria, quanti paesi della Nato se la sentono di fare una guerra senza speranza alla Russia per difendere gli interessi di alcune élite cosmopolite che fanno capo agli Stati Uniti e distruggere definitivamente i propri di interessi?

Ce la sentiremo di difendere la traballante egemonia mondiale di un Paese disastrato, che sta perdendo la sua ciambella di salvataggio, cioè il predominio del Dollaro, e che ci sta spingendo alla rovina assieme a lui e prima di lui? [3]

Ce la sentiremo di andare a combattere a migliaia di chilometri di distanza, in Ucraina e nel Mar Cinese Meridionale, minacciando l’integrità della Russia e della Cina nei loro stessi giardini di casa se non addirittura sul loro stesso territorio e sui loro mari? Che tradotto vuole anche dire: ce la sentiremo di sfidare per l’ennesima volta le lezioni della Storia, proprio mentre la congiuntura storica stessa è tutta a nostro sfavore?

 

2. Le risposte dipendono dal concorso di ciò che succede in varie dimensioni.

Una dimensione è legata al caso (qualche incidente può sempre esserci quando si gioca con l’alta tensione, qualche disastro naturale può sempre avvenire), mentre un’altra dimensione è legata alla personalità e alla caratura dei governanti occidentali, purtroppo drammaticamente bassa in termini di rettitudine, preparazione, capacità di analisi, e consiglieri di cui si circondano. Possiamo chiamarle “gruppo di dimensioni A” (da “aleatorie”, anche se in realtà sono semi aleatorie, dato che raramente i “disastri naturali” sono esclusivamente naturali ed è il sistema che seleziona le classi dirigenti, le coopta). Un’altra dimensione riguarda i rapporti di forza militari tra la potenza delle parti in conflitto. La chiameremo “dimensione V” (da “violenza” – credo che sia il termine più onesto). Collegata ad essa abbiamo i rapporti di forza economico-finanziari che costituiscono la “dimensione D” (da “denaro”). Infine abbiamo la differenza delle loro strutture sociali e politiche, una dimensione che non è meccanicamente deducibile dalla dimensione D, ma è ovviamente ad essa collegata; la chiameremo “dimensione T” (da “territorio”). Alla base di tutto ci sono i differenti rapporti sociali (chiamati spesso, in modo inesatto, “modelli di sviluppo”).

Collettivamente possiamo allora chiamare il compito di analisi “AVDT” e consiste nello sbrogliare il groviglio esistente individuando dove agiscono, come agiscono e come evolvono le varie dimensioni sopra accennate, descrivendo al meglio tramite esse le parti che si contrappongono, i motivi della contrapposizione (le sue origini storiche e logiche) e, infine, cercare di capire cosa uscirà da questo confronto, non per divinazione ma per applicazione della razionalità all’analisi dei processi in essere.

Un compito difficile, ma per fortuna ci sono lavori che aiutano a non brancolare del tutto nel buio. Sto parlando delle classiche analisi di Lenin, di Rosa Luxemburg, di Karl Polanyi, di Giovanni Arrighi e Samir Amin, della coppia Shimshon Bichler-Jonathan Nitzan, di David Harvey, di Jason Moore, di Gianfranco La Grassa e di Michael Hudson e, in Italia, delle recenti proposte interpretative di Raffaele Sciortino, Pierluigi Fagan, Gianfranco Formenti, del gruppo Brancaccio-Giammetti-Lucarelli, per fare alcuni nomi e, di nuovo, di Michael Hudson e di altri autori, spesso apparsi su Sinistra-in-rete, che coi loro contributi permettono di gettare luce su un aspetto o l’altro di questo complesso problema [4].

Purtroppo, non essendoci un organismo coordinante, questi contributi non riescono a consolidarsi in una lettura, per l’appunto, organica. E questo è un problema squisitamente politico. Se la guerra in Ucraina ha fornito la scusa per ampliare e approfondire l’emarginazione e addirittura la criminalizzazione delle voci dissenzienti, la nostra capacità di opporci a quello che ormai a tutti gli effetti è un regime totalitario, nel senso che impone una visione totale del mondo (sociale, politica, economica, scientifica e valoriale), è indebolita dalla suddivisione in una miriade di “voci” che non si coordinano nelle modalità di presentazione e rimangono scollegate [5]. Queste voci presentandosi prive di un moderatore politico che quanto meno le inquadri e le metta in correlazione le une con le altre, appaiono isolate anche quando concordano tra loro e anche quando sono offerte in un unico involucro, come ad esempio un medesimo portale (cosa in sé meritoria). Anche questo è un segno dei tempi.

Oltre che a rimandare alla bibliografia (che si trova agevolmente sul web) dei singoli autori sopra citati e a raccomandare la visita a portali come questi, l’esposizione che segue è in forma di note dove le varie dimensioni saranno implicite e non chiamate per nome.

 

3. La Nato che affronta direttamente la Russia e muove guerra alla Cina è un’idea folle. Tuttavia è veramente il sogno proibito dei crazy freaks neo-liberal-con al potere attualmente a Washington. Per gli ambienti statunitensi meno psicopatici è invece una minaccia per cercare di compattare gli alleati, far vedere al mondo che non si intende cedere il posto di comando e infine per spaventare Mosca e cercare di farle accettare un compromesso ed evitare il completo collasso dell’Ucraina (con eventuale spartizione tra Russia, Polonia, Ungheria e Romania) e quindi l’umiliazione dell’Alleanza Atlantica.

Una richiesta di compromesso che Mosca ha già rinviato al mittente perché giudicata poco seria, specialmente dopo l’ammissione occidentale (Hollande e Merkel riguardo gli accordi di Minsk) che noi tradiamo i patti in modo premeditato (da parte Russa potrebbe essere una scusa, o meglio un utilizzo ai propri fini della sbalorditiva provocazione franco-tedesca istigata dalla Nato).

Bisogna anche sottolineare che le politiche di sicurezza nazionale svolgono un ruolo di potente barriera unitaria protezionistica militare ed economica. Da questo punto di vista, per gli Stati Uniti il conflitto attuale è un mezzo per perseguire un fine economico più ampio dell’ovvio arricchimento dell’apparato industriale-militare: cercare di re-industrializzarsi ai danni principalmente dell’Europa.

Dualmente, l’innalzamento di una barriera unitaria protezionistica militare ed economica è stata per la Russia e la Cina una reazione obbligata all’aggressività statunitense, che ha creato ex novo percorsi che non erano previsti, ha accelerato tendenze latenti che avevano altre tempistiche o sbloccato processi che altrimenti difficilmente avrebbero visto la luce. E tutto questo si riversa e riverbera nella configurazione sociale, economica e politica dei due principali Paesi competitor degli Stati Uniti.

Siamo di fronte alla “larger picture”, cioè al quadro di quanto succede al di fuori dell’Ucraina, il quadro che spiega la guerra e che a sua volta è influenzato da ciò che avviene sui campi di battaglia. Per inserire il conflitto armato stesso nella larger picture occorre per prima cosa, accettare quanto segue:

Primo dato di fatto: la guerra contro Kiev ha sancito la fine del monopolio statunitense della violenza planetaria.

Questo è uno dei monopoli fondamentali del dominio mondiale. Gli altri sono quello dell’accesso alle fonti energetiche e alle altre risorse fondamentali (come il settore chimico-agricolo-farmaceutico), quello dei sistemi finanziari e di pagamento, quello della cultura e dell’informazione/comunicazione e infine quello dell’innovazione scientifica e tecnologica. Monopoli diversi ma collegati tra loro.

Questo collegamento spiega la famosa “resilienza” (termine che detesto) della Russia:

Secondo dato di fatto: la guerra stessa ha neutralizzato le sanzioni contro la guerra perché ha ampliato istantaneamente il campo d’attrazione russo.

E’ un’osservazione che vale in questo caso, non in generale. Un paradosso, nel senso di contraddizione reale, che non può essere né concepito né spiegato se non si ha una visione sistemica degli eventi. Infatti gli esperti occidentali di scuola canonica (economisti, politologi, geostrateghi e chiromanti d’altro tipo) si sentono spersi: “Le sanzioni non funzionano. Ma come?”. E cercano spiegazioni nelle minuzie.

Il fatto è che attorno a questa guerra tutto il sistema-mondo si muove, e velocemente, per un terzo motivo:

Terzo dato di fatto: La Russia ha trasformato in una guerra sistemica quella che per lei è alla base una guerra esistenziale.

Se non si capisce, o si fa finta di non capire, che per la Russia questa guerra è esistenziale sarà un disastro di ampiezza mai vista perché le guerre esistenziali la Russia le ha sempre vinte indipendentemente dal prezzo da pagare. Non solo dobbiamo ricordarci di Napoleone, di Hitler o dei Cavalieri Teutonici, ma è meglio che Varsavia e i Paesi baltici si ricordino di come sono finite le mire espansionistiche di Sigismondo III e della sua Confederazione Polacco-Lituana durante il “Periodo dei Torbidi” quando pure la Russia versava in stato di debolezza [6].

Ma Mosca è anche perfettamente consapevole che questa guerra si inserisce diritta nel cuore della crisi sistemica ed è quindi destinata a rivoluzionare il sistema-mondo. Basta rileggersi uno qualsiasi dei discorsi di Putin dell’ultimo anno. Anche gli Stati Uniti lo sanno perfettamente e ciò lascia sbalorditi, perché la potenza egemone non poteva concepire una strategia peggiore:

Prima conclusione: gli Stati Uniti stanno giocando la propria egemonia globale sul terreno più favorevole al proprio avversario, quello che lo ha sempre visto vincitore.

Ciò che è stupefacente è che questo esito era stato ampiamente previsto con molta precisione da uno dei maggiori geopolitici statunitensi, Georg Kennan, uno dei “padrini” della Nato, che già nel 1997 aveva avvertito: «L’opinione, per dirla senza mezzi termini, è che l’espansione della NATO sarebbe l’errore più fatale della politica americana nell’intera era post-guerra fredda. Ci si può aspettare che una tale decisione infiammi le tendenze nazionaliste, antioccidentali e militariste dell’opinione pubblica russa, abbia un effetto negativo sullo sviluppo della democrazia russa, riporti l’atmosfera della guerra fredda nei rapporti Est-Ovest, e spinga la politica estera russa in direzioni decisamente non di nostro gradimento» [7].

Durante la guerra esistenziale contro Napoleone la Russia si compattò attorno allo zar Alessandro I Romanov. Durante la guerra esistenziale contro Hitler la Russia si compattò attorno al segretario del Partito Comunista Josif Stalin. Oggi nella guerra esistenziale contro la Nato, la Russia si è compattata attorno al presidente Vladimir Putin. Difficilmente si può sostenere che non fosse prevedibile.

Questa strategia suicida dice pressoché tutto dello stato misto di disconnessione epistemologica e dissonanza cognitiva della leadership occidentale. Uno stato ormai patologico dovuto a un gioco di hubris e di disperazione che avvitandosi una sull’altra rendono impossibile l’elaborazione di un percorso alternativo, di una via di fuga non distruttiva.

 

4. Se dunque la nazione russa si compatta attorno ai suoi leader per combattere una guerra esistenziale, attorno alla guerra in Ucraina in quanto guerra sistemica la larger picture si muove.

Si pensi, ed è un solo esempio, alla recente “Dichiarazione dell’Avana” dei banchieri centrali, presidenti e parlamentari di 25 Paesi riuniti a Cuba il 27 gennaio scorso. E’ un programma per la creazione di un blocco planetario «led by the South and reinforced by the solidarities of the North».

«Il Congresso riconosce l’opportunità critica offerta dalla presidenza cubana del Gruppo dei 77 più la Cina per guidare il Sud fuori dalla crisi attuale e incanalare gli insegnamenti della sua Rivoluzione verso proposte concrete e iniziative ambiziose per trasformare il più ampio sistema internazionale». «La liberazione economica non sarà concessa ma conquistata».

Quando ci entrerà in testa che non ci sopporta più nessuno e facciamo di tutto per non essere sopportati? Quando capiremo che la maggior parte del mondo, in Ucraina ci vuole vedere umiliati, anche chi all’ONU vota secondo creanza o pressione?

La ribellione al cosiddetto “ordine internazionale” ha come protagonisti Paesi che si sentono minacciati e Paesi che si sentono soffocati dall’architettura di potere occidentale. Il verbo “sentire” è però impreciso, perché le minacce occidentali sono da tempo aperte, esplicite, spudorate, così come lo è la rapina. Dietro a questo disastro c’è l’abnorme finanziarizzazione dell’economia occidentale che è stata la via d’uscita “naturale” (in senso capitalistico) dalla crisi di sovraccumulazione degli anni Settanta. Ovviamente esiste un rapporto tra la disconnessione dell’economia dai valori reali e la disconnessione del pensiero occidentale dalla realtà. Lo studio dei suoi particolari è un tema seducente ma purtroppo non ho sufficienti conoscenze per affrontarlo e lo lascio quindi ad altri [8].

Il grosso ostacolo a una “revisione” interna all’Occidente della sua politica, suicida oltre che omicida, è dunque un blocco cognitivo e culturale connesso all’esasperante livello di finanziarizzazione raggiunto dall’economia. La bolla finanziaria incombe come un mostruoso ordigno nucleare pronto a scoppiare. Nel tentativo di depotenziare lo scoppio, le élite finanziarie obbligano l’ambiente esterno al centro capitalistico occidentale ad estrarre quanto più profitto e a sequestrare quanta più ricchezza sociale sia possibile per devolverli al centro egemone in crisi in cui la rendita finanziaria ha sostituito l’estrazione di profitto alimentando la sovraccumulazione, e parimenti obbligano l’Occidente stesso a un’operazione di auto-cannibalizzazione che consiste nell’avvitarsi in politiche di austerity e deflazione salariale e nella privatizzazione selvaggia del dominio pubblico (welfare, capitale sociale fisso, servizi).

Se l’inizio della crisi sistemica fu segnalato dal decennio di stagflazione (stagnazione con inflazione, superata dall’avvio della finanziarizzazione dell’economia), oggi, dopo poco più di mezzo secolo, nello show-down della crisi concorrono stagnazione, inflazione e finanziarizzazione, un triangolo devastante esasperato dallo scardinamento della globalizzazione dovuto allo scontro sistemico stesso.

Oggi la finanziarizzazione non può più essere un rimedio perché è stata utilizzata fino all’eccesso (come già avvertiva Thomas Friedman nel 2004 sul New York Times: “gli elefanti possono volare, ma solo per poco tempo” [9]). Non solo, ma il Paese dove oggi sono concentrati i mezzi di pagamento mondiali, la Cina, è largamente al di fuori del raggio d’azione politico imperiale e quindi della possibilità di far fagocitare le sue risorse dal sistema finanziario occidentale ormai fuori controllo.

Ecco allora un disperato tentativo imperiale di re-industrializzazione che essendo ostacolato dalla neo-compartimentazione dell’economia mondiale alimentata dagli scontri geopolitici, avviene ai danni dei vassalli in Europa e in Giappone e deve fare i conti con ritardi tecnologici, con mancanza di materie prime e con perdita di know how [10].

Negli Stati Uniti si rendono conto dell’impossibilità di una strategia coerente e solida per mantenere l’egemonia mondiale. Esclusa una guerra nucleare dalla quale i generali sanno perfettamente che gli Stati Uniti uscirebbero totalmente distrutti, l’unica speranza sarebbe un collasso interno della Russia e della Cina, inverosimile per mille ragioni, storiche, geografiche, antropologiche, culturali, economiche e politiche ampiamente studiate.

L’unica regione che è ripetutamente collassata nella Storia è stata l’Europa, il continente più violento del pianeta, suddiviso in mille poteri e con la possibilità idro-orografica di fare e disfare mille confini. Gli Stati Uniti si trovano in una situazione, anche geografica, più vantaggiosa di noi, ma il suo sistema economico-sociale ha assunto da subito un andamento “estrovertito”, cioè dipendente dalla conquista diretta o indiretta di crescenti spazi esterni, nonostante spesso si parli delle tendenze “isolazioniste” statunitensi. L’espansionismo è un fenomeno che era comprensibile per la piccola Inghilterra ma è abbastanza sorprendente in una nazione che nasce e si consolida su spazi enormi (“confederazione” e “impero” erano termini intercambiabili per i fondatori degli Stati Uniti). La spiegazione più verosimile è che esso sia dipeso dalla grande capacità di accumulazione degli Stati Uniti messa definitivamente in moto a livello internazionale proprio dal periodo protezionistico che seguì quella Guerra Civile in cui furono sconfitti gli interessi legati alla preminenza dell’impero britannico e alla triangolazione atlantica (manufatti inglesi scambiati con schiavi africani, schiavi africani scambiati con prodotti tropicali americani, prodotti tropicali americani scambiati con manufatti inglesi). E’ la ragione per cui considero la fine della Guerra Civile Americana l’inizio dell’era contemporanea, o meglio ancora dell’era “attuale”.

 

5. La necessità di “estroversione” degli Stati Uniti si scontra ora con la resistenza di due enormi competitor che storicamente non sono dipesi da un’esigenza simile. Ciò che sovente viene chiamato “imperialismo russo” e “imperialismo cinese” sono in realtà relazioni economiche internazionali di natura differente. Ad esse viene dato l’appellativo di “imperialismo” per pigrizia, per comodità, per incapacità di concepire fenomeni diversi da quelli che hanno caratterizzato l’Occidente nella sua particolare traiettoria storica. Le cose stanno in modo differente e non casualmente Giovanni Arrighi intitolò la sua ultima monografia “Adam Smith a Pechino” e non “Karl Marx a Pechino”. Per quanto riguarda la Russia mancano analisi precise che comunque non dovrebbero sottostimare l’influenza di oltre 70 anni di bolscevismo. La stessa reazione di Putin alla shock therapy messa in atto da Eltsin ha risentito, sebbene in modo altalenante, di quella tradizione e dell’attaccamento della popolazione russa ad essa (innanzitutto ai servizi statali e all’assistenza sociale, ma anche ideale, a giudicare dal fatto che il Partito Comunista della Federazione Russa col 19% è il secondo partito [11]).

L’ultima grande stagione di estroversione statunitense è stata la cosiddetta “globalizzazione”, «another name for the dominant role of the United States», come affermò candidamente Henry Kissinger in una conferenza al Trinity College di Dublino il 12 ottobre del 1999. Ma la globalizzazione ha avuto come esito inintenzionale proprio la crescita dei grandi competitor strategici degli Usa e dei competitor minori che attorno ad essi si stanno aggregando. Questo ha portato a un deterioramento della globalizzazione e a una neo-compartimentazione del sistema-mondo dove le economie giovani e dinamiche stanno da una parte e quelle mature e obsolescenti dalla parte opposta.

Ipotesi dello sfasamento cronologico: Lo sviluppo ineguale e i meccanismi del circuito globalizzazione-finanziarizzazione hanno suddiviso il mondo in due parti con processi di accumulazione disallineati, cosa che ha portato a una sfasatura rispetto al loro posizionamento nella crisi sistemica: economie finanziarizzate quelle più mature (Occidente collettivo) ed economie reali quelle più giovani (Sud collettivo)[12].

Il deterioramento della globalizzazione ha provocato quello dei processi di alimentazione delle prime da parte delle seconde. Se la globalizzazione serviva a sopperire a ciò che non potevano più fare le singole società nazionali occidentali né il loro assemblaggio/coordinamento nell’economia-mondo centrata sugli Stati Uniti, ovvero “pompare energia” sufficiente dai processi di creazione del valore a quelli di accumulazione monetaria, il suo scardinamento sta obbligando il centro dominante a ricorrere alla “accumulazione per espropriazione” ai danni dei suoi stessi vassalli. Ma facendo ciò gli Stati Uniti si stanno ritraendo dalla posizione di Paese “egemone” per assumere le vesti di Paese “dominante”. Se l’egemonia è sempre “corazzata di coercizione”, oggi gli Stati Uniti devono usare un massimo di forza dato che ormai godono di un minimo di consenso, pur avendo ancora una notevole presa culturale [13]. Detto in termini generali, il problema che si è trovato di fronte l’Occidente è stato l’impossibilità di inglobare altre economie-mondo nella propria, un’impossibilità di tipo geopolitico (la sconfitta nel Vietnam è forse stato il suo segnale più precoce).

Il problema che il mondo invece si trova oggi di fronte è proprio l’impossibilità dell’economia-mondo occidentale di coesistere con altre economie-mondo, un’impossibilità che ha le sue radici nella logica dei processi di accumulazione che si sono storicamente strutturatati in Occidente.

L’Occidente è quindi in preda a un giro vizioso perfetto: i tentativi di bloccare l’ascesa dei competitor inducono un indebolimento della sua economia e un approfondimento della crisi e questo diminuisce la sua capacità di contrastare i competitor. O l’Occidente cambia strategia, ovvero accetta di negoziare la propria posizione in un mondo multipolare, pagando ovviamente un prezzo in termini di privilegi, comunque destinati a sparire con la forza, o la situazione diventerà sempre più disperata. E questo è pericolosissimo. Il cambio di strategia deve quindi essere rapido.

La disperazione che serpeggia tra le élite occidentali ha infatti già fatto evaporare le loro residue capacità diplomatiche/egemoniche, quasi che si fosse ormai consapevoli che è meglio essere espliciti e brutali dato che non c’è più possibilità di far identificare il bene degli Usa col bene dell’Occidente e il bene dell’Occidente con quello di tutti.

Se si leggono i rapporti dell’FMI e delle altre istituzioni preposte all’ordine mondiale occidentale, si vede un quadro di desolazione che grazia solo pochi Paesi [14]. La maggior parte delle nazioni del mondo sono considerate un “problema”. Problema che deve essere risolto con macellerie sociali e, in definitiva, con l’aggravamento del problema stesso, in un giro vizioso a beneficio dei soliti pochissimi noti.

Se durante la reaganomics un Paese in via di sviluppo dopo l’altro dovette ricorrere ai prestiti delle banche di New York e Londra che riciclavano i petrodollari, accettando di pagare tassi d’interesse inauditi, mentre oggi invece la coda è a Pechino e anche a Mosca, il motivo è proprio questo: in Cina e in Russia non sono considerati come dei problemi e dei polli da spennare. Il BRICS, il BRICS+, la SCO, l’Unione Economica Eurasiatica, trattano i Paesi come soggetti legittimi, con esigenze e aspirazioni legittime.

Cos’altro è l’architettura monetaria che da alcuni anni viene studiata da Sergej Glazyev, il responsabile per l’integrazione e la macroeconomia della Commissione Economica Eurasiatica, l’organo esecutivo dell’Unione Economica Eurasiatica, e che provvisoriamente possiamo definire “Diritti Speciali di Prelievo Multipolari”, se non una sorta di Bancor, quella moneta orientata al debito, cioè ai Paesi che devono svilupparsi, anche in deficit, e non sottoposta a una singola nazione, proposta da Keynes a Bretton Woods e rifiutata a favore del Dollaro (il gold-dollar exchange standard), ovvero una moneta internazionale orientata al credito e al sostegno geopolitico di una parte sola, gli USA, che allora erano la più grande potenza creditrice del mondo?

Il BRICS, il BRICS+, la SCO e la UEE sono impetuosi corsi d’acqua che finiranno per confluire in un unico fiume, assieme al G77, la ridestata Organizzazione dei Paesi non Allineati. Ridestata, che lo si voglia o no, dall’Operazione Militare Speciale russa in Ucraina. Un fiume rappresentabile (e non certo metaforicamente) con le Nuove Vie della Seta, la Belt and Road Initiative (BRI) cinese, alla quale già aderiscono 140 Paesi in Asia, Europa e America Latina. Un’area potenzialmente allargabile a quell’80% di Paesi che non applicano nessuna sanzione alla Russia.

 

6. Gli Stati Uniti, o meglio le sue élite, o meglio ancora le sue élite neo-liberal-con legate allo strapotere della finanza e/o a una mentalità eccezionalista, le élite cresciute, spesso anche anagraficamente, e diventate potentissime con la crisi sistemica, guardano a questi processi non capendoli, considerandoli semplicemente degli insulti a un ordine “naturale” che non poteva e non doveva essere perturbato.

E li guardano sempre più impotenti e spaventate. E questo è molto pericoloso, perché può portarle ad atti disperati di cui nemmeno riuscirebbero a calcolare tutte le conseguenze, per via della loro arroganza e dalla loro inesistente, insufficiente o inadatta preparazione culturale e intellettuale.

Che ciò sia evitato dipende soprattutto da come agirà quella parte degli Stati Uniti – e quella parte dei suoi interessi – che vede meno pericoloso e più conveniente adattarsi a un mondo multipolare che cercare di lanciarsi a testa bassa contro il muro di contraddizioni politiche, economiche e militari che la crisi e la sua gestione neoliberista hanno eretto. Si farebbe per lo meno guadagnare al mondo tempo prezioso anche se una soluzione più duratura richiederà un patto che ponga la società al centro. E lo stesso vale per l’Europa.

A questo punto si passa a un altro tema d’analisi che deve rispondere alla domanda seguente:

La domanda fondamentale: si tratta solo dello scontro tra blocchi con sviluppo disallineato (cosa che lo avvicinerebbe a un classico conflitto interimperialistico) o da questo conflitto sistemico uscirà (obbligatoriamente?) uno scenario socio-economico che poggia su basi diverse?

Innanzitutto dobbiamo domandarci se tutti questi soggetti nazionali che si stanno ribellando all’ordine globale occidentale sperano che la Russia, o la Cina se per questo, prenda il posto degli Stati Uniti come nazione egemone. La risposta molto semplice è No. Ma questo non sembra nemmeno essere nelle intenzioni. Saggiamente, perché la Storia è arrivata a un punto particolare:

Quinto dato di fatto: una nazione oggi può essere egemone globalmente solo a costi altissimi e quindi per un periodo molto limitato di tempo.

E’ un dato storico. Si pensi all’egemonia statunitense entrata economicamente in crisi dopo meno di trent’anni, e si sta parlando di una potenza di primissimo livello che alla fine della II Guerra Mondiale concentrava quasi tutti i mezzi di pagamento mondiali e aveva una produttività che surclassava il resto del globo messo assieme.

La Russia e la Cina vedono perfettamente cosa sta succedendo agli Stati Uniti (ad esempio al suo Dollaro, una volta padrone del mondo). E non vogliono ripetere l’esperienza. Comunque per la Russia i costi sarebbero inaffrontabili se volesse sostituirsi agli USA (tra l’altro litigherebbe subito col suo principale alleato, la Cina, a cui si applica lo stesso ragionamento). Ne segue un’ipotesi:

Ipotesi sulla conseguenza del quinto dato di fatto: dallo scontro sistemico attuale uscirà un ordine multipolare, cioè non ruotante attorno a un unico centro egemone.

Se ciò è confermato, come molte cose fanno pensare, ci sarà (o dovrebbe esserci) di conseguenza un drastico cambio di paradigma sia nei rapporti internazionali sia nei rapporti economico-sociali interni alle singole nazioni, due aspetti dialetticamente collegati, perché da cinquecento anni a questa parte un’economia-mondo è proceduta sempre attorno a un centro egemone, si identificava con esso.

Ipotesi derivata: nel mondo multipolare i rapporti sociali ed economici saranno sensibilmente diversi da quelli che hanno dominato fino ad oggi, oppure il mondo multipolare si esaurirà in un nuovo e più ampio scontro.

In Russia la guerra stessa sta facendo rivedere il “modello” economico. È troppo presto per un giudizio, ma le cose stanno cambiando, ad esempio riguardo al ruolo dello Stato. Sono movimenti da tener d’occhio in modo critico.

Siamo di fronte a una ribellione planetaria che obbligherà i futuri studiosi a rivedere la periodizzazione storica e qualche persona non riflessiva o con scarsa capacità di raziocinio potrebbe chiedersi se io, che sono e mi considero occidentale, faccio il tifo per una parte. Di sicuro non faccio il tifo per l’ipocrisia dei bombardatori “umanitari”, per chi ritiene che mezzo milione di bambini morti in Iraq sono “un prezzo giusto”, per chi dal 1945 ad oggi ha provocato con le sue guerre 20 milioni di morti, per chi a Washington dava l’ordine di bombardare con droni matrimoni in Afghanistan, per chi ha massacrato milioni di civili in Vietnam. E non faccio il tifo per chi sventola la svastica.

Faccio allora il tifo per il compimento di un processo storico che da oltre due decenni ritengo inevitabile? Che senso avrebbe? Sarebbe come fare il tifo per il moto di rotazione della Terra attorno al proprio asse. Sarebbe del tutto insensato. Certo, quando torna la luce del giorno si possono fare cose impossibili durante la notte al buio. Ma, per l’appunto, tutto dipende da cosa si fa.

E’ troppo presto per prevedere che tipo di architettura multipolare nascerà dalla ribellione in corso contro il plurisecolare ordine internazionale occidentale.

Posso solo fare ipotesi in base alla Storia e alla logica, ma credo che nessuno possa onestamente dire che le cose sono chiare. Ci separano ancora anni da una bozza di progetto alternativo sufficientemente precisa, e anni per implementarlo, anni che saranno pieni di eventi difficili da prevedere. Anni in cui questo conflitto si amplierà e di conseguenza si approfondirà. Un decennio? Due decenni?

Sulla carta dovrebbe uscirne un sistema più equo. Ma quali livelli di equità sono necessari?

Una cosa per me è certa:

Assunzione: Se si rimetterà al centro di questa architettura l’accumulazione senza (un) fine tutte le contraddizioni riemergeranno, ancora più gigantesche e in condizioni che renderanno la loro soluzione ancora più difficile.

Non tifo dunque perché venga il giorno. Il Sole sorgerà da solo, non ha bisogno di incoraggiamenti. Io posso solo sperare che durante la notte si smetta di uccidere, si cessi di provocare sofferenze e che prevalgano il buon senso e la pietà.

Tifo invece perché durante il giorno, per parafrasare Karl Polanyi, si riesca a trovare il modo perché la società con mercato (cosa naturale) prenda il posto della società di mercato (cosa innaturale, dove i rapporti tra esseri umani sono sostituiti dai rapporti tra merci).

Altrimenti, come si suol dire, in poco tempo saremmo da capo a quindici e tutte queste sofferenze sarebbero servite solo a mettere alla luce un essere ancor più mostruoso.

«Superare il capitalismo è dunque non soltanto “correggere la ripartizione del valore” (ciò che produce solo un immaginario “capitalismo senza capitalisti”) ma anche liberare l’umanità dall’alienazione economica»(Samir Amin).


NOTE
[1] Qui le dichiarazioni di Bauer. Qui le dichiarazioni di Minihan. Qui le dichiarazioni di Stoltenberg. Per quelle della von der Leyen si veda qui e qui. I discorsi di Ursula von der Leyen sono casi di studio esemplari sul tema “ipocrisia”. Notevole, ad esempio, questo passaggio: «Il sabotaggio del Nord Stream ha dimostrato che dobbiamo assumerci maggiori responsabilità per la sicurezza della nostra infrastruttura di rete». Realmente fantastico: persino i sassi, anche quelli americani, sanno che questo sabotaggio (e disastro ambientale) è stato opera di Stati Uniti/Nato. Ai sassi che ancora non lo sanno consiglio l’inchiesta investigativa del Premio Pulitzer Seymour Hersch. Questa inchiesta è piena di dettagli che possono essere conosciuti solo da “insider”. Che alcune “gole profonde” abbiano permesso in questo momento a Hersh di produrre il suo “scoop”, la sua “bombshell”, è evidente sintomo di una lotta interna all’establishment statunitense. Mi è immediatamente ritornato in mente lo scandalo Watergate e la sua copertura da parte di Bob Woodward e Carl Bernstein per il “Washington Post” (da sempre legato alla CIA) e dallo stesso Hersh per il “New York Times”. In quel caso si è saputo che la “gola profonda” era niente meno che il vicedirettore della CIA, Mark Felt.
Per quanto sia incredibile, persiste ancora un mito condensato nella celeberrima frase «È la stampa, bellezza! E tu non puoi farci niente! Niente!» (Ed Hutcheson-Humphrey Bogart alla fine del film di Richard Brooks L’ultima minaccia, 1952): la (libertà di) stampa può mettere in ginocchio il potere. Vedremo in un’altra nota che fine ha fatto la libertà di stampa negli USA e in Occidente, ma anche all’epoca del Watergate ci voleva ben altro che un’inchiesta-bomba, come ha ammesso la stessa editrice del “Washington Post”, Katharine Graham: «A volte la gente ci accusa di “aver abbattuto un presidente”, cosa che ovviamente non abbiamo fatto e non avremmo dovuto fare. I processi che hanno causato le dimissioni [di Nixon] erano costituzionali». E persino dallo stesso Woodward: “La mitizzazione del nostro ruolo nel Watergate è arrivata al punto di assurdità, in cui i giornalisti scrivono … che io, da solo, ho abbattuto Richard Nixon. Totalmente assurdo”.
Per mettere in ginocchio il potere ci vuole una rivoluzione o un altro potere che vuole scalzarlo, eventualmente “utilizzando” ottimi giornalisti (o comprandone di spregiudicati o vili, cosa che avveniva fin dai primordi della professione come ci racconta Rossini nella sua opera lirica “La pietra di paragone”).
Il fine dell’estromissione di Nixon è ancoro dibattuto negli Stati Uniti (l’anno scorso c’è stato il cinquantenario dello scandalo). Io sono convinto che si volesse impedire il suo disimpegno dal Vietnam. Per altri non è così, ma è la stessa caoticità delle forze e dei decisori statunitensi che non permette una lettura univoca.
Tornando alla von der Leyen, nei suoi interventi si possono notare anche stupidaggini terminologico-concettuali come «la guerra brutale della Russia». La signora von der Leyen sa indicarci una guerra che non sia stata brutale? Forse quella del Vietnam col 67% di vittime civili? O quella in Iraq col 77%? Tutte le guerre sono brutali!
Si noti che il termine composto “guerra della Russia” è accompagnato da due tic, da due automatismi. Il primo è, appunto, aggiungere l’aggettivo “brutale”, il secondo è aggiungere l’aggettivo “non provocata” (unprovoked). Da linguista e scienziato cognitivista geniale qual è, Noam Chomsky ha subito commentato: «Of course, it was provoked. Otherwise, they wouldn’t refer to it all the time as an unprovoked invasion. By now, censorship in the United States has reached such a level beyond anything in my lifetime».
Per quanto riguarda invece la potenza economica dei contendenti, la Cina supera del 20% gli USA per PIL calcolato in PPP e di 8 volte gli UK (noi siamo al 12° posto). Ma nonostante il confronto sulla base del PPP sia più preciso rispetto a quello in base ai valori nominali, tuttavia è incompleto. Come la stessa RAND Corporation ammette «[Il] PIL fornisce solo un limitato quadro del potere. Dice poco sulla composizione dell’economia, come ad esempio se è guidata da settori di punta o è invece dominata da quelli vecchi e in declino». Lo stesso discorso riguarda il budget per la difesa (cfr. RAND Corporation, Measuring National Power”, 2005).
Ma se si prendono sul serio questi “caveat” notiamo un ulteriormente aggravamento della posizione statunitense dato l’altissimo grado di finanziarizzazione della sua economia che significa ridotte capacità produttive reali. Si pensi solo alla produzione statunitense legata all’industria militare comparata a quella Russa. Inoltre, la logica di produzione, guidata dai profitti privati e non dall’efficacia del risultato, spinge i produttori a sviluppare sistemi d’arma complicatissimi e costosissimi ma operabili con difficoltà nei conflitti reali contro un avversario alla pari.
[2] I dati catastrofici per le forze armate ucraine, ancor più allarmanti se confrontati con le perdite russe inferiori di un ordine di grandezza, fuoriescono ora non solo dagli ambienti del Pentagono ma anche da quelli del Mossad e non sono nascosti nemmeno dalla BBC. Per quanto riguarda l’economia, l’FMI ha dichiarato che nonostante la Russia sia la nazione più sanzionata della Storia il suo PIL è più alto di quello della Germania. In compenso il PIL dei bellicosi e revanscisti UK è in zona negativa. Inflazione, fallimenti, disoccupazione, collasso dei servizi pubblici, strette sulle pensioni, il quadro europeo è disastroso e con prospettive foschissime. Non oso nemmeno pensare a cosa succederà quando gli Stati Uniti ci obbligheranno alle sanzioni contro la Cina: dopo la perdita dell’energia a buon mercato russa andremo incontro alla perdita delle merci a buon mercato cinesi. Al di là di ogni altra conseguenza, la produzione di profitto in queste condizioni sarà impossibile a meno di far ritornare i lavoratori ai tempi di Dickens. E in un sistema capitalistico il profitto è la molla dell’economia reale.
Voglio far notare incidentalmente che un rapporto speciale dell’ONU sulla povertà negli UK già comparava la situazione del 2019 alle situazioni descritte da Dickens:
«Ad alcuni osservatori potrebbe sembrare che il Dipartimento del lavoro e delle pensioni sia stato incaricato di progettare una versione digitale e sterilizzata del laboratorio del diciannovesimo secolo, reso famigerato da Charles Dickens, piuttosto che cercare di rispondere in modo creativo e compassionevolmente ai bisogni reali di coloro che affrontano una diffusa insicurezza economica in un’epoca di profonde e rapide trasformazioni indotte dall’automazione, dai contratti a zero ore e da una disuguaglianza in rapida crescita» (UN Report of the Special Rapporteur on extreme poverty and human rights: Visit to the United Kingdom of Great Britain and Northern Ireland, pag. 5). Ed è del tutto inutile consolarci con scuse come l’uscita degli UK dalla UE: Italia, de te fabula narratur.
La situazione degli Stati Uniti non è molto più rosea, se non dal punto della forza geopolitica relativa e quindi della loro capacità di far pagare il più possibile la crisi a noi. Ma mentire è ormai una questione di vita o di morte. E si mente in modo così spudorato ed esagerato che gli esperti si grattano scettici la testa: “ ‘Too good to be true’ jobs report draws skeptics on data quirks”, titola “The Philadelphia Inquirer” il 3 febbraio scorso, un articolo che riporta le stime di Bloomberg che parlano di un aumento di oltre mezzo milione di posti di lavoro in Gennaio, cosa che porterebbe il tasso di disoccupazione addirittura ai livelli più bassi dal 1969, cioè da inizio crisi! L’Inquirer fa notare però che si tratta di un dato “aggiustato” e che la stessa Bloomberg ammette che «Su base non rettificata, le buste paga sono in realtà diminuite di 2,5 milioni il mese scorso» (“On an unadjusted basis, payrolls actually fell by 2.5 million last month).
[3] I BRICS stanno elaborando un sistema di pagamenti alternativo al Dollaro, notizia che non si trova nei media occidentali ma che potete trovare sul media outlet indiano “Business Standard”.
Comunque il “Financial Times” ci informa che le due più grandi economie dell’America Latina, Brasile e Argentina, hanno iniziato la preparazione di una moneta comune, che si dovrebbe chiamare “Sur”, per incrementare il commercio regionale e “ridurre la dipendenza dal Dollaro”.
L’Arabia Saudita sta considerando di vendere petrolio in divise diverse dal Dollaro.
La Cina sta trattando per comprare energia dai Paesi del Golfo in Yuan.
Le banche centrali di Russia e Iran alla fine dello scorso gennaio hanno firmato un accordo per connettere le banche dei due Paesi attraverso un sistema alternativo allo SWIFT.
Intanto le riserve cinesi in bond governativi statunitensi sono diminuite in un anno di 92 miliardi di dollari.
Ovviamente l’Euro non se la passerà meglio: il vice-ministro russo delle Finanze, Vladimir Kolychev ha dichiarato che entro l’anno la quota di Euro nei Fondi Nazionali Russi sarà azzerata nell’ambito di una revisione della composizione del fondo che alla fine ammetterà solo Rubli, Yuan e oro.
Per un’analisi generale recente si veda il rapporto “The Future of the Monetary System”, pubblicato niente meno che dal Credit Swiss e redatto da un team diretto da Zoltan Pozsar, un autore che consiglio di seguire.
[4] Su un versante politico-filosofico dobbiamo aggiunge Gramsci come classico (la fondamentale nozione politica di “egemonia” è sua) e Costanzo Preve come pensatore contemporaneo.
Questi autori non dicono le stesse cose, né hanno le stesse preoccupazioni. Ad esempio, se Lenin e la Luxemburg sono dei politici, Arrighi è un economista e storico, Shimshom e Bichler sono economisti, Harvey è un geografo mentre Moore si occupa di sistemi socio-ecologici. Ma se invece di dare al loro pensiero una lettura tutta interna alla dimensione delle idee, incasellando i loro ragionamenti sui rami di un albero col tronco ben piantato sottosopra con le radici nel cielo, si cercano di capire i problemi concreti, materiali, su cui si sono concentrati, e di localizzare sia i problemi che i punti di vista, (localizzare in senso storico e geografico), allora oltre ai punti di divergenza si potranno notare anche gli elementi comuni senza necessariamente rischiare di cadere nell’eclettismo. Specie se si traguarda la loro lettura coi problemi che devono essere affrontati oggi. Per parafrasare Marx, non bisogna dividere in quattro le idee, i concetti, per collocarli in una tassonomia accademica («Prima di tutto, io non parto da “concetti”, quindi neppure dal “concetto di valore”, e non devo perciò in alcun modo “dividere” questo concetto», Marx, “Glosse marginali al Manuale di economia politica di Adolph Wagner”).
[5] Riguardo lo sprofondamento in un regime da Ministero della Verità orwelliano, si pensi innanzitutto a Julian Assange. O si pensi a Seymour Hersh, il più grande giornalista investigativo statunitense, il Premio Pulitzer che svelò il massacro di My Lai e i bombardamenti segreti della Cambogia durante la guerra del Vietnam e denunciò le torture di Abu Ghraib. Autore di inchieste che comparivano in prima pagina sul “New Yorker” e sul “New York Times”, oggi è emarginato come un paria essendosi opposto alle versioni ufficiali degli attacchi chimici in Siria, del caso Skripal e del sabotaggio del Nord Stream. Si pensi ancora al giornalista britannico Graham Phillips, accusato di “crimini di guerra” per aver detto che il mercenario britannico in Ucraina Aiden Aslin era, per l’appunto, un mercenario. Gli hanno anche bloccato il conto in banca. Alla giornalista tedesca Alina Lipp oltre che congelare il conto in banca hanno sequestrato il computer e rischia la galera con l’accusa di aver “diffuso notizie false atte a turbare l’ordine pubblico” per non essersi uniformata alla copertura dei media Minculpop sulla guerra. Sorte simile per la cineasta francese Anne-Laure Bonnell, acclamata nel 2016 persino dal “New York Times” per un suo documentario sul Donbass e oggi esclusa da ogni evento cinematografico con la colpa di voler continuare a dire la verità sul Donbass. Ha anche perso il posto all’università parigina dove insegnava. Il giornalista italiano Giorgio Bianchi è entrato nella kill list dei servizi segreti ucraini che appare nel sito “Myrotvorets” (“Il pacificatore”), senza che il nostro ministero degli Esteri si sia sentito in dovere di protestare.
La cosa più inquietante è la velocità con cui siamo passati dal pluralismo all’intolleranza.
[6] «A noi non interessa un mondo senza la Russia», ha dichiarato Putin, ma questo è il sentire del 99% dei Russi e lo hanno dimostrato in 1.000 anni di storia. Che quella in Ucraina sia una guerra esistenziale, ai Russi glielo abbiamo fatto capire con abbacinante chiarezza dichiarando esplicitamente: 1. che la guerra in Ucraina è stata deliberatamente preparata per anni, tradendo ogni accordo, per indebolire la Russia; 2. che vogliamo abbattere il legittimo governo che i Russi hanno eletto; 3. che vogliamo smembrare la Russia come abbiamo fatto con la Jugoslavia; 4. che odiamo o ci è estraneo tutto ciò che è russo.
[7] George F. Kennan, “A Fateful Error”, The New York Times, 5 febbraio 1997.
[8] Riguardo questo tema posso fare solo alcune considerazioni di metodo. La classica dottrina della “verità” si basa sulla definizione aristotelica di “adaequatio rei et intellectus” dove il soggetto che parla (intellectus) è distinto dalle cose (res) di cui questo soggetto parla. In tempi moderni, questa distinzione è stata rielaborata dal logico tedesco Gottlob Frege in quella tra “Sinn”, cioè “senso”, e “Bedeutung”, cioè “riferimento”, e l’interpretazione “realistica” del concetto di “riferimento” era sottintesa anche nella semantica formale del grande logico e matematico polacco Alfred Tarski. Ma col post-strutturalismo (Jacques Derrida, Gilles Deleuze, Jacques Lacan, Michel Foucault, ecc.) il “riferimento” viene relativizzato (o “intenzionalizzato”) abbandonandone l’interpretazione “realistica”. La semiotica post-strutturalista di Umberto Eco, ad esempio, riallacciandosi alla “semiosi illimitata” di Charles Sanders Peirce, sostiene che l’enunciato “La neve è nera” è rifiutato non perché si riferisce erroneamente a uno stato di cose, ma perché altrimenti dovremmo «riorganizzare le nostre regole di comprensione”, dato che questa affermazione romperebbe una “unità culturale”» (“Trattato di semiotica generale”, Bompiani, 1975 § 2.5). L’interpretazione diventa un riferimento interno in una sorta “antinomia del mentitore” metodologica. La critica post-strutturalista, che ha lati interessanti e altri cialtroni, specialmente quando mima il rigore delle scienze esatte, ha condotto a quelle posizioni relativistiche che oggi sono sfociate nei concetti di “narrazione” e di “post-verità”.
Già nel 1994 Noam Chomsky era esterrefatto da questa deriva:
«Se finisci per dirti: “è troppo difficile occuparsi dei problemi reali” ci sono un sacco di modi per non farlo. Uno di essi consiste nel disperdersi in affari di scarsa importanza. Oppure impegnarsi in culti accademici completamente avulsi dalla realtà e che costituiscono un riparo al doversi occupare delle cose come stanno. E’ pieno di comportamenti di questo genere, anche all’interno della sinistra. … Oggi nel Terzo Mondo predomina un senso di profonda disperazione e di resa. Il modo in cui si è estrinsecato questo atteggiamento, nei circoli colti che hanno contatti con l’Europa, è stato di immergersi completamente nelle ultime follie della cultura parigina e di concentrarsi totalmente su di esse. Per esempio, se dovevo parlare di attualità, anche in istituti di ricerca che si occupassero di aspetti strategici, i partecipanti volevano che li traducessi in vaneggiamenti postmoderni. Per fare un esempio, piuttosto che sentirmi parlare dei dettagli dell’azione politica statunitense in Medio Oriente, cioè a casa loro – che è una cosa sporca e priva d’interesse – preferivano sapere in che modo la linguistica moderna fornisse un nuovo paradigma argomentativo riguardo gli affari internazionali, capaci di soppiantare il testo poststrutturalista. Questo li avrebbe davvero incantati… . Tutto ciò è deprimente.» (Keeping the Rabble in Line: Interviews With David Barsamian”. Questo passaggio è citato opportunamente da Alan Sokal e Jean Bricmon nel loro “Imposture intellettuali” (Garzanti 1999) nel loro tentativo di “mettere in guardia la sinistra da se stessa” (Nota: quasi 30 anni dopo, come stiamo vedendo, il Terzo Mondo è meno disperato e vede la possibilità di sottrarsi agli artigli dell’Occidente e alle sue “follie parigine” sempre più fuori controllo).
Non era necessario che finisse così male, ma così è stato, per questioni storiche: questo modo di concettualizzare fa comodo al Potere, perché la narrazione, la post-verità, è in mano a chi controlla i media, a chi gestisce il “soft power”. Il “politicamente corretto” fa parte di questi esiti: non è corretto dire “negro” (piano linguistico), ma ciò non evita che la stragrande maggioranza relativa di condannati a morte negli USA sia composta da “neri” (piano della realtà). Il grande sforzo ideologico di politici e mass media è convincere il pubblico a lasciar perdere lo stato dei fatti e a concentrarsi solo sul linguaggio. Le contraddizioni devono essere espunte dal linguaggio non dalla realtà. Si potrebbe pensare che quanto meno è un inizio. No! E’ già la fine, pura forma senza sostanza.
Allo stesso modo la sinistra si è progressivamente concentrata sugli aspetti più superficialmente “culturali” del conflitto, privilegiando le sottoculture e la difesa dei diritti (e dei bisogni) individuali e di gruppi specifici che non creano nessun reale fastidio, sostituendo con tutto ciò la visione materialista del mondo e la difesa dei diritti e dei bisogni sociali e alienandosi le simpatie popolari a beneficio della destra. Secondo Michael Hudson il tradimento dei propri patti costitutivi è il compito e la ragion d’essere attuale dei partiti di sinistra. Questa deriva era stata ampiamente prevista da Pier Paolo Pasolini. E’ significativo che negli eventi per il centenario della sua morte si sia glissato su questo aspetto del suo pensiero o lo si sia ridotto a fatto di costume o a polemica.
Purtroppo lo scollamento economico e culturale dalla realtà ha indotto equivoci anche in parecchi compagni che assieme ad abbagli sulla globalizzazione si sono messi a teorizzare sul “capitale immateriale”, sulla “infosfera” e sul “lavoro cognitivo” in modi che troppe volte riecheggiavano i vuoti slogan accattivanti dell’avversario.
Faccio notare che a volte persino gli studi statunitensi di geostrategia erano, anche se solo parzialmente, influenzati dall’approccio, diciamo così, “finanziarizzato-poststrutturalista” (si veda ad es. Ashley J. Tellis, Christopher Layne, “Measuring National Power in the Postindustrial Age”, Foreign affairs (Council on Foreign Relations), January 2001.
Una volta messi in circolo questi guasti culturali, agendo sulla de-concettualizzazione promossa dalla “pedagogia progressista” e sull’ideologizzazione indotta da infotainment e tecniche di marketing centrata sull’identificazione di desiderio individuale e diritto, contando sull’ignoranza imposta dalla censura e da un sistema d’informazione uniformato e normalizzato e infine garantite da un meccanismo di punizione-premiazione che obbliga al conformismo ideologico e politico, le élite dominanti hanno trascinato nel loro stato di disconnessione epistemologica e dissonanza cognitiva il corpo della società, pressoché nella sua interezza.
[9] Thomas Friedman, “The 9/11 Bubble”. The New York Times, 2 dicembre 2004.
[10] La decentralizzazione negli Usa delle industrie europee comporterà anche un’emigrazione di forza lavoro qualificata e uno avvilimento/smantellamento del ciclo istruzione-ricerca-sviluppo nel Vecchio Continente.
[11] Ovviamente occorre tener conto dei dati anagrafici. Ricordo che nel referendum del 1991 la media di chi chiese il mantenimento dell’Unione Sovietica fu di circa l’80% dei votanti. E faccio anche notare la cautela con la quale Putin ha affrontato il tema dell’aumento dell’età pensionabile (da 60 a 65 anni per gli uomini e da 55 a 60 per le donne).
[12] Lo sviluppo ineguale è indotto dal fatto che l’accumulazione si basa su differenziali di sviluppo (economici, finanziari, culturali, politici e geopolitici), sia all’interno delle singole società sia tra Paesi e blocchi di Paesi. Per il concetto di “differenziali di sviluppo” e il loro ruolo nei conflitti si può vedere i miei “La logica della crisi” in “Dopo il neoliberalismo”, a cura di C. Formenti, Meltemi 2021 e “Al cuore della Terra e ritorno”, 2013, in due volumi scaricabili gratuitamente qui e qui.
[13] L’espressione “pompare energia” è usata da Fernand Braudel nel suo “La dinamica del capitalismo”, Il Mulino, 1988, pag. 63: «Il capitalismo è, per natura, congiunturale, cioè si sviluppa in rapporto- alle pressioni esercitate dalle fluttuazioni economiche… .[P]enso che nella vita mercantile tendesse ad affermarsi solo un tipo di specializzazione: il commercio del denaro. Il suo successo però non è mai stato di lunga durata, come se l’edificio economico non fosse in grado di pompare energia fino a queste alte vette».
Il concetto di “accumulazione per espropriazione” è stato introdotto da David Harvey rielaborando idee di Rosa Luxemburg, Fernand Braudel e il noto capitolo del Capitale di Marx sulla cosiddetta “accumulazione originaria”, interpretata, come da altri esponenti della scuola del sistema-mondo, come un processo in realtà ricorrente. Si veda “The ‘new’ imperialism: accumulation by dispossession”. Socialist Register 40, 2004, pp. 63-87.
La fondamentale elaborazione gramsciana del concetto di “egemonia” si trova, come è noto, nei “Quaderni del carcere”.
[14] Senza contare che una nazione ricca come la Libia, la più sviluppata dell’Africa, è stata devastata deliberatamente dall’Occidente (compresa vergognosamente l’Italia di cui era la maggior alleata nel Mediterraneo).

https://www.sinistrainrete.info/geopolitica/24927-piero-pagliani-slittamento-di-paradigma.html?auid=91921

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Arta Moeini, La crisi della modernità liberale e la risposta totalitaria_a cura di Roberto Buffagni

Questo intelligente e ambizioso saggio si propone di indagare la trasformazione del liberalismo in totalitarismo morbido, riconducendola alla logica interna del liberalismo come manifestazione della Modernità. L’Autore, Arta Moeini, è uno dei redattori fondatori di AGON. Il dott. Moeini è un teorico della politica internazionale e direttore di ricerca presso lo Institute for Peace & Diplomacy.

È interessante, oltre che curioso, notare che l’analisi di Moeini coincide in più punti con quella che io ho delineato in forma sintetica in questi due articoli: GUERRA IN UCRAINA. QUAL È LA POSTA IN GIOCO CULTURALE?, del 17 marzo 2022[1] e REALTA’ PARALLELA E REALTA’ DELLA GUERRA II PARTE, del 28 marzo 2022[2]. Interessante e curioso perché Moeini è un nietzschiano, io un cattolico conservatore. La parziale confluenza delle nostre analisi si realizza nel realismo politico da entrambi condiviso, a partire da diversissimi presupposti culturali.

In questa traduzioni non vengono riportate le note, consultabili nel testo originale: https://www.agonmag.com/p/the-crisis-of-liberal-modernity-and

 

 

La crisi della modernità liberale e la risposta totalitaria

Il paradosso della libertà e la fissazione messianica dell’uguaglianza galvanizzano le tendenze dispotiche della modernità.

 

di Arta Moeini

22 febbraio

 

 

Le democrazie industrializzate avanzate stanno vivendo tempi spaventosi e strani, caratterizzati da crisi apparentemente senza fine, isteria di massa e una successione di emergenze, il tutto amplificato dallo Stato e dalle istituzioni di propaganda sociale, nominalmente indipendenti, con cui ha sviluppato un rapporto simbiotico.

L’analisi offerta dalla maggior parte dei critici della nostra attuale situazione – quelli giustamente allarmati dagli eccessi del securitarismo, della centralizzazione, del globalismo e dello statalismo – è più o meno questa: che il liberalismo moderno o l’ordine neoliberale rappresentano una perversione del liberalismo classico o delle origini e che solo restaurandoli e tornando ai loro principi originari i buoni liberali dell’Occidente potrebbero raddrizzare la rotta e porre rimedio alla situazione. Tali affermazioni non sono del tutto errate, ma sono superficiali.

Il dilagare dello Stato manageriale liberale in un Leviatano totalitario e di portata mondiale è in parte il risultato degli stessi successi della visione liberale del mondo – quello che potremmo definire il “progetto moderno” – nonché il naturale culmine di tre antinomie fondamentali per il liberalismo.

 

Come siamo arrivati qui?

L’attuale tempesta distopica si sta rafforzando da tempo, almeno dall’inizio del XXI secolo. Non solo l’attacco terroristico dell’11 settembre ha spinto la macchina bellica statunitense a una serie di guerre senza fine in una guerra globale al terrorismo, ma l’amministrazione di George W. Bush ha sfruttato quella tragedia e la minaccia di Al-Qaeda per consolidare e razionalizzare ulteriormente un regime di sorveglianza che ha drammaticamente ampliato e abusato del Foreign Intelligence Surveillance Act (FISA). Tre presidenti democratici e repubblicani più tardi, l’intelligence statunitense – con la complicità delle Big Tech – continua a sorvegliare in massa gli americani sul territorio degli Stati Uniti con scarsa trasparenza e supervisione.

Lo spettro del Covid-19 ha solo accelerato questa tendenza allarmante e ha allargato la portata della securitizzazione e della politica della paura alla salute pubblica. Da un giorno all’altro, molti governi occidentali si sono trasformati in Stati di biosicurezza, imponendo passaporti per il vaccino, limitando i viaggi e rinchiudendo i propri cittadini in nome della sicurezza pubblica. Si è sempre dubitato che tali misure draconiane fossero necessarie o addirittura utili a “rallentare la diffusione” di un virus altamente trasmissibile (come dimostrato dalle varianti Delta e Omicron). Tuttavia, la gestione bellica del virus da parte di Stati Uniti, Canada, Australia, Regno Unito e molti Paesi europei ha creato un clima marziale in cui era essenzialmente accettabile trattare i “non vaccinati” come cittadini di seconda classe, persino come una pericolosa minaccia, con la minima considerazione per la sovranità corporea o lo scetticismo scientifico.

 

Nel 2022, la famosa nozione di “stato di eccezione” di Carl Schmitt era diventata una caratteristica ordinaria della vita in molte parti del mondo. Una situazione in cui il sovrano trascende la sua autorità politica e costituzionale apparentemente per proteggere il pubblico da una qualche emergenza in una società sempre più polarizzata sembra essere diventata la nuova normalità nel mondo occidentale.

Un anno fa, nel febbraio 2022, due eventi distinti, apparentemente non correlati, hanno catturato la condizione dispotica e distopica del nostro Zeitgeist. In primo luogo, le proteste pacifiche organizzate dai camionisti canadesi contro gli eccessi delle norme Covid, note come Freedom Convoy, sono state stroncate dalla piena mobilitazione dello Stato canadese, con l’esplicito appoggio del governo statunitense e delle multinazionali. Il primo ministro canadese Justin Trudeau ha dichiarato lo stato di emergenza, permettendo al suo governo di ignorare e calpestare le libertà civili dei canadesi in nome della sicurezza.

 

All’epoca, il famoso giornalista americano Matt Taibbi lo paragonò alle azioni del dittatore rumeno Nicolae Ceauşescu. Un’inchiesta ufficiale sull’episodio, pubblicata questo mese, ha tuttavia rilevato che l’ordine di emergenza aveva raggiunto la “soglia molto alta” di un’emergenza nazionale. Nonostante la sua “riluttanza” a schierarsi con il governo Trudeau, il commissario Giudice Paul Rouleau ha scritto che “la libertà non può esistere senza ordine“. L’implicazione è che è il governo che può decidere cosa costituisce “libertà” e quali sono i suoi limiti.

 

Vivere in quello che Carl Schmitt chiamava “stato di eccezione” è diventata la nuova normalità nelle società occidentali.

In secondo luogo, “The Blob”, l’establishment che dirige la politica estera USA, e i suoi alleati nei media mainstream, hanno suonato le sirene di una guerra santa per difendere la nascente “democrazia” ucraina – e, a quanto pare, lo stile di vita occidentale – dal cattivo e autoritario Vladimir Putin. Galvanizzati da molti membri dell’amministrazione Biden, i falchi del Nord Atlantico hanno adottato un duplice approccio alla loro agenda interventista, facendo leva sul moralismo dei loro gruppi di pari e sulle corde del cuore delle masse per propagandare le loro dubbie – e altamente ideologiche – affermazioni sulla vitalità geopolitica dell’Ucraina e sulla sua importanza per l’alleanza occidentale.

 

Con una vittoria occidentale realisticamente impossibile, il wishful thinking, le esortazioni manichee e le proclamazioni veementi dei leader occidentali hanno avuto come unico risultato quello di prolungare la guerra, congelare il conflitto, impedire una soluzione diplomatica e approfondire la dipendenza dell’Europa dagli Stati Uniti e dalla NATO. Questa politica ha imposto un enorme tributo ai civili ucraini e ha gravato sulle economie e sulle popolazioni occidentali con un’inflazione e una carenza di energia senza precedenti. Senza contare che aumenta drammaticamente il rischio di escalation militare e lo spettro di un’apocalisse nucleare. Ma punire la Russia, presumibilmente, vale tutto questo e molto di più.

Questi episodi evidenziano anche la propagazione sistemica e selettiva dell’informazione e il securitarismo del discorso intorno alla “crisi attuale” sempre rigenerata come crisi “di emergenza” del momento, senza la quale è difficile mantenere e giustificare la politica della paura e dell’eccezione. Infatti, stabilire un resoconto di base della crisi adatto all’inflazione di minacce, plasmare e influenzare la percezione del pubblico in modi moralistici e produrre consenso intorno alla linea d’azione desiderata sono fondamentali per ottenere i controlli psicologici e sociologici – e il paradigma temporaneo del consenso – necessari per invocare i poteri di emergenza.

 

Nel mondo post-Covid, l’Occidente si trova di fronte alla terribile prospettiva di poter diventare il portabandiera di un nuovo tipo di regime: un regime socialmente totalizzante, sorvegliante, monopolizzatore dell’informazione, biopolitico e marziale, mascherato dall’involucro gradevole della democrazia liberale. Ma quali sono il pathos filosofico e le basi sociologiche di un sistema che ha reagito ed esagerato in modo così inquietante ed estremo da cooptare e armare la crisi come strumento di legittimazione politica e di massimizzazione del potere?

 

Uno Stato socialmente totalizzante, sorvegliante, monopolizzatore dell’informazione, biopolitico e marziale, mascherato con l’involucro di benessere della democrazia liberale, sta diventando il regime standard dell’Occidente.

Per svelare questo fenomeno inquietante, è necessario fare un viaggio nella storia delle idee ed elaborare una genealogia critica della Modernità, la visione paradigmatica del mondo e il complesso storico nato sulla scia delle guerre di religione europee e dell’Illuminismo. Dobbiamo identificare i codici ideologici alla base della nostra attuale matrice sociale ed eseguire una diagnosi o un’autopsia del paradigma e dello zeitgeist che abitiamo.

 

I malcontenti intrinseci del liberalismo

Oggi, soprattutto in Occidente e sempre più a livello globale, siamo tutti allevati nella modernità liberale. Un modo per cercare di cogliere e sistematizzare le basi della condizione moderna è quello di intenderla come “forma di vita” liberale o Weltanschauung, in cui la vita diventa inseparabilmente legata alla politica. Sostengo che la décadence culturale, la perdita di significato, l’angoscia esistenziale e le dislocazioni politiche e sociali che debilitano l’Occidente sono innescate da una crisi di legittimità al centro della visione liberale del mondo e dallo sforzo del regime esistente di consolidare e preservare la propria autorità e la struttura di potere esistente (in un momento in cui l’autorità dell’autorità è sempre più messa in discussione).

 

Ma cosa contraddistingue la Modernità come pathos filosofico e come si rapporta al liberalismo?

 

La modernità è certamente un concetto ambiguo e sfuggente: in un certo senso, riflette la temporalità, intendendo semplicemente ciò che è attuale, presenziale o nuovo. Tuttavia, ha anche una definizione filosofica e sostanziale: una particolare mentalità e un paradigma che arriva a dominare la costellazione di valori dell’Occidente a partire dal XVI secolo con la Riforma protestante e poi con l’Illuminismo. Le sue caratteristiche sono riassunte nell’espressione familiare “progetto moderno“.

 

Come orientamento alla vita, la modernità rappresenta la sublimazione di ciò che il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche chiama la pulsione apollinea, caratterizzata dal desiderio o dall’istinto umano di dominare e soggiogare la materia e la natura, la volontà di creare ordine dal tragico disordine della vita. Alcuni dei costrutti teorici ed epistemologici più influenti dell’era moderna sono stati tentativi di incapsulare ed esprimere questa pulsione apollinea, dal razionalismo e dallo scientismo all’utilitarismo e persino al marxismo.

 

Se la modernità è la forma, il liberalismo è la sostanza originaria: l’insieme delle principali razionalizzazioni, lo schema teorico o filosofico, necessario per portare avanti il progetto moderno e che può essere utilizzato anche per dare un senso allo Zeitgeist moderno e ai suoi “baldacchini sacri” e immaginari sociali sui generis, in gran parte secolari.

 

Man mano che il paradigma liberale maturava in uno Zeitgeist che ha prima plasmato l’esperienza vissuta e l’orizzonte dell’immaginazione dell’uomo occidentale e poi ha consolidato il suo trionfo sulle visioni del mondo alternative con la globalizzazione della Modernità, il suo stesso successo ha reso più pronunciate ed esplicite le sue contraddizioni intrinseche. Questo sviluppo, a sua volta, ha generato una crisi di legittimità per il liberalismo, in cui si sono affermati l’incredulità, il dubbio e il nichilismo, e la fede nelle premesse originali è diventata sempre più incredibile.

 

Il paradigma liberale ha condizionato l’esperienza vissuta dell’uomo occidentale e ha trionfato sulle visioni del mondo alternative con la globalizzazione della Modernità.

Il liberalismo soffre di almeno tre antinomie originarie:

 

  1. Dominazione vs. Autonomia. Il liberalismo cattura la volontà moderna di dominio affermando il controllo dell’uomo sulla materia e sulla natura. L’agente umano viene considerato come la fonte ultima dell’autorità, che si sottrae a Dio, alla Storia, alla Tradizione o alla Natura. Di conseguenza, richiede una netta rottura con il passato e con le strutture sociali tradizionali che sono viste come limitanti e costrittive per l’uomo. La “libertà” dell’uomo, si ritiene, richiede un progetto di liberazione sistemica dalle gerarchie e dalle norme del passato, che sono ingombranti o oppressive, in modo da poter creare un nuovo ordine basato sull’autonomia e sull’agenzia dell’individuo.

 

Questa è la ragion d’essere del liberalismo nella sua fase iniziale. La Rivoluzione francese, il Regno del Terrore e le esecuzioni di massa che scatenò sotto il leader giacobino Maximilien Robespierre illustrano al meglio il legame tra desiderio di liberazione e desiderio di dominio. Il fascino persistente della rivoluzione violenta e dell’attivismo sociale nella psiche occidentale attraverso le generazioni incarna questa disposizione paradossale.

 

  1. Universalismo vs. soggettivismo. Il liberalismo professa la fede in alcuni principi immutabili e universali (verità autoevidenti) derivati da una concezione fissa della natura umana. Essi sono fondamentali per la teoria dei diritti (naturali). Al centro di questa antropologia filosofica – cioè la concezione liberale della natura umana – c’è il possesso da parte dell’uomo della ragione e della volontà razionale, di cui tutti, in quanto umani, sono partecipi in egual misura.

 

Tuttavia, se da un lato afferma l'”ethos dell’uguaglianza“, dall’altro il liberalismo segna la svolta verso l’individualizzazione della moralità, invitando al soggettivismo etico ed epistemologico. Ciò porta a una forma di solipsismo in cui i valori, la conoscenza e persino la realtà sono veri o oggettivi solo nella misura in cui il singolo agente umano li ritiene tali. Questa visione è sostenuta dalla convinzione che la volontà razionale dell’uomo abbia un’esistenza a priori, indipendente dalla società, dalla cultura, dalla storia e dalle gerarchie di valore e di potere. Sia l’identitarismo moderno che la fissazione moderna per l’uguaglianza senza riserve trovano qui le loro giustificazioni originali.

 

  1. Perennialismo vs. perfettibilità dell’uomo (il mito del progresso). Dato il suo impegno a favore di una natura umana fissa e universale, il liberalismo è presenzialista e sprezzante nei confronti della storia e del divenire, che considera una forza esterna alla natura essenziale dell’uomo come agente autonomo (homo liber) e che quindi ritiene perturbante per la sua libertà. Le formulazioni astratte e reificate del liberalismo sradicano l’uomo dalla sua esistenza storica concreta e trascendono le complessità della vita comunitaria. Nel suo idealismo filosofico, il liberalismo privilegia quindi la perennità dell’uomo come categoria nominale, ideativa e immutabile rispetto all’uomo nella vita reale, come homo cultus saldamente radicato in una rete estesa di relazioni familiari e sociali, inserito in comunità storiche e cresciuto all’interno di particolari nazioni o culture.

 

Allo stesso tempo, forse influenzato dalla sua discendenza e dal suo impulso protestante, il liberalismo ritiene che le potenzialità, i poteri e la dignità dell’uomo non siano stati pienamente realizzati – la sua apoteosi è stata interrotta – a causa dei vincoli strutturali posti sull’uomo che lo separano dal suo telos universale. Questo astio contro l’ordine ereditato radica nel pensiero liberale un desiderio di cambiamento che è in tensione con ciò che il liberalismo considera immutabile, cioè la sua visione essenzialista dell’uomo come homo liber. Poiché trova sgradevole la realtà data – il mondo così com’è – il liberalismo deve sviluppare un’apposita teoria della storia che possa accogliere il cambiamento sociale.

 

L’obiettivo della storia deve essere il progresso umano verso una società in cui tutti sono completamente uguali e l’uomo è pienamente razionale, interamente libero e perfettamente produttivo. L’uomo è un agente teleologico che attualizza la padronanza quasi sovrumana dell’umanità sulla natura e sulla materia. Privilegiando la linearità rispetto alla vecchia ciclicità del tempo (principalmente pagana), il liberalismo adotta una visione apocalittica, seppure astorica, della storia, finalizzata alla realizzazione dell’Utopia o della Città di Dio sulla Terra: una società “giusta” che realizza pienamente i principi egualitari universali, sradicando ogni differenza, distinzione e legame. Una “nuova” società in cui l’antropologia filosofica fissa del liberalismo e la sua nozione idealistica di libertà umana sono attuate e raggiunte attraverso il livellamento e la massificazione delle persone (e l’appiattimento della cultura superiore e dei suoi imperativi gerarchici).

 

Le contraddizioni interne del liberalismo sono difficili da risolvere senza ricorrere al potere sovrano dello Stato moderno.

Queste tensioni non sono mai state facili da conciliare. L’ascesa dell’utilitarismo, dell’hegelismo e del marxismo nel XIX secolo può essere intesa in parte come il primo tentativo dell’Occidente di affrontare e risolvere le suddette antinomie a favore del progresso, dell’universalismo e del controllo, che Bentham, Hegel e Marx vedevano come potenzialità incarnate nello Stato moderno o nella dialettica storica che potevano essere utilizzate per avanzare e raggiungere la libertà.

Nella sua forma più influente, il Romanticismo, con la sua glorificazione dell’uomo comune, il sentimentalismo, il soggettivismo e il democratismo, fu un’altra emanazione. Il suo esponente più importante, Jean Jacques Rousseau, reagì contro l’interpretazione illuministica della libertà, riconcependo l’uomo come originariamente e naturalmente perfetto e concentrando la sua interpretazione sull’autonomia e sull’emancipazione dell’uomo dalle “catene” della società. Secondo Rousseau, la libertà sarebbe sinonimo e impossibile da raggiungere senza l’uguaglianza, una mossa che ha provocato le tendenze politicamente rivoluzionarie insite nel liberalismo – presto incarnate dai giacobini – e che da allora è diventata un aspetto ineludibile della modernità liberale.

 

In contrasto con la spinta all’omogeneità, alla convergenza storica e all’uniformità globale del liberalismo standard, un liberalismo che privilegiava la libertà personale e intellettuale e conservava alcune delle sensibilità gerarchiche e aristocratiche del vecchio mondo occidentale, era rappresentato da personaggi come Alexis de Tocqueville, Jacob Burckhardt e John Stuart Mill. Sottolineando l’autonomia privata rispetto al dominio (cfr. la prima antinomia), questi pensatori ponevano maggiore enfasi sull’individualità, sulla libertà di pensiero e su un governo limitato.

 

Va notato che l’enfasi sulla libertà umana come valore culturale determinante non è appannaggio esclusivo della modernità liberale, così come viene usata in questa sede. L’ Homo liber è formativo nello sviluppo dell’umanesimo rinascimentale incarnato dal pensiero di Montaigne e Machiavelli, che hanno preceduto il liberalismo e sono stati suggestivi di una modernità alternativa. Forse influenzato dai pensatori dell’Illuminismo scozzese, Edmund Burke fu un proto-liberale, o un liberale esitante, che privilegiando la religione, la virtù e gli elementi ancestrali e tradizionalisti, tentò di creare una sintesi tra il liberalismo Whig e il conservatorismo europeo del tardo XVIII secolo, sperando di indicare la strada per una rivitalizzazione della vecchia eredità occidentale in via di calcificazione.

L’approccio sincretico di Burke non trovava un conflitto tra l’apprezzamento per l’individualità e la diversità e l’enfasi sulla comunità e sulla monarchia ereditaria. Difensore dell’aristocrazia e della diversificazione sociale, era fortemente antiegalitario e sosteneva una sorta di unità organica. Burke attribuiva grande importanza alla cultura, alla gerarchia e all’immaginazione come collante della società e rimase un critico acuto dell’idealismo astratto e dell’individualismo razionalistico. Aborriva l’incapacità di comprendere la natura storica dell’esistenza umana, compresa la grande dipendenza dell’umanità dalle forme ancestrali. L’atomismo sociale e gli astratti diritti individuali di un John Locke gli erano del tutto estranei. Burke offriva un’interpretazione più gradualista del progresso che si scontrava fondamentalmente con il ceppo dominante del liberalismo del suo tempo, che diede origine alla Modernità liberale.

 

Nonostante le spinte primarie della Modernità liberale, il pensiero liberale stesso non è mai stato del tutto univoco. Non ha offerto un’unica interpretazione della libertà, né c’è stato un accordo uniforme sullo strumento o sul meccanismo per raggiungerla. Ciò che unifica i diversi orientamenti che hanno dato forma alla modernità liberale, tuttavia, è un profondo idealismo filosofico. Al di sotto delle varie interpretazioni della libertà si nasconde una comune antropologia filosofica, fissata sull’universalità e l’indivisibilità dell’idea dell’uomo come agente libero, l’homo liber come categoria assoluta che sovrasta tutti gli altri valori umani contestati che conducono alla prosperità umana.

 

Un profondo idealismo filosofico unifica i diversi orientamenti della modernità liberale.

Secondo questa visione idealistica e riduzionista dell’uomo, tutti gli esseri umani sono innatamente liberali e lo sarebbero anche nella vita reale, a meno di impedimenti esterni o sociali che corrompono la loro costituzione liberale interna. Come osserva giustamente il filosofo John Gray, tale convinzione rende il desiderio missionario di sopraffare ed eliminare continuamente le forze oscure e disgregatrici considerate antiliberali – una nuova forma di “male” – una parte intrinseca dell’agenda liberale.

 

In modo sottile, i paradossi di cui sopra animano gli attuali conflitti nelle società occidentali, mostrandoli come sintomi della generale malattia filosofica – in ultima analisi, psicologica e persino fisiologica – al cuore della modernità liberale.

 

Il secondo avvento totalitario del liberalismo

Poiché tutti i sistemi tendono a resistere al loro disfacimento e alla discesa nel disordine, il liberalismo è stato spinto a risolvere le sue contraddizioni intrinseche in una nuova unità, cosa che ha fatto favorendo l’elemento più totalitario o ordinatore di ogni antinomia. Questo spiega l’evoluzione del liberalismo nel XX secolo. Una delle prime conseguenze della battaglia interna del liberalismo per raggiungere una nuova forma più sostenibile è stata l’alba dell’ordine “neoliberale” e l’ascesa del liberalismo (tardo-moderno) che è oggi il nostro Zeitgeist. Questa trasformazione è più il destino del liberalismo, più il prodotto di un suo desiderio di sopravvivenza, che una perversione o un tradimento dei suoi ideali – che è la convenzionale interpretazione conservatrice/classica “liberale” degli sviluppi contemporanei.

Data la crisi di legittimità che la tarda modernità liberale si trova ad affrontare, le tensioni interne allo schema liberale vengono risolte in modi sempre più autoritari e totalitari. Come accennato in precedenza nella discussione della terza antinomia, la Modernità è stata ispirata dall’impeto di una nuova forma di immaginazione che evocava una visione del mondo trasformato. Questo desiderio sognante e missionario di un mondo migliore, che giustificava e ampliava il campo di intervento attivo dell’uomo, rafforzava le potenzialità totalitarie del meliorismo razionalistico, conferendo alla Modernità una dimensione quasi spirituale.

 

La crisi di legittimità della modernità liberale invita a reazioni autoritarie e totalitarie.

Dopo la Seconda guerra mondiale, il liberalismo moderno ha risolto efficacemente la prima tensione – dominio contro autonomia – ricorrendo all'”egemonia”, in cui il dominio culturale e intellettuale viene mascherato e presentato come liberatorio, con l’Altro che dà un consenso spontaneo o riflessivo. La seconda tensione – universalità contro soggettivismo – è stata risolta attraverso l'”ideologia”, per cui tutti sono condizionati e propagandati a credere le stesse cose. La riserva di universalità viene mantenuta stabilendo l’identità dell'”uomo”, come inteso dal liberalismo, con l'”universale”.

 

La terza e ultima tensione – perennialismo vs. meliorismo – trova soluzione nella “tecnocrazia” e nel nuovo “culto della competenza”. Una nuova classe di mandarini viene socializzata (soprattutto attraverso l’università moderna) e installata in posizioni di potere e influenza nella cultura in generale. A sua volta, questa classe indottrina il pubblico e funge da “avanguardia” del nuovo regime. Questa classe professionale-manageriale ha il compito di condurre le mandrie di uomini verso la terra promessa, cosa che tenta di fare attraverso l’uso selettivo della “scienza” (la fede secolare), dell'”ideologia” (le nuove scritture) e della tecnologia (un bastone da pastore) per il controllo, l’emissione del messaggio, il monitoraggio e la manipolazione.

 

Alla base di questa risoluzione c’è la crescente fiducia che il Controllo sia necessario e fonte del Bene. Impiegato in modo appropriato, alla fine creerà un’utopia di giustizia sociale. Il mito del progresso si consolida nell’idea che, in teoria, tutto può essere conosciuto e che la conoscenza umana può essere illimitata (cfr. certezza epistemologica); che l’applicazione della conoscenza disponibile (scientismo/positivismo) al mondo materiale e sociale, la definizione stessa di tecnologia, guida l’umanità verso la perfettibilità; e che questo processo raggiungerà il miglioramento della condizione materiale e morale di tutta l’umanità.

 

Mentre la ricerca del dominio inizialmente si maschera come liberazione dalle vecchie strutture e gerarchie mantenute dalla tradizione, dall’aristocrazia o dalle istituzioni patriarcali, la ricerca del dominio sulla natura e poi sulla società richiede, col tempo, l’acquisizione e la sovversione della società stessa, un progetto ingegneristico completo. Questa ricerca richiede l’indottrinamento finale di esperti che si considerano, a ragione, oracoli dell’età moderna in grado di prevedere il corso della Storia. Questa tendenza è perfettamente esemplificata da John Stuart Mill, per il quale il dibattito libero distrugge le credenze e le istituzioni tradizionali e pone le basi per il dominio di esperti illuminati, animati da quella che Mill chiama, con Auguste Comte, la “religione dell’umanità“.

Il liberalismo moderno ha creato un triplice apparato di controllo e di conformità attorno a “egemonia”, “ideologia” e “tecnocrazia”.

È interessante notare che, date le sue radici quasi cristiane, l’inclinazione altruistica e moralmente egualitaria del primo liberalismo viene innescata e problematizzata già durante il XIX secolo, quando le condizioni di vita ordinarie di molte persone nelle aree urbane peggiorano con l’aumento dell’industrializzazione e la massificazione che l’accompagna. Nel marxismo, figlio ideazionale e utilitaristico della modernità e del liberalismo, si trova il riconoscimento, e forse la prima reazione sistematica, alle complessità e ai problemi scatenati dalla continua presenza di disuguaglianze socio-economiche e alla profonda inquietudine che questa realtà contraddiceva il mito del progresso.

 

 

Molti – utilitaristi, rivoluzionari marxisti in senso estremo e (più tardi) leader del Movimento Progressista – giunsero alla conclusione che il “progresso” non avrebbe potuto realizzarsi senza l’intervento umano. La consapevolezza che il progresso richiederà di essere plasmato e incanalato attivamente ha richiamato l’attenzione sull’importanza della leadership e delle élite. Per guidare il popolo, un nuovo ordine di rango, presumibilmente basato su meriti e credenziali, doveva essere giustificato e dotato di autorità. Il liberalismo prebellico (conservatore) cercò di resistere a queste convinzioni, ma il liberalismo postbellico (ispirato dal New Deal di FDR) le combinò con gli ideali di progresso sociale e di uguaglianza globale nel neoliberismo. Lo Stato avrebbe ora acquisito un ruolo più centrale e collaborato con le grandi imprese per fornire beni pubblici e giustizia sociale ed economica. Il liberalismo moderno identificava quindi la liberazione con un progressivo egualitarismo il cui raggiungimento comportava un aumento dei controlli sociali e politici.

 

Il liberalismo e il marxismo si sono rivelati come espressioni diverse dello stesso Giano moderno, cioè come schemi diversi che cercano di formalizzare e razionalizzare l'”essere-nel-mondo” o “sé” moderno. Questo Giano Moderno difende l’uguaglianza e il progresso come segni distintivi della libertà umana e professa di abbattere le vecchie gerarchie per realizzarli; eppure, asservisce l’uomo a forme sempre nuove di gerarchia innaturale e di controllo sotterraneo, sacrificando la grandezza umana e la fioritura culturale sull’altare della mediocrità e dell’omogeneità.

 

La modernità è una creazione occidentale, ma i suoi effetti non si limitano all’Occidente. Come una termite, divora le gerarchie radicate delle civiltà, lasciando dietro di sé solo un guscio vuoto.

La modernità è una creazione occidentale, ma i suoi effetti non sono limitati al mondo occidentale. Ovunque venga introdotto e qualunque forma assuma alla fine, questo Proteo dalle molte forme e facce dissangua e corrode la civiltà che lo ospita, lasciando solo un guscio vuoto che vacilla sul baratro, forse più che in Occidente. In tutto il mondo, questo dio trasmigrato appiattisce maniacalmente la società e sfigura o distrugge le istituzioni ereditate, mentre, allo stesso tempo, innalza nuove strutture di repressione e subordinazione totale. Incarna la forza anti-vita e anti-cultura per eccellenza.

 

Allora, cosa spiega il notevole successo e la resistenza dell’ordine mondiale neoliberale e l’attrazione del suo programma di negazione della vita?

 

Le fonti del potere (e del declino?) del liberalismo

Il successo travolgente del liberalismo contemporaneo nelle società occidentali è dovuto all’uso efficace di quello che può essere definito il circuito di retroazione egemonia-prestigio. L'”egemonia” è il processo attraverso il quale una classe dominante stabilisce il controllo socio-culturale sui gruppi subordinati, sposando e segnalando la propria leadership morale e intellettuale su di essi in modo tale che le classi inferiori acconsentano effettivamente alla propria dominazione da parte delle classi dominanti. La conformità degli inferiori è assicurata attraverso la segnalazione delle élite, in cui le classi superiori usano il loro capitale sociale o “prestigio” per indicare al pubblico comportamenti corretti da emulare, nonché facendo leva sulla loro posizione all’interno dell’establishment socio-politico per sfruttare il potere della propaganda moderna.

 

In questo processo, la narrazione delle élite, che trasmette la loro benevolenza e la visione di una società migliore per tutti, viene interiorizzata dalle masse e trasformata in una narrazione “sacra”, che le condiziona ad agire come desiderato, in modo che non ci sia bisogno di forzarle o costringerle. Nel loro immaginario è radicata la convinzione che con i loro governanti partecipano, ritualmente e simbolicamente, a cause giuste e cosmopolite, persino sacre.

La tecnologia moderna e i social media hanno solo aumentato il raggio d’azione delle élite e il loro monopolio sulla “verità”, mentre i resoconti che se ne discostano vengono attivamente respinti come disinformazione. Garantire la conformità è un processo a più livelli che utilizza il securitarismo e l’armamento della “crisi” come veicoli attraverso i quali le élite raggiungono la solidarietà di classe, i dissidenti vengono ulteriormente emarginati e il pubblico in generale subisce una “formazione di massa”.

 

Questo processo di omogeneizzazione rafforza le identità di gruppo attraverso le linee di classe e ossifica le posizioni sociali, proteggendo, riaffermando e rafforzando lo status quo. L’ homo liber genera così il suo inevitabile altro, quello che il filosofo italiano Giorgio Agamben chiama acutamente homo sacer, l’uomo “maledetto” o “bandito” che vive in una sorta di purgatorio tra la cittadinanza e il controllo statale, essendo allo stesso tempo membro di una comunità politica e vivendo al di fuori di essa a causa del suo rifiuto di conformarsi alle nuove norme stabilite.

 

Questo processo si estende oltre l’Occidente. In diverse società, le caste superiori – che si identificano con gli ideali occidentali di progresso liberale – formano un blocco ideativo liberale decentralizzato e informale che serve a promuovere, come forma di vita ideale, l’ordine mondiale neoliberale e la sua apposita ideologia universalista. L’ imprinting globale dell’ideologia liberale tra le élite internazionali di diverse civiltà, che la usano come moneta di potere e di status, globalizza l’egemonia culturale del liberalismo e dà potere alle istituzioni e alle ONG occidentali che perpetuano l’ideologia. Questa dinamica rafforza il sistema mondiale neoliberale esistente e le organizzazioni internazionali che lo difendono con il potere della semiotica e della retorica e con le loro regole ostinate, noiose e arcane.

 

L’inevitabile conseguenza della Modernità liberale è la proliferazione del totalitarismo morbido o interiorizzato, dell’omogeneità e del conformismo globale, in nome della libertà e della democrazia.

Il risultato è la proliferazione del totalitarismo morbido o interiorizzato e lo scatenamento dell’omogeneità e del conformismo in nome della libertà e della democrazia, non solo in Occidente ma a livello globale. Questo totalitarismo morbido è ancora più pernicioso della tirannia coercitiva o del totalitarismo duro, che si ottengono con la violenza, perché uccide la criticità, il dissenso e il libero pensiero, diminuendo l’energia spirituale o intellettuale necessaria per la sopravvivenza di una società sana. Il totalitarismo morbido è, in parte grazie ai suoi appelli all’immaginazione sognante e alle ricerche utopiche, anche molto più sottile della tirannia coercitiva esteriore. Ed è più difficile da individuare, per non parlare della difficoltà di resistergli.

 

Il totalitarismo morbido è anche più socializzato, incoraggiando la cittadinanza a diffamare, ostracizzare e cancellare le voci dissidenti che si ritiene abbiano violato un implicito vincolo sacro, dando vita a una dinamica noi contro loro, in cui l’identità collettiva è forgiata in un’opposizione manichea all’Altro. Questa forma di guerra alla mente del totalitarismo premia i dogmi e i luoghi comuni più che l’imparzialità e il buon senso. Promuove il pensiero di gruppo come mezzo per monopolizzare il pensiero, anzi, la percezione stessa della realtà. L’obiettivo è chiaro: garantire lo status quo contro qualsiasi rottura e superamento radicale.

 

Un fattore importante che rivela e contribuisce all’ascesa del totalitarismo soft è che il confine originario tra Stato e società civile, tra pubblico e privato – divisione che era stata enfatizzata nel primo liberalismo – è oggi sempre più sfumato e inaridito. Una profonda crisi epistemologica su ciò che è conoscenza, esacerbata dall’accelerazione della politicizzazione di tutti gli aspetti della vita, aggrava la dinamica totalizzante. La crescente disintegrazione dei confini e delle distinzioni sociali nella tarda Modernità liberale, e la confusione e l’assenza di significato che ne derivano, fanno presagire una crisi d’ autorità di prim’ordine, in cui sia la classe politica (governo e burocrazia statale) sia gli esperti e persino la conoscenza che professano (“scienza”) vengono gradualmente ripudiati. Tutto ciò fa presagire un maggiore allontanamento, una polarizzazione, un conflitto futuro e persino una rivoluzione sociopolitica. Inoltre, alza ulteriormente la posta in gioco per la Modernità liberale: esercitare il potere diventa un problema esistenziale.

 

La preoccupante traiettoria della tarda modernità liberale verso la perdita di autorità fa presagire futuri conflitti sociali; inoltre, rende l’esercizio del potere un imperativo esistenziale per l’imperium liberale.

La risposta naturale dell’establishment a questa crisi definitiva di legittimità è quella di consolidare e combinare lentamente l’apparato di controllo sociale e di formazione della cultura (cioè i media, le grandi imprese e il mondo accademico), storicamente appannaggio della società civile, con i meccanismi di comando politico e di autorità legale già a sua disposizione. In effetti, si crea una struttura massiccia e complessa di controllo e conformità, un regime integrato che può essere chiamato imperium liberale.

 

L’imminente guerra contro l’imperium

L’ imperium liberale, ancora in fase di consolidamento, è una mostruosità hobbesiana. Influenzato dalla guerra civile inglese, Hobbes aveva in mente uno Stato con un controllo assoluto, ma con lo scopo limitato di mantenere l’ordine. Il nuovo Leviatano aspira a un controllo totale. Sembra decentralizzato, ma è integrato attraverso le classi e le ideologie, con un chiaro gruppo interno e un gruppo esterno e le masse apatiche (cfr. l'”ultimo uomo”) nel mezzo. Il profondo risentimento del gruppo esterno, unito alla generale mancanza di capacità d’azione politica della popolazione, rende quest’epoca storica particolarmente incline al pensiero cospirativo, che dobbiamo identificare come un altro sintomo della patologia generale del paradigma tardo-moderno.

Il filosofo italiano Antonio Gramsci ha osservato in modo preveggente quasi cento anni fa: “Quando lo Stato ha tremato, si è subito rivelata la robusta struttura della società civile. Lo Stato era solo un fossato esterno, dietro il quale si trovava un potente sistema di fortezze e di sbarramenti“. La robusta struttura di cui parla Gramsci – forse il ventre del moderno Leviatano – è stata continuamente rivelata e usata come arma dall’establishment nell’inquadrare le nostre numerose guerre infinite, il COVID, l’ESG e, più recentemente, la guerra in Ucraina.

 

In tutti questi casi, i meccanismi di controllo sociale e di addomesticamento sono regolarmente impiegati per ottenere il consenso quasi spontaneo del pubblico attraverso la “formazione delle masse” e per trasformarle, attraverso la mobilitazione psicologica, in collaboratori inconsapevoli, se non addirittura consenzienti, del regime e dei suoi fini desiderati. Questi fini sono mascherati come prerequisiti per la libertà e persino mascherati come morali e giusti, ma equivalgono a una spaventosa sovversione della libertà e del senso comune.

 

L’ascesa del regime integrale può sembrare promettere alla classe dirigente una sorta di stabilità, ma è più che probabile che si tratti di una fase transitoria. È improbabile che l’attuale stato di cose sia sostenibile per decenni e potrebbe degenerare in un vero e proprio totalitarismo, con tutte le sue dimensioni politiche oppressive e pericolose.

 

Il Leviatano di Hobbes aveva lo scopo limitato di mantenere l’ordine civile. Il Leviatano moderno aspira a un dominio totale, che non è sostenibile.

Resta da vedere se il risveglio ancora incoerente, anche se vigoroso, dell’apparato di controllo liberale genererà un desiderio radicale e tragico di “superamento” (la décadence) tra il crescente numero di gruppi (di prestigio) emarginati in Occidente, le persone che si sono liberate dalla caverna liberale e vedono attraverso la sua falsa costruzione, o quelle provenienti da altre civiltà la cui Weltanschauung è in conflitto con il paradigma liberale moderno. Sembra che sia iniziato un contraccolpo, anche se ancora per lo più embrionale, e se si rafforzerà, ci si può aspettare che l’imperium liberale colga ogni opportunità per securizzare ulteriormente e armare le crisi al fine di eliminare questi neonati dissenzienti prima che diventino adulti.

 

L’uomo era il soggetto del progetto moderno, ma sempre più spesso questo soggetto è stato trasformato nell’oggetto preferito della modernità: è stato trattato come una tela bianca su cui imprimere il nuovo ordine. Quindi, proprio mentre il regime cerca di in-formarci, noi dobbiamo dis-formarci in una lotta radicale contro il nostro stesso io conformato. È in questo spirito che dobbiamo cercare di comprendere la famosa nozione di Nietzsche di “volontà di potenza”. Il tedesco ci esorta ad andare oltre la politica, le sue banalità e la sua partigianeria, per smantellare e sublimare i complessi sistemi di potere culturale e di prestigio sociale che l’egemonia ideologica della modernità liberale ha imposto.

 

Questo radicalismo spirituale e intellettuale è il primo passo per coltivare una contro-élite “dionisiaca” che rifiuti attivamente l’idealismo moderno e le illusioni ideologiche liberali, come il “progresso” o la “felicità”, a favore di un realismo concreto e storicamente radicato che consacri la vita, la natura, la società organica e la salute culturale.

 

In quest’ora fatidica, abbiamo bisogno di un realismo tragico e radicale, che gridi un duro No alla decadenza negatrice della vita e un duro Sì ai vincoli e ai limiti rigenerativi posti all’uomo dagli imperativi dell’unità organica e dell’evoluzione umana.

[1] http://italiaeilmondo.com/2022/03/17/guerra-in-ucraina-qual-e-la-posta-in-gioco-culturale_di-roberto-buffagni/

[2] http://italiaeilmondo.com/2022/03/28/realta-parallela-e-realta-della-guerra-ii-parte-di-roberto-buffagni/

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Quattro analisi operative e strategiche sulla guerra in Ucraina del gruppo di lavoro Black Mountain, a cura di Roberto Buffagni

Quattro analisi operative e strategiche sulla guerra in Ucraina del gruppo di lavoro Montagna Nera

 

 

Queste quattro analisi operative e strategiche sulla guerra in Ucraina, elaborate tra il novembre 2022 e il febbraio 2023 e da leggersi in sequenza, si devono a “Black Mountain”, un gruppo di lavoro che diffonde i suoi articoli a mezzo Substack, https://bmanalysis.substack.com/ .

Il nome collettivo “Montagna nera” fa pensare che il gruppo di lavoro o almeno il suo leader, “Aleks”, sia montenegrino: in lingua serba, il Montenegro si chiama appunto Црна Гора, Crna Gora, Montagna nera. A ulteriore indizio dell’appartenenza etnica slava degli estensori, la struttura grammaticale delle frasi; il blog è redatto in inglese internazionale corrente, ma la struttura sintattica è spesso quella tipica delle lingue slave.

Montagna Nera” è chiaramente schierato a favore della Russia, in questo conflitto. Vanno dunque prese con più d’un grano di sale le sue analisi, facendo la dovuta tara all’inevitabile parzialità delle interpretazioni. La qualità professionale degli scritti, però, è elevata, e costante il tentativo di delineare analisi obiettive. Ovviamente, inoltre, gli autori hanno il vantaggio di accedere direttamente alle informazioni diffuse nelle lingue slave.

Comunque, è sempre molto utile informarsi anche da fonti non occidentali e pro-russe, che in Italia e in genere in Occidente non sono accessibili.

 

 

Analisi di Black Mountain:

L’obiettivo di questo blog è quello di tenere aggiornati gli iscritti su argomenti importanti.

Siamo specializzati nei seguenti argomenti:

  • Analisi geopolitica
  • Economia
  • Analisi dei conflitti

Squadra:

  • Aleks (Fondatore, Amministratore):

Aleks è laureato in Ingegneria, Informatica ed Economia.

Ha lavorato in diverse posizioni e ruoli internazionali.

Inoltre, ha diretto progetti internazionali di informatica ed economia.

Aleks ha analizzato gli eventi internazionali e geopolitici dal 2010 su diverse piattaforme.

 

 

https://bmanalysis.substack.com/p/war-analysis-7b3

Analisi della guerra

Analisi della fase 3 della guerra in Ucraina

 

Aleks

24 novembre 2022

Introduzione

Benvenuti alla mia analisi della terza fase dell’Operazione militare speciale (OMS) russa in Ucraina. Fase 3? Sì, la Fase 3. Sulle fasi abbiamo solo pochi riferimenti da parte dei funzionari russi. In particolare, quando è iniziata ufficialmente la Fase 2, abbiamo avuto alcuni commenti da parte di funzionari russi. E questo è tutto. Per questo ho deciso di fare una mia classificazione delle fasi di questa guerra. L’ho già presentata in alcuni articoli. In particolare, potete leggerla nell’analisi della Fase 2.

Secondo la classificazione di Black Mountain, siamo ancora nella Fase 3. Ciò significa che questa analisi conterrà eventi già accaduti e inevitabilmente alcune previsioni su come gli eventi potrebbero svolgersi in futuro. La Fase 3 è iniziata all’incirca nell’agosto 2022 ed è ancora in corso.

Poiché sono avvenuti e avverranno molti eventi importanti, dovrò mantenere i capitoli brevi.

Anche se ho indicato il riferimento alle mie classificazioni di fase, riassumerò di seguito la definizione di Fase 3:

La fase 3 è stata attivata, poiché la NATO ha intensificato i rifornimenti, il comando e il controllo delle forze ucraine. Questo ha impedito il collasso delle forze ucraine nella Fase 2. Lo scopo della Fase 3 è quello di uccidere il potenziale materiale e umano ucraino in regioni militarmente favorevoli per i russi e di sovraccaricare il più possibile sia la logistica ucraina che quella della NATO in Ucraina, per innescare un collasso totale dell’Ucraina e quindi la sua totale sconfitta. Per accelerare il risultato, si possono colpire le infrastrutture logistiche ed energetiche dell’Ucraina.

Questo articolo lo spiegherà in dettaglio.

Condizioni preliminari

Fase 1

Leggete il mio articolo sulla Fase 1.

Fase 2

Leggete il mio articolo sulla Fase 2.

Obiettivi

Ripeterò, come ho già fatto più volte, Clausewitz. “La guerra non è altro che la continuazione della politica con altri mezzi”. Si vince una guerra raggiungendo gli obiettivi fissati dalla leadership politica. E qui, come ho fatto nelle ultime due analisi, sottolineerò ancora una volta gli obiettivi. È importante ribadirlo il più possibile. Perché? Perché la maggior parte dei commentatori dimentica sempre quali sono gli obiettivi e cerca di analizzare o criticare la guerra, partendo dal presupposto che la guerra viene combattuta solo per l’unico scopo di combattere una guerra. Questo è assolutamente sbagliato.

Questi sono gli obiettivi fissati dalla leadership russa:

  1. Denazificazione dell’Ucraina.
  2. Smilitarizzazione dell’Ucraina.
  3. Assicurare alla giustizia gli ucraini che hanno commesso crimini di guerra contro la propria popolazione dal 2014 in poi.
  4. Liberare il Donbass per garantirne l’indipendenza e la sicurezza.

Questi sono gli unici obiettivi dell’Operazione militare speciale (OMS).

Vi spiegherò in dettaglio come sarà probabilmente realizzata l’implementazione.

Situazione del personale nell’esercito russo

La fase 3 è iniziata nell’agosto 2022. Agosto è stato un mese difficile per l’esercito russo.

Molti soldati russi si arruolavano per un certo periodo. Ad esempio, per mezzo anno. A causa della necessità di segretezza, la maggior parte dei soldati non sapeva con certezza che ci sarebbe stata una guerra e che avrebbero partecipato a questa guerra. Per questo motivo tutti i contratti venivano emessi con periodi di servizio normali. Questo ha portato alla fine alla situazione in cui una parte non trascurabile dell’esercito d’invasione professionale russo ha avuto contratti in scadenza alla fine di luglio del 2022.

Non ho i numeri esatti, quindi non voglio tirare in ballo cifre inventate. Quello che so è che i soldati che hanno lasciato l’esercito, a causa dei contratti in scadenza, sono molto più numerosi di quelli che possono essere introdotti. Di fatto, ciò significa che dall’agosto 2022 in poi, le dimensioni delle forze russe in Ucraina sono diminuite in modo significativo.

Tuttavia, la linea di contatto aveva ancora la stessa lunghezza. Il che significa meno truppe per miglio (densità) rispetto a prima. Poiché nella realtà non abbiamo ogni X miglia Y soldati, questa è solo una media. In realtà meno regioni/villaggi erano presidiati da truppe russe. Sì, la Russia ha utilizzato ampiamente le milizie del Donbass, ma non erano sufficienti a contrastare l’intero resto dell’Ucraina e i mercenari della NATO. Cosa che, tra l’altro, non dovrebbero fare affatto.

Riassumendo possiamo concludere che la situazione del personale per i russi è peggiorata bruscamente nell’agosto 2022.

Formazione e attrezzature dall’estero per l’Ucraina

L’Ucraina, invece, iniziò a mobilitare il maggior numero possibile di cittadini abili fin dall’inizio della guerra. In primo luogo, furono utilizzati per tappare le falle e stabilire una difesa lungo l’intera linea di contatto e per costituire riserve. Poi, i soldati appena reclutati furono utilizzati per tappare le falle in prima linea. Nella fase 2, la macinazione consumò decine di migliaia di soldati in prima linea, tra morti e feriti.

Ma durante la Fase 2, l’Ucraina ha raggiunto un punto in cui ha stabilizzato la situazione. Il rapporto tra le perdite sul fronte e il reclutamento di nuove truppe si stabilizzò e i migliori mobilitati poterono essere separati per essere inviati all’estero per l’addestramento. Si verificò la situazione per cui l’Ucraina mobilitò persone da un lato per essere immediatamente, e quasi senza addestramento, nelle trincee per tappare i buchi, e dall’altro per essere inviate all’estero per l’addestramento.

Perché mandarli all’estero? Perché addestrarli e non utilizzarli subito in prima linea, per dare una svolta alla guerra? La NATO ha capito correttamente che la Russia è superiore in quasi tutto. Ma non nel numero di truppe impegnate in Ucraina. Ecco perché sono stati progettati piani per addestrare ed equipaggiare un gran numero di truppe all’estero, dove non possono essere prese di mira durante o subito dopo l’addestramento. Verrebbero addestrati secondo gli standard della NATO per essere utilizzati in operazioni particolari e predeterminate, per sfruttare appieno la più grande debolezza della Russia. Il numero dei suoi soldati in Ucraina.

Diverse decine di migliaia, secondo alcune fonti fino a centomila, di truppe sono state addestrate negli Stati dell’UE. Dotati di equipaggiamento NATO, il loro compito sarebbe quello di attaccare le posizioni strategiche russe con tecniche di onda umana e di stressare la loro logistica e la loro concentrazione di forze in diverse sezioni a tal punto che le forze russe semplicemente crollerebbero. Come descritto nell’analisi della Fase 2, l’unica possibilità per l’Ucraina è quella di sfruttare il fatto che la Russia sta conducendo una SMO e non una guerra vera e propria. Perciò ha solo un numero limitato di truppe impegnate. Se queste truppe venissero superate, farebbero una delle seguenti cose:

  • Ritirarsi da una determinata sezione per evitare di essere sopraffatti e sconfitti.
  • L’essere tagliati fuori dai rifornimenti e alla fine essere catturati come prigionieri di guerra o uccisi per questioni di propaganda.

Uno dei due eventi l’abbiamo già vissuto più volte. L’altro no.

L’approccio dell’Ucraina

La Russia era pienamente consapevole del fatto che deve gestire una guerra con risorse umane limitate e che la NATO sta cercando di sfruttare questo fatto, con un bacino di risorse umane che può essere sfruttato a meno di far crollare le funzioni vitali dello Stato. Questo punto è già stato raggiunto, mentre scrivo questo testo.

Pertanto, i pianificatori russi dovevano progettare una strategia che comprendesse molte manovre, appostamenti e inganni. Solo così la Russia avrebbe potuto gestire una forza nemica così grande. Alla fine abbiamo visto che non era ancora sufficiente, ma tornerò su questo punto più avanti.

Ora diamo un’occhiata a diversi eventi per capire le strategie applicate.

Gli ucraini hanno annunciato in anticipo che avrebbero iniziato un’offensiva su Kherson e infine sulla Crimea. Ovviamente, è piuttosto strano che qualcuno annunci la propria strategia militare in anticipo. Ma sembra che i russi avessero informazioni sul fatto che doveva essere la verità e si siano preparati di conseguenza. Una grande formazione russa è stata schierata a ovest del Dnieper. Non solo una forza numerosa, ma anche molto elitaria. Qui sono state schierate molte unità di paracadutisti, che non sono state progettate per operazioni difensive a lungo termine. È un segno di sovraccarico.

A mio avviso, le forze impegnate sul fronte di Kherson erano assolutamente sufficienti per tenere la linea. E così è stato. Alla fine gli ucraini iniziarono l’annunciata offensiva su larga scala su Kherson in agosto. Ogni ondata di ucraini fu sconfitta. La situazione causò, fino alla sua conclusione preliminare nel novembre 2022, diverse decine di migliaia di vittime da parte ucraina.

Ho sentito molte fonti e scenari. E ho concluso che il seguente scenario era il più probabile. Sembra che il comando della NATO abbia pianificato di sistemare un gran numero di truppe russe, soprattutto quelle più d’élite, a Kherson. Mentre prepara segretamente un’altra offensiva su larga scala a Kharkov (territori russi di Kharkov) e la usa come chiave per applicare la massima pressione sulle operazioni russe nel Donbass. Infine, per innescare un crollo del fronte nel Donbass, proveniente da nord.

Avrebbe potuto funzionare davvero. Se la Russia non si fosse mobilitata (la maggior parte dei soldati che hanno lasciato l’esercito, dopo la scadenza del loro contratto nel luglio/agosto 2022, sono stati direttamente ri-mobilitati e rimessi in servizio senza ulteriore formazione. Erano già esperti. Quindi, il fronte settentrionale del Donbass avrebbe potuto essere stabilizzato direttamente.

Il piano della NATO è stato vanificato. Ora l’approccio successivo era quello di tagliare fuori le truppe russe più esperte sulla sponda occidentale del Dnieper. E sconfiggerle o farle prigioniere. Sarebbe stata l’ultima grande opportunità per vincere la guerra. Perché, vincere la guerra? Dobbiamo ricordare, come ho sottolineato nell’analisi della Fase 1 e 2, che se un partito raggiunge gli obiettivi fissati dalla leadership politica, ha vinto. Non importa quante vittime ci siano state, ecc. Ebbene, ho sottolineato in questi articoli che gli obiettivi dell’Ucraina sono gli obiettivi dell’Occidente e della NATO e sono semplici… Possiamo scomporli in: “Far crollare la Russia come Stato e rimuovere il Presidente Putin”.

Se ci pensiamo, diventa chiaro che se 40.000 truppe russe, molte delle quali d’élite, fossero intrappolate sulla riva occidentale del Dnieper, non potrebbero essere salvate. Sarebbero stati annientati o fatti prigionieri. Cosa significa “essere intrappolati” sulla riva occidentale? Ebbene, dopo l’annuncio della mobilitazione, per l’Occidente era abbastanza chiaro che i piani precedenti erano nulli. Hanno avuto un’ultima possibilità, innescando un collasso in Russia. Tagliando fuori il raggruppamento russo sulla sponda occidentale del Dnieper. Distruggendo la diga del bacino di Kakhovka.

L’Ucraina ha accumulato circa 60.000 soldati, o più, per un’operazione del genere. Se la diga venisse distrutta, la logistica russa crollerebbe immediatamente. Senza logistica la Russia non potrebbe tenere la Cisgiordania. Soprattutto non contro un gruppo così numeroso.

Non so se questo piano avesse qualche possibilità di successo o meno. Quello che so è che il nuovo comandante della SMO, il generale Surovikin, decise che non valeva la pena rischiare e decise di ritirare tutte le truppe sul lato sinistro del Dnieper.

Questa decisione ha due implicazioni:

  1. Le truppe russe si salvano.
  2. L’ultima possibilità della NATO di vincere la guerra è stata vanificata. Considerando il fatto che presto, molto probabilmente a dicembre, altre 220.000 truppe russe mobilitate arriveranno sul campo di battaglia o nelle retrovie, non rimane alcuna possibilità teorica che possa portare a una vittoria ucraina. In sostanza, ritirandosi dalla città di Kherson, la Russia ha ucciso tutte le speranze dell’Occidente di ottenere qualsiasi tipo di vittoria o di potenziale negoziale (diverse migliaia di prigionieri di guerra russi). È finita. Ora si continuerà a uccidere, finché gli ucraini non crolleranno.

Per un’analisi dettagliata del ritiro e di tutte le implicazioni militari (in contrapposizione alle considerazioni geo-strategiche, indicate sopra) leggete il mio articolo secondo.

Il fronte principale, tuttavia, non è né Kharkov né Kherson. È infatti il Donbass. Poiché è l’obiettivo strategico della Russia, liberarlo. La maggior parte delle truppe e delle attrezzature è concentrata nel Donbass e sta conducendo, fin dall’inizio, operazioni offensive lungo l’intera linea di contatto.

Potreste chiedervi perché non ci sono progressi? Lo spiegherò più avanti, e l’ho già spiegato nell’analisi della Fase 2, ma per la Russia è molto favorevole combattere esattamente in questa posizione. Lasciate che gli ucraini trasportino tutte le loro truppe, i rifornimenti, le attrezzature attraverso l’intera Ucraina e allo stesso modo tornino indietro per le riparazioni. Combattere in un ambiente ostile. La popolazione del Donbass è chiaramente la più filorussa di tutte le regioni dell’Ucraina. Molto probabilmente la maggior parte dei civili se n’è già andata. Ciò significa che la Russia può semplicemente lasciare che gli ucraini arrivino e li uccidano ancora e ancora. Questo è esattamente ciò che sta accadendo. Gli ucraini stanno facendo ruotare spesso fuori formazioni totalmente ridotte (brigate e battaglioni) e le rimpiazzano con formazioni nuove e mobilitate. Alcuni lo chiamano tritacarne.

Inoltre, la Russia ha un dominio aereo totale nel Donbass e linee di rifornimento molto brevi verso la Russia. È il punto perfetto per continuare a combattere lì. L’unica ragione per cui sta ancora funzionando è che gli ucraini non devono cedere nemmeno un centimetro del loro territorio, perché altrimenti tutto il sostegno dei cittadini occidentali crollerebbe immediatamente, se vedessero la verità, cioè che il loro sostegno e le loro stesse sofferenze (l’Europa che si sta deindustrializzando e deenergizzando) sono vane. Condizioni perfette per la Russia per distruggere l’intero esercito ucraino in luoghi favorevoli e alle condizioni da essa dettate.

Mobilitazione

Ne ho parlato in diversi articoli. La NATO sa perfettamente che la sua unica possibilità di vincere la guerra è quella di consegnare alla Russia una tale sconfitta in una singola battaglia, che provocherebbe proteste di massa in Russia. E infine un colpo di stato contro Putin. Quindi, la prigionia di 40.000 soldati o eventi simili (lo so, esagerato, ma solo per evidenziare la strategia). Questo è possibile solo se l’Ucraina è in grado di sfruttare la più grande debolezza russa. Il numero limitato e basso di truppe russe in Ucraina. Ho descritto sopra gli approcci ucraini per sfruttare questo fatto. Anche se la probabilità che si verifichi un tale disastro è bassa, la probabilità è comunque troppo alta. Non fraintendetemi. La Russia sarebbe in grado di concludere l’SMO anche senza mobilitazione. Ma con uno sforzo molto maggiore di ogni singolo soldato e con il rischio che intere formazioni russe finiscano in cattività. Oppure, come ha detto il Presidente Putin, non ci sono abbastanza truppe disponibili per mantenere un fronte così ampio adeguatamente presidiato ed equipaggiato.

Una delle ragioni della mobilitazione è la necessità di contrastare in modo sicuro l’esercito ucraino. Più avanti in questo articolo vedremo che la Russia sarà costretta a conquistare passo dopo passo, man mano che l’esercito ucraino continua a crollare, l’intero territorio dell’Ucraina. Nelle prime due fasi tale necessità non era obbligatoria. Nella Fase 3 è necessaria. La descriverò più avanti in dettaglio. Tuttavia, la Russia avrà bisogno di molte truppe disponibili mentre continua ad avanzare nell’Ucraina centrale e occidentale. Per mantenere la sicurezza delle retrovie e l’ordine. Oltre a mantenere la logistica e le infrastrutture e a occuparsi di enormi campi di prigionieri di guerra. Tutto ciò sarà necessario quando inizierà il collasso. Questo è il terzo motivo della mobilitazione.

Questo era il secondo motivo. La terza ragione è un po’ sgradevole. A seconda della strategia scelta dal generale Surovikin (ne parlerò nel capitolo sulla pianificazione strategica), la Russia avrà bisogno di molti più soldati o meno. Se il generale Surovikin decide di eseguire operazioni di penetrazione profonda in un settore del fronte ben difeso (un po’ improbabile), la Russia subirà logicamente perdite enormi. Non perché abbia un cattivo esercito, ma perché è così che funziona la guerra. Si possono facilmente calcolare le perdite in uno scenario del genere. Questo è ciò che fa ogni stato maggiore, quando pianifica operazioni di questo tipo. E questo significherebbe che questi calcoli verrebbero trasmessi in anticipo direttamente a Mosca agli uffici di reclutamento e la seconda ondata di mobilitazione verrebbe attivata prima dell’inizio dell’offensiva. Perché? Perché le perdite stimate si sarebbero verificate e le riserve avrebbero dovuto essere costituite simultaneamente per reintegrare le perdite e riempire in tempo reale le formazioni di prima linea esaurite. Queste mobilitazioni continuerebbero fino alla conclusione della guerra. Seconda ondata, terza ondata, ecc. ecc. Essenzialmente ciò che sta accadendo attualmente in Ucraina.

Personalmente considero il terzo motivo molto improbabile, per questo non mi dilungherò oltre. Quello che voglio fare è dire che i motivi uno e due combinati si realizzeranno. La Russia dovrà coprire un ampio fronte con un numero sufficiente di soldati. E la Russia avanzerà non appena le ultime riserve materiali e umane degli ucraini saranno esaurite con un’alta velocità in direzione occidentale. Nel suo cammino la Russia avrà bisogno di lasciare indietro i soldati per mantenere tutto ciò che è stato menzionato sopra. Quindi, presumo che potremmo assistere ad altre 2-3 ondate di mobilitazione. All’incirca per ogni 400 miglia di territorio un’altra ondata di mobilitazione.

È possibile anche un crollo totale o una resa totale. In questo caso è possibile che l’Ucraina venga “consegnata” a un’amministrazione militare russa. Non sarebbero più necessarie ostilità e mobilitazioni. Poiché tutti presumiamo che l’Occidente eviterà questo scenario e combatterà letteralmente fino all’ultimo ucraino, non do a questo scenario, molto auspicabile, un’alta probabilità. Anche se presumo che questo sia e sarà sempre il risultato preferito dal Presidente Putin, per fermare lo spargimento di sangue tra fratelli.

Annessione

Con questo capitolo voglio gettare le basi per il capitolo sulla “pianificazione strategica”. Parliamo quindi delle annessioni.

Non voglio discutere il processo di annessione in sé, ma solo le sue implicazioni. Tuttavia, voglio sottolineare che nel settembre 2022 sono state annesse le seguenti regioni:

  • Lugansk (Donbass)
  • Donetsk (Donbass)
  • Zaporizhzhia
  • Kherson

Beh… 😊

Di fatto, questa decisione ha segnato il destino dell’Ucraina, della guerra e del mondo. Che cosa intendo dire?

Beh… La Russia ha un passaggio nella sua costituzione che richiede alla Russia di difendere e, in caso di occupazione nemica, di riconquistare ogni centimetro del suo territorio. Ora abbiamo tre territori federali russi occupati da una potenza straniera. Quindi, il Presidente Putin è obbligato dalla Costituzione a fare tutto ciò che è in potere della Russia per riconquistare questi territori.

Qui iniziano i problemi. La Russia ha un potere quasi illimitato. Con armi nucleari. Questo è il problema successivo. La dottrina nucleare russa prevede l’uso di armi nucleari in caso di sconfitta militare sul proprio territorio o di pericolo per la propria sovranità.

In primo luogo, la Russia dovrebbe cercare di riconquistare questi territori in modo convenzionale. Per questo compito può mobilitare 25 milioni di truppe. Se queste truppe dovessero fallire o, prima ancora, se il comando militare non vedesse altre possibilità di adempiere ai propri obblighi costituzionali, si procederebbe obbligatoriamente a un attacco nucleare, per vincere la guerra.

Voglio riassumere.

  1. I territori della Russia sono occupati.
  2. La Costituzione impone al Presidente Putin di riconquistare ogni centimetro.
  3. Se non può vincere convenzionalmente, si applica la dottrina militare russa, che dice che se la statualità russa è in pericolo o una sconfitta militare è inevitabile, si devono usare le armi nucleari.
  4. Il Presidente Putin, in un’intervista di qualche anno fa, ha detto: a cosa ci serve un mondo, se la Russia non ne fa più parte?
  5. Se la Russia non riesce a riconquistare questi territori, moriremo tutti.
  6. Questa sequenza è inevitabile. Tutti coloro che esultano perché la Russia non riconquisti questi territori o perda la guerra, allo stesso tempo esultano perché muoia con un attacco nucleare. Sì, la Russia scomparirà, ma il resto del mondo con lei.

Questo è il piccolo problema che si è verificato a causa di queste annessioni per l’Occidente. Questo problema è irrisolvibile. L’Occidente lo sa, i leader occidentali non vogliono morire, quindi l’Occidente non combatte più per una vittoria militare. L’Occidente sta invece combattendo, come sottolineato più volte, per ottenere un attacco decisivo, che provocherebbe il collasso della Russia e del Presidente Putin. La logica sarebbe che non ci sarebbero attacchi nucleari durante il processo di collasso e smembramento.

Beh, potrebbe essere. Ma è un gioco folle e pericoloso. La buona notizia è che questo non accadrà mai, perché la Russia sta vincendo alla grande, e queste considerazioni sono solo teoriche.

Perché il Donbass e le altre due regioni? Il Donbass è il “casus belli”, ovviamente. E le altre due regioni sono il ponte di terra verso la Crimea. Sarà sufficiente? Ok, continuiamo con le seguenti considerazioni. Supponiamo che la Russia proceda per gradi. Cioè che liberi prima il Donbass e poi le altre due regioni. Senza toccare nessun’altra regione, come Kharkov ecc. Cosa succederebbe, sempre che l’esercito ucraino non sia crollato a questo punto? Naturalmente, queste regioni verrebbero bombardate e attaccate regolarmente.

La Russia è tenuta per costituzione a proteggere i propri territori. Ciò significa che ora espanderà le zone di sicurezza intorno ai suoi territori. E per rendere la sicurezza permanente, la Russia annetterebbe anche queste zone cuscinetto. Ora ricomincia lo stesso gioco. Un’altra iterazione del gioco costituzione/dottrina. La Russia dovrà liberare completamente questi territori. Saranno nuovamente bombardati e ci sarà una nuova zona cuscinetto. Questo gioco andrebbe avanti fino a Lvov. (Beh, non proprio fino a Lvov, ma di questo si parlerà più avanti nel capitolo “Ulteriori riflessioni”).

Questo è ciò che la Russia è tenuta a fare in base alla sua costituzione e alla sua dottrina. Potrebbe accadere in questo modo, ma ho un’altra immagine in mente, quella che potrebbe accadere alla fine. Alla fine, sarà sicuramente una combinazione di entrambi, ciò che ho sottolineato qui e ciò che leggerete in “Pianificazione strategica”.

Solo un’ultima cosa. Non credo che la Russia voglia annettere l’intera Ucraina. Le parti occidentali farebbero più male che bene alla Russia. Ma chi lo sa? Per saperne di più, leggete il capitolo “Ulteriori riflessioni”.

Logistica

La logistica è il fattore più importante da considerare in guerra. Soprattutto nella guerra mobile, rispetto alla guerra di trincea. Fornirò alcuni esempi di ciò che deve essere considerato in una guerra dal punto di vista logistico:

  • Consegna del carburante alle truppe in prima linea
  • Consegna di cibo e acqua alle truppe in prima linea
  • Consegna di pezzi di ricambio alle truppe in prima linea
  • Consegnare la posta alle truppe in prima linea
  • Consegna di lubrificanti alle truppe in prima linea
  • Consegna delle munizioni alle truppe in prima linea
  • Consegna delle attrezzature alle truppe in prima linea
  • Consegna dei rinforzi alle truppe in prima linea
  • Riportare/raccogliere le cartucce vuote in Russia o nella base successiva dalle truppe in prima linea.
  • Riportare/raccogliere in Russia o nella base successiva le attrezzature rotte o distrutte dalle truppe in prima linea.
  • Riportare/raccogliere la posta in Russia o nella base successiva dalle truppe in prima linea
  • Riportare/raccogliere i vestiti sporchi in Russia o nella base successiva dalle truppe al fronte.
  • Riportare/raccogliere i rifiuti in Russia o nella base successiva dalle truppe in prima linea

Sono sicuro di aver dimenticato molti compiti per la logistica. Ma è una buona impressione, per vedere quali quantità di merci devono essere trasportate ogni giorno in ENTRAMBE le direzioni. Per questo ci sono diversi approcci. Si può trasportare tutto in un sistema circolare con i camion. Ma per distanze così grandi, come quelle in questione, è semplicemente impossibile. Servirebbero decine di migliaia di camion.

In effetti, i russi utilizzano, e hanno sempre utilizzato, le ferrovie soprattutto per la logistica. Occorre quindi distinguere tra il rifornimento delle truppe mobili e quello delle truppe che combattono in guerra di posizione.

Le truppe mobili sono formazioni di carri armati o di riffle motorizzati che conducono, ad esempio, operazioni di penetrazione in profondità. È molto più complicato, per tenere il passo con le loro avanzate, rifornire una trincea nel Donbass, che non si muove per settimane o mesi.

Logistica della guerra di posizione:

  1. Portare i rifornimenti dalla Russia in treno alle prossime stazioni logistiche vicino alla linea del fronte.
  2. Costruite degli hub di rifornimento ben difesi dai bombardamenti, che siano sufficientemente lontani e vicini dalla linea del fronte, per assicurare un rifornimento razionale delle truppe, ma non metteteli in pericolo immediato di essere colpiti da granate vaganti.
  3. Avere scorte di munizioni e bossoli più piccole in prima linea.
  4. Stabilire un trasporto su camion tra le stazioni ferroviarie, gli hub di rifornimento e le scorte in prima linea.
  5. Creare sistemi di condotte dalle stazioni ferroviarie agli hub di approvvigionamento per risparmiare la capacità dei camion.

Logistica di guerra mobile:

Essenzialmente la stessa cosa, ma molto più estesa e quindi molto più utilizzata dai camion. Anche gli oleodotti sono molto difficili, fino all’impossibilità di essere posati su grandi distanze. Di fatto, le truppe che avanzano dipendono dai convogli di rifornimento con camion e autocisterne. Che sono tradizionalmente i bersagli più preziosi per il nemico. Se la logistica per le truppe che avanzano non funziona, non c’è offensiva. I convogli di rifornimento non sono di gran lunga sorvegliati come un distaccamento d’assalto di una divisione di carri armati in prima linea. Ed ecco l’indizio. La strategia della NATO, per combattere i sovietici e ora i russi, è quella di colpire il più possibile la sua logistica. Questo è esattamente ciò che abbiamo visto nella Fase 1.

Perché ho scritto questo capitolo? Innanzitutto, voglio evidenziare ciò che è necessario per le operazioni offensive su larga scala. Cosa dobbiamo cercare, se vogliamo avere indicazioni per le offensive di penetrazione profonda? Bene. Dobbiamo cercare migliaia di camion e autocisterne. Forse anche decine di migliaia. Presumo che tali trasporti siano nascosti. Ma per ora, non ho visto su fonti aperte alcuna indicazione che tali capacità siano state mobilitate e portate in Bielorussia o vicino al Donbass. Come ho detto, può essere dovuto all’occultamento, quindi non significa nulla.

In secondo luogo, cosa molto più importante, voglio sottolineare le sfide che gli ucraini devono affrontare per rifornire le loro truppe in tutto il Paese. La maggior parte delle forniture non sono più prodotte o immagazzinate in Ucraina. Dovranno essere portate dalla Polonia. La Russia sta aumentando ogni giorno la richiesta di rifornimenti per l’Ucraina e allo stesso tempo sta diminuendo le capacità di trasporto dell’Ucraina. Un esercito senza rifornimenti non può combattere e alla fine deve capitolare o essere distrutto. In una parola. Crollo. Questo è il primo spunto, che ho voluto elaborare con questo capitolo, per il capitolo sulla pianificazione strategica, più avanti in questo articolo.

Nuovo comandante SMO

Ho già indicato alcune riflessioni sul generale Surovikin. Per questo motivo non ho intenzione di scriverlo due volte. Se siete interessati ad alcune riflessioni su come e perché è stato scelto, leggete il mio articolo su Kherson.

In generale, vorrei sottolineare che è assolutamente essenziale avere un unico comandante nominato per l’operazione. Molto probabilmente anche la struttura di comando seguirà le “Fasi”. Poiché le Fasi 1 e 2 non hanno concluso la guerra con il contingente di truppe ridotto, ora Mosca ha deciso di cambiare approccio e di passare a un’operazione che assomigli di più a una guerra regolare. (Cosa che ancora NON è). Un’operazione di questo tipo ha bisogno di un unico comandante. La fase 3 è essenzialmente una strategia e un’esecuzione del generale Surovikin.

Non posso ancora dire se sia buono e di successo. Lo vedremo quando la Fase 3 sarà conclusa. In generale, ho una buona sensazione. Tuttavia, nel prossimo capitolo analizzerò in dettaglio la sua pianificazione strategica.

Pianificazione strategica

Come sottolineato nel mio articolo citato sopra, sono certo che al generale Surovikin sia stato richiesto di elaborare una strategia complessiva, per concludere la guerra a volte nel giugno o luglio 2023. Non solo lui, ma forse anche altri generali. La sua strategia fu ovviamente accettata e lui fu nominato comandante generale della SMO.

In altre parole, questo significa che ora esiste una strategia globale per l’Ucraina, eseguita da un unico comandante. Questo è in breve ciò che ho scritto nell’altro articolo sul generale Surovikin. Innanzitutto, non ho né pretendo di sapere quale potrebbe essere questa strategia.

Poiché questo articolo descrive una fase in corso della guerra, dovrò fornire qui le mie previsioni. Ed è quello che farò. Tenete presente che si tratta di ASSUNZIONI.

Il generale Surovikin sembra aver iniziato il suo comando rimodellando il campo di battaglia. Porta tutte le figure al loro posto, in modo che possano eseguire il piano finale. Chiaramente, il ritiro da Kherson è un indicatore di questo tipo.

Per poter eseguire il suo piano, il generale Surovikin chiese, come già detto, in giugno o luglio la mobilitazione di un numero XYZ di truppe. Questa richiesta è stata accettata e comunicata nel momento più opportuno. Sarà l’unica ondata di mobilitazione? Ce ne saranno altre? Ne ho parlato nel capitolo corrispondente.

Attualmente, circa 70.000 truppe mobilitate, con una nuova esperienza di combattimento, sono state impegnate nelle unità di prima linea per stabilizzare i fronti sotto organico.

Altre 220.000 truppe sono attualmente in fase di addestramento per il compito loro assegnato. Non tutte saranno truppe di prima linea. Molti svolgeranno compiti nelle retrovie, ma in questo modo libereranno truppe d’assalto professionali da utilizzare in prima linea. Attualmente molte truppe d’élite svolgono compiti nelle retrovie, a causa della carenza di personale.

La grande domanda è: cosa succederà non appena questi 220.000 uomini in più saranno impegnati nel teatro di guerra? Qui iniziano le previsioni.

Dal mio punto di vista, anche questi numeri non sono sufficienti per offensive profonde su larga scala nelle retrovie del nemico. Per essere onesti. Non ho accesso ai rapporti di intelligence dello Stato Maggiore russo. Se ci sono informazioni disponibili sul fatto che l’esercito ucraino e le linee di rifornimento della NATO sono al limite del collasso, allora potrebbero esserci offensive su larga scala. Il che scatenerebbe il collasso dell’Ucraina.

Se così fosse, sospetto che assisteremmo a un aumento della pressione su tutto il fronte del Donbass, per esercitare la massima pressione su queste linee di rifornimento della NATO, vitali ma difficili. Potremmo vedere in ogni città più grande lungo la linea di contatto del Donbass movimenti offensivi e sondaggi. Questo esaurirebbe questa linea di rifornimento fino al collasso.

Allo stesso tempo, presumo che vedremo altre due grandi frecce scendere dalla Bielorussia. Una direttamente verso il confine polacco, creando una pressione massiccia su Lvov.

L’altra freccia sarebbe ancora una volta il contenimento delle truppe e della logistica intorno a Kiev, come nella Fase 1.

Considerando questi importanti punti di rifornimento, valuterei uno dei due scenari:

  1. Il totale annientamento dell’esercito ucraino, poiché la logistica crollerebbe quasi immediatamente e le truppe ucraine non avrebbero più nulla, se non piccole armi per difendersi. Poiché i comandanti della NATO non permetteranno loro di arrendersi, questo scenario vedrebbe un totale annientamento dell’esercito ucraino. Il che comporterebbe ovviamente un numero immenso di morti, dispersi e prigionieri di guerra.
  2. Se l’esercito ucraino riuscisse in qualche modo a prendere il controllo dell’intera catena di comando, potrebbe riuscire ad arrendersi. Non con condizioni. Sto parlando di una resa incondizionata. Sarebbe un bene per l’Ucraina e il suo popolo, ma la NATO cercherà di evitare questo scenario a tutti i costi.

Perché la Russia dovrebbe mettere in atto questa strategia solo se ci sono notizie che l’esercito ucraino è sul punto di crollare? Beh, se esiste una forza combattente più o meno organizzata, che è ancora ben rifornita dalla NATO, allora un assalto su larga scala porterebbe anche a perdite su larga scala, e la Russia avrebbe bisogno di avviare parallelamente altre ondate di mobilitazione, per reintegrare le sue perdite. Il generale Surovikin ha lasciato intendere nelle sue interviste che questa non è la sua intenzione.

Ebbene. Se i rapporti dell’intelligence russa non suggeriscono che l’esercito ucraino sia a corto di risorse, cosa accadrebbe allora?

Quindi presumo che il generale Surovikin schiererà semplicemente le sue truppe lungo la linea di contatto (LOC) appena ridisegnata. Ciò significa, da Zaporizhzhia a sud, fino a Kharkov a nord. Forse potremmo anche assistere a incursioni di confine da Kharkov fino a Sumy. Ma non frecce profonde e su larga scala, bensì incrementali, a un ritmo che sia possibile risparmiando le proprie truppe.

Quando queste truppe saranno preparate e in posizione, vedremo semplicemente su tutta la nuova LOC (linea di contatto) lo stesso approccio di macinazione che abbiamo visto durante la Fase 2 nel Donbass. Solo su scala molto più ampia. Potremmo anche dire che il ritmo di esaurimento delle risorse umane e materiali dell’Ucraina sarebbe aumentato di molte volte. (MOLTI più ucraini morti al giorno).

Ciò avverrebbe fino a quando l’Ucraina e il suo esercito non crolleranno o si arrenderanno, oppure, se ciò non dovesse accadere, fino a quando i rapporti di intelligence non suggeriranno che l’Ucraina sta per crollare, e allora potrebbe accadere ciò che ho descritto sopra. Altre due grandi frecce a Kiev e Lvov dalla Bielorussia, per concludere la guerra.

Ecco cos’è. È esattamente ciò che presumo accadrà. Potrei sbagliarmi, ma sono molto fiducioso nella mia valutazione.

Attacchi all’infrastruttura energetica ucraina

Vorrei inoltrarvi anche qui, al mio articolo principale sul tema in questione.

Vedere qui.

Vincoli SMO

Innanzitutto, se volete sapere perché c’è una SMO e non una vera e propria guerra dottrinale, leggete il mio primo articolo. Vedi qui.

In secondo luogo, e lo ribadisco tutte le volte che è necessario, l’Ucraina non è il nemico della Russia. L’Ucraina è la Russia. Questa è una guerra civile. Il primo e principale obiettivo della Russia è quello di evitare il maggior numero possibile di vittime da entrambe le parti, dal momento che entrambe le popolazioni vivranno insieme in un unico Stato in futuro. Almeno una buona parte dell’ex Ucraina. Nel prossimo articolo spiegherò in modo più dettagliato questa “cosa dell’unico Stato”.

Sì, molti politici, generali e persone russe sono arrabbiate per il modo in cui viene condotta la SMO. Questo è molto comprensibile. Si potrebbe pensare che una grande potenza militare, come la Russia, concluderebbe una guerra del genere in pochi giorni o settimane. E lo farebbe. Ma, ancora una volta, ci sono alcuni vincoli multidimensionali. Molte di queste persone cercano ovunque il tradimento e tutti sono dei traditori, a parte lo stesso Presidente Putin. È comprensibile. Ci sono emozioni. Soprattutto se consideriamo quanto gli ucraini abbiano subito il lavaggio del cervello e cosa stiano facendo per far arrabbiare ancora di più i russi.

Vedete, è molto semplice. L’obiettivo dell’Occidente è quello di seminare l’odio eterno tra Russia e Ucraina, in modo che un’integrazione sia impossibile o che ci vogliano generazioni per riconciliarsi. Questa strategia ha effettivamente molto successo. Ogni notizia di torture o esecuzioni di prigionieri di guerra russi viene eseguita e inserita intenzionalmente, per scatenare questi sentimenti in Russia. Per rendere impossibile ai politici, che devono pensare a lungo termine e non solo a ciò che sta accadendo ora, coordinare la reintegrazione dell’Ucraina nella Russia. Beh… Come ho detto. Questa strategia dell’Occidente ha molto successo e, grazie al massiccio sostegno, l’Ucraina continua a combattere contro la Russia e ad infliggere vittime. Il che provoca una rabbia ancora maggiore da entrambe le parti nei confronti dell’altro.

Ecco perché la Fase 3 sta aumentando gradualmente il dolore per l’Ucraina e sta convergendo costantemente verso qualcosa che assomiglia più a una guerra vera e propria. Da un punto di vista umanitario, questa è una piena vittoria dell’Occidente e una tragedia per il mondo russo.

Ebbene, la Russia non userà in nessun caso le sue armi più moderne, che non sono ancora note in tutti i dettagli alla NATO. Soprattutto per lasciarli all’oscuro delle sue reali capacità, in caso di una vera guerra contro la NATO. Ecco perché raramente vediamo i sistemi S-400 in uso in combattimento. Per quanto ne so, è stato usato solo una volta, nei primi giorni della SMO, prima che le difese di aiuto sul campo fossero dispiegate e operative. L’S-400 è solo un esempio. Ci sono numerose tecnologie che non devono essere mostrate all’Occidente, prima di essere utilizzate contro l’Occidente. In primo luogo, l’Occidente non deve osservarle. In secondo luogo, lo scenario peggiore sarebbe se tale materiale sensibile cadesse nelle mani dell’Occidente.

Allora presumo che la Russia si asterrà dall’usare le sue armi più distruttive su larga scala. Esistono armi per radere al suolo città e villaggi senza usare centinaia di bombe o missili. Ad esempio, il padre di tutte le bombe (FOAB). Cercatelo su Google. La Russia vuole soprattutto far crollare l’Ucraina il prima possibile e non distruggerla completamente o uccidere tutta la sua popolazione maschile abile, non fuggita. Pertanto, la Russia ha bisogno di assicurarsi che la logistica dell’Ucraina e della NATO crolli, sovraccaricandola. L’ho già spiegato in questo articolo.

Come ho già detto, ci sono ragioni multidimensionali. L’altra ragione non la discuterò affatto in questa sede. Poiché è di natura geopolitica e non militare. Potete leggerla in altri miei articoli. Ad esempio, nell’articolo sull’attuazione del nuovo progetto di quadro per la sicurezza europea. Vedi qui. Fondamentalmente e in sintesi, si tratta di lasciare che l’Occidente si esaurisca economicamente e militarmente in Ucraina, per innescare un collasso in Europa, per costringere gli europei a de-colonizzarsi dagli americani. Come ho detto, i dettagli sono nell’articolo.

Ulteriori riflessioni

Riassumerò alcuni pensieri che non ho voluto inserire in nessun altro capitolo.

  • Dal mio punto di vista la Russia eviterà, per quanto possibile, di combattere in altre grandi città. Come Kharkov, Zaporizhzhia e Odessa. Queste sono città russe e la Russia farà tutto il possibile per preservarle e risparmiarle dai combattimenti. Ancora una volta, questo è il motivo per cui l’esercito ucraino dovrà essere sconfitto su un terreno favorevole o il paese/militare/logistico dovrà crollare.
  • Si parla molto del perché la Russia non stia distruggendo le infrastrutture logistiche, anche se io parlo costantemente di logistica al collasso. Beh, ci sono molte ragioni. Come ho detto, è positivo che l’Ucraina sia in grado di impegnare il massimo sforzo possibile per rifornire le proprie truppe. Si tratta di un onere pesante sia per l’Ucraina che per la NATO. D’altra parte, quando le difese ucraine crolleranno, la Russia sarà in grado di avanzare rapidamente su grandi distanze. Ogni pezzo di infrastruttura distrutto è un altro fardello in questo momento. La Russia avrà bisogno di ponti e di un sistema ferroviario funzionante. Non si tratta di ostacolare la logistica, ma di sovraccaricarla. Ricordate il mio capitolo sulla logistica. Infine, la Russia non ha certo intenzione di combattere questa guerra per anni. Se il collasso ucraino si concluderà entro i prossimi dodici mesi, allora sarebbe fatale distruggere tutto il possibile, che dovrebbe essere ricostruito comunque molto presto, con le ricchezze russe.
  • La grande domanda è: la Russia incorporerà l’intero territorio dell’ex Ucraina nella sua composizione? Io penso di no. Non si può essere sicuri, ma questa è la mia ipotesi. Perché? Penso che la Russia annetterà tutti i territori dell’ex Ucraina che sono culturalmente e storicamente vicini alla Russia. La linea di demarcazione sarà da qualche parte a ovest di Kiev. Dove? Non lo so. Ma cosa succederà al resto? Beh, la Russia dovrà prima conquistare l’intero territorio ucraino, per procedere alla denazificazione e alla smilitarizzazione. Questo processo potrebbe richiedere mesi o anni, chissà. Pensate allo stesso processo in Germania e ai successivi tribunali di Norimberga. La Russia, ovviamente, annetterà ciò che le serve e che intende annettere, subito dopo. Il resto sarà, almeno da quanto ho capito, uno Stato di nuova creazione, che sarà completamente controllato da Mosca. Uno Stato fantoccio. Vedo la possibilità che la Polonia ottenga un pezzo di Ucraina, dopo aver negoziato con Mosca. Ma certamente il corridoio terrestre verso l’Ungheria sarà in ogni caso sotto il controllo della Russia. Si tratta di una necessità geopolitica, per poter sviluppare e sostenere l’Ungheria e la Serbia via terra e via aria. L’Ungheria è una grande spina nel fianco della NATO, che contribuirà notevolmente alla de-colonizzazione dell’Europa. La Serbia è una piccola Russia e la Russia è una grande Serbia.
  • E per quanto riguarda i tempi? Credo che dovremo cercare un punto di “pareggio”. Come abbiamo appreso nei miei precedenti articoli, la Russia potrebbe teoricamente porre fine alla guerra immediatamente. Ci sono, come abbiamo appreso anche in questo articolo, ragioni multidimensionali per NON farlo. Deve esserci un punto in cui l’Europa e la NATO sono sufficientemente impoverite e investite nel proprio collasso e nel rischio accumulato di una guerra nucleare/mondiale innescata accidentalmente. Più a lungo dura questo conflitto, più alte sono le probabilità che a causa di un incidente o della sola decisione di qualche idiota (ad esempio, il false flag con i missili “S300” dall’Ucraina alla Polonia) si possa scatenare una guerra. Questo deve essere controllato attentamente ed evitato, ovviamente. C’è un altro aspetto. Dal mio punto di vista, il più importante. La sofferenza delle persone che vivono in Ucraina, senza corrente, riscaldamento e acqua durante l’inverno. Poiché nel frattempo il sistema elettrico è in gran parte, ma non del tutto, fuori uso, questo mi dà un’indicazione che la fine della guerra non sarà in un futuro troppo lontano. Ok, quali sono le mie stime? Non vi aiuterà affatto… a seconda di quale scenario, tra quelli da me menzionati, si svilupperà, vedo un’ampia finestra di tempo. Tra gennaio 2023 nel migliore dei casi e dicembre 2023 nel peggiore, tutto è possibile.
  • Ebbene, tutto ciò che ho scritto sulle previsioni in questo articolo è nullo, nel caso in cui la Fase 4 o la Fase 5 si attivino prima della sua conclusione. Allora tutto cambierebbe. Secondo la classificazione delle fasi di Black Mountain, la Fase 4 si verificherebbe se singoli Paesi della NATO, come la Polonia e gli Stati Uniti, intervenissero in qualsiasi modo senza il mandato della NATO. La fase 5 sarebbe se la NATO entrasse ufficialmente in questa guerra. Questo sarebbe sicuramente l’innesco della Terza Guerra Mondiale.
  • La mia ultima riflessione riguarda i negoziati. L’Occidente ha sempre negato i negoziati, finché l’Ucraina aveva i mezzi per difendersi all’inizio. Ora che la fine è vicina, e senza dubbio tutti lo sanno, l’Occidente chiede negoziati. Qual è la logica che sta dietro a tutto ciò? Lasciare che i russi subiscano il maggior numero possibile di perdite, che spendano le loro risorse e tutto il resto in Ucraina, che l’Ucraina si riprenda il maggior numero possibile di terre, e poi negoziare un cessate il fuoco e congelare il conflitto. Bene. Lo dirò in modo molto semplice. Non succederà.

Risultati

Non posso ancora parlare di risultati, poiché la Fase 3 è ancora in corso.

Ma in teoria tutto sarà realizzato alla fine della Fase 3. Ricordate cosa ho scritto nel capitolo “Annessione”? Se la Russia perde, il mondo finisce. L’attivazione delle Fasi 4 o 5 porterebbe esattamente a questo risultato. Ecco perché sostengo che il pieno raggiungimento degli obiettivi prefissati per l’OMU avverrà nella Fase 3.

 

 

 

 

 

https://bmanalysis.substack.com/p/war-update

Aggiornamento sulla guerra

La costruzione polacca, Artemovsk (Bakhmut) e altri argomenti

Aleks

26 dicembre 2022

Introduzione

Innanzitutto, buon Natale a tutti coloro che lo festeggiano in questi giorni.

Questo è il mio primo aggiornamento operativo. Nei miei articoli principali ho discusso l’intero quadro strategico. Qui ho scelto alcuni argomenti che sono attualmente in discussione ovunque. Cercherò di fornire il mio punto di vista su questi argomenti.

Aumento delle truppe polacche

Nozioni di base

Attualmente si discute sul perché la Polonia stia mobilitando truppe in modo palese e nascosto. Si parla della mobilitazione di altri 300.000 soldati. Non parlerò di questo numero, perché nessuno ha i numeri reali, ma sono sicuro che c’è una mobilitazione in corso. E una ricollocazione di enormi parti dell’esercito polacco ai confini occidentali dell’Ucraina e della Bielorussia.

Ma perché?

Nel prossimo capitolo discuterò diversi scenari che considero probabili. Inoltre, assegnerò delle probabilità in percentuale, di quanto considero probabile il dato scenario. Tenete presente che queste sono le mie ipotesi. Non sono fatti confermati.

Scenari

  • A: operazione di doppia spillatura (45%):

L’esercito bielorusso ha un certo scopo in questa guerra. Non quello che molti pensano, cioè che invaderà l’Ucraina. Non lo farà di certo. E non c’è alcun motivo per farlo. L’esercito bielorusso è lì per bloccare le truppe ucraine nel nord, in modo che non possano essere utilizzate nell’est. Inoltre, è lì per reagire nel caso di un’incursione polacco-baltica nell’Ucraina occidentale.

Costruendo un esercito enorme e significativo proprio al confine con la Bielorussia e l’Ucraina, i polacchi stanno facendo essenzialmente la stessa cosa. Stanno costringendo i russi e i bielorussi a tenerli nei loro calcoli e piani di emergenza.

La Bielorussia e la Russia hanno ora bisogno di un numero ancora maggiore di truppe, attrezzature e logistica per sorvegliare la parte occidentale della Bielorussia. Si tratta di truppe che non possono essere utilizzate nella lotta contro l’Ucraina. Oppure è necessario raccogliere ulteriori truppe per questo sforzo anti-puntura. Questo è costoso e scomodo, a causa della distanza e della situazione logistica. Questo è molto semplice e diretto. Io farei lo stesso.

  • B: Incursione nelle zone occidentali dell’Ucraina (10%):

Non spiegherò troppo questo scenario, dato che se ne parla ovunque. In questo scenario i polacchi annetterebbero alcune parti dell’Ucraina occidentale. Lo farebbero con il pretesto di un intervento umanitario o di forze di pace o cose del genere.

Penso che ci siano state considerazioni reali per farlo. Ma penso anche che il signor Patrushev e il signor Sullivan abbiano discusso a Istanbul su quali siano le vere linee rosse per quali parti. E credo che questa opzione sia del tutto fuori discussione. L’Ucraina occidentale è la chiave geopolitica per la Russia, per realizzare il suo principale obiettivo strategico. Il nuovo progetto di trattato per la sicurezza europea. Forse spiegherò questo punto in un’altra occasione, ma non qui. Sono cose strategiche, che non discuterò in un aggiornamento operativo.

E anche se non c’è stato uno scambio di linee rosse tra Sullivan e Patrushev, i polacchi hanno capito molto bene cosa potevano aspettarsi da una simile mossa. Negli ultimi anni hanno avuto un buon sviluppo dell’industria e della logistica. Hanno ottenuto molti risultati. Se si spostassero in Ucraina occidentale, non avrebbero alcuna protezione da parte della NATO. L’esercito lascerebbe un Paese un po’ prospero e, se questo esercito non venisse distrutto del tutto, cosa che probabilmente accadrebbe, tornerebbe in un Paese senza industria e infrastrutture. Si tornerebbe all’età della pietra. (Viaggi nel tempo per principianti)

Tenete presente che. La Polonia non è l’Ucraina. La Russia considera l’Ucraina come la Russia, ed è per questo che sta cercando di evitare molti danni e vittime nella popolazione civile. La Polonia è effettivamente uno Stato nemico. Lo hanno scelto loro stessi. Tutte le armi russe, che si possono immaginare, che infliggono i danni maggiori, a parte le armi nucleari, verrebbero usate istantaneamente contro tutti gli obiettivi di valore, senza considerare i danni collaterali, in Polonia. Infrastrutture, industrie e forze armate. Essenzialmente la Polonia tornerebbe all’età della pietra.

Tutti lo sanno, ecco perché do a questo scenario il 10%. 10% perché c’è sempre questo tizio, chiamato Murphy… Dalla legge di Murphy…

  • C: Precauzioni a causa dei previsti combattimenti al confine (45%):

Ci sono voci sempre più forti in Occidente (ne scrivo da mesi 😊), che i combattimenti arriveranno presto ai confini occidentali dell’Ucraina. Questo fatto sembra essere arrivato anche al governo polacco. Sanno e prevedono che presto si combatterà per Lvov. Proprio ai suoi confini.

È la cosa più comune e normale, mobilitare e inviare l’intero esercito al confine, se lì si sta svolgendo l’ultima battaglia. Si può prevedere che molte munizioni vaganti dall’Ucraina arriveranno in Polonia. E si possono prevedere molte truppe e civili ucraini in fuga. Situazioni del genere si sono verificate molte volte in tutto il mondo. Qualche anno fa, tra Siria e Turchia, quando le truppe siriane hanno respinto i terroristi in direzione nord.

In queste situazioni si chiamano sempre le truppe per gestire la situazione. Non c’è altra possibilità.

Bene. Credo che l’opzione C sia la ragione della mobilitazione. Ma questa mobilitazione realizzerà un po’, come effetto collaterale, anche l’opzione A. L’opzione B è a mio avviso impossibile, a parte Murphy.

Polli a Odessa

Ho citato Murphy alcune volte. Vediamo chi è Murphy. Naturalmente “Murphy” sta per un evento altamente improbabile, ma che tende a verificarsi di tanto in tanto. La legge di Murphy.

Le grandi potenze non devono combattere tra loro. Questo è un accordo tra loro, per preservare l’umanità. Se si arrivasse a una battaglia tra Russia e Stati Uniti. O tra USA e Cina, il mondo finirebbe. Non immediatamente, ma dopo un certo periodo di combattimenti e morti di massa in tutto il mondo. Quindi, non deve accadere. Questo fatto viene usato da entrambi, in tutto il mondo negli ultimi decenni, per mettere semplicemente delle truppe da qualche parte e quando le truppe sono lì, l’altra parte non può fare nulla contro di esse, senza scatenare la terza guerra mondiale. Si vedano le truppe americane in Siria, in Kosovo, ecc.

Chiamerò questo gioco “Pollo”.

L’Ucraina è un interesse fondamentale della Russia. La Russia sarebbe disposta a distruggere il mondo, se necessario, per liberare l’Ucraina dall’Occidente. Questo è ben noto e comunicato. Ecco perché tutte le potenze occidentali hanno evacuato l’Ucraina prima dell’inizio della guerra. Il “pollo” non si applicava in questo caso.

Beh, il mio 10% per uno scenario SHTF è riservato alla ricomparsa del Pollo. In teoria la Russia ha tutto il tempo del mondo per fare il suo lavoro in Ucraina. Ci sono alcune limitazioni. Più la guerra si protrae, più i pazzi in Occidente escono dalle loro tane e iniziano a chiedere l’intervento di soldati a terra e cose simili. Per ora, nessuno li ascolta. Ma se la situazione si protrae per un altro anno, la situazione potrebbe cambiare. Gli americani, i polacchi o entrambi potrebbero decidere di giocare al “pollo”. I polacchi e gli americani potrebbero entrare a Lvov e sfidare la Russia ad attaccarli. Questa è una situazione internazionalmente negativa per la Russia, perché in questo caso la Russia attaccherebbe per prima alcuni membri della NATO. Alla fine non importa, perché tutti morirebbero 😊.

Il secondo pollo potrebbe essere giocato a Odessa. Il 101° americano potrebbe entrare rapidamente a Odessa. Non per combattere. Tutti sanno che si tratta di una formazione leggera, che non potrebbe combattere una guerra corazzata. Scott Ritter lo ha spiegato in dettaglio. No. Entrerebbero per giocare a “Chicken”. Odessa è il gioiello della corona della Russia. La Russia non combatterà a Odessa. Dovrà essere consegnata alla Russia dopo che l’intero esercito ucraino sarà morto o si sarà arreso. Se gli americani si muovessero, solo per giocare a “Chicken”, si creerebbe davvero una situazione impossibile. Piccolo spoiler: la fine del mondo. Ma prima che la fine del mondo avvenga, la Russia cercherebbe di distruggere tutte le truppe americane che sono stanziate in tutto il mondo nel raggio d’azione delle sue armi stand-off. E ce ne sono molte, totalmente prive di protezione, ovunque… Centinaia di migliaia. Per costringere gli americani a lasciare Odessa. Dopo la loro morte, anche il resto del mondo li seguirà.

Capite ora perché ho dato a questo scenario il 10%? È un “Murphy” assoluto.

Artemovsk (Bakhmut)

Nozioni di base

Beh, Artemovsk è effettivamente la manifestazione totale dello scenario da me descritto in questa analisi. In effetti, avevo una visione leggermente deviata. La mia ipotesi era che la Russia avrebbe usato l’intera linea di contatto nel Donbass come “tritacarne” per ridurre al suolo le riserve ucraine. In realtà, il generale Surovikin ha deciso di ridurla a una sola città. Ad Artemovsk.

L’esaurimento

L’Ucraina non deve perdere questa città per diversi motivi, di cui parlerò nel prossimo capitolo. Per mantenere la città, l’Ucraina sta ora investendo in essa tutto ciò che ha. Materiale e uomini.

Il generale Surovikin ha annunciato, in una delle sue due interviste, che ridurrà al tappeto gli ucraini, senza far correre alle proprie truppe rischi inutilmente elevati. Artemovsk è, come già detto, il luogo perfetto. È strategicamente importante per continuare a tenere il resto del Donbass. È in una posizione molto favorevole per l’artiglieria e l’aviazione russa. La Russia ha il dominio aereo su Artemovsk e linee di rifornimento molto brevi per tutte le necessità logistiche, come proiettili di artiglieria e altro.

L’Ucraina ha una situazione assolutamente opposta ad Artemovsk. Quasi tutti gli svantaggi che si possono avere in una guerra. È il luogo perfetto per seppellire l’esercito ucraino. Una situazione un po’ triste, se ci si pensa.

In effetti, gli ucraini continuano a tappare i buchi nella loro linea di scudi umani con tutto ciò che hanno. Con le loro truppe più professionali e fino a persone appena reclutate e non addestrate. Tutti vengono inviati ad Artemovsk e hanno un’aspettativa di vita che va da alcune ore a pochi giorni.

Ricordate. Un Paese senza esercito è sconfitto, perché il nemico può attraversarlo senza grandi battaglie, a parte qualche partigiano. Questo è l’obiettivo del generale Surovikin. Innescare questo crollo nel modo più efficiente possibile. Si tratta della distruzione industriale di un esercito. Purtroppo, non sarà sufficiente a innescare un crollo totale. Finché l’Ucraina continuerà a reclutare persone, queste potranno essere mandate al macello. E poiché il reclutamento e l’applicazione della legge sono gestiti dalle potenze occidentali, la situazione potrebbe continuare per molti mesi a venire. Il che è una tragedia per l’Ucraina, che potrebbe perdere tutti gli uomini in grado di lavorare.

Perché questa distruzione industriale del proprio popolo è così vantaggiosa per l’Ucraina? Perché hanno linee logistiche e di rifornimento perfettamente stabilite per Artemovsk. Per porre fine prima a questa follia, sarà necessario aprire un altro fronte, dove l’Ucraina non ha quasi nessuna difesa e logistica. Questo sarebbe necessario per innescare un collasso su larga scala dell’intero Paese. Ma di questo parlerò più avanti.

Motivi

Perché l’Ucraina si aggrappa a questa follia, anche se tutti sanno esattamente che si tratta di una trappola mortale ben preparata dai russi? Beh, ad essere onesti. Non lo so. Ecco perché offrirò alcune ipotesi come punti fermi:

  • Ricattare l’Occidente (meno probabile):

Ci sono molte forze in Occidente che vogliono intervenire direttamente nella guerra, poiché vedono la prossima sconfitta dell’Ucraina. Potrebbero potenzialmente lavorare con il comando ucraino, per mostrare ai responsabili delle decisioni che presto sarà tutto finito, l’intero punto di appoggio alle porte della Russia, se l’Occidente non interverrà con gli stivali sul terreno. Disperdendo tutte le forze armate ad Artemovsk, questo potrebbe essere accelerato.

  • Ritardare i piani russi per una più ampia offensiva invernale (meno probabile):

Potrebbero esserci dei piani noti, quando e dove la Russia potrebbe iniziare la sua offensiva invernale. Potrebbe essere potenzialmente legata alla cattura di Artemovsk. Negando alla Russia di catturare Artemovsk entro i tempi noti, l’Ucraina potrebbe cercare di evitare o ritardare tale offensiva il più a lungo possibile. Se il terreno ricomincia ad ammorbidirsi, un’offensiva sarà molto meno efficace di quando il terreno è ghiacciato.

  • Eliminazione del potenziale umano dell’Ucraina (da media a molto probabile):

Ogni morto ucraino e russo è una vittoria per l’Occidente. L’Occidente non è lì per difendere l’Ucraina, ma per sconfiggere la Russia. È molto chiaro che l’Ucraina cadrà e che tutto il potenziale umano in Ucraina sarà un futuro potenziale russo e un soldato dell’esercito russo. Pertanto, l’Occidente sta facendo tutto il possibile per danneggiare il più possibile la popolazione, le infrastrutture, l’industria e l’economia russa/ucraina. Inoltre, ogni ucraino morto è un’altra famiglia che odierà la Russia per decenni. Ecco perché il Presidente Putin ha voluto risolvere la questione con una SMO. Per evitare questo scenario. Non è più evitabile. Da un punto di vista strategico, questo è accettabile. Tra qualche decennio la popolazione si riconcilierà. Ma è comunque un disastro. Vedi la mia analisi completa di questo argomento qui.

  • Mantenere alto il supporto occidentale (altamente probabile):

Il sostegno occidentale si sgretolerà e si fermerà non appena l’Ucraina inizierà a perdere strategicamente terreno. Ciò significa che quando l’Ucraina perderà il Donbass, perderà anche il sostegno internazionale. Artemovsk è la chiave per liberare il Donbass. Come Popasnaya lo è stata per Lugansk. In effetti, la Russia aveva anche un’altra opzione, da nord. Ma per il momento questa opzione è cessata, a causa della perdita di Krasny Lyman. Pertanto, l’Ucraina farebbe tutto il possibile per evitare che Artemovsk cada.

  • Mantenere il morale alto (altamente probabile):

La caduta di Artemovsk, e quindi del Donbass, potrebbe provocare il collasso totale delle forze armate ucraine e di conseguenza dell’intera Ucraina. Per evitare questo scenario il più a lungo possibile, Artemovsk deve essere mantenuta.

Personalmente ritengo che la realtà si collochi a metà strada tra tutte queste opzioni.

La Russia potrebbe prendere Artemovsk in qualsiasi momento

Dopo aver analizzato la battaglia per Lugansk, direi che la Russia ha sempre avuto la possibilità di prendere Artemovsk. La Russia non l’ha fatto intenzionalmente. Ci sono due ragioni:

  1. Il generale Surovikin ha bisogno del suo tritacarne, per seppellire l’esercito ucraino in questa città.
  2. Sarebbe troppo presto. La città è la chiave del Donbass. Se i russi l’avessero presa prima, non avrebbero avuto le forze per sostenerla e per continuare a spingersi in profondità nelle retrovie del nemico, cosa che avrebbero dovuto fare. Per sfruttare la cattura di questa città. Ora, quando le truppe mobilitate si stanno riversando e preparando, è giunto il momento di porre fine a questa follia. Quando cadrà? Cadrà prima che l’esercito d’urto mobilitato sia pronto. C’è un’esatta sequenza di eventi che dovrà essere innescata per l’endgame.

La Russia fa molto affidamento sui suoi lanciafiamme per catturare le città. Questo è quanto emerso dalla mia analisi della campagna di Lugansk. Entrambi, sistemi TOS e lanciafiamme portatili, proprio come il sistema RPO-Shmel.

Ora, quando la Russia si avvicina alla città per avvolgerla e preparare l’assalto, vedo sempre più rapporti sull’uso di questi sistemi. Nota à Le avanzate russe nelle città sono sempre accompagnate da segnalazioni di sistemi TOS e RPO.

Conclusione

L’ho già sottolineato sopra. Ma ecco il riassunto. La Russia prenderà la città qualche giorno prima che le principali divisioni d’urto mobilitate siano pronte. Quando sarà? Non lo so. Ci sono rapporti che suggeriscono un periodo compreso tra gennaio e aprile 2023. Da Artemovsk le truppe possono espandersi nelle retrovie dell’esercito ucraino. Il grande interrogativo rimane se la Russia si riprenderà Lyman fino ad allora, per avere un altro pugno da nord in direzione di Slavyansk e Kramatorsk, oppure no.

Fino ad allora, ci saranno altre migliaia, o addirittura decine di migliaia di ucraini morti, da seppellire ad Artemovsk.

Negoziati

Nessuna delle due parti negozierà nulla in questa guerra. È una guerra totale per determinare se l’Occidente può rimanere o meno la potenza dominante nel mondo. Se dimostrerà di poter imporre le proprie condizioni anche alla Russia, le altre potenze si piegheranno. In caso contrario, l’Occidente andrà a fondo. Quindi, non c’è nulla da negoziare. Da nessuna delle due parti.

Sì, di tanto in tanto entrambe le parti chiedono di negoziare. Ma questi appelli sono solo per l’opinione pubblica. Per dimostrare la buona volontà. A un certo punto potrebbero anche esserci dei negoziati. Ma saranno solo di facciata per l’opinione pubblica. Non saranno reali. Non mi dilungherò in grandi spiegazioni. Questa guerra si concluderà a Lvov o con una guerra nucleare in caso di sconfitta della Russia. Il che è impossibile.

 

Chi sta vincendo?

Credo che questa sia una domanda molto importante. La Russia sta vincendo alla grande, giusto? L’Ucraina sta per crollare. L’Occidente si sta smilitarizzando, ecc.

Grande. Non è vero? No, non proprio.

La Russia riporterà l’Ucraina nella sua sfera di influenza. Molto probabilmente l’Ucraina sarà divisa in più parti e molte di esse saranno annesse, mentre altre parti diventeranno Stati fantoccio nell’orbita di Mosca. Per evitare che diventino una piattaforma per future aggressioni contro la Russia.

Cosa otterrà in realtà la Russia? Un Paese distrutto, che non può più sopravvivere senza aiuti esterni. Si spopolerà. La maggior parte degli uomini abili sarà morta e le giovani donne saranno assorbite dall’Europa, perché l’Europa ha bisogno di queste persone. Rimarranno molti anziani. Le persone rimaste odieranno la Russia per alcune generazioni.

Si noti che l’Ucraina è la Russia. La Russia si sta distruggendo da sola. È una guerra civile, fomentata dall’Occidente.

L’insieme degli obiettivi dell’Occidente e della Russia è multidimensionale. Se l’Occidente non riesce a raggiungere i suoi obiettivi primari, dividere la Russia con un colpo di Stato e impadronirsi dei suoi numerosi Stati successori, per sfruttarne le risorse, allora si applica la strategia della terra bruciata. Per i dettagli, leggete qui.

La Russia erediterà un pasticcio che richiederà diversi decenni prima di essere risolto. In altre parole, sarà un peso per la Russia in un’epoca in cui si decideranno le sfere d’influenza globali. La multipolarità.

Allora, chi sta vincendo?

Potrei scrivere un libro intero su questa questione. Come già detto, c’è un’intera serie di obiettivi da entrambe le parti. Ed entrambe le parti stanno vincendo e perdendo allo stesso tempo, alla grande. Dipende da quale obiettivo si sceglie. L’importante è che il vettore risultante di tutti gli obiettivi sia, diciamo, più forte di quello dell’avversario. Quale è più forte? Quello della Russia? Quello dell’Occidente? Direi che entrambe le parti stanno perdendo molto. Forse la Russia vince un po’ di più, oppure no. Ma c’è una terza parte che sta vincendo alla grande nella lotta tra Occidente e Russia. Indovinate quale…

Come potrebbe la Russia concludere la guerra?

Nozioni di base

Come si può concludere questa guerra? Come procederà? Non lo so. Ma ancora una volta, cercherò di offrire alcune delle mie ipotesi. Inoltre, sarei molto sorpreso se vedessi presto delle offensive di penetrazione profonda. Non le escludo, ma per il momento sono semplicemente impossibili. Perché? Per queste operazioni servono enormi capacità logistiche. La Russia le ha, ma non in loco. Né nel Donbass né in Bielorussia. Naturalmente la situazione potrebbe cambiare e la osserverò più avanti. Ma per ora è impossibile. Quindi, cosa potrebbe accadere?

In ogni caso, attualmente possiamo osservare che il generale Surovikin sta facendo tre cose:

  1. Consolidare il terreno favorevole e fortificarlo.
  2. Procedere in alcune parti del fronte con movimenti offensivi lenti, per mantenere la pressione sul nemico e immobilizzarlo in molti punti diversi, per mettere sotto stress la sua logistica.
  3. In questo modo, guadagna tempo per organizzare e addestrare l’esercito d’assalto principale per gli obiettivi futuri.

Questi obiettivi futuri potrebbero essere uno o più dei seguenti:

Scenari

  • Ridurre al minimo l’esercito ucraino solo nel Donbass:

La strategia potrebbe essere quella di combattere gli ucraini dove è il luogo più favorevole per i russi e allo stesso tempo più sfavorevole per gli ucraini. Sperando di esaurire il nemico e di innescare un collasso quando si dissanguerà definitivamente.

  • Apertura di un altro fronte a Sumy:

La Russia potrebbe voler accelerare il crollo dell’Ucraina aprendo un altro grande fronte in un luogo dove non ha quasi alcun accesso logistico. Un buon punto per questo sarebbe Sumy. È ancora abbastanza vicina alle linee di rifornimento e alla potenza aerea russa. Ma è molto difficile da sostenere per gli ucraini. Sarebbe un’altra operazione di macinazione, simile a quella di Artemovsk.

Potenzialmente, sarebbe realistico da realizzare già ora, con la logistica a disposizione. Ma non ne sono sicuro. Ma se le truppe mobilitate arriveranno ad aprile, per esempio, allora c’è ancora molto tempo per portare tutte le attrezzature logistiche e le truppe.

  • Sferrare un attacco decisivo colpendo Kiev:

C’è anche la possibilità che la Russia cerchi di conquistare Kiev, o almeno di accerchiarla completamente e costringerla alla resa, per concludere la guerra. Alcune voci pensano che le 15 divisioni attualmente in fase di addestramento potrebbero essere utilizzate in totale per questa operazione. In questo caso i russi dovrebbero organizzare uno sforzo logistico pazzesco per renderlo possibile. In Bielorussia non c’è nemmeno lontanamente un numero sufficiente di autobotti, ecc. che sarebbero necessarie per un’operazione del genere.

Vedremo. Se l’addestramento delle truppe d’assalto richiede ancora qualche mese, allora c’è, come già detto, tempo più che sufficiente per portare la logistica necessaria.

Dopo aver abbattuto le truppe ucraine più valide e il loro equipaggiamento a Kherson e Artemovsk, un’operazione del genere sarebbe realisticamente con circa 200.000 uomini.

In realtà, tutto ciò che sta accadendo nel Donbass e altrove sarebbe solo una grande operazione di contenimento, di immobilizzazione e di macinazione, per preparare l’attacco finale a Kiev.

  • Tagliare l’Ucraina occidentale attaccando Lvov dalla Bielorussia:

Non farò un’altra grande spiegazione, perché sarebbe molto simile all’operazione di Kiev.

Non assegnerò alcuna probabilità agli scenari sopra citati. Perché? Non so assolutamente cosa accadrà. Direi che i russi stanno applicando un capolavoro di inganno, per l’utilizzo delle loro truppe mobilitate. Anche l’Occidente e gli ucraini sembrano essere completamente impazziti su ciò che accadrà…

SMO

Cercherò di spiegare lo SMO con un piccolo gioco di ruolo. Ovviamente non è andata così, mi sono inventato questa storia, solo per motivi di spiegazione.

Un giorno Putin ha riunito il suo Consiglio di sicurezza e ha dichiarato di essere disposto a liberare l’Ucraina dalla morsa occidentale. Ha indicato i suoi requisiti e ha chiesto ai partecipanti di elaborare un piano per realizzarli. Le sue richieste erano le seguenti:

  • Uccidere il minor numero possibile di ucraini, sia militari che civili. Sono fratelli.
  • Distruggere meno industrie e infrastrutture possibili. Sarà nostro.
  • Cercate di evitare perdite da parte nostra. Il popolo chiederà sangue o conseguenze politiche se perdiamo troppe truppe.
  • Seguire tutte le regole di guerra.
  • Preparare un caso legale per l’invasione. Non dobbiamo fare brutta figura con i nostri futuri alleati.
  • Preparare la nostra economia alla tempesta di sanzioni che seguirà.
  • Cercate di non distruggere l’Europa dal punto di vista economico. Avremo bisogno di loro per il commercio in futuro, quando saranno liberi dagli Stati Uniti.
  • Non uccidete i politici e i decisori ucraini, se non è necessario.
  • Cercate di fare in fretta.
  • Preparatevi a tutti gli scenari, anche a una lunga guerra.
  • Trattare i prigionieri di guerra ucraini con rispetto e secondo il diritto internazionale.
  • Se dobbiamo combattere una lunga guerra, assicuriamoci che l’Occidente spenda tutte le sue armi e risorse in Ucraina. Dopo sarà debole e noi saremo forti.
  • Assicurarsi che gli Stati BRICS siano coinvolti e ci sostengano.
  • Assicuratevi che l’Occidente sia diviso.
  • Il risultato di questa operazione non dovrebbe essere solo una sconfitta ucraina, ma la firma del nuovo progetto di trattato per la sicurezza europea, che abbiamo elaborato di recente.

Sono certo che ci fossero altri requisiti. Ma questi sono i pochi che mi vengono in mente ora.

Nikolai Patrushev raccolse la sfida ed elaborò un piano. Ha coinvolto le persone più importanti del Consiglio di sicurezza. Poi ha chiamato il Presidente Putin e gli ha detto che voleva annunciare il piano, come soddisfare i requisiti. Ha presentato un piano che è stato chiamato “Operazione militare speciale”. SMO.

Missione (quasi) impossibile. E ci sta riuscendo.

Capitolo bonus: Matematica delle vittime!

Qualche mese fa ho scritto in un altro posto un pezzo che molti hanno considerato interessante. Quindi, lo ripubblicherò semplicemente qui. Ecco qui:

Ipotizziamo un rapporto uccisioni/morti di 1:8 tra soldati russi e ucraini. Si tratta di una cifra ampiamente accettata. Ciò significa che per ogni soldato russo morto l’Ucraina ne perde otto.

Inoltre, possiamo presumere che la Russia vincerà totalmente questa guerra. Il che significa, a sua volta, che tutti i soldati ucraini moriranno, saranno fatti prigionieri o saranno gravemente feriti.

La Russia a sua volta non perderà tutti i soldati, ma solo la quantità di ucraini divisa per otto.

Questo ci porta alla seguente conclusione:

Ogni soldato ucraino può essere certo di morire o di essere gravemente ferito. Ma ha una possibilità del 12,5% di uccidere o ferire un soldato russo, prima di morire o essere gravemente ferito. In altre parole, possiamo dire che ogni soldato ucraino ucciderà/ferirà in media circa 0,125 russi prima di essere ucciso o ferito.

Beh… Buon Natale.

https://bmanalysis.substack.com/p/war-update-03f

 

Aggiornamento sulla guerra

L’offensiva russa, il cambio di comando e i carri armati occidentali

Aleks

13 gennaio

Introduzione

Molti conoscono già le mie analisi sulla guerra. Ciò che va sottolineato qui è che cerco sempre di analizzare eventi già accaduti. Ho cercato di evitare di fare previsioni e, se le ho fatte, solo di scenari. Oggi mi discosterò da questa tradizione e cercherò di mostrarvi, secondo la mia opinione, come si svilupperà la guerra in futuro.

Cosa mi ha portato al punto di fare questo? È sempre stata una grande incognita il ruolo assegnato al territorio bielorusso. A causa degli eventi attuali, presumo di aver capito quale ruolo dovrà svolgere il territorio bielorusso. No, non sto parlando delle forze armate della Bielorussia, ma del suo territorio.

Tenete presente che non ho la sfera di cristallo e non ho nemmeno informazioni complete. In realtà, ho le stesse informazioni che avete voi tutti. Ciò significa che la mia analisi/previsione potrebbe essere totalmente sbagliata. Si tratta solo di ciò che attualmente considero più probabile, in base alle informazioni in mio possesso.

Condizioni preliminari

Si consiglia di leggere i seguenti articoli, per comprendere meglio ciò che spiegherò in seguito.

Analisi della fase 3 della guerra.

Il mio ultimo aggiornamento operativo.

Nuova struttura di comando per l’OMD

Nozioni di base

L’11 gennaio 2023 si verificò un cambiamento nella struttura di comando dell’OMU. Fu anche il giorno in cui grandi parti di Soledar furono liberate dal gruppo Wagner. Fu uno shock per tutti.

Ma cosa è successo esattamente?

Permettetemi di mostrarvi prima un’immagine, attualmente diffusa su Internet, che spiega molto bene la situazione. La fonte è l’account Twitter “RWApodcast”.

 

Vecchia struttura

Il generale Surovikin era il comandante generale del gruppo di forze congiunte in Ucraina. Ha comandato, per così dire, l’operazione militare speciale (SMO) in Ucraina.

Essendo responsabile delle forze aerospaziali, aveva ulteriore accesso al capo delle forze di terra, il generale Salyukov, e al vice dello Stato Maggiore, il generale Kim.

Attraverso il generale Kim aveva sostanzialmente pieno accesso a tutte le forze armate russe. Almeno nell’ambito della SMO.

Ciò che inizialmente era considerato ingegnoso, presentava alcuni punti deboli. Il generale Surovikin aveva il compito di guidare la SMO, i suoi compiti di comandante delle forze aerospaziali e doveva coordinare le risorse necessarie e i movimenti di tutte le altre parti delle forze armate russe, non direttamente coinvolte, se ne aveva bisogno. In sostanza, si trattava di una buona struttura, con il grande svantaggio di doversi coordinare con altre strutture delle forze armate, dovendo gestire numerosi fronti di battaglia.

Stiamo parlando di forze di altri distretti militari, della logistica, dell’intelligence, della Marina, della politica e del complesso militare industriale.

Durante il suo incarico di comandante della SMO, si verificò un altro grande evento. Russia e Bielorussia hanno unito le loro forze armate in un gruppo di forze congiunte. Questo gruppo di forze congiunte è comandato dai russi, ma dato che consiste nell’intero esercito di un altro Paese, il livello di comando era ben al di sopra del livello di responsabilità del generale Surovikin.

In parole povere. Presumo che i bielorussi non accetterebbero nessun altro comandante delle loro forze, se non il capo di stato maggiore della Russia. Anche se sono convinto che nessuna truppa bielorussa invaderà mai l’Ucraina, a meno che la Polonia non entri in guerra, sono sicuro che l’intero esercito bielorusso sarà incaricato di fornire qualsiasi assistenza, soprattutto logistica, di addestramento e medica, di cui le forze armate russe abbiano bisogno in Bielorussia.

L’ultimo punto è che il generale Surovikin, tenendo conto delle sue interviste, aveva ovviamente determinati compiti:

  • Consolidamento di una prima linea retta.
  • Proteggere questa prima linea con difese adeguate.
  • Assicurare la transizione da un approccio difensivo a uno offensivo, che potrebbe presto iniziare.
  • Preparare le infrastrutture nemiche per la spinta finale, senza privare costantemente i civili di energia.
  • Impoverire il più possibile i mezzi di difesa aerea nemici (missili, radar, ecc.).
  • Ridurre il più possibile la forza lavoro e l’equipaggiamento del nemico senza sacrificare troppo i propri soldati.
  • Estrarre la manodopera nemica dalla maggior parte delle città e delle regioni ucraine e costringerla a impegnarsi in posizioni per loro sfavorevoli.
  • Finalmente: Violazione della difesa ucraina nel Donbass, che è stata compiuta nel giorno in cui è stato annunciato il cambio di comando.

Il generale Surovikin ha svolto i suoi compiti in modo adeguato. Ritengo che sia stata raggiunta una pietra miliare e che sia stato compiuto il prossimo passo logico nel piano dello Stato Maggiore. Il passaggio dalla difesa e dal consolidamento a un approccio offensivo.

Nuova struttura

La nuova struttura è molto simile a quella precedente. Il generale Gerasimov è ora il leader nominale del gruppo di forze congiunte al posto del generale Surovikin. Il che è ovviamente necessario, a causa della formazione finale del gruppo di forze congiunte con la Bielorussia. A parte questo, tutto è rimasto invariato.

Il generale Surovikin ha fatto rapporto al generale Gerasimov in passato. E continua a riferire a lui.

Implicazioni

Dal mio punto di vista, dobbiamo considerare tre implicazioni di questo cambiamento nella struttura.

  1. Il generale Gerasimov è il capo generale delle Forze armate russe. Non solo queste, impegnate in Ucraina, ma anche per il resto del mondo. Quindi, logicamente, non sarà “fisicamente” in grado di comandare le SMO in dettaglio da solo. Ha un compito nominale, quello di consolidare tutte le competenze necessarie in un’unica persona. Per esempio, la competenza di comandare l’esercito bielorusso, ma anche questioni politiche, industriali e logistiche all’interno e all’esterno dell’esercito russo.
  2. Dal momento che molto probabilmente avrà un ruolo più rappresentativo (dando competenza all’SMO), penso che dovremmo concentrarci di più, in futuro, sul generale Kim. È il suo vice e molto probabilmente sarà lui a svolgere il “lavoro” dietro lo staff dell’OMU. Sì, ci sono tre vice, ma lui è anche il vice dello Stato Maggiore. Quindi è l’ufficiale di grado più elevato dei tre. Anche se non nominalmente o pubblicamente, posso immaginare che sarà lui a svolgere la maggior parte del lavoro di pianificazione, mentre gli altri due saranno incaricati dell’esecuzione.
  3. Se il generale Surovikin non è il principale responsabile generale e non è più incaricato del coordinamento generale delle forze ecc. ma ha solo il compito di comandare le forze aerospaziali, allora possiamo presumere che vedremo un’azione molto più intensa dell’aviazione russa, rispetto a prima.

Pianificazione strategica

Nozioni di base

Di seguito cercherò di indicare le mie previsioni su come potrebbe essere la pianificazione strategica russa. Naturalmente, dobbiamo tenere presente che queste sono SOLO ASSUNZIONI. Potrebbero anche risultare totalmente diverse.

Ebbene, come ho scritto nella maggior parte delle mie analisi, l’obiettivo russo è quello di innescare un collasso della logistica ucraina, della fornitura di manodopera e quindi della resistenza armata. Tenete a mente. L’obiettivo è il collasso. Non quello di conquistare ogni singolo villaggio dell’Ucraina con assalti frontali.

Grazie al regalo che l’Ucraina sta facendo alla Russia, non solo combattendo per difendere ogni centimetro nel Donbass, ma anche cercando di riconquistare i territori, la Russia può svolgere il suo compito in misura enorme solo nelle regioni orientali.

Le riserve di manodopera ucraine non sono illimitate e stanno lentamente ma costantemente raggiungendo la loro fine. Costringendo il nemico a combattere nel Donbass, la Russia si assicura che la manodopera nemica venga prelevata da tutte le altre grandi città importanti. Come Kharkov, Dnipropetrovsk, Zaporozhye, Nikolayev, Kherson, Odessa ecc. ecc.

A sua volta, questo significa che c’è un’alta probabilità che i russi non abbiano bisogno di combattere in queste città non appena l’esercito ucraino crolla.

Mappa

Di seguito ho creato una mappa con cinque potenziali teatri di guerra. Li esaminerò tutti e cinque e descriverò i miei pensieri al riguardo.

 

Teatro 1: Artemovsk-Soledar-Seversk

Da qui le ritirate di Surovikin, il livellamento del fronte e la creazione di una perfetta sacca di fuoco per distruggere la manodopera nemica. Artemovsk (Bakhmut). È il luogo più sfavorevole per l’Ucraina per combattere. Eppure, l’Ucraina cerca di difenderla con tutto quello che ha, per ragioni politiche. Altrimenti, il sostegno dell’opinione pubblica occidentale si rompe. La Russia ha linee di rifornimento brevi, superiorità aerea, una popolazione amica e posizioni favorevoli per i bombardamenti. Si potrebbe dire che l’esercito ucraino è stato sepolto ad Artemovsk. Ci sono già decine di migliaia di morti e forse il doppio di feriti. Bisogna tenere presente che i soldati feriti sono un peso ancora maggiore per una nazione rispetto ai morti, in tempo di guerra.

Dal mio punto di vista, e come descritto nella precedente analisi, la Russia avrebbe potuto prendere Artemovsk prima. Ma c’è un certo momento in cui deve essere presa, per continuare a far rotolare la pietra. Le riserve russe sono attualmente preparate per l’offensiva. Artemovsk non deve cadere prima che siano pronte. Inoltre, Artemovsk deve uccidere il maggior numero possibile di soldati ucraini prima che inizi l’offensiva. Il che significa, a sua volta, che non ha senso prenderla finché il nemico è in grado di alimentare le truppe. Quando il nemico inizierà ad avere problemi ad alimentare altre truppe, prelevandole da altri importanti fronti, allora l’Ucraina sarà pronta per le altre operazioni offensive.

Quindi, i requisiti necessari per scatenare l’assalto ad Artemovsk sono:

  1. In attesa che il flusso di truppe spinte finisca.
  2. Le altre formazioni offensive dell’esercito russo devono essere in posizione.

Presumo che questo momento possa essere raggiunto a febbraio. Quando esattamente? Non lo so. Vedremo.

Teatro 2: Izyum-Slovyansk-Kramatorsk

Non appena inizierà l’offensiva, presumo che le difese ucraine cominceranno a crollare, poiché la maggior parte delle truppe ucraine sarà già morta o ferita. A questo punto l’esercito russo si muoverà molto probabilmente da Kupiansk a Izyum da nord e occuperà posizioni favorevoli a nord e forse anche a ovest di Kramatorsk e Slovyansk.

A seconda dello stato di resistenza dell’esercito ucraino ci sarà un assalto diretto dal raggruppamento di Artemovsk e Slovyansk a Slovyansk e Kramatorsk oppure un assedio. Non è necessario sacrificare truppe per ottenere vittorie rapide, poiché ci saranno più fronti, per innescare il collasso ucraino.

Teatro 3

Forse contemporaneamente ci sarà una spinta verso Ugledar e i villaggi circostanti da sud, per mettere ulteriore pressione sulle linee di rifornimento ucraine. Sia in termini di materiali che di persone.

Teatro 4

Come si vede nella mia mappa, il teatro “4” è piuttosto lungo.

Per il momento, mentre scrivo questo articolo, non vedo alcuna possibilità fisica di condurre un’offensiva su larga scala dalla Bielorussia verso l’Ucraina. Non ci sono né attrezzature sufficienti né la logistica necessaria. Quindi, grandi frecce dalla Bielorussia sono attualmente fisicamente impossibili.

Quello che presumo è quanto segue. Vedremo localmente, non dappertutto dove ho messo il numero 4, ma in alcuni punti (non so dove) piccole incursioni, per bloccare e vincolare il nemico in prossimità del confine. Per impegnare il maggior numero possibile di truppe, equipaggiamenti e sforzi logistici nel nord. Allo stesso tempo, presumo che potremmo assistere all’inizio di una campagna aerea russa su obiettivi al di là del confine settentrionale dell’Ucraina. Poiché la maggior parte delle difese aeree sono attualmente concentrate intorno alle infrastrutture critiche o già esaurite, molto probabilmente assisteremo al nuovo ruolo del generale Surovikin. Colpire e degradare le risorse ucraine nel nord. E l’Ucraina dovrà sostituirle costantemente, per non aprire la porta a Kiev.

Allo stesso tempo, potremmo forse assistere all’accumulo di truppe e attrezzature in Bielorussia.

Questo potrebbe andare avanti forse fino all’inizio dell’estate 2023.

Qui si verifica la stessa situazione di Artemovsk. Non appena i rifornimenti di truppe ed equipaggiamenti iniziano a diminuire nel nord, la Russia può ritenere che sia il momento giusto per mettere in sicurezza Kiev.

Requisiti per un trasferimento a Kiev:

  • Crollo completo del fronte del Donbass.
  • Crollo completo del fronte settentrionale.

A seconda di come sarà la situazione politica, potremmo assistere già a una resa completa o solo allo spostamento delle truppe russe in prossimità di Kiev. Forse anche l’inizio dell’accerchiamento di Kiev.

Teatro 5

Contemporaneamente al Teatro 4 o dopo lo spostamento su Kiev (circondando o preposizionando a nord, ovest e est di Kiev), potremmo assistere all’apertura di una quinta linea del fronte a sud. L’obiettivo sarebbe quello di raggiungere la città di Zaporozhye. Anche in questo caso, con l’obiettivo di sovraccaricare le risorse e la logistica ucraine.

Prospettiva

Ancora una volta, sono sicuro che l’obiettivo della Russia è quello di innescare un collasso, per non essere costretti a combattere per ogni villaggio fino a Lvov. Dopo queste cinque “fasi” o teatri, presumo che assisteremo al collasso dell’Ucraina. Il che si tradurrà in una resa, oppure potremmo semplicemente assistere a un passaggio delle forze russe verso i futuri confini desiderati, aggirando gli ultimi nidi di resistenza. I quali dovranno comunque arrendersi dopo un certo tempo, quando saranno accerchiati lontano dai confini della NATO.

Applicando questa strategia, la Russia può infliggere il massimo danno all’esercito ucraino risparmiando le vite dei propri soldati e le infrastrutture civili ucraine delle grandi città russe (Odessa ecc.). Che è l’obiettivo finale della Russia.

A seconda del grado di resistenza e dell’escalation occidentale, potremmo assistere a una resa di Kiev non prima dell’estate 2023. Al più tardi? È impossibile dirlo. Se la Russia deve attraversare l’Ucraina, accerchiare le grandi città e costringerle ad arrendersi senza violenza, la cosa potrebbe protrarsi per altri due anni. Chi lo sa? E naturalmente c’è ancora la questione della forza lavoro. Come descritto nella mia analisi della fase 3, la Russia avrebbe bisogno di mobilitare altre truppe, se fosse costretta a prendere l’Ucraina senza arrendersi. Non per i combattimenti in sé, ma semplicemente per l’occupazione e la messa in sicurezza delle retrovie (controinsurrezione, ecc.) di questo grande Paese.

Consegne di armi e terra bruciata

Si moltiplicano le notizie di consegne di carri armati, veicoli da combattimento di fanteria e artiglieria all’Ucraina da parte della NATO. Naturalmente, ci sono.

Naturalmente, seguiremo tutte le fasi dell’escalation in termini di forniture di armi, fino alla conclusione di questa guerra.

L’Occidente sta seguendo una strategia di terra bruciata in Ucraina. È assolutamente chiaro a tutti che è solo una questione di tempo, quando l’Ucraina cadrà nel suo complesso. Tutti sono consapevoli che ciò avverrà molto probabilmente quest’anno. Quindi, il compito è quello di infliggere alla Russia il maggior numero possibile di danni completi e insostenibili durante il processo. Con un enorme successo, naturalmente. Si veda il mio articolo al riguardo qui.

L’Ucraina, o la maggior parte di essa, tornerà a far parte della Russia. Alcune parti potrebbero andare alla Polonia, all’Ungheria e alla Romania, in accordo con la Russia. E alcune parti saranno forse liberate in una pseudo indipendenza dopo essere state denazificate e smilitarizzate. Ma di fatto, la Russia sta uccidendo “in massa” i suoi futuri cittadini e la base per un ulteriore sviluppo. Naturalmente, i soldati ucraini di oggi saranno anche i soldati russi di domani. E più le infrastrutture vengono danneggiate, più la Russia dovrà investire per ricostruirle. Almeno in parte, questi investimenti andranno alla Russia.

Pertanto, la NATO deve assicurarsi che l’intero potenziale maschile in grado di combattere la Russia venga utilizzato. Nel migliore dei casi, tutti muoiono. Ricordate, si tratta di futuri cittadini e soldati russi. Ecco perché l’Occidente non negozierà mai e poi mai una fine. Anche la Russia non lo farà, perché tutta l’Ucraina sarà catturata, denazificata e smilitarizzata. Tranne forse le parti, che andranno ad altri Stati in base a un accordo reciproco.

Per quanto ne so, l’Ucraina ha finito le armi pesanti. E non sarà in grado di continuare a combattere senza armi pesanti. In primo luogo fisicamente, in secondo luogo moralmente. Se gli ucraini potessero solo lanciare i loro corpi contro i carri armati russi, allora ci sarebbe una resa di massa.

Si potrebbe pensare che questi carri armati forniti dall’Occidente saranno necessari per le operazioni offensive. Ma nessuno pensa più alle offensive. Si tratta piuttosto di preposizionare questi carri armati ecc. sulle posizioni in cui si prevede un’offensiva russa. Per preparare imboscate e trappole di fuoco per le truppe russe in arrivo. Come è successo nella fase 1. L’Occidente fornirà in ogni fase, finché esisterà il potenziale umano, per reagire alle sfide del momento/fase/teatro dato.

Conclusione

Da questo momento, l’Ucraina ha perso la guerra. Direi che il giorno in cui la linea difensiva di Soledar è stata violata e la nuova struttura di comando è stata annunciata, l’Ucraina ha perso ufficialmente la guerra. Ora dobbiamo passare alla fase di pulizia, che comporterà, purtroppo per entrambe le parti, perdite orrende in termini di vite umane e di equipaggiamento.

Purtroppo, i regimi fascisti o i loro sostenitori non fascisti tendono a sacrificare l’intera popolazione prima che il mondo possa sostenere la pace. È stato così nella Seconda Guerra Mondiale, e ora ci troviamo di nuovo nella stessa situazione.

https://bmanalysis.substack.com/p/war-update-dedicated-to-slavyangrad

 

Aggiornamento sulla guerra – dedicato a Slavyangrad

Perché non grandi frecce? La sindrome di Kessler, The Equalizer e altre mobilitazioni ucraine

Aleks

22 gennaio

Introduzione

Oggi voglio darvi un altro importante aggiornamento.

Ma prima di iniziare, voglio dedicare qualche parola al canale Telegram “Slavyangrad”. Se volete potete iscrivervi qui, ve lo consiglio assolutamente. Io e il mio team siamo analisti. Leggiamo informazioni su Internet, le elaboriamo attraverso la nostra esperienza e conoscenza e scriviamo le nostre conclusioni. Voglio sottolineare che le migliori informazioni di prima mano le riceviamo da “Slavyangrad” e dal suo fantastico team composto da Gleb Bazov, Miroslav e tutti gli altri amministratori e moderatori. Voglio anche dire “grazie” a “Slavyangrad” per aver pubblicato anche i miei articoli. Inoltre, presumo che molti altri analisti e “podcaster” ricevano le loro informazioni da questo canale. Bene, detto questo, possiamo iniziare con l’articolo.

Vorrei darvi alcuni chiarimenti strategici, che non sono stati discussi in dettaglio nel mio ultimo articolo. In particolare sulla questione delle “Grandi frecce” e su molte altre.

Condizioni preliminari

Vi raccomando quindi, come sempre, di leggere il mio ultimo aggiornamento operativo e strategico, per comprendere meglio quello attuale. Ecco il link.

Stato di guerra

Black Mountain Analysis dichiara, secondo la nostra definizione, che la grande offensiva russa è già iniziata. È iniziata proprio nel giorno in cui il generale Gerasimov ha assunto il comando.

Sì, forse l’esercito russo ha un’altra definizione o a un certo punto ci sarà una dichiarazione ufficiale. Oppure a un certo punto vedremo il movimento di grandi colonne russe e la gente dirà: ORA è iniziata l’offensiva. Sì, può darsi. Ma secondo la nostra definizione, dichiariamo l’inizio dell’offensiva adesso. Attualmente si tratta di un avvicinamento progressivo su diversi teatri. Se leggete il nostro articolo precedente, vedrete esattamente quali sono i teatri che verranno macinati, finché le difese ucraine non cominceranno a crollare su larga scala. Sembra che avessimo ragione, con i nostri cinque teatri 😊. Ma in seguito ancora di più.

Kessler e Equalizer

Nozioni di base

In questi giorni leggo spesso analisi di colleghi scrittori che creano una mappa dopo l’altra con frecce belle grandi. Di solito accompagnate da frasi come “I russi arriveranno da X e faranno Y in Z e poi sfonderanno in A solo per creare poi un grande calderone intorno a B”. Purtroppo, credo che molti confondano le possibilità tecnologiche attuali con quelle degli anni Quaranta.

Oggi l’intero campo di battaglia è coperto da ricognizioni di ogni tipo. Per un’ulteriore lettura, consiglio di leggere C4ISR, ISTAR e “Network centric warfare”. Ci sono molte nuove tecnologie che fanno sì che non si possano paragonare le strategie della Seconda Guerra Mondiale con la situazione attuale. I satelliti effettuano ricognizioni 24 ore su 24. Inoltre, un intero sciame/armatura è in grado di gestire la guerra. Inoltre, un intero sciame/esercito di droni. Infine, ma non meno importante, non dobbiamo dimenticare tutti i segnali di intelligence e gli aerei AWACS, che raccolgono tutti i segnali, i movimenti e i dati possibili da molto lontano.

Questo ci porta alla situazione che i russi NON possono applicare alcuna offensiva su larga scala contro le posizioni ucraine o attacchi di penetrazione profonda, finché all’Ucraina rimangono forze sufficientemente mobili per muoversi sulla strada di queste forze e preparare tutti i tipi di tecniche difensive. Nel caso dell’Ucraina, per lo più tecniche di guerriglia, dato che non può combattere una battaglia diretta contro i russi. Non fraintendetemi. La Russia può spezzare tutta questa resistenza. Ma dovrebbe calcolare perdite molto più ingenti di quelle necessarie per concludere la guerra. Poiché la Russia non ha fretta, ma l’Occidente e l’Ucraina sì, non vedo alcuna ragione per cui la Russia dovrebbe farlo.

Per condurre tali offensive, la Russia dovrebbe calcolare un tasso di perdite del 20-30%.

Non fraintendetemi. Non dico che la Russia non si muoverà con grandi colonne di carri armati e attrezzature logistiche. Ma la mia personale ipotesi è che ciò avverrà prima, non appena le forze ucraine cominceranno a sgretolarsi e a ritirarsi sotto un collasso. A quel punto si muoveranno le grandi formazioni russe. Lo spiegherò più dettagliatamente in un altro capitolo di questo articolo.

Ok, la prossima domanda è: cosa c’entrano Donald Kessler (scienziato della NASA) e “The Equalizer” (film con Denzel Washington) con l’attuale conflitto in Ucraina?

Ora ve lo spiegherò passo per passo.

Kessler

Chi è Donald Kessler? Per i dettagli, vi consiglio di cercarlo su Google. In breve, ha lavorato per l’esercito degli Stati Uniti e per la NASA come scienziato. Ma mi limiterò a descrivere qui, molto rapidamente, la sindrome da lui descritta. La cosiddetta “sindrome di Kessler”.

L’esercito russo si sta allenando nelle sue manovre su larga scala, come “Zapad” o “Vostok”, ecc. comandando eserciti con e senza il pieno supporto della componente spaziale dei suoi servizi di intelligence. Per il comando e il controllo. Che cosa significa? La Russia si sta addestrando a combattere in un ambiente in cui ha pieno accesso a tutte le funzioni di comando e controllo, che vengono fornite con i suoi asset spaziali, e si addestra anche a combattere una guerra su larga scala, senza questi componenti/asset.

Perché?

Ebbene, la NATO si affida fortemente alle sue risorse spaziali per condurre una guerra. Tutto viene condotto attraverso la ricognizione spaziale, il GPS e le comunicazioni. In effetti, la mia personale ipotesi è che la NATO non sarebbe in grado di combattere efficacemente un conflitto su larga scala, senza i suoi asset spaziali.

E qui entra in gioco la sindrome di Kessler. Si tratta di una teoria secondo la quale se si abbatte un numero sufficiente di satelliti in orbite diverse, i loro detriti andrebbero fuori controllo e distruggerebbero tutti gli altri satelliti e le risorse spaziali nella stessa orbita. Questo effetto andrebbe poi fuori controllo e distruggerebbe tutto ciò che si trova nello spazio. Di qualsiasi nazione. La densità dei detriti sarebbe così alta che non sarebbe possibile effettuare altri lanci spaziali.

 

Questo è ciò che i funzionari russi hanno annunciato più volte. Se dovesse scoppiare un conflitto con la NATO, scatterebbe immediatamente la sindrome di Kessler. Certo, tutte le parti perderebbero i loro beni e quindi i relativi benefici. Ma la Russia si addestra sempre esattamente per questo scenario.

Equalizzatore

Come sappiamo, la Russia si sta ancora addestrando con grandi formazioni per condurre una guerra a livello di divisione e di esercito. Eppure, non lo vediamo attualmente in Ucraina. Dov’è la 1ª armata di carri armati che attraversa le linee ucraine fino al confine polacco? Perché? Perché la NATO vede e sente tutto ciò che la Russia sta facendo. Ogni movimento di formazioni più grandi verrebbe rilevato immediatamente e sottoposto agli ucraini, che potrebbero prepararsi di conseguenza. Le formazioni su larga scala non sono così agili da poter semplicemente sorprendere il nemico, con tutta la ricognizione, nello spazio. Oggi, se vi muovete in grandi formazioni, anche se manovrate, tutti i vostri mezzi sarebbero dei bersagli facili, se il nemico sa dove siete e che state arrivando.

E le capacità del nemico nello spazio sono più che significative.

Questo è esattamente il motivo per cui la Russia sta attualmente macinando e non sta penetrando in profondità. Le perdite sarebbero terribili. E perché farlo, se non è necessario? Questo è anche il motivo per cui dico che non mi aspetto attacchi di penetrazione così profondi, almeno, a meno che l’esercito ucraino non sia abbastanza degradato da non poter fare molto male alle grandi formazioni in movimento, anche con tutta l’intelligence e il supporto della NATO. Non dobbiamo nemmeno dimenticare i polacchi, che si trovano principalmente nelle retrovie.

Cosa c’entra “The Equalizer” in tutto questo? Beh, è un equalizzatore 😊. E questa è esattamente la strategia della Russia. Innescare la sindrome di Kessler in uno scontro con la NATO per renderla sorda e cieca e quindi pareggiare il campo, in modo che la Russia possa muovere grandi formazioni, condurre una guerra di penetrazione profonda e di manovra, esattamente come nella Seconda Guerra Mondiale.

Questa è ovviamente una semplificazione. La Russia taglierebbe molti più mezzi di comando e controllo, come i cavi internet sottomarini, ecc.

Grandi frecce

Cosa che al momento NON avviene. Quindi, niente “grandi frecce” sulle mappe. Ancora una volta, arriveranno, ma prima i rischi sul campo, sotto forma di esercito ucraino, devono essere degradati un po’ di più. Deve essere abbastanza sicuro. La Russia non può scatenare “l’equalizzatore” Robert McCall contro i mezzi spaziali della NATO, perché le due parti non sono ufficialmente in guerra tra loro. E scatenare la Sindrome di Kessler sarebbe certamente una dichiarazione di guerra contro l’avversario.

Approccio alla macinazione

Pertanto, la Russia ha ancora bisogno di continuare il suo approccio di lenta macinazione. Ma ora con molto più personale e formazioni, dislocate su assi strategicamente importanti. Si vedano i “teatri” del mio ultimo aggiornamento. Attualmente la pressione viene alzata in tutti questi fronti, tranne che nel teatro bielorusso. Presumo quanto segue. Quando tutte le forze per la Bielorussia saranno in posizione, la Russia prenderà Bakhmut. Questo processo è attualmente già in corso, e si concluderà all’incirca a febbraio. Questo è approssimativamente il momento in cui le forze in Bielorussia saranno pronte. Quando Bakhmut cadrà e le linee cominceranno a sgretolarsi, allora suppongo che anche il teatro bielorusso sarà attivato.

Come descritto nel mio ultimo articolo, anche in questo caso si tratta solo di un avvicinamento in prossimità del confine. E contemporaneamente una campagna aerea sulle retrovie delle forze di difesa a nord.

L’obiettivo è quello di provocare un collasso totale dell’Ucraina. Nei prossimi capitoli descriverò meglio la strada che porterà al collasso.

Consegne di armi

Come ho già descritto nel mio ultimo articolo, l’esercito ucraino è stato sconfitto, ancora una volta, nel giorno in cui il generale Gerasimov ha assunto ufficialmente il comando. Le difese dell’esercito ucraino sono state violate e le sue scorte di veicoli blindati sono state esaurite. Non sarebbero in grado di resistere più di due mesi. Questo è ciò che stiamo vivendo attualmente, mentre vediamo diversi fronti crollare, come a Zaporizhzhia.

Purtroppo, l’ho spiegato più volte, l’Occidente sta per utilizzare l’intero potenziale umano della popolazione maschile ucraina abile. Quindi, non devono ancora crollare. È necessario consegnare altre centinaia di veicoli blindati per far sì che l’esercito ucraino continui a resistere. È proprio quello che abbiamo sperimentato il 20 gennaio 2023, a Ramstein.

Non c’è molto altro da dire su queste consegne. Non ha senso entrare nei dettagli di queste consegne, poiché non sono destinate a fare la differenza sul campo di battaglia, ma a prolungare il conflitto, a meno che il potenziale umano dell’Ucraina non sia stato completamente esaurito. Più tardi ne parleremo ancora.

Quello che posso dire con certezza è che la Germania è costretta a consegnare carri armati Leopard 2 all’Ucraina. Non perché farebbe qualche differenza. Qualsiasi carro armato da parte ucraina è condannato. Nei tempi moderni i carri armati sono, ricordate il capitolo sulla sindrome di Kessler, condannati senza superiorità aerea e di artiglieria. Nelle offensive, molto probabilmente non si avvicineranno nemmeno al nemico. Verranno distrutti molto più avanti dall’artiglieria o dagli attacchi aerei.

Quindi, militarmente, almeno per le offensive, non ha alcun senso. Si tratta di bare di guida. Come già descritto nel mio precedente articolo, potrebbe avere senso per un uso difensivo. Da posizioni nascoste o per l’uso di trappole di fuoco in aree preregistrate. Più tardi ne riparleremo.

Ma perché la Germania è costretta a consegnare soprattutto questi carri armati? Sì, per prolungare la guerra, ma non è questa la ragione principale. La ragione principale è che la Germania non deve consegnare mai più carri armati che saranno utilizzati sul territorio russo. Ci sono chiari accordi tra Germania e Russia. Se non per iscritto, almeno per vie traverse. Ora forse penserete: non saranno usati sul suolo russo? Beh, se la Russia considera il Donbass come territorio russo, allora questo è ciò che conta per la Russia, per le sue ulteriori decisioni. Se questi carri armati dovessero apparire nelle nuove regioni russe, allora credo che potremmo aspettarci una forte escalation tra Russia e Germania. O, diciamo, con l’Occidente. Non necessariamente militare, in primo luogo. Ma molto probabilmente una cessazione totale di tutti i contatti per anni o decenni a venire. Il che è più che estremamente pericoloso. E la Germania perderebbe ovviamente tutte le risorse dalla Russia. Non solo le poche forniture di energia che ancora fluiscono.

Questo sarebbe infatti l’obiettivo finale degli americani, per la propria preparazione al mondo multipolare, di dividere il cuore del mondo. L’Europa sarebbe ancora sotto la morsa degli Stati Uniti. Il resto sarebbe veramente multipolare.

Vedremo i leopardi in Ucraina? Beh, sì, credo che i Leopardi arriveranno in Ucraina. E molto probabilmente, il trucco sarà che la Germania dirà che altre nazioni hanno deciso di consegnare i Leopardi senza l’approvazione della Germania. Sarà utile? Non lo so.

Efficienza e motivazione delle forze ucraine recentemente mobilitate

Dal momento che l’Ucraina è costretta a disfarsi di tutta la sua popolazione maschile abile, prima che l’Occidente consegni l’Ucraina alla Russia, ora stanno cercando disperatamente ovunque dei maschi in Ucraina. Il punto cruciale è che il potenziale di persone altamente motivate e ideologicamente confuse è quasi del tutto esaurito. Potrebbero esserci alcuni adolescenti, che l’Ucraina ora mobiliterà, che sono indottrinati dall’ideologia di Bandera o, cosa molto triste, che hanno perso il padre ecc. e che saranno motivati ad andare in guerra per vendicarsi. In effetti, è esattamente quello che vuole l’Occidente. Creare generazioni e decenni di odio tra russi e ucraini.

Ma a parte questi, sono rimasti pochissimi ucraini ideologicamente motivati che potrebbero essere mobilitati (il resto è morto, fuggito o in prima linea), le autorità ucraine sono ora a caccia di persone che non vogliono combattere. Soprattutto russofoni o “simpatizzanti” russi, o semplicemente russi.

Si può immaginare quanto siano motivate ed efficaci queste persone che vengono arrestate per strada per essere arruolate per combattere contro i russi. Non lo sono. E come si fa a costruire un esercito efficace con queste persone? Non si può! Si possono usare per tappare i buchi nelle trincee, dove stanno semplicemente morendo. E bisogna sperare che non sparino alle proprie truppe o si sparino ai piedi o altro, per evitare di andare in prima linea.

Un’altra domanda. L’Ucraina è stata in grado di inviare all’estero persone ideologicamente motivate per la formazione. Ad esempio, in Gran Bretagna. Ma come si fa con l’attuale e ultima generazione di mobilitazione (in contrapposizione all'”ondata”)? Se avete catturato e mobilitato con la forza le persone, come si sta facendo attualmente, non potete mandarle all’estero per l’addestramento. Cercherebbero di fuggire. E come dovrebbero reagire gli addestratori stranieri alle persone che vogliono fuggire, non appena arrivano, ad esempio, in Inghilterra o in Germania? È molto problematico.

Purtroppo, ci sono già molti ucraini, da alcune settimane o addirittura mesi all’estero e in preparazione per scopi speciali in Ucraina. Si tratta di persone ancora motivate. Suppongo che stiamo parlando di circa 50.000 soldati. In primo luogo, avrebbero dovuto essere preparati per le operazioni offensive. Ma questo è finito. Ora, presumo che saranno preparati per operazioni difensive e tecniche di guerriglia, per esempio, per colpire le linee di rifornimento russe mentre avanzano. Essenzialmente, come nella Fase 1. L’Occidente si adatta sempre allo stato di guerra.

Come si potrebbe procedere oltre? Ne parlerò nel capitolo “Ulteriori sviluppi”.

Perdite totali stimate dell’Ucraina, in futuro

Naturalmente non ho informazioni di prima mano. Ma da fonti di cui mi fido, presumo che l’Ucraina e le sue forze affiliate (mercenari, polacchi, ecc.), messe insieme, abbiano perso circa 200mila persone in termini di morti e altre 400mila in termini di feriti. Il che è davvero enorme. Se supponiamo che l’Ucraina (e le sue forze affiliate) abbia attualmente circa 150 mila soldati e che altri 100 mila possano essere potenzialmente mobilitati (con la forza), potremmo supporre che ci sia un potenziale di altre 250 mila vittime, prima che la guerra si concluda. Non credo che sia rimasto un potenziale maggiore per la mobilitazione. La questione è solo se queste perdite saranno morti o feriti.

Queste sono forze di combattimento. Naturalmente, dobbiamo tenere presente che almeno 100 mila persone devono essere impegnate nelle retrovie con la logistica, l’amministrazione, la polizia, la coscrizione, ecc. Che oggi è un numero molto basso. Lo sforzo logistico sta aumentando e il potenziale umano per questo sta diminuendo, perché sempre più persone dalle retrovie vengono portate in prima linea.

Quello che voglio dire, infatti, è che la fine è vicina. Avrebbe potuto essere già finita, ma l’Occidente non lo permette. Quindi, anche gli ultimi uomini devono essere esauriti. E potremmo essere nella fase in cui si stanno effettuando le ultime mobilitazioni.

I mobilitati con la forza saranno semplicemente gettati in trincea, perché non è possibile addestrarli. Ucciderebbero i loro istruttori. Quindi, saranno usati come scudi umani, per rallentare l’avanzata russa sul Dnieper. Le truppe, ancora motivate e addestrate da settimane dall’Occidente, saranno preparate per future battaglie difensive, forse sul Dnieper o nel nord al confine con la Bielorussia. E per operazioni di “stay behind”.

Ulteriori sviluppi

Ebbene, gli sviluppi futuri, almeno secondo le ipotesi di noi di Black Mountain Analysis, sono descritti nel mio ultimo articolo, citato all’inizio di questo articolo. Ma per riassumere in poche parole qui, ancora una volta, pensiamo che ci siano cinque “teatri” designati in cui l’esercito russo aumenterà la pressione, a seconda delle necessità, per superare le possibilità logistiche, così come le risorse disponibili, dell’esercito ucraino. Lo vediamo attualmente intorno ad Artemovsk (Bakhmut), Kupiansk, Ugledar e Zaporizhzhia. Esattamente, come da noi previsto in precedenza.

Non appena il grande collasso nel Donbass inizierà a disfarsi, potremmo assistere all’apertura del fronte bielorusso, per mettere l’ultimo chiodo di pressione nella bara ucraina. Ma non, come previsto da altri analisti, con qualche freccia di lusso. Ma piuttosto l’apertura di molti fronti in prossimità del confine e una campagna aerea, sempre in prossimità del confine. In primo luogo, quando sarà assolutamente chiaro che c’è un crollo visibile anche nel Nord e che il territorio è in una certa misura sicuro, allora potremmo vedere l’avanzata di grandi formazioni nel Nord dell’Ucraina e forse un accerchiamento di Kiev.

Le cose devono svilupparsi passo dopo passo. O meglio, pietra miliare per pietra miliare.

Anche considerando quest’ultimo grande sforzo di mobilitazione, possiamo supporre che prolungherà la guerra per altri quattro-sei mesi. Non da subito, ma dai due mesi che abbiamo stimato per il crollo delle attuali risorse ucraine. Tirando le somme, potremmo arrivare a qualsiasi data entro l’estate per la fine delle ostilità su larga scala. Non sto dicendo che a quel punto la guerra sarà finita. Ma almeno i combattimenti su larga scala e le morti di massa potrebbero terminare da qualche parte entro l’estate del 2023.

In seguito possiamo ancora aspettarci l’assedio delle grandi città ucraine, se l’Ucraina non si arrenderà volontariamente. E, come già detto, più ondate di mobilitazione in Russia, per placare l’Ucraina. Di fatto, assicurarsi le retrovie, perché avanzare. Ecco la domanda: quanto sforzo può ancora fare l’Occidente in Ucraina, quando è militarmente sconfitto, per mantenere la resistenza e sviluppare ulteriormente la Terra Bruciata in Ucraina? Non lo so. Vedremo.

https://bmanalysis.substack.com/p/prospects-for-world-war-3-dedicated?r=9fiuw&utm_campaign=post&utm_medium=web

Prospettive della terza guerra mondiale – Dedicato ad Andrei Raevsky, il vignaiolo

Un quadro strategico degli eventi di un’Ucraina al collasso e della fine della NATO

Aleks

4 febbraio

Introduzione

Negli ultimi tempi si parla molto di dove finirà l’escalation della spirale. Si concluderà con la terza guerra mondiale? Ci sarà una guerra nucleare? Quali sono i fattori determinanti? E cosa indica che la Terza Guerra Mondiale è imminente? Esaminerò queste domande in dettaglio da una prospettiva strategica.

Ma, prima di farlo, vorrei scrivere un’altra breve dedica a un autore e analista che stimo molto. Sto parlando di Andrei Raevsky, meglio conosciuto con lo pseudonimo di “The Vineyard Saker”. Leggo regolarmente il suo blog dal 2015, e prima ancora per anni occasionalmente. In questo periodo ho imparato molto da lui per quanto riguarda il pensiero strategico e globale. Questo è ciò che fa meravigliosamente. Purtroppo, ma comprensibilmente, ha deciso di smettere di curare e scrivere il suo blog. Grazie, Andrei, per tutto, per aver raccomandato il mio blog e per tutte le analisi che abbiamo potuto leggere per anni e persino per decenni. Tutto il meglio per te e la tua famiglia, in futuro.

Quindi, ci sarà una terza guerra mondiale? Direi di sì, con assoluta certezza. Ma restano alcune domande da chiarire prima di farsi prendere dal panico. Personalmente, al momento, non vedo alcuna necessità di farsi prendere dal panico. Ancora. Ma di quali domande parlo? Delle seguenti:

  • Quando scoppierà la terza guerra mondiale?
  • In quali circostanze?
  • Quali alleanze parteciperanno?
  • Dove sarà il campo di battaglia principale?
  • In definitiva: Le tre grandi potenze si scontreranno direttamente su larga scala l’una contro l’altra?

Non ho risposte a queste domande. Ma potete vedere che si tratta di questioni strategiche, non di questioni operative, come quelle che stiamo considerando attualmente in Ucraina. Non credo che le questioni operative, se verranno forniti 100 carri armati all’Ucraina, o anche 200 jet da combattimento, decideranno qualcosa sulla probabilità di una terza guerra mondiale.

Spero di aiutare i lettori a sviluppare il loro pensiero strategico, in modo che possano vedere oltre le miopi domande operative di cui ho parlato prima.

Condizioni preliminari

Noi di BMA abbiamo sviluppato un quadro strategico e operativo che è ancora valido. Anzi, possiamo dire che dal mio ultimo aggiornamento operativo non c’è nulla da aggiungere. Posso andare anche oltre. Vedo ora, passo dopo passo, tutti i principali e noti analisti di podcast saltare sul mio treno. Tutti ora parlano invece di grandi frecce, di una macinazione metodica su diversi teatri, per esercitare tutta la pressione necessaria sugli ucraini in modo che possano crollare. Per me va benissimo.

A coloro che non hanno ancora letto la mia analisi, consiglio vivamente di leggere i seguenti articoli in questa sequenza:

  1. Analisi della Fase 3 della guerra
  2. Ruoli di Artemovsk (Bakhmut), Bielorussia, Polonia e Odessa
  3. Previsione della BMA sull’offensiva russa
  4. Alcuni retroscena, perché non dobbiamo aspettarci offensive “Big Arrow

Ulteriori spedizioni di armi

Cominciamo con le spedizioni di armi. Vedremo più avanti in questo articolo, che presumo, che la guerra si sia intensificata molto più di quanto entrambe le parti avrebbero mai pensato. Dal mio punto di vista personale, presumo, e potrebbe essere stato osservato nei miei precedenti articoli, che la Russia abbia pianificato escalation fino alla distruzione della terza iterazione dell’esercito “ucraino”.

  • Prima iterazione:

Distruzione dell’esercito ucraino iniziale. (Fino ad aprile 2022)

  • Seconda iterazione:

Distruzione dell’esercito ucraino, dotato di equipaggiamenti leggeri occidentali, progettato per tamponare la Russia, fino a quando la “terza iterazione” non sarà stata addestrata ed equipaggiata all’estero. La seconda iterazione è stata sconfitta fino alla fine di luglio 2022.

  • Terza iterazione:

Soldati addestrati all’estero e dotati di tutte le armi che i Paesi con le vecchie scorte sovietiche avrebbero potuto risparmiare.

Distrutto in quel giorno, il generale Gerasimov assunse il comando dell’SMO. 11th del gennaio 2023.

  • Quarta iterazione:

Questo esercito è in fase di creazione ed è già parzialmente alimentato nella battaglia per evitare che le linee del fronte collassino. Che è esattamente il loro scopo. Mantenere la battaglia (Terra bruciata) il più a lungo possibile.

Questo esercito è composto da due componenti che dovrebbero garantire il raggiungimento di questo obiettivo.

    1. Esercito professionale:

Le persone mobilitate da pochi mesi e addestrate all’estero costituiranno la parte professionale di questo esercito. Si tratta principalmente di persone “ideologicamente confuse e altamente motivate”. Anche per questo c’è una sola parola.

Saranno addestrati con nuove armi ed equipaggiamenti occidentali. È molto probabile che il piano iniziale, qualche mese fa, fosse quello di usarli per un’altra offensiva, per produrre un’altra “sconfitta” per i russi prima del crollo totale dell’Ucraina. Ma a quanto pare, gli eventi sono stati più veloci.

Non c’è più spazio per nessun tipo di offensiva. Queste unità saranno probabilmente utilizzate per la difesa mobile operativa. In altre parole, saranno utilizzate, dove fa più male, per rallentare il collasso. Si vedano i cinque teatri della BMA. La grande domanda è: questo esercito sarà usato saggiamente sul lato occidentale del Dnieper in modo mobile, per infliggere il maggior numero possibile di danni ai russi, o sarà semplicemente alimentato nel tritacarne del Donbass e sarà seppellito insieme allo Stato ucraino?

    1. Esercito di leva forzata:

Per quanto posso lontanamente giudicare, ho la sensazione che tutti gli “ucraini ideologicamente confusi e altamente motivati” siano “esauriti” o in procinto di esserlo all’interno dei vigili del fuoco della quarta iterazione. Vedi sopra.

Una delle ragioni è che la propaganda del governo, secondo cui l’esercito ucraino non avrebbe subito perdite, è crollata. È ormai risaputo in Ucraina che tutti coloro che vengono arruolati moriranno, saranno gravemente feriti o, nel migliore dei casi, diventeranno prigionieri di guerra russi.

Non rimarrà nient’altro, perché uno degli obiettivi dei russi è il completo annientamento fisico dell’esercito ucraino. Che sarà raggiunto fino all’estate del 2023. Fino ad allora tutti saranno morti, feriti o catturati. Ci potranno essere alcuni irriducibili “ideologicamente confusi e altamente motivati” che continueranno a combattere, ma agiranno solo per conto proprio, non come parte di un esercito organizzato.

Detto questo, possiamo tornare ai coscritti. Poiché nessuno vuole morire per una causa persa (ora sanno che è finita e che resta solo da morire), gli ucraini si nascondono o cercano di eludere la leva. Ci sono ora squadre mobili di “coscrizione” che setacciano ogni città per catturare uomini in qualsiasi circostanza. L’obiettivo di esaurire ogni ucraino maschio abile è ancora attivo.

Ebbene, queste persone demotivate, per usare un eufemismo, saranno gettate in trincea per guadagnare tempo. Non hanno altre prospettive se non quella di essere uccisi o, se sono fortunati, catturati dai russi.

Questa è la quarta iterazione dell’esercito ucraino. L’ultima resistenza, per così dire. Una componente dovrebbe guadagnare tempo scambiando sangue, l’altra dovrebbe infliggere danni alla Russia.

Questa è l’ultima iterazione. Dopo questa mobilitazione del “Volkssturm” non ci sono più risorse umane per continuare la lotta. Come ho sottolineato più volte, l’Ucraina sperimenterà questo collasso entro l’estate del 2023.

Che cosa ha a che fare con ulteriori consegne di armi?

La guerra potrà continuare solo se questi ultimi ucraini avranno dei veicoli blindati. Gli ucraini “confusi” credono ancora in una vittoria con le attrezzature occidentali. Non continuerebbero a combattere o a caricare le postazioni russe a piedi nudi, senza l’assistenza dei blindati.

Si applicano le seguenti circostanze:

  • L’intero stock sovietico della NATO e dell’Ucraina è esaurito.
  • La maggior parte della manodopera ucraina è esaurita.

Quindi, si sta costruendo un nuovo esercito “Frankenstein” con ogni tipo di materiale della NATO, per mantenere gli ucraini motivati a morire per l’Occidente. Frankenstein, perché è un mix incompatibile di tutto, che non ha alcun valore di battaglia senza la capacità di combinare le armi.

Considerando lo stato attuale dell’esercito ucraino, nulla può essere d’aiuto. In realtà, non ha più importanza ciò che l’Occidente sta fornendo. Non ha alcun impatto sull’esito della guerra. È solo uno stimolo e un incentivo per gli ucraini a continuare a combattere, finché gli ultimi uomini “mobilitabili” non saranno uccisi o catturati. Raggiungerà pienamente il suo obiettivo.

Inoltre, significherà molti più morti russi, poiché il prolungamento della guerra significa molti più morti russi. Il che non è positivo.

Linee rosse

E le linee rosse? Le linee rosse ci sono eccome. Ma non credo che la Russia le misuri in base alla quantità e alla qualità dei carri armati o degli aerei inviati dall’Occidente.

Sono personalmente convinto che le linee rosse siano state concordate da Sergei Naryshkin e William Burns ad Ankara il 14 novembre 2022. E queste linee rosse, dal mio punto di vista, riguardano il controllo e la sicurezza del territorio dopo la guerra.

In realtà, presumo che tutti i tipi di forniture di armi sarebbero “tollerati”, ma non con piacere, dai russi, finché non c’è il rischio di perdere territorio. E l’Ucraina nel suo complesso, fatta eccezione per i luoghi che potrebbero essere ceduti ad altri Paesi, è considerata territorio russo.

Perché viene accettato? L’esercito ucraino è in gran parte sconfitto. La Russia sta combattendo contro la quarta e ultima iterazione. I migliori sono già morti o sono fuggiti. E c’è un’altra ragione importante. Ne parlerò nel capitolo “Animale ferito”.

L’ultimo punto che voglio trattare in questo capitolo è la Germania. La Germania è costretta a inviare i suoi carri armati in Ucraina. Non avrà conseguenze militari, ma il calcolo è che la Russia si inasprirà e romperà per sempre le relazioni con la Germania, a causa della storia. Gli Stati Uniti vogliono disperatamente distruggere per sempre le relazioni tra Germania e Russia. Così, la Germania dipenderebbe dall’America e non beneficerebbe del nuovo ordine mondiale multipolare orientato ai BRICS/SCO.

Ecco alcune riflessioni e ipotesi personali:

  • La Germania vuole che l’Ucraina crolli al più presto, in modo da uscire dalla situazione infernale in cui è stata costretta dall’America.
  • La Russia lo sa e tiene aperte le porte dei canali secondari con la Germania per gestire la transizione dalla morsa americana. Presumo che le consegne di carri armati non cambieranno molto se non ci saranno ulteriori escalation. Tuttavia, se le truppe della NATO fanno parte delle escalation, siamo nella terza guerra mondiale.

L’Occidente

L’Occidente è attualmente in forte declino. Economicamente, militarmente e politicamente.

Tuttavia, non dobbiamo dimenticare che l’Occidente è stato la potenza dominante per decenni. Quindi, naturalmente, ha accumulato molte ricchezze e un grande esercito. E ora veniamo al problema. La Russia, più o meno, ha lavorato apertamente all’attuazione del nuovo ordine mondiale multipolare attorno ai BRICS e alla SCO. Gli americani ne erano consapevoli. Allo stesso tempo, l’impero americano, portando avanti il lavoro di altri imperi prima di lui, ha lavorato per la distruzione della Russia. Pertanto, la strategia è stata quella di mettere contro la Russia tutti gli ex alleati e gli Stati sovietici che la circondavano, per poi innescare il collasso interno della Russia.

Ebbene, sia la Russia che l’America hanno attivato i loro piani corrispondenti nel 2022. Tutti vogliono qualcosa, ma solo una parte prevarrà. Chi vince in Ucraina raggiungerà i propri obiettivi geopolitici. Almeno, questo è ciò che credono le parti. A partire da ora, dovrebbe essere chiaro ai politici e ai servizi segreti di tutti gli Stati occidentali che è finita. L’Ucraina cadrà presto e con essa l’ordine mondiale unipolare americano-centrico.

La Russia non sarà distrutta.

Obiettivi

E adesso? Gli americani conoscono bene il loro destino, visto che il loro piano in Ucraina è fallito. Il che non significa necessariamente la fine degli Stati Uniti. Possono diventare membri normali e potenti del futuro ordine mondiale multipolare. Seduti al tavolo con le altre grandi potenze. Penso che ci siano due possibili esiti.

  1. Esattamente questo scenario. L’America diventa una “normale” potenza multipolare al tavolo con gli altri. Emerge un unico nuovo sistema mondiale, controllato da un’organizzazione e non da Stati. O un nuovo tipo di ONU/Lega delle Nazioni, o una ricostruzione fondamentale dell’ONU e l’epurazione dell'”influenza” e degli “influenzatori” occidentali. Quindi, la “de-occidentalizzazione” del mondo.
  2. L’America potrebbe decidere di rimanere un “polo opposto”, contro l’ordine mondiale multipolare. In questo caso avremmo due sistemi allo stesso tempo, in competizione tra loro. Il resto dell’Occidente e gli Stati BRICS/SCO, che competono e lottano per i mercati contesi senza blocchi, finché non rimarrà più nessuna nazione senza blocchi.

Purtroppo, presumo che l’opzione due prevarrà. Che è l’opzione peggiore per il mondo e per l’umanità.

Quali sono gli obiettivi di questa America (l’Occidente)?

  • Drenare completamente il potere da tutte le sue colonie e renderle completamente dipendenti da se stesse. Per assicurarsi mercati e territori, per la futura lotta contro le potenze dell’Heartland. Allo stesso tempo, indebolire l’Heartland, dato che l’Europa ne è parte integrante, con un enorme potenziale, se gestito correttamente.
  • L’esaurimento delle scorte di armi dell’Europa ha l’effetto collaterale positivo che tutte queste armi dovranno essere rifornite. Poiché i costi di produzione industriale sono saliti alle stelle, ad esempio a causa dell’esplosione dei gasdotti (che coincidenza) e per molte altre ragioni autolesioniste, l’Europa farà fatica a riprodurre da sola queste scorte. La logica è che verranno in America a mendicare armi “a buon mercato”.

In realtà, l’America sta violentando l’Europa e la costringe a tornare da loro per implorare di più. Perversione. O come dice Scott Ritter? Odiosa!

Animale ferito

Molto probabilmente l’Occidente non si aspettava che la guerra si sarebbe sviluppata come si è sviluppata. Ne ho scritto più volte. In primo luogo, si aspettavano che l’Ucraina sarebbe caduta nel giro di pochi giorni e che avrebbero organizzato una guerriglia. Poi, dopo aver visto che la Russia non stava conducendo un’offensiva strategica dottrinale ma una SMO, hanno pensato: l’Occidente vincerà.

Ma nulla di tutto ciò è vero. La Russia non ha vinto in pochi giorni, né perderà. Anzi, sta sconfiggendo l’Occidente, i suoi eserciti e le sue economie in Ucraina. Chi l’avrebbe mai detto?

L’America sa benissimo quale sarà il suo nuovo ruolo, quindi si sta preparando rendendo l’Europa totalmente dipendente da lei, deindustrializzandola e prosciugandola per il prossimo decennio. Non solo l’Europa, ma anche tutte le altre colonie, compresi Canada, Australia, Giappone, Corea del Sud, ecc.

Il problema è questo. Poiché l’America è ben consapevole del suo imminente declino da superpotenza a nazione normale ma potente, lotta con una certa sindrome. Quando tutto va bene, tutti sono felici e fanno a gara per rivendicare il successo per sé. Quando le cose vanno male, si verifica il contrario. Ognuno cerca di dare la colpa all’altro. Questo è il caso attuale dell’America. Sull’America scriverò un articolo a parte. Perciò, lo ripercorrerò rapidamente.

Non c’è un solo potere che sta determinando il corso degli Stati Uniti. L’oligarchia al potere (i politici sono solo “esecutori sponsorizzati” dell’oligarchia) non sa esattamente quale strada prendere. Ci sono poteri che vogliono scegliere l’opzione 1, allontanarsi dall’impero e andare verso il multipolarismo, e ci sono anche poteri che non vogliono andare giù senza combattere. Purtroppo, la maggioranza dell’establishment o dell’oligarchia sostiene la seconda opzione. Ed eccoci qui. L’America si comporta esattamente come un animale selvatico ferito. Morde, combatte e graffia tutti coloro che la circondano. Il che è estremamente pericoloso per l’umanità. Basta un errore e tutti muoiono.

Questo è ciò che vediamo in Ucraina. Ora verrà consegnato tutto ciò che non è armamento nucleare, ciò che potrebbe essere gestito dai pochi ucraini capaci rimasti. E la Russia sarebbe idiota a farne un dramma. Verrà gestito. Gestione dell’escalation. Sì, moriranno alcune migliaia di russi in più. O se si contano gli ucraini come russi, qualche decina o centinaia di migliaia in più. Ma comunque il mondo sopravviverà.

Spetta alla Russia e agli altri popoli civilizzati gestire la rabbia di questo animale ferito e contenerla, in modo da non dover usare armi nucleari o dare il via alla terza guerra mondiale. Ecco perché la Russia sta incassando molti colpi duri, senza rispondere.

Sfida

La sfida per la Russia è quella di vincere la guerra in Ucraina senza inasprirsi troppo, per non scatenare reazioni da parte dell’Occidente, che potrebbero ancora innescare la terza guerra mondiale, per l’Ucraina.

Attualmente non esiste un potenziale per una tale escalation se consideriamo solo l’esercito ucraino e quello russo. L’esercito ucraino è presto (entro la fine dell’estate 2023) scomparso. Ma gli americani potrebbero decidere di sacrificare gli eserciti europei contro la Russia come un’altra forza per procura. Senza il coinvolgimento americano.

Non è impossibile, anche se ritengo che la probabilità sia molto bassa.

Si pensi all’invio di truppe polacche e di altri Paesi europei per difendere l’Ucraina occidentale, Odessa o Kiev.

La gente non lo vuole? Non c’è questo stato d’animo? Non ci sono armi? Chi se ne frega?

Create un numero sufficiente di operazioni a bandiera falsa all’interno dell’UE e della NATO, attivate una vasta campagna mediatica e avrete europei fanatici che tifano per la guerra e si offrono volontari per marciare su Mosca.

Questo scenario deve essere evitato. Si tratta della cosiddetta “gestione delle escalation”.

Perché ho scritto che gli americani avrebbero usato gli europei come forza di interposizione? Beh, l’Europa non è più interessante per l’America. Si stanno orientando verso il nuovo punto caldo del commercio, l’Asia. L’Europa è finita. Può essere usata come un preservativo usato, per indebolire ulteriormente la Russia. Il lancio di materiale vecchio e di onde umane contro i russi sta creando perdite per la Russia. Sia in termini di persone sia in termini economici. Imparate a conoscere i costi di opportunità. Si tratta di costi o ricavi che non si sono ottenuti perché si è scelto di fare qualcosa di meno favorevole. Quindi, la Russia potrebbe prosperare sviluppando il commercio e le relazioni con il “Nuovo Mondo”. Ma invece dovrebbe mobilitarsi completamente e destinare un’enorme parte delle sue risorse, del suo denaro e del suo benessere all’esercito e alla guerra. Mentre altri attori di mercato sfruttano l’assenza della Russia sui mercati mondiali.

Uno scenario horror? Sì, ma non credo che si concretizzerà.

Indicatori

Ma dobbiamo discuterne. Stiamo parlando di un animale selvatico ferito. Le sue azioni sono totalmente imprevedibili. E raddoppia sempre. Quindi, non si può escludere nulla. Dobbiamo esserne consapevoli. Ecco perché ho deciso di scrivere alcuni indicatori importanti, che indicherebbero che è stata superata una soglia che non permette di tornare indietro.

  • Sforzi di mobilitazione palesi o occulti all’interno dei grandi Paesi europei.
  • Transizione, palese o occulta, a un’economia/produzione di guerra all’interno dei grandi Paesi europei.
  • Se il numero di truppe mobilitate della Russia supera il milione e mezzo di uomini. Sto parlando solo delle truppe mobilitate. Non dell’esercito di leva e professionale già in piedi in tempo di pace.
  • La calma di Vladimir Putin non ci sarà più per molto tempo. Infatti, sarebbe visivamente molto arrabbiato e la sua retorica raggiungerebbe livelli mai visti prima. Si veda il suo comportamento dal novembre 2021 al febbraio 2022, per avere una versione ridotta di ciò che vedremmo.
  • Partecipazione attiva e ufficiale delle truppe NATO alle ostilità contro la Russia.
  • Interruzione ufficiale delle relazioni tra la Russia e i principali Paesi della NATO. Ritiro delle missioni diplomatiche e del personale, ecc.
  • Interruzione totale di tutte le relazioni economiche.
  • La Russia si ritira da molti mercati non cruciali senza ragioni visibili.
  • La Russia si ritira dalla Siria.
  • Mobilitazione totale, palese o occulta, in Russia.
  • Ritiro degli americani da regioni importanti e importanti senza un motivo chiaro. Ad esempio, un ritiro improvviso degli americani dal Medio Oriente, compresa la sua marina. Gli americani cercherebbero di portare il maggior numero possibile di equipaggiamenti e di truppe fuori pericolo prima che i bombardamenti russi inizino a colpire le basi americane in tutto il mondo.

 

 

Fattori importanti

Come ho detto. Voglio essere onesto, penso, e questa è solo una mia supposizione… È troppo tardi per scatenare la terza guerra mondiale:

  • Il potenziale umano ucraino è quasi finito. E presto sparirà.
  • Gli europei sono stati smilitarizzati. E saranno ulteriormente smilitarizzati finché non sarà tutto finito. Non c’è molto che possa essere usato per combattere effettivamente i russi.
  • Gli americani ritirerebbero le loro attrezzature in America o in Asia. Questa è una regione importante. L’Europa ha perso la sua importanza e con essa l’obbligo della NATO.
  • L’articolo 5 prevede che gli alleati si consultino su se e come sostenere il membro sotto attacco. La decisione dei singoli Stati membri potrebbe essere quella di inviare attrezzature mediche o semplicemente di non fare nulla. Questo vale anche per l’America. L’America non farebbe molto per gli Stati dell’Europa orientale. E certamente NON combatterà la Russia per loro. Non sono ancora sicuro dell’Europa centrale e occidentale, poiché l’America ne avrà bisogno per la reindustrializzazione delle loro risorse e industrie.
  • Finché questa guerra non sarà finita, la NATO sarà solo quattro lettere su un pezzo di carta. Ad essere sincero, non me l’aspettavo così. Nel capitolo “Prospettive strategiche” illustrerò la mia ipotesi di smembramento della NATO. Ma, a quanto pare, il ramo militare della NATO sarà presto finito e scomparso. Rimarrà un club di persone che si riuniscono regolarmente per lanciare minacce da un universo parallelo in direzione della Russia. Come ho detto, approfondirò l’argomento più avanti.

Voglio che tutti voi teniate a mente qual è l’obiettivo finale della Russia. L’obiettivo finale della Russia è quello di garantire la propria sicurezza strategica in direzione occidentale, costringendo l’Occidente ad accettare il nuovo progetto di trattato per la sicurezza europea. Sia volontariamente che con la forza. La forza può essere militare, economica o rivoluzionaria. Non dimenticate questa parte. In caso di fallimento, moriremo tutti. 😊 Ho illustrato in dettaglio il processo e le ragioni nella mia analisi della Fase 3.

Come ho sottolineato nell’articolo citato, chi tifa perché la Russia perda, tifa per la propria morte.

Il perno – Odessa

Il perno strategico, sia che ci sia o meno un’Ucraina, è Odessa. Con Odessa, l’Ucraina potrebbe sostenere una sorta di economia, accedendo al Mar Nero. Probabilmente sarebbe sufficiente per continuare a esistere come un classico Stato fallito americano, come la Libia e altri che non nominerò per non insultare le persone che vi abitano.

Se la Russia prende Odessa, o sconfigge l’esercito ucraino da qualche altra parte, in modo che Odessa non possa più essere difesa, allora la guerra è finita. Odessa è più importante per l’Ucraina della stessa Kiev.

Odessa è anche uno degli obiettivi strategici, indicati dal Presidente Vladimir Putin, prima di avviare lo SMO. Leggili in dettaglio qui. Uno di questi obiettivi è quello di rendere giustizia a quanto accaduto a Odessa nel 2014, quando una cinquantina di russi furono bruciati a morte dai nazionalisti ucraini. È un obiettivo personale di Vladimir Putin conquistare la città e cercare giustizia per queste morti. Ecco altri motivi:

  • È una città strategica. Senza di essa, non potrebbe mai esserci di nuovo qualcosa come l'”Ucraina”. Non sarebbe economicamente sostenibile.
  • In questo modo la Russia avrebbe il controllo di gran parte del Mar Nero. Di fatto, il dominio della Russia nel Mar Nero non potrebbe più essere contestato. Non solo dal mare, ma anche dalla terra o dall’aria.
  • La Russia avrebbe un avamposto profondo all’interno del fianco orientale della NATO, che è fondamentale. Si pensi ai radar, alle basi aeree, alle difese aeree, alle basi missilistiche, alle basi della flotta, alle zone di smistamento, ecc.
  • Odessa è una città russa. Non una città russa qualsiasi. È una città russa molto importante. È stata costruita da un imperatore russo molto popolare, Caterina la Grande. Inoltre, è una città eroica. (Vedi città eroe della Seconda Guerra Mondiale).
  • L’Ucraina e l’Occidente non accetteranno mai la pace con la Russia finché questa deterrà territori che anche l’Occidente rivendica, come Kherson, la Crimea, ecc. Se i russi lasciassero Odessa all’Ucraina, in base a un qualche tipo di trattato, ci sarebbe sempre il pericolo che l’Ucraina si riattivi e usi Odessa e il suo accesso al Mar Nero per danneggiare la Russia. Come tutti sappiamo, e la Russia lo sa ancora di più, l’Occidente infrange TUTTI i trattati che firma.
  • Odessa è l’ultimo passo prima che la Russia possa riunificarsi con la Transnistria. È un problema che va certamente risolto. E deve essere risolto ora. E sarà risolto ora.

In effetti, se si prendono questi argomenti e li si capovolge, si hanno le ragioni per cui la NATO (l’America) ha un interesse strategico a prendere Odessa. Gli argomenti sono essenzialmente simili a quelli per cui l’Occidente vuole disperatamente avere la Crimea. Per essere chiari. La Crimea e Odessa sono di gran lunga più importanti per l’Occidente di Kiev o di qualsiasi altra regione dell’Ucraina. Ecco perché si parla sempre di un’offensiva contro la Crimea. La domanda è: l’Occidente avrà un vantaggio strategico contro la Russia o la Russia avrà un vantaggio strategico contro la NATO? La risposta è ovvia.

Considerando tutto questo, non c’è alcuna possibilità al mondo che la Russia non prenda Odessa. Non importa quali accordi verranno proposti, o quali trattati, o altro. Forse c’è stato un momento in cui sarebbe stato possibile. Nella fase 1. Forse ancora nella fase 2. Ma dall’agosto 2022, tutto questo non c’è più. Ci sono stati troppi sacrifici per non andare fino in fondo. In effetti, sarebbe un enorme insulto a tutte le persone che sono morte da parte russa, sia civili che militari.

Tuttavia, ci sarà un momento Odessa. Il momento in cui sarà chiaro a tutti che Odessa non può essere difesa. Riporto qui un elenco incompleto di casi che potrebbero essere considerati un “momento Odessa”:

  • Assedio di Odessa.
  • Crollo delle forze armate ucraine.
  • Crollo dello Stato ucraino.
  • Distruzione completa dell’esercito ucraino.
  • La resa completa dell’esercito ucraino.
  • Tagliare fuori Odessa, più a nord. Ad esempio, la Transnistria.
  • Un avvicinamento a Odessa da parte dell’esercito russo senza più truppe per difenderla da sud.

Questo sarà il momento più pericoloso della guerra. È il momento in cui l’Occidente dovrà decidere se arrendersi all’Ucraina o raddoppiare le forze e intervenire con le truppe occidentali. Questa è essenzialmente la questione se la Terza Guerra Mondiale ci sarà o meno.

Qualunque decisione possa prendere l’Occidente, è insignificante per la Russia, per le ragioni sopra citate. La Russia la accetterebbe, indipendentemente dalla minaccia di escalation dell’Occidente. Anche se ciò significasse la fine della razza umana. Non esiste uno scenario in cui la Russia non prenderebbe Odessa e il mondo non andrebbe in fiamme. Nessuno.

Polli a Odessa

E qui arriviamo al problema. Ho già descritto questo scenario in uno dei miei aggiornamenti operativi. Vedere qui.

Gli americani hanno l’abitudine di entrare in un luogo e rivendicarlo per sempre, solo grazie alla loro presenza. La logica è che se loro sono lì, nessuno oserà mai contestarlo. Ad esempio, per evitare la terza guerra mondiale.

Questo è sostanzialmente vero, e funziona bene, in tutto il mondo. Si veda la Serbia (la nostra provincia, il Kosovo) e la Siria orientale. Naturalmente, ci sono molti altri esempi. Io lo chiamo il “gioco del pollo”.

Ora, perché la 101st divisione aviotrasportata dell’esercito americano è stata dispiegata in Europa orientale? In Romania? La mia personale ipotesi è che siano rimasti inattivi in attesa del momento di Odessa. Se il momento di Odessa si verifica, il governo statunitense (meglio, l’oligarchia statunitense) avrà l’opportunità di spostare la 101st a Odessa.

Perché dovrebbero farlo? La 101st non è in grado di respingere un attacco russo. Potenzialmente potrebbe guadagnare tempo fino a quando gli Stati Uniti non saranno in grado di mobilitare una grande forza in Romania per dare il cambio. La verità è che una tale forza non esiste e non potrebbe dare alcun sollievo. Oggi la Russia ha capacità di attacco profondo convenzionale con missili ipersonici inarrestabili. L’intera retrovia europea non è difendibile. Gli americani non sono idioti e i loro pianificatori militari lo sanno.

Allora perché i 101st ? Beh, possono essere dispiegati rapidamente con gli elicotteri e creare fatti sul terreno. Di fatto, creare un grande “gioco del pollo” proprio a Odessa. Questo creerebbe due problemi ai russi:

  1. Se ora i russi attaccassero Odessa e le truppe americane, allora avrebbero scatenato la terza guerra mondiale dal punto di vista occidentale. Questo serve soprattutto al pubblico civile di tutto il mondo per misurare come è iniziata una guerra mondiale e come si sarebbe potuta evitare. Nessuno si chiederà perché gli americani sono entrati in azione dopo che i primi missili hanno iniziato a volare. Potrebbero chiedersi chi ha sparato per primo, ma non importa. Tutti sarebbero morti comunque nel fuoco nucleare.
  2. Come ho già sottolineato sopra, Odessa è una città storica cruciale e meravigliosa per la Russia. In effetti, la Russia non vuole combattere in tali città, per preservarle. Se gli americani si trasferissero, la Russia sarebbe costretta a distruggere Odessa, per mandarli via. Ancora una volta, a questo punto non ha più importanza.

Questo “Piano Polli” sarà attivato dagli americani? Non lo so. Se pensano che la Russia si tirerà indietro se entreranno in azione, allora potrebbe accadere. Ma questa informazione sarebbe sbagliata e l’escalation avrebbe inizio. Personalmente non credo ancora, a giudicare dal clima politico, che si possa innescare. Ma questa valutazione potrebbe cambiare in qualsiasi momento. Per ora non voglio lanciare alcun avvertimento.

Ammesso che un simile “Piano Pollo” venga innescato dagli americani, resta da chiedersi quale strategia sceglierebbero i russi per farli uscire da lì. Ecco alcune possibilità:

  • I tempi per una soluzione diplomatica potrebbero essere molto brevi, ma non tali da lasciare Odessa in mani occidentali. Più probabilmente, un qualche tipo di scambio geopolitico da qualche altra parte per preservare l’umanità. Per breve intendo non più di 48 ore. L’esercito russo non può aspettare che le brigate e le divisioni corazzate americane si radunino in Romania per farle entrare in Ucraina e dare il cambio ai paracadutisti (101st ) a Odessa.
  • Un attacco diretto a Odessa, semplicemente radendola al suolo con tutto quello che c’è dentro, per non dare agli americani il tempo di raggiungere i loro paracadutisti. Una soluzione dolorosa.
  • Aumentare il quadrante del dolore per l’America in tutto il mondo per costringerla a ritirarsi volontariamente. Quindi, l’affondamento della Marina statunitense (che potrebbe essere innescato in qualsiasi momento dalla Russia con i suoi missili ipersonici a lungo raggio), il bombardamento di tutte le basi statunitensi scarsamente protette in tutto il mondo, con particolare attenzione alla manodopera e alle attrezzature e la distruzione dell’intera infrastruttura della NATO in Europa con armi a stallo.

Non c’è nulla che si possa fare contro di essa, poiché attualmente non esiste una tecnologia in grado di abbattere i missili ipersonici. Questa strategia è limitata solo dal numero di missili disponibili. Non so quanti ne siano stati prodotti finora.

Vedete, sarebbe molto meglio se l’Occidente accettasse semplicemente la restituzione di una città russa alla Russia. Voglio essere diretto. Non voglio vedere né un momento Odessa né un tentativo russo di espellere i polli.

Un’altra osservazione. Anche Scott Ritter fa spesso riferimento al “momento di Odessa”. Voglio solo sottolineare che qui abbiamo un concetto simile, ma non è lo stesso. Come sicuramente avrete capito da soli.

Prospettive strategiche

Nozioni di base

In questo capitolo voglio presentare alcune considerazioni strategiche.

La Polonia e le sue opzioni

Penso che prima si sia pensato di intervenire direttamente in Ucraina occidentale attraverso la Polonia. Non per combattere i russi, ma per assicurarsi il territorio. E penso anche che il Presidente Putin abbia detto chiaramente in uno dei suoi primi discorsi durante la guerra, che tali azioni avrebbero scatenato risposte fulminee. Molto probabilmente stava parlando di una pioggia ipersonica sulla Polonia. Queste intenzioni si sono poi spente. Tuttavia, sembra che la Polonia sia ancora desiderosa di impadronirsi di alcune parti dell’Ucraina che la Polonia considera ex territori polacchi.

Questo, ovviamente, è un fatto interessante.

Perché?

Ebbene, la Russia vuole costringere l’Occidente ad attuare il nuovo progetto di trattato per la sicurezza europea. Quindi, respingere l’influenza della NATO e le infrastrutture militari in Europa orientale. In precedenti articoli ho presentato gli assi economici che potrebbero innescare un collasso politico europeo. Qui presenterò alcune strategie su scala geopolitica.

La Polonia parla apertamente di conquistare gli ex territori polacchi. La Russia sta evidenziando questo fatto nei media. Anche Dimitry Medvedev lo sottolinea spesso sul suo canale Telegram. Ma a parte la sottolineatura, non sembrano esserci molte obiezioni. In realtà, credo che la Russia avrebbe dei vantaggi se la Polonia prendesse l’oblast’ di Lvov. Per prima cosa, guardate la mappa.

 

La Russia potrebbe effettivamente permettere alla Polonia di prendere l’oblast’ di Leopoli indicato sopra. Si tratta di un’oblast’ fortemente impegnata e associata all’ideologia di Stepan Bandera. Sono profondamente anti-russi e si farebbe fatica a chiamarli russi o ex russi. In effetti, accettare, placare e governare questa regione sarebbe un peso per la Russia. Sarà un peso anche per la Polonia, ma loro lo vogliono 😊.

Il grande vantaggio non è quello di governare o di placare il paese. No, il grande vantaggio è che scatenerebbe forti tensioni all’interno dell’UE e della NATO, soprattutto tra la Polonia e gli altri principali Paesi dell’UE, Germania, Francia e Italia. Ricordo un commento del cancelliere tedesco Olaf Scholz nel 2022. Secondo quanto riferito, avrebbe detto privatamente ai polacchi che se insistono sui pagamenti di riparazione da parte della Germania, quest’ultima potrebbe ricordarsi degli ex territori tedeschi che attualmente fanno parte della Polonia. Se la Polonia dovesse conquistare Leopoli, la disputa si inasprirebbe.

Le tensioni nell’UE e nella NATO contribuiscono assolutamente all’attuazione del nuovo progetto di trattato per la sicurezza europea. Non volontariamente, ma con la forza diplomatica 😊 Quindi, potrei davvero immaginare che una tale mossa possa avvenire se i polacchi lo vogliono davvero, ma in accordo con la Russia, non contro la volontà della Russia.

Si tratta di due vincoli importanti:

  1. Gli oblast a nord di Lvov non devono essere toccati dalla Polonia. Sono zone cuscinetto e di sicurezza per la Bielorussia.
  2. Anche gli oblast a sud di Lvov non devono essere toccati dalla Polonia. Sono le porte geopolitiche degli Stati dell’Europa orientale. Quindi, per dire, ponti terrestri attraverso Stati che non sono controllati dall’Occidente. L’Ucraina occidentale (da fare), l’Ungheria (si libererà non appena il ponte di terra sarà stabilito) e la Serbia (lo stesso).

Se la Polonia rivendicasse questi territori, ci sarebbe una risposta fulminea da parte del Presidente Putin. Credo che il messaggio sia stato chiaro per la Polonia.

L’ho già spiegato nella mia analisi della Fase 3. È possibile che l’Ucraina occidentale (meno Lvov) non si unisca alla Russia. Chi lo sa? Ma certamente sarà presa, smilitarizzata e denazificata. In seguito, potrebbe essere rilasciata in una sorta di pseudo-indipendenza, con basi militari russe sul suo territorio, per garantire questo stato. Ma questo “Paese pseudo-indipendente” sarebbe cruciale perché sarebbe la porta della Russia verso l’Europa orientale. Il suo ponte di terra.

 

Ungheria, Serbia e la fine della NATO

E qui arriviamo direttamente a questi ponti terrestri e alle rotte commerciali.

Prima di iniziare, vorrei ricordarvi i miei articoli “Economia e Imperi 1” e “Economia e Imperi 2”.  In sostanza, Serbia e Ungheria sono attualmente ostaggio dell’Occidente. Essendo paesi senza sbocco sul mare, anch’essi ostaggi dell’America, ma più sottomessi di altre nazioni europee, la Serbia e l’Ungheria non possono sviluppare una politica estera o un commercio estero indipendenti. Se non fanno quello che viene detto loro, possono succedere molte cose oltre all’azione militare:

  • Ricatto
  • Intimidazione
  • Blocco delle rotte commerciali
  • Rifiuto di forniture critiche
  • Chiusura dello spazio aereo

E tutto questo senza ammetterlo apertamente, ma inventando motivi. L’Occidente ama usare la Croazia per le restrizioni commerciali contro la Serbia in direzione dell’Europa. La Croazia allora inventa dei motivi per cui i camion serbi non possono attraversare la Croazia. E cose simili.

Questo è il motivo per cui la Serbia è stata costretta in questi anni a dire che vuole entrare nell’UE, anche se il popolo non lo vuole. Questa fedeltà è richiesta dall’Occidente, per non mettere nuovamente sotto pressione la Serbia.

E qui entra in gioco la guerra in Ucraina e l'”Ucraina occidentale”. Se la Russia riesce ad assicurarsi il ponte di terra verso l’Ungheria nell’Ucraina occidentale, allora tutto il castello di carte costruito sul ricatto dell’Ucraina orientale crolla. La Russia avrebbe attraverso l’Ungheria, che ha problemi simili a quelli della Serbia anche se l’Ungheria fa parte dell’UE e della NATO, un accesso diretto alla Serbia.

Permetterebbe alla Serbia e all’Ungheria di scegliere liberamente con chi commerciare e intrattenere relazioni. Di conseguenza, l’intero heartland sarebbe aperto a questi Paesi. E con essi gli Stati della SCO e dei BRICS. L’Occidente non potrebbe più minacciare questi Paesi bloccando loro il commercio e le forniture e, in caso di minacce militari, la Russia potrebbe dispiegare truppe o fornire assistenza militare illimitata attraverso il corridoio.

Tuttavia, potrei immaginare truppe solo in Serbia perché è uno Stato fratello. Questa sarebbe una parte importante della soluzione del problema del Kosovo, che è una provincia della Serbia occupata dall’Occidente. Oggi la NATO può minacciare la Serbia di bombardarla nel caso in cui protegga i suoi cittadini in Kosovo. Se la Serbia avesse un accesso diretto via terra e via aerea alla Russia, le cose sarebbero completamente diverse. A parte questo, la Russia ha lasciato il percorso imperiale con l’Unione Sovietica, il che è positivo! La Russia non spenderà più sangue e denaro per mantenere un impero lontano.

Esattamente questo sarebbe la morte dell’UE e della NATO. Perché? Guardate la mia seconda mappa.

 

  • Le linee nere rappresentano le nuove rotte commerciali principali con i Paesi “secessionisti” iniziali, Serbia e Ungheria. I due Paesi sono in attesa dell’apertura di queste rotte. Finché non saranno aperte, entrambi i Paesi dovranno sopportare le massicce intimidazioni dell’Occidente.
  • Le linee rosse rappresentano nuove potenziali rotte commerciali tra la Russia (BRICS/SCO) e singoli Paesi dell’Europa orientale. Quando queste nazioni vedranno come la Serbia e l’Ungheria possono sviluppare una politica e un commercio indipendenti, sempre più Paesi europei si uniranno a questo modello e si libereranno dall’influenza/ricatto/colonialismo occidentale. Non appena tutto questo comincerà a sgretolarsi, sarà la fine della NATO e dell’UE. Se a questo si aggiunge la pressione economica, dovuta alle autosanzioni e alla possibile presa di Lvov da parte della Polonia, la NATO e l’UE sono finite. Naturalmente, nessuno deve pensare che un tale processo centrifugo si concluda da un giorno all’altro. Stiamo parlando di alcuni anni.

Non vedete linee con la Romania? Beh, la Romania è di gran lunga la colonia più sottomessa, senza un minimo di volontà propria. Non so quanto possa liberarsi, anche con un accesso via terra alla Russia.

Si potrebbe obiettare che alcuni di questi Paesi (Croazia, Grecia ecc.) hanno già accesso al mare. Sì, ma non hanno accesso terrestre alla Russia. In teoria, potrebbero avere un commercio indipendente. Ma in caso di escalation militare, sarebbero da soli senza il ponte terrestre verso la Russia.

Il rullo compressore della Russia

C’è qualcosa che non dobbiamo dimenticare. La Russia non è ancora mobilitata in un senso ragionevole. Non parlo di mobilitazione totale. La Russia non è ancora mobilitata nemmeno in parte. Ma ricordate una cosa: se l’Occidente costringesse la Russia a trasformare la sua economia in un’economia di guerra, anche la sua società entrerebbe in pieno stato di guerra e se le sue perdite superassero un numero ragionevole, l’Occidente otterrebbe ciò che ha ottenuto dopo Napoleone e Hitler. Una società, un esercito e una macchina da guerra russi che non possono essere semplicemente “spenti” dopo la riconquista dell’Ucraina. Se avete un esercito di un milione o addirittura di due milioni di uomini al confine con la Polonia, questo esercito farà quello che hanno fatto i loro antenati. Marceranno fino a Berlino o anche oltre e metteranno fine alla nuova minaccia alla statualità russa.

Non abbiamo ancora raggiunto questo punto. E se non ci sarà un’escalation che includa truppe occidentali IN Ucraina, non raggiungeremo mai questo punto. Tuttavia, se l’Occidente si impegnasse in un’escalation con truppe occidentali in Ucraina, questo punto potrebbe essere raggiunto facilmente.

Poiché la NATO si sta smilitarizzando su larga scala e presto esisterà solo come quattro lettere su un pezzo di carta, si può immaginare cosa fermerà l’esercito russo sulla sua strada verso Berlino. Niente.

La Russia è abbastanza potente per farlo? Questa domanda è del tutto insignificante. Ricordate cosa succede se la Russia perde militarmente. Considerato lo stato della NATO, non c’è molto che possa fare contro un evento del genere se la Russia combatte a livello dottrinale. In Ucraina è in corso una guerra civile tra russi. Il Presidente Putin ha ripetuto più volte di considerare gli ucraini come fratelli e russi. Per questo motivo si preoccupa che i civili soffrano il meno possibile in un contesto di guerra come questo. Non si dovrebbe nemmeno provare a pensare a quali armi e strategie verrebbero applicate contro una nazione ostile come la Polonia o (riempire lo spazio vuoto). Certamente non una lenta macinazione per distruggere solo l’esercito nemico.

Non importa nemmeno quanto forte la gente griderebbe “ARTICOLO 5”. Non si tratta di un incantesimo che farebbe sparire l’esercito russo. Pensate che ci sarebbe una rappresaglia nucleare da parte degli Stati Uniti? No! L’Europa è un preservativo usato per gli americani. I nuovi ragazzi sono in Asia. L’America non si metterà mai e poi mai a rischio per un preservativo usato. Pardon, per l’Europa.

Ancora una volta, non mi sembra che questo scenario si verifichi. Ma nulla è certo.

Ora ci stiamo avvicinando alla mia conclusione.

Cina

Inizialmente ho detto che ci sarà una terza guerra mondiale. E sì, penso che ci sarà una terza guerra mondiale. Ma dubito, almeno per ora, che si scatenerà in Europa. E dubito anche che il suo campo di battaglia principale sarà in Europa. Anche se ci sarà una battaglia in Europa.

La grande battaglia del nostro tempo sarà in Asia e nel Pacifico. E non oggi, ma nel 2030. La battaglia consisterà nel cacciare gli Stati Uniti da una regione a cui non appartengono. La Cina sta preparando due strategie.

  1. Lo scenario migliore per il mondo sarebbe che i BRICS e la SCO facessero crollare l’economia imperiale americana, in modo tale che essa non possa più sostenere il suo impero e la sua rete di basi militari. In questo modo si ritirerebbe dalle sue basi all’estero, in preda a un collasso economico e sociale. Non fraintendetemi. Non auguro al popolo americano la sua rovina. Assolutamente no! Mi piacciono gli americani (il popolo, non il parassita imperiale) tanto quanto chiunque altro. Mi auguro per il popolo americano che il vostro Paese esca rafforzato dai tempi duri che vi aspettano. Che riusciate a diventare una nazione normale tra le altre e che ogni singolo americano diventi prospero. Questo con normali relazioni commerciali con altre nazioni, senza la necessità di bombardarle per ottenere buone condizioni commerciali.
  2. La seconda opzione è la guerra. Pertanto, la Cina sta costruendo il più grande esercito che il mondo abbia mai visto. Ma non è ancora pronta in termini di quantità o di professionalità/esperienza. Ma lo sarà sicuramente nei prossimi anni, al massimo nel 2030. La Russia, che attualmente sta bloccando l’impero in Europa e lo sta esaurendo, è il più grande regalo che la Cina possa ricevere. Ecco perché la Cina farà tutto il possibile per mantenere questo status. Pertanto, la Cina sta aiutando la Russia ad aggirare la maggior parte delle sanzioni.

E la Russia sta più che restituendo il favore. Sta comprando tempo per la Cina con il suo sangue, come effetto collaterale della sua lotta esistenziale contro la NATO.

Mi fermo qui, perché ho intenzione di scrivere un articolo a parte sulla lotta nella regione del Pacifico. Ma tenete presente quanto segue. Posso fare previsioni più o meno accurate per l’arco di un anno (operativo). Posso spiegare la forma, le probabilità e i confini di una strategia che copre fino a tre anni. L’implementazione effettiva potrebbe essere completamente diversa. E tutto ciò che si scrive, me compreso, che fa previsioni per un periodo successivo ai tre anni (visione), scrive semplicemente favole.

Tuttavia, cercherò di scrivere una simile favola sulla regione del Pacifico in un altro articolo. Ma la segnalo come un’ipotesi e anche come uno scenario possibile tra infiniti scenari possibili. Quindi, dovrete considerarla per imparare i retroscena, ma a parte questo dovrete prenderla con le molle.

Conclusione

Ok, siamo arrivati alla fine dell’articolo. Cercherò di riassumerlo e di fare una conclusione.

La domanda a cui questo articolo cerca di rispondere riguarda la prospettiva che dalla crisi ucraina si sviluppi una guerra mondiale. Vedo una probabilità del 90% che la guerra in Ucraina non si evolva in una guerra mondiale. Purtroppo, il 90% è ancora lontano dalla certezza! C’è ancora la possibilità che l’Occidente cerchi di spingere forze per procura (Polonia, Romania, Germania?) in Ucraina per creare un conflitto “locale”/continentale più grande, mentre gli americani si concentrano sull’Asia. Qui siamo al 5%. E al di sopra di questo, c’è una probabilità del 5% che gli Stati Uniti intervengano direttamente (vedi il momento di Odessa, ecc.), che certamente si evolverebbe in una guerra mondiale istantanea.

  • Pace dopo la sconfitta dell’esercito ucraino (90%)
  • Sviluppo di una guerra tra Russia e proxy europei all’interno dell’Ucraina/Europa (5%)
  • Intervento americano nella terza guerra mondiale (5%).

Ovviamente è ancora troppo alto. Stiamo parlando della razza umana.

In effetti, ci sono due fattori determinanti che decideranno se ci sarà o meno un’escalation:

Il “momento Odessa” e il momento “Ucraina occidentale”.

  • Momento Odessa:

L’Occidente cercherà di fare il possibile per evitare di cedere Odessa ai russi. Questo per considerazioni militari strategiche. Se i russi l’avranno, avranno un vantaggio strategico e un’influenza sulla NATO. Se la NATO la possiede, lo stesso vale per la NATO contro la Russia.

  • Momento “Ucraina occidentale”:

Qui stiamo parlando dell’accesso terrestre della Russia all’Ungheria e quindi alla Serbia. In sostanza, se la Russia lo ottiene, la NATO e l’UE sono finite. La storia. Non immediatamente, ma entro un numero ragionevole di anni.

Posso solo lasciarvi qui e dirvi che quando uno di questi momenti è imminente, iniziate a pregare chiunque stiate pregando.

Tuttavia, voglio concludere questo articolo con una nota positiva. Poiché io sono positivo. Tutto dipende dalle decisioni degli oligarchi degli Stati Uniti. Sono disposti a lasciare andare l’Ucraina o no quando sono minacciati di annientamento globale? Questi signori non sono degli idioti. Certo, vogliono avere potere sugli altri, ma in caso di guerra nucleare, loro e i loro figli non avranno nulla. Esattamente come tutti gli altri.

Anche se sembra che non abbiano la retromarcia e che raddoppino sempre, in questo caso specifico presumo che farebbero la cosa giusta e lascerebbero l’Ucraina. Perché c’è ancora la possibilità di un 10% di escalation? Beh, la Russia (BRICS) è impegnata nella gestione dell’escalation, per fornire un modo sicuro agli americani di passare a uno stato normale.

E qui arriviamo al fatto che nemmeno gli americani e i loro oligarchi possono controllare tutto. È possibile che un gruppo di pazzi, sia in America che in Europa, possa improvvisamente fare qualcosa di estremamente stupido quando sente che la fine è vicina. Si pensi ai polacchi o agli statali baltici o ad alcuni neoconservatori americani estremamente folli. La cosa buona è che non do più del 10% di possibilità a una tale catena di eventi idioti.

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Come l’America ha eliminato il gasdotto Nord Stream, di Seymour Hersh (a cura di Roberto Buffagni e segnalazione di Antonio de Martini)

La firma “Seymour Hersch” vi ricorda qualcosa o qualcuno? Queste due foto vi aiuteranno a scavare nella vostra memoria ad oltre cinquanta anni fa. Quella inchiesta gli è valso il

premio Pulitzer nel 1970, quando quel riconoscimento aveva una sua autorevolezza. Dopo quella, seguirono altre inchieste clamorose: il coinvolgimento statunitense nel golpe di Pinochet in Cile nel 1973, lo scandalo delle sevizie nella prigione di Abu Ghraib in Iraq, l’attacco chimico a Ghuta in Siria nel 2013, attribuito ad Assad e in realtà orchestrato dalla Turchia e dai ribelli integralisti siriani. Sono solo una parte dei suoi scoop esplosivi. Con questo articolo, appena tradotto, Hersch, a 85 anni, non ha perso lo smalto e la sua azione dissacrante. Speriamo che riesca a provocare lo stesso effetto. Gli indizi non mancano. Intanto fissiamo alcuni punti fermi:

  • L’attentato è stato pianificato ben prima dell’attacco russo all’Ucraina
  • L’amministrazione americana sapeva del successo della sua politica di istigazione all’intervento russo
  • l’attentato si sarebbe probabilmente comunque compiuto a prescindere dal conflitto ucraino perché l’obbiettivo principale è colpire la Germania nel suo ruolo di leadership europea e nelle sue tentazioni di politica autonoma
  • il totale asservimento delle leadership europee e tedesca in particolare e la cointeressenza economica di alcuni paesi implicati nell’azione terroristica, in particolare la Norvegia e quella più ampia di uno stuolo di paesi europei.  

Buona lettura, Giuseppe Germinario

 

https://seymourhersh.substack.com/p/how-america-took-out-the-nord-stream

Come l’America ha eliminato il gasdotto Nord Stream

Il New York Times l’ha definita un “mistero”, ma gli Stati Uniti hanno eseguito un’operazione marittima segreta, fino ad oggi.

Seymour Hersh

5 ore fa

Il Diving and Salvage Center della Marina degli Stati Uniti si trova in un luogo oscuro come il suo nome, in quello che una volta era un viottolo di campagna nella zona rurale di Panama City, una città di villeggiatura ora in piena espansione nel panhandle sud-occidentale della Florida, 70 miglia a sud del confine con l’Alabama. Il complesso del centro non è descrittivo come la sua ubicazione: una struttura in cemento scialbo del secondo dopoguerra che ha l’aspetto di una scuola superiore professionale nella zona ovest di Chicago. Una lavanderia a gettoni e una scuola di danza si trovano dall’altra parte di quella che ora è una strada a quattro corsie.

Il centro ha addestrato per decenni sommozzatori altamente qualificati che, una volta assegnati alle unità militari americane in tutto il mondo, sono in grado di effettuare immersioni tecniche per fare il bene – utilizzando esplosivi C4 per liberare porti e spiagge da detriti e ordigni inesplosi – e il male, come far saltare in aria piattaforme petrolifere straniere, sporcare le valvole di aspirazione delle centrali elettriche sottomarine, distruggere le chiuse di canali di navigazione cruciali. Il centro di Panama City, che vanta la seconda piscina coperta più grande d’America, era il luogo perfetto per reclutare i migliori, e più taciturni, diplomati della scuola di immersione che l’estate scorsa hanno fatto con successo ciò che erano stati autorizzati a fare a 260 piedi sotto la superficie del Mar Baltico.

Lo scorso giugno, i sommozzatori della Marina, operando sotto la copertura di un’esercitazione NATO di metà estate ampiamente pubblicizzata, nota come BALTOPS 22, hanno piazzato gli esplosivi innescati a distanza che, tre mesi dopo, hanno distrutto tre dei quattro gasdotti Nord Stream, secondo una fonte con conoscenza diretta della pianificazione operativa.

Due dei gasdotti, noti collettivamente come Nord Stream 1, hanno fornito alla Germania e a gran parte dell’Europa occidentale gas naturale russo a basso costo per oltre un decennio. Una seconda coppia di gasdotti, denominata Nord Stream 2, era stata costruita ma non era ancora operativa. Ora, con le truppe russe che si ammassano al confine con l’Ucraina e con l’incombere della più sanguinosa guerra in Europa dal 1945, il presidente Joseph Biden vedeva i gasdotti come un veicolo per Vladimir Putin per armare il gas naturale per le sue ambizioni politiche e territoriali.

Alla richiesta di un commento, Adrienne Watson, portavoce della Casa Bianca, ha risposto in un’e-mail: “Questa affermazione è falsa e completamente inventata”. Tammy Thorp, portavoce della Central Intelligence Agency, ha scritto: “Questa affermazione è completamente e totalmente falsa”.

La decisione di Biden di sabotare gli oleodotti è arrivata dopo oltre nove mesi di discussioni segretissime all’interno della comunità di sicurezza nazionale di Washington su come raggiungere al meglio l’obiettivo. Per gran parte del tempo, il problema non è stato se compiere o meno la missione, ma come portarla a termine senza alcun indizio evidente su chi fosse il responsabile.

C’era una ragione burocratica vitale per affidarsi ai diplomati della scuola di immersione del centro a Panama City. I sommozzatori erano solo della Marina e non membri del Comando per le operazioni speciali americano, le cui operazioni segrete devono essere comunicate al Congresso e informate in anticipo alla leadership del Senato e della Camera, la cosiddetta Gang of Eight. L’amministrazione Biden stava facendo tutto il possibile per evitare fughe di notizie mentre la pianificazione si svolgeva tra la fine del 2021 e i primi mesi del 2022.

Il presidente Biden e la sua squadra di politica estera – il consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan, il segretario di Stato Tony Blinken e Victoria Nuland, sottosegretario di Stato per la politica – hanno manifestato in modo esplicito e coerente la loro ostilità ai due oleodotti, che si snodano uno accanto all’altro per 750 miglia sotto il Mar Baltico, partendo da due porti diversi nel nord-est della Russia, vicino al confine con l’Estonia, passando vicino all’isola danese di Bornholm prima di terminare nella Germania settentrionale.

La via diretta, che evita il transito in Ucraina, è stata una manna per l’economia tedesca, che ha goduto di un’abbondanza di gas naturale russo a basso costo, sufficiente per far funzionare le fabbriche e riscaldare le case, consentendo ai distributori tedeschi di vendere il gas in eccesso, con profitto, in tutta l’Europa occidentale. Un’azione che potesse essere ricondotta all’amministrazione avrebbe violato le promesse degli Stati Uniti di ridurre al minimo il conflitto diretto con la Russia. La segretezza era essenziale.

Fin dai primi giorni, Nord Stream 1 è stato visto da Washington e dai suoi partner anti-russi della NATO come una minaccia al dominio occidentale. La holding che ne è alla base, la Nord Stream AG, è stata costituita in Svizzera nel 2005 in partnership con Gazprom, una società russa quotata in borsa che produce enormi profitti per gli azionisti ed è dominata da oligarchi noti per essere al soldo di Putin. Gazprom controllava il 51% della società, mentre quattro aziende energetiche europee, una francese, una olandese e due tedesche, condividevano il restante 49% delle azioni e avevano il diritto di controllare le vendite a valle del gas naturale a basso costo ai distributori locali in Germania e in Europa occidentale. I profitti di Gazprom sono stati condivisi con il governo russo e, secondo le stime, in alcuni anni le entrate statali di gas e petrolio sono state pari al 45% del bilancio annuale della Russia.

I timori politici dell’America erano reali: Putin avrebbe avuto un’ulteriore e necessaria fonte di reddito, e la Germania e il resto dell’Europa occidentale sarebbero diventati dipendenti dal gas naturale a basso costo fornito dalla Russia, diminuendo la dipendenza europea dall’America. In realtà, questo è esattamente ciò che è accaduto. Molti tedeschi hanno visto il Nord Stream 1 come parte della realizzazione della famosa teoria dell’Ostpolitik dell’ex cancelliere Willy Brandt. Ostpolitikteoria della che avrebbe permesso alla Germania del dopoguerra di riabilitare se stessa e altre nazioni europee distrutte dalla Seconda Guerra Mondiale utilizzando, tra le altre iniziative, il gas russo a basso costo per alimentare un mercato e un’economia commerciale prospera nell’Europa occidentale.

Il Nord Stream 1 era già abbastanza pericoloso, secondo la NATO e Washington, ma il Nord Stream 2, la cui costruzione è stata completata nel settembre del 2021, se approvato dalle autorità di regolamentazione tedesche, raddoppierebbe la quantità di gas a basso costo disponibile per la Germania e l’Europa occidentale. Il secondo gasdotto fornirebbe inoltre gas sufficiente per oltre il 50% del consumo annuale della Germania. Le tensioni tra la Russia e la NATO, sostenute dall’aggressiva politica estera dell’amministrazione Biden, erano in costante aumento.

L’opposizione al Nord Stream 2 è esplosa alla vigilia dell’insediamento di Biden nel gennaio 2021, quando i repubblicani del Senato, guidati da Ted Cruz del Texas, hanno ripetutamente sollevato la minaccia politica del gas naturale russo a basso costo durante l’udienza di conferma di Blinken come Segretario di Stato. A quel punto un Senato unificato aveva approvato con successo una legge che, come disse Cruz a Blinken, “ha fermato [il gasdotto] sul nascere”. Il governo tedesco, allora guidato da Angela Merkel, avrebbe esercitato enormi pressioni politiche ed economiche per mettere in funzione il secondo gasdotto.

Biden si opporrebbe ai tedeschi? Blinken ha risposto di sì, ma ha aggiunto di non aver discusso i dettagli delle opinioni del Presidente entrante. “So che è fermamente convinto che questa sia una cattiva idea, il Nord Stream 2”, ha detto. “So che vorrebbe che usassimo tutti gli strumenti di persuasione di cui disponiamo per convincere i nostri amici e partner, compresa la Germania, a non andare avanti”.

Pochi mesi dopo, mentre la costruzione del secondo gasdotto si avvicinava al completamento, Biden ha battuto ciglio. Nel maggio dello stesso anno, con un sorprendente dietrofront, l’amministrazione rinunciò alle sanzioni contro Nord Stream AG, mentre un funzionario del Dipartimento di Stato ammise che cercare di fermare il gasdotto attraverso le sanzioni e la diplomazia era “sempre stato un azzardo”. Dietro le quinte, i funzionari dell’amministrazione avrebbero esortato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che a quel punto stava affrontando la minaccia di un’invasione russa, a non criticare la mossa.

Le conseguenze sono state immediate. I repubblicani del Senato, guidati da Cruz, hanno annunciato un blocco immediato di tutte le nomine di Biden in politica estera e hanno ritardato l’approvazione della legge annuale sulla difesa per mesi, fino all’autunno. In seguito Politico ha descritto il dietrofront di Biden sul secondo gasdotto russo come “l’unica decisione, probabilmente più del caotico ritiro militare dall’Afghanistan, che ha messo in pericolo l’agenda di Biden”.

L’amministrazione era in difficoltà, nonostante avesse ottenuto una tregua dalla crisi a metà novembre, quando le autorità tedesche di regolamentazione dell’energia hanno sospeso l’approvazione del secondo gasdotto Nord Stream. I prezzi del gas naturale hanno subito un’impennata dell’8% nel giro di pochi giorni, tra i crescenti timori in Germania e in Europa che la sospensione del gasdotto e la crescente possibilità di una guerra tra Russia e Ucraina avrebbero portato a un inverno freddo molto indesiderato. A Washington non era chiaro quale fosse la posizione di Olaf Scholz, il cancelliere tedesco appena nominato. Mesi prima, dopo la caduta dell’Afghanistan, Scholtz aveva pubblicamente appoggiato l’appello del presidente francese Emmanuel Macron per una politica estera europea più autonoma in un discorso a Praga, suggerendo chiaramente una minore dipendenza da Washington e dalle sue azioni mercuriali.

In tutto questo, le truppe russe si sono costantemente e minacciosamente accumulate ai confini dell’Ucraina e alla fine di dicembre più di 100.000 soldati erano in grado di colpire dalla Bielorussia e dalla Crimea. A Washington cresceva l’allarme, compresa una valutazione di Blinken secondo cui il numero delle truppe avrebbe potuto essere “raddoppiato in breve tempo”.

L’attenzione dell’amministrazione si è nuovamente concentrata su Nord Stream. Finché l’Europa continuerà a dipendere dal gasdotto per ottenere gas naturale a basso costo, Washington temeva che Paesi come la Germania sarebbero stati riluttanti a fornire all’Ucraina il denaro e le armi necessarie per sconfiggere la Russia.

È stato in questo momento di incertezza che Biden ha autorizzato Jake Sullivan a riunire un gruppo interagenzie per elaborare un piano.

Tutte le opzioni dovevano essere prese in considerazione. Ma solo una sarebbe emersa.

PIANIFICAZIONE

Nel dicembre del 2021, due mesi prima che i primi carri armati russi entrassero in Ucraina, Jake Sullivan convocò una riunione di una task force appena costituita – uomini e donne dello Stato Maggiore, della CIA, dei Dipartimenti di Stato e del Tesoro – e chiese raccomandazioni su come rispondere all’imminente invasione di Putin.

Sarebbe stato il primo di una serie di incontri top-secret, in una stanza sicura all’ultimo piano dell’Old Executive Office Building, adiacente alla Casa Bianca, che era anche la sede del President’s Foreign Intelligence Advisory Board (PFIAB). Ci furono i soliti botta e risposta che alla fine portarono a una domanda preliminare cruciale: La raccomandazione trasmessa dal gruppo al Presidente sarebbe stata reversibile – come un altro strato di sanzioni e restrizioni valutarie – o irreversibile – cioè azioni cinetiche, che non potevano essere annullate?

Secondo la fonte con conoscenza diretta del processo, ciò che è apparso chiaro ai partecipanti è che Sullivan intendeva che il gruppo elaborasse un piano per la distruzione dei due gasdotti Nord Stream e che stava realizzando i desideri del Presidente.

I GIOCATORI Da sinistra a destra: Victoria Nuland, Anthony Blinken e Jake Sullivan.

Nel corso delle successive riunioni, i partecipanti discussero le opzioni per un attacco. La Marina propose di utilizzare un sottomarino di recente costruzione per attaccare direttamente l’oleodotto. L’aeronautica discuteva di sganciare bombe con spolette ritardate che potessero essere innescate a distanza. La CIA sosteneva che qualsiasi cosa si facesse, avrebbe dovuto essere segreta. Tutti i partecipanti capirono la posta in gioco. “Non si tratta di roba da bambini”, ha detto la fonte. Se l’attacco fosse riconducibile agli Stati Uniti, “sarebbe un atto di guerra”.

All’epoca, la CIA era diretta da William Burns, un mite ex ambasciatore in Russia che era stato vice segretario di Stato nell’amministrazione Obama. Burns autorizzò rapidamente un gruppo di lavoro dell’Agenzia i cui membri ad hoc includevano, guarda caso, qualcuno che aveva familiarità con le capacità dei sommozzatori della Marina a Panama City. Nelle settimane successive, i membri del gruppo di lavoro della CIA iniziarono a elaborare un piano per un’operazione segreta che avrebbe utilizzato i sommozzatori per innescare un’esplosione lungo l’oleodotto.

Qualcosa di simile era già stato fatto in passato. Nel 1971, la comunità dei servizi segreti americani apprese da fonti ancora non rivelate che due importanti unità della Marina russa comunicavano attraverso un cavo sottomarino interrato nel Mare di Okhotsk, sulla costa dell’Estremo Oriente russo. Il cavo collegava un comando regionale della Marina al quartier generale continentale di Vladivostok.

Una squadra selezionata di agenti della Central Intelligence Agency e della National Security Agency è stata riunita da qualche parte nell’area di Washington, sotto copertura, e ha elaborato un piano, utilizzando sommozzatori della Marina, sottomarini modificati e un veicolo di salvataggio sottomarino, che è riuscito, dopo molti tentativi ed errori, a localizzare il cavo russo. I sommozzatori hanno piazzato sul cavo un sofisticato dispositivo di ascolto che ha intercettato con successo il traffico russo e lo ha registrato su un sistema di registrazione.

L’NSA venne a sapere che gli alti ufficiali della marina russa, convinti della sicurezza del loro collegamento, chiacchieravano con i loro colleghi senza crittografia. Il dispositivo di registrazione e il nastro dovevano essere sostituiti mensilmente e il progetto andò avanti allegramente per un decennio, finché non fu compromesso da un tecnico civile della NSA di quarantaquattro anni, Ronald Pelton, che parlava correntemente il russo. Pelton fu tradito da un disertore russo nel 1985 e condannato alla prigione. I russi gli pagarono solo 5.000 dollari per le sue rivelazioni sull’operazione, oltre a 35.000 dollari per altri dati operativi russi da lui forniti che non furono mai resi pubblici.

Quel successo subacqueo, chiamato in codice Ivy Bells, fu innovativo e rischioso, e produsse informazioni preziose sulle intenzioni e i piani della Marina russa.

Tuttavia, il gruppo interagenzie era inizialmente scettico sull’entusiasmo della CIA per un attacco segreto in mare aperto. C’erano troppe domande senza risposta. Le acque del Mar Baltico erano pesantemente pattugliate dalla marina russa e non c’erano piattaforme petrolifere che potessero essere usate come copertura per un’operazione subacquea. I sommozzatori sarebbero dovuti andare in Estonia, proprio al di là del confine con le banchine di carico del gas naturale della Russia, per addestrarsi alla missione? “Sarebbe una scopata da capre”, è stato detto all’Agenzia.

Nel corso di “tutti questi piani”, ha raccontato la fonte, “alcuni funzionari della CIA e del Dipartimento di Stato dicevano: “Non fatelo. È stupido e sarà un incubo politico se verrà fuori”.

Tuttavia, all’inizio del 2022, il gruppo di lavoro della CIA riferì al gruppo interagenzie di Sullivan: “Abbiamo un modo per far saltare gli oleodotti”.

Quello che è successo dopo è stato sbalorditivo. Il 7 febbraio, meno di tre settimane prima dell’apparentemente inevitabile invasione russa dell’Ucraina, Biden si è incontrato nel suo ufficio alla Casa Bianca con il Cancelliere tedesco Olaf Scholz, che, dopo qualche tentennamento, era ora saldamente nella squadra americana. Durante il briefing con la stampa che ne è seguito, Biden ha affermato con tono di sfida: “Se la Russia invade… non ci sarà più un Nord Stream 2. Metteremo fine a tutto questo“.

Venti giorni prima, il Sottosegretario Nuland aveva trasmesso essenzialmente lo stesso messaggio durante un briefing del Dipartimento di Stato, con poca copertura da parte della stampa. “Voglio essere molto chiara con voi oggi”, ha detto in risposta a una domanda. “Se la Russia invade l’Ucraina, in un modo o nell’altro il Nord Stream 2 non andrà avanti“.

Molti di coloro che hanno partecipato alla pianificazione della missione dell’oleodotto sono rimasti sconcertati da quelli che hanno considerato come riferimenti indiretti all’attacco.

“È stato come mettere una bomba atomica a Tokyo e dire ai giapponesi che la faremo esplodere”, ha detto la fonte. “Il piano prevedeva che le opzioni fossero eseguite dopo l’invasione e non pubblicizzate pubblicamente. Biden semplicemente non l’ha capito o l’ha ignorato”.

L’indiscrezione di Biden e della Nuland, se di questo si è trattato, potrebbe aver frustrato alcuni dei pianificatori. Ma ha anche creato un’opportunità. Secondo la fonte, alcuni alti funzionari della CIA hanno stabilito che far saltare l’oleodotto “non poteva più essere considerata un’opzione segreta perché il Presidente aveva appena annunciato che sapevamo come farlo”.

Il piano per far saltare in aria Nord Stream 1 e 2 è stato improvvisamente declassato da un’operazione segreta che richiedeva l’informazione del Congresso a un’operazione di intelligence altamente classificata con il supporto militare degli Stati Uniti. Secondo la legge, ha spiegato la fonte, “non c’era più l’obbligo legale di riferire l’operazione al Congresso. Tutto ciò che dovevano fare ora era farlo e basta, ma doveva essere ancora segreto. I russi hanno una sorveglianza superlativa del Mar Baltico”.

I membri del gruppo di lavoro dell’Agenzia non avevano contatti diretti con la Casa Bianca e non vedevano l’ora di scoprire se il Presidente intendeva dire quello che aveva detto, cioè se la missione era ormai avviata. La fonte ha ricordato: “Bill Burns torna e dice: “Fatelo””.

“La marina norvegese è stata rapida nel trovare il punto giusto, nelle acque poco profonde a poche miglia dall’isola danese di Bornholm…”.

L’OPERAZIONE

La Norvegia era il luogo perfetto per la missione.

Negli ultimi anni di crisi Est-Ovest, le forze armate statunitensi hanno ampliato notevolmente la loro presenza in Norvegia, il cui confine occidentale corre per 1.400 miglia lungo l’Oceano Atlantico settentrionale e si fonde sopra il Circolo Polare Artico con la Russia. Il Pentagono ha creato posti di lavoro e contratti altamente remunerativi, tra qualche polemica locale, investendo centinaia di milioni di dollari per aggiornare ed espandere le strutture della Marina e dell’Aeronautica americane in Norvegia. Le nuove opere comprendevano, soprattutto, un radar avanzato ad apertura sintetica, in grado di penetrare in profondità in Russia, entrato in funzione proprio quando la comunità di intelligence americana ha perso l’accesso a una serie di siti di ascolto a lungo raggio all’interno della Cina.

Una base sottomarina americana recentemente ristrutturata, in costruzione da anni, è diventata operativa e più sottomarini americani sono ora in grado di lavorare a stretto contatto con i loro colleghi norvegesi per monitorare e spiare un’importante ridotta nucleare russa a 250 miglia a est, nella penisola di Kola. L’America ha anche ampliato notevolmente una base aerea norvegese nel nord e ha consegnato alle forze aeree norvegesi una flotta di aerei da pattugliamento P8 Poseidon, costruiti dalla Boeing, per rafforzare lo spionaggio a lungo raggio di tutto ciò che riguarda la Russia.

In cambio, lo scorso novembre il governo norvegese ha fatto arrabbiare i liberali e alcuni moderati del suo parlamento approvando l’Accordo supplementare di cooperazione per la difesa (SDCA). In base al nuovo accordo, in alcune “aree concordate” del Nord, il sistema giuridico statunitense avrà giurisdizione sui soldati americani accusati di crimini fuori dalla base, così come sui cittadini norvegesi accusati o sospettati di interferire con il lavoro della base.

La Norvegia è stata uno dei primi firmatari del Trattato NATO nel 1949, agli inizi della Guerra Fredda. Oggi, il comandante supremo della NATO è Jens Stoltenberg, un convinto anticomunista, che è stato primo ministro norvegese per otto anni prima di passare alla sua alta carica alla NATO, con il sostegno americano, nel 2014. Si trattava di un duro su tutto ciò che riguardava Putin e la Russia, che aveva collaborato con la comunità di intelligence americana fin dai tempi della guerra del Vietnam. Da allora si è fidato completamente di lui. “È il guanto che si adatta alla mano americana”, ha detto la fonte.

A Washington i pianificatori sapevano che dovevano andare in Norvegia. “Odiavano i russi e la marina norvegese era piena di marinai e sommozzatori eccellenti, con generazioni di esperienza nell’esplorazione di petrolio e gas in acque profonde altamente redditizie”, ha detto la fonte. Inoltre ci si poteva fidare di loro per mantenere la missione segreta. (I norvegesi potrebbero aver avuto anche altri interessi. La distruzione di Nord Stream, se gli americani riuscissero a portarla a termine, consentirebbe alla Norvegia di vendere una quantità molto maggiore del proprio gas naturale all’Europa).

A marzo, alcuni membri del team si recarono in Norvegia per incontrare i servizi segreti e la marina norvegese. Una delle domande chiave era dove esattamente nel Mar Baltico fosse il posto migliore per piazzare gli esplosivi. Nord Stream 1 e 2, ciascuno con due serie di condotte, erano separati per gran parte del percorso da poco più di un miglio, mentre si dirigevano verso il porto di Greifswald, nell’estremo nord-est della Germania.

La marina norvegese è stata rapida nel trovare il punto giusto, nelle acque poco profonde del Mar Baltico, a poche miglia dall’isola danese di Bornholm. Le condutture correvano a più di un miglio di distanza l’una dall’altra, su un fondale profondo solo 260 piedi. Si trattava di un’area ben raggiungibile dai sommozzatori che, operando da un cacciamine norvegese della classe Alta, si sarebbero immersi con una miscela di ossigeno, azoto ed elio che usciva dalle loro bombole e avrebbero piazzato cariche di C4 sagomate sulle quattro condutture con coperture protettive in cemento. Sarebbe stato un lavoro noioso, lungo e pericoloso, ma le acque al largo di Bornholm avevano un altro vantaggio: non c’erano grandi correnti di marea, che avrebbero reso il compito di immergersi molto più difficile.

Dopo un po’ di ricerche, gli americani erano tutti d’accordo.

A questo punto, entrò di nuovo in gioco l’oscuro gruppo di immersione profonda della Marina a Panama City. Le scuole d’altura di Panama City, i cui allievi hanno partecipato alle Ivy Bells, sono viste come un’indesiderata zona d’ombra dall’élite dei diplomati dell’Accademia Navale di Annapolis, che di solito cercano la gloria di essere assegnati come Seal, piloti di caccia o sommergibilisti. Se uno deve diventare una “scarpa nera”, cioè un membro del meno desiderabile comando di navi di superficie, c’è sempre almeno un incarico su un cacciatorpediniere, un incrociatore o una nave anfibia. La meno affascinante di tutte è la guerra di mine. I suoi sommozzatori non appaiono mai nei film di Hollywood o sulle copertine delle riviste popolari.

“I migliori sommozzatori con qualifiche per immersioni profonde sono una comunità ristretta e solo i migliori vengono reclutati per l’operazione e viene detto loro di prepararsi a essere convocati dalla CIA a Washington”, ha detto la fonte.

I norvegesi e gli americani avevano il luogo e gli operatori, ma c’era un’altra preoccupazione: qualsiasi attività subacquea insolita nelle acque al largo di Bornholm avrebbe potuto attirare l’attenzione della marina svedese o danese, che avrebbe potuto segnalarla.

Anche la Danimarca era stata uno dei primi firmatari della NATO ed era nota nella comunità dei servizi segreti per i suoi legami speciali con il Regno Unito. La Svezia aveva presentato domanda di adesione alla NATO e aveva dimostrato una grande abilità nella gestione dei suoi sistemi di sensori sonori e magnetici sottomarini, che riuscivano a rintracciare con successo i sottomarini russi che di tanto in tanto comparivano nelle acque remote dell’arcipelago svedese e venivano costretti a salire in superficie.

I norvegesi si unirono agli americani insistendo sul fatto che alcuni alti funzionari in Danimarca e Svezia dovevano essere informati in termini generali sulle possibili attività subacquee nell’area. In questo modo, qualcuno più in alto poteva intervenire e tenere un rapporto fuori dalla catena di comando, isolando così l’operazione dell’oleodotto. “Quello che veniva detto loro e quello che sapevano erano volutamente diversi”, mi ha detto la fonte (l’ambasciata norvegese, interpellata per commentare questa storia, non ha risposto).

I norvegesi sono stati fondamentali per risolvere altri ostacoli. È noto che la marina russa possiede una tecnologia di sorveglianza in grado di individuare e attivare le mine sottomarine. I dispositivi esplosivi americani dovevano essere camuffati in modo da apparire al sistema russo come parte dello sfondo naturale, cosa che richiedeva un adattamento alla salinità specifica dell’acqua. I norvegesi avevano una soluzione.

I norvegesi avevano anche una soluzione alla questione cruciale di quando l’operazione avrebbe dovuto avere luogo. Ogni giugno, negli ultimi 21 anni, la Sesta Flotta americana, la cui nave ammiraglia è basata a Gaeta, in Italia, a sud di Roma, ha sponsorizzato una grande esercitazione della NATO nel Mar Baltico che coinvolge decine di navi alleate in tutta la regione. L’attuale esercitazione, che si terrà a giugno, sarà nota come Baltic Operations 22, o BALTOPS 22. I norvegesi hanno proposto che questa fosse la copertura ideale per piazzare le mine.

Gli americani fornirono un elemento fondamentale: convinsero i pianificatori della Sesta Flotta ad aggiungere al programma un’esercitazione di ricerca e sviluppo. L’esercitazione, come reso noto dalla Marina, coinvolgeva la Sesta Flotta in collaborazione con i “centri di ricerca e di guerra” della Marina. L’evento in mare si sarebbe svolto al largo delle coste dell’isola di Bornholm e avrebbe coinvolto squadre di sommozzatori della NATO che avrebbero piazzato mine, mentre le squadre concorrenti avrebbero utilizzato le più recenti tecnologie subacquee per trovarle e distruggerle.

Si trattava di un esercizio utile e di una copertura ingegnosa. I ragazzi di Panama City avrebbero fatto il loro dovere e gli esplosivi C4 sarebbero stati posizionati entro la fine di BALTOPS22, con un timer di 48 ore. Tutti gli americani e i norvegesi sarebbero spariti prima della prima esplosione.

I giorni erano contati. “Il tempo scorreva e ci stavamo avvicinando alla missione compiuta”, ha detto la fonte.

E poi: Washington ci ripensò. Le bombe sarebbero state comunque piazzate durante il BALTOPS, ma la Casa Bianca temeva che una finestra di due giorni per la loro detonazione sarebbe stata troppo vicina alla fine dell’esercitazione e che sarebbe stato evidente il coinvolgimento dell’America.

La Casa Bianca ha invece avanzato una nuova richiesta: “I ragazzi sul campo possono escogitare un modo per far saltare gli oleodotti in seguito al comando?”.

Alcuni membri del team di pianificazione erano arrabbiati e frustrati per l’apparente indecisione del Presidente. I sommozzatori di Panama City si erano ripetutamente esercitati a piazzare il C4 sulle condutture, come avrebbero fatto durante BALTOPS, ma ora la squadra in Norvegia doveva trovare un modo per dare a Biden quello che voleva: la possibilità di emettere un ordine di esecuzione di successo in un momento a sua scelta.

Essere incaricati di un cambiamento arbitrario e dell’ultimo minuto era qualcosa che la CIA era abituata a gestire. Ma ha anche rinnovato le preoccupazioni di alcuni sulla necessità e la legalità dell’intera operazione.

Gli ordini segreti del Presidente evocavano anche il dilemma della CIA ai tempi della guerra del Vietnam, quando il Presidente Johnson, di fronte al crescente sentimento contrario alla guerra del Vietnam, ordinò all’Agenzia di violare il suo statuto – che le impediva specificamente di operare all’interno dell’America – spiando i leader contrari alla guerra per determinare se fossero controllati dalla Russia comunista.

Alla fine l’Agenzia acconsentì, e nel corso degli anni Settanta divenne chiaro fino a che punto fosse disposta a spingersi. In seguito agli scandali Watergate, i giornali rivelarono che l’Agenzia spiava i cittadini americani, era coinvolta nell’assassinio di leader stranieri e aveva minato il governo socialista di Salvador Allende.

Queste rivelazioni portarono a una drammatica serie di audizioni a metà degli anni ’70 al Senato, guidate da Frank Church dell’Idaho, che chiarirono che Richard Helms, l’allora direttore dell’Agenzia, accettava l’obbligo di fare ciò che il Presidente voleva, anche se ciò significava violare la legge.

In una testimonianza inedita e a porte chiuse, Helms ha spiegato con amarezza che “si ha quasi un’Immacolata Concezione quando si fa qualcosa” su ordine segreto di un Presidente. “Che sia giusto che sia così o che sia sbagliato che sia così, [la CIA] lavora con regole diverse e regole di base rispetto a qualsiasi altra parte del governo”. In sostanza, stava dicendo ai senatori che lui, come capo della CIA, aveva capito di lavorare per la Corona e non per la Costituzione.

Gli americani al lavoro in Norvegia operavano secondo la stessa dinamica e iniziarono doverosamente a lavorare sul nuovo problema: come far esplodere a distanza l’esplosivo C4 su ordine di Biden. Si trattava di un compito molto più impegnativo di quanto non avessero capito a Washington. La squadra in Norvegia non aveva modo di sapere quando il Presidente avrebbe premuto il pulsante. Sarebbe stato tra poche settimane, tra molti mesi o tra mezzo anno o più?

Il C4 collegato alle condutture sarebbe stato attivato da una boa sonar sganciata da un aereo con breve preavviso, ma la procedura richiedeva la più avanzata tecnologia di elaborazione dei segnali. Una volta posizionati, i dispositivi di temporizzazione ritardata attaccati a uno qualsiasi dei quattro oleodotti potrebbero essere accidentalmente innescati dalla complessa miscela di rumori di fondo dell’oceano in tutto il Mar Baltico, molto trafficato, provenienti da navi vicine e lontane, trivellazioni sottomarine, eventi sismici, onde e persino creature marine. Per evitare ciò, la boa sonar, una volta posizionata, emetterebbe una sequenza di suoni tonali unici a bassa frequenza – simili a quelli emessi da un flauto o da un pianoforte – che verrebbero riconosciuti dal dispositivo di temporizzazione e, dopo un ritardo di ore prestabilito, innescherebbero gli esplosivi. (“Si vuole un segnale abbastanza robusto, in modo che nessun altro segnale possa accidentalmente inviare un impulso che faccia esplodere gli esplosivi”, mi ha detto il dottor Theodore Postol, professore emerito di scienza, tecnologia e politica di sicurezza nazionale al MIT. Postol, che è stato consulente scientifico del capo delle operazioni navali del Pentagono, ha detto che il problema che il gruppo in Norvegia deve affrontare a causa del ritardo di Biden è una questione di probabilità: “Più a lungo gli esplosivi rimangono in acqua, maggiore è il rischio che un segnale casuale possa lanciare le bombe”).

Il 26 settembre 2022, un aereo di sorveglianza P8 della Marina norvegese ha effettuato un volo apparentemente di routine e ha sganciato una boa sonar. Il segnale si diffuse sott’acqua, inizialmente verso Nord Stream 2 e poi verso Nord Stream 1. Poche ore dopo, gli esplosivi C4 ad alta potenza sono stati innescati e tre dei quattro gasdotti sono stati messi fuori uso. Nel giro di pochi minuti, è stato possibile vedere le pozze di gas metano rimaste nelle condutture chiuse diffondersi sulla superficie dell’acqua e il mondo ha capito che era avvenuto qualcosa di irreversibile.

FALLIMENTO

All’indomani dell’attentato all’oleodotto, i media americani l’hanno trattato come un mistero irrisolto. La Russia è stata ripetutamente citata come probabile colpevole, spinta da calcolate fughe di notizie dalla Casa Bianca, ma senza mai stabilire un chiaro motivo per un tale atto di autosabotaggio, al di là della semplice vendetta. Qualche mese dopo, quando è emerso che le autorità russe si erano procurate in sordina i preventivi di spesa per la riparazione degli oleodotti, il New York Times ha descritto la notizia come “complicante le teorie su chi ci fosse dietro” l’attacco. Nessun grande giornale americano ha approfondito le precedenti minacce agli oleodotti avanzate da Biden e dal Sottosegretario di Stato Nuland.

Sebbene non sia mai stato chiaro il motivo per cui la Russia avrebbe cercato di distruggere il proprio lucroso oleodotto, una motivazione più eloquente per l’azione del Presidente è arrivata dal Segretario di Stato Blinken.

In una conferenza stampa dello scorso settembre, Blinken ha parlato delle conseguenze dell’aggravarsi della crisi energetica in Europa occidentale, Blinken ha descritto il momento come potenzialmente positivo:

“È un’opportunità straordinaria per eliminare una volta per tutte la dipendenza dall’energia russa e quindi per togliere a Vladimir Putin la possibilità di armare l’energia come mezzo per portare avanti i suoi progetti imperiali. Questo è molto significativo e offre un’enorme opportunità strategica per gli anni a venire, ma nel frattempo siamo determinati a fare tutto il possibile per assicurarci che le conseguenze di tutto questo non siano sopportate dai cittadini dei nostri Paesi o, se è per questo, di tutto il mondo”.

Più recentemente, Victoria Nuland ha espresso soddisfazione per la scomparsa del più recente dei gasdotti. Alla fine di gennaio, in occasione di un’audizione del Comitato per le Relazioni Estere del Senato, ha dichiarato al senatore Ted Cruz: “Come lei, sono molto soddisfatta, e credo che lo sia anche l’Amministrazione, di sapere che Nord Stream 2 è ora, come lei ama dire, un pezzo di metallo in fondo al mare”.

La fonte ha avuto una visione molto più spicciola della decisione di Biden di sabotare più di 1500 miglia di gasdotto Gazprom all’approssimarsi dell’inverno. “Beh”, ha detto parlando del Presidente, “devo ammettere che il ragazzo ha un paio di palle.  Ha detto che l’avrebbe fatto e l’ha fatto”.

Alla domanda sul perché pensasse che i russi non avessero risposto, ha risposto cinicamente: “Forse vogliono avere la capacità di fare le stesse cose che hanno fatto gli Stati Uniti”.

“Era una bella storia di copertura”, ha proseguito. “Dietro c’era un’operazione segreta che prevedeva la presenza di esperti sul campo e di apparecchiature che funzionavano con un segnale segreto.

“L’unica pecca è stata la decisione di farlo”.

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Lu Feng: In risposta al disaccoppiamento della tecnologia americana, la Cina deve decidersi a farlo

Lu Feng: In risposta al disaccoppiamento della tecnologia americana, la Cina deve decidersi a farlo

Fonte: rete di osservatori

2023-01-17 07:27

Lu Feng autore

Professore, Dipartimento di Economia Politica, School of Government, Università di Pechino

Entrando nel 2023, gli Stati Uniti non hanno mollato la loro guerra tecnologica contro la Cina e le loro azioni di “de-sinicizzazione”. Di fronte all’assedio tecnologico degli Stati Uniti ad ogni passo, cosa dovrebbe fare la Cina?

Lu Feng, professore presso la School of Government Administration dell’Università di Pechino, che ha sostenuto l’innovazione indipendente della scienza e della tecnologia in Cina, si concentra sulla ricerca dello sviluppo industriale cinese e ha partecipato alla dimostrazione esperta del riavvio del progetto di aeromobili di grandi dimensioni nazionali all’inizio di questo secolo; Sull’asse verticale, da più livelli come la macro strategia di innovazione indipendente nazionale e l’innovazione tecnologica micro aziendale, studia come l’innovazione industriale indipendente della Cina forma una scintilla che accende un incendio nella prateria. I suoi libri e saggi hanno un enorme influenza sui lettori che hanno a cuore lo sviluppo industriale della Cina. Observer.com ha recentemente intervistato Lu Feng sulla guerra tecnologica degli Stati Uniti contro la Cina e le contromisure della Cina.

Lu Feng ha sottolineato che di fronte all’aggressivo disaccoppiamento della tecnologia da parte degli Stati Uniti e alla conseguente “de-sinicizzazione” degli Stati Uniti e dei suoi alleati, la Cina deve sfruttare appieno i suoi vantaggi come il più grande mercato della domanda mondiale, contrattaccare e cercare la cooperazione nella lotta; Allo stesso tempo, la Cina deve decidere di concentrare le risorse il prima possibile per promuovere la formazione della catena industriale cinese dei circuiti integrati; sfruttare il “sistema nazionale” per costruire un sistema completamente indipendente base di produzione e cambiare la situazione in cui le principali aziende tecnologiche sono state ripetutamente bloccate.

[Intervista/Osservatore Net Gao Yanping]

Vantaggi del mercato dei chip numero 1 al mondo

Observer.com: Il blocco statunitense della tecnologia cinese e la desinizzazione hanno spesso riportato nuove azioni e sono stati emessi frequentemente blocchi e divieti.Come analizza questa situazione?

Lu Feng : Sono passati quasi cinque anni da quando Trump ha lanciato una guerra commerciale contro la Cina nel 2018, seguita da una guerra tecnologica contro la Cina. Alcune persone inizialmente pensavano che dopo l’ascesa al potere di Biden, lo slancio degli Stati Uniti per contenere la Cina sarebbe stato più rilassato, ma ora sembra che non ci sia alcun rilassamento. Mettere 36 produttori di chip cinesi nell’elenco dell’embargo e incoraggiare TSMC a trasferirsi negli Stati Uniti fanno tutti parte della guerra tecnologica degli Stati Uniti contro la Cina.

Il 7 dicembre 2022, TSMC ha tenuto la sua prima cerimonia di ingresso delle apparecchiature in Arizona, USA, e ha annunciato l’espansione dello stabilimento, con un investimento di 40 miliardi di dollari. Nel suo discorso, Biden ha dichiarato che la manifattura americana è tornata.

Non c’è dubbio che il divieto degli Stati Uniti avrà sicuramente un impatto sullo sviluppo tecnologico ed economico della Cina. Ma c’è una via d’uscita per la Cina? Per chiarire questa questione, dobbiamo analizzare la tendenza generale.

La tecnologia dei semiconduttori è nata negli Stati Uniti, ovviamente, gli Stati Uniti hanno un forte vantaggio tecnologico. Dal punto di vista dell’offerta del mercato globale, le società di semiconduttori statunitensi rappresentano il 46,3% dell’intera quota di mercato dei semiconduttori (2021 Global Semiconductor Industry Association SIA). Tuttavia, d’altra parte, non dovremmo guardare solo al lato dell’offerta, ma anche al lato della domanda.Secondo i dati SIA, le vendite globali di semiconduttori nel 2021 saranno di 555,9 miliardi di dollari USA, un record; a 192,5 miliardi di dollari USA , è ancora il più grande mercato di semiconduttori al mondo, con un aumento anno su anno del 27,1%. La Cina è il più grande mercato di consumo per i prodotti a semiconduttore e non dimenticare che anche questo è un enorme vantaggio per la Cina.

Il management utilizza spesso il modello della teoria delle cinque forze di Michael Porter per analizzare i cinque fattori decisivi all’interno e all’esterno dell’impresa. Questa teoria è un po’ vecchia, era molto famosa in Cina e gli studenti di materie manageriali la usavano quando scrivevano documenti. L ‘”unica forza” nelle “cinque forze” è il potere degli acquirenti, il che significa che il mercato ha potere contrattuale, che può influire sulla redditività delle imprese.

Infatti, per quanto riguarda i prodotti a semiconduttori, la struttura industriale in cui gli Stati Uniti dominano l’upstream (offerta) e la Cina domina il downstream (domanda) riflette il rapporto di lungo periodo tra le industrie cinesi e americane: molte industrie a valle nel Gli Stati Uniti hanno iniziato a diminuire, compresa la produzione di semiconduttori.Mentre l’industria a valle della Cina si sta gradualmente sviluppando, l’industria a monte è ancora debole, il che ha formato uno stato unico di “terrore nucleare” nell’industria dei semiconduttori. Cina e Stati Uniti hanno ciascuno le proprie “armi nucleari”: una volta che i due paesi le utilizzeranno appieno, il risultato a breve termine sarà una perdita per entrambe le parti, mentre il risultato a lungo termine è incerto.

La Cina è il più grande mercato di chip e se la Cina non importa affatto chip americani, anche l’industria dei semiconduttori statunitense sarà colpita duramente. Negli ultimi cinque anni, gli Stati Uniti hanno sempre soppresso le società tecnologiche cinesi, perché sanno che una volta bloccata completamente la Cina, bloccheranno completamente anche le proprie società.

Ad esempio, per aziende come Qualcomm e Nvidia negli Stati Uniti, il mercato cinese ha contribuito per oltre il 70% alle loro entrate. Se il mercato cinese scompare improvvisamente, queste società ridurranno gli investimenti, licenzieranno i dipendenti e i prezzi delle azioni crolleranno, il che porterà a reazioni a catena come il panico a Wall Street.

In tali circostanze, da un lato, gli Stati Uniti sono bloccati al collo della Cina in alcuni campi tecnologici chiave, concentrandosi sull’uccisione delle aziende più potenti della Cina che rappresentano una sfida all’egemonia tecnologica americana, come Huawei; Prodotti di vendita. Ora la politica di blocco degli Stati Uniti si sta ancora gradualmente intensificando, mostrando l’intenzione dei conservatori americani di separarsi dalla Cina, quindi il rapporto tra essere bloccati in Cina e vendere alla Cina sta diventando sempre più teso.

Allo stesso tempo, con il declino dell’intera industria manifatturiera negli Stati Uniti, compresa la produzione di circuiti integrati, gli Stati Uniti hanno introdotto anche le fabbriche TSMC.In primo luogo, vogliono rilanciare l’industria manifatturiera americana.In secondo luogo, si dice che le persone nei circoli strategici statunitensi sono preoccupate che la Cina riconquisti Taiwan, dopodiché l’intera catena industriale dei circuiti integrati degli Stati Uniti verrà spezzata, quindi questa è una mossa importante per la reindustrializzazione degli Stati Uniti per trattare con la Cina.

Il punto cruciale: la Cina non ha formato una catena industriale locale per i circuiti integrati

Observer.com: Hai svolto molte ricerche sulla storia industriale della Cina. Contando dal 2006, sono passati 15 anni da quando la Cina ha proposto la strategia di sviluppo dell’innovazione indipendente. Tuttavia, le carenze della catena industriale nel campo dei chip sono diventate sempre più prominente in questi anni.Creare una situazione in cui ogni azienda tecnologica che emerge sarà bloccata. Ma in realtà, hai detto che ci sono aziende cinesi in ogni anello del campo dei semiconduttori in Cina, e alcuni campi sono particolarmente forti, come il campo della progettazione di chip.Il vero problema è che il ciclo di domanda e offerta della nostra catena industriale interna ha non formato Come lo capisci?

Lu Feng: Il punto di partenza per discutere dell’industria dei circuiti integrati in Cina è il fatto che il motivo per cui la Cina è bloccata in quest’area non è perché la Cina non l’ha fatto, ma perché si è arresa a metà strada diverse volte e gli è sempre mancata la determinazione per attenersi alla fine.

Sebbene l’industria cinese dei circuiti integrati sia ancora in una posizione arretrata rispetto agli Stati Uniti, forse perché la Cina ha una lunga storia di sviluppo dell’industria dei circuiti integrati, ha una caratteristica piuttosto rara al mondo. Cioè, ci sono aziende cinesi in quasi ogni anello della catena dell’industria dei semiconduttori. Questo fenomeno non esiste in Corea del Sud o Taiwan, e anche gli Stati Uniti non possono farlo oggi.

La seconda particolarità è che finora le società cinesi in vari anelli della catena dell’industria dei semiconduttori non hanno formato tra loro un rapporto domanda-offerta relativamente forte e circolano tutte con la catena industriale internazionale. Il problema fondamentale dell’industria cinese dei circuiti integrati sta qui.

Ad esempio, 10 anni fa, la maggior parte degli ordini ricevuti da SMIC provenivano dall’estero (ora è migliorata), perché le società di progettazione di chip nazionali ritengono che non sia abbastanza avanzata. I chip progettati da Huawei HiSilicon vengono ordinati presso TSMC. Sebbene SMIC se ne lamenterà, fino a poco tempo fa le sue apparecchiature venivano importate e per ragioni simili non utilizzava apparecchiature domestiche.

Il primo lotto di macchine per l’incisione di chip in Cina prodotto da China Micro Semiconductor Equipment a Shanghai non è stato acquistato da nessuno nel continente e successivamente è stato venduto a società taiwanesi per realizzare l’industrializzazione. Naturalmente, quando le società cinesi sono state sanzionate dagli Stati Uniti, hanno iniziato a effettuare ordini interni e ad acquistare attrezzature e materiali domestici. Tuttavia, ora SMIC ha paura di accettare ordini da Huawei HiSilicon, perché teme di essere sanzionato dagli Stati Uniti; le apparecchiature e i materiali domestici non sono abbastanza avanzati e sono ancora in uno stato di sostituzione marginale.

Perché l’industria cinese dei semiconduttori non ha formato una catena industriale locale? Le sue radici si trovano nel modello follower.

La Cina ha iniziato a sviluppare l’industria dei semiconduttori negli anni ’50 e ha prodotto circuiti integrati negli anni ’60. Per quanto riguarda la tecnologia stessa, la Cina non solo ha insistito su ricerca e sviluppo indipendenti, ma il livello è piuttosto avanzato. Tuttavia, con il sistema di pianificazione dell’epoca, il problema principale dell’industria cinese dei semiconduttori era che non era integrata con applicazioni commerciali, i suoi prodotti erano utilizzati principalmente nell’industria militare e nella ricerca scientifica, il che ne limitava notevolmente lo sviluppo. All’inizio degli anni ’80, quando la Cina ha aperto il suo mercato e ha introdotto la tecnologia straniera, l’industria locale dei circuiti integrati è stata rapidamente sopraffatta dai prodotti importati e le aziende di semiconduttori che sostenevano l’industria militare sono quasi scomparse.

Il secondo ciclo di sviluppo dell’industria cinese dei semiconduttori è stato condotto in condizioni in cui la base industriale locale è stata spazzata via e la politica ha enfatizzato l’introduzione. In effetti, lo sviluppo dei circuiti integrati era ormai abbandonato a livello nazionale, ma il governo si è poi reso conto dell’importanza dei semiconduttori (stimolato ad esempio dalla prima Guerra del Golfo). La via di questo ciclo di sviluppo è introdurre l’intera linea di produzione attraverso joint venture, come i progetti 908, 909 e gli sforzi di Shougang per realizzare semiconduttori. Naturalmente, anche questo round non ha avuto successo, perché l’introduzione di linee di produzione non può consentire alle imprese cinesi di sviluppare le proprie capacità e non può tenere il passo con i rapidi cambiamenti della tecnologia e del mercato. Il progetto 909 si è anche rivolto allo sviluppo indipendente in seguito per diventare l’odierna Hua Hong.

Il terzo round di sviluppo dell’industria dei semiconduttori in Cina è iniziato all’incirca nel 2000, con l’istituzione di SMIC a Shanghai come evento di riferimento. Le caratteristiche di questo round si possono riassumere nell’adozione di un metodo di sviluppo internazionale e nella partecipazione al ciclo della filiera industriale internazionale. Il terzo round di sviluppo coincide con l’entrata dell’economia cinese in una fase di forte crescita e la domanda di mercato in continua espansione e le capacità di investimento hanno consentito all’industria cinese dei semiconduttori di svilupparsi notevolmente.

È proprio perché la Cina ha una lunga storia di sviluppo dell’industria dei semiconduttori che oggi troviamo che quasi ogni anello della catena dell’industria dei semiconduttori ha aziende cinesi. Ma allo stesso tempo, queste imprese cinesi distribuite nell’upstream, downstream e midstream non hanno formato una connessione relativamente forte tra domanda e offerta. Ciò ha anche creato una situazione in cui le principali società cinesi di chip possono essere facilmente sanzionate dagli Stati Uniti.

Observer.com: Quindi, per affrontare il blocco tecnologico statunitense, pensi che la chiave sia costruire una catena industriale di circolazione interna?

Lu Feng: “Circolazione interna” non è un’espressione corretta, perché i semiconduttori sono prodotti che devono essere venduti in tutto il mondo per ridurre i costi. Ma è necessario formare una filiera industriale locale, perché sotto la repressione degli Stati Uniti ci troviamo di fronte a un fatto “sanguinoso”: il progresso tecnologico di ogni azienda di circuiti integrati in Cina deve fare affidamento sull’intera filiera cinese dei circuiti integrati abilità migliorata.

Se non esiste una catena industriale con forti legami tra domanda e offerta tra le aziende cinesi in tutti i collegamenti, il progresso tecnologico di ogni singola azienda sarà soggetto alla soppressione degli Stati Uniti. Pertanto, chiamo questa catena industriale la base industriale dei circuiti integrati cinesi. Una volta formata una catena industriale locale, non avremo paura del blocco tecnologico degli Stati Uniti, perché il mercato cinese è abbastanza grande.

La formazione di questa base industriale dovrebbe essere l’obiettivo e il compito principale dello sviluppo cinese dell’industria dei circuiti integrati. Dal rilascio del “Documento n. 18” nel 2000 per incoraggiare lo sviluppo dell’industria del software e dell’industria dei circuiti integrati, ogni pochi anni il Consiglio di Stato emetterà un documento a sostegno dello sviluppo dei circuiti integrati, ma il suo contenuto è quello di sostenere lo sviluppo di singole tecnologie, da Non ci sono obiettivi e contenuti per lo sviluppo di una base industriale indipendente.

Ad esempio, dal 2006, il “Piano nazionale di sviluppo scientifico e tecnologico a medio e lungo termine (2006-2020)” ha individuato 16 grandi progetti. Tra questi, il progetto 01 si concentra su dispositivi elettronici di base, chip generici di fascia alta e prodotti software di base, indicati come basi nucleari di alto livello.L’obiettivo richiede l’acquisizione di una serie di tecnologie chiave e lo sviluppo di un numero di prodotti core strategici. Il progetto 02 pone l’accento su apparecchiature di produzione di circuiti integrati su larga scala e serie complete di processi, e i suoi obiettivi includono la ricerca e lo sviluppo di prototipi di apparecchiature di produzione a 65 nanometri; scoperte in diverse tecnologie chiave al di sotto di 45 nanometri, ecc.

I grandi progetti speciali sono sostenuti e finanziati dallo stato, esaminati da esperti e gli indicatori tecnici sono utilizzati come standard per l’approvazione del progetto. Ad esempio, se questa azienda ha la capacità di produrre chip con il processo più avanzato al mondo. Tuttavia, questo indicatore tecnico si basa sulla tecnologia avanzata internazionale come sistema di riferimento, sembra alto, ma segue essenzialmente il ritmo degli altri. Pertanto, chiamo questo sistema di supporto “sistema seguente”.

I progetti nell’ambito del sistema di follow-up supportano un’unica tecnologia e si rivolgono a tecnologie straniere esistenti. Tali progetti stanno solo seguendo l’avanguardia del progresso tecnologico internazionale e la maggior parte di essi sono intrapresi da università o istituti di ricerca, quindi non è certo se saranno utili o meno. Sono stati implementati tre piani quinquennali per grandi progetti e ora sono impotenti di fronte alle sanzioni statunitensi, il motivo non è casuale.

Oggi vediamo tutti i risultati dei nuovi veicoli energetici cinesi. Questo risultato ha avuto origine dal movimento di innovazione indipendente emerso nell’industria automobilistica cinese circa due decenni fa. A quel tempo, lo stato (come il Ministero della Scienza e della Tecnologia) aveva già l’idea di utilizzare la nuova tecnologia energetica per ottenere il sorpasso in curva, che coincise con l’ascesa delle auto auto-sviluppate della Cina, che diedero al piano nazionale un base. Solo le aziende che sviluppano prodotti in modo indipendente proveranno nuove tecnologie, penseranno al sorpasso in un angolo e indurranno più aziende a entrare nella nuova catena industriale. Quando molte imprese auto-sviluppate hanno formato la catena industriale o la fondazione di veicoli a nuova energia, oggi possiamo vedere i risultati della produzione e delle vendite globali della Cina di veicoli a nuova energia.

Al contrario, l’industria dei circuiti integrati ha ricevuto un sostegno statale non inferiore a quello dell’industria automobilistica della nuova energia, ma è ancora in uno stato di disunione e le lezioni devono essere riassunte.

Risposta: fattibilità di un’autoproduzione completa

Observer.com: In una situazione di disunione, per far fronte alle sanzioni tecniche degli Stati Uniti, pensi che la Cina dovrebbe costruire una base industriale per i circuiti integrati, quindi cosa si dovrebbe fare a livello politico?

Lu Feng : L’obiettivo della politica cinese dovrebbe essere quello di concentrare le risorse per promuovere la formazione della catena industriale locale della Cina, piuttosto che il perseguimento frammentato di singoli progetti o singoli indicatori tecnologici.

Di fronte alla guerra tecnologica degli Stati Uniti nel campo dei semiconduttori, il governo cinese deve essere spietato e cogliere gli anelli chiave che promuovono la formazione della catena industriale. Al momento, il collegamento chiave include la ricerca e lo sviluppo indipendenti della tecnologia sottostante, ma ciò che sottolineo in particolare qui è concentrarsi sulla produzione indipendente, in modo da aprire le catene industriali a monte ea valle.

Cos’è l’autoproduzione completa? Si può fare in due passaggi:

Il primo passo è abbellire la linea di produzione. Attualmente, le aziende cinesi hanno implementato il non abbellimento, ovvero non utilizzano apparecchiature americane su una linea di produzione, ma utilizzano apparecchiature e materiali nazionali, giapponesi, coreani, europei e altri non americani.

Il secondo passo è sostituire tutte le attrezzature e i materiali stranieri con attrezzature e materiali domestici. Ovviamente, lo sviluppo di una produzione completamente indipendente eliminerà attrezzature e materiali domestici e rafforzerà l’interazione tra aziende manifatturiere e di design. Se è localizzato al 100% dipende dalla situazione specifica.Il principio è che non ci dovrebbe essere alcun rischio di rimanere bloccati. Lo sviluppo di una produzione completamente indipendente deve fare affidamento sulla cooperazione delle imprese cinesi in tutti gli anelli della catena industriale, perché la tecnologia di ciascun anello interagisce con gli altri anelli. Finché afferri l’anello di produzione, afferrerai i pennini che formano l’intera catena industriale.

Naturalmente, il nostro attuale sviluppo di una produzione completamente indipendente non ha ancora raggiunto il livello avanzato del mondo, ma possiamo fare un passo indietro e iniziare con una produzione completamente indipendente a 28 nanometri, credo che sia fattibile. Qualcuno ha chiesto, i chip di Huawei usano 7nm, non è arretrato fare un’autoproduzione completa a 28nm? In effetti, questo comporta un punto di vista fondamentale per il progresso tecnologico. Ecco due questioni strategiche fondamentali.

In primo luogo, ho sottolineato 20 anni fa che per l’innovazione, la base di capacità è più importante dell’attuale livello tecnico, perché solo con l’abilità possiamo cogliere il progresso tecnologico e innovare. Allo stato attuale, l’industria cinese dei circuiti integrati non ha formato una base industriale indipendente, cioè una base di capacità, il che in realtà nasconde il fatto che la maggior parte delle singole aziende non si occupa di tecnologia profonda, perché tutte pensano di poter fare affidamento su tecnologia straniera.

Ma come accennato in precedenza, oggi più che mai il progresso tecnologico di una singola impresa dipende dal progresso tecnologico dell’intera filiera industriale, cioè dal progresso della base industriale. La mancanza di questa base è il nostro difetto nella guerra tecnologica sino-americana, quindi dobbiamo rimediare alla parte più breve.

La Cina deve prendere una decisione. Secondo l’attuale situazione industriale, possiamo partire da 28 nanometri e costruire una linea di produzione completamente indipendente, in modo da aprire la catena industriale e costituire la base industriale dei circuiti integrati cinesi. Quando la linea di produzione completamente autonoma a 28 nm dimostrerà di funzionare senza intoppi, saremo in grado di costruire una linea di produzione completamente autonoma a 14 nm e così via.

In effetti, nessuna azienda al mondo può saltare la produzione di chip a 14 nm prima di realizzare chip a 28 nm, o realizzare chip a 7 nm invece di 14 nm, perché le capacità vengono sviluppate cumulativamente attraverso le piattaforme di prodotto. Pertanto, lo sviluppo dell’industria cinese dei circuiti integrati deve prendere come obiettivo strategico lo sviluppo delle capacità piuttosto che gli indicatori tecnici.

Secondo il rapporto semestrale di TSMC per il secondo trimestre del 2022, le vendite di chip con processo a 14-90 nm hanno rappresentato il 39%

In secondo luogo, nell’odierno mercato globale dei circuiti integrati, i chip con processi maturi sono i più richiesti e utilizzati. I chip con processi avanzati occupano solo una quota di mercato molto bassa. Nel 2021, TSMC amplierà anche in modo significativo la produzione di chip con un processo maturo a 28 nm per far fronte alla carenza nel mercato. I chip automobilistici sono fondamentalmente dominati da processi maturi a 28 nm, 45 nm e 65 nm e solo pochi chip automobilistici come i chip per la guida autonoma devono utilizzare processi avanzati. I chip in campi ingegneristici come quello aerospaziale utilizzano persino chip su scala micron, sebbene in quantità limitate.

Se la Cina può davvero formare una catena industriale libera da interferenze esterne a livello tecnologico a 28-60 nm, non solo avrà una base industriale per il continuo progresso tecnologico, ma formerà presto un altro vantaggio competitivo. L’industria cinese ha una capacità senza pari: fintanto che sa come realizzare un certo prodotto, può rapidamente rendere il costo di questo prodotto il più basso al mondo, occupando così una grande fetta di mercato.

Se la Cina occupa una quota importante nel mercato mondiale dei chip di processo maturi, guadagnerà anche una posizione di “contrattazione”: se gli Stati Uniti bloccano il 20% dei prodotti di processo avanzati, noi bloccheremo ugualmente l’80% dei prodotti di processo maturi. Auto americane La fabbrica non utilizzerà chip di processo avanzati (il prezzo aumenterà se l’auto viene utilizzata). Inoltre, dal momento che tutte le aziende (compresa TSMC) che monopolizzano i prodotti di processo avanzati fanno molto affidamento su prodotti di processo maturi per mantenere la redditività, la perdita di questo mercato scuoterà seriamente la loro fiducia nel bloccare la Cina.

Dare pieno gioco ai vantaggi del “sistema nazionale” per far fronte al blocco dei chip

Observer.com: Hai analizzato il ruolo del “sistema nazionale” nell’innovazione indipendente cinese, quindi nel risolvere i problemi dei chip e dei colli di bottiglia tecnologici chiave, come la produzione completamente indipendente che hai citato, il “nuovo sistema nazionale” cinese Come si gioca un ruolo efficace?

Lu Feng: Consentitemi di ribadire che la cosiddetta produzione completamente indipendente, utilizzando tutte le apparecchiature e i materiali domestici, richiede un processo e non sarà raggiunto dall’oggi al domani. Ma dobbiamo seguire questo obiettivo, cioè stabilire la nostra fondazione per l’industria dei circuiti integrati. Dopo il completamento, le nostre società di apparecchiature a monte e le società di materiali possono unirsi alla catena del progresso tecnologico; la progettazione di chip a valle non sarà limitata dagli Stati Uniti nel modo in cui desidera svilupparsi. Questo è un punto chiave e afferrare questo punto chiave può aprire l’intera catena industriale.

Nel successo di “due bombe e una barca” (riferito a bombe atomiche, missili e sottomarini nucleari), il “Comitato speciale centrale” ha svolto un ruolo importante. La ragione diretta dell’istituzione del Comitato speciale centrale era che coincideva con il triennio di difficoltà economiche e molti ministri del governo chiedevano lo smantellamento della bomba atomica. L’opposizione ha risvegliato i vertici e si è invece decisa a implementare completamente la leadership centralizzata, anche per superare i vincoli del sistema dipartimentale sui principali compiti strategici del Paese.

La prima caratteristica del Comitato Centrale Speciale è che è direttamente responsabile di fronte al Comitato Centrale del Partito; la seconda è che afferra direttamente il progetto, come disegnare il piano e come portare a termine il compito senza alcuna gestione intermedia. I membri del comitato speciale del Comitato centrale sono composti da diversi vicepremier e capi di ministeri e commissioni, ma Zhou Enlai, che all’epoca era il direttore del comitato speciale, ha chiarito durante la riunione che personalmente non hanno potenza. Pertanto, i ministeri e le commissioni hanno solo potere esecutivo e nessun potere decisionale sui progetti di competenza di apposite commissioni, aggirando così gli inconvenienti della gestione multidipartimentale.

Discutendo oggi del nuovo sistema nazionale, la nostra ricerca ha rilevato che la caratteristica fondamentale del sistema nazionale storico è che è necessario istituire un’apposita organizzazione decisionale ed esecutiva direttamente responsabile nei confronti dei vertici per svolgere e completare le principali attività strategiche del Paese compiti, altrimenti sarà difficile mobilitare il potere dell ‘”intero paese”.

Per il sistema industriale cinese di oggi, dopo che il nostro grande progetto di aeromobili è stato completato, rimane solo il difetto a livello industriale dei circuiti integrati, quindi questo è un compito importante che la Cina deve risolvere. Il progetto “due bombe, una barca e una stella” ha dato il buon esempio per la costruzione delle fondamenta dell’odierna industria dei circuiti integrati.

La mia idea personale è che il Comitato Centrale del Partito possa creare un’organizzazione simile al Comitato Centrale Speciale, che è direttamente responsabile nei confronti del Comitato Centrale del Partito in alto e afferra direttamente questo progetto in basso, perché nessun singolo dipartimento può gestire questo importante compito da solo.

Di fronte al blocco degli Stati Uniti, la Cina deve raggiungere l’indipendenza nei principali collegamenti come progettazione di chip, produzione, attrezzature e materiali, quindi il compito principale deve essere quello di coltivare una catena industriale che formi un rapporto domanda-offerta tra vari collegamenti e il proprio ciclo.l’abilità è l’obiettivo generale.

Ovviamente, la realizzazione di questo obiettivo deve basarsi sul meccanismo di mercato, ma non può affidarsi completamente al meccanismo di mercato. In altre parole, poiché lo sviluppo dell’industria dei circuiti integrati in Cina deve basarsi sulla capacità delle imprese di crescere attraverso la concorrenza di mercato, lo sviluppo di questo settore non deve solo avvalersi dei meccanismi di mercato, ma anche coordinare varie forze tra cui i meccanismi di mercato, altrimenti sarà una svolta impossibile. Pertanto, lo sviluppo dell’industria dei circuiti integrati richiede una nuova era di “Comitato centrale” per guidare direttamente i principali compiti dei circuiti integrati.

Lo sviluppo di capacità di produzione indipendenti è un anello chiave per l’apertura della catena industriale cinese dei circuiti integrati. Se la prima fase non può essere prodotta interamente a livello nazionale, la seconda fase può essere realizzata. In breve, dobbiamo decidere di muoverci in questa direzione.

Il successo o il fallimento del progetto segue completamente il principio della commercializzazione. Aderendo al principio della commercializzazione ha due significati: primo, il progetto dipende completamente dall’impresa. Che si tratti di un’impresa esistente o di una nuova impresa, il numero di chip le imprese manifatturiere possono anche essere più di una. Questo perché la garanzia ultima del successo del progetto è che l’impresa sviluppi capacità sufficienti. In secondo luogo, il criterio per il successo di un progetto è se può produrre prodotti che soddisfino la domanda del mercato in termini di prezzo e prestazioni e siano competitivi sul mercato. Per le aziende di attrezzature e materiali, è se la linea di produzione può essere utilizzata e tutti i prodotti in uscita devono essere su scala industriale. I campioni e le linee di test sono inutili, deve essere un prodotto che può essere prodotto in serie.

Come per la dimostrazione del piano di realizzazione del grande aereo, il consenso del comitato di dimostrazione è che l’ente responsabile per l’attuazione dei progetti nazionali deve essere un’impresa costituita secondo il moderno sistema di impresa, in modo da garantire che il progetto del grande aereo possa essere direttamente trasferito all’operazione commerciale dopo il completamento. I fatti hanno dimostrato che COMAC, nata secondo questo principio, non solo ha organizzato la ricerca e lo sviluppo, ma ha anche coordinato la catena industriale nell’intero processo dallo sviluppo e test di volo di grandi velivoli alla vendita e all’esercizio, e sta ora passando in esercizio commerciale senza ostacoli. Per la costruzione della fondazione della catena industriale cinese dei circuiti integrati, il grande progetto di aeromobili è un’ottima dimostrazione.

L’attuazione di progetti di produzione completamente autonomi deve basarsi anche su un coordinamento al di fuori dei meccanismi di mercato. L’obiettivo del progetto di produzione indipendente include l’utilizzo della linea di produzione per guidare lo sviluppo indipendente di attrezzature e materiali e fornire servizi di produzione per chip autoprogettati. Pertanto, l’implementazione del progetto deve essere accompagnata dalla collaborazione di molte aziende nel catena industriale. Nelle condizioni strutturali esistenti, questo tipo di cooperazione non può essere formato rapidamente solo attraverso la consultazione tra le imprese (almeno ci saranno rischi finanziari al di là della capacità delle imprese), e deve essere coordinato direttamente dalle agenzie statali che svolgono compiti importanti.

Il principio fondamentale di questo tipo di coordinamento è che la linea di produzione deve utilizzare attrezzature e materiali domestici, i prodotti delle imprese di attrezzature e materiali devono soddisfare i requisiti della linea di produzione e l’impresa di progettazione di chip deve supportare la produzione e il collaudo della produzione linea, e utilizzare questo come unico motivo per finanziare le imprese. Naturalmente, un certo lavoro di coordinamento può essere svolto in parte attraverso il meccanismo del mercato, ad esempio il soggetto responsabile del progetto di produzione decide se le attrezzature e i materiali sviluppati per esso soddisfano i requisiti della linea di produzione, ecc., ma la realizzazione del progetto completo la produzione indipendente è la natura fondamentale di questo importante compito.

Impadronendosi della piena autoproduzione, il potere nazionale si è impossessato della leva per invertire la struttura del mercato. Approfittando dell’opportunità del blocco degli Stati Uniti per trasformare condizioni sfavorevoli in condizioni favorevoli, lo stato sostiene le vendite di chip completamente autoprodotti da una politica che apre opportunità di vendita e progresso tecnologico per le aziende di attrezzature e materiali. Quando tutte le aziende cinesi della catena industriale potranno stabilire collegamenti tra domanda e offerta e quando tutte le tecnologie nazionali potranno essere applicate, si formerà la base industriale dei circuiti integrati cinesi. A quel tempo, l’industria cinese dei circuiti integrati poteva resistere alla repressione del governo degli Stati Uniti e fare affidamento principalmente sul potere della concorrenza di mercato per promuovere lo sviluppo del settore.

La caratteristica killer: domanda bloccata, che offre opportunità di sviluppo alle società cinesi di chip locali

Observer.com: Pertanto, nella guerra tecnologica sino-americana, la Cina non sembra reagire, non è che la Cina non abbia modo.

Lu Feng: Sento che la Cina non è ancora in grado di prendere una decisione sulla politica. La ragione dell’incapacità di prendere una decisione potrebbe essere che non ha pensato a una strategia globale e potrebbe anche essere correlata alla mancanza di effettiva capacità di attuazione.

Prima di tutto, dobbiamo avere fiducia. Quando ho partecipato alla dimostrazione del piano di attuazione del grande progetto aeronautico quasi 20 anni fa, abbiamo riavviato il grande progetto aeronautico dopo 28 anni di stagnazione e quasi tutti i talenti e le tecnologie sono stati tagliati. Ma guardandolo ora, ce l’abbiamo ancora fatta. Quindi in questo mondo ci sono solo tecnologie che i cinesi non osano fare a causa delle barriere psicologiche, e non c’è tecnologia che i cinesi non possano fare.

Il 25 luglio 2022, il velivolo C919 è stato sottoposto a un volo di prova funzionale e di affidabilità e le guide a terra hanno guidato il velivolo nella piazzola. Tao Ran/foto

In risposta al blocco tecnologico degli Stati Uniti, l’intero pensiero strategico della Cina deve essere cambiato. Mentre gli Stati Uniti hanno vantaggi tecnologici, la Cina non è tutta svantaggiata. Poiché gli Stati Uniti hanno utilizzato “armi nucleari” contro la Cina, anche la Cina dovrebbe utilizzare le proprie “armi nucleari” per contrattaccare. Più specificamente, il mezzo utilizzato dagli Stati Uniti per sopprimere la Cina è controllare l’offerta di semiconduttori, quindi la Cina dovrebbe e può controllare la domanda di semiconduttori.

Per diversi anni, gli Stati Uniti hanno voluto soffocare il collo della Cina e fare soldi nel mercato cinese, quindi la risposta della Cina è che dal momento che vuoi soffocarmi, non ti permetterò di fare soldi. Se gli Stati Uniti implementano con la forza il “disaccoppiamento” nella tecnologia e nell’industria, la Cina deve imporre sanzioni a tutte le società straniere che implementano l’ordine di disaccoppiamento nel mercato cinese.

L ‘”arma nucleare” degli Stati Uniti è la tecnologia e l ‘”arma nucleare” della Cina è il mercato “Arma nucleare” contro “arma nucleare”, chi ha paura di chi? ——Se c’è un mercato ma non la tecnologia, la tecnologia può essere sviluppata; se c’è la tecnologia ma non il mercato, la tecnologia alla fine porterà a un vicolo cieco. In breve, la Cina deve sviluppare la propria industria dei circuiti integrati e non permetterà mai agli Stati Uniti di avere entrambi.

Le entrate del gigante della litografia olandese ASML provengono principalmente da macchine litografiche DUV mature, non da quelle più avanzate. Ora gli Stati Uniti richiedono alle proprie società di interrompere la fornitura di apparecchiature per la produzione di chip di fascia alta alla Cina e richiedono anche ai propri alleati di partecipare al contenimento delle industrie cinesi. Ma al momento Asmer non è d’accordo. Se le aziende negli Stati Uniti e altri alleati degli Stati Uniti lo fanno, equivale agli Stati Uniti che bloccano l’offerta di aziende nella catena dell’industria cinese dei chip, quindi perché non rimaniamo bloccati nella domanda di quelle aziende?

Non dovremmo aver paura di tornare alla situazione della “pace del terrore” Possiamo richiedere a qualsiasi azienda che attui le sanzioni statunitensi contro la Cina di accettare la revisione del governo cinese per le sue vendite nel mercato cinese. In questo modo, devono pesare quando sono complici degli Stati Uniti. È stata l’altra parte a sanzionare per prima la Cina, non la violazione del libero scambio da parte della Cina.

Il rapporto finanziario di ASML per il terzo trimestre del 2022 mostra che DUV con processi maturi, inclusi Arf e KrF, ha il volume di vendite maggiore e il volume delle vendite delle macchine litografiche EUV più avanzate è piccolo, ma il volume delle vendite non deve essere sottovalutato.

Se ASML vuole seguire la politica degli Stati Uniti e smettere di esportare le macchine litografiche più avanzate in Cina, dopo aver implementato sanzioni reciproche, possiamo bloccare le vendite delle sue macchine litografiche ordinarie sul mercato (infatti, il volume delle vendite di macchine litografiche ordinarie macchine litografiche e quantità maggiori). Ciò potrebbe rendere più facile per le aziende cinesi come Shanghai Microelectronics aprire il mercato interno per le loro macchine litografiche.

Se Nvidia segue il divieto del governo degli Stati Uniti e smette di vendere i chip più avanzati in Cina, allora possiamo vietare la vendita dei chip di fascia media e bassa di Nvidia in Cina. Allo stesso modo, le aziende nel campo dei chip di fascia bassa in Cina potrebbero avere maggiori opportunità di sviluppo. Alla fine, nessuno può impedire alle aziende che possono realizzare prodotti di fascia bassa di continuare ad avanzare verso la fascia alta.

Per trattare con la Cina, il governo degli Stati Uniti ha adottato una strategia globale per bloccare la tecnologia cinese a tutti i livelli, ma possono solo bloccare l’offerta; pertanto, la Cina può anche adottare una strategia globale per gestire i propri bisogni, vale a dire la grande Cina mercato, come Tutte le società straniere che sanzionano la Cina nel campo della tecnologia imporranno controlli sui loro ordini. Allo stesso tempo, dobbiamo sviluppare fermamente la catena industriale locale dei circuiti integrati cinesi.

Se la Cina lo farà davvero, le nostre aree deboli come le apparecchiature per la produzione di chip e i materiali per chip si svilupperanno. Spetta ora al governo cinese prendere una decisione e fare una scelta. Se costruiamo le fondamenta industriali, chi avrà più paura in quel momento? Non sono i cinesi ad aver paura, ma gli americani.

L’analisi di cui sopra può spiegare perché è necessaria un’istituzione speciale in grado di coordinare centralmente le politiche a livello nazionale. Se lo sviluppo dell’industria dei circuiti integrati è definito come un compito importante, allora questo compito è molto più complicato di “due bombe, una barca e una stella”, perché comporterà una maggiore crescita aziendale, concorrenza di mercato e coordinamento politico indiretto.

Questa complessità pone requisiti più elevati per le istituzioni speciali per svolgere compiti importanti: deve avere una comprensione più profonda delle leggi sull’industria, sulla tecnologia e sulla concorrenza di mercato, essere più capace di comunicare con le imprese e utilizzare i meccanismi di mercato, e formulare e coordinare la portata delle politiche più ampie . Per questa istituzione, l’autorizzazione del governo centrale e l’esercizio indipendente del potere sono ovviamente le condizioni necessarie per il suo effettivo funzionamento, ma oltre a ciò, deve anche disporre di capacità sufficienti ed è probabile che richieda innovazioni organizzative, come l’aumento del contatto diretto con le imprese, l'”interfaccia” per interagire con il mercato (lo storico “Comitato Centrale” non aveva questa funzione).

Di fronte al blocco tecnologico, dobbiamo cercare la cooperazione nella lotta

Observer.com: Alcune persone potrebbero pensare che se la Cina inizia a impegnarsi in una produzione completamente indipendente, cioè se la Cina chiarisce la sua intenzione di separarsi, il rapporto tra Cina e Stati Uniti e i suoi alleati potrebbe diventare sempre più rigido, e anche gli Stati Uniti e l’Occidente saranno più severi a breve termine, imponendo il divieto di esportazione di tecnologia in Cina. In questo modo ci sarà la “pace terroristica o l’equilibrio del terrore” che lei ha detto, sarà per questo che finora non ci siamo decisi a contrastarla?

Lu Feng: Gli Stati Uniti hanno preso l’iniziativa in questa faccenda. Finora, può darsi che solo poche persone stiano pensando a come contrastare il blocco tecnologico statunitense.

A mio parere, il ruolo delle sovvenzioni non è così grande come immaginato: il “big chip fund” e i precedenti grandi progetti speciali lo hanno dimostrato. Perché questo non coglie il punto strategico.

In realtà il mondo non si può disaccoppiare e disaccoppiare non fa bene a nessuno, questo è il nostro punto di partenza e lo penso anch’io. Ma se l’altra parte vuole spezzarci e separarci con la forza, dobbiamo contrattaccare. Il mio principio è occhio per occhio e occhio per occhio, non si può dire che mentre gli Stati Uniti e le sue aziende stanno implementando il divieto tecnologico alla Cina, le aziende americane stanno guadagnando dalla Cina e ne stanno approfittando sia all’interno che all’esterno, il che influenzerà lo sviluppo della Cina.

La Cina non può ritirarsi, perché se ti ritiri, guadagneranno un centimetro. Non è necessario che la Cina abbia paura: gli Stati Uniti hanno i loro vantaggi, ma dobbiamo vedere i nostri vantaggi.

Dobbiamo vedere che il sistema industriale molto completo della Cina è la risorsa strategica della Cina, la fonte della forza della Cina e il vantaggio della Cina. Questo sistema industriale comprende industrie sia di fascia bassa che di fascia alta, sia i servizi di ricerca e sviluppo tecnologico che le industrie ad alta intensità di manodopera sono importanti e non possono essere sostituite l’una con l’altra. Negli ultimi anni, al fine di ridurre la capacità produttiva e trasformare e aggiornare, un gran numero di capacità produttive di fascia bassa è stato costretto a chiudere e girare, il che ha effettivamente causato un grande impatto sul sistema industriale cinese. Poiché le industrie tradizionali sono i maggiori clienti delle industrie high-tech, se le industrie tradizionali vengono compresse, anche le industrie high-tech ne risentiranno.

Per quanto riguarda l’industria dei circuiti integrati, le tecnologie di fascia alta di Huawei e di altre società sono state bloccate e hanno causato discussioni pubbliche, ma dobbiamo vedere che ci sono un gran numero di aziende di fascia bassa dietro queste tecnologie di fascia alta, che offre ottime condizioni per scoperte tecnologiche in questo settore. Il motivo per cui la Cina ha una domanda così ampia di circuiti integrati è perché le industrie cinesi a valle si stanno sviluppando bene, il che evidenzia invece le carenze delle industrie a monte. Questa situazione non è altro che un requisito più urgente per l’industria cinese per fare progressi nell’upstream. Se qualcuno pensa che l’industria a monte dovrebbe essere sviluppata a costo di eliminare l’industria a valle, questa è la pratica di “cercare il pesce da un albero”.

Immagina che nel 2020 l’industria cinese passerà alla produzione di mascherine, che dopo lo scoppio dell’epidemia diventeranno presto un bene pubblico globale e daranno un grande contributo alla lotta globale contro l’epidemia. Oltre ai materiali high-tech come il tessuto soffiato a fusione, il processo di produzione delle maschere è una produzione ad alta intensità di manodopera di fascia bassa, ma è indispensabile. Pertanto, dobbiamo aderire allo sviluppo generale dell’industria e fare scoperte chiave su questa premessa.

Observer.com: Dal momento che non sosteni il disaccoppiamento, come può la Cina non disaccoppiare, ma anche stabilire la nostra produzione locale completamente indipendente nel campo dei circuiti integrati?

Lu Feng : L’innovazione indipendente non riguarda lo sviluppo della tecnologia a porte chiuse, ma l’insistere nel fare la tecnologia da soli, ma anche nell’imparare dagli altri. Quindi, come possiamo ottenere un’innovazione indipendente cooperando con gli Stati Uniti e altri alleati occidentali su un piano di parità? La nostra strategia dovrebbe essere quella di cercare la cooperazione nella lotta e insistere sullo sviluppo della tecnologia e dell’industria da soli in condizioni aperte. Se rinunciamo alla lotta, saremo bloccati unilateralmente dagli Stati Uniti. Abbiamo anche i nostri vantaggi e dovremmo sfruttare appieno i nostri vantaggi e fare ciò che dovremmo fare.

Non ci aspettiamo che le aziende cinesi siano le più forti in tutte le aree dell’industria dei semiconduttori. Perché è difficile per noi farlo. Quello che speriamo è stabilire un rapporto commerciale paritario, e coesistere con il mondo; ognuno ha i suoi vantaggi, ma non accettiamo un rapporto diseguale, poiché gli Stati Uniti possono bloccare senza scrupoli gli altri.

C’è un detto in dialetto di Pechino per descrivere la natura umana: vedere una persona amata non può sopprimere la propria rabbia. Se ci pensi bene, questa frase esprime effettivamente la natura umana. Quanto più la Cina arretra, tanto più numerosi e pesanti saranno i colpi che subirà. Pertanto, in questo momento, i pugni della Cina devono essere induriti e deve sviluppare la capacità di strangolare la “gola” dell’avversario. Solo allora l’altra parte ammetterà che apparteniamo tutti a una “comunità con un futuro condiviso per l’umanità”.

Questo articolo è un manoscritto esclusivo di Observer.com.Il contenuto dell’articolo è puramente l’opinione personale dell’autore e non rappresenta l’opinione della piattaforma.Senza autorizzazione, non è consentito ristampare, altrimenti sarà perseguita la responsabilità legale. Segui Observer.com WeChat guanchacn e leggi articoli interessanti ogni giorno.

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