Dies Natalis Solis Invicti vel Solstizio d’Inverno: Settimio Severo, Caracalla, Eliogabalo, Alessandro Severo, Lenin, Gramsci, Mazzini, Pacciardi e Spadolini per comprendere l’attuale crisi politica e di civiltà e per il sorgere dell’Epifania Strategica di un nuovo Risorgimento
Di Massimo Morigi
Narra Cassio Dione nella sua “Storia romana” che Settimio Severo poco prima di spirare lasciò la seguente raccomandazione ai suoi due figli Geta e Caracalla i quali si dovevano, secondo le sue intenzioni, spartire il potere imperiale dopo la sua dipartita: «Non siate in disaccordo, arricchite i soldati, disprezzate chiunque altro.»
Ora se il primo punto fu ampiamente disatteso, Geta e Caracalla vivevano nello stesso palazzo imperiale sul Palatino, Caracalla odiava Geta, evitavano quindi accuratamente di incrociarsi nelle stesse stanze e, il 1° febbraio del 212 d.c., Caracalla fece assassinare da un gruppo di centurioni il fratello che non fu risparmiato anche se per sfuggire ai suoi assassini si era gettato nella braccia della madre Giulia Domna e sembra addirittura che Caracalla si unì personalmente a costoro nello sferrare i colpi mortali al figlio avvinghiato alla madre, gli altri due punti della raccomandazione, soprattutto nella parte di arricchire i soldati e in subordine, di disprezzare chiunque altro (cioè il Senato, che per quanto riguarda il popolo Caracalla fu amato soprattutto in ragione delle sue notevolissime spese pubbliche, si veda l’edificazione delle gigantesche terme che portano il suo nome e si veda anche il suo famoso editto, la Constitutio Antoniniana o Editto di Caracalla, emanato più che per amore delle genti che vivano sul territorio dell’impero, per cercare di rimediare a questo gigantesco sforzo finanziario attraverso l’allargamento della base impositiva, allargamento conseguenza diretta della concessione attraverso l’editto della cittadinanza romana a tutti coloro che, fatta qualche eccezione, vivevano nel vasto impero), si può dire che Caracalla e soprattutto gli imperatori che seguirono alla fine della dinastia dei Severi (ultimo della dinastia Alessandro Severo, che cercò, senza successo, di ridurre le spaventose spese militari e fu per questo assassinato nel 235 d.c. dai suoi stessi soldati nel corso di una campagna contro le tribù germaniche), si attennero rigorosamente alle parole riferiteci da Cassio Dione.
Del resto l’involuzione del periodo denominato dagli storici dell’ ‘anarchia militare’ seguita alla fine della dinastia dei Severi che va dal 235 al 283 d.C. caratterizzato da ininterrotte guerre civili e dalla totale obliterazione del potere senatorio era già totalmente in nuce nell’idea del paradigma di potere immaginato e messo in atto da Settimio Severo, il quale al posto di princeps si attribuì il titolo di dominus ac deus, volendo con ciò non solo sottolineare la sua totale supremazia sul Senato ma anche, sul modello delle monarchie ellenistiche, la sua natura divina (gli storici hanno definito questa mutazione come passaggio del potere imperiale dal principato alla dominatio, volendo con ciò segnalare l’assoluta preminenza – in seguito alla ridefinizione del potere imperiale attuata da Settimo Severo che volle rivestire per sé una natura completamente divina e questa caratteristica del potere imperiale non fu più rinnegata ma anzi accentuata da tutti i suoi successori – dell’imperatore sul Senato).
In buona sostanza, a partire da Settimio Severo si assiste ad un progressivo ed anche molto rapido degrado della forma politica dello Stato romano che vede il totale annullamento del potere e della dignità giuridica del Senato a cui però non segue la creazione di nuovi centri di potere politico giuridicamente normati ma semplicemente la crescita metastatica di un potere, quello imperiale, basato unicamente sulla forza militare e sulla capacità di imporre con l’uso diretto della violenza la propria volontà, il tutto poi giustificato semplicemente dalla natura divina dello stesso potere imperiale. (Sorprende che ancor oggi ci si chieda perché crollò l’impero: dopo Settimio Severo l’espressione apicale dello Stato romano non aveva più una forma politica giuridicamente normata, perché anche se l’imperatore aveva attributi divini e questa condizione avrebbe potuto essere il fulcro per la costituzione di un nuovo tipo di Stato, mancò sempre il riconoscimento giuridico del principio della successione dinastica, e anche se i vari imperatori cercarono sempre di mettere in atto questo meccanismo e imporre questo principio, la successione, in pratica, fu sempre determinata dalla forza delle armi e non da un principio giuridico riconosciuto e universalmente accettato. E non si comprendono queste dinamiche della fine dell’impero romano, perché la situazione in cui viviamo, cioè l’evaporazione della forma pubblica del potere politico, è esattamente la situazione in cui vive il c.d. occidente c.d. democratico e quindi è meglio non comprendere il passato perché se no si rischia di comprendere il presente.)
Veniamo quindi ad oggi ed esaminiamo innanzitutto quanto successo nelle elezioni rumene, il cui esito è stato annullato dalla c.d. Corte costituzionale di quel paese adducendo come pretesto che le elezioni erano state potentemente condizionate da influencer filorussi. Ora il punto non è tanto sottolineare la risibilità delle motivazioni di questo colpo di Stato (è proprio nella natura delle contese elettorali essere plasmate dai c.d. opinion leader, interni o esteri che siano, e chi ha una visione della decisione dell’elettore che deve essere scevra da influenze di qualsiasi tipo che non siano un meditato ragionamento dia allora una spiegazione del perché si fanno le campagne elettorali, che non sono certo esemplate sul metodo maieutico di Socrate per far fuoruscire dall’interno della coscienza dell’elettore la scelta su cosa è il bene e l’utile per sé e per la comunità dove vive) ma quanto all’estero, nel c.d. occidente c.d. democratico, non si sia assolutamente sottolineata la risibilità di questa motivazione e ciò è dovuto semplicemente al fatto che la progressiva militarizzazione di queste società in funzione antirussa e imperialista sta sbriciolando le vecchie ideologie e forme del potere rappresentativo-informativo-mediatiche che, se prima avevano fra i punti salienti della loro narrazione ad uso del dominio delle masse la rule of law e la divisione dei poteri, ora non hanno altro da offrire che la divinizzazione di un potere militare rispetto al successo del quale nel combattere la Russia e a consolidare il declinante imperialismo anglo-americano tutto il resto scompare e l’annullamento delle elezioni rumene è perfettamente compatibile con questa nuova forma espressiva e modalità operativa di potere, che nella sua parte pubblica rappresentativo-informativo-mediatica ha optato per il suicidio immolandosi sull’altare del Moloch del potere industriale-finanziario-militare.
La stessa cosa dicasi per la caduta della repubblica siriana governata da Bashar al-Assad, dove i mezzi di comunicazione mainstream non sottolineano il fatto che coloro che ora assumono il potere sono gli stessi jihadisti terroristi dipinti in passato – e a ragione – come il male assoluto (e se proprio si vuole esagerare nell’accennare a questa scomoda verità, viene formulato il pio desiderio che ora essi, forse, sono cambiati e che da cattivi sono diventati buoni e quindi redenti: vecchio schema tratto dalla nostra tradizione religiosa ma che funziona sempre, a quanto pare o almeno così sperano questi incantatori di serpenti) e addirittura, se viene evidenziato il ruolo della Turchia in tutta la vicenda, non viene assolutamente detto del ruolo svolto da istruttori ucraini a fianco dei jihadisti e visto i problemi che ha oggi l’Ucraina con un guerra contro la Russia che si sta concludendo in maniera catastrofica, è veramente molto arduo pensare ad un’iniziativa automa da parte di costoro ma è molto più logico e sensato pensare ad una missione in ambito Nato, di cui gli ucraini, pur non facendone parte, sono i diligenti esecutori, anche se dalle loro parti avrebbero ben altro cui pensare e cercare di rimediare.
In sintesi, si può affermare che anche nel nostro c.d. occidente si sta passando da una fase di principato, dove il predominio del potere economico-finanziario e dell’apparato militare industriale era celato ma anche in qualche misura bilanciato rispetto agli altri poteri dalla narrazione democratica sulla rule of law e sulla divisione dei poteri, ad una sempre più accentuata fase di dominatio, dove il potere militare – e, in simbiosi, quello industriale-finanziario – è, de facto, un potere con attributi divini e assolutamente prevalente sugli altri sempre più immiseriti centri di potere politico pubblico-rappresentativo ed informativo.
E non è nemmeno troppo ardito pensare che non ci verrà risparmiata nemmeno una bella anarchia militare, perché sarebbe veramente molto ingenuo sperare che un potere militare divinizzato senza regole e senza freni e senza nulla che gli si opponga, a sua volta non trovi occasione per spezzettarsi e generare guerre civili all’interno delle varie nazioni del c.d. occidente e anche fra queste le une contro le altre armate (giusto l’insegnamento di Lenin che in “Imperialismo fase suprema del capitalismo” descrive come la fase monopolistica del capitalismo produca conflittualità fra i vari cartelli monopolistici, così il sorgere di nuovi e totalitari cartelli industrial-militari e finanziari non potrà che condurre ad una sempre più accentuata conflittualità sociale all’interno delle nazioni e fra le nazioni stesse che attraversano questa fase. Per ora tutti uniti contro la Russia e contro la Cina sotto l’insegna della Nato e in nome dell’occidente, ma quando sarà chiaro che il nemico non potrà essere vinto e si affermerà definitivamente un mondo multipolare, “Che fare?”…).
Concludo con un’osservazione sulla costruzione di forze che si oppongano a questo degrado politico, civile e culturale e lo faccio con un ragionamento che parte dalla mia storia politica e di come questa storia politica abbia influenzato i miei studi. Politicamente nasco repubblicano e partendo da questo ho sempre pensato e penso tuttora che il Risorgimento italiano se ha un lascito da offrire per la costruzione di queste forze di rinnovamento sia proprio il pensiero e l’operato di Giuseppe Mazzini: come operato perché Mazzini seppe dare una cristallina testimonianza di fede e sacrificio personale nella nascita e potenzialità dell’Italia (mutuando dal linguaggio religioso, egli fu quindi l’archetipo del santo e martire della nazione italiana), come pensiero perché egli sempre concepì l’Italia come un tutt’uno organico che è proprio la visione che oggi, al di là delle espressioni retoriche, manca alle varie e variamente confliggenti forme del potere politico-partitico-mediatico, fra l’altro declinanti ed in decomposizione in ragione del sopravanzante e divinizzato potere militare.
Per rimanere all’Italia e sempre alla mia storia personale, l’odierno partito repubblicano, a parte il non trascurabile fatto che politicamente è rimasto un’espressione sempre più fioca ed irrilevante di flebili appartenenze locali che continuano a riprodursi non in ragione dell’espressione di un momento politico ma in ragione del voler sentimentalmente prorogare fino alla sfinimento una tradizione politica familiare sotto l’insegna dell’edera che ormai non ha più nulla di autenticamente politico, esso, ancor prima dell’odierna fase involutiva finale, ha subito negli ultimi decenni, a partire dagli inizi degli anni Sessanta, un sempre maggior allontanamento pratico e sentimentale dalla figura di Mazzini, a tal punto che oggi Mazzini è veramente solo una figurina di Epinal buona solo a qualche stanco volo retorico, un allontanamento il cui segno è oggi una sorta di retorica all’insegna di un finto progressismo che, al posto degli originari slogan di natura tecnocratica sulle riforme di struttura che all’inizio degli anni Sessanta avevano di fatto spodestato nel partito la retorica e l’immaginario romantico-mazziniano, ha ora sposato una versione sfocata ed annacquata, timida e piccolissimo-borghese (in sintesi: una versione a là Fantozzi) dell’ideologia woke (siamo veramente lontani milioni di anni luce dalla versione Spadolini del PRI, dove il professore e storico fiorentino cercò, sebbene in un’osservanza strettamente atlantista di stampo pacciardiano prima e lamalfiano poi – ma su l’atlantista di ferro Randolfo Pacciardi andrebbe aperto un discorso a parte che verrà ripreso in altro contributo, perché egli fu anche un convintissimo mazziniano ed anche preveggente rispetto all’inevitabile degrado della forma politica dell’Italia uscita dal secondo conflitto mondiale –, di far rinascere l’afflato romantico-sentimentale del Risorgimento ponendo al centro di questa rappresentazione l’operato eroico di Giuseppe Mazzini, e però contemporaneamente, operazione veramente finissima e lungimirante, cercando di costruire un’ideologia laica fondata sull’apostolo genovese che si sbarazzasse una volta per tutte dell’anticlericalismo del partito. Purtroppo i fedeli ma anche residui repubblicani odierni sono tuttora anticlericali, anzi wokisti anche se di un wokismo imparaticcio e fantozziano di derivazione radical-diessina e il Tevere più largo, cioè il sogno spadoliniano di un definitivo compimento, con ampia soddisfazione e utilità per le due parti, del programma cavouriano di libera Chiesa in libero Stato non ha, al momento, più molto significato visto il sorgere totalitario del nuovo potere finanziario-militare-industrale).
A parte la sua irrilevanza politica quindi, l’attuale partito repubblicano nei suoi dirigenti e nella sua base è la formazione politica meno adatta a comprendere le caratteristiche dell’attuale crisi di civiltà di passaggio dal principato basato su una narrazione democratica che poggiava sul rispetto formale da parte del potere economico-finanziario-militare dei poteri politico-partitico-mediatici e all’interno di questi secondi su una autonoma articolazione fra questi tre momenti del potere pubblico, alla dominatio diretta e spudorata degli appartati tecnocratico-militari su ogni altra forma di potere politico pubblico, i quali non solo risultano annichiliti ma anche nelle loro residue e parodistiche manifestazioni totalmente dimentichi della loro originaria suddivisione e reciproca autonomia (esemplare il caso della Romania dove la Corte costituzionale con cavilli neppure di natura giuridica ma di natura pseudopolitica annulla la libera e giuridicamente vincolante libera espressione del popolo), e si presenta quindi più un ostacolo che una risorsa, se assunto come una possibile forma di positive evoluzioni, per la rinascita di un pensiero e di una azione autenticamente mazziniani che sappiano far rivivere, in quest’epoca di dominatio e di conseguente idolatria delle forme militari, le forme ideali e di azione del Risorgimento, contrassegnate nella parte democratico-mazzinianana da un empito romantico che intendeva unire in un tutt’uno organico il popolo al fine della costruzione di una nazione e Stato italiani che fossero la compiuta espressione di questa sintesi olistica (il Dio e Popolo di Mazzini altro non era che la formulazione teologica di questa agognata unione, la Repubblica era quindi per Mazzini la sola forma politica possibile non in un teoretico disprezzo verso il privilegio di nascita dei regnanti ma per il semplice motivo che solo un Res Publica poteva garantire questa sintesi organica del popolo e non certo il rapporto dall’alto verso il basso fra i sudditi ed il regnante).
Se preso però come il segnalatore d’incendio di una possibile e pubblica contraddizione che poggi le sue basi sulla natura romantico-mazziniana delle sue origini oggi totalmente obliterata, il PRI può ancora svolgere un suo ruolo per la fuoruscita dell’Italia dal compiuto peccato del rinnegamento della sua epifania strategica che cercò di manifestarsi nel Risorgimento, e così forse il Dio e popolo mazziniano potrà avere, contro ogni dominatio degli apparati finanziario-tecnologico-militari e contro la loro de facto idolatria tributagli dal c.d. occidente, ancora una parola da dire nella storia.
L’alternativa a questa fuoruscita da questa idolatria è, a livello di ideologia woke, il proliferare dell’Eliogabalo di massa (rammentiamo che Eliogabalo fu l’imperatore adolescente che successe a Caracalla e che per caratteristiche personali e perché già Dio imperatore e quindi reputandosi al di sopra di qualsiasi giudizio umano e convenzione sociale si dedicò alla più ridicole e disgustose dissolutezze per poi essere ucciso assieme a sua madre Giulia Soemia dai pretoriani l’11 marzo del 222 d.c.) e a livello di vero potere il compiuto peccato del definitivo affermarsi del potere assoluto (cioè legibus solutus) degli apparati finanziario-industriale-militari cui non potrà che seguire la fase dell’anarchia militare cioè di dissoluzione tumultuosa del corpo politico dei vari paesi del c.d. occidente ad opera di un potere finanziario-industriale-militare che ha travolto tutto il resto ma che, per la sua natura violenta e prevaricatrice, non riesce a trovare una sua composizione interna, sia prendendo la forma questa anarchia militare di una diuturna aggressione esterna dei paesi del c.d. occidente per fermare la multipolarizzazione del scenario geopolitico mondiale e quindi contro ogni espressione internazionale che si opponga alla dominatio degli suoi apparati finanziario-industriale-militari.
In effetti, il Dio e popolo di Mazzini e il Risorgimento tradito di Antonio Gramsci sono lezioni che, per quanto rivestite di una diversa forma espressiva, hanno profondissime ed intime analogie, veri e propri sotterranei e tellurici intrecci e richiami quantistici, che vale proprio la pena di disseppellire per far illuminare dalla luce del sole le prime pietre da sgrossare per la costruzione del soggetto politico inteso al sorgere dell’Epifania Strategica del nuovo Risorgimento di cui abbiamo qui cercato di dire. Ora e sempre.
P.S. Il compito che ci si propone nei prossimi contributi è quindi l’affioramento archeologico dei resti di un partito che nella sua parabola è emblema e testimonianza di quello che, alla luce delle odierne disperanti condizioni dell’Italia, ho altrove già definito ‘fallimento del Risorgimento’, un fallimento di cui Giuseppe Mazzini ed Antonio Gramsci furono le due coscienze più avvertite. Questo affioramento verrà effettuato attraverso la ricostruzione delle figure di personaggi del partito repubblicano che vissero intensamente il credo mazziniano e che furono vite spese con la massima eroica intensità nello sforzo per far sì che il Risorgimento non fosse un fallimento. E la rappresentazione di questa loro intima e pubblica totalizzante dimensione, altro non è che il tentativo di operare l’Aufhebung non solo del partito repubblicano ma, molto più importante, del Risorgimento, quest’ultimo lo sviluppo storico-dialettico per il quale sia Gramsci che Mazzini, nonostante le loro cocenti sconfitte, dedicarono la vita. Walter Benjamin non ha mai inteso il suo balzo di tigre a ritroso nel tempo come un atto archeologico e antiquario ma come la fondamentale mossa del nano nascosto sotto la scacchiera che dava movimento all’infallibile fantoccio in veste da turco giocatore di scacchi per far resuscitare le forme espressive del passato e con queste rendere giustizia, costituendoli e creandoli presenze vive fra di noi, nonostante la damnatio memoriae imposta dai vincitori, gli sconfitti e travolti dalla storia. Un piccolo benjaminiano atto messianico, quindi, di giustizia poetica e perciò di rinascita del quale, anche se solo da apprendista forza del passato, si cercherà di dare prova nei prossimi contributi.
Massimo Morigi, Dies Natalis Solis Invicti vel Solstizio d’Inverno anno 2024
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Sì, una folla di giornalisti ha accolto il presidente Vladimir Putin mentre si dirigeva verso il palco per la conferenza stampa di chiusura. Il video dell’evento dice che è durato poco più di un’ora, quindi la trascrizione sarà piuttosto lunga, come ci si aspetta. Putin si è subito lanciato nei suoi commenti prima di rispondere alle domande. Come scoprirete, Putin aveva ancora degli affari da sbrigare che hanno limitato quello che altrimenti sarebbe stato un evento molto più lungo. Ecco cosa è successo:
Vladimir Putin: Cari signore e signori,
Si è appena concluso con successo il XVI vertice dei BRICS.
Fu il culmine della presidenza russa dell’associazione e uno degli eventi più significativi nel calendario politico mondiale.
Ho ripetutamente affermato che la Russia affronta la presidenza dei BRICS in modo responsabile. Sono stati tenuti più di 200 eventi in tredici città russe. In particolare, si sono tenuti numerosi incontri dei ministri dell’industria, si sono tenute varie conferenze, seminari e un forum aziendale. Si sono tenuti anche giochi sportivi con grande successo.
Quest’anno abbiamo lavorato con un team nuovo e ampliato, e la Russia, in qualità di presidente dell’associazione, ha fatto tutto il possibile per garantire che i nuovi membri dell’organizzazione si unissero alla nostra famiglia il più rapidamente e organicamente possibile. E in questo, secondo me, ci siamo riusciti.
I nuovi partecipanti hanno visto e compreso che è possibile lavorare e ottenere risultati nei BRICS. Hanno ritenuto che la cosa più importante nella nostra associazione sia il rispetto reciproco e la considerazione obbligatoria degli interessi reciproci. Posso affermare con soddisfazione che tutti loro prendono parte attiva ai forum di lavoro e propongono idee e iniziative utili e promettenti.
Per quanto riguarda il vertice di Kazan in sé, come già sapete, vi hanno partecipato delegazioni di 35 Stati e sei organizzazioni internazionali. Una rappresentanza così ampia dimostra chiaramente l’autorità e il ruolo dei BRICS, e il crescente interesse nella cooperazione con noi da parte di Stati che perseguono effettivamente una politica veramente indipendente e sovrana.
Ognuno di questi paesi ha il suo percorso di sviluppo, i suoi modelli di crescita economica, una storia e una cultura ricche. È proprio questa diversità di civiltà e la combinazione unica di tradizioni nazionali che, naturalmente, rappresentano la forza e l’enorme potenziale di cooperazione non solo all’interno del quadro BRICS, ma anche nell’ampia cerchia di paesi con idee simili che condividono gli obiettivi e i principi delle attività dell’associazione.
Il programma del summit è stato molto ricco. Gli incontri degli stati membri BRICS si sono svolti in formato ristretto e ampio, incentrati su temi di attualità delle attività dell’associazione e sulle prospettive di ampliamento della partnership in tre aree principali: nel campo della politica e della sicurezza, nel commercio e negli investimenti e nel percorso culturale e umanitario.
Tradizionalmente, si è tenuto anche un incontro outreach/BRICS plus. Questo formato ha dimostrato di essere valido e offre già un’opportunità di dialogo diretto e aperto tra i membri dell’associazione e i nostri amici e partner del Sud e dell’Est del mondo. Quest’anno, la presidenza russa ha invitato i leader dei paesi della CSI, così come delegazioni di molti paesi in Asia, Africa e America Latina, così come i responsabili degli organi esecutivi di numerose organizzazioni internazionali a tale incontro.
Abbiamo scambiato opinioni su questioni internazionali chiave, con un focus sulla situazione in escalation in Medio Oriente. Abbiamo anche discusso le prospettive di cooperazione tra i membri BRICS e i paesi del Sud e dell’Est del mondo nell’interesse di uno sviluppo sostenibile inclusivo.
La cosa principale è che tutti gli incontri e gli eventi che ho appena menzionato, senza eccezioni, si sono svolti nel tradizionale spirito di business e apertura dei BRICS, in un’atmosfera di reciproca comprensione. Questo approccio costruttivo al lavoro di squadra ci ha permesso di discutere approfonditamente di un’ampia gamma di questioni in tre giorni.
La Dichiarazione di Kazan dei BRICS che riassume le discussioni è stata approvata al summit. A nostro parere, il risultato è un documento concettuale completo con un’agenda positiva per il futuro. È importante che confermi l’impegno di tutti i nostri stati a costruire un ordine mondiale più democratico, inclusivo e multipolare basato sul diritto internazionale e sulla Carta delle Nazioni Unite e stabilisca una determinazione comune per contrastare la pratica di applicare sanzioni illegittime e i tentativi di minare i valori morali tradizionali.
I paesi BRICS sono determinati ad approfondire la loro partnership nel settore finanziario. Continueremo a rafforzare la comunicazione interbancaria e a creare meccanismi per accordi reciproci in valute nazionali che siano indipendenti dai rischi esterni.
Vorrei anche sottolineare che durante il summit, i miei colleghi e io abbiamo discusso in dettaglio di possibili sforzi congiunti per stimolare ulteriormente gli investimenti per un’ulteriore crescita economica nei paesi BRICS e nel Sud e nell’Est del mondo. Lo faremo anche con l’aiuto della New Development Bank e del suo Presidente, la signora Dilma Rousseff.
La Russia ha offerto di estendere la presidenza del Brasile e del presidente della banca, la signora Rousseff. Tenendo presente che il Brasile presiede il G20 quest’anno, e l’anno prossimo prenderà il testimone e guiderà i BRICS. E non lo nasconderò, basandoci sul fatto che sappiamo qual è la situazione intorno alla Russia e non vogliamo trasferire tutti i problemi che sono associati a questo a istituzioni nel cui sviluppo siamo noi stessi interessati. Ci occuperemo dei nostri problemi e ce ne occuperemo noi stessi.
Ci sono buone prospettive per il rafforzamento della cooperazione settoriale, l’attuazione di nuovi progetti nell’industria, nell’energia, nella logistica, nelle alte tecnologie e in molti altri settori chiave e, naturalmente, il potenziamento della cooperazione tra i nostri Paesi nella cultura, nella scienza, nello sport, nei giovani e nella società civile.
A Kazan, abbiamo confermato che i BRICS non sono un formato chiuso, sono aperti a tutti coloro che condividono i valori dei BRICS e i suoi membri sono pronti a lavorare per trovare soluzioni congiunte senza dettami esterni o tentativi di imporre solo alcuni approcci ristretti a chiunque. I BRICS non possono che rispondere alla crescente domanda nel mondo di tale cooperazione. Di conseguenza, abbiamo prestato particolare attenzione alla possibile espansione dei BRICS attraverso l’istituzione di una nuova categoria: gli Stati partner.
In questi giorni, i leader e i membri delle delegazioni hanno anche comunicato molto in un contesto informale. Si sono tenuti molti incontri bilaterali, contatti e conversazioni. La nostra delegazione ha anche cercato di incontrare i leader della maggior parte dei paesi partecipanti.
Signore e signori,
Il summit è terminato. Vorrei ringraziare ancora una volta tutti i nostri colleghi che sono venuti a Kazan per il loro contributo al nostro lavoro comune. E vorrei sottolineare che penso che sia stato piuttosto pesante.
Durante la nostra presidenza, abbiamo sentito un forte sostegno dai nostri partner. Questo è importante, soprattutto perché non termina con la fine del summit. Prima della fine dell’anno si terranno una serie di importanti eventi congiunti. Come ho già detto, l’anno prossimo passeremo il testimone alla presidenza brasiliana. Naturalmente, forniremo ai nostri amici brasiliani tutto l’aiuto e l’assistenza necessari. Continueremo a coordinarci strettamente con tutti i nostri partner BRICS per migliorare ulteriormente la cooperazione all’interno del gruppo BRICS.
E naturalmente vorrei cogliere l’occasione per ringraziare sinceramente la dirigenza del Tatarstan e l’ufficio del sindaco di Kazan per la loro ospitalità e il loro desiderio di creare condizioni confortevoli per il nostro lavoro comune.
Voglio scusarmi con i residenti di Kazan per il fatto che hanno dovuto affrontare alcuni inconvenienti: lo spostamento dei cortei, la chiusura, a quanto ho capito, di alcune autostrade. Ma voglio assicurarvi che queste prove non sono state vane. Vorrei ringraziarvi per aver creato condizioni così favorevoli per il nostro lavoro. Grazie mille.
Vorrei scusarmi in anticipo, ma non potremo comunicare con voi per molto tempo, per rispondere alle vostre domande, perché ho ancora diversi incontri bilaterali, credo sette o qualcosa del genere. Quindi non posso far aspettare i miei colleghi. Tuttavia, se avete domande, per favore.
Domanda: Anton Vernitsky, Canale Uno.
Vladimir Vladimirovich, ci dica di più sulla cooperazione finanziaria dei paesi BRICS. Avete discusso di una piattaforma di investimento comune? E c’è stata qualche discussione sulla creazione di un sistema di pagamento alternativo, o su un’alternativa a SWIFT?
Grazie.
Vladimir Putin:Per quanto riguarda SWIFT e alcune alternative: non abbiamo creato e non stiamo creando alternative per nessuno, ma nonostante ciò la questione è molto importante oggi e uno dei problemi chiave è il problema degli insediamenti. Pertanto, stiamo seguendo la strada dell’utilizzo di valute nazionali, questo è ben noto.
Per quanto riguarda i sistemi di regolamento, utilizziamo il sistema di scambio di informazioni finanziarie russo già consolidato, creato dalla Banca centrale russa. Anche altri paesi membri dei BRICS hanno i loro sistemi, e li utilizzeremo, e li stiamo già utilizzando e continueremo a sviluppare questa cooperazione.
Ma non stiamo ancora inventando un singolo sistema generale, e ciò che abbiamo è sufficiente in linea di principio. Dobbiamo solo prendere decisioni appropriate a livello amministrativo in tempo e in modo tempestivo. Ne abbiamo discusso anche con i nostri colleghi e continueremo a farlo.
Domanda: Ciao!
RIA Novosti, Ilya Yezhov.
Vladimir Vladimirovich, il forum di Kazan è stato il primo summit per i BRICS non come gruppo di cinque paesi, ma come associazione con una geografia più ampia. Allo stesso tempo, continuano i colloqui sulla possibile espansione e i vostri colleghi, anche oggi, hanno ripetutamente affermato di essere pronti a lavorare più a stretto contatto con i BRICS. È stato anche elaborato il formato del paese partner dei BRICS.
A questo proposito, potrebbe condividere come stanno procedendo i lavori in questa direzione e qual è stato il segnale principale dato dal vertice di Kazan sull’ulteriore espansione dei BRICS?
Grazie.
Vladimir Putin: In effetti, come ho già detto, molti paesi stanno mostrando interesse a lavorare in questa associazione. 35 paesi hanno partecipato agli eventi di Kazan e abbiamo concordato con i nostri partner che nella prima fase, intendo una possibile espansione, seguiremo la strada dell’accordo sulla lista dei paesi partner. Questa lista è concordata.
Alcuni dei paesi che hanno partecipato a questi eventi – oggi e ieri – ci hanno inviato le loro proposte e richieste per una piena partecipazione all’associazione BRICS.
Inoltre, la situazione si svilupperà come segue: invieremo un invito e un’offerta ai futuri paesi partner per partecipare al nostro lavoro in questa veste e, una volta ricevuta una risposta positiva, annunceremo chi è in questa lista. Semplicemente non sarebbe giusto farlo ora, prima di ricevere una risposta. Sebbene tutti questi paesi abbiano praticamente fatto richieste contemporaneamente.
Domanda: Buonasera!
Viktor Sineok, Centro di ricerca Izvestia.
È noto che durante i vostri numerosi incontri bilaterali è stata sollevata la questione del conflitto in Ucraina. Mi dica, in che chiave avete discusso di ciò che sta accadendo nella zona franca? In che modo pensa che i partner con cui ha parlato abbiano un atteggiamento positivo nei confronti di questo conflitto e hanno parlato di sostenere il nostro Paese?
Vladimir Putin: Tutti sono determinati a porre fine al conflitto il più rapidamente possibile e preferibilmente con mezzi pacifici. Sapete che la Repubblica Popolare Cinese e il Brasile hanno preso l’iniziativa all’Assemblea Generale di New York. Molti stati membri dei BRICS sostengono queste iniziative e noi, a nostra volta, siamo grati ai nostri partner per aver prestato attenzione a questo conflitto e per aver cercato modi per risolverlo.
: (come tradotto) D : Keir Simmons, NBC News.
Signor Presidente, le immagini satellitari indicano che ci sono truppe nordcoreane in Russia. Cosa ci fanno qui e non è questa una grave escalation della guerra in Ucraina?
Signor Presidente, mancano ancora alcune settimane alle elezioni americane. La Russia è di nuovo accusata di ingerenza, affermando che lei ha avuto conversazioni private con l’ex Presidente Trump. Ha avuto conversazioni con lui e di cosa avete parlato?
Vladimir Putin: Vorrei iniziare con la prima parte della sua domanda.
Gli snapshot sono una cosa seria. Se ci sono degli snapshot, allora riflettono qualcosa.
Vorrei richiamare la vostra attenzione sul fatto che non sono state le azioni della Russia a portare all’escalation in Ucraina, bensì il colpo di stato del 2014, sostenuto principalmente dagli Stati Uniti. È stato persino reso pubblico quanto denaro l’allora amministrazione statunitense ha speso per la preparazione e l’organizzazione di questo colpo di stato. Non è forse questo il modo per intensificare?
E poi siamo stati ingannati per otto anni quando hanno detto che tutti volevano risolvere il conflitto in Ucraina con mezzi pacifici, attraverso gli accordi di Minsk. Più tardi, e probabilmente lo avete sentito anche voi, un certo numero di leader europei hanno detto direttamente che ci stavano ingannando, perché hanno usato questo tempo per armare l’esercito ucraino. Non è vero? È vero.
Ulteriori passi verso l’escalation sono stati che i paesi occidentali hanno iniziato ad armare attivamente il regime di Kiev. A cosa si è arrivati? Prima della partecipazione diretta del personale militare degli eserciti dei paesi NATO a questo conflitto. Perché sappiamo cosa si fa e come lanciare veicoli marini senza pilota nel Mar Nero. Sappiamo chi è presente lì, da quali paesi europei della NATO e come svolgono questo lavoro.
Lo stesso vale per gli istruttori militari, non mercenari, ma personale militare. Lo stesso vale per l’uso di moderne armi ad alta precisione, tra cui missili come ATACMS, Storm Shadow e così via. Il personale militare ucraino non può farlo senza intelligence spaziale, sistemi di puntamento e software di fabbricazione occidentale, e solo con la partecipazione diretta di ufficiali della NATO.
Per quanto riguarda i nostri rapporti con la Repubblica Popolare Democratica di Corea: come sapete, oggi, a mio parere, è stato appena ratificato il nostro Accordo di partenariato strategico. C’è l’articolo n. 4 e non abbiamo mai dubitato che la leadership nordcoreana prendesse sul serio i nostri accordi. Ma cosa faremo e come lo faremo è già affar nostro, nell’ambito di questo articolo. Innanzitutto, dobbiamo condurre negoziati appropriati sull’attuazione dell’articolo 4 di questo trattato, ma siamo in contatto con i nostri amici nordcoreani e vedremo come si svilupperà questo processo.
In ogni caso, l’esercito russo sta agendo con sicurezza in tutte le direzioni, è anche ben noto, nessuno lo nega, e sta avanzando su tutte le sezioni della linea di contatto. Sta anche lavorando attivamente nella direzione di Kursk: alcune unità dell’esercito ucraino che hanno invaso la regione di Kursk sono bloccate e circondate, che sono circa duemila persone. Si stanno facendo tentativi di sbloccare questo gruppo dall’esterno e di sfondare dall’interno, finora senza successo. L’esercito russo ha iniziato a eliminare questo gruppo.
Quanto ai contatti con il signor Trump, è una cosa di cui si parla costantemente da più di un anno. Una volta hanno accusato noi e lo stesso Trump di avere a che fare con la Russia. Poi, a seguito di un’indagine negli Stati Uniti stessi, tutti sono giunti alla conclusione, anche al Congresso, secondo me, che questa è una totale assurdità, che non è mai successo niente del genere. Se non c’era prima, non c’è nemmeno adesso.
E il modo in cui saranno costruite le relazioni russo-americane dopo le elezioni dipenderà principalmente dagli Stati Uniti. Se gli Stati Uniti sono aperti a costruire relazioni normali con la Russia, allora faremo lo stesso. Se non vogliono, non lo facciano. Ma questa è una scelta per la futura Amministrazione.
Domanda: Buonasera!
Pavel Zarubin, canale televisivo Rossiya.
Posso continuare con l’argomento delle conversazioni con Trump? L’ex Presidente degli Stati Uniti, e ora candidato alla Presidenza degli Stati Uniti, ha anche affermato che in una delle conversazioni telefoniche con te, ti avrebbe minacciato di un colpo al centro di Mosca. È vero?
E in generale, posso minacciarti? Le minacce ti influenzano? E cosa pensi del fatto che in generale, nella grande politica, anche le conversazioni dei leader vengono sempre più spesso riversate nello spazio pubblico, se questa storia è vera?
E un’altra domanda, se possibile, sul summit dei BRICS: ti senti isolato ora? E non ti manca comunicare con i tuoi colleghi occidentali?
Grazie mille.
Vladimir Putin: La prima parte è se sia possibile minacciare. Si può minacciare chiunque. Minacciare la Russia è inutile, perché ci tira solo su il morale. Ma non ricordo una conversazione del genere con il signor Trump. Questa è una fase molto acuta della campagna elettorale negli Stati Uniti, e suggerisco che tali dichiarazioni non dovrebbero essere prese sul serio. Ma ciò che il signor Trump ha detto di recente, e ciò che ho sentito, è che vuole fare tutto il possibile per porre fine al conflitto in Ucraina, penso che lo intenda sinceramente. Naturalmente, accogliamo con favore tali dichiarazioni, indipendentemente da chi provengano.
Come sapete, riceviamo vari segnali dai nostri partner occidentali riguardo a possibili contatti. Non ci siamo chiusi fuori da questi contatti. E quando sentiamo che rifiutiamo, rifiuto qualsiasi conversazione, contatto, anche con i leader europei, voglio dirvi che questa è una bugia. Non ci arrendiamo, non ci siamo mai arresi e non ci arrendiamo ora. Se qualcuno vuole riprendere i rapporti con noi, per favore, ne parliamo sempre, ma non imponiamo .
Come potete vedere, viviamo, lavoriamo e ci sviluppiamo normalmente. La nostra economia sta crescendo. L’anno scorso avevamo il 3,4-3,6 percento, quest’anno sarà circa il 4-3,9 percento, forse lo sarà. L’economia della zona euro sta barcollando sull’orlo della recessione. Negli Stati Uniti, tuttavia, c’è crescita, sarà un po’ più del 3, secondo me, da qualche parte, probabilmente il 3,1-3,2 percento. Non è male in realtà. Ma ci sono comunque anche abbastanza problemi lì. E il deficit è in tre aree principali contemporaneamente: il deficit del commercio estero, il deficit della bilancia dei pagamenti e l’enorme debito, secondo me, 34 trilioni.
Abbiamo anche noi dei problemi, ma è meglio per noi non litigare tra di noi, non entrare in conflitto, ma pensare a come risolvere insieme questi problemi. Questo è esattamente ciò che stiamo facendo nel quadro dei BRICS.
: (come tradotto) Domanda Grazie mille.
Un giornalista camerunense.
Signor Presidente,
Il nostro team è appena tornato dal Donbass. Stiamo preparando un documentario per mostrare la realtà nel Donbass, per raccontare cosa significa per l’Africa.
Sappiamo, signor Presidente, che molti paesi africani sono ora vittime del terrorismo e di altre azioni che mirano a destabilizzare gli stati africani. Allo stesso tempo, vediamo che la Russia sta aiutando la Repubblica Centrafricana e altri paesi del Sahel. Prima di allora, altri paesi erano presenti lì, e solo dopo l’arrivo della Russia è stato possibile ottenere la stabilizzazione della situazione in molti di questi paesi. Quindi la mia domanda è questa: non è giunto il momento per la Russia di approfondire questo tipo di partnership non solo in campo militare, ma anche di sviluppare relazioni in altre aree con gli stati africani?
Grazie.
Vladimir Putin: Sì, sono totalmente d’accordo con te. Questo è il punto del nostro lavoro con i paesi partner dei BRICS. E creare una piattaforma di investimento nel quadro dei BRICS è il punto del nostro lavoro.
Noi crediamo che nel prossimo futuro – ho appena parlato con i miei colleghi nella fase finale del vertice odierno – i nostri esperti ritengono che le economie di paesi come Russia, Cina, Arabia Saudita e alcuni altri si svilupperanno a un buon ritmo progressivo e che lo sviluppo sarà positivo. Ma ci sono regioni del mondo in cui, a nostro avviso, lo sviluppo procederà a un ritmo molto elevato. Si tratta principalmente dei paesi dell’Asia meridionale e dell’Africa. È per questo scopo che abbiamo sollevato la questione della creazione di una nuova piattaforma di investimento utilizzando moderni strumenti elettronici nell’ambito dei BRICS. Per creare un sistema che possa essere – e questo, stranamente, può essere realizzato – non inflazionistico e creare condizioni per investimenti in grandi mercati in rapido sviluppo in tutte le regioni del mondo, tra cui, soprattutto, l’Africa.
Perché la pensiamo così? Penso, credo, che molte persone saranno d’accordo con me. Ci sono diverse ragioni per questo.
Primo, questi paesi stanno vivendo una grande crescita e una rapida crescita demografica. In Africa… Ieri ho parlato con il Primo Ministro dell’India: ci sono 10 milioni di persone lì ogni anno. Più 10 milioni di persone ogni anno: questo è un aumento della popolazione dell’India. E sta crescendo rapidamente in Africa.
In secondo luogo, queste regioni del mondo hanno ancora un basso livello di urbanizzazione, che però aumenterà notevolmente e le persone e i paesi si sforzeranno di raggiungere il tenore di vita di questi paesi a un ritmo più veloce rispetto, ad esempio, ad altre regioni del mondo, tra cui l’Europa.
Tutto questo e una serie di altri fattori suggeriscono che il tasso di crescita… sì, e l’accumulazione di capitale avverrà, e sta già accadendo. Tutto ciò suggerisce che si dovrebbe prestare particolare attenzione a queste regioni del mondo.
I miei colleghi e io stiamo negoziando e cercando di creare un gruppo di lavoro sulla base della New BRICS Development Bank per creare meccanismi per investimenti efficaci e affidabili in questi paesi. E credo che tutti ne trarranno beneficio: sia coloro che investono sia coloro che ricevono questi investimenti. Perché saranno create nuove strutture produttive, che daranno un ritorno sull’investimento.
Per fare questo, dobbiamo creare strumenti che non siano esposti a rischi esterni, principalmente per ragioni politiche. Penso che sia del tutto possibile farlo. Questa è la strada da seguire.
Grazie. Questa è una domanda molto importante.
Domanda: Ho letto la Dichiarazione finale dei BRICS, e parla della necessità di stabilità globale e regionale, sicurezza e di un mondo giusto. In generale, il motto della presidenza russa dei BRICS include concetti come, a mio parere, giustizia e sicurezza. Ma come si collega tutto questo alle vostre azioni negli ultimi due anni e mezzo, con l’invasione delle truppe russe in Ucraina? Dove sono la giustizia, la stabilità e la sicurezza, inclusa la sicurezza della Russia? Perché prima dell’inizio dell’SVO, non c’erano stati attacchi di droni sul territorio russo, nessun bombardamento di città russe, nessuna truppa straniera che occupava il territorio russo: questo non è successo.
E un’ultima cosa: come si collega tutto questo alla recente dichiarazione dell’intelligence britannica secondo cui la Russia si è posta l’obiettivo di scatenare il caos nelle strade della Gran Bretagna e dell’Europa con incendi, sabotaggi e così via? Dov’è la stabilità?
Grazie.
Vladimir Putin: Comincerò con la sicurezza della Russia, perché per me è la cosa più importante.
Hai parlato di attacchi con i droni e così via. Sì, non è successo, ma è stata una situazione molto peggiore. La situazione era che le nostre proposte costanti e persistenti di stabilire contatti e relazioni con i paesi del mondo occidentale ci venivano costantemente segnalate. Posso sicuramente dirtelo. Quindi tutto sembra essere affettuoso, ma in linea di principio ci è sempre stato mostrato il nostro posto.
E questo posto porterebbe in ultima analisi alla discesa della Russia nella categoria degli stati secondari che svolgono esclusivamente la funzione di appendici di materie prime con la perdita di un certo grado e in larga misura della sovranità del paese. E la Russia in questa veste non solo si sta sviluppando, non può esistere. La Russia non può esistere se perde la sua sovranità. Questa è la cosa più importante. La ripresa della Russia da questo stato, il rafforzamento della sua sovranità e indipendenza nell’economia, nelle finanze e nella sfera militare significa aumentare la nostra sicurezza e creare le condizioni per il suo sviluppo fiducioso in futuro come stato indipendente, pienamente sviluppato e autosufficiente, con quei partner che abbiamo nei BRICS che rispettano l’indipendenza della Russia e rispettano le nostre tradizioni e che trattiamo allo stesso modo.
Ora, per quanto riguarda l’equità e la sicurezza dello sviluppo, ho alcune idee su questo argomento e cercherò di risponderti. Ecco le mie idee.
Cos’è l’equità nello sviluppo? Guarda gli eventi più recenti, durante la pandemia di coronavirus. Cosa stava succedendo in quel momento? Vorrei attirare la vostra attenzione su questo, così come l’attenzione di tutti gli altri rappresentanti dei mass media. In quel momento, gli Stati Uniti avevano un’emissione di circa sei trilioni di dollari e la zona euro aveva un’emissione di circa tre trilioni di dollari, tre e un po’. E tutti questi fondi sono stati gettati sul mercato mondiale, comprando tutto di fila, prima di tutto il cibo, e non solo: sia i medicinali che i vaccini, che ora vengono distrutti su larga scala, perché sono già scaduti. Hanno buttato via tutto, e l’inflazione alimentare è iniziata, e l’inflazione è iniziata in tutto il mondo.
Cosa hanno fatto le principali economie mondiali? Hanno abusato della loro posizione esclusiva nella finanza globale, sia il dollaro che l’euro. Hanno stampato e spazzato via, come un aspirapolvere, dal mercato i beni più necessari. Loro consumano di più, tu consumi più di quanto produci e guadagni. È giusto? Noi crediamo di no, e vogliamo cambiare questa situazione. Questo è ciò che stiamo facendo nei BRICS.
Ora, per quanto riguarda la sicurezza in generale. Per quanto riguarda la sicurezza della Russia, l’ho già detto. So di cosa stai parlando. Ma è giusto dal punto di vista della sicurezza ignorare per anni i nostri continui appelli ai nostri partner di non espandere la NATO a est? È giusto mentirci in faccia, promettendo che non ci sarà tale espansione e violando i nostri impegni a farlo? È giusto entrare nel nostro “ventre oscuro”, diciamo, nella stessa Ucraina, e iniziare a costruire lì, non preparando, ma già costruendo basi militari? È giusto?
È giusto realizzare il colpo di stato che ho menzionato in risposta alla domanda del suo collega, ignorando il diritto internazionale e tutti i principi del diritto internazionale e della Carta delle Nazioni Unite, finanziando un colpo di stato in un altro paese, in questo caso in Ucraina, e spingendo la situazione verso il suo sviluppo nella direzione di una fase calda? È giusto dal punto di vista della sicurezza globale?
Ed è giusto violare i nostri impegni OSCE quando tutti i paesi occidentali hanno firmato un documento secondo il quale non può esserci sicurezza da una parte se viene violata la sicurezza dell’altra? Abbiamo detto: non fatelo, viola la nostra sicurezza, l’espansione della NATO. No, l’hanno fatto comunque. È giusto?
Qui non c’è giustizia e noi vogliamo cambiare questa situazione e ci riusciremo.
Un’ultima volta, un’altra volta?
Domanda: Riguardo all’affermazione dell’intelligence britannica secondo cui la Russia starebbe scatenando il caos nelle strade della Gran Bretagna.
Vladimir Putin: Ascoltami, grazie per avermi ricordato questa parte. Beh, questa è una totale assurdità.
Vedete, ciò che sta accadendo nelle strade di alcune città europee è il risultato della politica interna di questi stati. Ma sappiamo tutti, come ho già detto, che l’economia europea è sull’orlo della recessione e le principali economie della zona euro sono effettivamente in recessione. Se ci sarà una piccola crescita, lo 0,5 percento, sarà dovuta al sud, dove non c’è una produzione così seria, sarà dovuta al settore immobiliare, all’industria del turismo e così via. Ma è davvero colpa nostra? Cosa c’entra con noi?
I paesi occidentali ed europei hanno abbandonato le nostre fonti energetiche. Bene, noi non ci rifiutiamo. A proposito, c’è ancora una linea sotto il Mar Baltico: “Nord Stream – 2”. Quanto costa alle autorità tedesche? Basta cliccare sul pulsante e il gioco è fatto. Ma non lo fanno per motivi politici. E il loro partner più importante, non so per quali motivi, ha creato le condizioni per cui un intero ramo dell’economia tedesca si trasferisce negli Stati Uniti, perché lì le autorità creano condizioni più complementari per le aziende. Secondo me, i vettori energetici primari sono tre volte più economici lì che in Europa, o addirittura quattro volte più economici: condizioni fiscali diverse, azioni mirate. Ma cosa c’entra con noi?
Ciò provoca una reazione corrispondente, perché c’è una diminuzione del tenore di vita delle persone. Questo è ovvio, queste sono statistiche provenienti dagli stessi paesi europei. Ma cosa c’entra con noi? Be’, davvero? Sai, come diciamo, questo è un tentativo di spostare la colpa da una testa malata a una sana ed evitare la responsabilità per decisioni sbagliate nella sfera economica e nella sfera della politica interna.
In ambito economico, mi sembra che questa sia una cosa ovvia per gli esperti obiettivi, ma dopotutto, molti in Europa e in altri paesi, negli Stati Uniti, hanno abusato e stanno ancora cercando di abusare dell’agenda ambientale e dell’aumento della temperatura sul pianeta. Stanno correndo troppo, non avendo basi sufficienti per lo sviluppo delle tecnologie, stanno chiudendo tutto ciò che riguarda l’energia nucleare, stanno chiudendo tutto ciò che riguarda la produzione di carbone – lo era una volta, giusto? – stanno chiudendo tutto ciò che riguarda gli idrocarburi in generale.
Qualcuno ha fatto i calcoli? L’Africa riuscirà a fare a meno di questi tipi di idrocarburi o no? No. I paesi africani e alcuni altri paesi emergenti sono costretti a usare strumenti e tecnologie moderni, e forse anche ecologicamente efficienti. Ma non possono comprarli, non ci sono soldi. Bene, date loro soldi allora! E nessuno vi dà soldi. Ma d’altra parte, stanno rovinando gli strumenti, penso che siano strumenti del neocolonialismo, quando abbassano questi paesi e li costringono a dipendere di nuovo dalle tecnologie e dai prestiti occidentali. I prestiti vengono concessi a condizioni terribili, i prestiti non possono essere ripagati. Questo è un altro strumento del neocolonialismo.
Pertanto, dobbiamo prima guardare ai risultati delle politiche dei paesi occidentali nel campo dell’economia, della finanza e della politica interna. E le persone, naturalmente, hanno paura dell’aggravamento della situazione internazionale associata all’escalation in varie zone di conflitto: sia in Medio Oriente che in Ucraina. Ma non siamo coinvolti in questa escalation. L’aggravamento è sempre giocato da coloro che sono dall’altra parte.
Bene, siamo pronti per questa escalation. Pensate se i paesi che stanno facendo questo sono pronti.
Domanda: Arij Mohammed, corrispondente da Mosca per Sky News Arabia, Emirati Arabi Uniti.
Vladimir Vladimirovich, per favore dimmi: ci sono diversi resoconti che dicono che Mosca potrebbe fornire supporto all’Iran in caso di un attacco israeliano. Cosa pensi di questi messaggi? Riflettono l’essenza delle cose? La Russia considera almeno di aiutare in questa fase di escalation nella regione?
Grazie.
Vladimir Putin: Innanzitutto, siamo molto preoccupati per ciò che sta accadendo nella regione. E non importa cosa dica chiunque, la Russia non ha alcun interesse a peggiorare il conflitto. Strategicamente, non guadagneremo nulla da questo, vedremo solo ulteriori problemi.
Per quanto riguarda l’aiuto all’Iran, prima di tutto, siamo in contatto con la leadership iraniana, ovviamente, a stretto contatto, e vediamo il nostro ruolo nel creare le condizioni per risolvere la situazione e, soprattutto, nel trovare compromessi reciproci. Mi sembra che questo sia possibile. Nessuno nella regione, e le mie conversazioni ora a margine del vertice BRICS dimostrano che nessuno nella regione vuole un’espansione del conflitto e una grande guerra, nessuno.
Domanda: Caro Vladimir Vladimirovich,
Sono Tursunbek Akun, originario del Kirghizistan, presidente dell’organizzazione per i diritti umani del Kirghizistan, coordinatore del Congresso sui diritti umani in Asia centrale. Rappresento non solo il Kirghizistan, ma anche il pubblico dei paesi dell’Asia centrale.
Innanzitutto, mi congratulo con voi per aver tenuto il vertice dei BRICS ad alto livello. Come altre persone in tutto il mondo, non vi invidio per il fatto che siete il Presidente della Federazione Russa. Questo è il fardello più pesante, ma non importa quanto sia pesante, lo portate con onore.
Per circa tre anni, l’Occidente ha voluto separare la Russia dal resto del mondo, ma oggi questo obiettivo si è concluso in un fiasco completo. Ciò è confermato dai risultati del vertice BRICS, dove la vostra posizione politica e statale è stata sostenuta da circa 35 paesi, e il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres e altre organizzazioni internazionali sono venuti a questo vertice.
Oggi, eventi storici hanno avuto luogo sul suolo russo, a Kazan, dove un mondo multipolare ha già preso il sopravvento. Il mondo unipolare guidato dagli Stati Uniti sta gradualmente perdendo importanza e terreno. Alla riunione dei leader BRICS Plus, sono state discusse questioni complesse del Medio Oriente. Nonostante la risoluzione ONU, Israele non si conforma in alcun modo e ignora apertamente le decisioni ONU. Ha persino dichiarato il Segretario generale ONU persona non grata. Poi l’Iran ha lanciato un massiccio attacco contro Israele, e ora Israele sta annunciando azioni di ritorsione. Secondo fonti aperte, si sta preparando a bombardare gli impianti petroliferi e nucleari dell’Iran.
Ho una domanda e un suggerimento. Le forze militari statunitensi sono in servizio nel Golfo Persico per aiutare Israele. Gli stati membri dei BRICS, sotto la presidenza russa, dovrebbero resistere al dominio unilaterale degli Stati Uniti e di Israele e dare una risposta decente alle loro azioni se iniziano una guerra contro altri stati? Non solo le navi da guerra statunitensi dovrebbero essere in servizio al largo delle coste del Golfo Persico, ma anche le navi russe e di altri stati membri dei BRICS dovrebbero essere in servizio contemporaneamente per aiutare l’Iran, la Palestina e il Libano. Solo in questo caso, l’arbitrarietà degli Stati Uniti e di Israele verrà fermata.
E la seconda domanda, caro Vladimir Vladimirovich. Gli Stati Uniti d’America e l’Occidente sono decisi a denigrarti ancora una volta, perché il presidente russo Putin si rifiuta di negoziare. Hai annunciato le tue richieste e condizioni prima del vertice svizzero di Zelensky, ma loro non sono stati d’accordo. Le tue richieste sono ancora nella stessa forma? Non ti sei rifiutato di negoziare, vero?”
Vladimir Putin: Il mio collega mi ha appena chiesto dei nostri rapporti con l’Iran, della nostra disponibilità a fornire assistenza e così via.
La prima riguarda la situazione in Medio Oriente. L’ho detto oggi e voglio ripeterlo qui. Non credo che ci sia nessuno sulla terra il cui cuore non sanguini quando guarda cosa sta succedendo a Gaza. Sono morte circa quarantamila persone, per lo più donne e bambini. Quindi, qui la nostra valutazione è nota, dato come uscire dalla situazione. Stiamo anche parlando di questo. Questo può essere solo sulla strada per eliminare le cause. E la ragione principale è la mancanza di uno Stato di Palestina a pieno titolo, a pieno titolo. Dobbiamo attuare tutte le decisioni del Consiglio di sicurezza in quest’area.
Ma dobbiamo lavorare con tutti i partecipanti al processo e in nessun caso permettere che il conflitto cresca e peggiori. In particolare, dobbiamo lavorare con Israele, che, bisogna ammetterlo, ha comunque dovuto affrontare un attacco terroristico nell’ottobre dell’anno scorso.
Pertanto, dobbiamo analizzare la situazione con molta calma e attenzione, e in nessun caso tollerare risposte sproporzionate a questi atti terroristici, ma lavorare con tutti e ottenere una riduzione del livello di scontro, anche sulla pista libanese. Mi sembra che in generale questo sia possibile, ma bisogna agire con molta attenzione. Francamente, ho solo paura di dire una parola in più, perché ogni parola sciatta può danneggiare questo processo. In generale, vorrei ringraziarvi per aver sollevato questo argomento, perché è estremamente importante.
Per quanto riguarda i negoziati con l’Ucraina, l’ho già detto molte volte. Siamo grati al Presidente della Turchia, il signor Recep Tayyip Erdogan, che una volta ci ha fornito una piattaforma per i negoziati con la delegazione ucraina. Durante questo processo di negoziazione, alla fine del 2022, abbiamo elaborato un possibile documento, una bozza di accordo di pace, e la delegazione ucraina l’ha siglato, il che significa che andava tutto bene, e poi improvvisamente ha rifiutato.
Di recente, ancora una volta, la parte turca, un assistente del signor Erdogan, ha chiamato direttamente da New York e ha detto che ci sono nuove proposte che stanno chiedendo di prendere in considerazione per i negoziati. Ho accettato e ho detto: OK, siamo d’accordo. Il giorno dopo, il capo del regime di Kiev ha improvvisamente annunciato che non avrebbero tenuto alcun negoziato con noi. Abbiamo detto ai turchi: ragazzi, grazie, ovviamente, per la vostra partecipazione, ma prima vi occuperete dei vostri clienti, poi, che lo vogliano o no, lasciate che lo dicano direttamente. Per quanto ne sappiamo, lì in parlamento di nuovo non c’era una proposta di pace, ma una specie di altro piano, un “piano di vittoria”. Bene, bene.
Per quanto riguarda la vittoria: l’anno scorso, quando si è tentato di condurre le cosiddette operazioni di controffensiva, le perdite, a mio parere, ammontavano a circa 16 mila persone, queste sono sanitarie e irrevocabili. Ora, solo nell’ultimo mese circa, nella direzione di Kursk, a mio parere, ci sono già 26 mila perdite, 26 mila, anche sanitarie e irrevocabili. E l’anno scorso, durante la controffensiva, i tecnici hanno perso, a mio parere, temo di mentire, qualcosa come 18 mila veicoli. Ora sono quasi mille in più. Tuttavia, i carri armati hanno perso meno di quasi cento. Ma mi sembra che siano stati semplicemente utilizzati di meno, perché semplicemente ce n’erano meno nell’esercito ucraino.
Ma sarebbe meglio, ovviamente, sedersi al tavolo delle trattative e condurre queste trattative in base alle realtà e agli sviluppi sul campo. Ma i leader del regime di Kiev non vogliono farlo. Penso che ciò sia dovuto anche al fatto che l’inizio dei colloqui di pace porterebbe alla necessità di revocare la legge marziale, e le elezioni presidenziali dovrebbero tenersi subito dopo. A quanto pare, non sono ancora pronti. La palla è dalla loro parte.
Domanda: Dimmi, cosa sei pronto a fare per porre fine alla guerra in Ucraina e per cosa non sei pronto?
Grazie.
Vladimir Putin: Ho appena detto: siamo pronti a considerare qualsiasi opzione per accordi di pace, in base alle realtà che si stanno sviluppando sul campo. E non sono pronto per nient’altro.
: (come tradotto) Domanda Grazie mille, signor Presidente.
Vengo dall’Arabia Saudita.
Il gruppo BRICS ha probabilmente già superato la fase in cui veniva definito piattaforma. E ora può essere definito gestione centralizzata?
Penso che allo stadio attuale, i BRICS abbiano già bisogno di una qualche forma di amministrazione o organismo centralizzato per diventare una specie di centro per la gestione dei contatti in tutto il mondo. E, ad esempio, un paese che detiene la presidenza dei BRICS oggi potrebbe essere sostituito domani da un altro paese che potrebbe essere meno efficace nel suo approccio.
E il secondo punto è che la Russia vorrebbe creare un meccanismo del genere per l’interazione con i suoi partner. Una Banca centrale o una Nuova banca creata può interagire con altre banche in altri paesi, con banche simili? Quindi ora dobbiamo creare fondi che siano correlati a investimenti reciproci.
E l’ultima domanda: ha preso in considerazione la questione dell’adesione dell’Arabia Saudita ai BRICS?
Grazie.
Vladimir Putin: Innanzitutto, riguarda il lavoro organizzativo all’interno dei paesi BRICS. Sì, certo, ora è un’organizzazione, questo è un fatto ovvio. E hai assolutamente ragione quando dici che dobbiamo strutturare il lavoro di questa organizzazione. E naturalmente, i miei colleghi e io ci penseremo e lo faremo. Ma in generale, ognuno dei paesi partecipanti è autosufficiente e sinceramente, voglio sottolinearlo, sinceramente si impegna per lo sviluppo e il rafforzamento di questa unione. Quindi non penso che ci saranno fallimenti nel lavoro BRICS. Non lo vedo.
Ma allo stesso tempo, non vorremmo burocratizzare eccessivamente il lavoro di questa organizzazione, in modo da avere funzionari che guideranno auto di lusso, personale infinito, grandi stipendi e poi non è affatto chiaro chi fa cosa lì. Ma hai ragione quando dici che dobbiamo strutturare questo lavoro, ovviamente, e dobbiamo pensarci.
Per quanto riguarda la banca, ho già detto che abbiamo una New Development Bank. È ancora piccola. Ha finanziato 100 progetti per un totale di circa 32-33 miliardi di dollari. Per quanto riguarda il processo di investimento, questa è una cosa molto importante e per paesi come l’Arabia Saudita, la Russia e altri paesi, la Cina, l’India, è molto importante poter investire in modo affidabile e sicuro in mercati in rapida crescita. Questa è una cosa estremamente importante. Queste sono le nostre proposte per creare una nuova piattaforma di investimento.
Per quanto riguarda l’Arabia Saudita, naturalmente, siamo in ottimi contatti con il nostro amico, il Principe ereditario, e abbiamo una relazione meravigliosa con il Custode dei Due Luoghi Santi, il Re dell’Arabia Saudita. Oggi, i rappresentanti dell’Arabia Saudita hanno preso parte al nostro lavoro congiunto. Ci auguriamo che continui ad espandersi.
: (come tradotto) Domanda Mi chiamo Bianca, sono corrispondente di GloboNews, la principale rete televisiva del Brasile.
Una domanda sul Venezuela. Ieri hai ringraziato il presidente Nicolas Maduro per tutti i suoi sforzi, inclusa la sua partecipazione ai BRICS, ma il Brasile è contrario. Vorrei sapere da che parte sta la Russia e se il Venezuela può unirsi ai BRICS anche contro la volontà del Brasile.
E una domanda sull’Ucraina. Hai anche ringraziato Brasile e Cina per i loro sforzi per risolvere il conflitto in Ucraina lungo un percorso politico. Vorrei chiedere, da uno a dieci, quali sono le possibilità che questo piano di pace abbia successo in Ucraina? E cosa è assolutamente inaccettabile, dal tuo punto di vista?
Grazie.
Vladimir Putin: Innanzitutto, per quanto riguarda le possibilità. Sai, è difficile per me, penso che sia persino inappropriato nominare numeri e punteggi da uno a dieci, anche perché… non voglio sembrare maleducato, ma il fatto di provare ad avviare negoziati e poi rifiutare questi tentativi… ti ho detto che l’Alto rappresentante turco ci ha chiamato direttamente da New York. E prima di allora, era la stessa cosa, e prima ancora, la Turchia ha anche preso l’iniziativa riguardo alla situazione nel Mar Nero – per garantire una sicura libertà di navigazione, per parlare e concludere determinati accordi e accordi sulla sicurezza degli impianti nucleari. E abbiamo accettato. E poi il capo del regime di Kiev ha dichiarato pubblicamente: niente negoziati. Abbiamo anche detto ai nostri amici turchi: ascoltate, risolverete la cosa lì, ci offrite un collegamento con loro, accettiamo, e poi sentiamo un rifiuto in un giorno – cosa dovrebbe significare? Allargano le mani così: ecco quanto sono difficili i partner così.
Perché dico che è molto difficile valutare in punti da uno a dieci? Il comportamento dell’élite ucraina oggi è molto irrazionale. Credimi, sto parlando di ciò che so. Non ti darò altre valutazioni in questo momento. Ad esempio, credo che persino le loro provocazioni nell’area di Kursk siano collegate a tentativi di interferire nella situazione politica interna e nel processo elettorale negli Stati Uniti. Vogliono a tutti i costi dimostrare all’attuale amministrazione e agli elettori dell’attuale amministrazione, questo partito, che i loro investimenti in Ucraina non sono stati vani. Con tutti i mezzi e a qualsiasi costo, anche a costo della vita dei loro soldati. Lavorano per loro, non per gli interessi del popolo ucraino. Pertanto, è molto difficile, quasi impossibile, valutare in alcuni punti.
Ora, per quanto riguarda il Brasile, la valutazione del Brasile su ciò che sta accadendo in Venezuela. Conosciamo queste valutazioni, e la nostra posizione sul Venezuela non coincide con quella del Brasile. Ne parlo apertamente, e ne ho parlato al telefono l’altro ieri con il Presidente del Brasile, con cui ho relazioni molto buone e, credo, amichevoli.
Il Venezuela sta lottando per la sua indipendenza, per la sua sovranità. Una volta, mi ricordo, il leader dell’opposizione è venuto in piazza dopo le elezioni precedenti, ha alzato gli occhi al cielo e ha detto che si considerava Presidente davanti al Signore. Divertente.
E poi abbiamo discusso di questa situazione con la leadership degli Stati Uniti. Bene, hanno sostenuto e sostengono ancora l’opposizione, ma sono rimasti modestamente in silenzio, hanno sorriso, e questo è tutto. Chiaramente, questo è ridicolo, giusto? Chiunque può uscire, alzare gli occhi al cielo e dichiararsi chiunque, incluso il Papa. Ma non succede neanche in questo modo. Non deve essere per forza così. Ci sono certe procedure di natura selettiva. Andate alle urne e vincete.
Crediamo che il Presidente Maduro abbia vinto le elezioni, ha vinto lealmente. Ha formato un governo. E auguriamo successo al suo Governo e al popolo venezuelano.
Ma spero vivamente che Brasile e Venezuela capiscano le loro relazioni bilaterali durante una discussione bilaterale. Conosco il Presidente Lulu come una persona molto perbene e onesta e sono sicuro che affronterà questa situazione da tali posizioni, da posizioni di natura oggettiva. E mi ha chiesto di trasmettere alcune parole al Presidente del Venezuela durante la nostra conversazione telefonica. Spero che la situazione si stabilizzi.
Per quanto riguarda l’ammissione del Venezuela o di qualsiasi altro stato ai BRICS, vorrei dire che ciò è possibile solo per consenso. Abbiamo una regola secondo cui per accettare qualsiasi candidato per questa organizzazione, l’associazione BRICS, è necessario il consenso di tutti i partecipanti di questa associazione. Senza questo, è impossibile fare un passo del genere.
Per favore non arrabbiarti, ma i miei colleghi mi stanno aspettando a un incontro bilaterale. Ho una scelta molto difficile tra discutere con te e andare lì. Mi dispiace, per favore non arrabbiarti con me.
Grazie mille. [La mia enfasi]
Le prostitute dei media BigLie dell’impero fuorilegge statunitense spiccano come grandi bolle di pelle sul naso in queste situazioni. Putin ha risposto loro in modo molto corretto usando le molte verità che sono dalla parte della Russia nonostante gli sforzi dei media BigLie e dei loro padroni di cancellare quelle verità.
A mio parere, Tursunbek Akun del Kirghizistan ha posto la domanda migliore alla conferenza stampa e ha proposto un’eccellente soluzione. Chiaramente avrebbe potuto essere più audace, e lo ha fatto rispetto ad altri membri dei media, nessuno dei quali promuoverò al suo livello come pari. Si potrebbe dire che Putin aveva pianificato di tenere le riunioni a margine dopo un’ora di conferenza stampa perché prevedeva tali antagonismi causati da BigLie Media. Quante volte puoi dare un calcio verbale all’inguine a questi presstitute prima che diventi noioso? Devono continuare a soffrire dopo essere stati trollati così spietatamente dalle truppe russe che hanno issato la bandiera della RPDC accanto al tricolore russo in cima a un cumulo di scorie vicino a Pokrovsk.
Putin ha dimostrato di essere consapevole della crescente burocrazia dei BRICS e li ha paragonati ai vuoti abiti dell’UE o della NATO senza nominarli come tali. Ci sono stati alcuni esempi dell’umorismo di Putin che spero i lettori abbiano notato senza che io lo chiedessi. Chiaramente, c’è ancora molto lavoro da fare nel menu dei BRICS e molti sono scettici sul fatto che il Brasile segua la Russia come presidente a causa della politica interna brasiliana, come riflesso dalla situazione con il Venezuela e dalla questione “medica” di Lula che lo ha tenuto lontano da Kazan. Ciò che non mi è chiaro è lo stato di appartenenza dell’Arabia Saudita, poiché ha annunciato il 2 gennaio 2024 che si sarebbe unita ai BRICS e ora non è elencata come membro in diversi organi di stampa, sebbene non ci siano articoli sul suo ritiro. Quindi, quello che avrebbe dovuto essere un BRICS+ di 11 membri ora ne ha solo 9. Forse la mancanza di giudizio che ha causato quel risultato è la vera ragione per cui non si sta verificando un’ulteriore espansione. A questo proposito, anche il ritiro della domanda dell’Algeria deve essere notato ed esaminato più a fondo. Le organizzazioni consensuali spesso non durano a lungo perché l’acrimonia interna inibisce la capacità di lavorare in modo efficiente, ottenere risultati e andare avanti. Sia Putin che Xi hanno mostrato un volto coraggioso di solidarietà interna, ma è questa la realtà? Un’altra domanda mi è venuta in mente ieri: quanto ammontano le quote associative e quanto devono aumentare per impiegare la burocrazia che si sta formando? C’è pochissima trasparenza su questa domanda, come ho appena scoperto nei miei tentativi di risposta.
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1. Noi, leader dei paesi BRICS, ci siamo incontrati a Kazan, Federazione Russa, dal 22 al 24 ottobre 2024 per il XVI Summit BRICS tenutosi sul tema: ”Rafforzare il multilateralismo per uno sviluppo e una sicurezza globali giusti”.
2. Ribadiamo l’importanza di rafforzare ulteriormente la solidarietà e la cooperazione BRICS sulla base dei nostri interessi comuni e delle nostre priorità chiave e di rafforzare ulteriormente la nostra partnership strategica.
3. Riaffermiamo il nostro impegno nei confronti dello spirito BRICS di rispetto e comprensione reciproci, uguaglianza sovrana, solidarietà, democrazia, apertura, inclusività, collaborazione e consenso. Mentre ci basiamo su 16 anni di Summit BRICS, ci impegniamo ulteriormente a rafforzare la cooperazione nei BRICS espansi sotto i tre pilastri della cooperazione politica e di sicurezza, economica e finanziaria, culturale e interpersonale e a rafforzare la nostra partnership strategica a beneficio del nostro popolo attraverso la promozione della pace, un ordine internazionale più rappresentativo e più equo, un sistema multilaterale rinvigorito e riformato, sviluppo sostenibile e crescita inclusiva.
4. Elogiamo la presidenza russa dei BRICS per aver ospitato un dialogo “outreach”/”BRICS Plus” con la partecipazione di EMDC provenienti da Africa, Asia, Europa, America Latina e Medio Oriente sotto il motto: “BRICS e Sud del mondo: costruire insieme un mondo migliore” a Kazan il 24 ottobre 2024.
5. Accogliamo con favore il notevole interesse dei paesi del Sud del mondo nei BRICS e sosteniamo le modalità della categoria dei paesi partner dei BRICS. Crediamo fermamente che estendere la partnership dei BRICS con gli EMDC contribuirà ulteriormente a rafforzare lo spirito di solidarietà e la vera cooperazione internazionale a beneficio di tutti. Ci impegniamo a promuovere ulteriormente lo sviluppo istituzionale dei BRICS.
Rafforzare il multilateralismo per un ordine mondiale più giusto e democratico
6. Notiamo l’emergere di nuovi centri di potere, decisioni politiche e crescita economica, che possono aprire la strada a un ordine mondiale multipolare più equo, giusto, democratico ed equilibrato. La multipolarità può ampliare le opportunità per gli EMDC di sbloccare il loro potenziale costruttivo e godere di una globalizzazione e cooperazione economica universalmente vantaggiosa, inclusiva ed equa. Tenendo presente la necessità di adattare l’attuale architettura delle relazioni internazionali per riflettere meglio le realtà contemporanee, riaffermiamo il nostro impegno per il multilateralismo e il rispetto del diritto internazionale, compresi gli Scopi e i Principi sanciti nella Carta delle Nazioni Unite (ONU) come sua pietra angolare indispensabile, e il ruolo centrale dell’ONU nel sistema internazionale, in cui gli stati sovrani cooperano per mantenere la pace e la sicurezza internazionale, promuovere lo sviluppo sostenibile, garantire la promozione e la protezione della democrazia, dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tutti, nonché la cooperazione basata sulla solidarietà, il rispetto reciproco, la giustizia e l’uguaglianza. Sottolineiamo inoltre l’urgente necessità di raggiungere una rappresentanza geografica equa e inclusiva nella composizione del personale del Segretariato delle Nazioni Unite e di altre organizzazioni internazionali in modo tempestivo.
7. Ribadiamo il nostro impegno a migliorare la governance globale promuovendo un sistema internazionale e multilaterale più agile, efficace, efficiente, reattivo, rappresentativo, legittimo, democratico e responsabile. Chiediamo di garantire una partecipazione maggiore e più significativa degli EMDC e dei paesi meno sviluppati, in particolare in Africa, America Latina e nei Caraibi, nei processi e nelle strutture decisionali globali e di renderli più in sintonia con le realtà contemporanee. Chiediamo inoltre di aumentare il ruolo e la quota di donne, in particolare degli EMDC, a diversi livelli di responsabilità nelle organizzazioni internazionali. Come passo positivo in questa direzione, riconosciamo la chiamata all’azione del G20 sulla riforma della governance globale lanciata dal Brasile durante la sua presidenza del G20. Riconosciamo inoltre dialoghi e partnership che rafforzano la cooperazione con il continente africano come il Summit del Forum sulla cooperazione Cina-Africa, il Summit del Forum India-Africa, il Summit Russia-Africa e la Conferenza ministeriale.
8. Riconoscendo la Dichiarazione di Johannesburg II del 2023, riaffermiamo il nostro sostegno a una riforma completa delle Nazioni Unite, incluso il suo Consiglio di sicurezza, al fine di renderlo più democratico, rappresentativo, efficace ed efficiente e di aumentare la rappresentanza dei paesi in via di sviluppo tra i membri del Consiglio in modo che possa rispondere adeguatamente alle sfide globali prevalenti e supportare le legittime aspirazioni dei paesi emergenti e in via di sviluppo di Africa, Asia e America Latina, inclusi i paesi BRICS, a svolgere un ruolo maggiore negli affari internazionali, in particolare nelle Nazioni Unite, incluso il suo Consiglio di sicurezza. Riconosciamo le legittime aspirazioni dei paesi africani, riflesse nel Consenso di Ezulwini e nella Dichiarazione di Sirte.
9. Riaffermiamo il nostro sostegno al sistema commerciale multilaterale basato su regole, aperto, trasparente, equo, prevedibile, inclusivo, equo, non discriminatorio e basato sul consenso con l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) al suo centro, con trattamento speciale e differenziato (S&DT) per i paesi in via di sviluppo, compresi i paesi meno sviluppati e respingiamo le misure restrittive commerciali unilaterali che sono incoerenti con le regole dell’OMC. Accogliamo con favore i risultati della 13a conferenza ministeriale ad Abu Dhabi (EAU) e ribadiamo il nostro impegno a lavorare per l’attuazione delle decisioni e delle dichiarazioni delle conferenze ministeriali dell’OMC. Notiamo tuttavia che c’è ancora bisogno di ulteriori sforzi in molte questioni in sospeso. Sottolineiamo l’importanza di riformare l’OMC e rafforzare la dimensione di sviluppo nel suo lavoro. Ci impegniamo a impegnarci in modo costruttivo all’interno dell’OMC per raggiungere l’obiettivo di fornire un sistema di risoluzione delle controversie vincolante a due livelli dell’OMC pienamente funzionante entro il 2024 accessibile a tutti e la selezione di nuovi membri dell’organo di appello senza ulteriori indugi. Accettiamo di migliorare il nostro dialogo sul sistema commerciale multilaterale e sulle questioni relative al WTO e accogliamo con favore l’istituzione del BRICS Informal Consultative Framework sulle questioni del WTO. Ribadiamo la decisione presa nell’ambito della Strategia per il partenariato economico BRICS 2025 di adottare misure per supportare la necessaria riforma del WTO per migliorare la resilienza, l’autorità e l’efficacia del WTO e promuovere lo sviluppo e l’inclusività.
10. Siamo profondamente preoccupati per l’effetto dirompente di misure coercitive unilaterali illecite, tra cui sanzioni illegali, sull’economia mondiale, sul commercio internazionale e sul raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile. Tali misure minano la Carta delle Nazioni Unite, il sistema commerciale multilaterale, gli accordi sullo sviluppo sostenibile e sull’ambiente. Hanno inoltre un impatto negativo sulla crescita economica, sull’energia, sulla salute e sulla sicurezza alimentare, esacerbando la povertà e le sfide ambientali.
11. Riaffermiamo il nostro impegno a mantenere una rete di sicurezza finanziaria globale forte ed efficace con al centro un FMI basato su quote e dotato di risorse adeguate. Chiediamo la riforma delle istituzioni di Bretton Woods, che includa una maggiore rappresentanza degli EMDC nelle posizioni di leadership per riflettere il contributo degli EMDC all’economia globale. Sosteniamo un processo di selezione basato sul merito, inclusivo ed equo per le posizioni di vertice nelle istituzioni di Bretton Woods, una maggiore rappresentanza geografica e il ruolo e la quota delle donne. Prendiamo atto dell’aumento delle quote alla 16a revisione generale delle quote (GRQ) e sollecitiamo i membri a ottenere le approvazioni nazionali per rendere efficace l’aumento delle quote. Accogliamo con favore la decisione di creare un 25° presidente presso il Consiglio esecutivo del FMI per migliorare la voce e la rappresentanza dell’Africa subsahariana. Riconosciamo l’urgenza e l’importanza del riallineamento delle quote per riflettere meglio le posizioni relative dei membri nell’economia mondiale, proteggendo al contempo le quote degli EMDC, in particolare, i membri più poveri. Accogliamo con favore il lavoro in corso del Consiglio esecutivo dell’FMI per sviluppare entro giugno 2025 possibili approcci come guida per un ulteriore riallineamento delle quote, anche attraverso una nuova formula delle quote, ai sensi del 17° GRQ. Le discussioni dovrebbero portare a un riallineamento delle quote equo e trasparente, che migliori la rappresentanza dei membri dell’FMI sottorappresentati e trasferisca la quota di quote dalle economie avanzate ai paesi emergenti e sviluppati. Attendiamo con ansia la revisione azionaria della Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo (IBRD) del 2025.
12. Riconosciamo il ruolo cruciale dei BRICS nel processo di miglioramento del sistema monetario e finanziario internazionale (IMFS), al fine di renderlo più reattivo alle esigenze di tutti i paesi. A questo proposito, prendiamo nota della ricerca della presidenza BRICS sul miglioramento dell’IMFS, che delinea i principi fondamentali di sicurezza, indipendenza, inclusione e sostenibilità cruciali per la prosperità economica e sociale. Incoraggiamo i nostri ministri delle finanze e i governatori delle banche centrali/nazionali a continuare questo lavoro.
13. Sottolineiamo la natura universale e inclusiva dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e dei suoi Obiettivi di sviluppo sostenibile, e che l’attuazione dovrebbe tenere conto delle diverse circostanze nazionali, capacità e livelli di sviluppo, nel rispetto delle politiche e delle priorità nazionali e in conformità con la legislazione nazionale. Faremo tutti gli sforzi per raggiungere lo sviluppo sostenibile nelle sue tre dimensioni e ci impegniamo a metterlo al centro dell’agenda della cooperazione internazionale al fine di affrontare meglio gli squilibri e le inadeguatezze dello sviluppo. Condanniamo i tentativi di sottoporre lo sviluppo a pratiche discriminatorie motivate politicamente, tra cui, ma non solo, misure coercitive unilaterali incompatibili con i principi della Carta delle Nazioni Unite, condizionalità politica esplicita o implicita dell’assistenza allo sviluppo, attività, volte a compromettere la molteplicità di fornitori internazionali di assistenza allo sviluppo.
14. Sottolineiamo il ruolo chiave del G20 come principale forum globale per la cooperazione economica e finanziaria multilaterale che fornisce una piattaforma per il dialogo tra economie sviluppate ed emergenti su un piano di parità e reciprocamente vantaggioso per cercare congiuntamente soluzioni condivise alle sfide globali. Riconosciamo l’importanza del funzionamento continuo e produttivo del G20, basato sul consenso con un focus sui risultati orientati ai risultati. Sosteniamo la Global Alliance against Hunger and Poverty e il lavoro della Task Force for a Global Mobilization against Climate Change, nonché la storica Dichiarazione di Rio de Janeiro sulla cooperazione fiscale internazionale. Attendiamo con ansia l’organizzazione di successo del summit dei leader del G20 a Rio de Janeiro nel novembre 2024 sotto la presidenza brasiliana e riaffermiamo la nostra volontà di coordinare le nostre posizioni per migliorare l’inclusività e amplificare la voce del Sud del mondo e integrare ulteriormente le loro priorità nell’agenda del G20 attraverso le presidenze consecutive del G20 degli stati membri BRICS, India, Brasile e Sud Africa, durante il 2023-2025 e oltre. A questo proposito, accogliamo e sosteniamo anche l’inclusione dell’Unione Africana come membro del G20 al G20 New Delhi Summit nel 2023.
15. Ribadiamo che gli obiettivi, i principi e le disposizioni della Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC), del suo Protocollo di Kyoto e del suo Accordo di Parigi, compresi i suoi principi di equità e responsabilità comuni ma differenziate e rispettive capacità (CBDR-RC) alla luce delle diverse circostanze nazionali, devono essere onorati. Condanniamo le misure unilaterali introdotte con il pretesto di preoccupazioni climatiche e ambientali e ribadiamo il nostro impegno a migliorare il coordinamento su queste questioni. Rafforzeremo la cooperazione su un’intera gamma di soluzioni e tecnologie che contribuiscono alla riduzione e all’eliminazione dei gas serra (GHG). Notiamo inoltre il ruolo dei pozzi di carbonio nell’assorbimento dei GHG e nella mitigazione dei cambiamenti climatici, evidenziando al contempo l’importanza dell’adattamento e sottolineando la necessità di un’adeguata fornitura di mezzi di attuazione, vale a dire risorse finanziarie, trasferimento di tecnologia e rafforzamento delle capacità.
16. Ricordiamo che l’UNFCCC, comprese le sessioni annuali della Conferenza delle Parti (COP), è il principale e legittimo forum internazionale per discutere la questione dei cambiamenti climatici in tutte le sue dimensioni. Siamo profondamente preoccupati per i tentativi di collegare la sicurezza all’agenda dei cambiamenti climatici. Vogliamo elogiare l’Egitto per aver ospitato la COP27 a Sharm El-Sheikh nel 2022, dove è stato istituito il Fondo per rispondere alle perdite e ai danni, e gli Emirati Arabi Uniti per aver ospitato la COP28 a Dubai nel 2023, dove il Fondo è diventato operativo. Accogliamo con favore il Consenso degli Emirati Arabi Uniti raggiunto alla COP28, inclusa la decisione intitolata “Risultato del primo inventario globale” e il Quadro degli Emirati Arabi Uniti per la resilienza climatica globale. Esprimiamo il nostro impegno per una COP29 di successo in Azerbaigian, con l’aspettativa di risultati solidi in materia di finanziamenti per il clima nei paesi in via di sviluppo, come fattore critico per realizzare le attuali e future azioni e ambizioni determinate a livello nazionale in materia di mitigazione, adattamento e perdite e danni. Sosteniamo la leadership del Brasile nell’ospitare la COP30 nel 2025 e accogliamo con favore la candidatura dell’India a ospitare la COP33 nel 2028.
17. Riaffermiamo l’importanza della conservazione della biodiversità, inclusa l’implementazione del Quadro globale per la biodiversità di Kunming-Montreal. Esortiamo i paesi sviluppati a garantire la fornitura di risorse finanziarie adeguate, efficaci e facilmente accessibili ai paesi in via di sviluppo per promuovere la conservazione e l’uso sostenibile della biodiversità. Sottolineiamo l’importanza di migliorare la creazione di capacità, lo sviluppo e il trasferimento di tecnologia dai paesi sviluppati ai paesi in via di sviluppo per la conservazione, l’uso sostenibile e la condivisione giusta ed equa dei benefici derivanti dall’uso della biodiversità.
18. Riconosciamo che il degrado del suolo, la desertificazione e la siccità rappresentano gravi minacce per il benessere e i mezzi di sussistenza delle persone e dell’ambiente e, pur riconoscendo gli sforzi in corso per promuovere pratiche di gestione sostenibile del territorio, chiediamo l’urgente fornitura di maggiori risorse finanziarie, solide partnership e politiche integrate per affrontare le sfide del degrado del suolo, della desertificazione e della siccità. A questo proposito, attendiamo con ansia la prossima sedicesima sessione della Convenzione delle Nazioni Unite per combattere la desertificazione (UNCCD COP16) che si terrà a Riyadh, in Arabia Saudita, dal 2 al 13 dicembre 2024.
19. Alla luce degli sforzi globali per affrontare la sfida della scarsità d’acqua globale, diamo il benvenuto agli Emirati Arabi Uniti e al Senegal per aver co-ospitato la Conferenza delle Nazioni Unite sull’acqua del 2026 negli Emirati Arabi Uniti.
20. Pur apprezzando gli sforzi dei nostri paesi per preservare specie rare e notando l’elevata vulnerabilità dei grandi felini, prendiamo atto dell’iniziativa della Repubblica dell’India di creare un’International Big Cats Alliance e incoraggiamo i paesi BRICS a lavorare insieme per dare ulteriori contributi alla conservazione dei grandi felini. Prendiamo anche atto che gli Emirati Arabi Uniti hanno istituito il Mohamed bin Zayed Species Conservation Fund. A tale proposito incoraggiamo i paesi BRICS a migliorare la collaborazione collettiva nelle aree di conservazione e preservazione delle specie più vulnerabili.
21. Riaffermiamo la necessità che tutti i paesi cooperino nella promozione e nella protezione dei diritti umani e delle libertà fondamentali secondo i principi di uguaglianza e rispetto reciproco. Accettiamo di continuare a trattare tutti i diritti umani, incluso il diritto allo sviluppo, in modo equo e paritario, sullo stesso piano e con la stessa enfasi. Accettiamo di rafforzare la cooperazione su questioni di interesse comune sia all’interno dei BRICS che nei forum multilaterali, tra cui l’Assemblea generale delle Nazioni Unite e il Consiglio per i diritti umani, tenendo conto della necessità di promuovere, proteggere e soddisfare i diritti umani in modo non selettivo, non politicizzato e costruttivo e senza doppi standard. Chiediamo il rispetto della democrazia e dei diritti umani. A questo proposito, sottolineiamo che dovrebbero essere implementati a livello di governance globale e nazionale. Riaffermiamo il nostro impegno a garantire la promozione e la protezione della democrazia, dei diritti umani e delle libertà fondamentali per tutti, con l’obiettivo di costruire un futuro condiviso più luminoso per la comunità internazionale basato su una cooperazione reciprocamente vantaggiosa.
22. Ribadiamo che le misure coercitive unilaterali, tra l’altro sotto forma di sanzioni economiche unilaterali e sanzioni secondarie contrarie al diritto internazionale, hanno implicazioni di vasta portata per i diritti umani, incluso il diritto allo sviluppo, della popolazione generale degli stati presi di mira, colpendo in modo sproporzionato i poveri e le persone in situazioni vulnerabili. Pertanto, chiediamo la loro eliminazione.
23. Ricordiamo la Dichiarazione di Durban e il Programma d’azione (DDPA) del 2001 e il Documento finale della Conferenza di revisione di Durban del 2009 e riconosciamo la necessità di intensificare la lotta contro il razzismo, la discriminazione razziale, la xenofobia e l’intolleranza correlata, nonché la discriminazione basata sulla religione, la fede o il credo, e tutte le loro forme contemporanee in tutto il mondo, comprese le allarmanti tendenze di crescente incitamento all’odio, e riconosciamo la risoluzione annuale dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite sulla “Combattimento della glorificazione del nazismo, del neonazismo e di altre pratiche che contribuiscono ad alimentare le forme contemporanee di razzismo, discriminazione razziale, xenofobia e intolleranza correlata”.
Rafforzamento della cooperazione per la stabilità e la sicurezza globali e regionali
24. Sosteniamo fermamente un dialogo BRICS rafforzato su questioni di politica e sicurezza. Accogliamo con favore la dichiarazione congiunta dei ministri degli esteri e delle relazioni internazionali dei BRICS riuniti a Nizhny Novgorod il 10 giugno 2024 e prendiamo atto della 14a riunione dei consiglieri per la sicurezza nazionale e degli alti rappresentanti dei BRICS per la sicurezza nazionale tenutasi il 10-11 settembre 2024 a San Pietroburgo.
25. Restiamo preoccupati per l’aumento della violenza e per i continui conflitti armati in diverse parti del mondo, compresi quelli che hanno un impatto significativo sia a livello regionale che internazionale. Ribadiamo il nostro impegno per la risoluzione pacifica delle controversie attraverso la diplomazia, la mediazione, il dialogo inclusivo e le consultazioni in modo coordinato e cooperativo e sosteniamo tutti gli sforzi che favoriscono la risoluzione pacifica delle crisi. Sottolineiamo la necessità di impegnarci in sforzi di prevenzione dei conflitti, anche affrontandone le cause profonde. Riconosciamo le legittime e ragionevoli preoccupazioni di sicurezza di tutti i paesi. Chiediamo la protezione del patrimonio culturale, in particolare nelle regioni colpite da conflitti, per prevenire la distruzione e il traffico illecito di beni culturali, che è fondamentale per preservare la storia e l’identità delle comunità colpite.
26. Sottolineiamo che la tolleranza e la coesistenza pacifica sono tra i valori e i principi più importanti per le relazioni tra nazioni e società. A questo proposito, accogliamo con favore l’adozione della risoluzione 2686 del Consiglio di sicurezza e di altre risoluzioni delle Nazioni Unite in merito che godono del sostegno consensuale degli stati membri delle Nazioni Unite.
27. Ribadiamo la necessità del pieno rispetto del diritto umanitario internazionale nelle situazioni di conflitto e della fornitura di aiuti umanitari in conformità con i principi fondamentali di umanità, neutralità, imparzialità e indipendenza stabiliti nella risoluzione 46/182 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Invitiamo la comunità internazionale a cercare risposte collettive alle sfide globali e regionali e alle minacce alla sicurezza, incluso il terrorismo. Sottolineiamo la necessità di rispettare gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite. Ribadiamo che le differenze e le controversie tra i paesi dovrebbero essere risolte pacificamente attraverso il dialogo e la consultazione. Sottolineiamo inoltre la necessità di rispettare le legittime e ragionevoli preoccupazioni di sicurezza di tutti i paesi. Sottolineiamo la necessità di una partecipazione piena, equa e significativa delle donne nei processi di pace, inclusa la prevenzione e risoluzione dei conflitti, il mantenimento della pace, la costruzione della pace, la ricostruzione e lo sviluppo post-conflitto e il mantenimento della pace.
28. Siamo profondamente preoccupati per i continui conflitti e l’instabilità nella regione del Medio Oriente e del Nord Africa (MENA), prendendo atto della dichiarazione congiunta dei viceministri degli esteri e degli inviati speciali dei BRICS nel loro incontro del 25 aprile 2024.
29. Piangiamo la tragica perdita di vite civili nel recente periodo ed esprimiamo solidarietà a tutte le vittime civili e alle loro famiglie. Chiediamo misure urgenti, in conformità con il diritto internazionale, per garantire la protezione delle vite.
30. Ribadiamo la nostra profonda preoccupazione per il deterioramento della situazione e della crisi umanitaria nei Territori palestinesi occupati, in particolare per l’escalation senza precedenti della violenza nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania a seguito dell’offensiva militare israeliana, che ha portato a uccisioni di massa e feriti tra i civili, sfollamenti forzati e distruzione diffusa delle infrastrutture civili. Sottolineiamo l’urgente necessità di un cessate il fuoco immediato, completo e permanente nella Striscia di Gaza, del rilascio immediato e incondizionato di tutti gli ostaggi e detenuti di entrambe le parti che sono tenuti illegalmente prigionieri e della fornitura senza ostacoli, sostenibile e su larga scala di aiuti umanitari alla Striscia di Gaza, e della cessazione di tutte le azioni aggressive. Denunciamo gli attacchi israeliani contro le operazioni umanitarie, le strutture, il personale e i punti di distribuzione. A tal fine, chiediamo la piena attuazione delle risoluzioni 2712 (2023), 2720 (2024), 2728 (2024) e 2735 (2024) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e, a questo proposito, accogliamo con favore i continui sforzi della Repubblica araba d’Egitto, dello Stato del Qatar, di altri sforzi regionali e internazionali per raggiungere un cessate il fuoco immediato, accelerare la consegna degli aiuti umanitari e il ritiro di Israele dalla Striscia di Gaza. Chiediamo il rispetto del diritto internazionale. Siamo inoltre allarmati dal fatto che l’ulteriore escalation del conflitto nella Striscia di Gaza alimenti la tensione, l’estremismo e gravi conseguenze negative sia a livello regionale che globale. Invitiamo tutte le parti interessate ad agire con la massima moderazione e ad evitare azioni di escalation e dichiarazioni provocatorie. Riconosciamo le misure provvisorie della Corte internazionale di giustizia nei procedimenti legali istituiti dal Sudafrica contro Israele. Riaffermiamo il nostro sostegno alla piena adesione dello Stato di Palestina alle Nazioni Unite nel contesto dell’impegno incrollabile nei confronti della visione della soluzione dei due Stati basata sul diritto internazionale, comprese le pertinenti risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e l’Iniziativa di pace araba che include la creazione di uno Stato di Palestina sovrano, indipendente e vitale in linea con i confini riconosciuti a livello internazionale del giugno 1967, con Gerusalemme Est come capitale, che viva fianco a fianco in pace e sicurezza con Israele.
31. Esprimiamo preoccupazione per la situazione nel Libano meridionale. Condanniamo la perdita di vite civili e gli immensi danni alle infrastrutture civili derivanti dagli attacchi di Israele nelle aree residenziali in Libano e chiediamo l’immediata cessazione degli atti militari. Sottolineiamo la necessità di preservare la sovranità e l’integrità territoriale dello Stato del Libano e di creare le condizioni per una soluzione politica e diplomatica al fine di salvaguardare la pace e la stabilità in Medio Oriente, sottolineando al contempo l’importanza della rigorosa osservanza delle risoluzioni 1701 (2006) e 2749 (2024) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Condanniamo fermamente gli attacchi al personale delle Nazioni Unite, le minacce alla loro sicurezza e invitiamo Israele a cessare immediatamente tali attività.
32. Esprimiamo preoccupazione per i crescenti incidenti di attacchi terroristici legati alle capacità ICT. A questo proposito, condanniamo l’atto terroristico premeditato di far esplodere dispositivi di comunicazione portatili a Beirut il 17 settembre 2024, che ha causato la perdita di vite umane e il ferimento di decine di civili. Ribadiamo che questi attacchi costituiscono una grave violazione del diritto internazionale.
33. Sottolineiamo l’importanza di garantire l’esercizio dei diritti e delle libertà di navigazione delle imbarcazioni di tutti gli stati nel Mar Rosso e nello stretto di Bab Al-Mandab, in conformità con il diritto internazionale. Incoraggiamo maggiori sforzi diplomatici da parte di tutte le parti a tal fine, anche affrontando le cause del conflitto e il continuo sostegno al dialogo e al processo di pace dello Yemen sotto gli auspici delle Nazioni Unite.
34. Sottolineiamo che la sovranità e l’integrità territoriale della Siria devono essere rigorosamente rispettate. Condanniamo la presenza militare straniera illegale che porta ad aumentare i rischi di un conflitto su larga scala nella regione. Sottolineiamo che le sanzioni unilaterali illegali aggravano seriamente la sofferenza del popolo siriano.
35. Condanniamo l’attacco contro i locali diplomatici della Repubblica islamica dell’Iran nella capitale siriana Damasco da parte di Israele il 1° aprile 2024 che costituisce una violazione del principio fondamentale dell’inviolabilità dei locali diplomatici e consolari ai sensi della Convenzione di Vienna del 1961 sulle relazioni diplomatiche e della Convenzione di Vienna del 1963 sulle relazioni consolari.
36. Ricordiamo le posizioni nazionali relative alla situazione in Ucraina e nei dintorni, come espresse nei forum appropriati, tra cui l’UNSC e l’UNGA. Sottolineiamo che tutti gli stati dovrebbero agire in modo coerente con gli scopi e i principi della Carta delle Nazioni Unite nella loro interezza e interrelazione. Prendiamo atto con apprezzamento delle pertinenti proposte di mediazione e buoni uffici, volte a una risoluzione pacifica del conflitto attraverso il dialogo e la diplomazia.
37. Sottolineiamo l’importanza della piena attuazione del JCPOA approvato dalla UNSCR 2231 (2015) e sottolineiamo l’importanza di un approccio costruttivo basato sulla buona fede da parte di tutti gli attori rilevanti per riprendere la piena attuazione degli impegni del JCPOA da parte di tutte le parti.
38. Ribadiamo che il principio “Soluzioni africane ai problemi africani” dovrebbe continuare a fungere da base per la risoluzione dei conflitti nel continente africano. A questo proposito, riconosciamo il ruolo fondamentale dell’Unione Africana nella prevenzione, gestione e risoluzione dei conflitti in Africa. Riaffermiamo il nostro sostegno agli sforzi di pace africani nel continente, compresi quelli intrapresi dall’Unione Africana e dalle organizzazioni subregionali africane in linea con i principi di proprietà africana, complementarietà e sussidiarietà.
39. Lodiamo gli sforzi e i risultati dei paesi africani nel perseguire la pace e lo sviluppo e nel combattere la crescente piaga del terrorismo in Africa, in particolare nel Corno d’Africa e nel Sahel, e chiediamo di canalizzare più risorse globali antiterrorismo verso i paesi in via di sviluppo per aiutare i paesi africani, in particolare quelli colpiti, a migliorare la loro capacità di sviluppo antiterrorismo. Lodiamo gli sforzi intrapresi dai paesi africani, dall’Unione Africana, dalle organizzazioni subregionali africane e dalle Nazioni Unite nel promuovere il processo di pace nel Sudan del Sud, stabilizzando la situazione nella Repubblica Centrafricana e il successo del governo del Mozambico sostenuto dalla Comunità per lo sviluppo dell’Africa australe (SADC) in risposta alla minaccia terroristica nel nord del paese.
40. Esprimiamo profonda preoccupazione per l’escalation di violenza e la crisi umanitaria in Sudan e ribadiamo il nostro appello per un cessate il fuoco immediato, permanente e incondizionato e per una risoluzione pacifica del conflitto con l’impegno nei colloqui di pace come unico modo per porre fine a questo conflitto, un accesso duraturo, urgente e senza ostacoli della popolazione sudanese all’assistenza umanitaria e l’aumento dell’assistenza umanitaria al Sudan e agli stati vicini. Condanniamo l’attacco alla residenza del Capo della missione dell’Ambasciata degli Emirati Arabi Uniti in Sudan il 29 settembre 2024, che ha causato ingenti danni ai locali situati in una zona residenziale di Khartoum. Sottolineiamo il principio fondamentale dell’inviolabilità dei locali diplomatici e consolari e gli obblighi degli Stati riceventi, inclusi quelli previsti dalla Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 1961 e dalla Convenzione di Vienna sulle relazioni consolari del 1963.
41. Deploriamo il brutale attacco delle gang a Pont Sondé, ad Haiti, che ha causato la morte e lo sfollamento forzato di civili, ed esprimiamo profonda preoccupazione per il continuo deterioramento della sicurezza, della situazione umanitaria ed economica ad Haiti. Lodiamo l’istituzione del Consiglio presidenziale di transizione di Haiti e la creazione di un consiglio elettorale, come passaggi essenziali per risolvere l’attuale crisi. Sottolineiamo che l’attuale crisi richiede una soluzione guidata da Haiti che comprenda il dialogo nazionale e inclusivo e la creazione di un consenso tra le forze politiche locali, le istituzioni e la società e invitiamo la comunità internazionale a sostenere gli sforzi del governo ad interim per smantellare le gang, migliorare la situazione della sicurezza e gettare le basi per uno sviluppo sociale ed economico duraturo nel paese e tenere elezioni generali entro la fine del 2025. Sosteniamo il ruolo delle Nazioni Unite nel fornire assistenza umanitaria e sottolineiamo la necessità di una cooperazione internazionale per affrontare efficacemente le crisi multiformi di Haiti.
42. Sottolineiamo la necessità di una soluzione pacifica urgente in Afghanistan per rafforzare la sicurezza e la stabilità regionali. Sosteniamo l’Afghanistan come uno stato indipendente, unito e pacifico, libero da terrorismo, guerra e droga. Sollecitiamo misure più visibili e verificabili in Afghanistan per garantire che il territorio dell’Afghanistan non venga utilizzato dai terroristi. Sottolineiamo la necessità di fornire assistenza umanitaria urgente e ininterrotta al popolo afghano e di salvaguardare i diritti fondamentali di tutti gli afghani, comprese donne, ragazze e diversi gruppi etnici. Invitiamo le autorità afghane a revocare l’effettivo divieto di istruzione secondaria e superiore per le ragazze. Sottolineiamo il ruolo primario ed efficace delle piattaforme regionali e dei paesi confinanti con l’Afghanistan e accogliamo con favore gli sforzi di tali piattaforme e iniziative regionali per facilitare la soluzione afghana.
43. Chiediamo il rafforzamento della non proliferazione e del disarmo per salvaguardare e mantenere la stabilità globale e la pace e la sicurezza internazionale. Prendiamo atto dell’importanza fondamentale degli sforzi volti ad accelerare l’attuazione delle risoluzioni sulla creazione di una zona libera da armi nucleari e altre armi di distruzione di massa in Medio Oriente, inclusa la conferenza convocata ai sensi della decisione 73/546 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Invitiamo tutte le parti invitate a partecipare a questa conferenza in buona fede e a impegnarsi in questo sforzo in modo costruttivo.
44. Chiediamo inoltre la piena attuazione della risoluzione 1540 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che offre agli stati un importante impulso per adottare misure efficaci e solide a livello nazionale per impedire che le armi di distruzione di massa, i loro mezzi di consegna e i materiali correlati finiscano nelle mani di attori non statali, compresi i terroristi, nonché quadri di cooperazione a livello internazionale per questo scopo.
45. Riaffermiamo il nostro sostegno per garantire la sostenibilità a lungo termine delle attività nello spazio extra-atmosferico e la prevenzione di una corsa agli armamenti nello spazio extra-atmosferico (PAROS) e della sua militarizzazione, anche attraverso negoziati per adottare uno strumento giuridico multilaterale pertinente per garantire la sicurezza globale. Riconosciamo la presentazione del progetto di trattato aggiornato sulla prevenzione del posizionamento di armi nello spazio extra-atmosferico, della minaccia o dell’uso della forza contro oggetti dello spazio extra-atmosferico (PPWT) alla Conferenza sul disarmo nel 2014 come un passo importante verso questo obiettivo. Accogliamo con favore l’adozione consensuale del rapporto del gruppo di esperti governativi delle Nazioni Unite su ulteriori misure pratiche per la prevenzione di una corsa agli armamenti nello spazio il 16 agosto 2024, che ha fornito elementi sostanziali di uno strumento giuridicamente vincolante su PAROS. Sottolineiamo che impegni pratici e non vincolanti, come le misure di trasparenza e rafforzamento della fiducia (TCBM), e norme, regole e principi universalmente concordati possono anche contribuire a PAROS.
46. Ricordando i rispettivi obblighi dei nostri Stati nel campo dei controlli sulle esportazioni derivanti da pertinenti strumenti giuridici riconosciuti a livello internazionale, sottolineiamo la nostra determinazione a migliorare il dialogo e la cooperazione in questa sfera tenendo debitamente conto del necessario equilibrio tra non proliferazione e usi pacifici della tecnologia, garantendo al contempo i legittimi diritti degli Stati a partecipare al più ampio scambio possibile di informazioni, attrezzature e materiali scientifici e tecnologici per scopi pacifici.
47. Ribadiamo la nostra inequivocabile condanna del terrorismo in tutte le sue forme e manifestazioni, in qualsiasi momento, luogo e da chiunque venga commesso, ribadendo che non dovrebbe essere associato ad alcuna religione, nazionalità, civiltà o gruppo etnico. Sottolineiamo che il terrorismo è una minaccia comune, che richiede un approccio globale ed equilibrato a livello globale e regionale, tenendo in debita considerazione le priorità nazionali degli Stati. Ci impegniamo a rafforzare ulteriormente la cooperazione internazionale e regionale per prevenire e contrastare le minacce terroristiche sulla base del pieno rispetto della sovranità e della sicurezza degli Stati e in conformità con la Carta delle Nazioni Unite e il diritto internazionale. Riconosciamo che gli Stati hanno la responsabilità primaria nella prevenzione e nella lotta al terrorismo, con le Nazioni Unite che continuano a svolgere un ruolo centrale e di coordinamento in quest’area. Riconosciamo che qualsiasi atto di terrorismo è criminale e ingiustificabile, indipendentemente dalle sue motivazioni, e sottolineiamo la necessità di garantire una forte risposta collettiva alle minacce terroristiche persistenti ed emergenti senza doppi standard. Rifiutiamo qualsiasi tentativo di politicizzazione delle questioni antiterrorismo e l’uso di gruppi terroristici per raggiungere fini politici. Ci impegniamo ad adottare misure decisive per prevenire e interrompere la diffusione dell’ideologia terroristica e la radicalizzazione, l’uso improprio delle tecnologie moderne a fini terroristici, i movimenti transfrontalieri di terroristi, il finanziamento del terrorismo e altre forme di sostegno al terrorismo, l’incitamento a commettere atti terroristici, nonché il reclutamento di combattenti terroristi stranieri. Chiediamo una rapida finalizzazione e adozione della Convenzione globale sul terrorismo internazionale nel quadro delle Nazioni Unite. Chiediamo azioni concertate contro tutti i terroristi e le entità terroristiche designate dalle Nazioni Unite.
48. Non vediamo l’ora di rafforzare ulteriormente la cooperazione pratica antiterrorismo. Accogliamo con favore le attività del BRICS Counter-Terrorism Working Group (CTWG) e dei suoi cinque sottogruppi basati sulla BRICS Counter-Terrorism Strategy e sul BRICS Counter-Terrorism Action Plan, inclusa l’adozione del Position Paper del CTWG.
49. Ribadiamo il nostro impegno a prevenire e combattere i flussi finanziari illeciti, il riciclaggio di denaro, il finanziamento del terrorismo, il traffico di droga, la corruzione e l’uso improprio delle nuove tecnologie, comprese le criptovalute, per scopi illegali e terroristici. Riaffermiamo il nostro impegno nei confronti dei principi di natura tecnica e non politicizzata della cooperazione internazionale anticrimine, anche allo scopo di prevenire e stabilire tracce finanziarie di questi crimini. Prendiamo atto della necessità di rafforzare ulteriormente tale cooperazione sulla base degli strumenti giuridici internazionali pertinenti di cui i paesi BRICS sono parti, comprese le pertinenti convenzioni e risoluzioni ONU, convenzioni e trattati regionali.
50. Chiediamo un dialogo rafforzato all’interno dei BRICS sulle questioni del riciclaggio di denaro e del contrasto al finanziamento del terrorismo con la partecipazione delle parti interessate pertinenti. Sottolineiamo l’importanza di creare condizioni per lo sviluppo sicuro delle giovani generazioni, riducendo il rischio del loro coinvolgimento in attività illegali e accogliamo con favore lo sviluppo di progetti internazionali pertinenti con la partecipazione dei giovani.
51. Esprimiamo preoccupazione per la situazione relativa alla produzione, al traffico e all’abuso di droga illecita in tutto il mondo, riconosciamo che minaccia seriamente la sicurezza pubblica e la stabilità internazionale e regionale, la salute, la sicurezza e il benessere dell’umanità e compromette anche lo sviluppo sostenibile degli Stati. Riconosciamo il nostro impegno nei confronti dell’attuale meccanismo internazionale di controllo della droga basato su tre convenzioni ONU sul controllo della droga. Riconosciamo l’importanza di migliorare la cooperazione antidroga e rafforzare i contatti tra le autorità di contrasto alla droga dei BRICS e, a questo proposito, accogliamo con favore la dichiarazione congiunta adottata alla riunione del gruppo di lavoro antidroga dei BRICS a Mosca il 22 maggio 2024.
52. Consideriamo la lotta alla criminalità organizzata transnazionale come una delle aree chiave per la cooperazione internazionale delle forze dell’ordine. Notiamo inoltre che questa cooperazione non deve essere politicizzata in quanto può causare danni alla lotta complessiva contro la criminalità. Esprimiamo particolare preoccupazione per i crimini che influenzano l’ambiente e che devono essere affrontati.
53. Siamo risoluti a promuovere la cooperazione BRICS nella prevenzione e nella lotta contro la corruzione e a rafforzare il nostro coordinamento sulle principali questioni dell’agenda internazionale anticorruzione, inclusa la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione. Siamo determinati a onorare il nostro impegno e chiediamo alla comunità internazionale di rafforzare la cooperazione sulla negazione di un rifugio sicuro alla corruzione. Accogliamo con favore il documento “Formulazione della visione comune dei BRICS e azione congiunta sulla cooperazione rafforzata contro la corruzione e il recupero e la restituzione di beni e proventi della corruzione” e attribuiamo importanza alla sua messa in pratica in conformità con i nostri quadri nazionali. Apprezziamo l’emissione della nota analitica sul recupero dei beni nei paesi BRICS da parte dell’Anti-Corruption Working Group (ACWG) e i suoi sforzi per intensificare la collaborazione tra i nostri professionisti nel recupero dei beni. Elogiamo inoltre l’ACWG per aver aggiornato il documento sulla cooperazione BRICS nell’istruzione anticorruzione, nella condivisione delle conoscenze e nello sviluppo delle capacità che confronta i nostri risultati collettivi, tra cui una serie di iniziative di esperti tenutesi quest’anno, e traccia una via da seguire in quest’area prioritaria.
54. Riconosciamo l’enorme potenziale delle ICT nel colmare i divari digitali per la crescita e lo sviluppo socioeconomico. Riconosciamo anche le sfide e le minacce derivanti dal regno digitale e al suo interno. Chiediamo un approccio globale, equilibrato e oggettivo allo sviluppo e alla sicurezza dei prodotti e dei sistemi ICT, nonché allo sviluppo e all’implementazione di norme e standard comuni interoperabili a livello globale per la sicurezza della supply chain. Siamo preoccupati per l’aumento della frequenza e della sofisticatezza dell’uso dannoso delle ICT. A questo proposito, sottolineiamo l’importanza della cooperazione internazionale nella prevenzione e nel contrasto all’uso delle ICT a fini criminali e pertanto attendiamo con ansia l’adozione alla 79a sessione dell’UNGA del progetto di Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità informatica; Rafforzamento della cooperazione internazionale per combattere determinati crimini commessi tramite sistemi di tecnologie dell’informazione e della comunicazione e per la raccolta, la conservazione e la condivisione di prove in formato elettronico di reati gravi. Riteniamo inoltre che l’assistenza tecnica e il rafforzamento delle capacità siano fondamentali per sviluppare risorse, competenze, politiche e istituzioni necessarie per aumentare la sicurezza degli Stati, migliorando al contempo la resilienza ICT e accelerando la trasformazione digitale degli Stati, tenendo in particolare considerazione gli interessi e le esigenze degli Stati in via di sviluppo. Sottolineiamo il ruolo guida delle Nazioni Unite nel promuovere il dialogo per forgiare intese comuni nella sicurezza e nell’uso delle ICT, comprese le discussioni sullo sviluppo di un quadro giuridico universale in questo ambito e l’ulteriore sviluppo e implementazione di norme, regole e principi universalmente concordati per un comportamento responsabile degli Stati nell’uso delle ICT. Elogiamo il lavoro in corso dell’OEWG delle Nazioni Unite sulla sicurezza e nell’uso delle ICT 2021-2025 come unico meccanismo globale e inclusivo su questa questione e sosteniamo l’istituzione tramite consenso di un meccanismo permanente a binario unico, guidato dallo Stato sotto gli auspici delle Nazioni Unite, che riferisca al Primo Comitato dell’UNGA, riconoscendo l’importanza del principio del consenso sia per quanto riguarda l’istituzione del futuro meccanismo stesso sia per i processi decisionali del meccanismo. Ci impegniamo a promuovere il rispetto della sovranità degli Stati e l’uguaglianza sovrana nell’ambiente ICT e ci opponiamo ad azioni unilaterali che potrebbero minare la cooperazione internazionale in questo ambito, inclusa la sostenibilità delle catene di fornitura globali.
55. Riconosciamo i progressi compiuti nella promozione della cooperazione BRICS in conformità con la Roadmap of Practical Cooperation on Ensuring Security in the Use of ICTs e il suo rapporto sui progressi, inclusa l’istituzione e l’ulteriore operatività della BRICS Points of Contact Directory per la cooperazione pragmatica tra entità nazionali responsabili della risposta agli incidenti ICT come misura di rafforzamento della fiducia. Sottolineiamo l’importanza di stabilire quadri di cooperazione tra gli stati membri BRICS per garantire la sicurezza nell’uso delle ICT. Riconosciamo inoltre la necessità di promuovere la cooperazione pratica intra-BRICS attraverso le attività del BRICS Working Group sulla sicurezza nell’uso delle ICT.
56. Esprimiamo seria preoccupazione per la diffusione esponenziale e la proliferazione di disinformazione, cattiva informazione, inclusa la propagazione di false narrazioni e fake news, nonché discorsi d’odio, in particolare sulle piattaforme digitali, che alimentano radicalizzazione e conflitti. Mentre riaffermiamo l’impegno per la sovranità degli Stati, sottolineiamo l’importanza dell’integrità delle informazioni e di garantire il libero flusso e l’accesso pubblico a informazioni accurate basate sui fatti, inclusa la libertà di opinione ed espressione, nonché l’alfabetizzazione digitale e mediatica, al fine di consentire una connettività significativa, in conformità con il diritto nazionale e internazionale applicabile.
Promuovere la cooperazione economica e finanziaria per uno sviluppo globale equo
57. Ricordando la Dichiarazione di Johannesburg II del 2023, ribadiamo la nostra ferma convinzione che la cooperazione multilaterale sia essenziale per limitare i rischi derivanti dalla frammentazione geopolitica e geoeconomica e ci impegniamo a intensificare gli sforzi in aree di reciproco interesse, tra cui, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, commercio, riduzione della povertà e della fame, sviluppo sostenibile, incluso l’accesso a energia, acqua e cibo, carburante, fertilizzanti, nonché mitigazione e adattamento all’impatto del cambiamento climatico, istruzione e salute, inclusa la prevenzione, la preparazione e la risposta alle pandemie.
58. Sottolineiamo l’importanza della piena attuazione dell’Agenda d’azione di Addis Abeba adottata alla Terza conferenza internazionale sul finanziamento per lo sviluppo nel 2015 e dell’effettiva partecipazione dei paesi in via di sviluppo alla Quarta conferenza internazionale sul finanziamento per lo sviluppo, che si terrà in Spagna dal 30 giugno al 3 luglio 2025. Invitiamo i paesi sviluppati a onorare il loro impegno per il finanziamento dello sviluppo e incoraggiare la loro cooperazione con i paesi in via di sviluppo in diverse aree di sviluppo, tra cui tassazione, debito, commercio, assistenza ufficiale allo sviluppo, trasferimento di tecnologia e riforma dell’architettura finanziaria internazionale.
59. Sottolineiamo la necessità di riformare l’attuale architettura finanziaria internazionale per affrontare le sfide finanziarie globali, tra cui la governance economica globale, per rendere l’architettura finanziaria internazionale più inclusiva e giusta.
60. Notiamo che gli alti livelli di debito in alcuni paesi riducono lo spazio fiscale necessario per affrontare le sfide di sviluppo in corso aggravate dagli effetti di ricaduta degli shock esterni, in particolare dalle fluttuazioni delle politiche finanziarie e monetarie in alcune economie avanzate, nonché dai problemi intrinseci dell’architettura finanziaria internazionale. Gli alti tassi di interesse e le condizioni di finanziamento più restrittive peggiorano le vulnerabilità del debito in molti paesi. Riteniamo che sia necessario affrontare il debito internazionale in modo appropriato e olistico per supportare la ripresa economica e lo sviluppo sostenibile, tenendo conto delle leggi e delle procedure interne di ogni nazione, accompagnate da un debito estero sostenibile e da prudenza fiscale. Riconosciamo la necessità di affrontare in modo efficace, completo e sistematico le vulnerabilità del debito dei paesi a basso e medio reddito. Uno degli strumenti, tra gli altri, per affrontare collettivamente le vulnerabilità del debito è attraverso l’attuazione prevedibile, ordinata, tempestiva e coordinata del Quadro comune del G20 per il trattamento del debito con la partecipazione di creditori bilaterali ufficiali, creditori privati e banche multilaterali di sviluppo (MDB) in linea con il principio di azione congiunta e di equa condivisione degli oneri.
61. Riconosciamo che l’uso della finanza mista è un modo efficace per mobilitare capitale privato per finanziare progetti infrastrutturali. Notiamo l’importante ruolo delle banche multilaterali di sviluppo e delle istituzioni finanziarie per lo sviluppo, in particolare delle banche nazionali di sviluppo, nell’incrementare istituzionalmente l’uso della finanza mista e di altri strumenti, contribuendo così al raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile in conformità con le esigenze e le priorità specifiche di ogni paese. A tal fine, elogiamo il lavoro della BRICS Public-Private Partnership and Infrastructure Task Force e approviamo il suo Technical Report on Infrastructure Projects Blended Finance.
62. Riconosciamo il ruolo chiave della New Development Bank (NDB) nella promozione delle infrastrutture e dello sviluppo sostenibile dei suoi paesi membri. Sosteniamo l’ulteriore sviluppo della NDB e il miglioramento della governance aziendale e dell’efficacia operativa verso l’adempimento della strategia generale della NDB per il 2022-2026. Sosteniamo la NDB nell’espansione continua del finanziamento in valuta locale e nel rafforzamento dell’innovazione negli strumenti di investimento e finanziamento. Incoraggiamo la Banca a seguire principi guidati dai membri e guidati dalla domanda, l’impiego di meccanismi di finanziamento innovativi per mobilitare finanziamenti da fonti diversificate e, a questo proposito, riconosciamo l’iniziativa di creare una nuova piattaforma di investimento per sfruttare l’infrastruttura istituzionale esistente della NDB per aumentare il flusso di investimenti nei paesi dei BRICS e nei meccanismi del Sud del mondo. Sosteniamo il potenziamento della creazione di capacità e dello scambio di conoscenze, anche creando sinergie con fonti di conoscenza provenienti dai paesi in via di sviluppo, l’assistenza dei paesi membri nel raggiungimento degli SDG e l’ulteriore miglioramento dell’efficienza e dell’efficacia per adempiere al suo mandato, mirando a essere un’istituzione di sviluppo multilaterale di prim’ordine per i paesi in via di sviluppo. Accettiamo di sviluppare congiuntamente la New Development Bank in un nuovo tipo di MDB nel 21° secolo. Esortiamo la Banca a svolgere il suo scopo e le sue funzioni in conformità con gli Articoli di accordo della New Development Bank in modo equo e non discriminatorio. Sosteniamo l’ulteriore espansione dell’adesione alla NDB e l’esame accelerato delle domande dei paesi BRICS in linea con la strategia generale della NDB e le relative politiche.
63. Accogliamo con favore l’attenzione del BRICS Interbank Cooperation Mechanism (ICM) sulla facilitazione e l’espansione di pratiche e approcci finanziari innovativi per progetti e programmi, inclusa la ricerca di meccanismi accettabili di finanziamento in valute locali. Accogliamo con favore un dialogo continuo tra l’ICM e la NDB.
64. Riconosciamo l’importante ruolo dei paesi BRICS che lavorano insieme per affrontare i rischi e le sfide dell’economia mondiale nel raggiungimento della ripresa globale e dello sviluppo sostenibile. Riaffermiamo il nostro impegno a migliorare il coordinamento delle politiche macroeconomiche, approfondire la cooperazione economica e lavorare per realizzare una ripresa economica forte, sostenibile, equilibrata e inclusiva. Sottolineiamo l’importanza di continuare ad attuare la Strategia per il partenariato economico BRICS 2025 in tutti i percorsi ministeriali e nei gruppi di lavoro pertinenti.
65. Ribadiamo il nostro impegno a migliorare la cooperazione finanziaria all’interno dei BRICS. Riconosciamo i vantaggi diffusi di strumenti di pagamento transfrontalieri più rapidi, economici, più efficienti, trasparenti, sicuri e inclusivi basati sul principio di minimizzazione delle barriere commerciali e di accesso non discriminatorio. Accogliamo con favore l’uso di valute locali nelle transazioni finanziarie tra i paesi BRICS e i loro partner commerciali. Incoraggiamo il rafforzamento delle reti di banche corrispondenti all’interno dei BRICS e l’abilitazione di regolamenti in valute locali in linea con la BRICS Cross-Border Payments Initiative (BCBPI), che è volontaria e non vincolante, e attendiamo con ansia ulteriori discussioni in quest’area, anche nella BRICS Payment Task Force.
66. Riconosciamo l’importanza di esplorare la fattibilità di collegare l’infrastruttura dei mercati finanziari dei paesi BRICS. Accettiamo di discutere e studiare la fattibilità dell’istituzione di un’infrastruttura di regolamento e deposito transfrontaliera indipendente, BRICS Clear, un’iniziativa per integrare l’infrastruttura del mercato finanziario esistente, nonché la capacità di riassicurazione indipendente dei BRICS, inclusa la BRICS (Re) Insurance Company, con partecipazione su base volontaria.
67. Incarichiamo i nostri Ministri delle Finanze e i Governatori delle Banche Centrali, ove opportuno, di continuare a considerare la questione delle valute locali, degli strumenti di pagamento e delle piattaforme e di riferirci entro la prossima Presidenza.
68. Riconosciamo che il BRICS Contingent Reserve Arrangement (CRA) è un importante meccanismo per prevenire pressioni a breve termine sulla bilancia dei pagamenti e rafforzare ulteriormente la stabilità finanziaria. Esprimiamo il nostro forte sostegno al miglioramento del meccanismo CRA tramite l’ideazione di valute idonee alternative e accogliamo con favore la finalizzazione degli emendamenti ai documenti CRA. Riconosciamo il completamento con successo del 7° CRA Test Run e della quinta edizione del BRICS Economic Bulletin dal titolo “BRICS Economies in a Higher-rate Environment”.
69. Riconosciamo i risultati delle prime esercitazioni transfrontaliere BRICS Rapid Information Security Channel (BRISC) che rafforzerebbero ulteriormente la resilienza informatica del settore finanziario dei paesi BRICS.
70. Sottolineiamo che catene di fornitura sicure, resilienti, stabili, efficaci e aperte sono fondamentali per lo sviluppo sostenibile. Riconoscendo il ruolo dei membri BRICS come maggiori produttori mondiali di risorse naturali, sottolineiamo l’importanza di rafforzare la cooperazione dei membri BRICS lungo l’intera catena del valore e concordiamo di intraprendere azioni congiunte allo scopo di opporsi a misure protezionistiche unilaterali che sono incoerenti con le attuali disposizioni WTO.
71. Preoccupati per il rapido processo di digitalizzazione di tutti gli aspetti della vita umana nel XXI secolo, sottolineiamo il ruolo chiave dei dati per lo sviluppo e la necessità di intensificare l’impegno all’interno dei BRICS per affrontare questo problema. Sottolineiamo che una governance giusta, inclusiva ed equa dei dati è fondamentale per consentire ai paesi in via di sviluppo di sfruttare i vantaggi dell’economia digitale e delle tecnologie emergenti, tra cui l’intelligenza artificiale. Chiediamo la progettazione di un quadro globale giusto ed equo per la governance dei dati, inclusi i flussi di dati transfrontalieri, per affrontare i principi di raccolta, archiviazione, utilizzo e trasferimento dei dati; garantire l’interoperabilità dei quadri di politica dei dati a tutti i livelli; e distribuire i benefici monetari e non monetari dei dati con i paesi in via di sviluppo.
72. Sottolineiamo che l’e-commerce è diventato un importante motore della crescita economica globale, promuovendo il commercio internazionale di beni e servizi, garantendo flussi di investimenti esteri e facilitando l’innovazione. Siamo decisi ad aumentare ulteriormente la fiducia nell’e-commerce e ad assicurare una protezione completa dei diritti delle parti dell’e-commerce, intensificando la cooperazione nei regni dell’utilizzo delle tecnologie digitali per la protezione dei diritti dei consumatori, esplorando strumenti di risoluzione delle controversie online e creando un ambiente favorevole alle aziende per entrare nei mercati globali, scambiando opinioni sulla questione del commercio di prodotti di piccolo valore attraverso l’e-commerce transfrontaliero.
73. Siamo d’accordo che la resilienza delle catene di fornitura e il commercio senza ostacoli in agricoltura insieme alla produzione nazionale sono fondamentali per garantire la sicurezza alimentare e i mezzi di sussistenza, in particolare per gli agricoltori a basso reddito o poveri di risorse, nonché per i paesi in via di sviluppo importatori netti di cibo. Riconosciamo gli sforzi per sostenere i piccoli agricoltori come una parte importante del sistema agricolo nazionale. Accogliamo con favore la Conferenza sulla sicurezza alimentare e lo sviluppo agricolo sostenibile tenutasi il 27-28 giugno 2024 a Mosca e attendiamo con ansia l’imminente Summit sulla sicurezza alimentare globale che si terrà ad Abu Dhabi il 26-28 novembre 2024. Riaffermiamo la necessità di sviluppare un sistema di commercio agricolo equo e implementare un’agricoltura resiliente e sostenibile. Ci impegniamo a ridurre al minimo le interruzioni e a promuovere il commercio basato su regole in agricoltura e fertilizzanti al fine di garantire un flusso continuo di cibo e di input essenziali per la produzione agricola che dovrebbe essere esentato da misure economiche restrittive indebite, incoerenti con le regole del WTO, comprese quelle che riguardano produttori ed esportatori di prodotti agricoli nonché servizi alle imprese per quanto riguarda le spedizioni internazionali. A questo proposito, accogliamo con favore l’iniziativa della parte russa di istituire una piattaforma di commercio di cereali (materie prime) all’interno dei BRICS (la BRICS Grain Exchange) e di svilupparla successivamente, anche espandendola ad altri settori agricoli.
74. Riconosciamo l’efficacia delle Zone Economiche Speciali (SEZ) dei paesi BRICS come un meccanismo consolidato per la cooperazione commerciale e industriale e la facilitazione della produzione, inclusi quelli ma non limitati ai settori high-tech dell’economia, IT e servizi abilitati dall’IT, turismo, infrastrutture portuali e di trasporto, sviluppo e commercializzazione di tecnologie nonché per la produzione di nuovi tipi di prodotti a valore aggiunto. Riconosciamo inoltre che le Zone Economiche Speciali offrono immense opportunità per incoraggiare ulteriori investimenti in aree prioritarie di sviluppo economico. Accogliamo con favore l’istituzione di un forum per la cooperazione sulle SEZ dei paesi BRICS. Accettiamo di svolgere attività orientate alla pratica, inclusi scambi di best practice sull’implementazione di standard e metodologie per la gestione delle SEZ.
75. Riconosciamo che il settore delle PMI è una leva collaudata di crescita economica, che consente un aumento della produttività complessiva del lavoro, dei redditi delle famiglie e della qualità di beni e servizi. Intendiamo scambiare le best practice di supporto alle PMI, anche attraverso servizi e piattaforme digitali volti a semplificare le operazioni aziendali. Riconosciamo l’importanza di mantenere le catene del valore esistenti create con la partecipazione delle PMI, nonché di costruire nuovi legami di cooperazione per le PMI, in particolare quelle ad alta tecnologia e orientate all’innovazione, all’interno dei BRICS.
76. Riconosciamo che la Partnership for the New Industrial Revolution (PartNIR) funge da piattaforma guida per la cooperazione BRICS nel quadro della Nuova Rivoluzione Industriale per identificare interessi, sfide e opportunità nel panorama industriale in rapida evoluzione e nella creazione di capacità nel campo dell’industria, nonché per garantire la continuità della cooperazione industriale BRICS in un quadro strutturato per una collaborazione sostenuta. Apprezziamo gli sforzi del BRICS PartNIR Innovation Center (BPIC) nell’organizzazione di eventi tra cui BRICS Forum on PartNIR 2024, BRICS Industrial Innovation Contest 2024, BRICS Exhibition on New Industrial Revolution 2024 e i BPIC Training Programmes, e incoraggiamo tutti i paesi BRICS a partecipare attivamente agli eventi di cui sopra. Apprezziamo gli sforzi del BRICS Startup Forum nel realizzare progetti di start-up che svolgono un ruolo cruciale nel guidare l’innovazione e la crescita economica nell’era della Nuova Rivoluzione Industriale. Non vediamo l’ora di approfondire gli impegni con i paesi BRICS per partecipare a futuri eventi e attività del BRICS Startup Forum. Prendiamo atto dell’accordo per lanciare il BRICS Center for Industrial Competences in collaborazione con l’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale (UNIDO) per supportare congiuntamente lo sviluppo delle competenze di Industria 4.0 tra i paesi BRICS e per promuovere partnership e una maggiore produttività nella Nuova Rivoluzione Industriale. Appoggiamo la decisione del PartNIR Advisory Group di creare sette gruppi di lavoro, tra cui Industria chimica; Estrazione mineraria e metalli; Trasformazione digitale dell’industria; PMI; Produzione intelligente e robotica; Industria fotovoltaica; Dispositivi medici e farmaceutica.
77. Riconoscendo l’importanza di creare un’economia digitale abilitante, inclusiva e sicura e che la connettività digitale è un prerequisito essenziale per la trasformazione digitale e la crescita sociale ed economica, sottolineiamo la necessità di rafforzare la cooperazione tra i paesi BRICS. Riconosciamo inoltre che le tecnologie emergenti come il 5G, i sistemi satellitari, le reti terrestri e non terrestri hanno il potenziale per catalizzare lo sviluppo dell’economia digitale. Riconosciamo che un’infrastruttura pubblica digitale resiliente, sicura, inclusiva e interoperabile ha il potenziale per fornire servizi su larga scala e aumentare le opportunità sociali ed economiche per tutti. Incoraggiamo i membri BRICS a esplorare la possibilità di attività congiunte nel campo dell’infrastruttura digitale per garantire l’integrità, la stabilità del funzionamento e la sicurezza dei segmenti nazionali di Internet, rispettando al contempo i quadri legislativi nazionali riguardanti qualsiasi aspetto dell’uso di Internet, compresi quelli di sicurezza. Prendiamo atto della necessità di rafforzare ulteriormente il dialogo intra-BRICS per sbloccare l’enorme potenziale delle TIC e incoraggiare gli scambi di politiche e i dialoghi sull’intelligenza artificiale (IA), al fine di stabilire un quadro di governance globale efficace, basato su un ampio consenso, per dare impulso alle economie nazionali e per mitigare i rischi di uso dannoso, disinformazione, fuga di dati personali, pregiudizi e discriminazioni derivanti da tali tecnologie, e per sostenere un approccio incentrato sull’uomo, orientato allo sviluppo, inclusivo e sostenibile, con l’obiettivo di migliorare la vita delle persone e colmare i divari digitali, in particolare tra paesi sviluppati e in via di sviluppo.
78. Riconoscendo che il rapido cambiamento tecnologico, incluso il rapido progresso dell’intelligenza artificiale, ha il potenziale per portare nuove opportunità di sviluppo socioeconomico in tutto il mondo, incoraggiamo più discussioni internazionali, sosteniamo le Nazioni Unite affinché svolgano un ruolo importante nella governance globale dell’IA e accogliamo con favore la risoluzione dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite A/RES/78/311 intitolata Rafforzare la cooperazione internazionale sullo sviluppo delle capacità dell’intelligenza artificiale, che è stata adottata per consenso. Attendiamo con ansia la cooperazione BRICS per aiutare i paesi in via di sviluppo a rafforzare lo sviluppo delle capacità di IA. Incoraggiamo le consultazioni sul tema dell’IA, anche attraverso il gruppo di studio sull’IA del BRICS Institute of Future Networks (BIFN).
79. Ribadiamo il nostro supporto al lavoro del BIFN e incoraggiamo tutti i membri BRICS a nominare sezioni nazionali. Ricordando la decisione di creare quattro gruppi di studio sotto il consiglio del BIFN e prendendo atto della discussione sulla loro bozza di Termini di riferimento. Incoraggiamo i membri BRICS a partecipare attivamente a questo proposito, ove appropriato. Incoraggiamo i gruppi di studio a iniziare a lavorare e riconosciamo gli sforzi continui del Focus Group sulla piattaforma BRICS sui beni pubblici digitali creato sotto il BRICS Working Group sulle ICT.
80. Pur sottolineando il ruolo fondamentale dell’accesso all’energia nel raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile e prendendo atto dei rischi delineati per la sicurezza energetica, sottolineiamo la necessità di una maggiore cooperazione tra i paesi BRICS come principali produttori e consumatori di prodotti e servizi energetici verso transizioni energetiche giuste, eque, sostenibili e inclusive. Riteniamo che la sicurezza energetica, l’accesso e le transizioni energetiche siano importanti e debbano essere bilanciate tenendo conto della piena ed efficace attuazione dell’UNFCCC e del suo accordo di Parigi. Riaffermiamo la nostra determinazione a promuovere un ambiente di commercio e investimento energetico internazionale libero, aperto, equo, non discriminatorio, trasparente, inclusivo e prevedibile e accettiamo di approfondire la cooperazione tecnologica. Sottolineiamo la necessità di catene di approvvigionamento globali resilienti e di una domanda energetica stabile e prevedibile al fine di fornire un accesso universale a fonti energetiche convenienti, affidabili, sostenibili e moderne, nonché di garantire la sicurezza energetica nazionale, globale e regionale. A questo proposito, condanniamo fermamente anche tutti gli attacchi terroristici contro infrastrutture energetiche transfrontaliere critiche e chiediamo un approccio aperto e imparziale per indagare su tali incidenti.
81. Ribadiamo la necessità di tenere conto delle circostanze nazionali, tra cui il clima e le condizioni naturali, la struttura dell’economia nazionale e i mix energetici, nonché le circostanze specifiche di quei paesi in via di sviluppo le cui economie dipendono fortemente dal reddito o dal consumo di combustibili fossili e prodotti ad alta intensità energetica correlati per realizzare giuste transizioni energetiche. Riteniamo che l’uso efficiente di tutte le fonti energetiche sia fondamentale per giuste transizioni energetiche verso sistemi energetici più flessibili, resilienti e sostenibili e, a questo proposito, sosteniamo il principio di neutralità tecnologica, ovvero utilizzando tutti i combustibili, le fonti energetiche e le tecnologie disponibili per ridurre le emissioni di gas serra che includono, ma non sono limitati a combustibili fossili con tecnologie di abbattimento e rimozione, biocarburanti, gas naturale e GPL, idrogeno e suoi derivati, tra cui ammoniaca, energia nucleare e rinnovabile, ecc.
82. Chiediamo l’assegnazione di finanziamenti adeguati, prevedibili e accessibili dai paesi sviluppati a quelli in via di sviluppo per le giuste transizioni energetiche, in linea con i principi del CBDR-RC. Sottolineando che i nuovi modelli di sviluppo industriale associati alle transizioni energetiche richiederebbero enormi investimenti in infrastrutture esistenti e nuove.
83. Respingiamo misure protezionistiche unilaterali, punitive e discriminatorie, che non sono in linea con il diritto internazionale, con il pretesto di preoccupazioni ambientali, come i meccanismi unilaterali e discriminatori di adeguamento delle frontiere del carbonio (CBAM), i requisiti di due diligence, le tasse e altre misure e riconfermiamo il nostro pieno sostegno all’appello della COP28 relativo all’evitamento di misure commerciali unilaterali basate sul clima o sull’ambiente. Ci opponiamo inoltre alle misure protezionistiche unilaterali, che deliberatamente interrompono le catene di fornitura e produzione globali e distorcono la concorrenza.
84. Accogliamo con favore la cooperazione in corso nel quadro della BRICS Energy Research Cooperation Platform, inclusa la pubblicazione del BRICS Just Energy Transition Report, e prendiamo atto con apprezzamento del 6° BRICS Youth Energy Summit tenutosi il 27-28 settembre 2024 a Mosca.
85. Riconosciamo l’importante ruolo dei mercati del carbonio come uno dei motori dell’azione per il clima e incoraggiamo il rafforzamento della cooperazione e la condivisione di esperienze in questo campo. Ci opponiamo alle misure unilaterali introdotte con il pretesto di preoccupazioni climatiche e ambientali e ribadiamo il nostro impegno a migliorare il coordinamento su queste questioni. Accogliamo con favore l’adozione del MoU sulla BRICS Carbon Markets Partnership come piattaforma dedicata alla condivisione di conoscenze, esperienze e casi di studio sullo sviluppo dei mercati del carbonio e alla discussione della potenziale cooperazione intra-BRICS sui mercati del carbonio per scambiare opinioni sulla potenziale cooperazione ai sensi dell’articolo 6 dell’accordo di Parigi tra i paesi BRICS.
86. Accogliamo con favore l’istituzione del Gruppo di contatto sui cambiamenti climatici e lo sviluppo sostenibile da parte dei ministri dell’ambiente BRICS il 28 giugno 2024 a Nizhny Novgorod e l’adozione del Quadro sui cambiamenti climatici e lo sviluppo sostenibile all’High-level Dialogue on Climate Change (30 agosto 2024, Mosca). Non vediamo l’ora di istituire la BRICS Climate Research Platform (BCRP) per migliorare lo scambio scientifico ed esperto di opinioni, conoscenze e buone pratiche del raggruppamento.
87. Sottolineiamo la necessità critica di progetti attivi di adattamento climatico, che vadano oltre la ricerca e le previsioni per l’implementazione di soluzioni pratiche, promuovendo l’energia rinnovabile, la finanza sostenibile, le tecnologie a basse emissioni e gli investimenti nello sviluppo sostenibile, evidenziando al contempo l’importanza dell’azione collettiva e della cooperazione internazionale per affrontare gli impatti negativi del cambiamento climatico e garantire iniziative climatiche inclusive ed eque.
88. Avendo depositi significativi di un’ampia gamma di risorse minerarie, comprese quelle critiche, elogiamo i risultati del primo incontro dei responsabili dei servizi geologici dei paesi BRICS e riconosciamo lo sforzo congiunto per lanciare le piattaforme geologiche BRICS, il primo passo della collaborazione pratica nel campo della geologia e dello sviluppo razionale delle risorse minerarie.
89. Riconoscendo che i problemi ambientali rappresentano una minaccia crescente, causando danni enormi all’economia e influenzando la qualità della vita dei nostri cittadini, accogliamo con favore gli sforzi per sviluppare ulteriormente la BRICS Clean Rivers Initiative nel quadro della piattaforma BRICS Environmentally Sound Technology (BEST). Incoraggiamo un coinvolgimento più attivo dei giovani nelle attività ambientali, ritenendo che sia fondamentale aumentare la cultura e la conoscenza ambientale tra la popolazione, principalmente i giovani.
90. Essendo pienamente consapevoli dell’importanza critica degli oceani per lo sviluppo sostenibile e la stabilità climatica, riconosciamo che una pianificazione e una gestione appropriate, nonché finanziamenti adeguati, sviluppo delle capacità e trasferimento e sviluppo della tecnologia marina sono essenziali per garantire la protezione dell’ambiente marino e la conservazione e l’uso sostenibile delle risorse marine e della biodiversità.
91. Sosteniamo il Kimberley Process come unico schema di certificazione intergovernativo globale, che regola il commercio di diamanti grezzi, sottolineando il nostro impegno a impedire che i diamanti insanguinati entrino nei mercati e riconosciamo il lancio della piattaforma di cooperazione informale BRICS con la partecipazione delle nazioni minerarie africane di diamanti per garantire il libero commercio di diamanti grezzi e lo sviluppo sostenibile dell’industria globale dei diamanti. Accogliamo con favore gli sforzi degli Emirati Arabi Uniti in qualità di presidente del Kimberley Process per il 2024. Sosteniamo gli sforzi per aumentare il fatturato dei metalli preziosi all’interno dei BRICS sulla base di standard di qualità comuni.
92. Riconoscendo che infrastrutture di trasporto sviluppate, rotte di trasporto internazionali sicure, protette e convenienti, tecnologie e normative innovative faciliterebbero i flussi commerciali e la circolazione transfrontaliera delle persone, riconosciamo l’importanza di integrare varie modalità di trasporto per un sistema di trasporto efficiente e sostenibile nei paesi BRICS. Accogliamo con favore i risultati del primo incontro dei ministri dei trasporti dei BRICS a San Pietroburgo il 6 giugno 2024 e non vediamo l’ora di promuovere ulteriormente il dialogo sui trasporti per soddisfare la domanda di tutte le parti interessate e migliorare il potenziale di trasporto dei paesi BRICS, rispettando al contempo la sovranità e l’integrità territoriale di tutti gli stati membri durante lo svolgimento della cooperazione sui trasporti. Non vediamo l’ora di esplorare ulteriormente le opportunità per stabilire una piattaforma logistica per coordinare e migliorare le condizioni di trasporto per la logistica multimodale tra i paesi BRICS.
93. Ribadiamo il nostro sostegno al ruolo di coordinamento centrale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nell’attuazione degli sforzi internazionali multilaterali per proteggere la salute pubblica da malattie infettive ed epidemie e ci impegniamo a riformare e rafforzare il sistema internazionale di prevenzione, preparazione e risposta alle pandemie. Riconosciamo il ruolo fondamentale dell’assistenza sanitaria primaria come fondamento chiave per l’assistenza sanitaria universale e la resilienza del sistema sanitario, nonché sulla prevenzione e risposta alle emergenze sanitarie. Accogliamo con favore la promozione di legami più stretti tra le istituzioni sanitarie BRICS responsabili della salute e del benessere sanitari ed epidemiologici, della prevenzione, preparazione e risposta alle malattie trasmissibili soggette a epidemie e all’impatto sulla salute a seguito di catastrofi e incoraggiamo ulteriori opportunità di esplorazione per la condivisione delle conoscenze, lo scambio di competenze e l’avvio di progetti congiunti nel settore sanitario.
94. Riconosciamo che la cooperazione BRICS per contrastare la tubercolosi (TB) e la resistenza antimicrobica (AMR), nonché il rafforzamento delle capacità di prevenzione delle malattie trasmissibili e di altri problemi di salute come le malattie non trasmissibili, la ricerca e lo sviluppo, la condivisione di esperienze, anche sui sistemi di medicina tradizionale, la salute digitale, la medicina nucleare e la scienza radiofarmaceutica, con particolare attenzione al rafforzamento della filiera di fornitura radiofarmaceutica e al potenziamento della produzione di isotopi, oltre a promuovere lo sviluppo di soluzioni digitali avanzate, contribuisce notevolmente agli sforzi internazionali pertinenti.
95. Sosteniamo le iniziative del BRICS R&D Vaccine Center, l’ulteriore sviluppo del BRICS Integrated Early Warning System per prevenire i rischi di malattie infettive di massa e le operazioni del BRICS TB Research Network. Accogliamo con favore i risultati del 79° incontro di alto livello dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite (UNGA) sull’AMR, che si impegna a raggiungere un insieme chiaro di obiettivi e azioni, tra cui la riduzione del 10% entro il 2030 dei circa 4,95 milioni di decessi umani associati alla resistenza antimicrobica batterica (AMR) all’anno entro il 2030. Esprimiamo preoccupazione per la crescente minaccia dell’AMR per tutti i settori dell’economia, in particolare l’assistenza sanitaria, e prendiamo atto della tempestività della prima conferenza BRICS sull’AMR a maggio 2024.
96. Ricordando il notevole potenziale dei paesi BRICS nel campo della medicina nucleare, accogliamo con favore la decisione di istituire un gruppo di lavoro BRICS sulla medicina nucleare. Prendiamo atto del successo dello svolgimento del primo forum sulla medicina nucleare BRICS il 20-21 giugno 2024 a San Pietroburgo e della pubblicazione della BRICS Review of Best Practices in Nuclear Medicine.
97. Accogliamo con favore la pubblicazione della prima edizione del BRICS Health Journal e prendiamo atto della creazione della BRICS Medical Association. Sosteniamo il lancio del BRICS Public Health Institutes Network, una piattaforma progettata per lo scambio di esperienze e best practice nel rafforzamento e nella protezione della salute pubblica.
98. Attendiamo con ansia una cooperazione BRICS rafforzata, anche attraverso meccanismi consolidati nelle applicazioni satellitari di telerilevamento per lo sviluppo economico e sociale dei paesi BRICS, anche a sostegno della lotta al cambiamento climatico, della riduzione del rischio di catastrofi e dei sistemi di allerta precoce. Incoraggiamo il rafforzamento del dialogo interagenzia per esplorare ulteriormente le possibilità di cooperazione nell’esplorazione e nell’uso pacifici dello spazio e, a questo proposito, accogliamo con favore la dichiarazione dei responsabili delle agenzie spaziali BRICS.
99. Riconoscendo che i paesi BRICS hanno un enorme potenziale turistico, accogliamo con favore i risultati del primo BRICS Tourism Forum, tenutosi a Mosca il 20-21 giugno 2024. Ci impegniamo a rafforzare ulteriormente la connettività tra le persone, migliorando la cooperazione multi-stakeholder e sviluppando progetti congiunti nella sfera turistica. Apprezziamo l’adozione della Roadmap for BRICS Tourism Cooperation volta a facilitare gli scambi turistici, lo sviluppo delle competenze, la promozione del turismo sostenibile e la digitalizzazione dei servizi turistici.
100. Riaffermiamo il nostro impegno a promuovere e sviluppare ulteriormente la cooperazione nel campo del diritto e della politica della concorrenza tra i paesi BRICS al fine di contribuire allo sviluppo sostenibile dei mercati, combattere efficacemente le pratiche transfrontaliere anticoncorrenziali e promuovere un ambiente di mercato sano. Riconosciamo il ruolo delle attività del BRICS International Competition Law and Policy Center nella creazione e condivisione di conoscenze tra le autorità di concorrenza BRICS e l’importanza di garantire le condizioni più favorevoli per lo sviluppo del diritto della concorrenza delle economie BRICS e lavorare per l’eliminazione delle barriere monopolistiche nei mercati socialmente importanti. Accogliamo con favore lo svolgimento della IX BRICS International Competition Conference nel 2025 in Sud Africa.
101. Accogliamo con favore la continua evoluzione della cooperazione tra i paesi BRICS, tra cui, ma non solo, un’ulteriore discussione sull’Accordo di mutua assistenza amministrativa, la firma del Piano d’azione congiunto per gli operatori economici autorizzati BRICS tra le amministrazioni doganali BRICS verso il reciproco riconoscimento dei rispettivi programmi di operatori economici autorizzati. Tale cooperazione consente l’inclusione di nuovi paesi e la loro introduzione nel processo stabilito, il rafforzamento delle capacità, la cooperazione delle forze dell’ordine e il rafforzamento della cooperazione tra i centri di formazione doganale BRICS per implementare attività di formazione doganale congiunte e l’istituzione di centri di eccellenza BRICS e delle relative piattaforme online.
102. Riconoscendo l’importanza di migliorare ulteriormente e istituzionalizzare la cooperazione fiscale dei BRICS, accogliamo con favore l’adozione del BRICS Heads of Tax Authorities Governance Framework come un passo importante verso una cooperazione fiscale sistematica e coerente tra i paesi BRICS.
103. Accogliamo con favore la risoluzione 78/230 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite sulla promozione di una cooperazione fiscale internazionale inclusiva ed efficace presso le Nazioni Unite. Esprimiamo il nostro apprezzamento per l’impegno e la dedizione nello sviluppo dei Termini di riferimento per una Convenzione quadro delle Nazioni Unite sulla cooperazione fiscale internazionale (UNFCITC) da parte del Comitato ad hoc delle Nazioni Unite. Riconosciamo l’importanza critica di sviluppare l’UNFCITC con i suoi primi Protocolli per rafforzare la cooperazione fiscale internazionale e renderla pienamente inclusiva e più efficace. Ci aspettiamo che l’attuazione dell’UNFCITC promuoverà un sistema fiscale internazionale inclusivo, equo, trasparente, efficiente, equo ed efficace per lo sviluppo sostenibile, al fine di migliorare la legittimità, la certezza, la resilienza e l’equità delle norme fiscali internazionali, affrontando al contempo le sfide per rafforzare la mobilitazione delle risorse nazionali. Sosteniamo iniziative volte a migliorare la cooperazione fiscale e a costruire un sistema fiscale internazionale più progressivo, stabile ed efficace, promuovendo la trasparenza fiscale e facilitando le discussioni sulla tassazione effettiva degli individui con un elevato patrimonio netto.
104. Riconosciamo il ruolo degli strumenti di standardizzazione nella facilitazione del commercio e concordiamo di rafforzare la cooperazione reciprocamente vantaggiosa nell’ambito della standardizzazione.
105. Riconoscendo l’importanza di dati, statistiche e informazioni per un processo decisionale efficace, esprimiamo il nostro sostegno al miglioramento della cooperazione statistica all’interno dei BRICS, inclusa la pubblicazione annuale della BRICS Joint Statistical Publication e del BRICS Joint Statistical Publication Snapshot, nonché lo scambio di best practice nelle aree delle statistiche ufficiali nei paesi membri dei BRICS.
106. Accogliamo con favore la cooperazione degli uffici per la proprietà intellettuale (IP) dei BRICS e lo scambio di best practice ed esperienze nel campo della PI, in particolare su questioni tecnologiche avanzate, volte a supportare i titolari dei diritti, comprese le PMI e i talenti, nella protezione, commercializzazione e utilizzo della PI.
107. Ribadiamo la necessità di rafforzare ulteriormente la cooperazione BRICS nel campo della gestione dei disastri. Sottolineiamo l’importanza di migliorare i sistemi e le capacità nazionali di riduzione del rischio di catastrofi in modo da ridurre i danni correlati ai disastri e proteggere le infrastrutture, le vite umane e i mezzi di sussistenza. A questo proposito, incoraggiamo il rafforzamento della capacità di riduzione del rischio di catastrofi completa dei paesi BRICS per resistere efficacemente ai disastri naturali, tra cui inondazioni, siccità, terremoti, incendi boschivi, ecc. Sosteniamo il dialogo rafforzato sullo sviluppo di sistemi per il monitoraggio dei pericoli naturali, la previsione dei disastri naturali e delle loro possibili conseguenze, incluso l’uso dell’osservazione satellitare della Terra, promuovendo lo sviluppo di sistemi di informazione e di allerta precoce per i disastri naturali.
108. Riaffermiamo il nostro impegno a rafforzare la cooperazione BRICS nello sviluppo del mercato del lavoro e a promuovere un’occupazione di alta qualità e piena attraverso uno sviluppo economico e sociale sostenibile, un ambiente di mercato del lavoro inclusivo e incentrato sull’uomo. Ci impegniamo a continuare gli sforzi per sviluppare strategie complete per l’apprendimento permanente, l’orientamento professionale, l’istruzione professionale continua e la formazione professionale per garantire che i lavoratori siano dotati delle competenze necessarie per il futuro del lavoro e un mercato del lavoro resiliente ed equo. Sottolineiamo l’importanza di regolamentare l’occupazione tramite piattaforma per garantire un lavoro dignitoso, una retribuzione equa e una protezione sociale per tutti. Ci impegniamo a migliorare la sicurezza e l’ambiente di lavoro sano e a modernizzare i sistemi di sostegno sociale e ad adottare tutte le misure pertinenti per ridurre gli infortuni e le malattie professionali per soddisfare le diverse esigenze delle nostre popolazioni.
109. Sottolineiamo l’importante ruolo che la revisione contabile del settore pubblico svolge nel garantire efficienza, responsabilità, efficacia e trasparenza della pubblica amministrazione nei paesi BRICS e nel mantenere la loro stabilità finanziaria ed economica. Accogliamo con favore una maggiore interazione e condivisione delle migliori pratiche tra le istituzioni di revisione suprema dei paesi BRICS. Prestiamo inoltre particolare attenzione alla necessità di migliorare le attività delle istituzioni di revisione contabile esterne del settore pubblico che operano a livello regionale e locale nei paesi BRICS, in conformità con i mandati e le procedure delle istituzioni di revisione suprema, ove appropriato.
110. Riconosciamo la necessità di approfondire la cooperazione nel campo della giustizia all’interno del quadro BRICS e riconosciamo il primo incontro dei Ministri della Giustizia BRICS. Riconosciamo l’importanza di attrarre investimenti e sviluppare le economie dei paesi BRICS e sviluppare un quadro solido per affrontare le lamentele degli investitori con ulteriori consultazioni e deliberazioni tra i paesi BRICS. Prendiamo nota dell’iniziativa russa di istituire il BRICS International Investment Arbitration Centre.
111. Riconosciamo l’enorme potenziale dei paesi BRICS nell’ambito della scienza, tecnologia e innovazione (STI) e il protocollo proposto al Memorandum d’intesa sulla cooperazione in STI. Elogiamo il lavoro del comitato direttivo BRICS STI come uno dei meccanismi cruciali per gestire e garantire il successo delle attività BRICS STI. Accogliamo con favore l’istituzione del gruppo di lavoro BRICS incentrato sulla ricerca in scienze sociali e umanistiche e l’adattamento dei termini di riferimento (ToR) del programma quadro BRICS STI per gestire in modo appropriato l’ulteriore gestione dei bandi congiunti per proposte a supporto del lavoro di ricerca, incluso il lancio anticipato dei progetti faro BRICS STI. Riconoscendo l’importante ruolo dei sistemi e dei database scientometrici nel mondo scientifico moderno e considerando il potenziale di ricerca dei paesi BRICS, incoraggiamo iniziative volte a esplorare sistemi e database scientometrici nei paesi BRICS.
112. Sottolineiamo inoltre l’importanza della scienza, della tecnologia e dell’innovazione come catalizzatori critici per lo sviluppo economico e il miglioramento della qualità della vita delle persone nelle nazioni BRICS. Notiamo inoltre i progressi compiuti nel promuovere programmi di ricerca, sviluppo e innovazione in settori trasversali critici, tra cui i settori biomedici, le energie rinnovabili, le scienze spaziali e astronomiche, le scienze oceaniche e polari, attraverso progetti congiunti di ricerca e innovazione e la promozione di scambi istituzionali congiunti. Elogiamo il settore STI per aver istituito il Programma quadro STI per un possibile finanziamento di ricerca e innovazione collaborativa congiunta in aree scientifiche prioritarie. Incoraggiamo i paesi membri BRICS a esplorare la possibilità di stanziare finanziamenti per la ricerca e lo sviluppo, in particolare per supportare iniziative di innovazione per startup e PMI, allineandosi alle loro priorità e strategie nazionali. Incoraggiamo l’istituzione di centri di incubazione e startup per promuovere innovazione e tecnologia all’interno del Programma quadro STI BRICS.
113. Notiamo con apprezzamento le misure adottate dai paesi BRICS per stabilire quadri per la creazione di capacità nello sviluppo di politiche STI; piattaforme per studi di previsione tecnologica; e supporto delle capacità di giovani scienziati e innovatori. Incoraggiamo tutti i paesi membri BRICS a esplorare modi per migliorare gli investimenti nelle infrastrutture di ricerca per promuovere capacità scientifiche e competitività.
114. Accogliamo con favore l’ampliamento della BRICS Network University e l’espansione delle sue aree di ricerca, tra cui matematica, scienze naturali, scienze sociali e umanitarie, agricoltura sostenibile e sicurezza alimentare, scienze della salute. Accettiamo di esplorare opportunità di cooperazione tra gli stati membri BRICS per promuovere lo sviluppo del quadro per il riconoscimento reciproco delle qualifiche. Sosteniamo il dialogo continuo sui sistemi di valutazione della qualità per le università BRICS, in linea con i loro sistemi educativi nazionali.
115. Riaffermiamo il nostro impegno a migliorare la cooperazione in materia di istruzione e formazione tecnica e professionale (TVET) dei BRICS e apprezziamo il ruolo fondamentale della BRICS TVET Cooperation Alliance come piattaforma multilaterale per il dialogo, la condivisione di esperienze e la collaborazione progettuale. Attendiamo con ansia ulteriori discussioni sulla valutazione qualitativa e quantitativa dei sistemi di istruzione e formazione tecnica e professionale attraverso progetti di ricerca congiunti. Sosteniamo l’istituzione del BRICS Digital Education Cooperation Mechanism come risultato del processo consultivo concordato dai ministri dell’istruzione BRICS nella dichiarazione di Skukuza del 2023 e nella dichiarazione di Kazan del 2024.
116. Apprezziamo l’iniziativa di stabilire il 18 agosto il BRICS Geographer’s Day come festa professionale annuale volta a promuovere la ricerca congiunta nelle scienze geografiche e geospaziali all’interno dei BRICS per migliorare le capacità nell’affrontare le sfide dello sviluppo sostenibile.
117. Accogliamo con favore l’organizzazione del Global Education Meeting il 1° novembre 2024 a Fortaleza, in Brasile, dedicato all’SDG 4 e guidato dall’UNESCO, che per la prima volta si terrà in un paese del Sud del mondo.
118. Riconoscendo che lo sviluppo di prodotti ad alta tecnologia basati sulla capacità tecnologica nazionale è un fattore che predetermina la competitività delle economie nazionali contribuendo a una crescita economica sostenibile e inclusiva, incoraggiamo la cooperazione tecnologica tra i paesi BRICS. Riconosciamo l’iniziativa della Presidenza sulla BRICS New Technological Platform sotto l’egida del BRICS Business Council, volta a promuovere la cooperazione tecnologica e di innovazione tra i paesi BRICS. Prendiamo atto dei risultati del BRICS Solutions Award 2024 che ha distinto le migliori pratiche tecnologiche in aree prioritarie di sviluppo innovativo nei paesi BRICS.
Rafforzare gli scambi tra le persone per lo sviluppo sociale ed economico
119. Riaffermiamo l’importanza degli scambi tra le persone dei BRICS nel migliorare la comprensione reciproca, l’amicizia e la cooperazione. Apprezziamo gli eventi, tenuti sotto la presidenza russa nel 2024, compresi i settori dei media, della cultura, dell’istruzione, dello sport, delle arti, dei giovani, della società civile, della diplomazia pubblica e degli scambi accademici e riconosciamo che gli scambi tra le persone svolgono un ruolo essenziale nell’arricchire le nostre società e nello sviluppo delle nostre economie. A questo proposito, chiediamo maggiori sforzi per rispettare la diversità delle culture, dare grande valore all’eredità, all’innovazione e alla creatività, sostenere congiuntamente solidi scambi e cooperazione internazionali tra le persone e riconoscere l’adozione della risoluzione A/RES/78/286 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite intitolata “Giornata internazionale per il dialogo tra le civiltà”.
120. Sottolineiamo il nostro impegno a migliorare la cooperazione internazionale in materia di istruzione, scienza, cultura, comunicazione e informazione in vista della complessità delle sfide e delle trasformazioni contemporanee e, a questo proposito, notiamo la rilevanza dei principi stabiliti nella Costituzione dell’UNESCO e il suo mandato di promuovere la cooperazione e la pace attraverso la collaborazione internazionale che dovrebbe essere basata sull’uguaglianza, il dialogo, le attività programmatiche obbligatorie e lo spirito di consenso. Ricordiamo il Quadro UNESCO per l’educazione alla cultura e alle arti che è stato adottato all’unanimità ad Abu Dhabi, Emirati Arabi Uniti, nel febbraio 2024.
121. Sottolineiamo il ruolo vitale della cultura nello sviluppo sostenibile in quanto apporta notevoli benefici alla crescita economica, alla coesione sociale e al benessere generale. In questo contesto, riaffermiamo l’importanza di rafforzare la cooperazione BRICS nei campi della cultura e della conservazione del patrimonio culturale. Diamo il benvenuto al BRICS Culture Festival che mette in risalto la diversità e la ricchezza delle culture BRICS e funge da catalizzatore per promuovere una maggiore comprensione reciproca tra le nostre nazioni. Diamo anche il benvenuto al BRICS Film Festival e ai concerti musicali. Incoraggiamo la partecipazione alle BRICS Alliances, tra cui l’Alliance of Museums, l’Alliance of Museums and Art Galleries, l’Alliance of Libraries e l’Alliance of Theatres for Children and Young People. Diamo il benvenuto all’istituzione della BRICS Alliance of Folk Dance e incoraggiamo l’istituzione di una BRICS Film Schools Alliance.
122. Consideriamo queste alleanze ideali per supportare lo scambio culturale, la condivisione delle conoscenze e la conservazione del nostro patrimonio comune. Attraverso queste iniziative, miriamo ad approfondire i legami culturali, migliorare l’apprezzamento reciproco e contribuire a un mondo più interconnesso. Sottolineiamo l’importanza della cooperazione BRICS nei campi della conservazione del patrimonio culturale e della cultura. Ricordando la Conferenza mondiale dell’UNESCO sulle politiche culturali e lo sviluppo sostenibile e la Dichiarazione dei leader del G20 di Nuova Delhi del 2023, riconosciamo il potere della cultura come catalizzatore per lo sviluppo sostenibile, tra cui creatività, innovazione e crescita economica inclusiva, coesione sociale e protezione ambientale.
123. Sottolineiamo che tutti i paesi BRICS hanno una ricca cultura sportiva tradizionale e concordiamo di sostenerci a vicenda nella promozione degli sport tradizionali e indigeni tra i paesi BRICS e in tutto il mondo. Ci opponiamo fermamente a qualsiasi forma di discriminazione basata su età, sesso, disabilità, razza, etnia, origine, religione, stato economico o altro degli atleti. Riconosciamo l’importanza di eventi sportivi congiunti BRICS, incontri, conferenze, seminari nel campo della scienza dello sport e della medicina sportiva.
124. Attribuiamo grande importanza al ruolo dei BRICS nello sviluppo di legami sportivi tra i paesi BRICS, inclusi sport di massa, giovanili, scolastici e studenteschi, sport ad alta priorità, parasport, sport nazionali e tradizionali. A questo proposito, apprezziamo molto la presidenza russa per aver ospitato i BRICS Games a Kazan a giugno, che hanno riunito partecipanti in 27 discipline sportive.
125. Ribadiamo la necessità di sviluppare ulteriormente gli scambi tra giovani, anche in settori quali istruzione, formazione, sviluppo delle competenze, scienza, tecnologia, innovazione, imprenditorialità, stile di vita sano e sport, nonché servizio alla comunità e volontariato. Valutiamo positivamente i risultati del BRICS Youth Summit, tenutosi a Ulyanovsk a luglio 2024, e ne riconosciamo il valore come piattaforma per una discussione aperta e un’interazione costruttiva tra i giovani dei paesi BRICS. Intendiamo promuovere ulteriormente il BRICS Youth Council che funge da meccanismo per lo sviluppo e il consolidamento dell’agenda per i giovani all’interno dell’alleanza. Accettiamo di esplorare la possibilità di organizzare missioni educative nei paesi BRICS per sensibilizzare i giovani sui valori e i principi dei BRICS.
126. Ci impegniamo a promuovere ulteriormente l’interazione interparlamentare tra gli stati membri BRICS attraverso uno scambio regolare di opinioni, esperienze e buone pratiche in linea con il Memorandum sul BRICS Parliamentary Forum firmato il 28 settembre 2023 a Johannesburg e il suo Protocollo firmato il 12 luglio 2024. A questo proposito, accogliamo con favore il successo dello svolgimento del X BRICS Parliamentary Forum a San Pietroburgo l’11 e il 12 luglio 2024.
127. Riconosciamo che il dialogo tra i partiti politici dei paesi BRICS svolge un ruolo costruttivo nel creare consenso e migliorare la cooperazione. Prendiamo atto del successo dell’organizzazione del BRICS Political Parties Dialogue a Vladivostok nel giugno 2024 e diamo il benvenuto ad altri paesi BRICS per continuare la tradizione di organizzare questo evento in futuro.
128. Elogiamo i progressi compiuti dai paesi BRICS nella promozione di alloggi a prezzi accessibili e sviluppo urbano e resilienza e apprezziamo il contributo di meccanismi tra cui il BRICS Urbanization Forum, il BRICS Friendship Cities and Local Governments Cooperation Forum e il BRICS Municipal Forum per facilitare la creazione di più relazioni di amicizia tra città tra i paesi BRICS e promuovere l’attuazione dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.
129. Elogiamo il successo dell’organizzazione del BRICS Business Forum. Accogliamo con favore l’auto-riflessione del BRICS Business Council con un focus sulle pietre miliari raggiunte e sulle aree di miglioramento. Sosteniamo le attività del BRICS Business Council in diversi ambiti, tra cui agricoltura, finanza e investimenti, infrastrutture, trasporti e logistica, economia digitale, produzione energetica e sviluppo sostenibile.
130. Riconosciamo il ruolo cruciale delle donne nello sviluppo politico, sociale ed economico. Sottolineiamo l’importanza dell’emancipazione femminile e della loro piena partecipazione sulla base dell’uguaglianza in tutte le sfere della società, inclusa la loro partecipazione attiva nei processi decisionali, anche in posizioni di alto livello, che sono fondamentali per il raggiungimento dell’uguaglianza, dello sviluppo e della pace. Riconosciamo che l’imprenditorialità inclusiva e l’accesso ai finanziamenti per le donne faciliterebbero la loro partecipazione a iniziative imprenditoriali, innovazione ed economia digitale. A questo proposito, accogliamo con favore i risultati della riunione ministeriale sugli affari delle donne e del BRICS Women’s Forum tenutosi a settembre a San Pietroburgo sul tema “Donne; Governance e leadership” e riconosciamo il prezioso contributo di questi incontri annuali allo sviluppo e al consolidamento dell’emancipazione femminile in tutti e tre i pilastri della cooperazione BRICS.
131. Apprezziamo gli sforzi della BRICS Women’s Business Alliance per promuovere l’imprenditoria femminile, tra cui il lancio della Common BRICS Women’s Business Alliance Digital Platform, la tenuta del primo BRICS Women’s Entrepreneurship Forum a Mosca il 3-4 giugno 2024 e il primo BRICS Women’s Startups Contest. Sosteniamo l’ulteriore rafforzamento della cooperazione tra la BRICS Women’s Business Alliance e le imprenditrici del Sud del mondo, tra cui l’istituzione di uffici regionali, ove opportuno.
132. Incoraggiamo il rafforzamento dei legami tra le comunità di esperti e la società civile dei paesi BRICS. A questo proposito, accogliamo con favore il successo dello svolgimento del BRICS Academic Forum e del BRICS Civil Forum, le attività del BRICS Think Tank Council che rafforzano la cooperazione nella ricerca e nello sviluppo delle capacità tra le comunità accademiche dei paesi BRICS e il lancio del BRICS Think Tank Network for Finance che supporterà le discussioni del BRICS Financial Track. Appoggiamo l’istituzione del Civil BRICS Council.
133. Elogiamo la presidenza BRICS della Russia nel 2024 ed esprimiamo la nostra gratitudine al governo e al popolo della Federazione Russa per aver tenuto il XVI BRICS Summit nella città di Kazan.
134. Estendiamo pieno supporto al Brasile per la sua presidenza BRICS nel 2025 e per lo svolgimento del XVII BRICS Summit in Brasile.
Salendo verso la cima, bucando le nuvole e la nebbia.
Promuovere lo sviluppo di qualità della cooperazione BRICS
– Discorso al sedicesimo incontro dei leader dei BRICS
(Kazan, 23 ottobre 2024)
Xi Jinping, Presidente della Repubblica Popolare Cinese
Onorevole Presidente Putin,
Colleghi:
Congratulazioni per il successo della convocazione del Vertice, e grazie al Presidente Putin e alla Russia ospitante per la premurosa organizzazione e la calorosa ospitalità..
Vorrei cogliere questa opportunità per dare ancora una volta il benvenuto ai nuovi membri della famiglia BRICS.L’espansione è un’importante pietra miliare nella storia dei BRICS e un evento epocale nell’evoluzione del panorama internazionale.In occasione di questo vertice, abbiamo deciso di invitare una serie di Paesi a diventare Paesi partner dei BRICS.Questo è un altro importante sviluppo nel processo di sviluppo dei BRICS.Come dicono spesso i cinesi, “quando un gentiluomo si occupa di una questione, è vantaggioso per lui essere in armonia con la rettitudine”.I Paesi BRICS si sono riuniti sulla base del loro comune obiettivo e in linea con la tendenza generale della pace e dello sviluppo mondiale.Dovremmo fare buon uso di questo vertice per mantenere lo slancio dello sviluppo dei BRICS, pianificare le questioni generali, direzionali e strategiche, lavorare insieme, andare avanti con coraggio e determinazione e promuovere la partenza collettiva dei Paesi BRICS..
Attualmente il mondo è entrato in un nuovo periodo di turbolenze e cambiamenti e si trova di fronte a una scelta critica.Dobbiamo lasciare che il mondo sia in tumulto o dobbiamo spingerlo a tornare sulla giusta via dello sviluppo pacifico?Penso al libro dello scrittore russo Chernyshevsky “Che fare?La forte volontà e la passione per la lotta del protagonista del libro sono proprio la forza spirituale di cui abbiamo bisogno in questo momento.Quanto più grande è la tempesta dei tempi, tanto più dobbiamo resistere alla marea, con la volontà di perseverare, il coraggio di essere i primi, la consapevolezza del cambiamento e dell’adattabilità, per fare dei BRICS un canale importante per promuovere la solidarietà e la cooperazione nel “Sud globale”, e una forza pionieristica per promuovere cambiamenti nella governance globale.
Costruiremo un BRICS per la pace e saremo i guardiani della sicurezza comune.L’umanità è una comunità di sicurezza indivisibile.Solo praticando un concetto di sicurezza comune, globale, cooperativo e sostenibile possiamo percorrere il cammino della sicurezza universale.La crisi in Ucraina continua a trascinarsi.Cina e Brasile, insieme ai Paesi del Sud globale, hanno lanciato un gruppo di “amici della pace” sulla crisi ucraina, con l’obiettivo di riunire più voci impegnate per la pace.Dobbiamo aderire ai tre principi di “nessuna fuoriuscita dal teatro di guerra, nessuna escalation di combattimenti e nessuna escalation di fuoco da tutte le parti”, in modo da promuovere una de-escalation della situazione il prima possibile.La situazione umanitaria a Gaza ha continuato a deteriorarsi, i combattimenti in Libano sono ripresi e il conflitto tra le parti interessate si è ulteriormente inasprito.Dobbiamo spingere per un cessate il fuoco il prima possibile, fermare le uccisioni e lavorare instancabilmente per una soluzione globale, giusta e duratura alla questione della Palestina..
Costruiremo un “BRICS dell’innovazione” e saremo i precursori di uno sviluppo di alta qualità.La nuova rivoluzione scientifica e tecnologica e le trasformazioni industriali si stanno sviluppando rapidamente.Dobbiamo stare al passo con i tempi e promuovere una nuova produttività di qualità.La Cina ha recentemente istituito il Centro Cina-BRICS per lo sviluppo e la cooperazione sull’intelligenza artificiale ed è disposta ad approfondire la cooperazione innovativa con tutte le parti per liberare l’energia dell’intelligenza artificiale.La Cina istituirà anche un centro di ricerca internazionale BRICS sulle risorse di acque profonde, un centro BRICS per la cooperazione sulle zone economiche speciali in Cina, un centro BRICS per la capacità industriale in Cina e una rete BRICS per la cooperazione sull’industria digitale e l’ecologia.Tutte le parti sono invitate a partecipare attivamente alla promozione della qualità e del miglioramento della cooperazione BRICS..
–Costruiremo un “BRICS verde” e diventeremo praticanti dello sviluppo sostenibile.Il verde è il colore dei tempi e i Paesi BRICS dovrebbero prendere l’iniziativa di integrarsi nella trasformazione globale verde e a basse emissioni di carbonio.I veicoli elettrici, le batterie al litio, i prodotti fotovoltaici e altre capacità produttive di alta qualità della Cina forniscono un importante impulso allo sviluppo verde del mondo.La Cina è disposta a sfruttare appieno i propri vantaggi e ad ampliare la cooperazione con i Paesi BRICS nei settori dell’industria verde, dell’energia pulita e dei minerali verdi, promuovendo lo sviluppo dell’intera catena industriale, in modo da arricchire il “contenuto verde” della cooperazione e migliorare il “contenuto aureo” dello sviluppo.”L’azienda sta inoltre lavorando allo sviluppo di un’industria verde e di un’industria mineraria verde..
Costruiremo i BRICS per la giustizia e assumeremo la guida della riforma del sistema di governance globale.L’equilibrio di potere internazionale è in profonda evoluzione, ma la riforma del sistema di governance globale è rimasta a lungo indietro.Dobbiamo praticare un autentico multilateralismo, aderire al concetto di governance globale basata sulla causa comune e sulla responsabilità condivisa e guidare la riforma della governance globale basata sui concetti di equità, giustizia, apertura e inclusione.Dovremmo rispondere all’emergere del “Sud globale”, rispondere attivamente alle richieste dei Paesi di aderire al meccanismo di cooperazione dei BRICS, portare avanti il processo di espansione dei membri e la creazione di Paesi partner e rafforzare la rappresentanza e la voce dei Paesi in via di sviluppo nella governance globale..
Nelle circostanze attuali, l’urgenza di riformare l’architettura finanziaria internazionale è straordinaria.I Paesi BRICS dovrebbero svolgere un ruolo di primo piano nell’approfondimento della cooperazione finanziaria, nella promozione della connettività delle infrastrutture finanziarie, nel mantenimento di un elevato livello di sicurezza finanziaria, nell’espansione e nel rafforzamento della Nuova Banca di Sviluppo (NDB) e nella promozione del sistema finanziario internazionale affinché rifletta meglio i cambiamenti dell’economia mondiale..
Costruiremo un BRICS dell’umanità e saremo sostenitori dell’armonia e della coesistenza civile.I Paesi BRICS hanno una storia ricca e una cultura brillante.Dovremmo sostenere attivamente la coesistenza tollerante di civiltà diverse, rafforzare lo scambio di esperienze nella governance e sfruttare il potenziale di cooperazione nell’istruzione, nello sport e nelle arti, in modo che le diverse civiltà possano mescolarsi e illuminare il cammino dei BRICS.L’anno scorso ho proposto l’iniziativa di cooperazione per l’istruzione digitale dei BRICS e sono lieto di vedere che questo meccanismo è già stato messo in pratica.La Cina attuerà il programma di sviluppo delle capacità educative digitali dei BRICS, istituirà 10 centri di apprendimento all’estero nei Paesi BRICS nei prossimi cinque anni, offrirà opportunità di formazione a 1.000 manager dell’istruzione, insegnanti e studenti e aiuterà gli scambi umanistici dei BRICS a diventare più profondi e pratici..
Colleghi!
La Cina è pronta a lavorare con i Paesi BRICS per creare una nuova situazione di sviluppo di alta qualità della cooperazione BRICS, e a unire le mani con più Paesi del Sud globale per promuovere la costruzione di una comunità di destino condiviso per l’umanità!.
Congratulazioni al Presidente Putin per l’eccellente organizzazione del 16° Vertice BRICS.
E, ancora una volta, un caloroso benvenuto a tutti i nuovi amici che si sono uniti ai BRICS. Nel suo nuovo avatar, i BRICS rappresentano il 40% dell’umanità mondiale e circa il 30% dell’economia globale.
Negli ultimi quasi due decenni, i BRICS hanno raggiunto molte pietre miliari.Sono fiducioso che nei tempi a venire questa organizzazione emergerà come un mezzo più efficace per affrontare le sfide globali.
Vorrei anche portare un caloroso saluto a Sua Eccellenza Dilma Rousseff, Presidente della Nuova Banca di Sviluppo.
Amici,
Negli ultimi dieci anni, questa banca è emersa come un’opzione importante per le esigenze di sviluppo dei Paesi del Sud globale. L’apertura di GIFT o Gujarat International Finance Tech City in India, nonché di centri regionali in Africa e Russia, ha dato impulso alle attività di questa banca. Inoltre, sono stati approvati progetti di sviluppo per un valore di circa 35 miliardi di dollari. La NDB dovrebbe continuare a lavorare sulla base del principio della domanda. E, mentre si espande la banca, garantire la sostenibilità finanziaria a lungo termine, un rating creditizio sano e l’accesso al mercato dovrebbe rimanere una priorità.
Amici,
Nel suo nuovo avatar espanso, il BRICS è emerso come un’economia di oltre 30.000 miliardi di dollari.Il Consiglio d’affari BRICS e l’Alleanza delle donne d’affari BRICS hanno svolto un ruolo speciale nell’aumentare la nostra cooperazione economica.
Quest’anno, il consenso raggiunto all’interno dei BRICS sulle riforme dell’OMC, sulla facilitazione del commercio in agricoltura, sulle catene di approvvigionamento resilienti, sul commercio elettronico e sulle zone economiche speciali rafforzerà la nostra cooperazione economica.In mezzo a tutte queste iniziative, dovremmo anche concentrarci sugli interessi delle piccole e medie industrie.
Sono lieto che il BRICS Startup Forum proposto durante la presidenza indiana nel 2021 sarà lanciato quest’anno. Anche l’iniziativa della Rete di ricerca ferroviaria intrapresa dall’India sta svolgendo un ruolo importante nell’aumentare la connettività della logistica e della catena di approvvigionamento tra i Paesi BRICS. Quest’anno, il consenso raggiunto dai Paesi BRICS, in collaborazione con l’UNIDO, per preparare una forza lavoro qualificata per l’Industria 4.0 è piuttosto significativo.
Il Centro di ricerca e sviluppo sui vaccini BRICS, lanciato nel 2022, sta contribuendo ad aumentare la sicurezza sanitaria in tutti i Paesi. Saremo lieti di condividere l’esperienza di successo dell’India nel campo della salute digitale con i partner BRICS.
Amici,
Il cambiamento climatico è stato un argomento di nostra comune priorità.
Il consenso raggiunto per il Partenariato aperto del mercato del carbonio dei BRICS sotto la presidenza della Russia è benvenuto. Anche in India si sta ponendo particolare enfasi sulla crescita verde, sulle infrastrutture resilienti al clima e sulla transizione verde. In effetti, l’India ha intrapreso diverse iniziative come l’International Solar Alliance, la Coalition for Disaster Resilient Infrastructure, la Mission LiFE, ovvero lo stile di vita per l’ambiente, Ek Ped Maa Ke Naam o un albero in nome della madre.
L’anno scorso, durante la COP-28, abbiamo avviato un’importante iniziativa chiamata Green Credit.Invito i partner BRICS ad aderire a queste iniziative.
Particolare enfasi viene posta sulla costruzione di infrastrutture in tutti i Paesi BRICS.
Abbiamo creato una piattaforma digitale chiamata portale Gati-Shakti per espandere rapidamente la connettività multimodale in India. Questo ha contribuito alla pianificazione e all’attuazione dello sviluppo integrato delle infrastrutture e ha ridotto i costi logistici.
Saremo lieti di condividere le nostre esperienze con tutti voi.
Amici,
Accogliamo con favore gli sforzi per aumentare l’integrazione finanziaria tra i Paesi BRICS.
Il commercio in valute locali e la fluidità dei pagamenti transfrontalieri rafforzeranno la nostra cooperazione economica. L’Interfaccia Unificata dei Pagamenti (UPI) sviluppata dall’India è un grande successo ed è stata adottata in molti Paesi.
L’anno scorso, insieme a Sua Altezza lo Sceicco Mohamed, è stata lanciata anche negli EAU. Possiamo anche cooperare con altri Paesi BRICS in questo settore.
Amici,
l’India è pienamente impegnata ad aumentare la cooperazione nell’ambito dei BRICS.
La nostra forte convinzione nella nostra diversità e multipolarità è la nostra forza. Questa nostra forza e la nostra comune fede nell’umanità contribuiranno a dare una forma significativa a un futuro prospero e luminoso per le generazioni a venire.
Ringrazio tutti per le importantissime e preziose discussioni di oggi.
In qualità di prossimo Presidente dei BRICS, porgo i miei più sentiti auguri al Presidente Lula. L’India darà il suo pieno sostegno per il successo della sua presidenza dei BRICS.
Ancora una volta, molte grazie al Presidente Putin e a tutti i leader.
DISCLAIMER – Questa è la traduzione approssimativa del discorso del Primo Ministro. Le osservazioni originali sono state pronunciate in hindi.
All’incontro hanno partecipato anche il ministro degli Esteri brasiliano Mauro Luiz Iecker Vieira, la presidente della New Development Bank Dilma Rousseff , il presidente del BRICS Business Council, il presidente della Camera di commercio e industria russa Sergei Katyrin , la presidente della BRICS Women’s Business Alliance, la presidente del consiglio di amministrazione di Global Rus Trade Anna Nesterova e il presidente del BRICS Interbank Cooperation Mechanism, il presidente della VEB.RF State Development Corporation Igor Shuvalov .
Da parte russa, all’evento hanno partecipato anche il ministro degli Esteri Sergei Lavrov , il vice primo ministro Alexander Novak , il vice primo ministro Alexei Overchuk , il vice capo di gabinetto dell’ufficio esecutivo presidenziale, il rappresentante speciale del presidente per la cooperazione finanziaria ed economica con gli stati BRICS e l’interazione con la Nuova Banca di sviluppo Maxim Oreshkin , il vice capo di gabinetto dell’ufficio esecutivo presidenziale, il portavoce stampa del presidente Dmitry Peskov , l’assistente del presidente Yury Ushakov , il ministro dell’Industria e del Commercio Anton Alikhanov , il ministro delle Risorse naturali e dell’Ambiente Alexander Kozlov , il ministro dell’Agricoltura Oksana Lut , il ministro dello Sviluppo economico Maxim Reshetnikov , il ministro delle Finanze Anton Siluanov , il ministro dei Trasporti Roman Starovoit , il governatore della Banca centrale Elvira Nabiullina e il capo della Repubblica del Tatarstan Rustam Minnikhanov .
* * *
Presidente della Russia Vladimir Putin : Colleghi,
Capi di Stato,
Signore e signori, amici,
Continuiamo il nostro lavoro in un formato espanso e, prima di farlo, dobbiamo approvare l’ordine del giorno. Tutti voi ne conoscete gli elementi. Qualcuno ha commenti, suggerimenti o emendamenti a riguardo? Nessuno? Allora daremo per scontato che l’ordine del giorno sia stato approvato. Grazie.
Se non avete obiezioni, aprirò la riunione o, meglio, continuerò il nostro lavoro.
Esamineremo alcuni aspetti attuali delle attività dei BRICS, principalmente nei settori economico e umanitario, e ascolteremo i resoconti dei responsabili degli organismi BRICS competenti: la presidente della New Development Bank Dilma Rousseff, il presidente del Business Council Sergei Katyrin, il presidente del Meccanismo di cooperazione interbancaria Igor Shuvalov e la presidente della Women’s Business Alliance Anna Nesterova.
Come abbiamo sottolineato durante il nostro incontro in formato ristretto , il commercio globale e l’economia globale in generale stanno subendo cambiamenti sostanziali. Dal lato positivo, il centro dell’attività commerciale si sta gradualmente spostando verso i mercati in via di sviluppo. Si sta evolvendo un modello multipolare, che genera una nuova ondata di crescita, principalmente nei paesi del Sud e dell’Est del mondo, così come nei paesi BRICS, naturalmente.
Tuttavia, sussiste ancora un notevole potenziale di crisi, non solo a causa delle crescenti tensioni geopolitiche, ma anche a causa della continua crescita dell’onere del debito nei paesi industrializzati e della pratica crescente di sanzioni unilaterali, protezionismo e concorrenza sleale. Una conseguenza diretta di ciò è la frammentazione del commercio internazionale e del mercato degli investimenti diretti esteri, soprattutto nei paesi in via di sviluppo.
La volatilità dei prezzi delle materie prime è elevata e in molti Paesi i ricavi delle aziende e dei privati sono in calo a causa dell’aumento dell’inflazione.
L’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile è in stallo e i paesi meno sviluppati sono quelli che soffrono maggiormente dell’instabilità economica globale, soprattutto a causa dell’inflazione alimentare ed energetica.
Per quanto riguarda le economie BRICS, esse dimostrano generalmente una sufficiente stabilità, grazie alle politiche macroeconomiche, monetarie e finanziarie responsabili dei nostri governi. La maggior parte dei nostri paesi prevede di segnalare tassi di crescita superiori alle aspettative. In particolare, stime provvisorie pongono la crescita media delle economie BRICS al 3,8 percento nel 2024-2025, mentre si stima che il PIL globale aumenterà del 3,2-3,3 percento nello stesso periodo.
La quota dei paesi BRICS in termini di parità del potere d’acquisto (PPA) raggiungerà il 36,7% nel 2024, una quota superiore a quella dei paesi del G7, che era del 30% nel 2023 e crescerà solo leggermente nel 2024.
Sembra che la tendenza a mantenere le posizioni di leadership dei BRICS nell’economia mondiale si consoliderà, principalmente grazie a fattori oggettivi quali la crescita demografica, l’accumulazione di capitale, l’urbanizzazione e la maggiore produttività del lavoro, sostenuti dalle innovazioni tecnologiche.
Per realizzare appieno il potenziale delle nostre economie in crescita e trarre vantaggio dalla nuova ondata di crescita economica globale, i nostri paesi devono rafforzare la cooperazione in settori quali tecnologia, istruzione, sviluppo efficiente delle risorse, commercio e logistica, finanza e assicurazione. Inoltre, dobbiamo aumentare significativamente la portata degli investimenti.
A questo proposito, proponiamo di istituire una nuova piattaforma di investimento BRICS che diventerebbe un potente strumento per sostenere le nostre economie nazionali e fornire risorse finanziarie ai paesi del Sud e dell’Est del mondo.
Vorrei sottolineare che quest’anno i BRICS sono riusciti a coordinare molteplici iniziative volte a raggiungere obiettivi comuni di fondamentale importanza.
Tra questi rientrano, ad esempio, gli sforzi per rendere più resilienti le catene di fornitura e di IVA, per contrastare il protezionismo, per espandere il commercio elettronico e per stabilire contatti tra zone economiche speciali.
Riteniamo che l’avvio di uno speciale meccanismo di consultazione tra i paesi BRICS su questioni relative all’Organizzazione mondiale del commercio ci aiuterà a tracciare una posizione comune per formulare regole del gioco più eque nell’economia globale e per riformare il sistema finanziario internazionale.
È necessario continuare a promuovere congiuntamente approcci ben bilanciati alle questioni legate alla transizione dell’economia globale verso modelli di sviluppo a basse emissioni e contrastare i tentativi di utilizzare l’agenda climatica per estromettere i rivali dal mercato. Ciò è particolarmente vero per i mercati emergenti. Il BRICS Contact Group for Climate and Sustainable Development sta affrontando attivamente queste questioni. Riteniamo che le iniziative dei BRICS sulla partnership per quanto riguarda i mercati del carbonio e la piattaforma di ricerca sul clima siano altamente promettenti.
I paesi BRICS stanno intensificando l’interazione nel tentativo di espandere l’e-commerce senza barriere. La crescita dinamica delle vendite online ha aumentato il numero di controversie commerciali che devono essere risolte in modo rapido ed equo.
La presidenza russa ha proposto di condividere informazioni sulle pratiche per il lancio di servizi online per risolvere le controversie di e-commerce, con un occhio di riguardo alla creazione di procedure quadro congiunte per la risoluzione delle controversie pre-processuali. Vorrei anche ricordare a tutti le nostre iniziative per istituire un BRICS Investment Arbitration Centre e per sviluppare una convenzione sulla risoluzione delle controversie di investimento, che migliorerà la protezione degli investimenti reciproci.
Lo spazio BRICS ospita oltre 2.500 aree economiche speciali. Riteniamo sia importante stabilire collegamenti diretti tra i team di gestione di questi territori con regolamenti preferenziali e agevolati, in modo che possano scambiarsi le migliori pratiche su questioni come la costruzione di hub logistici, la localizzazione della produzione industriale e la creazione di un ambiente competitivo globale favorevole per gli investitori.
Diversi paesi BRICS sono tra i maggiori produttori mondiali di cereali, legumi e semi oleosi. A questo proposito, abbiamo proposto di istituire un BRICS Grain Exchange, che aiuterebbe a scoprire prezzi equi e prevedibili per prodotti e materie prime, poiché queste ultime hanno un ruolo speciale da svolgere nel garantire la sicurezza alimentare.
Una volta implementata, questa iniziativa aiuterebbe a proteggere i mercati nazionali da interferenze esterne avverse, speculazioni e tentativi di creare carenze alimentari artificiali. Nel tempo, potremmo anche prendere in considerazione la trasformazione del Grain Exchange in una borsa merci pienamente operativa.
Il contributo dei paesi BRICS alla garanzia della sicurezza energetica globale è innegabile. L’associazione include produttori e consumatori di energia chiave. Anche la piattaforma congiunta di ricerca energetica ha prodotto buoni risultati.
La Russia sostiene anche l’espansione della cooperazione nell’uso del sottosuolo. A luglio, si è svolto a Mosca il primo incontro della BRICS Geological Platform, che ha offerto un luogo per una condivisione ampliata di esperienze nell’esplorazione mineraria e nell’attività estrattiva.
Riteniamo che sia del tutto fattibile creare una piattaforma BRICS separata per i metalli preziosi e i diamanti, poiché questo mercato è ampiamente regolamentato da barriere commerciali che aggirano il sistema di certificazione universale del Kimberley Process.
Il BRICS Competition Law and Policy Centre ha costruito un track record positivo. Riteniamo di dover continuare a lavorare su questo programma, anche lanciando una piattaforma interstatale per promuovere una concorrenza leale.
A settembre, Mosca ha ospitato un incontro dei responsabili e degli esperti dell’amministrazione fiscale dei BRICS. È stato un vero successo. I nostri colleghi hanno discusso importanti proposte riguardanti la creazione di un sito web per promuovere la cooperazione all’interno dei BRICS su questioni fiscali, nonché una piattaforma online per la digitalizzazione dei servizi fiscali. La Russia ha suggerito di istituire un segretariato permanente all’interno dei BRICS sulle tasse che opererebbe a rotazione.
Gli sforzi per migliorare la connettività dei trasporti tra i nostri paesi meritano un’attenzione speciale, poiché ci offrono ulteriori opportunità per espandere e diversificare il commercio reciproco. Quest’anno, abbiamo avviato un dialogo su questo argomento all’interno dei BRICS. Istituendo sottogruppi su trasporti e logistica all’interno del Business Council, ci siamo assicurati che questo dialogo continuasse regolarmente.
Stiamo anche discutendo di progetti futuri, come la creazione di una piattaforma logistica permanente all’interno dei BRICS, la revisione delle rotte di trasporto, la creazione di una piattaforma di comunicazione online per il settore dei trasporti e l’istituzione di un pool di riassicurazione.
Avendo ospitato un incontro dei ministri della sanità a ottobre, abbiamo ottenuto progressi significativi nella promozione della cooperazione BRICS in questo settore. Questo incontro ha definito la nostra visione a lungo termine per le questioni relative alla sanità.
Abbiamo fondato un gruppo di medicina nucleare, che promuoverà la cooperazione nella produzione di agenti radiologici e diagnostici innovativi. Tenutosi a San Pietroburgo, il primo forum BRICS sulla medicina nucleare è stato molto utile a questo proposito.
Abbiamo lanciato un sistema integrato di allerta precoce per affrontare epidemie su larga scala di malattie infettive. La Russia ha anche presentato un’iniziativa per creare una rete di ricerca BRICS sulla salute pubblica in modo che possiamo trarre vantaggio dalle reciproche migliori pratiche per rafforzare i nostri sistemi sanitari nazionali. È essenziale che perseveriamo nei nostri sforzi per sviluppare ed espandere il Vaccine Centre e il Tuberculosis Research Network all’interno dei BRICS.
A parte questo, vorrei menzionare la pubblicazione del primo numero della rivista medica BRICS, che offre una piattaforma a medici, ricercatori e studenti di medicina per pubblicare le loro idee innovative.
La cooperazione tra i BRICS in ambito scientifico e tecnologico contribuisce in modo significativo a colmare il divario digitale globale e a far progredire l’intelligenza artificiale, insieme ad altre tecnologie emergenti.
Vorrei sottolineare la proposta della Russia di stabilire un’alleanza BRICS nel campo dell’intelligenza artificiale. Questa iniziativa mira a regolamentare le tecnologie di intelligenza artificiale, comprese le misure per impedirne l’uso illecito. In Russia, la comunità imprenditoriale ha adottato un codice etico in quest’area, a cui potrebbero aderire i nostri partner BRICS e altre nazioni.
Accogliamo con favore gli accordi sugli approcci comuni alla formazione di un sistema di banche dati scientometriche, nonché l’ampliamento degli ambiti di cooperazione e del numero di partecipanti alla Network University.
Vorrei anche menzionare la decisione di istituire il BRICS Geographer’s Day, che d’ora in poi verrà celebrato ogni anno il 18 agosto. Una spedizione scientifica nelle riserve naturali della regione di Krasnoyarsk e della Repubblica di Khakassia in Russia è già stata programmata per coincidere con questa data.
Durante la presidenza russa, abbiamo posto particolare enfasi sullo sviluppo dei contatti nella sfera culturale e umanitaria. L’International Film Festival e il BRICS Cultural Festival si sono svolti con successo e sono state fondate l’Alleanza della danza popolare e l’Associazione delle scuole di cinema.
I BRICS Sports Games su larga scala si sono rivelati un’iniziativa preziosa. Quest’anno, Kazan ha ospitato il quinto di questi giochi in 27 sport. Per la prima volta, sono stati organizzati in un formato aperto, con atleti non solo dei paesi BRICS ma anche di oltre 80 altri paesi che hanno partecipato alla competizione. Questi giochi hanno chiaramente dimostrato che la Russia possiede una moderna base infrastrutturale e un potenziale di manodopera per organizzare importanti eventi sportivi di livello mondiale. Per sviluppare ulteriormente i BRICS Games, proponiamo di ideare uno speciale programma intergovernativo e di istituire un’autorità di coordinamento per implementare progetti nel campo della forma fisica e dello sport.
Quest’anno, il dialogo interparlamentare nell’ambito del gruppo si è notevolmente intensificato. È stato stabilito un nuovo formato per le riunioni dei presidenti delle commissioni legislative per gli affari internazionali.
Stanno emergendo ampie prospettive di cooperazione tra regioni, città e municipalità. Durante i forum tematici tenutisi a Mosca, Nizhny Novgorod e Kazan, si sono tenute discussioni sulle prospettive di collaborazione nell’ambito dello sviluppo sostenibile delle municipalità, della gestione efficiente dell’economia e delle infrastrutture urbane e dell’aumento dell’accessibilità dei servizi urbani.
Colleghi,
Vi ringrazio per l’attenzione e invito i miei colleghi a esprimere il loro parere sui risultati sopra menzionati dei lavori svolti sui versanti economico e umanitario.
<…>
Vladimir Putin : Vorrei ringraziarvi ancora una volta per i vostri contributi sostanziali e per questa discussione perspicace e interessante.
Abbiamo avuto una conversazione dettagliata sulla definizione delle nostre priorità in termini di creazione di una partnership strategica più forte all’interno dei BRICS e abbiamo continuato a delineare i nostri piani per la futura cooperazione. In effetti, condividiamo posizioni vicine o convergenti sulla maggior parte delle questioni globali e regionali di attualità.
È essenziale che tutti i partner BRICS continuino a impegnarsi a lavorare a stretto contatto per creare un sistema internazionale più democratico, inclusivo e multipolare. Abbiamo una comprensione condivisa del fatto che insieme possiamo intraprendere i progetti e le iniziative più ambiziosi e su larga scala.
Abbiamo ascoltato interessanti resoconti dai responsabili delle strutture finanziarie e commerciali dei BRICS. Come membro fondatore della New Development Bank, la Russia vuole espandere le sue attività progettuali in tutti i paesi che hanno lo status di azionisti della NDB e nei paesi del Sud e dell’Est del mondo.
Sosteniamo gli sforzi proattivi del BRICS Business Council volti a promuovere la cooperazione tra le nostre principali aziende e le PMI nei settori del commercio, della produzione, dell’agricoltura, dell’energia e dei trasporti.
Inoltre, crediamo nell’importanza di lavorare insieme all’interno del meccanismo di cooperazione intrabancaria BRICS come un modo per unire i nostri sforzi nel supportare progetti economici che affrontano questioni sociali essenziali, intraprendere programmi di sviluppo regionale e costruire infrastrutture. Creare incentivi per l’utilizzo di valute nazionali nel commercio e negli investimenti rimane una delle nostre priorità.
Naturalmente, abbiamo tutti elogiato la BRICS Women’s Business Alliance, creata con lo scopo di aiutare le donne a promuovere le attività imprenditoriali, facilitare i contatti e implementare progetti promettenti.
Nel complesso, quest’anno sono stati segnalati ottimi risultati per la cooperazione tra i paesi BRICS. Insieme, abbiamo fatto progressi in tutte e tre le dimensioni: politica e sicurezza, economia e finanza, e contatti culturali e umanitari. Abbiamo gettato solide basi per il futuro.
La dichiarazione finale, preparata per la nostra approvazione, riflette le nostre opinioni comuni sulla situazione globale, i risultati della presidenza russa dei BRICS e le linee guida per la nostra interazione a lungo termine.
Vorrei chiedere ancora una volta ai nostri colleghi se hanno obiezioni o osservazioni riguardo a questa dichiarazione. In caso contrario, propongo di considerare la dichiarazione adottata. Vorrei anche aggiungere che intendiamo farla circolare all’ONU come nostro documento comune.
È già stato notato che il Brasile assumerà la presidenza dei BRICS il prossimo gennaio. Sono fiducioso che la presidenza del Brasile assicurerà continuità nel lavoro del nostro gruppo, integrando anche la nostra cooperazione con nuove interessanti iniziative e idee. Tutti noi forniremo assistenza a tutto tondo ai nostri amici brasiliani.
In conclusione, vorrei ringraziarvi ancora una volta per il nostro costruttivo e fruttuoso lavoro comune e dichiarare chiusa la riunione allargata del Summit dei BRICS.
Domani terremo un incontro in formato BRICS Plus/Outreach per discutere gli aspetti attuali dell’interazione del nostro gruppo con molti altri paesi della maggioranza globale. Questa sera vi invito a un ricevimento, a cui parteciperanno anche le delegazioni che prenderanno parte all’incontro congiunto di domani. Il tempo prima del ricevimento può essere utilizzato per incontri bilaterali.
Vorrei ringraziarvi ancora per il nostro lavoro congiunto. Grazie mille.
CESARE SEMOVIGO E PINO GERMINARIO INTERVISTANO ROBERTO IANNUZZI AUTORE DEL LIBRO “7 OTTOBRE TRA PROPAGANDA E VERITÀ” . L’operazione diluvio di Al-Aqsa e la risposta di Israele . Il diritto del popolo palestinese ad una terra e ad uno stato sempre più eluso nelle agende politiche. Un conflitto che avrebbe potuto risolversi con soluzioni onorevoli un paio di decenni fa, ma che sta rivelando la sua natura ferocemente esistenziale. Se l’evidenza potrebbe indicare la vittima designata di tanta ferocia, non è detto che alla fine sia il presunto vincitore a pagare lo scotto tragico di tanta ostinazione.
CONTRIBUITE!! AL MOMENTO I VERSAMENTI COPRONO UNA PARTE DELLE SPESE VIVE DI CIRCA € 3.000,00. NE VA DELLA SOPRAVVIVENZA DEL SITO “ITALIA E IL MONDO”. A GIORNI PRESENTEREMO IL BILANCIO AGGIORNATO _GIUSEPPE GERMINARIO
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UN CONVEGNO SU ANTONIO DE MARTINI PER LA NASCITA DI UNA NUOVA GEOPOLITICA MAZZINIANA
Alcune domande dello storico Umberto Marsilio al prof. Massimo Morigi, filosofo politico e cultore della storia risorgimentale e del repubblicanesimo. Le domande sono state poste a seguito della visione di Marsilio della conferenza Lo Stato delle Cose della Geopolitica Italiana nei Conflitti Mazzini/Garibaldi, conferenza tenuta da Morigi presso la Società degli Uomini della Casa Matha di Ravenna e disponibile su YouTube all’URL https://www.youtube.com/watch?v=KwA00IOPCsM&t=4693s . Più l’annuncio di un prossimo convegno di studi per onorare la memoria del geopolitico mazziniano Antonio De Martini
In seguito alla visione su YouTube della mia conferenza Lo Stato delle Cose della Geopolitica Italiana nei Conflitti Mazzini/Garibaldi, lo storico Umberto Marsilio ha ritenuto opportuno pormi alcune domande alle quali ben volentieri rispondo, premettendo che per alcune, che riguardano più prettamente l’ histoire événementielle, sarò necessariamente laconico (ciò dovuto allo stato della ricerca storiografica che non consente maggiore precisione), per altre, che investono direttamente la storia delle idee sarò forse ridondante, e questo dipende indubbiamente dalla mia specifica competenza nello studio ed insegnamento della filosofia politica.
Rispondo quindi alla domanda che mi pone Marsilio in merito alle somiglianze e differenze caratteriali e politiche fra Mazzini e Garibaldi. È sempre difficile, se non impossibile, indagare la psicologia intima delle persone, siano queste nostre dirette conoscenze o personaggi storici. I personaggi storici, tuttavia, hanno sulle persone che non hanno svolto vita pubblica, una via privilegiata per scandagliare la loro psicologia perché essi dovettero per ragioni “professionali” rapportarsi con vasti aggregati umani al fine di indirizzarne non solo il presente o il futuro da qui ad una generazione, come possono o si illudono di fare le persone non pubbliche ma con più ristrette cerchie familiari e/o amicali, ma di determinare il futuro di numerose successive generazioni e per svolgere questa missione essi dovettero costruirsi non solo una maschera personale e/o familiare ma anche una maschera pubblica.
Ora dal punto della maschera pubblica, non si potrebbero concepire due personaggi più diversi di Mazzini e Garibaldi. Molto appropriatamente lo storico del movimento repubblicano e del Risorgimento Roberto Balzani ha affermato che Garibaldi costruì il suo carisma sulla presenza e sul riconoscimento ictu oculi della sua persona e sul contatto diretto col suo stesso corpo (i Mille potevano vedere e, se volevano o le circostanze glielo consentivano, addirittura toccare l’oggetto del loro mito, e, in generale, tutto il mito di Garibaldi fu costruito su stereotipi che rimandavano ad un paradigma di sacralità – e quindi di carisma politico – di stampo cattolico cristologico dove la visione dell’immagine è fondamentale nell’adorazione della divinità), mentre Giuseppe Mazzini, sostiene sempre Balzani ed io concordo in pieno, fu l’eroe dell’assenza, voglio dire dell’assenza della sua immagine e del suo contatto diretto presso i suoi seguaci, fra i quali pochissimi ebbero modo di vederlo e riscuotendo, nonostante questo, fortissimi sentimenti di ammirazione e folte schiere di seguaci (una intensità di sentimenti e foltezza di seguaci che però dopo ogni sommossa mazziniana regolarmente fallita andarono mano a mano scemando e dopo ogni rovescio dei moti da lui suscitati molti dei suoi seguaci lo abbandonavano per abbracciare percorsi più realistici e moderati per il loro patriottismo). Plastico in questo senso di leadership per assenza, il caso dei fratelli Bandiera che si immolarono per gli ideali mazziniani senza mai avere visto una sola volta il Maestro di Genova.
Per quanto riguarda gli ideali che accomunavano Mazzini e Garibaldi, facile rispondere. Entrambi volevano l’unificazione del nostro paese, solo che Mazzini voleva che l’Italia fosse unificata e al tempo stesso fosse retta da una forma di governo repubblicana mentre per Garibaldi l’unica cosa importante era l’unificazione e la forma di governo, in fin dei conti, non era così importante perché egli si acconciò ben volentieri al fatto che a dirigere l’unificazione del paese fosse il Piemonte retto dalla monarchia sabauda.
È assolutamente indispensabile a questo punto fare però una precisazione. E non tanto su Garibaldi e sul suo pragmatismo nell’azione ma su Mazzini e sul suo ideale repubblicano e questo mi consente fra l’altro di rispondere ad un’altra domanda che Marsilio mi ponte e che è la seguente «per quali motivi oggi Mazzini è ritenuto un Pater Patriae sebbene la sua visione e la sua azione politiche non sono state determinanti nel processo di unificazione?». Ora ad un livello superficiale di risposta si potrebbe dire perché infine la monarchia che Mazzini tanto detestava ha cessato di esistere e al suo posto abbiamo oggi una “bella” repubblica, nata, si dice sempre, dalla resistenza che su di sé seppe accogliere i migliori empiti anche del risorgimento, dei quali Mazzini seppe dare espressione non solo per la sua lotta per l’unificazione del paese e per la forma di governo repubblicana ma anche per la sua visione sociale, di cui la Repubblica fondata sul lavoro avrebbe saputo cogliere le sue idealità ed i propositi.
Ma, purtroppo, qui siamo in piena costruzione non tanto di un mito mazziniano (se studiato a fondo, uno dei rischi che corre anche lo storico più smaliziato ed arcigno è di mitizzare Mazzini, vedi Salvemini con i suoi giudizi sempre altalenanti fra l’ipercritico e l’ammirato su Giuseppe Mazzini) ma in pieno mito regressivo sui quarti di nobiltà che dovrebbe vantare la nostra repubblica, o meglio, siamo in pieno mito regressivo e di rimozione sulla realtà effettuale
della genesi e natura reale della sua costituzione materiale che anche oggi, ancor dopo più di settant’anni dalla sua nascita, anche a livello non meramente pubblicistico e/o giornalistico ma anche in sede scientifica o pseudotale, continua ad essere rappresentata come una repubblica nata dalla resistenza contro il totalitarismo fascista e quindi in virtù di questo mitologico inizio incontestabilmente democratica (in realtà nacque dalla sconfitta ed occupazione militare anche se, dobbiamo pure dirlo, non c’è storia di fondazione di nessuna nazione che non sia intrisa di mitologia e/o di false e ridicole rappresentazioni della stessa, da questo punto di vista paese che vai mito di fondazione che trovi), mentre nella realtà effettuale della sua costituzione materiale la nostra repubblica solo con molta fantasia può essere definita, qualsiasi cosa si intenda col termine, come una democrazia, manifestandosi essa come una cristallina e tetragona oligarchia elettiva seppur a suffragio universale e sul significato di questa definizione non penso sia necessario dilungarsi se non addentrandoci su un “piccolo” dettaglio in merito al pensiero di Giuseppe Mazzini.
Ora se si va a leggere a fondo e per esteso Mazzini, ci accorgiamo che egli impiega assai di rado il termine ‘democrazia’ e gli preferisce il termine ‘repubblica’, intendendo con repubblica non solo il dato puramente istituzionale (e qui siamo in piena banalizzazione del pensiero di Mazzini così come oggi lo intendono i suoi attuali stanchi emuli), ma proprio una forma di Stato che fosse finalizzata all’insegna della tutela e sempre maggiore valorizzazione della Res Publica, intendendo quindi Mazzini la Repubblica come quell’insieme di valori materiali e spirituali verso i quali era dovere di tutti i cittadini agire in vicendevole collaborazione al fine di ottenerne un sempre maggior accrescimento e potenziamento di generazione in generazione.
A ciò si potrebbe obiettare che anche la nostra repubblica e in Costituzione ed anche nelle sue politiche concrete si pone questi obiettivi mazziniani ma qui io non voglio sindacare sull’efficacia nel raggiungimento di questi buoni propositi (penso non sia necessario un mio giudizio al riguardo…) ma su un fatto che riguardo a Mazzini non viene mai messo in rilievo e si tratta del seguente punto: Mazzini aveva una visione olistica della società che era radicalmente nemica della visione atomistica della società così come la vede e disegna il liberalismo e così come è strutturata nella reale filosofia di impianto e nell’azione delle forze politiche che agiscono nella repubblica italiana.
Questo atomismo di fondo nella visione della società è solidalmente condiviso sia dalla attuale “destra” politica che dalla attuale “sinistra” politica, da questo punto di vista non ci sono differenze ma, ancor peggio (o ancor meglio, lo studioso weberianamente deve segnalare i valori in gioco ma dopo, per quali prender parte, è la coscienza di ognuno di noi che deve assumersi l’onere decisione finale), bisogna dire che il male (o il bene, lo ripeto, dipenda dal carattere di ognuno di noi decidere per quali valori propendere) proviene dalle origini di questa repubblica, che non nacque su un patto costruttivo e condiviso di valori basato sulla tradizione storico-morale della nazione ma su una finzione valoriale nata dal compromesso politico fra i valori delle forze comuniste e quelli delle forze cattoliche e che celava una terribile sconfitta militare e la conseguente umiliante sottomissione “democratica” verso i vincitori (Art. 11 della Costituzione: «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.», non ha altro significato effettuale che stabilire che l’Italia rinuncia alla guerra perché impossibile da muovere solo con le sue deboli forze ma vi partecipa se quelle potenze anticomuniste che hanno vinto la seconda guerra mondiale ritengono necessario che lo faccia. Ogni riferimento alle odierne vicende è puramente casuale… ).
E quindi rispondo alla domanda: se Mazzini viene preso sul serio non può essere considerato un padre nobile di questa patria perché il suo pensiero, e riprendo qui una definizione di Costanzo Preve impiegata dal filosofo pensando ad una rifondazione in senso umanistico del marxismo, imporrebbe tutto un ‘riorientamento gestaltico’ della nostra vita politico-sociale, riorientamento gestaltico all’insegna di una visione olistica della società e assolutamente nemico della impostazione liberale anomica ed atomistica della stessa, in questa impostazione anomica ed atomistica, fra l’altro, la democrazia rappresentativa italiana (ma parlando in sede di analisi politologica, lo ripeto, si dovrebbe dire al posto di ‘democrazia rappresentativa’ ‘oligarchia elettiva a suffragio universale’) in assoluta buona compagnia con tutte le forme di democrazia rappresentativa (cioè di oligarchia elettiva) di tutti quei paesi che oggigiorno, definizione nata in seguito alla guerra russo-ucraina, vengono definiti presi nel loro insieme come “occidente collettivo” (definizione coniata da Putin per designare le potenze occidentali che gli si contrappongono nella guerra russo-ucraina ma ormai fatta propria, per una sorta di eterogenesi dei fini, anche dallo stesso occidente che muove guerra, seppur non dichiarata e per procura, alla Russia. Prima della caduta del muro di Berlino, aveva corso legale il termine ‘mondo libero’, libero, cioè, dal comunismo e per questo comprendente anche le liberissime dittature militari latino-americane; oggi che il comunismo è sepolto e quindi non si può più lottare per difendersi da un morto, per combattere la Russia e la Cina in un mondo sempre più multipolare ed imprevedibile, è meglio richiamarsi all’idea di un mitico occidente che si contrapporrebbe alle autocrazie asiatiche russe e cinesi. In conclusione, quello di ‘occidente’ termine dal nobilissimo orizzonte valoriale e dalle profondissime radici storico-filosofiche ma in questa fase storica prostituito dagli italici ed esteri pennivendoli agli interessi della Nato…).
È noto come Gramsci non amasse Mazzini e su questo fatto è stato in passato sottolineato che se sullo specifico Gramsci imputava a Mazzini di non aver affrontato, e con lui tutto il risorgimento, la questione contadina, su un piano più generale ciò sarebbe dovuto perché l’uno, Gramsci, era portatore di un pensiero totalitario mentre Mazzini può essere considerato l’alfiere di un pensiero democratico, dando all’aggettivo una semantica del tutto sovrapponibile a quella conferitagli dalla versione liberal-atomistico-anomica anzi descritta.
E qui siamo in presenza di un vero e proprio travisamento del pensiero mazziniano: Mazzini nei suoi scritti con molta parsimonia impiega il lemma ‘democrazia’ preferendogli il termine ‘repubblica’ e questa non è una casualità lessicale perché, come ho cercato di illustrare, la repubblica mazziniana intende agire nell’ambito e forgiando una società olistico-organica nella quale certo, le libertà politiche ed individuali non sono assolutamente conculcate ma nella quale il termine ultimo di riferimento e legittimità non è mai il singolo individuo anonimicamente ed atomisticamente inteso ma il popolo olisticamente inteso (dalla maggior parte dei suoi attuali sfiancati emuli, lo scritto più rappresentativo del pensiero di Giuseppe Mazzini, i Doveri dell’Uomo, con la sua idea della primazia dei doveri sui diritti, altro non significherebbe altro, sic et simpliciter, che prima di reclamare un diritto bisogna aver ottemperato al complementare dovere senza porsi, questi tristi emuli, troppe domande del perché di questa gerarchia, se non affermando la fuorviante banalità che per Mazzini la morale veniva prima della politica – o, tradotto in maniera ancora più banale, che il mio diritto finisce dove comincia quello del mio vicino –, mentre quello che voleva far emergere Mazzini con la sua teoria della prevalenza dei doveri sui diritti è che la società è un tutto organico e che l’individuo è sì importante ma è solo concepibile all’interno di questa società verso la quale, proprio in virtù della sua totalità organica, si ha il dovere di concepirla sovraordinata rispetto all’individuo che pur giustamente reclama i diritti).
Possiamo quindi dire che fra Gramsci e Mazzini sussistono, certo, profonde differenze, l’uno guardava alla classe operaia e contadina come base di manovra per la sua azione politica mentre Mazzini guardava al popolo italiano ma se la classe operaia e la classe contadina costitituiscono per Gramsci la totalità politica sulla quale doveva agire il nuovo principe partito comunista per portare queste due classi all’autocoscienza della propria totalità organica, per Mazzini, non classista ma in un certo senso ugualmente “totalitario”
(totalitario ma non autoritario-dittariale e penso sia meglio per questa comunicazione risparmiarci la ricostruzione dell’origine del termine e del suo impiego da parte di Mussolini, del fascismo e poi anche, se non soprattutto, da parte della pubblicistica di stampo liberal democratico: ad altra puntata…), la totalità sulla quale svolgere l’azione politica era il popolo italiano nella sua interezza e l’agente che doveva portare il popolo italiano alla consapevolezza della sua totalità organica doveva essere sempre un partito politico, ma repubblicano, da lui guidato che, tramite sommosse e financo azioni che noi oggi definiremmo terroristiche, avrebbe cercato di far sorgere questa autocoscienza di totalità organica nel popolo italiano.
Quindi sia Mazzini che Gramsci nella storia del pensiero politico italiano possiamo dire che fossero entrambi portatori di una linea di azione che possiamo dire ‘olistico-culturalista’ perché in assenza del suscitamento politico e pedagogico da parte dell’avanguardia politica dell’autoscoscienza della propria natura olistica sulle rispettive masse di riferimento (classe operaia e contadina in Gramsci, popolo italiano in Mazzini) nessuna azione politica sarebbe stata né possibile né di alcun valore (i moti mazziniani che Mazzini sapeva votati ad un probabilissimo fallimento nell’immediato sono da Mazzini stesso indicati come fenomenale strumento pedagogico e i Quaderni del Carcere di Gramsci, oltre che testimoniare una incrollabile fede di stampo veramente mazziniano nel trionfo finale della causa rivoluzionaria, sono intesi dal rivoluzionario sardo come strumento per portare le sue due classi di riferimento alla propria autocoscienza organica, premessa indispensabile questa autocoscienza per il trionfo della rivoluzione comunista). L’antipatia di Gramsci verso Mazzini può quindi anche essere considerata come la percezione da parte del rivoluzionario sardo di avere avuto una sorta di precursore nella metodologia ed impostazione valoriale da parte di un personaggio il quale, però, non guardava esclusivamente al proletariato e alla massa contadina come base di azione politica, mentre di tutt’altro segno, giusto per fare un esempio che ci aiuti a rendere più chiaro il concetto, era l’avversione di Gobetti verso Mazzini: in questo caso il campione della rivoluzione liberale, quindi una rivoluzione sì ma una rivoluzione che avrebbe ancor più accentuato i tratti atomistici e anomici del già allora esistente regime liberale, non poteva che considerare un vuoto filosofema tutta l’impostazione olistico-organica mazziniana.
Vengo ora velocemente a rispondere alle altre domande tenendomi per ultima la domanda di Marsilio relativa allo “stato delle cose” sui vizi e le virtù della odierna geopolitica italiana. Per quanto riguarda la domanda se l’epilogo della Repubblica Romana sia il segno delle divergenze politiche e di azione che già si potevano intravvedere fra Mazzini e Garibaldi, rispondo che rispetto a quanto fin qui affermato sulle loro differenze, nella Repubblica Romana rifulse il genio politico di Mazzini mentre Garibaldi, anche se efficace sul piano militare, non riuscì nella maniera più assoluta a concepire
un percorso politico per cercare di salvare la Repubblica Romana (Mazzini cercò sempre una trattativa col corpo di spedizione francese venuto per sopprimere la Repubblica Romana giocando sulle ambiguità politiche e sulla tradizione rivoluzionaria della Repubblica francese mentre Garibaldi voleva semplicemente rigettarla manu militari a mare, un progetto assolutamente impossibile da realizzare). Quindi anche se alla fine il progetto mazziniano di trascinare a fianco
– o in posizione di neutralità – della Repubblica Romana la repubblica francese fu un fallimento, esso dimostra che in questo caso il vero pragmatico della politica era Mazzini mentre Garibaldi, in fondo, altro non si comportò e connotò che come un validissimo militare ma sprovvisto di alcuna visione politica, e questo contrariamente a quanto si dice tuttoggi anche a livello storiografico che Garibaldi fosse un concreto uomo d’azione mentre Mazzini sarebbe stato una sorta di generoso acchiappanuvole. Se vogliamo usare queste usurate categorie, è semmai vero il contrario. Mazzini il concreto uomo politico, Garibaldi il generoso, efficace uomo d’azione, ma in fin dei conti, politicamente ingenuo acchiappanuvole.
E sulla base di questo ribaltamento degli stereotipi pubblico caratteriali dei due personaggi mi avvicino alla domanda di Marsilio sul perché la guerra di Crimea vide la contrarietà di Mazzini alla partecipazione piemontese e rispondo affermando che Mazzini aveva capito benissimo che il monarchico regno di Sardegna tramite questa partecipazione avrebbe avuto ascolto fra le grandi potenze europee e questo, oltre a dare una svolta moderata e monarchica a tutto il movimento rivoluzionario italiano, celava anche un altro rischio che la storiografia non ha mai a sufficienza sottolineato: mentre Mazzini e Garibaldi intendevano per unificazione italiana tutta la penisola più le isole principali, intendevano cioè un’Italia con un territorio più o meno sovrapponibile a quello odierno, il regno di Sardegna e segnatamente Cavour non pensavano assolutamente a questo tipo di assetto territoriale, volendo Cavour ingrandire il Piemonte a spese del dominio diretto dell’Austria nell’Italia del nord e forse aggiungendo, se proprio si vuole esagerare, qualche propaggine dell’Italia centrale. Cavour definiva l’idea di una unificazione di tutta la penisola una autentica corbelleria e mi preme sottolineare che se la spedizione dei Mille fu segretamente appoggiata da Vittorio Emanuele II e dalla Gran Bretagna dovette affrontare la contrarietà di Cavour. Comunque, per farla breve: il sognatore Mazzini era ben al corrente di tutti questi rischi qualora l’iniziativa della rivoluzione italiana fosse passata al Regno di Sardegna, Garibaldi bellamente li ignorava o fingeva di ignorarli.
In merito alla domanda quanto Mazzini stimasse Garibaldi e se la stima di Garibaldi verso Mazzini fosse superiore a quella che Mazzini aveva per Garibaldi, rispondo molto semplicemente che allo stato degli atti si può affermare che ad un’iniziale vicendevole e profonda stima, a partire dalla Repubblica Romana in poi mai nessuno dei due mise in dubbio la buona fede dell’altro ma le accuse che entrambi vicendevolmente si scagliarono riguardarono l’altrui l’ingenuità politica e la conseguente facilità di manipolazione: nel caso delle accuse di Mazzini contro Garibaldi, ad opera della monarchia sabauda e nel caso delle accuse rivolte a Mazzini, secondo Garibaldi in una sorta di automanipolazione mazziniana dovuta alle proprie elucubrazioni ideologiche e dalla sua intransigenza repubblicana che non avrebbero lasciato alcuno spazio di manovra politica con chi repubblicano non era ma intendeva comunque lottare per l’unificazione del paese. Sull’intensità intima di questi vicendevoli sentimenti di apprezzamento e di ridimensionamento delle rispettive figure, confesso che non so pronunciarmi, in quanto i due personaggi furono due figure pubbliche e quando si scrive e si agisce per la storia c’è sempre, in positivo come in negativo, un non detto, sul quale è sempre molto difficile esprimerci.
In merito alla domanda di Marsilio sulle potenze che i due eroi del Risorgimento stimavano di più, per Garibaldi è facile rispondere: Garibaldi stimava moltissimo la Gran Bretagna (vedi la mia conferenza e anche i lavori Eugenio Di Rienzo) e da questa fu anche
decisamente aiutato nella sua Spedizione dei Mille mentre Mazzini pur avendoci vissuto molti anni non espresse mai sentimenti di così forte amicizia pur non arrivando mai direttamene ad accusare l’Inghilterra di una politica imperialista (veramente, come ho detto nella mia conferenza, Mazzini era ben consapevole che l’Inghilterra faceva i suoi comodi a danno di coloro che si mostravano più deboli e meno resistenti all’avanzata dell’uomo bianco, solo che questa aperta sincerità Mazzini la riteneva dannosa, alla luce del suo realismo politico, per tessere alleanze per una futura unificazione dell’Italia e dall’altro lato, Mazzini non era del tutto contrario al colonialismo europeo, perché, non molto originalmente rispetto alla sua epoca, da lui ritenuto propedeutico alla diffusione della civiltà). Ma per essere veramente sintetici, Mazzini amava profondamente solamente una nazione e questa era l’Italia che nei disegni mazziniani doveva costituire il fulcro del futuro concerto europeo costituto dalle nazioni liberate dal giogo delle potenze continentali di allora, l’Austria e la Russia, ed affratellate in seguito all’abbattimento della Santa Alleanza, all’insegna di una egemonia italiana meritata sul campo della distruzione di queste potenze prevaricatrici dei diritti dei popoli europei.
Alla domanda cosa pensavano Cavour e Vittorio Emanuele di Mazzini, rispondo molto semplicemente che se fosse loro capitato fra le mani e avessero potuto decidere unicamente alla luce delle loro convinzioni personali, lo avrebbero impiccato. Non so quindi cosa gli avrebbero fatto se fosse effettivamente capitato fra le loro mani, i due personaggi in questione erano sempre uomini politici e in politica non sempre, anzi quasi mai, si fa quello che si vorrebbe, ma sicuramente dare seguito alla condanna a morte che il Regno di Sardegna aveva posto sul suo capo, certamente rispondeva alla loro più sentita convinzione.
Infine rispondo alle forse più importante domanda di Marsilio in merito alle virtù e manchevolezze della geopolitica italiana. Senza voler fare l’elenco delle più o meno commendevoli iniziative di pubblicistica geopolitica che in seguito alla guerra russo-ucraina hanno preso vigore e che sono sorte principalmente sul Web (e in questo generale movimento di rinnovamento di queste varie iniziative di pubblicistica geopolitica anch’io ho dato, soprattutto sul piano della riflessione teorica attraverso l’elaborazione del paradigma del Repubblicanesimo Geopolitico, il mio modesto contributo; ma di esso non parlerò oltre perché altro è l’argomento dell’intervista. Una cosa è però assolutamente necessaria dirla: i primi vagiti del Repubblicanesimo Geopolitico furono ospitati dalle colonne on line del blog di geopolitica “Il Corriere della Collera”, ora cessato nelle sue pubblicazioni – ma ancora in Rete – per la morte del suo fondatore, lo studioso di politica internazionale, il mazziniano, pacciardiano e quindi fautore ante litteram della repubblica presidenziale Antonio De Martini, al cui impareggiabile magistero politico, scientifico e morale dovrà necessariamente ispirarsi la geopolitica italiana per la sua auspicabile rifondazione ab imis ma, in conclusione, del succitato movimento di rinnovamento della geopolitica italiana non mi dilungo oltre in quanto, proprio per la sua carica innovativa, eccentrico rispetto al mainstream della geopolitica italiana e quindi lodevolmente con scarso valore di rappresentatività della stessa e, comunque, chi si ritenga incuriosito da questa mia affermazione può benissimo andarsi ad ascoltare la mia conferenza, nella quale viene elencata, oltre alle lodevoli nuove iniziative di riflessione geopolitica, anche una nutrita schiera di “esperti” geopolitici, molto esperti nel realismo politico ma solo pro domo loro…), parlerò solo di “Limes” e del suo valente direttore e deus ex machina Lucio Caracciolo.
Ora uno dei suoi ultimi editoriali su YouTube si intitola Stiamo perdendo la guerra. Medio Oriente e Ucraina in fiamme. L’Italia paga il conto ma non conta, ed io ho già definito questo titolo e il contenuto del video «disperazione ed ingenue illusioni di un geopolitico à la recherche du temps perdu.». In estrema sintesi l’illusione: la Nato nella guerra russo-ucraina si è dimostrata inefficace, l’Italia non può però lasciare andare questo quadro di riferimento e deve quindi rafforzare i legami con gli Stati Uniti tramite un trattato bilaterale che rimedi alle problematiche messe in luce dalla crisi della Nato. Come si dice: auguri e figli maschi. Necessità quindi di un riorientamento gestaltico della politica e delle geopolitica italiane in senso mazziniano come, appunto, avrebbe voluto De Martini. À suivre…
Massimo Morigi, nell’anno 2024 e nel mese della nascita della Repubblica Romana del 1849
P.S. dell’intervistatore. Il professor Massimo Morigi mi avevaconcesso l’intervista pochi giorni dopo il IX febbraio, ricorrenza mazziniana della nascita della Repubblica Romana del 1849. Più che una coincidenza. E, inoltre. L’intervista era stata pubblicata originariamente in data 11 marzo 2024, il giorno dopo l’anniversario della morte di Giuseppe Mazzini (altra coincidenza…) sulla rivista on line “Nazione Futura” (Wayback Machine:https://web.archive.org/web/20240313160712/https://www.nazi
onefuturarivista.it/2024/03/11/mazzini-e-garibaldi-nelle diatribe-geopolitiche-risorgimentali/ ) ma si è ora ritenuto opportuno ripubblicarla sul blog di geopolitica “L’Italia e il Mondo”(forse l’iniziativa on line che Morigi sente talmente vicina e propria che egli, per una sorta di pudore, non aveva nominato nell’intervista)perché egli mi ha comunicato che è intervenuto un fatto nuovo e questo fatto nuovo consiste nel fatto che Morigi e “L’Italia e il Mondo” hanno deciso di organizzare a Ravenna un convegno per onorare la memoria del geopolitico mazziniano Antonio De Martini. Il seguito all’insegna, ci auguriamo tutti, del motto mazziniano ‘Pensiero e Azione’, che fu anche la stella polare dell’operato politico, scientifico e morale di Antonio De Martini. Ora e sempre.
Umberto Marsilio, Pasqua di Risurrezione 2024
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L’UNIONE EUROPEA, COORDINATA DALLA NATO, E’ LO STRUMENTO DEGLI USA NEL CONFLITTO STRATEGICO DELLA FASE MULTICENTRICA
di Luigi Longo
[…] l’Europa è diventata una Eurolandia priva di sovranità economica e soprattutto geopolitica e militare. Al suo interno è insediato un corpo di occupazione straniero, denominato NATO, inviato da tempo come mercenariato soldatesco in Asia Centrale, pronto a minacciare ed a rischiare una guerra mondiale in Georgia ed in Ucraina. Se questo è anche in parte vero, allora che senso ha elencare la tiritera del nostro grande profilo europeo, dalla filosofia greca al diritto romano, dalle cattedrali romaniche e gotiche dell’umanesimo rinascimentale, dalla rivoluzione scientifica all’illuminismo, dall’eredità classica greco-romana al cristianesimo, eccetera?
Pura ipocrisia.
Costanzo Preve*
Avanzerò alcune riflessioni sull’Europa, non a partire dalla storia dell’Europa delle
Nazioni, che si formarono dopo la dissoluzione dell’impero di Carlo Magno (1), ma a partire dalla guerra Russia-Ucraina (cioè l’aggressione Usa alla Russia via Nato-Europa), che di fatto sancisce la fine del progetto dell’Unione Europea (avanzato e realizzato dopo la seconda guerra mondiale, anche se pensato intorno agli anni trenta del secolo scorso dagli Stati Uniti d’America) sostituito dal nuovo ruolo della NATO che meglio si addice alle nuove strategie statunitensi nella fase multicentrica [conflitto tra potenza egemone in declino (USA) e potenze consolidate (Russia, Cina) e in ascesa (India)] (2). Una << […] Europa occidentale (anche l’Europa orientale, mia precisazione LL) sottomessa ad una occupazione militare USA accettata dagli attuali governi fantocci, che appunto per questa ragione considero del tutto illegittimi, non importa se sanzionati o meno da elezioni manipolate >> (3).
Raniero La Valle coglie il senso della metamorfosi, avviata già da anni (4), della NATO quando sostiene: << Da Washington a Vilnius infatti tutto torna, tutto vale per l’America e per la sua “impareggiabile” Corte: gli stessi nemici, la Russia, la Cina, l’Iran, la Corea del Nord, il “terrorismo”, la stessa vittima che unifica tutti intorno all’altare del sacrificio, l’Ucraina, la stessa determinazione all’uso anche per primi dell’arma nucleare perché la deterrenza non basta più, la stessa idea che il vecchio concetto di difesa è superato, perché oggi con le armi della guerra non si decidono solo le guerre, ma le alternative di ogni tipo, la gestione delle crisi, le politiche industriali, l’economia, il clima, i temi della “sicurezza umana”, perfino la questione dell’uguaglianza di genere e la partecipazione delle donne: tutto ha a che fare con la NATO, il nuovo sovrano, perché il suo approccio è “a 360 gradi” e i suoi tre compiti fondamentali, “deterrenza e difesa, prevenzione e gestione delle crisi e sicurezza cooperativa”, devono essere adempiuti con assoluta discrezionalità: “risponderemo a qualsiasi minaccia alla nostra sicurezza come e quando lo riterremo opportuno, nell’area di nostra scelta, utilizzando strumenti militari e non militari in modo proporzionato, coerente e integrato”; e, come pare, a decidere nell’emergenza (ma questo non è stato scritto) può essere anche il generale comandante della NATO senza interpellare “la struttura”; insomma c’è il nucleare libero all’esercizio. […] L’Ucraina è stata totalmente integrata nella NATO, ma bisogna far finta che non lo sia, per non costringere la Russia a usare l’arma nucleare; Putin accusa il colpo, deve stare al gioco, e si dice “pronto a trattare separatamente le garanzie di sicurezza dell’Ucraina, ma non nel contesto della sua adesione alla NATO”. E a Vilnius si assicura che questo non avverrà, che l’Ucraina entrerà nella NATO solo a guerra finita, ed è la ragione per cui essa, come Biden ha voluto fin dal principio, non deve avere fine; e Zelensky dopo la prima arrabbiatura che gli è valsa l’accusa di “ingratitudine” da parte del ministro della difesa inglese, è passato all’incasso ed ha lietamente manifestato il suo entusiasmo. […] (così il) colonnello dello stato maggiore ucraino e analista militare Oleg Zhdanov: “negli ultimi 16 mesi noi ci siamo integrati nella macchina militare atlantica come mai avremmo neppure sognato prima del 24 febbraio 2022; pur non appartenendo ufficialmente alla NATO ormai il 90 per cento delle nostre procedure militari segue i parametri NATO. ma c’è di più, ormai la metà dei nostri armamenti sono NATO, i circa 40.000 uomini pronti a sfondare le linee russe sono vestiti, armati, trasportati, addestrati dalla NATO; perfino le loro armi personali sono state fornite dagli alleati”, e via enumerando: “i carri armati tedeschi Leopard 2, i gipponi Humvee americani o i corazzati Bradley e Strykes, decine di tipi diversi di blindati trasporto truppe, i cannoni francesi a lunga gittata Caesar o quelli USA M777, i lanciarazzi americani Himars, gli obici semoventi Krab polacchi”, tutto corredato da assistenza, pezzi di ricambio, personale specializzato, con una catena di interscambio e cooperazione nel lungo periodo, anche se “è difficile dire quando l’Ucraina entrerà nella NATO, forse mai” >> (5).
La NATO è fondamentale per le strategie mondiali degli Stati Uniti d’America. La sua trasformazione, da strumento di difesa dal cosiddetto comunismo sovietico a quello di aggressione e di penetrazione nelle aree di influenza della Russia e della Cina per impedire il consolidarsi del polo asiatico (ormai in fase di decollo con le sue strutture di funzionamento e di coordinamento come, per esempio, i Brics) in grado di mettere in discussione l’egemonia mondiale statunitense con il suo modello di legame sociale della produzione e riproduzione della vita. Gli USA non accettano un mondo multicentrico, la loro storia di nazione è emblematica e dovrebbe essere di insegnamento; riporto, a tal proposito, quanto già sottolineato in altri scritti: è difficile che gli Stati Uniti rinuncino al dominio mondiale assoluto, ammantato di democrazia, diritti e menzogne varie, considerata la loro storia che dal 4 luglio 1776 (anno della dichiarazione di indipendenza) li ha visti in pace solo 18 anni su 246 anni nei quali si sono gradualmente evoluti: da neo-nazione in lotta per l’indipendenza dalla Gran Bretagna (1775–1783), passando attraverso la monumentale Guerra civile americana (1861–1865) fino a trasformarsi, dopo aver collaborato al trionfo durante la Seconda Guerra Mondiale (1941-1945), nella più grande potenza al mondo dalla fine del XX secolo ad oggi, anche se, per nostra fortuna, in chiaro declino relativo. Alain Badiou non molto tempo fa sosteneva che:<< La potenza imperiale americana nella rappresentazione formale che fa di se stessa, ha la guerra come forma privilegiata, se non addirittura unica, di attestazione della sua esistenza. >> (6). La loro passione è comandare, usurpare, sottomettere ogni popolo; la loro missione è il dominio assoluto. Gli USA hanno un peso specifico maggiore che è quello del mandatodivino che li porta a dominare il mondo in maniera assoluta (monocentrismo), al contrario delle altre potenze che sono per un dominio condiviso del mondo (multicentrismo). Il fattore determinante di questo sciagurato scenario sono le relazioni di potere e di dominio, le più stupide che l’essere umano sessuato si sia mai date. Altro è l’autorità! (ma questo è un altro discorso da approfondire).
Siamo, in questa fase multicentrica, in piena guerra “in senso largo” (7). Per esempio, si veda il ruolo della Norvegia/Finlandia/Svezia/Danimarca, Paesi del Nord Europa facenti parte sia della UE (ad eccezione della Norvegia) sia della NATO (ad eccezione della Svezia), che hanno firmato accordi bilaterali, in materia di difesa, con gli Stati Uniti d’America in caso di conflitto con la Russia (8).
Alberto Bradanini (ex ambasciatore a Pechino dal 2013 al 2015) così chiarisce << […] poiché qualsiasi conflitto anche lontano genera insidiose turbolenze, la dirigenza cinese condivide nella sostanza il giudizio di Mosca: che la genesi del conflitto vada attribuita alla strategia americana di destrutturare la Russia con una guerra per procura (combattuta dagli ucraini con armi e finanziamenti Nato-Usa), provocarne un cambiamento di regime e se possibile causarne persino la frantumazione, rendendola facile preda degli avvoltoi di Wall Street […] Nel giudizio di Pechino […] gli Usa mirano poi a impedire la saldatura Russia-Cina e a provocare un’analoga guerra per procura anticinese, questa volta combattuta fino all’ultimo taiwanese”. A suo avviso, gli Usa non accettano l’emergere di un mondo multipolare che fiorisce intorno all’alleanza russo-cinese, cui si aggiungerebbero “l’India e altre nazioni cosiddette emergenti che, infatti, non intendono seguire Washington nella politica sanzionatoria contro Mosca […] L’espansionismo Nato/Washington verso Est ha dunque l’obiettivo strategico di impedire quel percorso di pacificazione/integrazione euroasiatica che era emerso quale promessa di pace e sviluppo alla caduta dell’Unione Sovietica”. Una svolta che aveva determinato una nuova convergenza tra Cina e Russia, non più accomunate dall’ideologia anticapitalista come ai tempi di Mao e Stalin, ma da comuni interessi economici e strategici, e dalla medesima necessità di contenere l’espansionismo americano [corsivo mio, LL] >> (9). In sintesi, per dirla con l’economista marxiano Richard D. Wolff, che racchiude bene quanto sopra riportato, si può dire che:<< […] l’impero americano, inteso come primato capitalistico e geopolitico, è finito. Ma l’America non vuole accertarlo […] La Cina ha invece creato un ecosistema produttivo mastodontico da cui il mondo non può prescindere e pertanto codetermina ormai le sorti del capitalismo. In modo consensuale prima e conflittuale ora, ma mai subordinato […] il capitalismo si è “sinizzato” (così come in Russia si è russizzato, mia specificazione, LL) in modi che l’America non riteneva possibile, stante il perdurare della crasi tra economia di mercato e Partito comunista >> (10). Le difficoltà statunitensi, che evidenziano sia il declino sia l’incapacità strategica di raggiungere gli obiettivi nel tempo e nello spazio, sono evidenti nei due conflitti aperti in Ucraina (via Nato-Europa) prevalentemente contro la Russia e in Palestina (via Nato-Europa-Israele) prevalentemente contro la Cina. La debolezza USA si evince anche nel gioco di rimessa (perché non hanno un’idea sul nuovo mondo che si sta configurando, impegnati come sono nella quarta rivoluzione industriale, quella del transumanesimo, cioè la fine della dimensione umana dell’umanità, una rivoluzione nichilista del genere umano sessuato) tentando di contrastare i progetti di respiro mondiale della Cina (le vie della seta) e della Russia (il corridoio Nord-Sud russo-indiano International North-South Transport Corridor, INSTC) avanzando il suo progetto IMEC (India-Middle East-Europe Economic Corridor): 1) guidando l’egemonia israeliana nel Nuovo Medio Oriente, come potenza regionale, con il suo progetto del canale di Gurion, concorrente del canale di Suez, con tutte le conseguenze nefaste sulla eliminazione della popolazione palestinese di Gaza per permettere lo sbocco nel Mediterraneo, 2) ridimensionando l’Egitto, 3) assestando un duro colpo alla direttrice di trasporto energetico e commerciale Bassora-Europa incentrata sulla Turchia. Dietro le infrastrutture e il controllo delle risorse energetiche si gioca una partita fondamentale nello scontro tra le potenze mondiali (USA, Cina, Russia e indirettamente la potenza in ascesa l’India) con le loro sub-potenze regionali (Israele, Iran, Turchia) (11).
La Russia e la Cina, che sono i due centri (per ora) del costituendo polo asiatico, vogliono costruire un mondo multicentrico e sono in grado di mettere in discussione l’egemonia mondiale statunitense la quale è per un mondo monocentrico. Un polo asiatico che già nel 1956 lo storico Arnold Toynbee così configurava << Se, dopo aver così perduto l’amicizia del sottocontinente cinese, il nostro mondo occidentale dovesse perdere anche l’amicizia del sottocontinente indiano, l’Occidente avrebbe perduto a favore della Russia la maggior parte del Continente Antico tranne un paio di teste di ponte in Europa occidentale e in Africa; e questo potrebbe essere un evento decisivo nella lotta per il potere fra “mondo libero” e comunismo >> (una riflessione attuale nella sostanza se precisiamo i concetti di mondo libero e di comunismo e li rapportiamo allo storicamente dato) (12).
Costanzo Preve ha ragione quando sostiene che << […] Si tratta di una decisione (la decisione di resistere all’americanismo, mia precisazione LL) nutrita dalla consapevolezza della principale caratteristica dell’americanismo stesso, cioè della sua arroganza. […] Non si tratta solo della pura forza militare di tipo “imperiale” (Alessandro il Grande, Giulio Cesare, Gengis Khan, Napoleone). Si tratta di qualcosa di più profondo e di immensamente più abbietto, l’arroganza di essere il portatore di una civiltà superiore garantita addirittura da un mandato divino che legittima con la sua elezione inverificabile questa pretesa di superiorità. Oggi il solo portatore al mondo di questa intollerabile arroganza sono gli Stati Uniti d’America. Lo sono forse […] stati in passato l’Europa, la Russia, i mongoli, gli arabi, la Cina eccetera, ma è sicuro che nelle attuali condizioni geopolitiche non lo sono più. Questo è il dato da cui partire. >>. Un mandato divino di un Dio un po’ strano << […] il Dio di George Bush e del messianesimo ideocratico americano dei neo-conservatori (neocons) […] il Dio esclusivo e legato di fatto ad un singolo popolo eletto (un tempo gli ebrei, oggi gli americani del Destino Manifesto e della Casa sulla Collina, il popolo che lo svergognato bestemmiatore Bill Clinton ha spudoratamente definito nel suo discorso d’insediamento alla Casa Bianca “l’unico popolo indispensabile nel mondo”), il Dio in nome del quale si gettano le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki e si invade l’Irak nel 2003, il Dio in nome del quale si moltiplicano le basi militari in tutti i paesi del mondo, pianificando ossessivamente la prossima guerra con la convivenza di un’Europa asservita e terrorizzata […] >> (13).
E’ così forte la totale servitù volontaria delle Nazioni europee (e della sua sovrastruttura rappresentata dall’Unione europea) verso le strategie statunitensi che sulle guerre Russia-Ucraina e Israele-Palestina si è verificata una omogeneità così compatta nel velare la realtà. Bisogna risalire alla storia di Catilina di cui ci è giunta una sola verità: rare volte una tradizione così abbondante è stata così compatta nell’offuscare la realtà (14). L’aggredita Ucraina si trasforma in vittima dopo aver represso le regioni delle repubbliche popolari separatiste del Donetsk e Lugansk, una repressione iniziata nel 2014 contro le regioni di lingua russa (Odessa, Dnepropetrovsk, Kharkov, Luhansk e Donetsk) che condusse ad una militarizzazione del contesto e ad alcuni massacri (a Odessa e Mariupol, i più importanti) e dopo essere stata lo strumento USA, tramite l’entrata di fatto nella NATO, della guerra alla Russia; così come l’aggredito Israele da parte di Hamas si trasforma in vittima dopo che dal 1948 (proclamazione della nascita dello Stato di Israele) ha occupato la Palestina cacciando con violenza e metodi inenarrabili i palestinesi (originariamente costituiti da arabi musulmani, arabi cristiani, ebrei e minoranze turche ed armene) (15). La menzogna sistematica che si fa verità dei dominanti! (16). E’ efficace l’osservazione di Luciano Canfora, a proposito del modello europeo pieno di democrazia, di libertà e diritti universali dei popoli con riferimento alla cosiddetta invasione russa all’Ucraina (e al piano di attacco di Hamas ad Israele), che ricorda la ferocia delle potenze europee nel perseguire il dominio del mondo: << Certo, se si pensa con quale determinazione gli europei perseguirono il dominio nel mondo, è piuttosto buffo che ora si mostrino come modello di virtù e facciano la predica agli altri. Una certa retorica europeista rassomiglia alla preghiera contrita di chi ne ha fatte di tutti i colori e improvvisamente diventa pio e virtuoso >> (17).
Si passa, cioè, da una fase storica monocentrica, a coordinamento occidentale USA fino al 1990-1991(implosione dell’ex URSS) e a coordinamento mondiale fino al 2011(ascesa delle potenze Russia e Cina), nella quale l’Europa ha avuto un ruolo da protagonista subordinato e incastrato nel sistema statunitense (americanizzazione del territorio europeo) e nelle sue strategie di dominio mondiale; ad una fase multicentrica dove l’Europa, governata e gestita dalla nuova NATO, diviene una espressione geografica di metternichiana memoria, nonchè campo di battaglia dello scontro tra potenze mondiali.
L’Unione europea non esiste! Ciò che appare sono istituzioni (luoghi istituzionali) gestite da sub-decisori delle diverse nazioni che utilizzano le risorse delle diverse sfere sociali e realizzano le strategie di sviluppo (in alleanza o in conflitto tra loro) inserite in quelle statunitensi. Un esempio sono le sanzioni contro la Russia che hanno avuto un effetto negativo sull’Europa (l’aumento dei prezzi delle materie prime energetiche soprattutto per le imprese energivore e gasivore, la riduzione delle relazioni economiche, la recessione e l’accentuata perdita di potere d’acquisto, la sicurezza nelle nuove infrastrutture energetiche, eccetera); hanno portato vantaggi agli USA (il contenimento del calo della domanda di dollari per il commercio internazionale, la vendita del gas a prezzi multipli di quelli russi, l’attrazione delle imprese europee, eccetera); hanno stimolato l’economia russa aggirando le sanzioni: costruendo nuove relazioni in Asia (Cina, India, Iran), promuovendo lo sviluppo autosufficiente (nei settori alimentare, manifatturiero, beni di consumo, eccetera). Un altro esempio è il disastro dell’economia europea << […] il 2024 sarà un disastro per l’economia reale europea. Gli indicatori economici previsionali manifatturieri, i PMI, sono praticamente tutti negativi per i paesi Europei […] Quindi le premesse congiunturali sono pessime, ma c’è di peggio: le nuove norme europee di bilancio, quelle su cui è stato raggiunto un accordo, prevedono vincoli fortissimi allo spiegamento di politiche espansive fiscali. Il fatto che il deficit non possa superare l’uno per cento del PIL per quasi tutti i paesi europei viene a rendere impossibile qualsiasi politica di carattere anticiclico, anzi verrà a imporre tagli e aumenti delle tasse che saranno pro-ciclici. Quindi la crisi congiunturale non solo non sarà contrastata dalle politiche economiche della UE, ma perfino sarà accentuata. La crisi del 2011-2014 non ha insegnato proprio nulla […] >> (18).
L’Europa come soggetto politico unitario non è mai esistita. Sottolineo, con Luciano Canfora, che << l’Europa occidentale si divide molto presto e resta divisa: l’idea che sia un continente unitario è un’invenzione. Nel corso dei secoli la vediamo dilaniata, attraversata da conflitti di potenza, alle prese con una autorità spirituale, quella del pontefice romano, che era anche temporale e interloquiva con i governi dei singoli Stati. Ciò ha favorito una dialettica più vivace, ma anche una frantumazione strutturale, foriera di problemi >> (19).
Le potenze europee si sono sempre scontrate per l’egemonia del continente Europa: si pensi, a mò di esempio, al tentativo fallito di Napoleone Bonaparte che con rammarico affermava che << Non avevo finita la mia opera. L’Europa sarebbe diventata di fatto un popolo solo; viaggiando ognuno si sarebbe sentito nella patria comune…Tale unione dovrà venire un giorno o l’altro per forza di eventi…Abbiamo bisogno di una legge europea, di una Corte di cassazione europea, di un sistema monetario unico, di pesi e misure uguali, abbiamo bisogno delle stesse leggi per tutta l’Europa. Avrei voluto dare di tutti i popoli europei un unico popolo…Ecco l’unica soluzione >> (20). Non si può scambiare l’Europa delle diverse nazioni in concorrenza-conflitto tra loro (che pure hanno avuto un ruolo di scambio sulla religione, sull’arte, sulla cultura, sulla natura, sulla scienza, eccetera, così come è oggi) con un soggetto politico coordinato! Si pensi, a mò di esempio, al Rinascimento italiano ed europeo che, per dirla con Fernand Braudel, << […] è quella lenta trasformazione, che non finisce di compiersi, attraverso la quale la civiltà occidentale passa dalle forme tradizionali del Medioevo alle forme nuove, già attuali, della prima modernità, ancora vitali in questa stessa civiltà occidentale in cui viviamo oggi, che appena uscita dalle sue antiche contraddizioni, ne fabbrica allegramente delle altre. >> (21).
L’ipocrisia dell’Europa come soggetto politico e unitario. Non è da condividere la riflessione dello storico Paul Kennedy quando afferma che «Beh, l’Europa di certo non sparisce. Avrà anche in futuro un ruolo politico centrale. Se nel 2030 avremo un’Unione Europea che comprenderà anche l’Ucraina, assisteremo a una trasformazione storica delle dinamiche politiche internazionali. Anche tutta l’area del Caucaso sarà attratta verso la Ue. Con un conseguente maggiore isolamento della Russia» (22). Per avere un ruolo politico centrale l’Europa dovrebbe essere autonoma, indipendente, sovrana, in grado di pensare e di realizzare una strategia progettuale per un modello di sviluppo e di relazioni sociali in una società europea dei popoli, con un ruolo centrale nello scambio culturale, politico, economico e sociale tra Occidente ed Oriente nel rispetto delle diverse storie territoriali. Ma l’Europa è serva delle strategie di potenza degli USA per il dominio monocentrico mondiale. Quindi occorre ripensarla con lo sguardo ad Oriente dove sono presenti potenze consolidate, come la Cina e la Russia, e potenze in ascesa, come l’India, che sono per un mondo multicentrico (23) e possono essere portatrici di un modello di sviluppo sociale diverso, sia pure in una logica sistemica capitalistica (i diversi capitalismi), capaci ancora di stare negli equilibri naturali e umani per le loro storie, culture, tradizioni, religioni, eccetera, al contrario dell’Occidente, a guida USA che è proiettato nel transumano (andare oltre l’umano) che significa la fine dell’umanità così come la conosciamo noi:<< Trasumanar significar per verba non si porìa […] il passare ad una condizione, o modo di essere, superiore a quella normalmente propria dell’uomo che non si può esprimere […] per mezzo di parole >> (24).
Il modo di produzione e riproduzione della vita statunitense, espressione di un modello di sviluppo egemonico, ma in fase di declino per l’avanzare del multicentrismo con altri modelli di sviluppo che propongono le altre potenze mondiali (si pensi al modello cinese delle vie della seta), ha penetrato e plasmato quello europeo. L’Europa è diventata uno strumento importante (una sorta di testa di ariete) per le proiezioni strategiche contro l’Oriente e le sue potenze. Di fatto l’Europa non c’è più, quella che appare è espressione di servitù volontaria dei sub-decisori che non vogliono perdere il loro potere derivato dalla fase gestionale e da quella esecutiva delle strategie dei pre-dominanti statunitensi nei rispettivi territori nazionali. I sub-decisori decidono le linee strategiche dello sviluppo dei rispettivi territori nazionali inglobate in quella egemonica degli Stati Uniti d’America. L’americanizzazione del territorio europeo (di cui conosciamo poco) è emblematica dei processi di penetrazione del modello di sviluppo egemonico degli USA. Tale modello incide profondamente e incorpora lo sviluppo delle nazioni europee nelle strategie di egemonia mondiale statunitense. Si pensi alle trasformazioni delle città e dei territori/NATO e all’approntamento delle infrastrutture territoriali (Tav, corridoi di mobilità, basi, logistica, porti, eccetera). Nella fase multicentrica l’Unione europea non serve come collante e aggregato per le strategie statunitensi così come è stato nella fase monocentrica del mondo Occidentale (e bipolare a livello mondiale), perché è stata sostituita dal progetto NATO. Non è un caso che l’Europa, come innanzi detto, non è stata mai autonoma e sempre subordinata agli Stati Uniti d’America a partire dalla seconda guerra mondiale.
Riporto una buona sintesi di quanto sopra detto sull’Europa non sovrana, di Giorgio Agamben << […] Unione Europea concepita solo su ragioni economiche che ignorano non solo quelle spirituali e culturali, ma anche quelle politiche e giuridiche […] l’Unione Europea è tecnicamente un trattato fra Stati che viene fatta passare per una costituzione democratica […] La cosiddetta Costituzione europea è illegittima […] Il giurista tedesco Dieter Grimm ha ricordato che la costituzione europea manca il fondamentale elemento democratico, perché essa non è in alcun modo il frutto dell’autodeterminazione dei cittadini europei […] La sola parvenza di unità si raggiunge quando l’Europa agisce come vassallo degli Stati Uniti, partecipando a guerre che non corrispondono in alcun modo a interessi comuni e ancor meno alla volontà popolare. Del resto alcuni degli Stati firmatari del trattato, come l’Italia, per il numero di basi militari che ospitano, sono tecnicamente dei protettorati e non degli Stati sovrani. In politica estera, esiste, a volte, un occidente atlantico, ma non certo l’Europa. Come non esiste sul piano costituzionale, l’Europa non esiste sul piano politico e militare […] Il Medio Evo aveva capito, una unità formata da società politiche dev’essere qualcosa di più o di diverso di una società politica. Il Medio Evo ne cercava il criterio nella cristianità. L’uomo europeo-a differenza degli asiatici e degli americani, per i quali la storia e il passato hanno un significato completamente diverso-può accedere alla sua verità solo attraverso un confronto col suo passato, solo facendo i conti con la propria storia. Il passato non è, cioè, per lui soltanto un patrimonio di beni e di tradizioni, ma anche e innanzitutto una componente antropologica essenziale, che fa sì che egli possa accedere al presente solo archeologicamente, solo guardando a ciò che di volta in volta è stato. Questo significa che per gli Europei il passato è innanzitutto una forma di vita. Di qui il rapporto speciale che l’Europa ha con le sue città, con le sue opere d’arte, col suo passaggio: non si tratta di conservare dei beni più o meno preziosi, ma comunque esteriori e disponibili: in questione è la realtà stessa dell’Europa, la sua indisponibile sopravvivenza […] Distruggendo, ieri, le città tedesche, gli americani sapevano di demolire in qualche modo l’identità stessa della Germania; per questo, oggi, distruggendo col cemento, le autostrade e l’Alta Velocità il paesaggio italiano, gli speculatori non ci privano soltanto di un bene, ma distruggono la nostra stessa realtà storica […] Un tempo l’ideale comune di una Europa fu espresso politicamente nell’idea romana dell’impero e poi germanica di un Impero, che lasciava intatte le specificità dei popoli […] Mentre sarebbe urgente riflettere al difficile compito di costruire una unità preservando le diversità, vediamo al contrario che in tutti i paesi europei è in corso al contrario un vero e proprio smantellamento delle scuole e delle Università, cioè delle istituzioni che, trasmettendo la cultura dovrebbero vegliare al rapporto vivente fra il passato e il presente. A questo smantellamento, corrisponde una crescente museificazione del passato, a cominciare dalle stesse città, trasformate in centri storici, i cui abitanti sono trasformati in qualche modo in turisti nella propria stessa cultura […] Un alto funzionario dell’Europa nascente, Alexandre Kojevè, sosteneva che l’Homo sapiens era giunto alla fine della sua storia e non aveva ormai davanti a sé che due possibilità: l’accesso a un’animalità post storica (incarnata dall’american way of life) o lo snobismo (incarnato dai giapponesi, che continuano a celebrare le loro cerimonie del tè, svuotate, però, da ogni significato storico). Tra un’America integralmente rianimalizzata e un Giappone che si mantiene umano solo a patto di rinunciare a ogni contenuto storico, l’Europa potrebbe offrire l’alternativa di una cultura che resta umana e vitale, perché è capace di confrontarsi con la sua stessa storia nella sua totalità e di attingere da questo confronto una nuova vita >> (25).
L’accentramento del potere nella fase multicentrica è funzionale a ridurre la filiera del comando che diventa essenziale nelle fasi (multicentriche e policentriche) di aperto conflitto tra le potenze mondiali. Per esempio, si veda il tentativo di riforma, a partire dal 2015, dell’Unione europea per quanto riguarda l’allargamento e l’approfondimento dei settori di intervento verso la costituzione degli Stati Uniti d’Europa (26). Si vuole riformare l’Unione europea per renderla più affidabile e servile eliminando i vassalli e i valvassori che facevano da collante e da coordinamento nella esecuzione e nella gestione delle strategie statunitensi contro le potenze che mettono in discussione il loro ordine mondiale monocentrico (Mario Draghi è uno dei protagonisti, per conto dei pre-dominanti statunitensi, di questa riforma verso la costruzione degli Stati Uniti d’Europa) (27). E’ emblematico che uno dei settori interessati maggiormente dalla riforma sia quello militare. Un settore che deve essere assorbito e coordinato da quello statunitense e da quello della NATO e deve svolgere un ruolo di minaccia, di intimidazioni e di potenziale conflitto contro la Russia e la Cina (e le loro aree di influenza) per indebolirle e ridimensionarle (28).
L’Europa ha la necessità di essere ri-pensata e ri-costruita, a partire da un processo di liberazione dalla servitù volontaria (29) verso gli Stati Uniti, che passa dalla smilitarizzazione delle basi USA e USA-NATO sul suo territorio (l’occupazione militare, tramite basi e accordi, è la forza che ha permesso alla potenza statunitense di coordinare lo sviluppo a livello mondiale fino al 2011, fine della fase monocentrica) e dall’uscita dal sistema euro incardinato nell’egemone sistema del dollaro (in fase di messa in discussione da altri sistemi monetari che esprimono altri modelli di sviluppo e di relazioni sociali, da capire e approfondire).
Occorre ripartire dalla cesura rappresentata dalla de-americanizzazione del territorio europeo (così come, con la dottrina Monroe (30), gli Stati Uniti d’America imposero, la de-europeizzazione del continente America); è necessario, per dirla con Costanzo Preve, “un radicale riorientamento gestaltico” che faccia uscire l’Europa dalla servitù volontaria statunitense e pensare ad un’altra Europa di nazioni autodeterminate e libere. Una rottura forte e qualitativa che può essere realizzata volgendo lo sguardo ad Est, al costruendo polo asiatico allargato che racchiude il 70% della popolazione mondiale,
ben sapendo che << […] Nella realtà sociale le espressioni sì e no sono inscindibilmente connesse fra loro in un rapporto dialettico. Nella realtà sociale non esiste alcun no che non contenga qualcosa di essenzialmente positivo. >> (31).
Un ripensamento e una ricostruzione che ponga le basi per una Europa autodeterminata che guardi ad Oriente dove le potenze mondiali in ascesa avanzano proposte di multicentrismo per un nuovo equilibrio (un nuovo nomos) di dominio mondiale (32).
Che fare? Ci sono le condizioni soggettive e oggettive per pensare, progettare e costruire un’altra Europa e non continuare nella pura ipocrisia?
La citazione scelta come epigrafe è tratta da:
*Costanzo Preve e Luigi Tedeschi, Dialoghi sull’Europa e sul nuovo ordinemondiale, Casa Editrice “il Prato”, Saonara (Padova), 2016, pag.86.
NOTE
Alessandro Barbero, Carlo Magno. Un padre dell’Europa, Editori Laterza, Roma-Bari, 2002, Capitolo V, pp. 113-127; sul complesso cammino della costruzione delle nazioni europee si rimanda a Andrea Zannini, Storia minima d’Europa. Dal neolitico a oggi, il Mulino, Bologna, 2019, pp. 223-237; sull’importanza della riconquista della sovranità delle nazioni per costruire un’altra Europa libera e autodeterminata come un nuovo spazio di raccordo e di scambio politico, economico e culturale tra Occidente e Oriente si vedano Costanzo Preve e Luigi Tedeschi, Dialoghi sull’Europa e sul nuovo ordinemondiale, Casa Editrice “il Prato”, Saonara (Padova), 2016; Perry Anderson ed altri, a cura di, Storia d’Europa, Einaudi, Torino, 1993, volume primo.
2.Sul ruolo dell’Europa nelle strategie statunitensi si rimanda a Henry Kissinger, Ordine mondiale, Mondadori, Milano, 2015, pp.87-96 e pp. 234-326; Zbigniew Brzezinski, La grande scacchiera, Longanesi, Milano, 1998; sul ruolo dei servizi segreti nella costruzione del progetto dell’Europa unita sia per scalzare l’influenza comunista sia per inglobare l’Europa nelle strategie di dominio statunitense si veda Richard J. Aldrich, OSS, CIA e Unità europea: il comitato americano per l’Europa unita, 1948-60 (prima, seconda, terza parte), www.comedonchisciotte.org, 24/8/2020; sulla costruzione delle istituzioni europee e sul loro funzionamento si legga Perry Anderson, Verso una Unione sempre più stretta? (prima, seconda, terza parte), www.comedonchisciotte.org, 2/1/2021; sulla fine del progetto europeo statunitense rimando al mio scritto Il progetto dell’Unione europea è finito, la Nato è lo strumento degli USA nel conflitto strategico della fase multicentrica, www.italiaeilmondo.com, 26/11/2018.
Costanzo Preve, Ripensare Marx oltre la destra e la sinistra, intervista a cura di Luigi Tedeschi, www.ariannaeditrice.it, 31/5/2007; Costanzo Preve, Filosofia e geopolitica, Edizione all’insegna del Veltro, Parma, 2005.
Sulla metamorfosi della Nato rinvio a Luigi Longo, L’americanizzazione del territorio (Appunti per una riflessione), www.conflittiestrategie, 29/3/2014 e www.italiaeilmondo.com, 27/5/2017; Idem, Il progetto dell’Unione europea, op. cit.; Idem, La Nato è lo strumento degli Usa nel conflitto strategico della fase multicentrica,www.italiaeilmondo.com, 7/7/2022.
Redazione, La storia militare degli Stati Uniti sembra un gioco ma non lo è, www.infodata.ilsole24ore.com, 20/2/2020; Giovanni Viansino, Impero romano, impero americano. Ideologie e prassi, Edizioni Punto Rosso, Milano, 2005.
Sulla definizione della guerra in senso stretto (prima (1914-1918) e seconda guerra mondiale (1939-1945) ed in senso largo per la terza (1945-1989) e per la quarta tutt’ora in corso si rimanda a Costanzo Preve, La quarta guerramondiale, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma, 2008.
Redazione Ansa, Paesi nordici verso difesa aerea congiunta dalla Russia, www.ansa.it, 25/3/2023; Filippo Jacopo Carpani, Truppe al confine con la Russia: cosa c’è dietro la mossa USA in Finlandia, www.ilgiornale.it, 15/12/2023; Maurizio Blondet, Il ministro della Difesa tedesco: “l’Europa deve essere pronta alla guerra entro la fine del decennio”, www.maurizioblondet.it, 18/12/2023.
Alberto Bradanini, Gli Usa temono un asse Russia-Cina e un mondo multipolare, intervista a cura di Luciana Borsatti, www.sinistrainrete.info, 11/5/2022.
10. Fabrizio Maronta, a cura di, conversazione con Richard D. Wolff, L’impero americano è finito ma l’America non lo accetta, “Limes” n.4/2023, pp.104-106.
Maurizio Brignoli, Le cause economiche dietro il massacro di Gaza, www.ariannaeditric.it 18/11/2023; Enrico Tomaselli, La catabasi imperiale, www.ariannaeditrice.it, 24/12/2023; Pepe Escobar, Lo Yemen è pronto ad affrontare una nuova coalizione imperiale, www.comedonchisciotte.org, 23/12/2023; Jean Valyean, L’operazione “prosperity guardian” voluta dal Pentagono sta crollando dopo neppure una settimana, www.scenarieconomici.it, 24/12/2023; Marco Dell’Aguzzo, Chi (non) fa parte della coalizione Usa anti Houthi nel mar Rosso?, www.startmag.it , 30/12/2023; Manlio Dinucci, Medioriente: gli incendiari gridano “Al fuoco”, www.voltairenet.org, 31/12/2023; Enrico Tomaselli, Chi vuole allargare la guerra in Medio Oriente(e perché),www.ariannaeditrice.it , 4/1/2024.
Arnold Toynbee, Il mondo e l’Occidente, Aldo Martello editore, Milano, 1956, pag.54.
Costanzo Preve, Filosofia e geopolitica, Edizioni all’insegna del Veltro, Parma, 2005, pp. 38-39 e Costanzo Preve, Una nuova storia alternativa della filosofia. Il cammino ontologico-sociale della filosofia, editrice Petite Plaisance, Pistoia, 2013, pag.53.
Si veda Luciano Canfora, Catilina. Una rivoluzione mancata, Laterza, Bari-Roma, 2023.
Giancarlo Paciello, La conquista della Palestina, Editrice C.R.T., Pistoia, 2004; Domenico Moro, Il seme della violenza. Le origini del conflitto israelo-palestinese, www.sinistrainrete.info, 19/10/2023 e 9/11/2023, prima e seconda parte; Salvatore Bravo, La cesoiacorazzata, www.comunismoecomunità.org, 20/11/2023.
Costanzo Preve, Il bombardamento etico. Saggio sull’interventismo umanitario, sull’embargo terapeutico, e sulla menzogna evidente, Editrice C.R.T., Pistoia, 2000.
Luciano Canfora, Intervista sul potere, a cura di, Antonio Carioti, Editori Laterza, Roma-Bari, 2013, pag. 92; a proposito delle potenze europee che ne hanno fatto di tutti i colori si legga Attilio Brilli, Dove finiscono le mappe. Storie di esplorazioni e di conquista, il Mulino, Bologna, 2012.
Leoniero Dertona, Disastro economia europea: il 2024 sarà recessione con misure fiscali e monetarie cicliche, www.scenarieconomici.it, 3/1/2024; Isabella Bufacchi, Soffre l’industria tedesca, la domanda non riparte, www.ilsole24ore.com , 8/1/2024; per una lettura delle sanzioni alla Russia che hanno avuto effetti negativi per l’Europa e hanno stimolato l’economia russa in Michael Hudson, L’economia USA: sorprendentemente robusta o un villaggio Potemkin?, www.comedonchisciotte.org 20/6/2023; Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani), Le sanzioni alla Russia: l’idiozia al serviziodel “potere”,www.comedonchisciotte.org , 12/9/2022; per una lettura delle sanzioni alla Russia che hanno portato vantaggi all’economia USA in Marco Della Luna, Il prezzo di Adamo, www.marcodellaluna.info ,1/9/2023; Domenico Moro, La montagna della UE e il topolino del nuovo patto di stabilità, www.comedonchisciotte.org , 9/1/2024.
Luciano Canfora, Intervista sul potere, a cura di, Antonio Carioti, op. cit., p.90-91.
Fernand Braudel, L’Italia fuori d’Italia. Due secoli e tre Italie in AaVv, Storia d’Italia. Dalla caduta dell’impero romano al secolo XVIII, Einaudi, Torino, 1974, Tomo secondo, pag. 2143. Si legga anche Jacques Le Goff, L’Italia fuori d’Italia. L’Italia nello specchio del Medioevo in AaVv, Storia d’Italia. Dalla caduta dell’impero romano al secolo XVIII, Einaudi, Torino, 1974, Tomo secondo, parte III, pp. 2060-2088; Federico Chabod, Storia dell’idea d’Europa, a cura di Ernesto Sestan e Armando Saitta, Editori Laterza, Bari-Roma, 1989.
L’obiettivo del multicentrismo bilanciato sarà possibile solo se la potenza aggressiva, per la sua storia, gli USA, saprà condividere il dominio mondiale con le altre potenze la Cina, l’India e la Russia che sono portatrici di una condivisione, nel rispetto delle proprie peculiarità storiche e territoriali, di un equilibrio dinamico tra le potenze. Leggo il multicentrismo bilanciato in maniera diversa dalla multipolarità bilanciata di John J. Mearsheimer che può evitare la fase policentrica che significherebbe la terza guerra mondiale e la fine dell’umanità considerata la forza distruttiva delle armi nucleari. Sulla multipolarità bilanciata si rimanda a John J. Mearsheimer, La tragedia delle grandi potenze, Luiss Press, Roma, 2019, pp. 259-427.
Dante Alighieri, La divina commedia. Paradiso, a cura di Daniele Mattalia, BUR, Milano, 1989 (quarta edizione), canto I, versi 70-71, nota 70, pp.22-23. Sul transumanesimo come progresso nichilista dell’Occidente si rimanda a Roberto Pecchioli, L’uomo transumano. La fine dell’umanità, Arianna Editrice, Bologna, 2023.
Giorgio Agamben, La crisi perpetua come strumento di potere in “Lo Straniero” del 3/11/2013; si legga anche Alessandra Ciattini, Verso un nuovo mondo: due punti di vista, www.ilcomunista23.blogspot.com, 15/7/2023.
Luca Lanzalaco, Stati Uniti d’Europa: se li conosci li eviti, se li eviti ti salvi, www.comedonchisciotte.org, 15/12/2023; Idem, La revisione dei Trattati UE è l’attacco definitivo alla sovranità e alla democrazia, www.comedonchisciotte.org, 14/6/2022. Sottolineo che l’autore non fa riferimento alcuno al ruolo dell’Unione europea nelle strategie egemoniche degli USA nel conflitto strategico mondiale.
Stefano Cingolani, Stati Uniti d’Europa: la vera riforma fiscale secondo Draghi,www.ilfoglio.it, 7/9/2023; Megas Alexandros, (alias Fabio Bonciani), E’ giunta l’ora che l’esperimento di massa in corsa dell’eurozona finisca! A dircelo è Mario Draghi, www.comedonchisciotte.org, 10/9/2023; Federico Fubini, Draghi:<< Europa sia unione vera, a partire dalla politica estera e difesa. Gli errori? Russia e Afghanistan >>, www.corriere.it, 8/11/2023; Redazione Ansa, Draghi è un momento critico per l’Europa, www.ansa.it, 29/11/2023; Katia Migliore, L’Europa è in crisi? Ci vuole più Europa!www.comedonchisciotte.org, 1/12/2023; Marina Lanza, a cura di, La UE pone fine allafinzione democratica, www.maurizioblondet.it , 21/11/2023.
Nick Alipour, Il ministro della Difesa tedesco: << L’Europa deve essere pronta alla guerra entro la fine del decennio >>, www.maurizioblondet.it 18/12/2023; Stefano Porcai, Cambieranno le leggi, per favorire il complesso militare-industriale europeo, www.contropiano.org, 5/1/2024; sul ruolo dell’Unione europea nell’Asia centrale si veda Pepe Escobar, L’asia centrale è il primo campo dibattaglia nel nuovo grande gioco, www.comedonchisciotte.org, 21/8/2023.
Sulla conversione della sudditanza esteriore in interiore sottomissione, facendo sorgere quella psicologia del suddito che Friedrich Engels chiamò “da servitori” si veda Gyorgy Lukacs, La distruzione della ragione, Einaudi, Torino, 1959, pp. 3-90.
Nico Perrone, Progetto di un impero 1823.L’annuncio dell’egemonia americana infiamma le borse, La Città del Sole, 2013, Napoli.
Gyorgy Lukacs, La distruzione della ragione, Einaudi, Torino, 1959, pag.804.
Si veda, con una lettura critica, Valery Korovin, La fine dell’Europa. Insieme alla Russia sulla via del multipolarismo, Anteo Edizioni, Cavriago (RE), 2023.
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La coltre di nebbia sulla gestione della pandemia che avvolge l’Italia e l’operato dei protagonisti che per caso, loro malgrado o di proposito hanno dovuto affrontare per oltre due anni la crisi, è stata attraversata da timidi squarci di luce provenienti da oltre confine. Di fatto incidenti di percorso, capitati negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, Svezia, soprattutto in Nuova Zelanda, che hanno consentito di estorcere qualche barlume di verità nel muro di omertà che ha avvolto quasi dappertutto l’intero pianeta. Rivelazioni pagate a caro prezzo dagli intrepidi che hanno osato sfidare la narrazione dominante. Troverete un resoconto competente e documentato della vicenda. Vi invitiamo a seguire con attenzione la trasmissione. Su Rumble potrete seguire la registrazione integrale; su YouTube solo i pochi minuti iniziali. I rischi di censura arbitraria e di chiusura del canale sono troppo alti. Buon ascolto, Giuseppe Germinario ll sito www.italiaeilmondo.com non fruisce di alcuna forma di finanziamento, nemmeno pubblicitaria. Tutte le spese sono a carico del redattore. Nel caso vogliate offrire un qualsiasi contributo, ecco le coordinate: postepay evolution a nome di Giuseppe Germinario nr 5333171135855704 oppure iban IT30D3608105138261529861559 oppurePayPal.Me/italiaeilmondoSu PayPal, ma anche con il bonifico su PostePay, è possibile disporre eventualmente un pagamento a cadenza periodica, anche di minima entità, a partire da 2 (due) euro (pay pal prende una commissione di 0,52 centesimi)
La recente ondata pandemica è stata l’occasione e il moltiplicatore di appetiti e manipolazioni di una rete di potere e di interessi da sempre all’opera, ma che ha trovato il momento opportuno per scardinare anche la sola parvenza di equilibrio di interessi e di sussunzione o quantomeno contemperamento dell’interesse privato alle esigenze e alla salute di una comunità. I redattori del sito, nella serie di articoli ed interventi, hanno sempre cercato di distinguere l’esistenza oggettiva del problema, compresa la necessità della ricerca scientifica e della problematica complessa che sottende anche nella fase di speriementazione, dalla manipolazione scandalosa della gestione, ben condita di cialtroneria e mire di pesante condizionamento; fermo restando che affrontare un problema simile comporta sempre e comunque una gestione politica ben lontana da pretese di “neutralità”. La gestione della pandemia, purtroppo, rappresenta solo un episodio di questa pesante manipolazione sempre più rude ed ostentata, espressione di élites tanto sicure di sè quanto arroccate e fragili, insensibili alle esigenze di coesione ed equilibrio sociale. In questa conversazione affrontiamo un aspetto di questa gestione in Svezia. Sottolineo che l’Italia ha vissuto situazioni ancora più paradossali, a partire dalla azione censoria e persecutoria di astanti particolarmente portati ad un proscenio da baraccone di luna park. Buon ascolto, Giuseppe Germinario
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Da questa notte sono iniziati veri e propri combattimenti all’esterno e all’interno della striscia di Gaza. Non sono scontri episodici o rivolte, ma un vero e proprio conflitto pianificato ed organizzato con modalità complesse ed articolate da Hamas. Suscita qualche perplessità e dubbio, però, il fatto che il comando militare e i servizi di Israele non abbiano nemmeno percepito la gravità e la portata di quanto stava maturando. Il contesto interno, con il sabotaggio e la progressiva occupazione ed esproprio di terre di proprietà di arabi, ha la sua importanza. La ulteriore porosità del mercato nero delle armi consentita dal conflitto in Ucraina ha alimentato sicuramente le capacità militari di Hamas anche di strumenti complessi. Quanto sta accadendo si muove, però, in un contesto nel Vicino e Medio Oriente particolarmente dinamico ed originale. Le iniziative diplomatiche della Cina tese ad un avvicinamento di Iran e Arabia Saudita; il sostegno determinante della Russia al regime vittorioso di Assad; il dinamismo della Turchia in quell’area in una posizione sempre più conflittuale con gli Stati Uniti e di confronto circospetto con Russia ed Iran; le ambiguità sempre più evidenti dei rapporti occidentali con i settori più radicali dell’integralismo islamico, il risveglio dell’Egitto; la parallela iniziativa dell’amministrazione Biden per un avvicinamento tra Arabia Saudita e Israele in funzione antiraniana. Un contesto nel quale si stanno delineando nuovi equilibri ed assetti e prospettive di soluzione diplomatica di antichi contenziosi. Un contesto, quindi, di progressivo ridimensionamento dell’esclusivo ruolo statunitense in quell’area. Apriamo una finestra sugli eventi.
Ci sono molte domande tante ombre negli eventi che si stanno svolgendo in Israele e Palestina, soprattutto nella fase iniziale nell’attacco a Israele:
-Israele ha il più avanzato sistema antiaereo del mondo.
-Viene infiltrato da militanti paracadutati di Hamas
-Perde l’intera difesa del confine meridionale con Gaza
Come è potuto accadere?
Dove era Mossad con i suoi rapporti di intelligence?
19:16 ora di Beirut
Riferendosi all’offensiva scatenata contro Israele dal movimento islamista Hamas, Abbas Ibrahim, ex capo della Sicurezza generale libanese, ha dichiarato lunedì sera che “è stata presa la decisione di aprire tutti i fronti se Israele oserà entrare a Gaza con la forza”. Ha parlato durante un incontro con i giornalisti a Parigi.
19:08 ora di Beirut
Urgente Libano del Sud: secondo due fonti di sicurezza libanesi citate dalla Reuters, Hezbollah ha preso di mira un carro armato israeliano con un missile guidato.
19:07 ora di Beirut
Urgente Libano del Sud: l’esercito israeliano ha sparato contro i posti di osservazione di Hezbollah in risposta al lancio di razzi, come riporta Haaretz.
18:29 ora di Beirut
“La spettacolare offensiva di Hamas contro Israele ha mandato in frantumi tutte le certezze. Ora siamo nella zona grigia, quella in cui tutto può accadere”. L’analisi di Anthony Samrani: Nasrallah e Khamenei di fronte all’abisso.
18:19 ora di Beirut
Commentando il lancio di razzi dal Libano verso Israele, l’UNIFIL ha rilasciato la seguente dichiarazione:
“Pochi minuti fa, intorno alle 17:30, l’UNIFIL ha rilevato il lancio di razzi da sud di Tiro. Restiamo in contatto con le autorità su entrambi i lati della Linea Blu per disinnescare questa situazione molto pericolosa. Invitiamo tutti alla moderazione in questo momento critico”.
18:16 ora di Beirut
Commentando le affermazioni israeliane secondo cui circa 1.500 corpi di combattenti di Hamas sono stati trovati dall’esercito israeliano da sabato, un portavoce di Hamas ha negato l’informazione. “Loro (Israele) vogliono aumentare il loro morale diffondendo queste notizie”, ha dichiarato a L’Orient Today.
17:59 ora di Beirut
URGENTE: L’esercito israeliano risponde con l’artiglieria ai razzi provenienti dal Libano, riporta Reuters.
17:49 Ora di Beirut
URGENTE: Diversi razzi sono stati lanciati pochi istanti fa dal Libano verso Israele, ha confermato alla nostra testata il portavoce dell’UNIFIL Andrea Tenenti.
Secondo una fonte dell’esercito libanese, 9 razzi sono stati lanciati dal villaggio di Qlaileh, nel sud del Libano. Il gruppo Telegram di Hezbollah ha riportato un totale di 12 razzi.
Tenenti ha dichiarato che i razzi sono stati lanciati da un’area vicina al villaggio di Naqoura, nel sud del Paese, ma non ha potuto confermare se abbiano raggiunto Israele.
Contattato dal nostro giornale, un portavoce di Hezbollah ha rifiutato di commentare l’incidente.
17:35 ora di Beirut
URGENTE: Secondo l’esercito israeliano, nel nord di Israele, al confine con il Libano, si sono udite delle sirene che segnalavano la presenza di possibili razzi.
17:31 Ora di Beirut
Il presidente della Banca Mondiale Ajay Banga ha dichiarato in un’intervista alla Reuters che il conflitto tra Israele e Hamas è una “tragedia umanitaria” e uno “shock economico” di cui il mondo “non ha bisogno”.
Ha aggiunto che l’organizzazione sta “facendo del suo meglio” per fornire aiuti nelle zone di conflitto. Ha anche detto che la BM ha sospeso le sue operazioni nella Striscia di Gaza, ma le ha mantenute in Cisgiordania.
17:19 ora di Beirut
“L’attuale escalation è molto pericolosa e ha conseguenze che potrebbero avere un impatto sulla sicurezza e sulla stabilità della regione”, ha dichiarato il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sissi.
All’inizio della giornata, il presidente russo Vladimir Putin ha dichiarato che la situazione è “un chiaro esempio del fallimento della politica statunitense in Medio Oriente”.
17:18 ora di Beirut
Hamas ha iniziato a bombardare Ashkelon, nel nord della Striscia di Gaza, secondo quanto riportato da Haaretz e Al Jazeera. All’inizio della giornata, il movimento islamista aveva invitato sul suo canale Telegram i residenti di questa città nel sud di Israele ad “andarsene” prima delle 17:00 ora locale (14:00 GMT).
16:47 ora di Beirut
Il valico di frontiera di Rafah con l’Egitto, l’unica uscita dalla Striscia di Gaza non controllata da Israele, è stato bombardato tre volte dall’aviazione israeliana nelle ultime 24 ore, come hanno dichiarato martedì una ONG e un fotografo dell’AFP.
16:43 Ora di Beirut
30 persone disperse sono state ritrovate sane e salve nei pressi di Ein Hashlosha, vicino al confine con la Striscia di Gaza, ha annunciato l’unità di crisi dell’esercito israeliano, secondo quanto riportato da diversi media israeliani.
16:18 ora di Beirut
L’ala armata di Hamas, le Brigate al-Qassam, sostiene di aver lanciato missili verso l’aeroporto Ben Gourion di Tel Aviv, secondo quanto riportato da Al Jazeera. Un portavoce dell’aeroporto ha negato che l’aeroporto Ben Gurion sia stato colpito, ha aggiunto il canale.
In un messaggio separato sul suo canale ufficiale Telegram, il gruppo armato ha affermato di aver preso di mira anche Tel Aviv. Secondo i media israeliani, le sirene sono state udite alla periferia di Tel Aviv.
16:06 ora di Beirut
Due membri dell’ufficio politico di Hamas, Jawad Abou Chammala – che è anche ministro dell’Economia del movimento islamista palestinese – e Zakaria Abou Maamar, sono stati uccisi in un attacco aereo israeliano a Khan Younes, nel sud della Striscia di Gaza, ha dichiarato martedì a Reuters un funzionario del gruppo. La notizia è stata ripresa da diversi media.
15:51 Ora di Beirut
Il bilancio delle vittime in Israele è salito a più di 1.000, secondo l’ambasciata israeliana negli Stati Uniti, citata da Reuters.
15:26 Ora di Beirut
Nelle immagini: una donna palestinese reagisce all’arrivo dei corpi delle persone uccise durante i bombardamenti israeliani a Khan Younès, nel sud della Striscia di Gaza, il 10 ottobre 2023. Foto SAID KHATIB / AFP
15:17 ora di Beirut
Una prima tranche di aiuti alla sicurezza è in arrivo in Israele e altri aiuti statunitensi sono in arrivo, ha dichiarato martedì il portavoce della Casa Bianca per la sicurezza nazionale John Kirby in un’intervista alla MSNBC.
15:16 Ora di Beirut
“Non abbiamo mai assistito a una tale barbarie”: i gazesi ci raccontano il loro calvario. Leggi qui l’articolo di Ghadir Hamadi.
15:14 Ora di Beirut
Le forniture di carburante al Libano hanno ripreso il loro normale corso, dopo un momento di pausa dovuto alla situazione della sicurezza in Israele e nel Libano meridionale.
Due fonti della direzione delle società importatrici di carburante hanno dichiarato a L’Orient-Le Jour che le autocisterne che riforniscono il Libano di benzina e gasolio continueranno a operare normalmente.
Secondo queste stesse fonti, che desiderano rimanere anonime e non rivelare i nomi delle società per cui lavorano, almeno una nave ha sospeso il suo viaggio a Cipro, in attesa di decidere se proseguire o meno verso il porto di Beirut.
L’Associazione degli importatori di carburante in Libano non ha rilasciato commenti e il rappresentante dei distributori di carburante, Fadi Abou Chacra, ha assicurato che il mercato libanese è “sufficientemente rifornito di benzina e olio da riscaldamento”.
15:14 Ora di Beirut
Le forniture di carburante al Libano hanno ripreso il loro corso normale, dopo un momento di pausa dovuto alla situazione della sicurezza in Israele e nel Libano meridionale.
Due fonti della direzione delle società importatrici di carburante hanno dichiarato a L’Orient-Le Jour che le autocisterne che riforniscono il Libano di benzina e gasolio continueranno a operare normalmente.
Secondo queste stesse fonti, che desiderano rimanere anonime e non rivelare i nomi delle società per cui lavorano, almeno una nave ha sospeso il suo viaggio a Cipro, in attesa di decidere se proseguire o meno verso il porto di Beirut.
L’Associazione degli importatori di carburante in Libano non ha rilasciato commenti, mentre il rappresentante dei distributori di carburante, Fadi Abou Chacra, ha assicurato che il mercato libanese è “sufficientemente rifornito di benzina e olio da riscaldamento”.
14:50 ora di Beirut
Le autorità israeliane ritengono che a Gaza siano detenuti fino a 150 ostaggi, ha dichiarato Gilad Erdan, ambasciatore di Israele presso le Nazioni Unite, al canale americano CNN.
14:13 Ora di Beirut
Hezbollah sarà coinvolto direttamente nel conflitto? Il parere degli esperti:
Imad Salamey, professore associato di politica mediorientale presso l’Università libanese americana di Beirut, ha dichiarato al nostro giornale che “è molto improbabile che Hezbollah venga coinvolto direttamente nel conflitto”. “Tuttavia, nei prossimi giorni, il confine meridionale del Libano sarà teso perché entrambe le parti (Libano e Israele) saranno in allerta, e dovremmo aspettarci scambi di fuoco transfrontalieri, ma entro certi limiti”.
Mohanad Hage Ali, ricercatore presso il Malcolm H. Kerr Carnegie Middle East Center, ha dichiarato al nostro giornale che “se Israele effettuerà l’invasione di terra di Gaza che ha annunciato, Hezbollah interverrà. Tuttavia, se Israele invertirà la sua decisione, non ci si aspetta che Hezbollah intervenga nel conflitto”.
14:04 ora di Beirut
In immagini: barriere di ferro posizionate dall’esercito israeliano su una strada nei pressi del kibbutz Yiftah, vicino al confine con il Libano, il 10 ottobre 2023. Foto Jalaa MAREY / AFP
14:01 ora di Beirut
Sabato Hamas ha stupito il mondo lanciando i suoi combattenti in parapendio motorizzato dalla Striscia di Gaza assediata, aprendo la strada a un attacco via terra, aria e mare contro Israele. Come hanno imparato a volare in parapendio i combattenti di Hamas? Il nostro giornalista Ghadir Hamadi vi racconta tutto.
13:59 Ora di Beirut
Un uomo è stato ucciso e altri tre sono stati feriti quando gli spari hanno preso di mira una marcia di solidarietà con Gaza organizzata lunedì nel campo profughi palestinese di Ain el-Heloue, nel sud del Libano, riferisce il nostro corrispondente Mountasser Abdallah, citando fonti mediche e palestinesi.
13:49 Ora di Beirut
Il bilancio delle vittime è salito a 788 e 4.100 feriti da parte palestinese, riferisce l’agenzia di stampa ufficiale palestinese Wafa. Questa cifra comprende sia Gaza che la Cisgiordania occupata.
“I tagli a Internet e alla rete nella Striscia di Gaza stanno causando un ritardo nel conteggio”, ha aggiunto l’agenzia.
13:48 Ora di Beirut
Il capo della diplomazia dell’Unione Europea, Josep Borrell, ha invitato i ministri degli Esteri israeliano e palestinese a una riunione d’emergenza dei loro omologhi europei questo pomeriggio.
13:47 Ora di Beirut
È “probabile” che Hamas abbia ricevuto “aiuti” nelle sue operazioni contro Israele, secondo quanto dichiarato martedì dal presidente francese Emmanuel Macron. Tuttavia, ha sottolineato di non avere “tracce formali” di “coinvolgimento diretto” da parte dell’Iran.
13:25 ora di Beirut
Mercoledì 11 ottobre, alle 11 ora di Beirut, il nostro condirettore Anthony Samrani risponderà alle vostre domande in diretta sul nostro sito web.
Potete già inviarle al seguente indirizzo: livechatolj@lorientlejour.com
Collegatevi qui alle 11 di mercoledì per seguire la discussione con Anthony Samrani.
13:24 ora di Beirut
Il portavoce dell’UNIFIL (United Nations Interim Force in Lebanon) Andrea Tenenti ha dichiarato a L’Orient-Le Jour che “nonostante gli eventi molto preoccupanti degli ultimi giorni, la situazione nell’area di operazione dell’UNIFIL è attualmente stabile. Fortunatamente gli scambi di fuoco tra il territorio libanese e quello israeliano non sono degenerati in conflitto”. “Stiamo facendo tutto il possibile per evitare un’escalation”, ha aggiunto.
“I nostri peacekeepers stanno continuando la loro missione. Abbiamo anche intensificato i pattugliamenti e le operazioni per individuare il lancio di razzi”.
“Le nostre attività sono coordinate con le Forze armate libanesi, con le quali conduciamo molte operazioni. Siamo attivamente impegnati con le autorità di entrambi i lati della Linea Blu per disinnescare la situazione ed evitare malintesi”, ha aggiunto.
13:18 ora di Beirut
In foto: soldati israeliani in posizione a Kfar Aza, nel sud di Israele vicino al confine con la Striscia di Gaza, il 10 ottobre 2023. Foto Thomas COEX / AFP
13:05 ora di Beirut
Una marcia a sostegno dei palestinesi di Gaza si terrà mercoledì alle 11 a Beirut, vicino alla sede della Croce Rossa nel quartiere di Hamra. L’informazione è stata fornita a OLJ da un funzionario del movimento Hamas in Libano.
12:53 ora di Beirut
Un attacco ha avuto luogo vicino al valico di frontiera di Rafah tra la Striscia di Gaza e la Penisola del Sinai in Egitto, secondo fonti della sicurezza egiziana citate dall’agenzia di stampa Reuters.
12:46 ora di Beirut
Il dossier degli ostaggi non sarà aperto fino a quando la guerra non sarà finita, ha dichiarato il leader di Hamas Ismail Haniyeh, secondo il canale ufficiale di Hamas su Telegram.
12:40 Ora di Beirut
In immagini: un giovane palestinese siede davanti a un edificio carbonizzato mentre all’interno divampa un incendio, in seguito agli attacchi aerei israeliani nel quartiere di Rimal, a Gaza City, il 10 ottobre 2023. Foto Mahmud HAMS/AFP
12:34 ora di Beirut
Scopri il commento della nostra giornalista Stéphanie Khouri: Per una resistenza (veramente) palestinese.
12:11 ora di Beirut
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha chiesto martedì l’apertura di un corridoio umanitario nella Striscia di Gaza, che è stata isolata e bombardata dalle forze israeliane in seguito agli attacchi di Hamas che hanno causato la morte di centinaia di israeliani.
“È necessario un corridoio umanitario per far arrivare le forniture mediche essenziali alla popolazione”, ha dichiarato un portavoce dell’OMS durante un briefing delle Nazioni Unite a Ginevra, aggiungendo che l’organizzazione è in trattative con le varie parti.
12:07 ora di Beirut
Il governo libanese annuncia che il Consiglio dei ministri si terrà giovedì 12 ottobre alle ore 16.00. In un comunicato stampa ufficiale, il Gran Serraglio afferma che il Consiglio discuterà “gli attuali sviluppi nel contesto dell’evoluzione della situazione a tutti i livelli”, senza fornire ulteriori dettagli. Il testo non menziona il conflitto scoppiato sabato tra Hamas e Israele.
Il Consiglio affronterà anche la questione dei migranti siriani in Libano. Il primo ministro uscente Nagib Mikati sta esortando tutti i ministri a partecipare, “soprattutto nelle delicate circostanze che il Paese sta attraversando”.
11:59 ora di Beirut
Secondo l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (UNRWA), 18 dei suoi edifici sono stati danneggiati a Gaza.
11:57 ora di Beirut
L’esercito israeliano chiarisce la situazione: non sono state rilevate infiltrazioni dalla Siria o dal Libano, riporta Haaretz.
11:49 Ora di Beirut
La guerra tra il movimento islamista palestinese Hamas e Israele ha fatto sfollare più di 187.500 persone all’interno della Striscia di Gaza da sabato, secondo l’Ufficio delle Nazioni Unite per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), citato dall’AFP.
“Il numero di sfollati nella Striscia di Gaza è aumentato considerevolmente, arrivando a più di 187.500 da sabato. La maggior parte di loro si sta rifugiando nelle scuole dell’UNRWA”, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, ha dichiarato martedì il portavoce dell’Ocha, Jens Laerke, durante un briefing con la stampa a Ginevra.
Foto: Una giovane palestinese attraversa una scuola distrutta dagli attacchi israeliani a Gaza, 9 ottobre 2023. Foto MOHAMMED ABED / AFP
11:37 ora di Beirut
Tre giornalisti palestinesi sono stati uccisi nelle prime ore di martedì da un attacco aereo israeliano che ha colpito un edificio residenziale vicino al porto di pesca di Gaza City, secondo quanto riferito da un sindacato dei giornalisti e da un funzionario dell’AFP.
Il sindacato locale dei giornalisti ha annunciato in un comunicato “il martirio di tre giornalisti nella Striscia di Gaza durante l’attuale aggressione israeliana”. Il capo dell’ufficio media del governo di Hamas, Salameh Maarouf, ha fornito le identità delle vittime: Said al-Taweel, Mohammed Sobboh e Hisham Nawajhah.
11:31 ora di Beirut
Nelle immagini: donne palestinesi piangono durante il funerale delle vittime degli attacchi israeliani a Khan Younès, nel sud della Striscia di Gaza, 10 ottobre 2023. Foto REUTERS/Ibraheem Abu Mustafa
11:27 ora di Beirut
Secondo Haaretz, l’esercito israeliano ha segnalato un incidente di sicurezza nel nord di Israele al confine con il Libano; potrebbe trattarsi di un’infiltrazione aerea vicino alle alture del Golan.
11:22 ora di Beirut
URGENTE: L’assedio totale di Gaza è “proibito” dal diritto umanitario internazionale, afferma l’ONU.
“L’imposizione di assedi che mettono in pericolo la vita dei civili privandoli di beni essenziali per la loro sopravvivenza è proibita dal diritto internazionale umanitario”, ha dichiarato l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Volker Türk, in un comunicato.
11:20 ora di Beirut
Secondo il quotidiano israeliano Haaretz, che cita un messaggio diffuso da un’amministrazione locale, i residenti del nord di Israele, al confine con il Libano, hanno ricevuto l’ordine di rifugiarsi nei rifugi.
11:13 ora di Beirut
URGENTE La Guida Suprema iraniana Ali Khamenei nega che l’Iran sia dietro l’attacco di Hamas in Israele.
“I sostenitori del regime sionista e altri hanno diffuso voci negli ultimi due o tre giorni, tra cui quella che l’Iran islamico sia dietro questa azione. Sono false”, ha detto l’ayatollah Khamenei in un discorso a un’accademia militare.
11:00 ora di Beirut
Aggiornamento alle 11:00:
1 – Gaza è sotto “assedio totale” da lunedì, come ordinato dal Ministro della Difesa israeliano. Le forniture di elettricità, acqua e cibo sono state interrotte. Il portavoce dell’esercito israeliano ha inoltre dichiarato in una conferenza stampa martedì che il parlamento e i ministeri civili di Gaza sono obiettivi legittimi. Israele ha anche annunciato in mattinata di aver ripreso il controllo della barriera di confine con Gaza, che era stata attraversata dai combattenti di Hamas sabato.
2 – Il valico di frontiera tra Gaza e l’Egitto è ora chiuso, ha annunciato l’esercito israeliano. “Il valico di Rafah era aperto ieri (lunedì), ma ora è chiuso”, ha dichiarato un portavoce. Questo ha seguito i movimenti di persone in fuga dagli attacchi di Gaza verso l’Egitto, che confina con l’enclave.
3 – Circa 1.500 corpi di combattenti di Hamas sono stati trovati dall’esercito israeliano in territorio israeliano da sabato, ha dichiarato un portavoce dell’esercito. Ha aggiunto che “potrebbero ancora verificarsi infiltrazioni”, anche se ha precisato che “nessuno è entrato” in territorio israeliano da Gaza dalle prime ore di ieri sera. Dall’inizio del conflitto, sabato, sono stati uccisi almeno 900 israeliani e più di 700 palestinesi.
4 – Washington ha minacciato ieri sera Hezbollah, avvertendolo di non prendere “la decisione sbagliata” di aprire un secondo fronte contro Israele al confine con il Libano, per voce di un alto funzionario della difesa americana. In mattinata, una decina di razzi sono stati sparati da Israele su Maïs el-Jabal, nel sud del Libano, secondo il corrispondente del canale Hezbollah al-Manar. In questa fase, il partito sciita ha annunciato ufficialmente tre morti tra i suoi membri in seguito ai bombardamenti israeliani di lunedì.
5 – In un comunicato stampa, Hamas ha dichiarato venerdì (13 ottobre) una giornata di mobilitazione generale per i musulmani e per il mondo arabo, chiamandola “venerdì del diluvio di al-Aqsa” e invitando tutti i suoi sostenitori a mobilitarsi e ad attaccare i soldati israeliani. Lunedì, il braccio armato di Hamas ha annunciato che “qualsiasi operazione nemica contro il [suo] popolo” sarà seguita dall’esecuzione di uno degli ostaggi civili detenuti.
10:54 ora di Beirut
Secondo funzionari israeliani citati da Haaretz, questa mattina è stato avvistato un parapendio sulle alture del Golan, vicino al confine con la Siria. Hanno messo in guardia da una possibile infiltrazione. Una fonte della sicurezza ritiene che il parapendio possa essere tornato indietro.
10:49 ora di Beirut
L’esercito israeliano afferma che non ci sono eventi insoliti sul fronte settentrionale (con Libano e Siria), secondo quanto riportato da Reuters.
10:42 Ora di Beirut
3/3 Testimonianza da Gaza:
Mohammad Abou Lobda, un cittadino di Gaza che vive a Rafah, ci dice: “Non so davvero cosa dirvi, non ho parole per descrivere quello che stiamo passando. La nostra città viene rasa al suolo. Le famiglie ricevono telefonate dagli israeliani pochi minuti prima che le loro case vengano bombardate, avvertendole che i loro residenti saranno colpiti. Cosa si può fare in pochi minuti?”, chiede.
“Niente! Non si ha il tempo di fare i bagagli o di avvertire i vicini di andarsene, molti non hanno nemmeno il tempo di uscire dall’edificio prima che venga colpito”, spiega.
“Non abbiamo acqua, né cibo, né carburante, ve lo immaginate? Israele sta cercando di paralizzarci”, ha continuato.
10:40 ora di Beirut
In immagini: palestinesi esaminano le macerie dopo gli attacchi israeliani a Khan Younès, nel sud della Striscia di Gaza, 10 ottobre 2023. Foto REUTERS/Ibraheem Abu Mustafa
10:34 ora di Beirut
2/3 Testimonianze da Gaza:
Omar al-Qatta, un fotografo di Gaza, ha dichiarato al nostro giornale che la situazione “è molto, molto brutta, è indescrivibile. Non si può immaginare la gravità della situazione; siamo nel bel mezzo di un genocidio”.
“Le case vengono bombardate sopra le teste dei loro abitanti, i palazzi vengono distrutti, interi quartieri non hanno più alcun punto di riferimento (a causa dei bombardamenti), la popolazione è stata sfollata da intere aree”, ha aggiunto.
“Non c’è elettricità e internet è interrotto in moltissimi quartieri e, se è disponibile, è molto lento. Ieri l’occupazione (Israele) ci ha tagliato l’accesso all’acqua. I punti di passaggio sono chiusi e nessun cibo o rifornimento entra nel territorio”, racconta.
“Il rumore degli aerei e dei missili non si ferma quasi mai e l’occupazione (Israele) usa diversi tipi di proiettili e bombe contro di noi”, aggiunge, aggiungendo che la rete è andata persa.
10:32 ora di Beirut
1/3 Testimonianza da Gaza:
“Avichay Adraee, il portavoce dell’esercito israeliano, ieri ha detto agli abitanti della zona di Rimal, a Gaza, di andarsene. Io vivo lì, ma non ho un altro posto dove andare”, ha dichiarato lunedì al nostro giornale Rasha Abou Shaban, un operatore umanitario di 37 anni di Gaza.
“Tutta Gaza è pericolosa in questo momento. Ho vissuto molte guerre in passato, ma non ho mai visto nulla di simile. L’isolato in cui vivo è stato colpito da 200 missili. Il quartiere di Rimal è composto principalmente da case, scuole, università e ministeri”, spiega.
“La principale società di telecomunicazioni di Gaza si trova accanto a casa mia e ieri è stata bombardata. Gli abitanti della Striscia di Gaza sono stati tagliati fuori dal mondo”, ha aggiunto, aggiungendo che la sua linea proviene da un’altra compagnia di telecomunicazioni più piccola.
10:20 ora di Beirut
Lunedì l’Unione Europea ha annunciato la “sospensione immediata” del suo programma di aiuti allo sviluppo per la Palestina. Diversi Paesi membri hanno reagito in seguito:
– L’Irlanda ha chiesto una giustificazione legale per tale decisione;
– La Spagna ha dichiarato che gli aiuti alla Palestina “devono continuare”;
– la Francia ha dichiarato di “non essere favorevole” a tale sospensione.
L’Unione Europea ha poi fatto marcia indietro, annunciando che non avrebbe sospeso il suo sostegno alla Palestina.
10:03 ora di Beirut
Il canale di Hezbollah al-Manar annuncia che Hamas dichiarerà venerdì (13 ottobre) una giornata di mobilitazione generale per i musulmani e il mondo arabo, chiamandola “Venerdì del diluvio di al-Aqsa”.
10:00 Ora di Beirut
La situazione nel sud del Libano “è calma per il momento”, ha dichiarato questa mattina a L’Orient-Le Jour un’alta fonte dell’esercito libanese.
“Ci stiamo coordinando direttamente con la Forza interinale delle Nazioni Unite in Libano (UNIFIL) e siamo in allerta in caso di escalation”, ha aggiunto.
09:53 ora di Beirut
Il portavoce dell’esercito israeliano ha dichiarato che il parlamento e i ministeri civili di Gaza sono obiettivi legittimi durante la conferenza stampa di martedì.
“Se un uomo armato spara razzi da un luogo del genere, diventa un obiettivo militare”.
09:48 ora di Beirut
Wissam el-Makousi, un giornalista di Gaza che studia in Libano da un anno, racconta al nostro inviato Ghadir Hamadi di aver perso ogni contatto con la sua famiglia in patria.
“L’ultima cosa che so è che la nostra casa, nel centro di Gaza, non è stata bombardata direttamente. Ma ha subito danni materiali significativi, dopo il pesante bombardamento degli edifici circostanti”.
el-Makousi insiste sul fatto che il morale dei gazesi è “molto alto nonostante la pressione che l’occupazione (Israele) sta esercitando su di loro, e la stragrande maggioranza dei cittadini rimane nella resistenza”.
09:47 Ora di Beirut
In immagini: carri armati israeliani vicino al confine con il Libano la mattina del 10 ottobre 2023. Foto REUTERS/Lisi Niesner
09:25 Ora di Beirut
In immagini: palestinesi seduti tra le macerie dopo gli attacchi israeliani a Gaza, 10 ottobre 2023. Foto REUTERS/Mohammed Salem
09:21 Ora di Beirut
Il sito web statunitense Axios sostiene che gli Emirati Arabi Uniti hanno avvertito il presidente siriano Bashar al-Assad “di non intervenire nella guerra tra Hamas e Israele e di non autorizzare attacchi contro Israele dal suolo siriano”, citando due fonti diplomatiche emiratine.
09:16 ora di Beirut
Se ve lo siete perso ieri, vi consigliamo di leggere o rileggere questo servizio: In Libano, la paura di rivivere lo scenario del 2006
09:15 Ora di Beirut
A seguito di questa dichiarazione, un portavoce dell’esercito israeliano afferma ora che il valico di frontiera tra Gaza e l’Egitto è chiuso.
“Chiarimento: il valico di Rafah era aperto ieri (lunedì), ma ora è chiuso”.
09:12 ora di Beirut
L’esercito israeliano suggerisce che i gazesi in fuga dagli attacchi si stiano dirigendo verso l’Egitto, che confina con l’enclave.
“Il valico di Rafah (al confine tra Gaza e l’Egitto) è ancora aperto”, ha dichiarato il capo portavoce militare ai media stranieri durante una conferenza stampa. Consiglio a tutti coloro che possono di uscire di farlo”.
09:04 ora di Beirut
URGENTE Il corrispondente del canale Hezbollah al-Manar riferisce che stamattina Israele ha sparato dieci razzi su Maïs el-Jabal, nel sud del Libano.
08:59 ora di Beirut
L’esercito israeliano ha dichiarato martedì mattina di aver trovato “circa 1.500 corpi” di combattenti di Hamas in Israele dall’attacco lanciato sabato mattina dal movimento islamista palestinese dalla Striscia di Gaza.
Al quarto giorno di ostilità, “l’esercito ha più o meno ripreso il controllo della barriera di confine” con Gaza “ma le infiltrazioni possono ancora avvenire”, ha aggiunto un portavoce militare. Tuttavia, “sappiamo che dall’inizio della scorsa notte nessuno è entrato in Israele” da Gaza.
08:49 Ora di Beirut
In un comunicato di lunedì sera, la Jihad islamica ha annunciato di aver ucciso 2 ufficiali israeliani, tra cui un capo brigata, in un attacco avvenuto lunedì durante un’infiltrazione dal Libano. Due membri delle Brigate al-Quds, l’ala armata del Jihad islamico, sono morti nell’operazione.
Ci sono stati anche 5 feriti. La notizia è stata pubblicata su X anche dal portavoce in lingua araba dell’esercito israeliano, che ha confermato la morte di un alto ufficiale israeliano nell’attacco.
08:24 ora di Beirut
Mentre la tensione è alta nel sud del Libano, dove Hezbollah ha riferito che tre dei suoi membri sono stati uccisi nei bombardamenti israeliani di lunedì, Jeanine Jalkh si chiede cosa possa fare l’UNIFIL in caso di escalation in Libano.
08:22 Ora di Beirut
Un po’ di lettura prima che le notizie sfuggano di mano…
In Libano, il Consiglio dei ministri dimissionario non si è più riunito dall’inizio dell’operazione “Diluvio di al-Aqsa”. Il che porta Yara Abi Akl a chiedersi: dov’è finito il governo libanese?
08:19 ora di Beirut
L’esercito israeliano annuncia di aver effettuato questa mattina nuovi attacchi contro la Striscia di Gaza.
07:56 Ora di Beirut
Israele ha ripreso il controllo della barriera di confine con Gaza, attraversata sabato dai combattenti di Hamas, ha dichiarato un portavoce dell’esercito israeliano. In dichiarazioni trasmesse dalla radio dell’esercito israeliano, l’ufficiale Daniel Hagari ha affermato che non ci sono state nuove infiltrazioni da Gaza da lunedì. In quella che è sembrata una risposta alle voci secondo cui i combattenti avrebbero utilizzato tunnel transfrontalieri, ha affermato che l’esercito non ha scoperto alcun tunnel di questo tipo.
07:51 Ora di Beirut
Secondo le Nazioni Unite, circa 187.000 persone hanno dovuto abbandonare le loro case a Gaza, che è stata pesantemente bombardata da sabato.
Da parte palestinese, dall’inizio del conflitto sono state uccise più di 680 persone. Le autorità israeliane hanno inoltre imposto un “assedio totale” su Gaza.
Qui potete vedere le terribili immagini del calvario dei civili palestinesi sotto i bombardamenti israeliani a Gaza.
07:48 ora di Beirut
Martedì l’esercito israeliano ha reso noti i nomi di 38 soldati uccisi negli scontri con Hamas.
Dall’inizio dell’offensiva di Hamas sono stati uccisi più di 900 israeliani.
07:47 ora di Beirut
Sullo stesso tema, vi invitiamo a leggere l’articolo di Mounir Rabih: Come Hamas, Hezbollah e l’Iran hanno pianificato meticolosamente l’offensiva contro Israele da Beirut.
Secondo le informazioni esclusive ottenute da diversi alti membri dell’asse della Resistenza (Hezbollah-Hamas-Al-Quds Forces-Islamic Jihad), l’operazione è stata preparata mesi fa da Beirut. Ma come? Quali erano gli obiettivi? Vi porta dietro le quinte di un piano che ha messo sottosopra il Medio Oriente.
07:44 Ora di Beirut
Nella notte, un alto funzionario della difesa statunitense ha avvertito che Hezbollah non deve prendere la “decisione sbagliata” di aprire un secondo fronte contro Israele al confine con il Libano. “Siamo profondamente preoccupati che Hezbollah prenda la decisione sbagliata e apra un secondo fronte in questo conflitto”, iniziato sabato, ha dichiarato il funzionario a Washington. Dettagli qui
07:33 ora di Beirut
Salve,
Siamo tornati con la copertura in diretta della guerra tra Hamas e Israele dall’inizio dell’offensiva “Deluge to al-Aqsa”, sabato mattina. Un conflitto che va oltre, con il lancio di razzi e bombardamenti nel sud del Libano che lunedì hanno causato la morte di tre membri di Hezbollah.
22:24 ora di Beirut
Grazie per averci seguito durante la giornata.
Il team continuerà a seguire i principali sviluppi delle notizie, ma si prenderà una breve pausa per raggiungervi domani mattina.
22:19 Ora di Beirut
Il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sissi e il principe ereditario saudita Mohammad Ben Salman discutono degli sviluppi a Gaza. Hanno dichiarato che la “voce della ragione” deve prevalere, secondo la presidenza egiziana.
22:08 ora di Beirut
URGENTE: l’esercito libanese annuncia in un comunicato stampa che uno dei suoi ufficiali è stato leggermente ferito vicino a Rmeich, nel sud del Libano, dai bombardamenti israeliani.
22:03 ora di Beirut
Almeno 100 corpi sono stati ritrovati nella città israeliana di Be’eri (nel sud di Israele), sequestrata da Hamas nell’attacco di sabato, secondo quanto riferiscono i canali televisivi israeliani, citando i soccorritori.
22:01 ora di Beirut
Hezbollah ha annunciato in un comunicato: “In seguito al martirio di tre nostri fratelli combattenti oggi a causa degli attacchi israeliani contro località libanesi, i gruppi della Resistenza islamica hanno risposto” attaccando due postazioni militari israeliane “con missili e colpi di mortaio che hanno colpito i loro obiettivi e causato feriti”.
21:56 ora di Beirut
URGENTE: l’artiglieria israeliana risponde al fuoco proveniente dal sud del Libano, secondo l’agenzia di stampa Reuters.
21:35 Ora di Beirut
Urgente: Due fonti di sicurezza riferiscono a Reuters che Hezbollah sta lanciando razzi verso il nord di Israele, dopo la morte di almeno quattro suoi membri nel sud del Libano.
21:26 ora di Beirut
Urgente: una fonte di Hamas conferma a L’Orient-Le Jour che 13 razzi sono stati lanciati verso Israele.
Haaretz riferisce che l’esercito israeliano ha registrato il lancio di razzi, che non ha causato vittime da parte israeliana.
21:18 ora di Beirut
URGENTE: Hezbollah ha annunciato attraverso il suo canale al-Manar che tre dei suoi membri sono stati uccisi “nell’aggressione israeliana contro il Libano meridionale”.
21:06 ora di Beirut
Il ministro dell’Istruzione libanese uscente Abbas Halabi ha annunciato la chiusura delle scuole primarie e secondarie, pubbliche e private, e degli istituti professionali, martedì 10 ottobre 2023, nei “distretti adiacenti al confine meridionale” del Paese, a causa della “tensione in questi villaggi e regioni”, riferisce l’agenzia di stampa nazionale.
Il comunicato del ministero spiega che la decisione è stata presa a causa delle “preoccupazioni per la sicurezza di insegnanti, alunni e residenti in queste aree”. Si invita inoltre la popolazione a “seguire regolarmente i comunicati del ministero per tenersi aggiornati sugli sviluppi in loco e garantire il regolare svolgimento dell’anno scolastico”.
20:38 Ora di Beirut
I residenti delle città israeliane vicine al confine libanese possono lasciare i loro rifugi, annuncia il Comando del fronte interno israeliano.
20:18 Ora di Beirut
URGENTE: “D’ora in poi, qualsiasi operazione nemica che prenda di mira il nostro popolo, che vive pacificamente nelle proprie case, senza preavviso, sarà seguita dall’esecuzione di un ostaggio civile tra quelli che abbiamo in custodia. E lo trasmetteremo con audio e video”: questo l’avvertimento lanciato da Abu Obeida, portavoce delle Brigate Ezzedine Al-Qassam, braccio armato di Hamas, a Israele, che lunedì ha bombardato pesantemente la Striscia di Gaza.
“Il nemico sionista non capisce né il linguaggio dell’umanità né quello della moralità. Quindi gli parleremo nella lingua che capisce”, ha dichiarato in un messaggio su Telegram, insistendo sul fatto che Israele “si assume la responsabilità” di questa decisione.
20:14 Ora di Beirut
ESCLUSIVA: “Il Libano è ancora più coinvolto di quanto non sembri nell’operazione “diluvio di al-Aqsa””. Secondo informazioni esclusive ottenute da L’Orient-Le Jour da diversi alti membri dell’asse della Resistenza (Hezbollah-Hamas-Forze al-Qods-Jihad islamica), l’operazione è stata preparata per mesi da Beirut. Ma come? Quali erano gli obiettivi? Mounir Rabih vi porta dietro le quinte di un piano che ha messo sottosopra il Medio Oriente.
20:00 Ora di Beirut
Secondo il ministro degli Esteri israeliano Eli Cohen, più di 100 ostaggi sono detenuti da Hamas.
19:59 Ora di Beirut
In immagini: soldati israeliani si abbracciano durante il funerale di un soldato a Tel Aviv, 9 ottobre 2023. Foto REUTERS/Hadas Parush
19:55 Ora di Beirut
Il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres, riconoscendo le “legittime preoccupazioni di Israele in materia di sicurezza”, si è detto “profondamente addolorato” per l’annuncio delle autorità israeliane di un “assedio completo” della Striscia di Gaza.
“Pur riconoscendo le legittime preoccupazioni di Israele per la sua sicurezza, ricordo a Israele che le operazioni militari devono essere condotte in conformità con il diritto umanitario internazionale”, ha dichiarato Guterres alla stampa, ribadendo la sua condanna degli “attacchi spregevoli” del movimento islamista palestinese Hamas.
19:41 Ora di Beirut
Dov’è stato il governo libanese dall’inizio dell’operazione “Inondazione di al-Aqsa”? Leggi qui il focus di Yara Abi Akl.
19:31 Ora di Beirut
Secondo il Ministero francese per l’Europa e gli Affari Esteri, circa dieci cittadini francesi non sono ancora stati rintracciati in Israele. Il censimento dei cittadini francesi in Israele è ancora in corso.
19:21 ora di Beirut
Aggiornamento poco dopo le 19:00:
1 – Il terzo giorno di scontri tra Israele e il braccio armato di Hamas si sta concludendo e la situazione è cambiata significativamente rispetto a sabato. Sebbene la Knesset non abbia ancora approvato lo stato di guerra decretato due giorni fa dal gabinetto di sicurezza israeliano, lo Stato ebraico ha mobilitato 300.000 riservisti, un numero mai raggiunto nella sua storia e che potrebbe far pensare a una fase precedente all’invasione.
2 – Innanzitutto, la situazione rimane tesa nel sud del Libano, al confine con Israele, a seguito di scontri a fuoco e di un’operazione di infiltrazione, entrambi rivendicati da un ramo armato della Jihad islamica, che hanno spinto l’esercito israeliano a reagire con colpi di artiglieria e attacchi aerei. Hezbollah ha affermato di non essere coinvolto nell’operazione. In serata, Hezbollah ha comunicato che uno dei suoi membri era stato ucciso da un bombardamento israeliano nel sud del Libano.
3 – Contemporaneamente, l’esercito israeliano ha continuato a bombardare la Striscia di Gaza, colpendo in particolare la città di Shuja’iyya e il campo di Jabalia, due aree densamente popolate. Il ministro della Difesa israeliano ha annunciato di aver “ordinato l’assedio totale di Gaza”, dove sono stati tagliati i rifornimenti di elettricità, acqua e cibo. Infine, nel pomeriggio, l’esercito israeliano ha annunciato di aver ripreso il controllo delle città israeliane ai margini della Striscia.
4 – Dall’altra parte, il braccio armato di Hamas ha annunciato di aver lanciato diverse decine di missili contro le città di Ashkelon e Sderot. Il movimento ha anche affermato che i bombardamenti israeliani su Gaza tra domenica notte e lunedì mattina hanno causato la morte di quattro ostaggi israeliani e dei loro rapitori.
5 – Il bilancio umano continua a salire: almeno 800 morti e 2.400 feriti da parte israeliana e non meno di 560 morti e 2.700 feriti da parte palestinese. Più di 120.000 palestinesi sono sfollati.
6 – Sulla scena internazionale, Qatar ed Egitto stanno lavorando dietro le quinte per fare progressi sulla questione degli ostaggi israeliani detenuti da Hamas, anche se le autorità israeliane hanno dichiarato che “nessun negoziato” è in corso. I mediatori del Qatar avrebbero avuto colloqui con i funzionari di Hamas in vista di uno scambio di prigionieri palestinesi con gli ostaggi israeliani, in coordinamento con gli Stati Uniti. Funzionari egiziani hanno riferito che Israele ha chiesto aiuto all’Egitto per condurre i negoziati per il rilascio degli ostaggi israeliani.
7 – Sulla scia dei ripetuti appelli di diversi Paesi, tra cui gli Stati Uniti, a condannare fermamente Hamas, l’Unione Europea ha sospeso tutti i pagamenti dei suoi aiuti allo sviluppo ai palestinesi e ha deciso di rivalutare tutti i suoi programmi attuali. Il Regno Unito ha consigliato ai suoi cittadini di evitare tutti i viaggi non essenziali in Israele e nei territori palestinesi. La Cina continua a invitare alla calma e l’Iran, sospettato di aver aiutato Hamas a preparare l’offensiva, chiede una riunione d’emergenza dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica.
19:06 ora di Beirut
Il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz hanno fatto sapere che lunedì sera terranno dei colloqui telefonici con il presidente statunitense Joe Biden e il primo ministro britannico Rishi Sunak sul tema del Medio Oriente, riporta l’AFP.
“La Germania e la Francia sono al fianco del popolo israeliano in questo tragico momento”, ha dichiarato Emmanuel Macron al suo arrivo in Germania. Accanto a lui, Olaf Scholz ha insistito sulla necessità di evitare una “deflagrazione nella regione”.
19:02 ora di Beirut
Residenti fuggono dalle loro case a Khan Younès, nella Striscia di Gaza, durante gli attacchi israeliani, 9 ottobre 2023. Foto REUTERS/Ibraheem Abu Mustafa
18:58 ora di Beirut
A due giorni dall’inizio dei combattimenti tra Hamas e Israele, i libanesi temono che si ripeta lo scenario del 2006. Leggete cosa dice Gabriel Blondel.
18:52 Ora di Beirut
Urgente: Hezbollah ha confermato a L’Orient-Le Jour che un suo membro è stato ucciso lunedì nel sud del Libano durante un bombardamento israeliano.
18:41 ora di Beirut
Testimonianza da Gaza: “Sono confinato in casa, ascoltando i bombardamenti regolari nel quartiere vicino. Tutta Gaza è sotto shock. Gli israeliani possono colpire qualsiasi casa. Prego che si fermino. Il mio quartiere potrebbe essere il prossimo. I parenti si sono trasferiti a casa mia da zone più minacciate per essere un po’ più al sicuro. Ci stiamo preparando a evacuare il nostro appartamento da un momento all’altro se il quartiere inizia a essere bombardato, ma non c’è nessun posto sicuro. Potremmo rifugiarci al piano terra se i bombardamenti si intensificano…”, dice Alaa, una giovane donna palestinese che vive a Gaza City.
(Immagine: un palestinese corre tra le rovine di un edificio bombardato nel campo di Jabalia, nella Striscia di Gaza. Foto Mohammed ABED / AFP)
18:34 Ora di Beirut
Il Ministro della Difesa israeliano ha ordinato un’intensificazione degli attacchi aerei sulla Striscia di Gaza, secondo quanto riferito dal suo ufficio. Tutti i piloti di riserva sono stati richiamati ai loro posti.
18:30 ora di Beirut
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu promette di usare “una forza enorme” e di “cambiare il Medio Oriente”, rivolgendosi a funzionari nel sud di Israele.
“Quello che Hamas dovrà affrontare sarà difficile e terribile. Questo è solo l’inizio, li sconfiggeremo con la forza”.
18:26 Ora di Beirut
Testimonianza da Gaza: “Abbiamo sentito che ci sarà un’offensiva di terra nelle prossime 24-48 ore… Sto pregando che non accada. Mi sono rifugiato nel seminterrato del mio appartamento con la mia famiglia e quella di mia sorella. I bombardamenti non si sono fermati. Siamo terrorizzati. Cerco di distrarre i miei due figli, di 2 e 5 anni, come posso, con libri da colorare e giocattoli. A Gaza siamo occupati e sotto assedio da anni. Tutto il popolo palestinese aspettava il giorno della liberazione. L’operazione di Hamas da sabato non è altro che la normalità. Arriva dopo mesi di avvertimenti sulle azioni del governo israeliano. La resistenza è stata chiara nel dire che non sarebbe rimasta in silenzio su questo tema”, ha dichiarato a L’Orient-Le Jour Said, un attivista palestinese trentenne del campo profughi di Bureij, a metà strada tra Gaza City e Khan Younès.
(Immagine: un palestinese tra le rovine di un edificio bombardato da Israele, a Gaza, 9 ottobre 2023. REUTERS/Yasser Qudih NO)
18:16 ora di Beirut
URGENTE: un funzionario di Hamas in Libano ha riferito a OLJ che anche le Brigate al-Quds hanno rivendicato la responsabilità degli attacchi missilistici da sud. “Gli attacchi israeliani hanno preso di mira aree libanesi da cui si erano infiltrati i combattenti”, ha continuato, senza confermare questa informazione. Non sono stati segnalati feriti a seguito degli attacchi israeliani, ha concluso.
18:09 ora di Beirut
Notizie urgenti: Le Brigate al-Quds del Jihad islamico hanno rivendicato la responsabilità dell’infiltrazione di diversi individui armati dal Libano in Israele. L’esercito israeliano ha dichiarato di aver ucciso alcuni di questi individui.
In un messaggio pubblicato su Telegram, le brigate al-Quds hanno rivendicato “la responsabilità dell’operazione condotta oggi pomeriggio nel sud del Libano al confine con la Palestina occupata”. Sostengono che “sette soldati israeliani sono stati feriti, tra cui uno in condizioni critiche”. Questa cifra non è stata confermata dalle autorità israeliane.
17:59 ora di Beirut
L’artiglieria israeliana spara verso il Libano meridionale il 9 ottobre 2023. Foto Jalaa MAREY/AFP
17:56 Ora di Beirut
L’attacco di Hamas è l’ultimo chiodo nella bara dell’Autorità Palestinese? Scoprite qui cosa ne pensa Noura Doukhi.
17:54 Ora di Beirut
I suoceri del primo ministro scozzese intrappolati a Gaza: il primo ministro scozzese Humza Yousaf ha espresso lunedì la sua preoccupazione per i suoi suoceri, che sono attualmente intrappolati nella Striscia di Gaza in visita alla loro famiglia, senza possibilità di partire. La moglie del leader scozzese, Nadia El-Nakla, è di origine palestinese e i suoi genitori, che vivono in Scozia, stavano visitando la nonna paterna di 92 anni a Gaza quando Hamas ha lanciato l’offensiva contro Israele. “Notte dopo notte, giorno dopo giorno, non sappiamo se mia suocera e mio suocero, che come la maggior parte dei gazesi non hanno nulla a che fare con Hamas o con qualsiasi attacco terroristico, supereranno la notte o meno”, ha dichiarato Yusaf alla stampa.
17:48 Ora di Beirut
Urgente: Le autorità israeliane hanno ordinato ai residenti delle località vicine al confine con il Libano di recarsi nei rifugi e di rimanervi fino a nuovo ordine.
17:45 Ora di Beirut
Urgente: L’esercito libanese invita i cittadini “a prendere le massime misure precauzionali e a non recarsi nelle zone di confine” tra Libano e Israele. L’esercito conferma che le località di Dhaïra e Aïta el-Chaab sono state colpite da “attacchi aerei e fuoco di artiglieria del nemico israeliano”, così come altre località di confine.
Il comandante in capo dell’esercito, Joseph Aoun, ha ricevuto d’urgenza il capo dell’UNIFIL, Aroldo Lazaro.
17:42 ora di Beirut
Funzionari israeliani affermano che “nessun negoziato è in corso” dopo l’annuncio dell’agenzia di stampa Reuters di colloqui su un potenziale scambio di prigionieri.
All’inizio della giornata, funzionari egiziani avevano indicato che Israele aveva chiesto aiuto all’Egitto per condurre i negoziati per il rilascio degli israeliani tenuti in ostaggio da Hamas.
Questa mattina, una fonte ha riferito a Reuters che i mediatori del Qatar hanno avuto colloqui con funzionari di Hamas per negoziare il rilascio di donne e bambini israeliani catturati da Hamas e detenuti a Gaza, in cambio del rilascio di 36 bambini e donne palestinesi detenuti in Israele.
17:34 Ora di Beirut
Testimonianza dal Sud del Libano:
“I proiettili israeliani cadono ininterrottamente da più di un’ora sulle zone limitrofe [vicino a dove vivo]”, ha raccontato a L’Orient-Le Jour, poco prima delle 16, un uomo di 50 anni che vive nella regione di Rmeich, nel Libano meridionale. “Ho portato con me la mia famiglia e attualmente ci stiamo dirigendo verso Beirut per fuggire dalla regione. Siamo in uno stato di forte stress, non capiamo cosa stia succedendo”, spiega.
17:31 Ora di Beirut
Aggiornamento del bilancio provvisorio delle vittime:
Parte israeliana: almeno 800 morti secondo diversi media e 2.400 feriti.
Parte palestinese: almeno 560 morti e 2.700 feriti, secondo il Ministero della Sanità palestinese.
17:27 ora di Beirut
A Gerusalemme sono suonate le sirene di allarme per i razzi, secondo quanto riportato dall’AFP, seguite da diverse detonazioni.
Secondo Haaretz, che cita il Magen David Adom, l’equivalente israeliano della Croce Rossa, “squadre si stanno recando nell’area di Gerusalemme in seguito a segnalazioni di vittime a seguito di un attacco missilistico”.
La Reuters ha riferito che il braccio armato di Hamas ha lanciato un razzo verso Gerusalemme in risposta ai bombardamenti di Israele sulle case civili.
17:23 ora di Beirut
“L’Italia è pronta a continuare a dare il suo contributo alla sicurezza e alla stabilità del Libano in questa delicata situazione”, ha dichiarato il primo ministro italiano Georgia Meloni al suo omologo libanese Nagib Mikati, secondo l’agenzia di stampa nazionale. Nel corso di una conversazione telefonica, ha espresso “l’auspicio che il conflitto si plachi rapidamente e che non si estenda, con conseguenze incalcolabili per tutta la regione”.
17:03 ora di Beirut
Secondo un portavoce dell’esercito israeliano, gli elicotteri israeliani stanno sparando in territorio libanese. Il canale di Hezbollah al-Manar riferisce che l’artiglieria israeliana sta sparando su posizioni vicino ad Aïta el-Chaab, nel sud del Libano. “Gli aerei da guerra nemici hanno attaccato una casa abbandonata a Dhaïra e il fuoco dell’artiglieria ha colpito la zona intorno a Raheb”, ha proseguito il canale del partito sciita.
16:59 ora di Beirut
Alcune notizie dal Sud del Libano:
– A Qaouzah: Béatrice, una residente di questa località, ha raccontato a L’Orient-Le Jour di aver visto e sentito “molte granate” e di essersi affrettata a cercare un riparo. Ha sentito il primo bombardamento intorno alle 15.30.
– A Qana: un altro testimone ha raccontato a L’OLJ di aver sentito i bombardamenti. Ali Atwi, un pensionato dell’esercito libanese di 57 anni che vive anch’egli nella regione di Qana, ha detto di aver sentito i colpi di artiglieria. “Il fuoco è iniziato intorno alle 15:00. I suoni sono lontani, direi in zone a circa 25 minuti di macchina dal nostro villaggio”.
– A Btaichiyé: il proprietario di un negozio ha detto di aver sentito i bombardamenti. Poi ha detto che si è affrettato a chiudere il negozio e a lasciare la zona.
16:57 Ora di Beirut
Confine tra Libano del Sud e Israele: cosa si sa finora sulle segnalazioni di colpi di mortaio e infiltrazioni
Il portavoce dell’esercito israeliano Avichay Adraee ha dichiarato su X che “diverse persone armate che hanno attraversato il confine tra Libano e Israele” sono state uccise dall’esercito israeliano. Inoltre, l’esercito israeliano sostiene che due proiettili di mortaio sono stati sparati in Israele dal Libano, senza fare vittime. Anche la Reuters, citando il corrispondente del canale televisivo Al-Manar di Hezbollah, ha riferito di colpi d’arma da fuoco e di scambi di colpi al confine meridionale libanese.
UNIFIL: Questo pomeriggio, l’UNIFIL ha dichiarato in un comunicato che le forze di pace hanno rilevato esplosioni nei pressi di Al-Boustan, nel sud-ovest del Libano. “Siamo in contatto con le parti coinvolte, esortandole a esercitare la massima moderazione e a utilizzare i meccanismi di collegamento e coordinamento dell’UNIFIL per evitare ulteriori escalation e perdite di vite umane”.
Nord di Israele: Haaretz riporta che la città di Kiryat Shmona, nel nord di Israele, ha invitato i residenti “a rifugiarsi nei rifugi fino a nuovo avviso”, citando il comune locale.
Hezbollah: Hezbollah ha dichiarato a L’Orient Le Jour alle 16:00 ora di Beirut di non aver lanciato un attacco contro Israele lunedì.
Hamas: Una fonte di Hamas in Libano ha confermato a L’Orient-Le Jour che sono stati lanciati razzi dal sud del Libano verso Israele. La fonte non è stata in grado di dire chi ci fosse dietro il lancio.
16:47 ora di Beirut
Il braccio armato di Hamas ha dichiarato sul suo canale Telegram che, in risposta al bombardamento dei civili, ha sparato 80 missili contro la città israeliana di Ashkelon, nel nord della Striscia di Gaza.
Dall’inizio delle ostilità, iniziate sabato da Hamas, Israele ha ripetutamente bombardato la Striscia di Gaza.
16:37 Ora di Beirut
Nel nord di Israele, la città di Kiryat Shmona chiede ai suoi residenti di rifugiarsi nei rifugi fino a nuovo ordine.
16:34 Ora di Beirut
L’Unione Europea ha sospeso tutti i pagamenti dei suoi aiuti allo sviluppo ai palestinesi e ha deciso di rivalutare tutti i suoi programmi attuali, che rappresentano un totale di 691 milioni di euro, ha annunciato lunedì su X (ex-Twitter) il commissario europeo Oliver Varhelyi.
“Tutti i pagamenti sono immediatamente sospesi, tutti i progetti riesaminati e tutti i bilanci dei progetti, compresi quelli per il 2023, rinviati fino a nuovo avviso. Si tratta di una rivalutazione dell’intero programma”, ha dichiarato il Commissario ungherese per il Vicinato e l’Allargamento.
16:28 Ora di Beirut
Sul suo canale Telegram, il braccio armato di Hamas annuncia di aver lanciato 90 missili verso la città israeliana di Sderot, colpendo anche aerei israeliani al largo delle coste di Gaza.
16:10 ora di Beirut
Aggiornamento: un funzionario di Hezbollah ha confermato a Reuters che il partito non è coinvolto in alcuna operazione contro Israele lunedì. I commenti arrivano dopo che funzionari militari israeliani hanno dichiarato che diversi infiltrati dal sud del Libano sono stati uccisi dall’esercito israeliano.
Prima di questi dettagli, una portavoce di Hezbollah aveva dichiarato a L’Orient-Le Jour che il partito non era coinvolto in alcun tentativo di infiltrazione in territorio israeliano.
16:08 ora di Beirut
Il portavoce dell’esercito israeliano Avichay Adraee ha dichiarato su X che “diverse persone armate che avevano attraversato il confine tra Israele e Libano” sono state uccise dall’esercito israeliano. “I soldati continuano a pattugliare il confine”, ha continuato.
16:05 ora di Beirut
Analisi dell’offensiva di Hamas contro Israele a cura di Yeghia Tashjian, ricercatore senior presso l’Istituto Issam Fares dell’Università americana di Beirut:
– Secondo Yeghia Tashjian, il contesto dell’ultima offensiva di Hamas contro Israele “potrebbe essere legato a un conflitto regionale molto più ampio, il cui obiettivo sarebbe quello di ostacolare il nuovo corridoio ferroviario che collega l’India all’Europa, promosso dagli Stati Uniti e che passa per l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti e l’India”.
– Questo progetto, che è stato oggetto di discussioni tra questi Paesi, è stato approvato da un accordo firmato il 9 settembre da Stati Uniti, India e diversi Paesi del Medio Oriente. Si tratta di un concorrente diretto della rete di trasporto multimodale inaugurata nel giugno 2022 da Mosca, Teheran e Nuova Delhi (il Trasporto Nord-Sud o INSTC).
– Se la nuova rete dovesse vedere la luce, rischierebbe di risucchiare una parte significativa degli investitori che erano interessati al progetto INSTC”, spiega Yeghia Tashjian. Yeghia Tashjian aggiunge che l’altro potenziale attore che potrebbe opporsi al corridoio India-Medio Oriente-Europa è la Turchia, che questa rete bypassa.
15:57 Ora di Beirut
Mohammad Atwi, 26enne residente nella regione di Qana, nel sud del Libano, ha raccontato a L’Orient-Le Jour di aver “sentito il rumore di un bombardamento” alle 15 di lunedì.
15:49 ora di Beirut
Urgente Libano: la Reuters, citando fonti militari, riferisce che i soldati israeliani, supportati da elicotteri, hanno ucciso diverse persone che tentavano di infiltrarsi in Israele dal sud del Libano.
Secondo il media israeliano Channel 13, almeno due persone che si erano infiltrate dal sud del Libano sono state uccise in scontri al confine con Israele.
La radio dell’esercito israeliano ha dichiarato che il tentativo di infiltrazione è avvenuto ad Adamit, una città israeliana di fronte ai villaggi libanesi di Alma el-Chaab e Zahajra.
Queste informazioni sono in corso di verifica.
15:42 ora di Beirut
La risposta di Israele all’attacco di Gaza “cambierà il Medio Oriente”, ha avvertito il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu in un discorso ai sindaci delle città del confine meridionale colpite dall’attacco.
15:35 Ora di Beirut
Urgente: una fonte di Hamas in Libano conferma che sono stati lanciati razzi dal sud del Libano verso Israele. La fonte ha aggiunto che il lancio non è stato ancora rivendicato.
15:29 ora di Beirut
Urgente: Secondo Haaretz, il portavoce dell’esercito israeliano ha dichiarato che diverse persone si sono infiltrate in Israele dal Libano. L’esercito israeliano si sta attualmente dispiegando sul terreno, ha aggiunto. Contattata da L’Orient-Le Jour, una portavoce di Hezbollah ha dichiarato di non essere a conoscenza di alcuna infiltrazione.
15:18 ora di Beirut
Sul suo canale Telegram, l’ala armata di Hamas ha condiviso la foto di un ostaggio israeliano, che dice di essere stato ucciso in un bombardamento israeliano sulla Striscia di Gaza. Oltre alla foto dell’ostaggio, la foto ne riporta il nome, il numero di matricola, l’età, la città di provenienza e la posizione nell’esercito.
15:10 Ora di Beirut
A Beirut, decine di manifestanti, soprattutto studenti dell’Università americana di Beirut (AUB), si sono riuniti in Bliss Street (quartiere di Hamra) per esprimere il loro sostegno ai palestinesi in questo terzo giorno di conflitto tra Israele e Hamas, secondo diversi messaggi pubblicati sul social network X (ex Twitter).
15:09 ora di Beirut
Cipro ha deciso di mantenere i collegamenti aerei con Israele, distante 250 chilometri, nonostante la guerra in corso, ha annunciato lunedì il ministro dei Trasporti Alexis Vafeades, citato dall’AFP.
Cipro ospita una grande comunità israeliana e accoglie molti turisti israeliani.
14:59 Ora di Beirut
Ali Barakeh, membro della leadership di Hamas all’estero, ha dichiarato a L’Orient Today che per poter portare a termine l’offensiva e, in particolare, inviare i suoi combattenti in parapendio in territorio israeliano, Hamas “ha fatto ricorso all’aiuto dei suoi alleati e amici”.
“Abbiamo preparato questa operazione per due anni”, ha aggiunto.
14:53 ora di Beirut
Le autorità israeliane hanno ordinato l’interruzione “immediata” delle forniture di acqua alla Striscia di Gaza. Israele fornisce il 10% del consumo annuale di acqua del territorio palestinese.
14:50 Ora di Beirut
Aggiornamento sul Libano del Sud: in riferimento alle “voci” di un possibile lancio di razzi dal Libano del Sud verso Israele, il canale televisivo di Hezbollah, al-Manar, ha affermato che si tratta solo di “confusione” da parte israeliana.
Un’ora fa, Haaretz ha riferito che le sirene di avvertimento sono state attivate al confine settentrionale di Israele con il Libano.
14:41 ora di Beirut
I mediatori del Qatar hanno avuto colloqui urgenti con i funzionari di Hamas per negoziare il rilascio di donne e bambini israeliani catturati da Hamas e detenuti a Gaza, in cambio del rilascio di 36 bambini e donne palestinesi detenuti nelle carceri israeliane, ha dichiarato una fonte a Reuters.
Questi negoziati sono condotti in coordinamento con gli Stati Uniti e stanno “procedendo positivamente”, secondo la fonte di Reuters, che ha aggiunto, tuttavia, che per il momento non c’è stata alcuna svolta.
14:08 ora di Beirut
Il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov ritiene che “il rischio di coinvolgimento di forze terze” nel conflitto tra Israele e Hamas sia “alto”. Secondo le agenzie russe Ria Novosti e Tass, ha quindi chiesto l’avvio di un “processo negoziale il prima possibile”.
Queste dichiarazioni sono arrivate dopo gli scambi di razzi rivendicati da Hezbollah domenica mattina. E dopo la pubblicazione di un articolo del Wall Street Journal che riporta il coinvolgimento iraniano nella preparazione dell’offensiva di Hamas.
14:03 ora di Beirut
Urgente: secondo Haaretz, sono scattate le sirene di allarme al confine settentrionale di Israele con il Libano.
L’esercito israeliano parla di un possibile lancio di razzi verso Israele. Al momento nessuna conferma da entrambe le parti.
13:58 ora di Beirut
Immagine: un corpo viene evacuato dalle macerie di un edificio bombardato da Israele lunedì nel campo di Jabalia, nella Striscia di Gaza. (Foto REUTERS/Mahmoud Issa)
13:42 Ora di Beirut
Sulla mappa: la situazione al terzo giorno di conflitto.
(Credit: Guilhem Dorandeu, L’Orient-Le Jour)
13:28 Ora di Beirut
Secondo il Ministero della Sanità palestinese, decine di palestinesi sono stati uccisi e feriti nei colpi israeliani di lunedì sul campo profughi di Jabalia, il più grande degli 8 campi della Striscia di Gaza.
13:10 ora di Beirut
URGENTE: il portavoce del braccio armato di Hamas annuncia sul suo canale ufficiale Telegram che “i bombardamenti israeliani di ieri sera e di questa mattina sulla Striscia di Gaza hanno causato la morte di quattro ostaggi israeliani e dei loro rapitori tra i combattenti palestinesi”.
12:54 ora di Beirut
Il deputato Mohammad Raad, capo del blocco parlamentare di Hezbollah, ha parlato lunedì da Kfar Melki (Libano meridionale): “È tempo che l’entità temporanea (Israele, ndr) scompaia. La superiorità militare di Israele sulla resistenza sta per finire”.
12:51 ora di Beirut
Secondo un portavoce dell’Autorità aeroportuale israeliana, lunedì una salva di razzi ha preso di mira la regione di Tel Aviv, ma non ha avuto “alcun impatto” sull’aeroporto Ben Gurion, la principale porta internazionale di Israele, senza fornire ulteriori dettagli.
12:35 ora di Beirut
Il ministro della Difesa israeliano annuncia di aver “ordinato l’assedio totale di Gaza. Niente elettricità, niente cibo, niente gas, tutto è chiuso. Stiamo combattendo contro animali umani e agiamo di conseguenza”.
12:27 ora di Beirut
2/2 La reazione della diplomazia libanese alla situazione:
Il ministro ritiene infine che la situazione non cambierà finché Israele si “difenderà”, ma che “Dio solo sa” cosa potrebbe accadere nel caso in cui Tel Aviv decidesse di “prolungare la guerra”.
È la prima volta dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas che un membro del governo libanese si esprime pubblicamente sull’argomento. In generale, i leader politici libanesi hanno mantenuto un profilo basso. Hezbollah, invece, ha dichiarato pubblicamente il suo sostegno all’offensiva di Hamas e ha scambiato brevemente razzi e artiglieria con l’esercito israeliano domenica mattina, senza che da allora ci siano stati sviluppi importanti.
12:26 ora di Beirut
1/2 I diplomatici libanesi reagiscono alla situazione:
In un’intervista al quotidiano panarabo Asharq al-Awsat, il ministro uscente degli Affari Esteri e degli Emigrati in Libano, Abdallah Bou Habib, ha dichiarato che Hezbollah ha dato garanzie al governo libanese di mantenere le distanze dagli eventi in Israele, a patto che lo Stato ebraico non provochi il Libano.
“Oggi sono all’estero, ma sono ancora in contatto con il Primo Ministro (uscente) Nagib Mikati, al quale Hezbollah ha promesso che non interferirà con quanto sta accadendo (in Israele)”, ha dichiarato il Ministro, prima di continuare: “Se Israele non ci molesta, non sarà molestato a sua volta, e (Hezbollah) non interverrà per il momento”.
Gli osservatori possono ancora essere contrari alla barriera di confine in particolare, alla politica israeliana verso la Palestina in generale e a Netanyahu personalmente, pur riconoscendo che è un leader talmente ossessionato dalla sicurezza che non ha senso affermare che avrebbe lasciato che Hamas minasse potentemente tutte e tre le cose per qualsiasi motivo.
L’attacco furtivo di Hamas contro Israele durante il fine settimana ha suscitato la speculazione, da parte di alcuni social media, che quest’ultimo fosse a conoscenza di questi piani in anticipo, ma che presumibilmente avesse interesse a lasciarli accadere. Secondo i sostenitori di questa teoria del complotto, il primo ministro Netanyahu, in difficoltà, voleva unire il suo popolo politicamente diviso e/o creare il pretesto per distruggere Hamas, ergo il motivo per cui avrebbe lasciato che questi attacchi si svolgessero. Questo però non ha molto senso se ci si pensa bene.
Oggi è di moda affermare che i leader a volte provocano conflitti esteri per distrarre dai problemi politici interni, ma questo non è probabilmente il caso dell’ultima guerra tra Israele e Hamas. In realtà, Netanyahu stava perseguendo l’approccio esattamente opposto fino allo scorso fine settimana, come suggerito da rapporti credibili che si sono susseguiti nel corso dei mesi, secondo i quali era impegnato in colloqui segreti con l’Arabia Saudita per il riconoscimento di Israele. L’obiettivo era quello di unire gli israeliani intorno a lui e di liberare il potenziale geoeconomico del Paese.
Se questi sforzi avessero dato i loro frutti, non solo i suoi più accaniti avversari sarebbero stati costretti a lodarlo per questo risultato diplomatico, ma Israele avrebbe potuto trarre vantaggio dal suo ruolo centrale nel Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa (IMEC), presentato il mese scorso. Entrambi gli obiettivi richiedevano il riconoscimento saudita di Israele, che Netanyahu sperava di ottenere senza riconoscere l’indipendenza della Palestina, ma che ora è in dubbio poiché Riyadh potrebbe congelare i colloqui dopo il bombardamento di Gaza da parte di Israele.
Coloro che sostengono che egli sapesse in anticipo dei piani di Hamas, ma che li abbia comunque lasciati accadere, o non sono a conoscenza dei suoi colloqui segreti con l’Arabia Saudita, o minimizzano la loro grande importanza strategica, o pensano che siano stati tutti uno stratagemma in preparazione di questo contorto complotto per creare il pretesto per distruggere Hamas. A proposito di questa dimensione della loro teoria del complotto, è difficile immaginare che Netanyahu, ossessionato dalla sicurezza, abbia lasciato che i nemici del suo Paese infliggessero un danno senza precedenti a Israele per questo scopo.
Avrebbe sempre potuto semplicemente sfruttare un lancio di razzi relativamente minore per giustificare una campagna di bombardamenti sproporzionata contro quel gruppo, senza dover prima perdere letteralmente centinaia di civili e soldati. La violazione della barriera di confine da parte di Hamas è stata anche un duro colpo per la psiche israeliana, da cui la popolazione potrebbe non riprendersi mai dopo aver dato per scontato che la sua costruzione li avrebbe protetti per sempre. Lo stesso vale per il raddoppio del territorio sotto il suo controllo durante il culmine dei suoi attacchi.
Gli osservatori possono ancora essere contrari alla barriera di confine in particolare, alla politica israeliana verso la Palestina in generale e a Netanyahu in prima persona, pur riconoscendo che è un leader talmente ossessionato dalla sicurezza che non ha senso affermare che avrebbe permesso ad Hamas di minare potentemente tutte e tre le cose per qualsiasi motivo. Egli appare estremamente debole dopo quanto accaduto, la politica israeliana nei confronti della Palestina è ora messa in discussione da entrambe le parti come mai prima d’ora e la barriera di confine non è più considerata una difesa credibile.
Questi tre risultati rappresentano la somma dei peggiori incubi di Netanyahu, per non parlare del probabile fallimento dei suoi piani per ottenere il riconoscimento saudita di Israele, che a sua volta sbloccherebbe il potenziale geoeconomico del Paese tramite l’IMEC, tutti elementi che contraddicono indiscutibilmente gli interessi israeliani. Non è ancora chiaro come tutti i sistemi di sicurezza israeliani si siano guastati nello stesso momento durante gli attacchi dello scorso fine settimana, e nessuno ha spiegato i fallimenti dell’intelligence fino a quel momento, ma è proprio quello che è successo.
La teoria della cospirazione che ipotizza che Netanyahu fosse a conoscenza di tutto questo in anticipo, ma che abbia comunque lasciato che accadesse, non regge all’esame di questo pezzo ed è praticamente solo basata sulla falsa percezione che i servizi segreti di Israele siano onnipotenti. Sono gestiti da esseri umani e sono quindi naturalmente imperfetti, ma chi sostiene il contrario attribuisce al Mossad un potere divino. In questo modo si dà troppo credito a Israele e si nega la capacità autonoma di Hamas di organizzare attacchi di questa portata.
12:35 ora di Beirut
Il ministro della Difesa israeliano annuncia di aver “ordinato l’assedio totale di Gaza. Niente elettricità, niente cibo, niente gas, tutto è chiuso. Stiamo combattendo contro animali umani e agiamo di conseguenza”.
12:27 ora di Beirut
2/2 La reazione della diplomazia libanese alla situazione:
Il ministro ritiene infine che la situazione non cambierà finché Israele si “difenderà”, ma che “Dio solo sa” cosa potrebbe accadere nel caso in cui Tel Aviv decidesse di “prolungare la guerra”.
È la prima volta dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas che un membro del governo libanese si esprime pubblicamente sull’argomento. In generale, i leader politici libanesi hanno mantenuto un profilo basso. Hezbollah, invece, ha dichiarato pubblicamente il suo sostegno all’offensiva di Hamas e ha scambiato brevemente razzi e artiglieria con l’esercito israeliano domenica mattina, senza che da allora ci siano stati sviluppi importanti.
12:26 ora di Beirut
1/2 I diplomatici libanesi reagiscono alla situazione:
In un’intervista al quotidiano panarabo Asharq al-Awsat, il ministro uscente degli Affari Esteri e degli Emigrati in Libano, Abdallah Bou Habib, ha dichiarato che Hezbollah ha dato garanzie al governo libanese di mantenere le distanze dagli eventi in Israele, a patto che lo Stato ebraico non provochi il Libano.
“Oggi sono all’estero, ma rimango in contatto con il primo ministro (uscente) Nagib Mikati, al quale Hezbollah ha promesso che non interferirà con quanto sta accadendo (in Israele)”, ha detto il ministro, prima di continuare: “Se Israele non ci molesta, non sarà molestato a sua volta, e (Hezbollah) non interverrà per il momento”.
12:09 ora di Beirut
Secondo Al-Jazeera, la città di Shuja’iyya, una delle aree più densamente popolate di Gaza, è stata oggetto di intensi bombardamenti israeliani nelle ultime ore.
Già nel luglio 2014, durante un’offensiva militare israeliana, questo quartiere fu pesantemente bombardato, come ricorda Al-Jazeera, e più di 70 palestinesi furono uccisi. I palestinesi hanno descritto l’offensiva come un “massacro all’alba”.
11:41 ora di Beirut
Il portavoce dell’esercito israeliano Daniel Hagari ha dichiarato che 300.000 riservisti sono stati mobilitati in 48 ore. “Non abbiamo mai mobilitato così tanti riservisti su una tale scala”, ha dichiarato. Per la Reuters, la portata di questa mobilitazione fa pensare ai preparativi per una possibile invasione, anche se nessun piano è stato ufficialmente confermato.
11:30 ora di Beirut
L’agenzia di stampa cinese Xinhua riferisce, citando “una fonte di Hamas”, che il Qatar sta cercando di lanciare un’operazione di scambio di prigionieri.
L’accordo di scambio comporterebbe il rilascio di prigionieri palestinesi in Israele in cambio di donne israeliane prese in ostaggio dai combattenti di Hamas nell’ambito dell’offensiva lanciata sabato. Nessuna fonte ufficiale ha ancora confermato queste informazioni.
11:23 ora di Beirut
Urgente: L’esercito israeliano afferma di aver ripreso il controllo delle città israeliane ai margini di Gaza.
Combattenti palestinesi potrebbero essere ancora presenti, ha dichiarato il portavoce dell’esercito israeliano Daniel Hagari.
Secondo gli annunci fatti finora dagli israeliani e da Hamas, almeno 7 o 8 fronti erano ancora aperti lunedì mattina.
Rapporto, in parole e immagini: “Terrificante”: migliaia di gazesi fuggono dalle loro case di fronte ai bombardamenti israeliani
10:54 ora di Beirut
Continuano le reazioni internazionali:
– Il Regno Unito consiglia ai suoi cittadini di evitare tutti i viaggi non essenziali in Israele e nei territori palestinesi.
– La Spagna continua a definire terroristico l’attacco di Hamas contro Israele.
– Il Nepal conferma che almeno 10 suoi cittadini sono stati uccisi nel conflitto.
– La Cina afferma che sta monitorando da vicino la situazione e chiede alla comunità internazionale di intervenire per calmare la situazione, auspicando una soluzione a due Stati.
– L’Iran chiede una riunione d’emergenza dell’Organizzazione della Cooperazione Islamica.
10:30 ora di Beirut
Aggiornamento alle 10:30:
1 – La guerra tra Israele e Hamas, scatenata sabato dall’offensiva del movimento islamista palestinese, è entrata nel suo terzo giorno. Il bilancio delle vittime è salito ulteriormente, con oltre 1.100 morti in tutto, di cui almeno 700 israeliani e più di 400 palestinesi, senza contare le migliaia di feriti da entrambe le parti. Si ritiene che Hamas e la Jihad islamica tengano almeno un centinaio di ostaggi israeliani a Gaza, un numero che non è ancora stato confermato. Secondo l’agenzia umanitaria delle Nazioni Unite, OCHA, dall’inizio del conflitto nella Striscia di Gaza sono sfollate più di 123.000 persone.
2 – Sul terreno, domenica sera sono scoppiati nuovamente scontri tra soldati israeliani e 70 combattenti palestinesi alla periferia del kibbutz Be’eri, nel sud di Israele, con l’esercito israeliano che sospetta la presenza di tunnel nell’area. Secondo gli annunci israeliani e di Hamas, almeno 7 o 8 fronti sono ancora aperti. I bombardamenti sono continuati nella Striscia di Gaza e l’esercito israeliano ha annunciato di aver bombardato più di 500 nuovi obiettivi di Hamas e della Jihad islamica nella Striscia di Gaza nella notte di domenica. Gli israeliani hanno tagliato l’elettricità a Gaza, neutralizzando anche la rete idrica.
3- L’offensiva di Hamas sembra aver spinto Israele in un angolo. Mentre la Knesset dovrebbe confermare oggi lo “stato di guerra” approvato domenica dal gabinetto di sicurezza israeliano, decine di migliaia di soldati israeliani stanno continuando il loro dispiegamento lunedì nelle regioni desertiche vicino alla Striscia di Gaza nel tentativo di riprendere il controllo, mentre 100.000 riservisti dell’esercito israeliano sono stati schierati nel sud di Israele.
4 – Sul fronte economico, il conflitto ha fatto deragliare lo shekel, che è sceso al livello più basso in quasi otto anni rispetto al dollaro – tenendo presente che la valuta israeliana aveva già subito una grave flessione anche prima dell’inizio del conflitto. Lunedì la Banca centrale israeliana ha iniettato almeno 30 miliardi di dollari dalle sue riserve nel tentativo di stabilizzare lo shekel. Sui mercati internazionali, i prezzi del petrolio iniziano a salire.
5 – La riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di domenica sera non ha permesso ai suoi membri di trovare una posizione comune. Da un lato, gli Stati Uniti hanno chiesto una ferma condanna di Hamas, mentre dall’altro Russia e Cina hanno rinnovato l’appello al cessate il fuoco e al dialogo. Gli Emirati Arabi Uniti, la cui diplomazia ha criticato con veemenza la presa di ostaggi da parte di Hamas, hanno sostenuto una posizione più consensuale durante il Consiglio, che deve riunirsi d’urgenza ancora oggi. Lunedì mattina, le Nazioni Unite hanno infine chiesto la creazione di corridoi umanitari per portare cibo a Gaza.
6 – Infine, la possibilità di un coinvolgimento iraniano nel conflitto non è ancora stata confermata. Domenica sera, il Wall Street Journal ha riportato, citando alti funzionari di Hamas e Hezbollah, che funzionari della sicurezza iraniana avevano contribuito a pianificare l’attacco di Hamas. Poche ore dopo, la missione iraniana presso le Nazioni Unite ha assicurato che Teheran non era coinvolta. Nel Libano meridionale, area di influenza degli Hezbollah sostenuti dall’Iran, la situazione è rimasta relativamente calma dopo lo scambio di fuoco tra il partito sciita e l’esercito israeliano, nonostante alcuni falsi allarmi nella notte.
7 – Gli Stati Uniti hanno iniziato domenica a inviare aiuti militari a Israele, insieme a nuove munizioni, e ad avvicinare il proprio gruppo aereo navale nel Mediterraneo, segnando una rapida dimostrazione di sostegno allo storico alleato sorpreso dagli attacchi di Hamas.
10:18 ora di Beirut
2/2 La situazione a Gaza:
Secondo Middle East Eye, le interruzioni dell’energia elettrica a Gaza hanno compromesso anche le forniture di acqua corrente.
Un corrispondente della BBC a Gaza riferisce che lunedì mattina i negozi erano chiusi, a parte alcune panetterie dove si sono formate lunghe code. Gli ospedali hanno lanciato un appello per le donazioni di sangue.
10:18 ora di Beirut
1/2 La situazione a Gaza:
Secondo la stampa, l’ospedale di Gaza potrebbe presto cessare di funzionare, dopo che sabato il ministro dell’Energia israeliano, Israel Katz, ha deciso di tagliare l’elettricità alla zona.
Secondo un articolo pubblicato domenica dal sito web Middle East Eye, l’ospedale continua a produrre elettricità utilizzando generatori di emergenza, mentre i pazienti continuano ad arrivare.
La maggior parte di questi generatori sono usurati e consumano molto carburante, prosegue il sito, aggiungendo che le riserve di carburante sono insufficienti e che i generatori potrebbero fermarsi in qualsiasi momento, con conseguenze per molti pazienti.
10:16 Ora di Beirut
Più di 123.000 persone sono state sfollate nella Striscia di Gaza dall’inizio del conflitto, secondo l’agenzia umanitaria delle Nazioni Unite, OCHA.
09:50 Ora di Beirut
Secondo un portavoce militare israeliano, sono in corso combattimenti in “sette o otto” punti della Striscia di Gaza.
09:45 Ora di Beirut
Le Nazioni Unite chiedono la creazione di corridoi umanitari per portare cibo a Gaza. Almeno 70.000 palestinesi si sono rifugiati nelle scuole gestite dall’ONU.
09:30 Ora di Beirut
L’esercito israeliano ritiene che un gran numero di militanti di Hamas stia continuando a entrare in Israele. Secondo i media israeliani, sono in corso ricerche lungo il confine.
09:29 Ora di Beirut
“Il prezzo che la Striscia di Gaza pagherà sarà molto pesante e cambierà la realtà per le generazioni a venire”, ha dichiarato il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant nella città di Ofakim.
09:16 Ora di Beirut
2/2
– L’ambasciatore israeliano presso le Nazioni Unite, Guilad Erdan, ha accusato Hamas di commettere crimini di guerra e ha chiesto la distruzione delle sue “infrastrutture del terrore”. L’ambasciatore palestinese, Riyad Mansour, ha invitato il Consiglio di Sicurezza a concentrarsi sulla fine dell’occupazione israeliana dei territori palestinesi, deplorando che “per alcuni media la storia inizia quando vengono uccisi degli israeliani”.
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite terrà un’altra riunione d’emergenza lunedì.
09:15 ora di Beirut
1/2: La riunione urgente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite su Gaza di domenica sera si è conclusa con un dialogo tra sordi. I dibattiti sono durati un’ora e mezza e non hanno permesso all’organo di concordare all’unanimità una dichiarazione congiunta, secondo le agenzie di stampa.
– Gli Stati Uniti hanno spinto per una risoluzione di forte condanna di Hamas.
– La Russia intende invece concentrarsi sull’ottenimento di un cessate il fuoco e sull’avvio di un serio processo negoziale.
– Anche la Cina ha sostenuto questa posizione, insistendo sulla necessità di evitare un’escalation del conflitto.
Gli Emirati Arabi Uniti, che hanno normalizzato le relazioni con Israele, hanno sottolineato che la situazione è “molto preoccupante” e che “molti membri del Consiglio” sostengono una soluzione “a due Stati”.
09:02 ora di Beirut
L’esercito israeliano annuncia la morte di altri 16 soldati e ne pubblica i nomi.
È il quarto annuncio di questo tipo. Sale così a 73 il numero totale di morti nell’esercito israeliano dall’inizio della guerra tra Hamas e Israele.
08:43 Ora di Beirut
La Banca d’Israele ha annunciato la vendita di 30 miliardi di dollari di valuta estera dalle sue riserve per mantenere la stabilità della moneta nazionale, lo shekel, mentre la guerra contro Hamas entra nel suo terzo giorno.
08:36 Ora di Beirut
L’Ungheria ha evacuato in aereo 215 cittadini dal territorio israeliano, secondo quanto comunicato dal Ministero degli Esteri.
08:16 Ora di Beirut
Leggi l’editoriale di Anthony Samrani, condirettore de L’Orient-Le Jour: In Medio Oriente, ci sarà un prima e un dopo il 7 ottobre.
07:58 Ora di Beirut
Sul terreno: i soldati israeliani si sono scontrati di nuovo domenica sera con 70 combattenti palestinesi alla periferia del kibbutz Be’eri, nel sud di Israele, ha dichiarato lunedì mattina l’esercito israeliano, citato da Haaretz. L’esercito israeliano sospetta la presenza di tunnel nella zona.
07:50 ora di Beirut
“Più di 500 obiettivi di Hamas e della Jihad islamica palestinese sono stati colpiti da attacchi aerei e dal fuoco dell’artiglieria nella Striscia di Gaza nella notte di domenica”, ha annunciato l’esercito israeliano. “Durante la notte, jet da combattimento, elicotteri, aerei e artiglieria hanno colpito più di 500 obiettivi terroristici di Hamas e della Jihad islamica”, ha dichiarato l’esercito in un comunicato.
07:47 ora di Beirut
Notizie flash: i prezzi del petrolio sono saliti di oltre il 4% lunedì dopo che il movimento islamista palestinese Hamas ha lanciato un’offensiva a sorpresa contro Israele nel fine settimana, sollevando preoccupazioni sulle conseguenze per le forniture dalla regione ricca di petrolio. Il Brent è balzato del 4,7% a 86,65 dollari e il West Texas Intermediate è salito del 4,5% a 88,39 dollari nei primi scambi asiatici.
07:42 Ora di Beirut
Promemoria: domenica gli Stati Uniti hanno iniziato a inviare aiuti militari a Israele con nuove munizioni e ad avvicinare il loro gruppo da battaglia a Israele nel Mediterraneo, in una rapida dimostrazione di sostegno al loro storico alleato, sorpreso dagli attacchi di Hamas.
Per saperne di più sugli aiuti, che comprendono l’invio del gruppo da battaglia della USS Gerald Ford, la nave da guerra più grande del mondo, nel Mediterraneo orientale.
07:39 Ora di Beirut
Domenica sera, diversi membri del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite hanno condannato l’offensiva di Hamas, anche se gli Stati Uniti hanno deplorato la mancanza di unanimità in questa riunione d’emergenza.
07:34 Ora di Beirut
Domenica sera, il Wall Street Journal ha riportato, citando alti funzionari di Hamas e Hezbollah, che funzionari della sicurezza iraniana avrebbero contribuito a pianificare l’attacco di Hamas contro Israele di sabato e avrebbero dato il via libera all’operazione “Inondazione di Al-Aqsa” durante una riunione a Beirut lunedì. Poche ore dopo la pubblicazione di questo articolo, la missione iraniana presso le Nazioni Unite ha dichiarato domenica sera che Teheran non era coinvolta nell’attacco. Dettagli qui
07:31 ora di Beirut
Sempre lunedì mattina, oltre ai bombardamenti su Gaza, Haaretz ha riferito che dopo cinque ore di calma da parte israeliana, sono ripresi i lanci di razzi dalla Striscia di Gaza.
07:29 ora di Beirut
A Gaza continuano i bombardamenti. Domenica il portavoce dell’esercito israeliano ha dichiarato che dall’inizio dell’offensiva di Hamas sono stati bombardati 800 obiettivi nella Striscia di Gaza.
07:28 Ora di Beirut
Cercando di riprendere il controllo, le forze israeliane continuano a dare la caccia ai membri di Hamas nel sud di Israele, dove sono stati ammassati 100.000 riservisti, secondo un portavoce dell’esercito.
07:27 Ora di Beirut
L’esercito israeliano sta cercando di salvare gli ostaggi israeliani ancora a Gaza e di evacuare tutti gli abitanti della regione, mentre il prezzo del petrolio è salito lunedì. Domenica sera, un funzionario di Hamas avrebbe avanzato la cifra di un centinaio di ostaggi nelle mani del movimento a Gaza. In precedenza, un funzionario della Jihad islamica aveva affermato che il suo movimento deteneva trenta ostaggi a Gaza.
07:26 Ora di Beirut
Da sabato i combattimenti hanno causato più di 1.100 morti da entrambe le parti.
07:26 Ora di Beirut
Decine di migliaia di soldati israeliani hanno continuato il loro dispiegamento nelle regioni desertiche vicino alla Striscia di Gaza lunedì nel tentativo di riprendere il controllo dai combattenti di Hamas, nel terzo giorno degli scontri più mortali sul territorio israeliano dalla sua creazione.
07:26 Ora di Beirut
Salve,
Siamo tornati con la nostra copertura in diretta della guerra tra Hamas e Israele.
ore 03:18 di Roma
L’IDF annuncia la mobilitazione di 100.000 soldati per la prossima operazione di terra volta a smilitarizzare Hamas e a rimuoverlo dal potere a Gaza.
ore 03:12 di Roma
Il bilancio dei morti americani uccisi durante il recente attacco di Hamas in Israele è salito a 4 e i funzionari statunitensi hanno dichiarato di aspettarsi che il numero continui a salire nei prossimi giorni e settimane.
ore 02:19 di Roma
Mentre il mondo è in fiamme, musica ad alto volume alla Casa Bianca questa sera, il Presidente Biden e la First Lady Jill Biden ospitano un barbecue per il personale della Residenza Esecutiva della Casa Bianca e le loro famiglie.
ore 02:19 di Roma
“L’USCENTCOM è fermamente al fianco dei nostri partner israeliani e regionali per affrontare i rischi di qualsiasi parte che cerchi di espandere il conflitto”, ha dichiarato il generale Michael “Erik” Kurilla, Comandante del Comando Centrale degli Stati Uniti.
Nei prossimi giorni l’aeronautica statunitense schiererà in Medio Oriente altri 20-25 caccia multiruolo F-15 e F-35, con l’obiettivo di impedire che la guerra in Israele si estenda al resto del Medio Oriente e di fungere da deterrente contro qualsiasi tipo di interferenza o aggressione iraniana.
Sul sentiero di guerra contro l’Iran….
ore 01:33 di Roma
Il deputato repubblicano del Texas neocon Dan Crenshaw: “La guerra che porrà fine alle guerre”
È quello che dissero le banche e il complesso militare industriale a proposito della prima guerra mondiale.
ore 01:22 di Roma
Il senatore statunitense Graham: se Hezbollah interviene, Israele e Stati Uniti dovrebbero attaccare le infrastrutture petrolifere iraniane
“Un attacco di Hezbollah e di altri satelliti iraniani avrebbe conseguenze devastanti per i sistemi di difesa di Israele. Se si verificasse un tale attacco, Israele e gli Stati Uniti dovrebbero attaccare le raffinerie e le infrastrutture petrolifere iraniane, che sono la linfa vitale dell’economia iraniana”, ha dichiarato Graham.
ore 01:00 di Roma
Il generale David Zini si è scontrato con molti terroristi nell’area della Freccia Nera. Tutti sono stati eliminati.
“Anche dopo 4 miliardi di dollari di aiuti militari americani all’anno, Israele ha bisogno di un intero gruppo da battaglia di portaerei statunitensi per proteggersi da bande di guerriglieri che irrompono da un ghetto assediato con armi fatte in casa. Una dimostrazione di forza che denota debolezza e vulnerabilità.” Max Blumenthal
ore 00:40 di Roma
Secondo le prime notizie, l’aviazione israeliana sta conducendo attacchi aerei con “Bunker Busters” contro le reti di tunnel di Hamas vicino al quartiere di Al-Atatra, nella zona nord-occidentale di Gaza.
ore 23:26 di Roma
Il presidente turco Erdogan: “Avverto l’America di stare alla larga, difenderemo la Palestina ad ogni costo”.
ore 23:30 di Roma
“L’Iran ha aiutato a pianificare l’attacco a Israele per diverse settimane.” Wall Sreet Journal
ore 23:26 di Roma
Hamas sta cercando di colpire l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv.
Questo avviene mentre due C-130 dell’aviazione polacca sono in fase di avvicinamento finale.
Oltre 150 razzi lanciati dalla Striscia di Gaza; le batterie Iron Dome stanno cercando di intercettare il maggior numero possibile di razzi.
ore 22:49 di Roma
Hamas ha pubblicato un video del loro quartier generale. Appare una dimostrazione di quanto siano moderni.
ore 22:10 di Roma
I civili israeliani salutano i combattenti dell’IDF, che presumibilmente parteciperanno all’operazione di terra a Gaza.
ore 21:53 di Roma
L’unità Shayetet 13 della Marina israeliana ha catturato Muhammad Abu Ghali.
Era il vice comandante della forza navale di Hamas.
ore 21:30 di Roma
Il rappresentante palestinese all’ONU critica l’Occidente:
“Non si può dire che nulla giustifica l’uccisione degli israeliani e poi fornire una giustificazione per l’uccisione dei palestinesi, non siamo subumani, ripeto, non siamo subumani. Non accetteremo mai una retorica che denigra la nostra umanità e rinnega i nostri diritti, una retorica che ignora l’occupazione della nostra terra e l’oppressione del nostro popolo”.
ore 21:30 di Roma
Un alto funzionario della Difesa statunitense ha dichiarato di ritenere probabile l’inizio di un’invasione terrestre israeliana della Striscia di Gaza nelle prossime 48-72 ore.
ore 18:09 di Roma
È confermato: La Marina statunitense sposterà nei prossimi giorni il Carrier Strike Group 12 nel Mediterraneo in una massiccia dimostrazione di sostegno a Israele.
L’esercito statunitense sposta una portaerei vicino a Israele per dimostrare il sostegno di Washington. Dovrebbe essere la Gerald Ford.
ore 18:00 di Roma
“Una delle cose più speranzose che ho scoperto è che quasi tutte le guerre che sono iniziate negli ultimi 50 anni sono state il risultato delle bugie dei media”…
~ Julian Assange
ore 17:49 di Roma
Haaretz riferisce che ci sono ritardi e problemi nella catena di approvvigionamento dei supermercati. Sembra che gli israeliani si stiano rifornendo di beni di prima necessità
ore 17:45 di Roma
Scontri armati tra palestinesi e forze israeliane ad Abu Dis, città orientale di Gerusalemme.
ore 17:40 di Roma
L’esercito degli Stati Uniti sta pianificando di spostare le navi e gli aerei militari statunitensi più vicini a Israele come dimostrazione di sostegno – NBC News
ore 16:17 di Roma
da Atlantico e Andrew Korybko
RIPERCUSSIONI E RISPOSTE
Israele: cosa c’è dietro lo scoppio della guerra di Simhat Torah (e gli tsunami che sta preparando)
Sabato 7 ottobre 2023, Israele è stato attaccato da Hamas. Sono stati lanciati migliaia di razzi e i combattenti si sono infiltrati nel territorio. Hanno preso in ostaggio diversi civili. I combattimenti continuano anche questa domenica.
Dov Zerah
Israele: cosa c’è dietro lo scoppio della guerra di Simhat Torah (e lo tsunami che sta preparando)
con Dov Zerah
Atlantico: Il 7 ottobre 2023, Israele ha subito attacchi che hanno avuto un terribile bilancio umano. Uno shock storico pari all’11 settembre 2001 o alla guerra dello Yom Kippur del 1973. Come possiamo comprendere questi attacchi? Come si inseriscono questi attacchi in un contesto internazionale molto più ampio di quello che sta accadendo a Gaza o in Cisgiordania?
Dov Zerah: Lanciando un’operazione su vasta scala per terra, per mare e per aria, HAMAS persegue diversi obiettivi:
Recuperare i propri prigionieri dalle carceri israeliane. Al di là di questo obiettivo ufficiale dichiarato, è possibile individuare diversi obiettivi nascosti.
Silurare la prospettiva di un accordo tra Israele e Arabia Saudita. La reazione iniziale del principe ereditario Mohammed ben Salmane, che ha condannato Israele, suggerisce che l’accordo potrebbe essere messo in discussione. Tuttavia, è probabile che si tratti di una dichiarazione di circostanza, dato l’interesse vitale della Mecca per l’accordo.
Approfittando della situazione interna fratturata in Israele con la questione della riforma giudiziaria; da un anno a questa parte, gli scambi tra politici e cittadini israeliani sono stati violenti, le manifestazioni hanno riunito decine di migliaia di persone… e, come se non bastasse, i volontari si sono rifiutati di scontare i loro periodi di riserva… Queste divisioni sono state probabilmente interpretate come un segno di debolezza. Tuttavia, non appena sono stati lanciati i primi allarmi, tutti i riservisti si sono recati nei loro centri e un gran numero di cittadini si è recato negli ospedali per donare il sangue… Tutta la società si è mobilitata.
Cogliere l’opportunità offerta dai segnali di debolezza dell’Occidente: l’impeachment del Presidente del Congresso degli Stati Uniti, la messa in discussione degli aiuti all’Ucraina sia in Europa che negli Stati Uniti, l’invasione azera del Nagorno-Karabakh, le tensioni in Kosovo… La concomitanza di tutti questi eventi fa pensare a una volontà coordinata di Putin, Erdogan e Khamenei di segnare punti, di sconvolgere le frontiere…
commemorare la guerra dello Yom Kippur, iniziata il 6 ottobre 1973, con un giorno di anticipo per operare lo Shabbat e approfittare del giorno libero e dell’assenza dei militari dalle loro basi.
Per la prima volta in diversi decenni, la parola guerra fu usata da Benjamin Netanyahu. Israele è stato fratturato sia politicamente che umanamente dalla formazione del governo Netanyahu. Quale impatto politico interno possiamo aspettarci? Quali conseguenze a breve termine possiamo aspettarci?
Questa guerra avrà conseguenze importanti per Israele nel breve e medio termine. Possiamo persino aspettarci un vero e proprio tsunami.
Le incredibili mancanze dei servizi segreti porteranno inevitabilmente alla creazione di una commissione d’inchiesta, come dopo la guerra dello Yom Kippur. Senza parlare dell’affare LAVON, ogni volta che Israele ha dovuto affrontare una crisi di questo tipo, ci sono state conseguenze politiche. Si comincia a parlare delle difficoltà del Capo di Stato Maggiore a incontrare il Primo Ministro.
La prospettiva di un governo di unità nazionale è stata sollevata sia da Benjamin Netanyahu che da Yair Lapid.
In attesa di questo possibile sviluppo politico, per il momento ci si preoccupa di mettere in sicurezza tutte le località occupate dai terroristi di HAMAS, di ripristinare la barriera di sicurezza e di reagire… Naturalmente, gli ostaggi civili e militari saranno al centro dell’attenzione, anche se è improbabile che vengano recuperati a meno che non vengano rilasciati tutti i prigionieri palestinesi, il che creerebbe una vera e propria bomba a orologeria.
La reazione sarà violenta, perché Israele deve ottenere una vittoria chiara e lampante per scoraggiare qualsiasi nuova iniziativa di questo tipo. Sarà totalmente diversa da quelle viste negli ultimi dieci anni circa, cioè una sorta di “gioco del gatto e del topo”, con attacchi missilistici intercettati da “Iron Dome” a cui Israele rispondeva bombardando ed evitando di inviare truppe a Gaza. Ieri sera, alla televisione israeliana, qualcuno non ha esitato a dire: “Smettiamola di parlare occidentale. Parliamo in arabo”.
È ancora troppo presto per dire se il Governo si porrà l’obiettivo di eliminare i leader di HAMAS. La risposta dovrà trovare un equilibrio tra il tentativo di recuperare gli ostaggi il più rapidamente possibile e il prendersi il tempo necessario per evitare una conflagrazione nel Nord con Hezbollah, a Gerusalemme o addirittura nelle città arabe israeliane…
Di fronte alla sorpresa rappresentata da questa offensiva di HAMAS, possiamo dire che gli israeliani si sono addormentati sugli allori della loro certezza di superiorità militare? O forse i dubbi del Paese sulla propria natura dopo l’ascesa dell’estrema destra – come abbiamo visto con il ritiro di alcuni riservisti, ad esempio – hanno indebolito le strutture stesse dello Stato?
Sì, come nel 1973, gli israeliani hanno sbagliato a confidare troppo nell’Iron Dome (che, come tutti sappiamo, può essere saturato dal lancio simultaneo di un gran numero di razzi) e nella forza della barriera di sicurezza (nonostante il fatto che sia la barriera che separa Israele da Gaza sia quella a est mostrassero crepe da diversi mesi).
Molto probabilmente, la situazione politica ha indebolito le strutture statali, ma l’apparenza del pericolo sembra cancellare momentaneamente le differenze e le opposizioni.
Pensa che anche i palestinesi della Cisgiordania si sentiranno in guerra? E gli arabi israeliani? Il 7 ottobre 2023 ha il potenziale per andare molto oltre nel crescente confronto tra democrazie occidentali e regimi autoritari?
Un’estensione del conflitto a Hezbollah è possibile e potrebbe portare a un confronto con l’Iran. È molto probabile che HAMAS abbia ricevuto supporto logistico e tecnico da Hezbollah e dall’Iran (alcuni suggeriscono un attacco informatico che ha paralizzato le comunicazioni e spiega alcuni dei fallimenti). Questo potrebbe portare lo Stato ebraico di Israele a cogliere l’opportunità di colpire i siti nucleari iraniani… In questo scenario, si aprirebbe il vaso di Pandora e il Medio Oriente sarebbe collegato a tutti i conflitti esistenti o potenziali in Europa e Asia.
Interpretare la reazione ufficiale della Russia all’ultima guerra tra Israele e Hamas
ANDREW KORYBKO
8 OTT 2023
Lungi dall’essere a favore della Palestina, come molti media alternativi pensano erroneamente, la Russia ritiene di essere responsabile di tutto quanto Israele.
La portavoce del Ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha rilasciato sabato la seguente dichiarazione in risposta all’ultima guerra tra Israele e Hamas, scoppiata dopo l’attacco furtivo su larga scala del gruppo:
“La Russia è gravemente preoccupata per la forte escalation del conflitto israelo-palestinese.
A questo proposito, vorremmo riaffermare la nostra posizione di principio e coerente sul fatto che questo conflitto, che continua da 75 anni, non può essere risolto con la forza e può essere risolto esclusivamente con mezzi politici e diplomatici, impegnandosi in un processo negoziale completo basato sul noto quadro giuridico internazionale che prevede la creazione di uno Stato palestinese indipendente all’interno dei confini del 1967 con capitale a Gerusalemme Est che coesista con Israele in pace e sicurezza.
Consideriamo l’attuale escalation su larga scala come un’altra manifestazione estremamente pericolosa di un circolo vizioso di violenza derivante dalla cronica inosservanza delle relative risoluzioni dell’ONU e del suo Consiglio di Sicurezza e dal blocco da parte dell’Occidente del lavoro del Quartetto di mediatori internazionali per il Medio Oriente composto da Russia, Stati Uniti, UE e ONU.
Chiediamo alle parti palestinese e israeliana di attuare un cessate il fuoco immediato, di rinunciare alla violenza, di esercitare la moderazione e di avviare, con l’assistenza della comunità internazionale, un processo negoziale volto a stabilire una pace globale, duratura e a lungo attesa in Medio Oriente”.
Pur essendo conciso, rivela comunque molto sull’approccio della Russia a questo conflitto, che potrebbe sorprendere molti membri della comunità Alt-Media (AMC) che pensavano erroneamente che favorisse la Palestina.
Per cominciare, è importante sottolineare che la Zakharova ha sottolineato la coerenza della posizione del suo Paese, che è la creazione pacifica di uno Stato palestinese indipendente in linea con il diritto internazionale. Il secondo dettaglio è che prevede la coesistenza di entrambi gli Stati in pace e sicurezza. Leggendo tra le righe, la Russia implica che la Palestina non dovrebbe rappresentare alcuna minaccia credibile per la sicurezza di Israele che possa indurre quest’ultimo a intraprendere un’azione militare, anche preventiva.
Pochi tra i membri dell’AMC ne sono consapevoli, ma il Presidente Putin sostiene con forza il diritto di Israele a difendersi, soprattutto da ciò che la sua leadership considera terrorismo, ma che i sostenitori della Palestina considerano mezzi legittimi per perseguire la liberazione nazionale dopo decenni di occupazione. Questo articolo ha raccolto decine di dichiarazioni del leader russo su Israele, tratte dal sito ufficiale del Cremlino tra il 2000 e il 2018, per dimostrare quanto sia appassionato il suo pensiero in merito.
Aggiunge un contesto al resto della dichiarazione riguardante il “circolo vizioso della violenza” e la conseguente richiesta di “attuare un cessate il fuoco immediato”, la cui formulazione è stata criticata dai sostenitori della Palestina in quanto attribuisce la stessa colpa alla loro parte ogni volta che scoppiano gli scontri, ogni volta che qualcuno lo dice. Chi ha letto l’articolo sopra citato, tuttavia, apprenderà che il massimo responsabile politico russo non ha assolutamente simpatia per i mezzi controversi con cui alcuni palestinesi hanno cercato l’indipendenza.
Il Presidente Putin ritiene che la loro lotta debba rimanere pacifica, ma se la violenza è inevitabile, entrambe le parti devono rispettare il diritto internazionale. Uccidere e rapire coloni-civili disarmati, in particolare bambini, è a suo avviso inaccettabile. Lo considera terrorismo e ritiene che abbia giocato un ruolo nel perpetuare il conflitto. Questo non vuol dire che Israele sia innocente, ma solo che la Russia non potrà mai avallare queste tattiche dopo che sono state utilizzate contro di lei negli anni ’90-2000.
Nonostante alcuni palestinesi abbiano commesso quelli che il Presidente Putin considera sinceramente attacchi terroristici, il governo russo non pensa che questo screditi la loro causa di liberazione nazionale. Questi crimini non definiscono il movimento e, sebbene non possano mai essere giustificati dal punto di vista del Cremlino, si può sostenere che siano in parte il risultato della disperazione di queste persone. Questo spiega perché la Russia chiede regolarmente a Israele di attuare le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per alleviare le loro sofferenze.
Il rifiuto di Israele di farlo aggrava la disperazione dei palestinesi, creando terreno fertile per alcuni che sfruttano la loro situazione reclutandoli per compiere attacchi terroristici, alimentando così il “circolo vizioso della violenza” che Israele sfrutta come scusa per non attuare quelle stesse risoluzioni. I lettori hanno il diritto di dare la propria interpretazione degli eventi, ma quella precedente riassume la posizione della Russia e mostra perché ritiene che entrambe le parti siano colpevoli ogni volta che scoppia la violenza.
L’AMC è stata ingannata sulla posizione della Russia nei confronti del conflitto israelo-palestinese da influencer guidati da un’agenda che hanno mentito per anni su questo punto per generare peso, spingere un’ideologia e/o sollecitare donazioni. Lungi dall’essere a favore della Palestina, come molte di queste persone pensano erroneamente, la Russia ritiene di essere responsabile di tutto tanto quanto Israele. Per questo ha nuovamente invitato entrambe le parti “a implementare un cessate il fuoco immediato, a rinunciare alla violenza e a esercitare la moderazione”, non solo Israele.
Salah Hijazi, giornalista politico de L’Orient-Le Jour, analizza il discorso di Hezbollah durante la manifestazione tenutasi nel primo pomeriggio nella periferia sud di Beirut:
Il presidente del Consiglio esecutivo di Hezbollah, Hachem Safieddine, ha dichiarato che il suo partito ha “inviato un messaggio al nemico questa mattina a Kfarchouba”. Questa dichiarazione del probabile successore dell’attuale Segretario Generale, Hassan Nasrallah, arriva mentre domenica mattina si è verificato uno scambio di fuoco su entrambi i lati della Linea Blu tra il gruppo e l’esercito israeliano, nella regione contesa delle fattorie di Shebaa e delle colline di Kfarchouba.
“Abbiamo il diritto di attaccare l’occupante della nostra terra, e questo è un messaggio che gli israeliani devono prendere sul serio”, ha aggiunto in questa manifestazione a sostegno dei palestinesi, 24 ore dopo l’inizio dei combattimenti tra Hamas e Israele. Se oltrepassate la linea, la Nazione (musulmana) si abbatterà su di voi”, ha minacciato. Queste parole sembrano indicare che, nonostante i bombardamenti di questa mattina, Hezbollah non ha alcuna intenzione di intensificare il conflitto a meno che Israele non superi determinate linee rosse.
Con Tel Aviv che minaccia la Striscia di Gaza con una sanguinosa operazione di terra, questo spingerà il partito filo-iraniano verso un attacco frontale?
16:05 ora di Beirut
Bilancio provvisorio delle vittime a Gaza, in Israele, Egitto e Libano, secondo le informazioni disponibili intorno alle 16:00:
– Da parte israeliana, più di 600 morti e più di 2.000 feriti, secondo un bilancio ufficiale provvisorio.
– Da parte palestinese, il Ministero della Sanità ha confermato almeno 313 morti e 1.990 feriti.
– In Egitto, due turisti israeliani e la loro guida egiziana sono stati uccisi domenica da un poliziotto ad Alessandria, secondo i media locali.
– In Libano, due bambini di 5 e 2 anni sono stati feriti da schegge di vetro nella città di Kfarchouba e sono stati ricoverati in ospedale, secondo il nostro corrispondente.
15:48 ora di Beirut
Il presidente iraniano Ebrahim Raissi ha avuto domenica colloqui telefonici separati con i leader dei movimenti armati palestinesi Hamas e Jihad islamica, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa ufficiale iraniana Irna, riporta AFP.
“Il presidente Raissi ha parlato al telefono con il segretario generale della Jihad, Ziad al-Nakhala, sugli sviluppi in Palestina”, e poi con “il capo dell’ufficio politico del movimento di resistenza islamica Hamas, Ismail Haniyeh”, ha detto l’Irna.
15:48 ora di Beirut
Il presidente iraniano Ebrahim Raissi ha avuto domenica colloqui telefonici separati con i leader dei movimenti armati palestinesi Hamas e Jihad islamica, secondo quanto riportato dall’agenzia ufficiale iraniana Irna, AFP.
“Il presidente Raissi ha parlato al telefono con il segretario generale della Jihad, Ziad al-Nakhala, sugli sviluppi in Palestina”, e poi con “il capo dell’ufficio politico del movimento di resistenza islamica Hamas, Ismail Haniyeh”, ha detto l’Irna.
15:44 ora di Beirut
24 ore dopo l’inizio degli attacchi di Hamas contro Israele, anche Hezbollah ha attaccato lo Stato ebraico nelle prime ore di domenica 8 ottobre. Le immagini.
15:38 heure de Beyrouth
Immagine: un convoglio di carri armati israeliani Merkava avanza lungo una strada alla periferia della città israeliana di Kiryat Shmona, vicino al confine con il Libano, questo pomeriggio. Foto JALAA MAREY/AFP15:31 Ora di BeirutURGENTE: secondo Haaretz, l’esercito israeliano ha aperto il fuoco con la batteria antimissile Patriot al confine con il Libano.15:30 ora di Beirut
Foto: Soldati libanesi di guardia nel villaggio di Khiam, al confine con Israele, questo pomeriggio. Foto REUTERS/Aziz Taher
15:29 ora di Beirut
Il gabinetto di sicurezza israeliano ha votato sabato sera per dichiarare ufficialmente il Paese in guerra e consentirgli di svolgere “attività militari significative”, ha annunciato l’ufficio del Primo Ministro Benjamin Netanyahu, citato dai media israeliani.
La dichiarazione sarà sottoposta all’approvazione della Commissione Affari Esteri e Difesa della Knesset, il parlamento israeliano, lunedì.
15:22 Ora di Beirut
URGENTE: Almeno un proiettile israeliano ha colpito la città di Khraibe, nel sud del Libano, hanno confermato a L’Orient-Le Jour una portavoce di Hezbollah e diversi residenti locali. Al momento non sono disponibili ulteriori informazioni.
15:06 ora di Beirut
Secondo i media israeliani, il bilancio provvisorio delle vittime da parte israeliana ha raggiunto le 600 unità.
15:04 Ora di Beirut
“La nostra storia, le nostre armi e i nostri razzi sono con voi. Tutto ciò che abbiamo è con voi”, ha dichiarato lo sceicco Hachem Safieddine, presidente del Consiglio esecutivo di Hezbollah, durante una manifestazione in solidarietà con i combattenti palestinesi.
15:04 ora di Beirut
Testimonianze dalla manifestazione nella periferia sud di Beirut:
Durante la manifestazione a sostegno dell’offensiva di Hamas in Israele, organizzata davanti alla moschea di Al-Qaem, nella periferia sud di Beirut, una manifestante, Walida Osman, ha parlato con il nostro inviato speciale sul posto, Richard Salamé.
“Siamo qui perché il popolo di Gaza è oppresso da Israele. La Terra Santa è importante per noi. Ci aspettavamo un’operazione come questa”, ha detto Walida Osman.
“Non hanno ancora visto nulla, scopriranno cosa è capace di fare la resistenza islamica [Hezbollah e i suoi alleati]”, ha aggiunto l’amico di Walida Osman, che ha voluto rimanere anonimo. “Noi non siamo terroristi. Sono gli Stati Uniti, che sfruttano il gas e le risorse della regione, e la loro “figlia” Israele, ad essere terroristi”, ha concluso.
14:45 ora di Beirut
Durante la manifestazione organizzata davanti alla moschea Al-Qaem, nella periferia sud di Beirut, il presidente del Consiglio esecutivo di Hezbollah, Hachem Safieddine, ha affermato che le armi utilizzate dall’ala armata di Hamas – “razzi e artiglieria” – e la strategia di “infiltrazione” messa in atto, dimostrano il livello avanzato delle loro truppe in campo militare. Questi commenti sono stati riportati dal nostro inviato speciale sul posto, Richard Salamé.
“(Il primo ministro israeliano Benjamin) Netanyahu pensava che le sue decisioni radicali gli permettessero di fare ciò che voleva a Gerusalemme, alla Moschea di Al-Aqsa o in Cisgiordania (…) Ma la risposta è arrivata sotto forma di tornado”, ha scandito il leader del partito sciita.
“La risposta è che Gerusalemme ha i suoi protettori e al-Aqsa ha i suoi uomini, e che la resistenza può riservare molte sorprese, dure e forti, di fronte alle aggressioni degli ultimi mesi e anni”, ha aggiunto.
14:40 ora di Beirut
Immagine: una folla si è radunata davanti alla moschea di Al-Qaem, nella periferia meridionale di Beirut, esponendo bandiere di Hezbollah, palestinesi e libanesi questo pomeriggio.
(Foto João Sousa)
14:29 ora di Beirut
Per maggiori informazioni sull’attentato in Egitto che ha causato tre morti, due turisti israeliani e la loro guida egiziana, clicca qui.
14:24 ora di Beirut
Bilancio provvisorio delle vittime: le televisioni israeliane parlano di oltre 400 morti e più di 2.000 feriti da parte israeliana.
14:09 ora di Beirut
Aggiornamento sulla situazione nel sud di Israele, in base alle informazioni diffuse dai media israeliani:
– Continuano gli scontri sul terreno tra le forze armate israeliane e i combattenti palestinesi che si sono infiltrati in diverse località. Secondo l’esercito israeliano, i combattenti palestinesi si sono recentemente infiltrati nel kibbutz Magen.
– Diversi edifici sono stati colpiti da razzi lanciati contro la città di Sderot e quattro residenti sono rimasti feriti.
– Alcuni residenti dell’area vicino al confine con Gaza sono ancora sotto assedio e in attesa di aiuto da parte delle forze israeliane.
– Secondo l’esercito israeliano, diversi kibbutz sono stati evacuati nella zona di confine con Gaza. In precedenza, l’esercito israeliano aveva dichiarato che avrebbe evacuato tutti gli abitanti delle città vicine al confine con Gaza.
14:06 ora di Beirut
Mentre diverse compagnie aeree hanno cancellato i voli per l’aeroporto internazionale di Tel Aviv da sabato, a causa degli scontri tra l’ala armata di Hamas e l’esercito israeliano, il traffico verso l’aeroporto internazionale di Beirut non è stato per il momento influenzato, nonostante lo scambio di colpi di artiglieria su entrambi i lati del confine tra Libano e Israele. Lo hanno confermato a L’Orient-Le Jour una fonte dell’Autorità libanese per l’aviazione civile e Jean Abboud, presidente dell’Unione delle associazioni di viaggio e turismo in Libano.
“Non abbiamo ricevuto alcuna richiesta da parte delle compagnie aeree di cancellare i voli per Beirut”, ha dichiarato la fonte dell’Autorità per l’aviazione civile. Jean Abboud ha detto che le agenzie di viaggio aspetteranno fino a lunedì per valutare l’impatto degli eventi attuali sulle prenotazioni dei viaggiatori.
Un altro tour operator, che opera in Germania e che desidera rimanere anonimo, ha dichiarato che alcune compagnie aeree stanno seguendo da vicino gli eventi e sono pronte a reagire.
13:45 ora di Beirut
L’esercito israeliano annuncia i nomi di altri 18 soldati uccisi.
All’inizio della mattinata, l’esercito aveva già rivelato i nomi di 26 soldati uccisi negli scontri.
13:39 Ora di Beirut
La polizia di Londra ha aumentato le pattuglie in alcune aree della capitale britannica domenica dopo “incidenti” legati alla guerra tra Israele e Hamas. Secondo l’AFP, il Ministro degli Interni ha chiesto “tolleranza zero” contro “la glorificazione del terrorismo”.
13:38 Ora di Beirut
Secondo il nostro corrispondente nel sud del Libano, Mountasser Abdallah, il direttore dell’ospedale governativo di Marjeyoun ha confermato il ricovero di due bambini, uno di 5 e uno di 2 anni, feriti da schegge di vetro nella località di Kfarchouba, vicino alla quale sono caduti i proiettili dell’artiglieria israeliana durante lo scambio di fuoco di questa mattina con Hezbollah al confine meridionale.
Sempre secondo il nostro corrispondente, diversi residenti della stessa località hanno confermato che tre granate sono cadute in questa regione nella tarda mattinata, molto tempo dopo la fine dello scambio di fuoco di questa mattina tra le due parti. Contattata, l’UNIFIL non ha ancora fornito alcuna informazione su questo incidente.
13:34 Ora di Beirut
Air France sospende i voli verso Israele in seguito allo scoppio della guerra con Gaza.
13:24 Ora di Beirut
In risposta alla guerra tra Israele e Hamas, Papa Francesco ha chiesto la fine degli attacchi e della violenza, affermando che il terrorismo e la guerra non risolvono nulla, secondo quanto riportato da AFP e Reuters.
13:20 Ora di Beirut
Secondo il nostro inviato speciale Richard Salamé, circa 500 persone si sono radunate davanti alla moschea di Al-Qaem, nella periferia meridionale di Beirut, sventolando bandiere di Hezbollah, palestinesi e libanesi.
13:14 ora di Beirut
Aggiornamento: il Ministro degli Esteri israeliano ha confermato che due turisti israeliani e la loro guida egiziana sono stati uccisi domenica ad Alessandria d’Egitto.
13:13 Ora di Beirut
In un comunicato pubblicato attraverso i suoi canali ufficiali, il braccio armato di Hamas ha affermato che “cinque imbarcazioni che trasportavano combattenti del commando navale Qassami” sono approdate “con successo” sulla costa della città di Ashkelon, nel nord della Striscia di Gaza, nell’ambito dell’operazione “Inondazione di Al Aqsa”.
Secondo la stessa dichiarazione, le truppe sbarcate sono riuscite a prendere il controllo di diverse aree della città e “hanno inflitto pesanti perdite al nemico” e stanno attualmente continuando la loro operazione.
Un’ora prima, il portavoce dell’ala armata di Hamas, Abu Obeida, ha dichiarato che il movimento ha “ricostituito le (sue) forze nei territori israeliani” ed è “riuscito a fornire aiuti” ai soldati che combattono sul terreno.
13:04 ora di Beirut
In immagini: in Israele, morti, danni e l’esercito schierato. Guarda qui.(Foto JACK GUEZ/AFP)13:03 ora di BeirutL’esercito israeliano ha annunciato in un comunicato di aver “vietato a tutti gli ufficiali di recarsi all’estero nell’ambito di un obbligo, di una missione o di una vacanza”.”Gli ufficiali all’estero devono contattare i loro comandanti e informarli della loro situazione. Coloro i cui voli per Israele sono stati cancellati e che si trovano in Paesi vietati sono tenuti a recarsi in Paesi autorizzati il prima possibile”.L’ordine è valido fino a nuovo ordine.12:54 ora di Beirut
Foto: Donne in lacrime al funerale dei membri della famiglia Abu Qutah, uccisi da un attacco israeliano, l’8 ottobre 2023 a Rafah, nella Striscia di Gaza. Foto SAID KHATIB/AFP
12:40 ora di Beirut
Secondo il canale al-Jazeera, l’artiglieria israeliana ha iniziato a bombardare “le spiagge della Striscia di Gaza”.
12:38 ora di Beirut
Aggiornamento: due fonti della sicurezza egiziana hanno riferito a Reuters che due turisti israeliani e un egiziano sono stati uccisi domenica ad Alessandria. Un poliziotto sospettato di aver effettuato la sparatoria, nel quartiere Sawari della città egiziana, è stato preso in custodia, hanno detto le stesse fonti.
12:38 ora di Beirut
Poliziotti israeliani a terra a Sderot l’8 ottobre 2023 dopo un attacco missilistico palestinese da Gaza. Foto JACK GUEZ / AFP
12:13 ora di Beirut
Informazioni in sviluppo: secondo i media arabi, tra cui Al-Arabiya, due turisti israeliani sono stati uccisi ad Alessandria d’Egitto. Questa informazione non è stata confermata da fonti ufficiali. RT Arabic riferisce che uno o due turisti israeliani potrebbero essere stati uccisi dagli spari della polizia.
12:10 ora di Beirut
L’esercito israeliano afferma di aver sparato contro dei sospetti nel sito di una tenda di Hezbollah nel sud del Libano.
12:06 ora di Beirut
L’Autorità Palestinese ha presentato domenica un memorandum che chiede una riunione d’emergenza della Lega Araba a livello di ministri degli Esteri, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa palestinese WAFA.
La richiesta di riunione arriva alla luce della “continua e brutale aggressione israeliana contro il popolo palestinese, compresa l’escalation dell’assalto alla Moschea di Al-Aqsa da parte di migliaia di coloni”, ha dichiarato l’ambasciatore della Lega Araba Muhannad al-Aklouk, citato da WAFA.
12:06 ora di Beirut
Le autorità della città di Kiryat Shmona, vicino al confine israelo-libanese, stanno consigliando ai residenti di evacuare la città per diversi giorni. Si tratta solo di una raccomandazione.
11:57 ora di Beirut
Se ve lo siete perso ieri, vi invitiamo a leggere l’approfondimento del nostro direttore Anthony Samrani: Perché l’attacco di Hamas a Israele potrebbe cambiare le carte in tavola nella regione.
11:56 ora di Beirut
Il bilancio provvisorio delle vittime è di quasi 12.00:
Parte israeliana: secondo diversi media israeliani e stranieri, tra cui Channel 12, il bilancio delle vittime è di “almeno 350” e più di 1.864 feriti.
Parte palestinese: il Ministero della Sanità pubblica palestinese ha confermato 313 morti e 1.990 feriti.
11:43 ora di Beirut
Il canale televisivo Al Mayadeen ha annunciato che Hezbollah ha eretto una nuova tenda sul sito che Israele ha attaccato in risposta ai colpi di mortaio sparati dal partito sciita dal Libano verso il Monte Dov.
11:38 ora di Beirut
Foto: Nella piazza Riad el-Solh, nel centro di Beirut, il Partito Comunista Libanese ha organizzato una manifestazione, guidata dalla sua leader Hanna Gharib, in solidarietà con i palestinesi.(Foto Nabil Ismaïl)11:32 ora di BeirutImmagini: la distruzione a Gaza nel secondo giorno di guerra tra Hamas e Israele. Clicca qui per vedere l’articolo.11:27 Ora di BeirutIl Primo Ministro Benjamin Netanyahu sta valutando la situazione della sicurezza con il Ministro della Difesa Yoav Gallant, il Capo di Stato Maggiore Herzl Halevi e altri alti funzionari della difesa, secondo un comunicato dell’Ufficio del Primo Ministro israeliano.11:27 ora di BeirutDue thailandesi e un cambogiano sono stati uccisi negli scontri tra l’esercito israeliano e Hamas palestinese, hanno dichiarato domenica i capi di governo dei due Paesi asiatici. Il primo ministro thailandese Srettha Thavisin ha dichiarato su X (ex Twitter) di aver ricevuto informazioni dall’ambasciatore thailandese a Tel Aviv che “due thailandesi sono stati uccisi nelle violenze”.Non sono stati forniti dettagli sulle circostanze della morte. Il Ministero degli Affari Esteri thailandese sta comunque lavorando per evacuare i suoi cittadini da Israele.11:25 ora di BeirutSecondo il suo canale ufficiale su Telegram, il braccio armato di Hamas ha annunciato intorno alle 8:00 GMT (le 11:00 a Beirut) che stava lanciando una salva di “100 missili” contro la città di Sderot in risposta al bombardamento dei “rifugi” da parte dell’esercito israeliano.Meno di mezz’ora dopo, il quotidiano israeliano Haaretz ha annunciato che un uomo israeliano è stato ferito da un razzo nella stessa città a nord-est della Striscia di Gaza.11:20 ora di BeirutUn franco-israeliano di 26 anni potrebbe essere stato rapito da Hamas sabato mattina nel sud di Israele, all’inizio dell’attacco del movimento islamista palestinese, ha annunciato domenica Meyer Habib, deputato per la circoscrizione dei francesi all’estero che comprende Israele.”Un francese di 26 anni, Avidan T, di Bordeaux, è stato probabilmente rapito nel sud di Israele da Hamas mentre partecipava al festival musicale”, un rave party nel deserto preso di mira dagli attentatori, ha dichiarato il deputato sulla piattaforma X. “Potrebbe essere trattenuto dai terroristi. La sua famiglia, suo padre, con cui ho parlato a lungo, non ha più notizie di lui” da sabato mattina, ha aggiunto.Il governo non ha ancora riferito di vittime francesi in questo attacco.11:09 ora di BeirutIl portavoce dell’esercito israeliano Daniel Hagari ha dichiarato in una conferenza stampa a metà mattinata che almeno “400” combattenti palestinesi sono stati uccisi nei combattimenti e che “altre decine” sono state catturate. “Stiamo prendendo di mira i leader di Hamas”, ha aggiunto, assicurando che l’esercito israeliano userà “la sua superiorità in termini di potenza di fuoco”.11:07 ora di Beirut
Foto: Un soldato israeliano siede accanto ai proiettili di artiglieria questa mattina in una città che si affaccia sul Libano meridionale. Foto JALAA MAREY/AFP11:07 ora di BeirutL’ala militare di Hamas ha dichiarato domenica ad Al Jazeera che avrebbe reso noto il numero di prigionieri israeliani catturati nelle prossime ore. Israele non è attualmente in grado di stimare con precisione il numero di prigionieri catturati nella Striscia di Gaza.10:58 ora di BeirutSpotlight: Amélie Zaccour, giornalista del servizio internazionale de L’Orient-Le Jour, analizza il disagio dell’Arabia Saudita per l’offensiva di Hamas in Israele.10:52 ora di BeirutContattato da L’Orient-Le Jour, il portavoce della Forza interinale delle Nazioni Unite in Libano (UNIFIL), Andrea Tenenti, ha dichiarato che il suo comando è attualmente in contatto con “gli eserciti libanese e israeliano” per mantenere la calma al confine tra Libano e Israele dopo lo scambio di fuoco di domenica mattina.Ha anche detto che non sono stati lanciati proiettili o razzi da quando l’esercito israeliano ha risposto al fuoco di razzi e proiettili di artiglieria, senza poter dare un’opinione su come si svilupperanno gli eventi nel breve termine.Il portavoce ha anche affermato che il convoglio dell’UNIFIL, che era stato temporaneamente bloccato dai manifestanti a Saida (Libano meridionale) durante la notte, ha potuto finalmente proseguire il suo viaggio senza incidenti. Sabato sera, un video pubblicato sui social network mostrava un veicolo blindato dell’UNIFIL bloccato da civili che manifestavano e sventolavano bandiere palestinesi.10:41 ora di BeirutL’esercito israeliano colpisce obiettivi di Hamas nella Striscia di Gaza.10:36 ora di BeirutIl bilancio delle vittime nella Striscia di Gaza sale a 313, secondo il Ministero della Sanità palestinese.10:33 ora di Beirut
Immagine: Palestinesi cercano questa mattina i sopravvissuti tra le macerie di un edificio a Khan Younis, Gaza, bersaglio di un attacco israeliano. Foto REUTERS/Ibraheem Abu Mustafa
10:30 ora di Beirut
Immagine: fumo da Rafah, nel sud della Striscia di Gaza, dopo un attacco israeliano questa mattina presto. Foto Menahem KAHANA/AFP
10:25 ora di Beirut
I soldati israeliani sono in missione per 24 ore per evacuare tutti gli abitanti delle aree israeliane intorno alla Striscia di Gaza, dove sono in corso “eroiche battaglie per liberare gli ostaggi”, ha dichiarato domenica il portavoce dell’esercito israeliano Daniel Hagari.
“La nostra missione per le prossime 24 ore è di evacuare tutti i residenti intorno a Gaza”, ha dichiarato il generale Daniel Hagari in una conferenza stampa il giorno dopo che Hamas palestinese ha lanciato un’offensiva contro Israele. “Decine di migliaia di soldati combattenti” sono dispiegati in quest’area, “e raggiungeremo ogni settore uno per uno finché non avremo ucciso tutti i terroristi in Israele”, ha assicurato.
10:22 ora di Beirut
Immagine: Una donna e un soldato israeliano, l’8 ottobre, davanti a una stazione di polizia israeliana in una località non specificata, danneggiata durante i combattimenti con i militanti di Hamas infiltrati. Foto Menahem KAHANA/AFP
10:08 ora di Beirut
Il braccio armato di Hamas ha dichiarato che i suoi combattenti sono impegnati in “7” fronti nella zona lungo il confine tra la Striscia di Gaza e Israele: Ofakim, Sderot, Yad Mordechai, Kfar Aza, Be’eri, Yeted e Kissufim.
10:03 ora di Beirut
Testimonianza dal Sud del Libano:
“Ci aspettavamo che succedesse qualcosa dal Libano. Non abbiamo paura, siamo orgogliosi. Affermiamo la nostra solidarietà con i nostri fratelli palestinesi e sosteniamo qualsiasi intervento contro l’occupazione. Ma non pensiamo che le cose peggioreranno al confine per il momento”, afferma Hassib Abdel Hamid, ex prigioniero libanese nelle carceri israeliane e segretario generale del centro Khiam per la riabilitazione delle vittime di tortura.
“Stiamo seguendo da vicino la questione dei prigionieri catturati e questo sarà probabilmente l’episodio più importante dal nostro punto di vista, affinché i prigionieri palestinesi possano riacquistare la libertà”, aggiunge.
10:02 ora di Beirut
Le forze di pace delle Nazioni Unite in Libano confermano lo scambio di fuoco avvenuto questa mattina tra le forze israeliane e libanesi, invitando “tutti alla moderazione”.
La Forza interinale delle Nazioni Unite in Libano (UNIFIL) ha dichiarato in un comunicato stampa che diversi razzi sono stati lanciati dal sud del Libano verso il territorio occupato da Israele nella regione di Kafr Chouba, e che in risposta sono stati sparati proiettili di artiglieria da Israele verso il Libano.
“Siamo in contatto con le autorità di entrambi i lati della Linea Blu, a tutti i livelli, per contenere la situazione ed evitare un’escalation più grave”, ha dichiarato l’UNIFIL.
E ha aggiunto: “I nostri peacekeepers rimangono ai loro posti e in servizio. Continuano a lavorare, alcuni da rifugi per la loro sicurezza”.
Hezbollah ha rivendicato la responsabilità dell’attacco in mattinata.
09:54 heure de Beyrouth
Foto: Situazione tesa al confine tra Libano e Israele. In questa foto, carri armati israeliani, dotati di cannoni di artiglieria, posizionati questa mattina in una località non specificata di fronte al Libano. Foto JALAA MAREY/AFP
09:49 ora di Beirut
Aggiornamento della domenica poco prima delle 10:
1/ Iniziamo con un promemoria: sabato Hamas ha lanciato a sorpresa un’offensiva militare su larga scala su diversi fronti all’interno del territorio israeliano. L’esercito israeliano ha risposto bombardando le postazioni di Hamas nella Striscia di Gaza e schierando truppe di terra per contrastare l’offensiva.
2/ Il bilancio provvisorio delle vittime: domenica mattina i media israeliani, citando l’esercito israeliano, hanno parlato di “oltre 250 morti” e “almeno 1.800 feriti” da parte israeliana, accusando Hamas di aver “massacrato i civili” anche nelle loro case. Un numero “significativo” di ostaggi sarebbe nelle mani di Hamas. L’esercito israeliano ha anche reso noti i nomi dei 26 soldati uccisi nel primo giorno dell’offensiva. Nella Striscia di Gaza, il Ministero della Sanità di Hamas ha riferito di 256 morti – tra cui 20 bambini – e più di 1.800 feriti. Secondo Al-Jazeera, il bilancio delle vittime israeliane ha raggiunto i 300 morti.
3/ Domenica mattina presto, un portavoce dell’esercito israeliano ha annunciato che 426 postazioni di Hamas erano state bombardate e che gli israeliani che vivevano al confine con la Striscia di Gaza erano stati evacuati. Ha anche detto che erano ancora in corso scontri “con i militanti nel kibbutz di Be’eri”, a est della Striscia di Gaza, e nella città di Sderot, a nord-est.
4/ Sabato, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha assicurato che l’esercito israeliano avrebbe usato “tutte le sue forze” per “distruggere le capacità di Hamas”. A metà mattinata di domenica, l’esercito israeliano ha dichiarato di aver attaccato le infrastrutture militari nella casa del capo del dipartimento di intelligence di Hamas.
5/ In Libano, Hezbollah ha rilasciato una dichiarazione in cui rivendica la responsabilità dei razzi e dei proiettili di artiglieria sparati dal sud del Libano verso Israele. Il partito sciita, annunciando di aver agito in solidarietà con “il popolo palestinese”, ha affermato di aver preso di mira “tre posizioni del nemico sionista nelle fattorie occupate di Shebaa: la posizione di Radar, la posizione di Zebdine e la posizione di Roueissat el-Aalam” e ha assicurato di aver colpito i suoi obiettivi. Secondo Haaretz, non ci sono state vittime israeliane a causa del fuoco. L’esercito israeliano ha risposto con l’artiglieria. Ai residenti della comunità di Mateh Asher, nel nord di Israele, è stato chiesto di evacuare.
6/ Da parte israeliana, la proposta del leader dell’opposizione israeliana, Yaïr Lapid, di istituire un “governo di emergenza” per gestire “la difficile e complessa operazione che ci attende”, non ha ancora avuto seguito.
7/ Sul fronte internazionale, domenica alle 19.00 GMT (22.00 Beirut) è prevista una riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Sabato molti capi di Stato e cancellerie hanno reagito allo scoppio delle ostilità. Alcuni, come Stati Uniti, Unione Europea e Francia, hanno condannato Hamas, mentre altri, come Qatar e Arabia Saudita, hanno sottolineato la responsabilità della politica israeliana nell’attuale escalation. Cina e Russia hanno invitato i belligeranti a dare prova di “moderazione”.
8/ Infine, molte compagnie aeree hanno cancellato o rinviato i voli verso l’aeroporto internazionale di Tel Aviv e la FAA (Federal Aviation Administration) ha invitato alla “cautela” nel sorvolare lo spazio aereo israeliano.
09:45 ora di Beirut
L’ala armata di Hamas, le Brigate Al-Qassam, afferma che i suoi combattenti sono ancora impegnati in “feroci scontri” in diverse città israeliane lungo il confine con la Striscia di Gaza.
Queste includono le città di Ofakim, Sderot, Yad Mordechai e Kfar Azza, Be’eri e Kissufim, secondo una dichiarazione del gruppo armato sul suo canale Telegram.
Tutto ciò che è accaduto finora ha aperto gli occhi a tutti.
Nel fine settimana Hamas ha lanciato un attacco furtivo senza precedenti contro Israele, che ha colto completamente di sorpresa il sedicente Stato ebraico dopo che tutti i suoi sistemi di sicurezza si sono inaspettatamente guastati nello stesso momento. Il muro di confine è stato violato, alcune basi militari sono state catturate e decine di ostaggi sono stati riportati a Gaza. Israele ha risposto lanciando attacchi aerei all’interno della Striscia e preparando un’operazione di terra. Ecco la top ten di tutto ciò che è accaduto finora nell’ultima guerra tra Israele e Hamas:
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1. La presunta invincibilità di Israele è stata smentita come un’illusione
Per cominciare, nessuno si illude più che Israele sia invincibile. Fino all’attacco di sorpresa di questo fine settimana, alcuni avevano continuato a sostenere che le sue capacità tecnico-militari convenzionali e i massicci aiuti americani ne facessero l’egemone regionale, ma questa percezione è stata appena infranta.
2. Era del tutto impreparata alle tattiche di guerra ibrida di Hamas
Con la violazione del muro di confine, risultato di un colossale errore di intelligence e del conseguente collasso di tutti i sistemi di sicurezza, Israele ha dimostrato di essere totalmente impreparato a contrastare le tattiche di guerra ibrida di Hamas, che prevedono assalti di squadra fulminei e attacchi rudimentali con i droni.
3. Le lotte politiche hanno probabilmente contribuito al fallimento dell’intelligence
Se i servizi militari e di intelligence israeliani non fossero stati coinvolti nella disputa politica sulle riforme giudiziarie pianificate da Netanyahu, esacerbata dall’intromissione dell’amministrazione Biden come spiegato qui, avrebbero potuto individuare in anticipo i piani di Hamas e quindi sventarli.
4. Non ha aiutato nemmeno il fatto che le spie statunitensi siano distratte con l’Ucraina
Israele deve assumersi la piena responsabilità dei suoi fallimenti di intelligence, ma non ha aiutato nemmeno il fatto che le spie del suo alleato americano siano state distratte dall’Ucraina. Se non fossero state così concentrate su quel conflitto, avrebbero potuto tenere almeno un satellite su Gaza che avrebbe potuto scoprire l’accumulo militare di Hamas.
5. L’America si trova ora in un dilemma su chi riceve un aiuto militare finito
Business Insider ha attirato l’attenzione sul nuovo dilemma dell’America se dare aiuti militari finiti, in particolare proiettili di artiglieria, all’Ucraina come previsto o se invece reindirizzare queste risorse a Israele. La decisione potrebbe avere importanti implicazioni per entrambi i conflitti, poiché la scelta tra i due è a somma zero.
6. L’Arabia Saudita probabilmente congelerà i colloqui di pace con Israele
L’Arabia Saudita è sottoposta a forti pressioni da parte della comunità musulmana internazionale affinché congeli i colloqui di pace con Israele dopo gli attacchi di quest’ultimo contro obiettivi civili a Gaza. Probabilmente si adeguerà a queste richieste, il che rovinerebbe i piani dell’amministrazione Biden per un accordo prima delle elezioni.
7. Anche il megaprogetto IMEC sarà probabilmente messo in ghiaccio per qualche tempo
Il Corridoio economico India-Medio Oriente-Europa (IMEC) non potrà essere completato se l’Arabia Saudita e/o soprattutto la Giordania congeleranno il loro ruolo nella sua costruzione per protestare contro il coinvolgimento di Israele nell’ultimo conflitto, anche se questo non danneggerà gli scambi commerciali dell’India con nessuna delle parti interessate, dato che si svolgono interamente via mare.
8. Le dichiarazioni equilibrate di Russia e Cina hanno sorpreso alcuni osservatori
Molti nella comunità dei media alternativi pensavano erroneamente che la Russia e la Cina favorissero la Palestina, per cui le dichiarazioni equilibrate di queste due nazioni, qui e qui, li hanno sorpresi. Ancora meno sanno che il Presidente Putin sostiene pienamente l’IDF, come dimostrato dalle sue dichiarazioni ufficiali nel corso degli anni, documentate qui.
9. Si è riaperto il dibattito sulla giustificazione dei fini e dei mezzi
L’uccisione da parte di Hamas di coloni-civili addestrati dall’IDF e il rapimento di bambini, donne e anziani per scambiarli con prigionieri sono stati giustificati da alcuni sostenitori palestinesi come mezzi legittimi per perseguire la liberazione nazionale, mentre altri sostenitori hanno criticato queste tattiche per aver minato la moralità della loro causa.
10. Hezbollah è il jolly dell’ultima guerra tra Israele e Hamas
L’attacco furtivo di Hamas contro Israele ha fatto rivivere uno dei peggiori incubi di quest’ultimo, che potrebbe diventare ancora più grave se Hezbollah decidesse di iniziare ostilità su larga scala. In tal caso, il Libano e forse anche la Siria potrebbero essere trascinati nella mischia, che potrebbe facilmente diventare esistenziale per tutte le parti.
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Tutto ciò che è accaduto finora ha aperto gli occhi a tutti. La reputazione dei servizi di sicurezza israeliani è andata in frantumi, quella di Hamas non è mai stata migliore agli occhi della maggior parte degli osservatori non occidentali e molti di questi ultimi hanno finalmente capito che né la Russia né la Cina sono favorevoli alla Palestina. Se l’ultimo conflitto dovesse prolungarsi, per non parlare dell’espansione in un conflitto regionale, c’è la possibilità concreta che gli Stati Uniti congelino il conflitto ucraino per reindirizzare gli aiuti militari finiti a Israele.
09:49 ora di Beirut (fonte L’Orient le jour)
Aggiornamento della domenica poco prima delle 10:
1/ Iniziamo con un promemoria: sabato Hamas ha lanciato a sorpresa un’offensiva militare su larga scala su diversi fronti all’interno del territorio israeliano. L’esercito israeliano ha risposto bombardando le postazioni di Hamas nella Striscia di Gaza e dispiegando truppe di terra per contrastare l’offensiva.
2/ Il bilancio provvisorio delle vittime: domenica mattina i media israeliani, citando l’esercito israeliano, hanno parlato di “oltre 250 morti” e “almeno 1.800 feriti” da parte israeliana, accusando Hamas di aver “massacrato i civili” anche nelle loro case. Un numero “significativo” di ostaggi sarebbe nelle mani di Hamas. L’esercito israeliano ha anche reso noti i nomi dei 26 soldati uccisi nel primo giorno dell’offensiva. Nella Striscia di Gaza, il Ministero della Sanità di Hamas ha riferito di 256 morti – tra cui 20 bambini – e più di 1.800 feriti. Secondo Al-Jazeera, il bilancio israeliano è salito a 300 morti.
3/ Domenica mattina presto, un portavoce dell’esercito israeliano ha annunciato che 426 postazioni di Hamas erano state bombardate e che gli israeliani che vivevano al confine con la Striscia di Gaza erano stati evacuati. Ha anche detto che erano ancora in corso scontri “con i militanti nel kibbutz di Be’eri”, a est della Striscia di Gaza, e nella città di Sderot, a nord-est.
4/ Sabato, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha assicurato che l’esercito israeliano avrebbe usato “tutte le sue forze” per “distruggere le capacità di Hamas”. A metà mattinata di domenica, l’esercito israeliano ha dichiarato di aver attaccato le infrastrutture militari nella casa del capo del dipartimento di intelligence di Hamas.
5/ In Libano, Hezbollah ha rilasciato una dichiarazione in cui rivendica la responsabilità dei razzi e dei proiettili di artiglieria sparati dal sud del Libano verso Israele. Il partito sciita, annunciando di aver agito in solidarietà con “il popolo palestinese”, ha affermato di aver preso di mira “tre posizioni del nemico sionista nelle fattorie occupate di Shebaa: la posizione di Radar, la posizione di Zebdine e la posizione di Roueissat el-Aalam” e ha assicurato di aver colpito i suoi obiettivi. Secondo Haaretz, non ci sono state vittime israeliane a causa del fuoco. L’esercito israeliano ha risposto con l’artiglieria. Ai residenti della comunità di Mateh Asher, nel nord di Israele, è stato chiesto di evacuare.
6/ Da parte israeliana, la proposta del leader dell’opposizione israeliana, Yaïr Lapid, di istituire un “governo di emergenza” per gestire “la difficile e complessa operazione che ci attende”, non ha ancora avuto seguito.
7/ Sul fronte internazionale, domenica alle 19.00 GMT (22.00 Beirut) è prevista una riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Sabato molti capi di Stato e cancellerie hanno reagito allo scoppio delle ostilità. Alcuni, come Stati Uniti, Unione Europea e Francia, hanno condannato Hamas, mentre altri, come Qatar e Arabia Saudita, hanno sottolineato la responsabilità della politica israeliana nell’attuale escalation. Cina e Russia hanno invitato i belligeranti a dare prova di “moderazione”.
8/ Infine, molte compagnie aeree hanno cancellato o rinviato i voli verso l’aeroporto internazionale di Tel Aviv e la FAA (Federal Aviation Administration) ha invitato alla “cautela” nel sorvolare lo spazio aereo israeliano.
09:45 ora di Beirut
L’ala armata di Hamas, le Brigate Al-Qassam, afferma che i suoi combattenti sono ancora impegnati in “feroci scontri” in diverse città israeliane lungo il confine con la Striscia di Gaza.
Queste includono le città di Ofakim, Sderot, Yad Mordechai e Kfar Azza, Be’eri e Kissufim, secondo una dichiarazione del gruppo armato sul suo canale Telegram.
09:43 Ora di Beirut
Soldati israeliani trasportano un carro armato dotato di un cannone di artiglieria da 155 mm vicino alla Striscia di Gaza, in una località non specificata, l’8 ottobre 2023. Foto Menahem KAHANA/AFP
ore 06:00 del 8/10/2023
In questi tempi difficili, la vista della chiesa dell’Annunciazione a Nazareth, accende il desiderio di pace.
“E quando sentirete di guerre e di rumori di guerre, non allarmatevi; deve avvenire, ma non è ancora la fine. 8Si solleverà infatti nazione contro nazione e regno contro regno; vi saranno terremoti in diversi luoghi e vi saranno carestie: questo è l’inizio dei dolori.”
ore 05:45 del 8/10/2023
Un attacco aereo israeliano colpisce la torre Al-Watan a Gaza City, facendola crollare
WATCH: Israeli airstrike hits Al-Watan Tower in Gaza City, causing it to collapse pic.twitter.com/KrwONKe8q6
Netanyahu annuncia l’inizio del blocco di Gaza e l’interruzione di tutti i servizi di elettricità, carburante e merci provenienti da Israele.
ore 05:21 del 8/10/2023
L’Empire State Building è stato illuminato con i colori della bandiera israeliana.
ore 05:19 del 8/10/2023
L’Afghanistan nel destino:
Il Ministero degli Affari Esteri dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan (Taliban) ha rilasciato una dichiarazione ufficiale sulla scia della recente guerra tra Israele e Hamas. La dichiarazione delinea la posizione dei Talebani sulla questione e invita i Paesi islamici e le organizzazioni internazionali ad agire contro Israele.
Il Ministero degli Affari Esteri dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan (MoFA) è il ministero di gabinetto responsabile della gestione delle relazioni estere dell’Afghanistan. L’attuale ministro degli Esteri ad interim è Mawlawi Amir Khan Muttaqi. Muttaqi è un politico afghano di spicco e un membro di spicco del Movimento islamico talebano.
Secondo la dichiarazione, il Ministero ha monitorato da vicino gli eventi che si stanno svolgendo nella Striscia di Gaza e ha attribuito il conflitto alla “violazione dei diritti del popolo palestinese oppresso da parte dei sionisti israeliani e ai ripetuti insulti e mancanze di rispetto ai luoghi santi dei musulmani”.
La dichiarazione prosegue affermando che i Talebani considerano “ogni tipo di difesa e resistenza del popolo palestinese per la libertà della loro terra e dei loro santuari come un loro legittimo diritto”.
Nel frattempo, sempre in Afghanistan:
Almeno 320 persone sono morte a causa di forti terremoti che hanno colpito l’Afghanistan nordoccidentale sabato, secondo quanto riferito dalle Nazioni Unite.
Due scosse di magnitudo 6,3 hanno colpito un’area a 25 miglia a nord-ovest della città di Herat e sono state seguite da quattro forti scosse di assestamento, ha riferito il Servizio geologico degli Stati Uniti (USGS).
La folla di persone è fuggita dagli edifici dopo la prima scossa, avvenuta intorno alle 11.00 ora locale.
ore 05:10 del 8/10/2023
Ex soldato dell’IDF spiega che gli eventi che si sono verificati oggi sono strani.
Ha servito come soldato di frontiera con a disposizione la più alta tecnologia disponibile.
“Se un uccello si avvicinava lo sapevamo”.
“Anche se uno scarafaggio si avvicinava al nostro confine, lo sapevamo”.
“Come hanno fatto 400 hamas a passare oggi”?
https://twitter.com/i/status/1710770625751457952
ore 05:04 del 8/10/2023
The Chief of the Israeli Defense Force’s Northern Command has stated that they are preparing for Hezbollah to Join the War once Ground Operations begin in the Gaza Strip and that they are moving Forces to the North to Defend against that Eventuality.
ore 05:01 del 8/10/2023
“Come mai i valichi di frontiera erano spalancati?
“Ho prestato servizio nell’IDF 25 anni fa nelle forze di intelligence… non è possibile, a mio avviso, che Israele non sapesse cosa stava per accadere… C’è qualcosa di molto sbagliato qui”.
“… questo attacco a sorpresa sembra un attacco pianificato su tutti i fronti…”.
“Sembra che il popolo di Israele e il popolo della Palestina siano stati venduti ancora una volta dai poteri superiori…”.
“Questo attacco a sorpresa sembra un’operazione pianificata su tutti i fronti… Se fossi un teorico della cospirazione, direi che sembra opera dello Stato profondo. Sembra che il popolo di Israele e il popolo della Palestina siano stati venduti ancora una volta ai poteri superiori”.
“I served in the IDF 25 years ago in the intelligence forces.. there’s no way, in my view, that Israel did not know what’s coming…Something is very wrong here”pic.twitter.com/iewZWnU66n
Un portavoce di Hamas ha dichiarato alla BBC che il gruppo ha ricevuto il sostegno dell’Iran per l’attacco a sorpresa contro Israele.
ore 03:55 del 8/10/2023
A Safed (Israele settentrionale) è stato avvistato un convoglio militare israeliano che comprendeva diversi obici semoventi M109A5 e veicoli di supporto. Sono stati avvistati anche MBT Merkeva.
Non è chiaro dove siano diretti, ma è probabile che siano collegati al Comando settentrionale dell’IDF, che è stato messo in condizioni di maggiore prontezza e consolidamento delle forze settentrionali.
L’IDF sta prendendo provvedimenti nel caso in cui le forze Hezbollah in Libano intervengano.
ore 03:49 del 8/10/2023
L’ambasciata israeliana in Grecia è riuscita a noleggiare una ventina di voli da Atene a Tel Aviv che riporteranno in Israele circa 5.000 riservisti israeliani che si trovano attualmente in Grecia e che sono stati chiamati al servizio militare attivo per assistere la guerra in corso a Gaza.
Anche le ambasciate israeliane di altri Paesi, tra cui Stati Uniti, Germania e Regno Unito, stanno organizzando questo tipo di voli per i loro riservisti.
El Al e altre compagnie aeree israeliane sono molto impegnate questa sera. I cieli della Grecia e del Mediterraneo orientale sono costellati di voli da e per Tel Aviv.
ore 03:41 del 8/10/2023
La situazione degli ostaggi nella città di Ofakim si è finalmente conclusa con il salvataggio degli ostaggi da parte delle squadre di tattica speciale e l’eliminazione dei terroristi; 2 soldati sono rimasti leggermente feriti durante l’operazione.
ore 03:25 del 8/10/2023
L’ex capo del Mossad, Efraim Halevy, ha dichiarato alla CNN:
– “Non abbiamo avuto alcun tipo di preavviso, ed è stata una sorpresa totale che la guerra sia scoppiata questa mattina”.
– “Questo va oltre la nostra immaginazione, non sapevamo che avessero una tale quantità di missili, e certamente non ci aspettavamo che sarebbero stati così efficaci come lo sono stati oggi”.
– “Non avevamo la minima idea di cosa stesse accadendo”.
ore 03:16 del 8/10/2023
Hamas sostiene che l’Ucraina ha venduto loro le armi utilizzate nell’attacco di oggi contro Israele.
ore 02:01 del 8/10/2023
Una notevole raffica di razzi è stata lanciata verso la città di Ashkelon e altri insediamenti a nord della Striscia di Gaza.
ore 01:45 del 8/10/2023
La Banca nazionale islamica di Gaza, che è legata a Hamas e che si sostiene fornisca finanziamenti, è stata distrutta oggi da un attacco aereo israeliano.
ore 01:23 del 8/10/2023
L’IDF ha evacuato in sicurezza circa 50 ostaggi che erano detenuti nella sala da pranzo del Kibbutz Be’eri.
ore 01:07 del 8/10/2023
Si segnalano disordini nel nord di Israele, arabi israeliani hanno iniziato attaccando le infrastrutture e, secondo notizie non confermate, i civili israeliani oltre ad appiccicare incendi.
ore 01:04 del 8/10/2023
La 4a Divisione corazzata e la 7a Divisione di fanteria dell’esercito siriano sarebbero state poste in uno stato di massima allerta a causa del conflitto in corso in Israele.
ore 00:22 del 8/10/2023
Secondo alcune fonti, i cittadini israeliani all’estero hanno iniziato a ricevere telefonate per notificare la loro chiamata al servizio militare attivo.
ore 00:16 del 8/10/2023
Attacco israelianoqualche minuto fa su obiettivi nel nord di Gaza
ore 00:06 del 8/10/2023
Rocket launches just to the Northeast of the Gaza Strip.
ore 23:58 del 7/10/2023
Le soldatesse israeliane rapite oggi dal gruppo terroristico di Hamas.
ore 23:56 del 7/10/2023
“Quattro elicotteri d’attacco israeliani sono già stati colpiti dal fuoco antiaereo dell’esercito palestinese.” – Il giornalista israeliano Itay Blumenthal
Questo significa che i palestinesi hanno i Manpad, che probabilmente acquistano dall’Ucraina sul mercato nero.
ore 23:50 del 7/10/2023
“Netanyahu ha alimentato un’industria da miliardi di dollari vendendo strumenti di spionaggio ai despoti che li usano per entrare negli iPhone di critici, oppositori eletti, avvocati per i diritti umani e persino studenti (sono tutti esempi reali).
Si è scoperto però che non sono molto utili per spiare Hamas.”
Navi israeliane stanno bombardando obiettivi nella Striscia di Gaza.
ore 23:18 del 7/10/2023
Il comandante della 993esima Brigata Nahal delle Forze di Difesa israeliane, il tenente colonnello Yonatan Steinberg, è stato ucciso oggi durante i pesanti combattimenti con i terroristi di Hamas nella città di Kerem Shalom, nel sud di Israele.
ore 23:13 del 7/10/2023
Netanyahu ha chiesto a Biden di ottenere finanziamenti d’emergenza dagli Stati Uniti per rafforzare il sistema di difesa Iron Dome, secondo un funzionario israeliano.
ore 23:08 del 7/10/2023
Dal Bronx alla Palestina
ore 23:08 del 7/10/2023
L’aviazione israeliana ha bombardato l’edificio del Ministero dell’Interno nella città di Beit Hanoun, nel nord-est di Gaza.
ore 23:06 del 7/10/2023
Dati secondo IDF:
“Dalle 6 di oggi in Israele:
🔺 3.000+ razzi lanciati da Hamas a Gaza verso Israele.
🔺20+ comunità nel sud di Israele invase da agenti terroristici di Hamas.
🔺I terroristi si sono scatenati e hanno fatto irruzione nelle case massacrando i civili.
🔺Civili e soldati israeliani sono stati rapiti in Israele e presi in ostaggio a Gaza.
🔺200+ vittime.
🔺 Oltre 1.000 feriti.”
https://x.com/IDF/status/1710747199993217080?s=20
ore 23:00 del 7/10/2023
Questa enorme guerra è solo all’inizio
ore 22:59 del 7/10/2023
È stata identificata la donna il cui corpo è stato visto in un video nel retro di un pick-up guidato da terroristi palestinesi verso Gaza.
Shani Louk, 30 anni, era una cittadina tedesca in visita in Israele per partecipare al festival musicale per la pace che si tiene vicino alla barriera di Gaza.
ore 22:58 del 7/10/2023
Aerei israeliani hanno bombardato due moschee nel nord e nel sud della Striscia di Gaza – 8 minuti fa
Immagine sotto: Moschea di Al-Habib Muhammad a Khan Younis
ore 21:50 del 7/10/2023
due articoli che aiutano a cogliere la complessità delle dinamiche in quell’area:
OLJ / Di Anthony SAMRANI, 07 ottobre 2023 alle 13:02
Perché l’attacco di Hamas a Israele potrebbe cambiare la situazione nella regione
Fumo dopo il fuoco israeliano su Gaza, 7 ottobre 2023. Foto Mohammed Salem/REUTERS
Il confronto è nella mente di tutti da questa mattina. Il giorno dopo il 50° anniversario della guerra dell’ottobre 1973, Hamas ha lanciato un’offensiva a sorpresa su Israele.
Ci sono diversi fattori che rendono questo attacco, se non senza precedenti, incomparabile con i più recenti scontri tra Hamas e Israele.
Il primo è che rivela le falle dell’intelligence israeliana, che sembra del tutto obsoleta, almeno inizialmente. È la prima volta in decenni che lo Stato ebraico dà una tale sensazione di fragilità.
Il secondo fattore, che rafforza questa sensazione, è la notizia che diverse decine di combattenti di Hamas si sono infiltrati in territorio israeliano e hanno preso in ostaggio dei civili. Le immagini che circolano da questa mattina, che mostrano un giornalista gazanese sul lato israeliano e civili in fuga, lasceranno un’impressione duratura. Il mito della fortezza impenetrabile ha subito un duro colpo.
Il terzo fattore è che in poche ore i primi dati parlano di almeno 250 morti e più di 1.000 feriti da parte israeliana.
Qui la nostra diretta:
Tel Aviv colpita dal lancio di razzi… Segui la guerra tra Hamas e Israele in diretta
Anche se il paragone con il 1973 può sembrare esagerato al momento, è probabile che questa offensiva abbia conseguenze che vanno oltre la questione di Gaza. E a ragione: avviene in un contesto regionale di rafforzamento dell’asse Hamas-Hezbollah-Teheran e di potenziale normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita.
L’attacco è stato probabilmente preparato e coordinato mesi fa con Hezbollah e l’Iran. In nome dell'”unità dei fronti”, Hamas e Hezbollah hanno rafforzato notevolmente i loro legami negli ultimi due anni. Alcuni leader di Hamas si sono rifugiati in Libano e il capo dell’ufficio politico del movimento, Ismail Haniyeh, si reca regolarmente in Libano, in particolare per tenere colloqui con il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah. Lo scorso aprile, diversi razzi sono stati lanciati contro Israele dal sud del Libano in un attacco attribuito ad Hamas.
Hezbollah può partecipare all’attuale offensiva? Questo è il grande interrogativo del confronto. Per il momento, il Partito di Dio si è limitato a una dichiarazione di sostegno. Tuttavia, se avesse voluto davvero creare un effetto sorpresa, Hezbollah avrebbe lanciato un attacco contemporaneamente ad Hamas. L’anno scorso, il partito sciita ha appoggiato la firma di un accordo sulla demarcazione del confine marittimo tra Libano e Israele. Dal 2006 non ha più avuto un confronto diretto con lo Stato ebraico e il contesto libanese e regionale non gli è favorevole. Ma il semplice fatto che sia emersa la questione della sua partecipazione all’offensiva cambia parte dell’equazione.
Le conseguenze
Nell’ottobre 1973, Israele riprese il sopravvento nel confronto e alla fine ottenne una vittoria militare. Sebbene uno scenario simile dovrebbe logicamente ripetersi, le prime immagini del fallimento di Israele rimarranno probabilmente nella mente di tutti, dando ad Hamas l’opportunità di rivendicare una “vittoria” storica.
Vedi anche
50 anni fa, perché Sadat e Assad attaccarono Israele
Questo potrebbe avere conseguenze a diversi livelli. In primo luogo, rischia di rafforzare ulteriormente Hamas a scapito dell’Autorità Palestinese. Il movimento islamista vuole presentarsi come l’unico in grado di occupare lo spazio locale della rappresentanza palestinese di fronte a un Fateh allo stremo. Anche se Hamas rischia di subire perdite molto pesanti a causa della risposta israeliana, la cosa più importante per il movimento è altrove. Si tratta di sfruttare il contesto palestinese e regionale per “eliminare” Fateh dall’equazione. Questi eventi non possono essere completamente scollegati da quanto sta accadendo da diverse settimane nel campo di Ain el-Heloue in Libano, dove fazioni vicine ad Hamas stanno conducendo una guerra di eliminazione contro Fateh.
In seguito all’attacco, il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha promesso che “Hamas pagherà un prezzo senza precedenti”. Tuttavia, il leader israeliano rischia di essere indebolito dal fallimento dell’apparato di intelligence e sicurezza del suo Paese. A capo di una coalizione di estrema destra, Benjamin Netanyahu subirà enormi pressioni dalle frange più radicali del suo governo. Come dovrebbe rispondere a un simile attacco? Può l’esercito israeliano lanciare un’offensiva di terra contro Gaza e occupare nuovamente il territorio che ha lasciato nel 2005? Anche in questo caso, la risposta di Israele avrà conseguenze che vanno ben oltre Gaza, non solo per la continua colonizzazione della Cisgiordania, ma anche per il processo di normalizzazione.
La terza possibile conseguenza è regionale. L’Arabia Saudita ha chiesto di “fermare immediatamente l’escalation” ed è sembrata incolpare la politica israeliana per l’offensiva. Questo nuovo conflitto silurerà il processo di normalizzazione? In ogni caso, questo è probabilmente uno degli obiettivi dell’attacco e una delle spiegazioni del suo tempismo.
È ancora troppo presto per rispondere a queste domande, ma possiamo già dire che la normalizzazione si sta allontanando. In questo contesto sarà più difficile per l’Arabia Saudita firmare un accordo di pace con Israele, soprattutto perché lo Stato ebraico non farebbe chiaramente alcuna concessione ai palestinesi. Questo è il messaggio principale dell’attacco: Teheran sta facendo capire a Riyadh che la pace con Israele avrà un prezzo elevato.
COMMENTI (6)
Se Hamas pensa che l’entità sionista gli farà il regalo di una “vittoria divina” come ha fatto con Hezbollah nel 2006, sta commettendo l’errore della sua vita e della vita del popolo palestinese. Hezbollah sa benissimo cosa accadrà ad Hamas, ed è per questo che non si bagnerà nemmeno la punta delle dita. Hamas sarà servito solo come carne da macello per l’entità neo-safavide, che ha fatto all’entità sionista il regalo della sua vita, permettendole di eliminare definitivamente ogni resistenza palestinese. Tutto questo è stato fatto innanzitutto per impedire la normalizzazione tra l’entità sionista e l’Arabia Saudita.
Esiste un’indiscutibile discrepanza tra la percezione popolare e la realtà oggettiva.
La vittoria decisiva dell’Azerbaigian nel conflitto del Karabakh il mese scorso ha provocato reazioni molto forti da parte di molti commentatori iraniani e di quegli stranieri che sostengono la visione del mondo della Repubblica islamica. La maggior parte di loro ha iniziato a diffamare il Paese come un fantoccio israeliano e/o turco, il cui ripristino dell’ordine costituzionale in quella regione un tempo separatista rappresenterebbe una minaccia per la sicurezza dell’Iran. Gli osservatori inconsapevoli hanno quindi avuto l’impressione che i legami bilaterali si fossero drammaticamente deteriorati.
Da allora, tuttavia, i legami tra Iran e Azerbaigian sono migliorati, come dimostrano le ultime notizie di Tasnim News:
* “Delegazione iraniana osserverà le esercitazioni congiunte del Caspio tra Azerbaigian e Kazakistan”.
* “L’Iran guarda a una cooperazione regionale più forte mentre l’Azerbaigian reclama il Karabakh”.
* “Gli scambi di merci tra Iran e Azerbaigian via ferrovia crescono del 44%”.
* “Inizia la costruzione del ponte di Aghband sul fiume Aras al confine tra Iran e Azerbaigian”.
Questo indiscutibile scollamento tra la percezione popolare e la realtà oggettiva verrà ora analizzato.
Come in tutte le società, anche all’interno dell’Iran e tra i suoi sostenitori all’estero esiste una pluralità di opinioni sulla politica estera, che in questo contesto riguarda coloro che vedono l’Azerbaigian come amico o nemico. Questo Paese occupa un posto molto speciale nella coscienza nazionale iraniana per ragioni storiche. Di conseguenza, ci sono opinioni molto forti sulla decisione della sua leadership di allearsi formalmente con la Turchia, di fare informalmente lo stesso con Israele e di collaborare con la NATO.
I critici accusano l’Azerbaigian di cospirare con questi tre paesi per contenere l’Iran, mentre altri interpretano queste mosse attraverso il paradigma neorealista delle relazioni internazionali e le considerano quindi una risposta prevedibile al loro dilemma di sicurezza. I primi sono quindi convinti che l’Azerbaigian sia un nemico intrattabile con cui non è possibile alcuna cooperazione pragmatica, mentre i secondi ritengono che tale cooperazione debba comunque essere perseguita nel tentativo di ridurre i sospetti reciproci attraverso questi mezzi.
Entrambe le prospettive hanno i loro meriti e i rispettivi sostenitori all’interno della comunità politica iraniana e la complessa interazione tra queste fazioni spiega perché la Repubblica islamica invia talvolta segnali contrastanti sul suo approccio all’Azerbaigian. Queste dinamiche competitive sono naturali e non esclusive dell’Iran, poiché le comunità corrispondenti di tutti i Paesi hanno al loro interno diversi gruppi che competono per influenzare la formulazione delle politiche verso gli altri.
In questo caso particolare, la fazione geoeconomica che favorisce l’espansione dei legami commerciali come mezzo per gestire i dilemmi della sicurezza regionale sembra essere oggi quella che comanda in Iran, non quella incentrata sulla sicurezza che preclude tale cooperazione per principio. Questa valutazione si basa sul riavvicinamento irano-saudita mediato dalla Cina in primavera, reso possibile dal fatto che la Repubblica Popolare ha convinto entrambi i Paesi a mettere finalmente da parte le loro differenze per il bene comune.
Seppellendo l’ascia di guerra, i due Paesi sono stati in grado di sbloccare il pieno potenziale geoeconomico dell’intera regione, il che è reciprocamente vantaggioso in quanto porterà maggiore prosperità ai rispettivi popoli, accelerando al contempo l’integrazione multipolare dell’Eurasia attraverso la successiva creazione di nuovi corridoi di connettività. Qualcosa di simile sembra essere in corso con l’Azerbaigian, come dimostrato dalla cerimonia inaugurale di venerdì che ha celebrato la costruzione del ponte Aghand sul fiume Aras che divide questi due Paesi.
Una volta completato, questo progetto collegherà l’Azerbaigian con il Nakhchivan e quindi anche con la Turchia attraverso l’Iran, facendo avanzare gli interessi geoeconomici condivisi di tutte le parti interessate. Inoltre, rappresenta una valida alternativa al Corridoio Zangezur attraverso l’Armenia, bloccato da quasi tre anni dall’ostinazione di Erevan, nonostante il premier abbia accettato l’iniziativa nel cessate il fuoco del novembre 2020 mediato da Mosca. Questa intuizione sfata le speculazioni secondo cui l’Iran teme la connettività azero-turca.
Al contrario, la fazione politica geoeconomica oggi probabilmente predominante nella Repubblica islamica vuole che il proprio Paese tragga profitto da questo commercio dopo aver visto quanto sia stato vantaggioso per la vicina Georgia, attraverso la quale è stato finora condotto. I loro rivali, incentrati sulla sicurezza, si oppongono a questi piani poiché considerano tutti i corridoi azero-turchi come “cavalli di Troia” per la NATO, il panturchismo e/o il sionismo, ma non sono riusciti a convincere i politici di queste preoccupazioni.
Visto che l’Iran ha risolto i suoi problemi con l’Arabia Saudita, che fino a quel momento era stata considerata una minaccia alla sicurezza del Paese molto più grande di quanto non lo fosse l’Azerbaigian, è logico che Teheran promulghi una politica simile anche nei confronti di Baku. Qualsiasi preoccupazione la fazione incentrata sulla sicurezza abbia nei confronti dell’Azerbaigian impallidisce rispetto a quelle che aveva in precedenza nei confronti dell’Arabia Saudita, per cui era un fatto compiuto che il miglioramento dei legami con quest’ultima avrebbe portato a un miglioramento dei legami con la prima.
Detto questo, entrambi i riavvicinamenti potrebbero comunque essere vanificati da sviluppi imprevisti, compreso lo scenario in cui la fazione politica incentrata sulla sicurezza riacquisti la sua precedente influenza e convinca i decisori a prendere le distanze da questi due Paesi. Non si deve quindi dare per scontato né il riavvicinamento guidato dalla geoeconomia né il ruolo di primo piano della rispettiva fazione nella formulazione delle politiche, ma comunque tutto ciò che è stato spiegato finora riflette la realtà attuale.
Queste osservazioni aggiungono un contesto cruciale al fatto che le relazioni tra Iran e Azerbaigian sono effettivamente migliorate, nonostante le speculazioni popolari sui social media secondo cui sarebbero peggiorate dopo la fine del conflitto del Karabakh. L’indiscutibile scollamento tra queste due realtà si rivela ora come il risultato dell’interazione tra queste fazioni concorrenti, dopo che quella incentrata sulla sicurezza ha incoraggiato la suddetta campagna di guerra informativa nel tentativo di fare pressione sui rivali incentrati sulla geoeconomia.
Che sia voluto o meno, questo ha avuto l’effetto di screditare la politica del governo di impegnarsi proattivamente con l’Azerbaigian nel tentativo, ben intenzionato, di ridurre i sospetti reciproci derivanti dal dilemma della sicurezza, confondendo così alcuni dei sostenitori dell’Iran in patria e all’estero. Dopotutto, coloro che sono stati influenzati dalla fazione incentrata sulla sicurezza a pensare che tutti i corridoi azero-turchi costituiscano un “cavallo di Troia” non capiscono perché l’Iran li stia ora facilitando attraverso il suo territorio.
Se questa stessa fazione non ridimensiona presto la sua campagna di guerra informativa, c’è il rischio che alcune persone siano indotte a pensare che il governo iraniano si sia “venduto” o sia stato “infiltrato” dalla NATO/Panoturchi/Sionisti. Entrambe le percezioni sono dannose per i suoi interessi nazionali, ed è per questo che si consiglia alla fazione incentrata sulla sicurezza di riconsiderare la saggezza di propagandare narrazioni paurose sull’Azerbaigian, almeno in questo particolare momento.
ore 21:42 del 7/10/2023
“Siamo profondamente scioccati dalla notizia degli attacchi terroristici in Israele. I nostri pensieri e le nostre preghiere sono rivolti alle vittime innocenti e alle loro famiglie. Siamo solidali con Israele in questo momento difficile.”
L’IDF sta conducendo diversi attacchi aerei a Gaza, mentre sono state segnalate esplosioni a Beit Lahia e Rafah.
ore 21:38 del 7/10/2023
DICHIARAZIONE DEL PREMIER ISRAELIANO BENJAMIN NETANYAHU:
“Quello che è successo oggi non si vedrà mai piu` in Israele e farò in modo che non si ripeta.
L’IDF userà immediatamente tutta la sua forza per distruggere le capacità di Hamas.
Vendicheremo questo giorno nero.
Trasformeremo in rovine tutti i luoghi di questa città (Gaza) malvagia in cui Hamas si nasconde.
Residenti di Gaza, uscite subito da lì”.
ore 21:36 del 7/10/2023
Secondo quanto riferito, le Forze di Difesa israeliane si stanno preparando a utilizzare i bulldozer per demolire la stazione di polizia nella città di Sderot, dove forse sono ancora rintanati alcuni terroristi di Hamas dopo una serie di tentativi di riconquista dell’edificio da parte della polizia e dell’esercito.
ore 21:26 del 7/10/2023
Biden pronuncia un discorso sul conflitto tra Palestina e Israele
“Siamo pronti a offrire sostegno a Israele”.
ore 21:25 del 7/10/2023
Donald Trump reagisce all’attacco di Hamas contro Israele: “L’attacco a Israele è stato fatto perché siamo percepiti come deboli e inefficaci e con un leader davvero debole”.
ore 21:21 del 7/10/2023
“Oggi il mondo intero ha visto video orribili provenienti da Israele. I terroristi umiliano donne e uomini, trattengono anche gli anziani e non mostrano alcuna pietà.
Di fronte a un simile attacco terroristico, tutti coloro che tengono alla vita devono essere solidali.
Noi in Ucraina proviamo un sentimento particolare per quello che è successo. Migliaia di razzi nel cielo di Israele… Persone uccise per strada… autovetture civili distrutte… Detenuti umiliati…
La nostra posizione è chiarissima: chiunque provochi terrore e morte in qualsiasi parte del pianeta deve essere ritenuto responsabile.
L’attacco terroristico di oggi contro Israele è stato ben pianificato e il mondo intero sa quali sponsor del terrorismo possono averne avallato e permesso l’organizzazione.
Israele ha il pieno diritto di difendersi dal terrorismo. Come qualsiasi altro Stato. Ed è fondamentale che il mondo intero risponda al terrorismo in modo unitario e con principi.”
Alcuni giorni fa, la Jihad islamica ha annunciato la formazione di battaglioni di combattimento in Cisgiordania, Libano e Siria. Riteniamo che questo messaggio sia stato trasmesso prima dell’attacco e che sia un avvertimento del fatto che probabilmente nei prossimi giorni saranno coinvolti più fronti.
ore 21:11 del 7/10/2023
Soldati dell’IDF schierati vicino al confine con Gaza.
ore 21:09 del 7/10/2023
Membri di Hamas festeggiano in Cisgiordania dopo l’attacco a sorpresa nel sud di Israele.
ore 21:06 del 7/10/2023
Foto non confermata di civili rapiti all’interno di tunnel sotto la Striscia di Gaza.
ore 20:59 del 7/10/2023
Il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant: “Oggi abbiamo visto il volto del male. L’organizzazione terroristica di Hamas ha lanciato un attacco brutale contro i cittadini dello Stato di Israele – attaccando indiscriminatamente uomini, donne, bambini e anziani. Hamas capirà molto presto di aver commesso un errore, un grave errore, e pagherà un prezzo [pesante].
Quindici anni fa, come capo del Comando Sud, sono arrivato ad un passo dalla distruzione di Hamas. Sono stato fermato dai vertici politici. Questo fenomeno non continuerà. Cambieremo la realtà sul terreno a Gaza per i prossimi 50 anni. Quello che c’era prima non ci sarà più. Opereremo a pieno regime.
Chiedo ai cittadini israeliani di rimanere determinati e di sostenere le nostre forze di sicurezza”.
ore 20:52 del 7/10/2023
Il ministero della Sanità palestinese riferisce che secondo i dati preliminari:
161 persone sono state uccise e 931 ferite a seguito dell’attacco israeliano alla Striscia di Gaza.
Il governo israeliano ha dichiarato che almeno 200 israeliani sono morti e 750 sono rimasti feriti.
ore 20:45 del 7/10/2023
Hamas ha diffuso un filmato dei suoi combattenti che assaltano il checkpoint di Erez dell’IDF questa mattina. Il video mostra diversi soldati israeliani presi in ostaggio dal gruppo.
ore 20:39 del 7/10/2023
Hamas ha diffuso un filmato di combattenti che si addestrano a volare da Gaza verso gli insediamenti israeliani con il parapendio. Questa mattina alcuni combattenti sono entrati nel sud di Israele utilizzando questa tattica.
ore 20:31 del 7/10/2023
Aggiornamento attacco missilistico su Tel Aviv. Video di danni a Tel Aviv cominciano a comparire sui social media:
ore 20:31 del 7/10/2023
Israele: Le armi statunitensi lasciate in Afghanistan raggiungono Gaza – Middle East Monitor
ore 20:25 del 7/10/2023
Le Forze di Difesa israeliane sono ancora impegnate con i terroristi di Hamas in circa 22 località nel sud di Israele e 2 sono considerate incidenti attivi con ostaggi.
ore 20:24 del 7/10/2023
Il Presidente Trump rilascia una risposta piccata al regime di Biden e agli attacchi contro Israele.
“Purtroppo i dollari dei contribuenti americano ha aiutato a finanziare questi attacchi, che secondo molti rapporti provengono dall’amministrazione Biden”.
ore 20:21 del 7/10/2023
La polizia di New York ha aumentato la sorveglianza e la sicurezza intorno alle sinagoghe e agli altri centri ebraici della città a causa della guerra in Israele e della minaccia di Hamas di intensificare le operazioni contro gli ebrei all’estero.
ore 20:20 del 7/10/2023
Ministero degli Affari Esteri russo Sergey Lavrov:
“Chiediamo un immediato cessate il fuoco e un piano di pace basato sulla creazione di uno Stato palestinese indipendente entro i confini del 1967, con Gerusalemme Est come capitale”
Un gruppo di terroristi di Hamas è stato arrestato dalla polizia speciale israeliana vicino alla Striscia di Gaza.
ore 18:30 del 7/10/2023
Immagine satellitare del teatro di scontri
ore 18:35 del 7/10/2023
attacco missilistico su Gaza
ore 19:05 del 7/10/2023
Il leader del partito di opposizione israeliano, Yair Lapid, dopo il colloquio con il Primo Ministro Netanyahu, ha chiesto la creazione di un governo di emergenza per mettere da parte tutte le differenze tra le parti e consentire la gestione della difficile e lunga campagna elettorale che ci attende.
ore 19:06 del 7/10/2023
Il comandante israeliano Nimrod Aloni è stato catturato da Hamas nella guerra in corso nelle zone di confine con Gaza. Aloni è un comandante del “Corpo di profondità”, l’unità per le operazioni in profondità dell’IDF che opera in territorio palestinese. È anche l’ex comandante della divisione di Gaza.
ore 19:10 del 7/10/2023
Hamas sostiene che le incursioni nel sud di Israele sono state precedute da un “disturbo di massa delle comunicazioni e dei sistemi di sorveglianza israeliani” lungo il confine con la Striscia di Gaza, che ha permesso ai combattenti di entrare nel Paese praticamente inosservati.
ore 19:15 del 7/10/2023
I riservisti israeliani, tra cui l’ex primo ministro Naftali Bennett, si stanno preparando per un immediato dispiegamento in prima linea nel sud del Paese.
I funzionari della Difesa israeliana hanno dichiarato di aspettarsi e prepararsi a una guerra su più fronti, con oltre 100.000 riservisti in grado di essere ordinati al servizio attivo in poche ore, se necessario.
ore 19:19 del 7/10/2023
Filmato che mostra 100 razzi lanciati da Hamas nella Striscia di Gaza verso Tel Aviv.
ore 19:20 del 7/10/2023
Dichiarazione di Kennedy:
“Questo attacco ignominioso, non provocato e barbaro contro Israele deve essere accolto con una condanna mondiale e un sostegno inequivocabile al diritto di autodifesa dello Stato ebraico. Dobbiamo fornire a Israele tutto ciò di cui ha bisogno per difendersi – ora. Come Presidente, mi assicurerò che la nostra politica sia inequivocabile, in modo che i nemici di Israele ci pensino a lungo prima di tentare qualsiasi tipo di aggressione.
Plaudo alle forti dichiarazioni di sostegno della Casa Bianca di Biden a Israele nel momento del bisogno. Tuttavia, la portata di questi attacchi significa che probabilmente Israele dovrà intraprendere una campagna militare prolungata per proteggere i suoi cittadini. Le dichiarazioni di sostegno vanno bene, ma dobbiamo passare all’azione con un’azione incrollabile, risoluta e concreta. L’America deve essere al fianco del nostro alleato durante questa operazione e oltre, mentre esercita il suo diritto sovrano all’autodifesa.”
ore 19:21 del 7/10/2023
Edifici residenziali a Gaza sono stati distrutti da bombe aeree mentre Hamas continua a colpire Israele.
Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato guerra in risposta agli attacchi, affermando che “il nemico pagherà un prezzo che non ha mai conosciuto prima”.
Anche Biden ha rilasciato una dichiarazione, affermando che: “Israele ha il diritto di difendere se stesso e il suo popolo. Gli Stati Uniti mettono in guardia da qualsiasi altra parte ostile a Israele che cerchi di trarre vantaggio da questa situazione”.
ore 19:24 del 7/10/2023
Il ministro israeliano dell’Energia e delle Infrastrutture, Israel Katz, ha firmato un ordine che impone alla National Electric Company di interrompere la fornitura di elettricità all’Autorità palestinese nella Striscia di Gaza.
ore 19:45 del 7/10/2023
Un altro massiccio lancio di razzi verso Tel Aviv!
Questo recentissimo articolo di John Mearsheimer, che traduciamo e pubblichiamo, raccoglie gli argomenti fondamentali degli interventi pubblici recenti e prossimi del grande studioso americano. Difficile sopravvalutarne l’importanza. In esso si ritrovano, corredati da un ampio apparato di note e documenti, gli elementi essenziali della situazione in Ucraina, e dei suoi prossimi, probabili sviluppi. Come d’uso, Mearsheimer li esprime con la massima semplicità e chiarezza, in uno sforzo di obiettività e perspicuità che gli fa onore.
Il buio che ci sta davanti: dove è diretta la guerra in Ucraina
JOHN J. MEARSHEIMER
23 GIUGNO 2023
Questo articolo esamina la probabile traiettoria futura della guerra in Ucraina.[1] Affronterò due questioni principali.
Primo: è possibile un accordo di pace significativo? La mia risposta è no. Siamo in una guerra in cui entrambe le parti – l’Ucraina e l’Occidente da una parte e la Russia dall’altra – si vedono come una minaccia esistenziale che deve essere sconfitta. Dati gli obiettivi massimalisti di entrambe le parti, è quasi impossibile raggiungere un trattato di pace praticabile. Inoltre, le due parti hanno divergenze inconciliabili per quanto riguarda il territorio e il rapporto dell’Ucraina con l’Occidente. Il miglior risultato possibile è un conflitto congelato che potrebbe facilmente trasformarsi in una guerra calda. Il peggiore esito possibile è una guerra nucleare, che è improbabile ma non si può escludere.
In secondo luogo, qual è la parte che probabilmente vincerà la guerra? La Russia alla fine vincerà la guerra, anche se non sconfiggerà in modo decisivo l’Ucraina. In altre parole, non conquisterà tutta l’Ucraina, ciò che sarebbe necessario per raggiungere tre degli obiettivi di Mosca: rovesciare il regime, smilitarizzare il Paese e tagliare i legami di sicurezza di Kiev con l’Occidente. Ma finirà per annettere un’ampia porzione di territorio ucraino, trasformando l’Ucraina in un moncone di Stato disfunzionale. In altre parole, la Russia otterrà una brutta vittoria.
Prima di affrontare direttamente questi temi, sono necessarie tre considerazioni preliminari. Innanzitutto, sto cercando di prevedere il futuro, cosa non facile da fare, visto che viviamo in un mondo incerto. Pertanto, non sto sostenendo di avere la verità; infatti, alcune delle mie affermazioni potrebbero essere smentite. Inoltre, non sto dicendo ciò che vorrei che accadesse. Non sto facendo il tifo per una parte o per l’altra. Sto semplicemente dicendo ciò che penso accadrà con il procedere della guerra. Infine, non sto giustificando il comportamento russo o le azioni di nessuno degli Stati coinvolti nel conflitto. Sto solo spiegando le loro azioni.
Ora passiamo alla sostanza.
Dove siamo oggi
Per capire dove sta andando la guerra in Ucraina, è necessario innanzitutto valutare la situazione attuale. È importante sapere come i tre attori principali – Russia, Ucraina e Occidente – pensano alle minacce che li circondano e concepiscono i loro obiettivi. Quando parliamo di Occidente, tuttavia, ci riferiamo soprattutto agli Stati Uniti, poiché gli alleati europei prendono ordini da Washington, quando si tratta di Ucraina. È inoltre essenziale comprendere l’attuale situazione sul campo di battaglia. Cominciamo con le minacce che circondano la Russia e i suoi obiettivi.
Le minacce secondo la Russia
È chiaro sin dall’aprile 2008 che i leader russi considerano una minaccia esistenziale gli sforzi dell’Occidente per far entrare l’Ucraina nella NATO e farne un bastione occidentale ai confini della Russia. In effetti, il Presidente Putin e i suoi luogotenenti lo hanno ripetutamente sottolineato nei mesi precedenti l’invasione russa, quando stava diventando chiaro che l’Ucraina era quasi un membro de facto della NATO.[2] Dall’inizio della guerra, il 24 febbraio 2022, l’Occidente ha aggiunto un ulteriore livello a questa minaccia esistenziale, adottando una nuova serie di obiettivi che i leader russi non possono fare a meno di considerare estremamente minacciosi. Di seguito dirò di più sugli obiettivi occidentali, ma è sufficiente dire che l’Occidente è determinato a sconfiggere la Russia e ad espellerla dai ranghi delle grandi potenze, se non a provocare un cambiamento di regime o addirittura a innescare una disgregazione della Russia analoga a quella dell’Unione Sovietica nel 1991.
In un importante discorso pronunciato lo scorso febbraio (2023), Putin ha sottolineato che l’Occidente è una minaccia mortale per la Russia. “Durante gli anni che hanno seguito la dissoluzione dell’Unione Sovietica“, ha detto, “l’Occidente non ha mai smesso di cercare di incendiare gli Stati post-sovietici e, soprattutto, di finire la Russia in quanto maggiore porzione sopravvissuta dell’estensione storica del nostro Stato. Hanno incoraggiato i terroristi internazionali ad aggredirci, hanno provocato conflitti regionali lungo il perimetro dei nostri confini, hanno ignorato i nostri interessi e hanno cercato di contenere e sopprimere la nostra economia“. Ha poi sottolineato che “l’élite occidentale non fa mistero del suo obiettivo, che è, cito, ‘la sconfitta strategica della Russia’. Cosa significa questo per noi? Significa che hanno intenzione di finirci una volta per tutte“. Putin ha poi aggiunto che: “questo rappresenta una minaccia esistenziale per il nostro Paese“.[3] I leader russi vedono anche il regime di Kiev come una minaccia per la Russia, non solo perché è strettamente alleato con l’Occidente, ma anche perché lo considerano figlio delle forze fasciste ucraine che hanno combattuto a fianco della Germania nazista contro l’Unione Sovietica nella Seconda Guerra Mondiale.[4]
Gli obiettivi della Russia
La Russia deve vincere questa guerra, poiché ritiene di dover affrontare una minaccia alla propria sopravvivenza. Ma che aspetto ha la vittoria? Il risultato ideale, prima dell’inizio della guerra nel febbraio 2022, era trasformare l’Ucraina in uno Stato neutrale e risolvere la guerra civile nel Donbass, che opponeva il governo ucraino ai russi etnici e ai russofoni che volevano una maggiore autonomia, se non l’indipendenza, per la loro regione. Sembra che questi obiettivi fossero ancora realistici durante il primo mese di guerra, e sono stati infatti alla base dei negoziati di Istanbul tra Kiev e Mosca nel marzo 2022.[5] Se all’epoca i russi avessero raggiunto questi obiettivi, l’attuale guerra sarebbe stata evitata o sarebbe finita rapidamente.
Ma un accordo che soddisfi gli obiettivi della Russia non è più possibile. L’Ucraina e la NATO sono legate a doppio filo per il prossimo futuro e nessuna delle due è disposta ad accettare la neutralità ucraina. Inoltre, il regime di Kiev è un anatema per i leader russi, che lo vogliono eliminare. Essi parlano non solo di “de-nazificare” l’Ucraina, ma anche di “smilitarizzarla”, due obiettivi che presumibilmente richiederebbero la conquista di tutta l’Ucraina, la costrizione alla resa delle sue forze militari e l’insediamento di un regime amichevole a Kiev[6].
Una vittoria decisiva di questo tipo non è probabile per una serie di ragioni. L’esercito russo non è abbastanza numeroso per un compito del genere, che richiederebbe probabilmente almeno due milioni di uomini.[7] In effetti, l’attuale esercito russo ha difficoltà a conquistare tutto il Donbass. Inoltre, l’Occidente farebbe di tutto per impedire alla Russia di conquistare tutta l’Ucraina. Infine, i russi finirebbero per occupare enormi quantità di territorio densamente popolato da ucraini etnici che detestano i russi e si opporrebbero ferocemente all’occupazione. Cercare di conquistare tutta l’Ucraina e piegarla alla volontà di Mosca finirebbe sicuramente in un disastro.
A parte la retorica sulla de-nazificazione e la smilitarizzazione dell’Ucraina, gli obiettivi concreti della Russia prevedono la conquista e l’annessione di un’ampia porzione di territorio ucraino, trasformando al contempo l’Ucraina in un moncone di Stato disfunzionale. In questo modo, la capacità dell’Ucraina di condurre una guerra contro la Russia sarebbe notevolmente ridotta ed è improbabile che essa si qualifichi per l’adesione all’UE o alla NATO. Inoltre, un’Ucraina distrutta sarebbe particolarmente vulnerabile alle interferenze russe nella sua politica interna. In breve, l’Ucraina non sarebbe un bastione occidentale al confine con la Russia.
Che aspetto avrebbe questo stato disfunzionale? Mosca ha ufficialmente annesso la Crimea e altri quattro oblast’ ucraini – Donetsk, Kherson, Luhansk e Zaporozhe – che insieme rappresentano circa il 23% del territorio totale dell’Ucraina prima dello scoppio della crisi nel febbraio 2014. I leader russi hanno sottolineato di non avere alcuna intenzione di cedere quel territorio, che in parte non è ancora controllato dalla Russia. In effetti, c’è motivo di pensare che la Russia annetterà altro territorio ucraino, se avrà la capacità militare di farlo a un costo ragionevole. È difficile, tuttavia, dire quanto ulteriore territorio ucraino Mosca cercherà di annettere, come chiarisce Putin stesso[8].
È probabile che il pensiero russo sia influenzato da tre calcoli. Mosca ha un forte incentivo a conquistare e annettere permanentemente il territorio ucraino che è densamente popolato da etnie russe e russofone. Vorrà proteggerli dal governo ucraino – che è diventato ostile a tutto ciò che è russo – e assicurarsi che in Ucraina non ci sia una guerra civile come quella che ha avuto luogo nel Donbass tra il febbraio 2014 e il febbraio 2022. Allo stesso tempo, la Russia vorrà evitare di controllare un territorio largamente popolato da ucraini di etnia ostile, il che pone limiti significativi a un’ulteriore espansione russa. Infine, per trasformare l’Ucraina in un moncone di Stato disfunzionale bisognerà che Mosca si appropri di notevoli quantità di territorio ucraino, in modo da essere ben posizionata per arrecare danni significativi alla sua economia. Il controllo di tutte le coste ucraine lungo il Mar Nero, ad esempio, darebbe a Mosca una notevole influenza economica su Kiev.
Questi tre calcoli suggeriscono che la Russia probabilmente tenterà di annettere i quattro oblast’ – Dnipropetrovsk, Kharkiv, Mykolaiv e Odessa – che si trovano immediatamente a ovest dei quattro oblast’ che ha già annesso – Donetsk, Kherson, Luhansk e Zaporozhe. Se ciò accadesse, la Russia controllerebbe circa il 43% del territorio ucraino prima del 2014.[9] Dmitri Trenin, uno dei principali strateghi russi, ritiene che i leader russi cercherebbero di conquistare ancora più territorio ucraino, spingendosi a ovest nell’Ucraina settentrionale fino al fiume Dnieper e prendendo la parte di Kiev che si trova sulla sponda orientale del fiume. Scrive che “un passo logico successivo“, dopo aver preso tutta l’Ucraina da Kharkiv a Odessa, “sarebbe quello di espandere il controllo russo a tutta l’Ucraina a est del fiume Dnieper, compresa la parte di Kiev che si trova sulla sponda orientale del fiume. Se ciò accadesse, lo Stato ucraino si ridurrebbe fino a comprendere solo le regioni centrali e occidentali del Paese“.[10]
Le minacce secondo l’Occidente
Può sembrare difficile da credere oggi, ma prima dello scoppio della crisi ucraina nel febbraio 2014, i leader occidentali non vedevano la Russia come una minaccia per la sicurezza. I leader della NATO, ad esempio, al vertice dell’Alleanza del 2010 a Lisbona, parlavano con il presidente russo di “una nuova fase di cooperazione verso un vero partenariato strategico”.[11] Non sorprende che l’espansione della NATO prima del 2014 non fosse giustificata in termini di contenimento di una Russia pericolosa. In realtà, è stata la debolezza russa a permettere all’Occidente di far passare a Mosca le prime due tranche di espansione della NATO, nel 1999 e nel 2004, e poi a permettere all’amministrazione di George W. Bush di pensare, nel 2008, che fosse possibile costringere la Russia ad accettare l’ingresso nell’alleanza di Georgia e Ucraina. Ma questa ipotesi si è rivelata sbagliata e quando nel 2014 è scoppiata la crisi ucraina, l’Occidente ha improvvisamente iniziato a dipingere la Russia come un nemico pericoloso che doveva essere contenuto, se non indebolito[12].
Dall’inizio della guerra nel febbraio 2022, la percezione dell’Occidente nei confronti della Russia si è costantemente inasprita fino al punto in cui Mosca sembra essere vista come una minaccia esistenziale. Gli Stati Uniti e i loro alleati della NATO sono profondamente coinvolti nella guerra dell’Ucraina contro la Russia. In realtà, fanno praticamente tutto tranne premere il grilletto o i comandi per l’invio dei missili.[13] Inoltre, hanno chiarito il loro impegno inequivocabile a vincere la guerra e a mantenere la sovranità dell’Ucraina. Pertanto, perdere la guerra avrebbe conseguenze enormemente negative per Washington e per la NATO. La reputazione di competenza e affidabilità dell’America ne risulterebbe gravemente danneggiata, con ripercussioni sul modo in cui i suoi alleati e i suoi avversari – in particolare la Cina – si rapporterebbero con gli Stati Uniti. Inoltre, quasi tutti i Paesi europei che fanno parte della NATO ritengono che l’alleanza sia un ombrello di sicurezza insostituibile. Pertanto, la possibilità che la NATO venga gravemente danneggiata – forse addirittura distrutta – se la Russia vince in Ucraina è motivo di profonda preoccupazione tra i suoi membri.
Inoltre, i leader occidentali dipingono spesso la guerra in Ucraina come parte integrante di una più ampia lotta globale tra autocrazia e democrazia, in una prospettiva intrinsecamente manichea. Inoltre, si dice che il futuro del sacrosanto ordine internazionale basato sulle regole dipenda dalla vittoria contro la Russia. Come ha detto Re Carlo lo scorso marzo (2023), “la sicurezza dell’Europa e i nostri valori democratici sono minacciati“.[14] Allo stesso modo, una risoluzione introdotta nel Congresso degli Stati Uniti in aprile dichiara: “Gli interessi degli Stati Uniti, la sicurezza europea e la causa della pace internazionale dipendono dalla… vittoria ucraina“.[15] Un recente articolo del Washington Post illustra il modo in cui l’Occidente tratta la Russia come una minaccia esistenziale: “I leader degli oltre 50 altri Paesi che sostengono l’Ucraina hanno definito il loro sostegno come parte di una battaglia apocalittica per il futuro della democrazia e dello Stato di diritto internazionale contro l’autocrazia e l’aggressione, che l’Occidente non può permettersi di perdere“.[16]
Gli obiettivi dell’Occidente
Come dovrebbe essere chiaro, l’Occidente è fermamente impegnato a sconfiggere la Russia. Il Presidente Biden ha ripetutamente affermato che gli Stati Uniti sono in questa guerra per vincere. “L’Ucraina non sarà mai una vittoria per la Russia“. Deve finire con un “fallimento strategico“. Washington, ha sottolineato, resterà in lotta “per tutto il tempo necessario“.[17] In particolare, l’obiettivo è sconfiggere l’esercito russo in Ucraina – cancellando le sue conquiste territoriali – e paralizzare l’ economia russa con sanzioni letali. In caso di successo, la Russia verrebbe estromessa dai ranghi delle grandi potenze, indebolendola al punto da non poter più minacciare di invadere l’Ucraina.[18] I leader occidentali hanno altri obiettivi, tra cui il cambio di regime a Mosca, la messa in stato d’accusa di Putin come criminale di guerra e l’eventuale smembramento della Russia in Stati più piccoli[19].
Al contempo, l’Occidente rimane impegnato a far entrare l’Ucraina nella NATO, anche se c’è disaccordo all’interno dell’alleanza su quando e come ciò avverrà.[20] Jens Stoltenberg, segretario generale dell’alleanza, ha dichiarato in una conferenza stampa a Kiev in aprile (2023) che “la posizione della NATO rimaneinvariata” e che ” l’Ucraina diventerà un membro dell’alleanza“. Allo stesso tempo, ha sottolineato che “il primo passo verso un’eventuale adesione dell’Ucraina alla NATO è garantire che l’Ucraina prevalga, ed è per questo che gli Stati Uniti e i loro partner hanno fornito un sostegno senza precedenti all’Ucraina“.[21] Dati questi obiettivi, è chiaro perché la Russia veda l’Occidente come una minaccia esistenziale.
Minacce e obiettivi dell’Ucraina
Non c’è dubbio che l’Ucraina si trovi di fronte a una minaccia esistenziale, dato che la Russia è intenzionata a smembrarla e ad assicurarsi che il nuovo Stato superstite non solo sia economicamente debole, ma non sia nemmeno un membro de facto o de jure della NATO. Non c’è dubbio, inoltre, che Kiev condivida l’obiettivo dell’Occidente di sconfiggere e indebolire seriamente la Russia, in modo da poter riconquistare il territorio perduto e tenerlo per sempre sotto il controllo ucraino. Come ha detto di recente il Presidente Zelensky al Presidente Xi Jinping, “non ci può essere una pace basata su compromessi territoriali“.[22] I leader ucraini restano, com’è naturale, fermamente impegnati ad aderire all’UE e alla NATO e a rendere l’Ucraina parte integrante dell’Occidente[23].
In sintesi, i tre attori principali della guerra in Ucraina credono tutti di dover affrontare una minaccia esistenziale, il che significa che ognuno di loro pensa di dover vincere la guerra o subire terribili conseguenze.
Il campo di battaglia oggi
Passando agli eventi sul campo di battaglia, la guerra si è evoluta in una guerra di logoramento in cui ogni parte è principalmente interessata a dissanguare l’altra, facendola arrendere. Naturalmente, entrambe le parti si preoccupano anche di catturare territorio, ma questo obiettivo è di secondaria importanza rispetto al logoramento dell’avversario.
L’esercito ucraino ha avuto il sopravvento nella seconda metà del 2022, il che gli ha permesso di riprendere territorio dalla Russia nelle regioni di Kharkiv e Kherson. Ma la Russia ha risposto a queste sconfitte mobilitando altri 300.000 uomini, riorganizzando l’esercito, accorciando le linee del fronte e imparando dai propri errori.[24] I combattimenti del 2023 si sono svolti nell’Ucraina orientale, principalmente nelle regioni di Donetsk e Zaporozhe. I russi hanno avuto la meglio, quest’anno, soprattutto perché hanno un vantaggio sostanziale nell’artiglieria, che è l’arma più importante nella guerra di logoramento.
Il vantaggio di Mosca è stato evidente nella battaglia per Bakhmut, che si è conclusa con la conquista della città da parte dei russi a fine maggio (2023). Sebbene le forze russe abbiano impiegato dieci mesi per prendere il controllo di Bakhmut, hanno inflitto enormi perdite alle forze ucraine con la loro artiglieria.[25] Poco dopo, il 4 giugno, l’Ucraina ha lanciato la sua tanto attesa controffensiva in diverse località delle regioni di Donetsk e Zaporozhe. L’obiettivo è penetrare nelle prime linee di difesa della Russia, sferrare un colpo sconvolgente alle forze russe e riprendersi una parte sostanziale del territorio ucraino ora sotto il controllo russo. In sostanza, l’obiettivo è duplicare i successi dell’Ucraina a Kharkiv e Kherson nel 2022.
Finora l’esercito ucraino ha fatto pochi progressi nel raggiungere questi obiettivi ed è invece impantanato in battaglie di logoramento mortali con le forze russe. Nel 2022, l’Ucraina ha avuto successo nelle campagne di Kharkiv e Kherson perché il suo esercito combatteva contro forze russe in inferiorità numerica, con una densità di presenza sul territorio troppo scarsa. Oggi non è così: L’Ucraina sta attaccando linee di difesa russe ben preparate. Ma anche se le forze ucraine dovessero sfondare queste linee difensive, le truppe russe stabilizzerebbero rapidamente il fronte e le battaglie di logoramento continuerebbero.[26] Gli ucraini sono in svantaggio in questi scontri perché i russi hanno un significativo vantaggio nella potenza di fuoco.
Dove siamo diretti
Permettetemi di cambiare marcia e di allontanarmi dal presente per parlare del futuro, iniziando da come gli eventi sul campo di battaglia potrebbero svolgersi in futuro. Come ho già detto, credo che la Russia vincerà la guerra, il che significa che finirà per conquistare e annettere un consistente territorio ucraino, lasciando l’Ucraina come uno stato disfunzionale. Se ho ragione, questa sarà una grave sconfitta per l’Ucraina e per l’Occidente.
C’è tuttavia un lato positivo in questo risultato: una vittoria russa riduce notevolmente la minaccia di una guerra nucleare, poiché è più probabile che si verifichi un’escalation nucleare se le forze ucraine ottengono vittorie sul campo di battaglia e minacciano di riprendersi tutti o la maggior parte dei territori che Kiev ha perso a favore di Mosca. È sicuro che i leader russi penserebbero seriamente di usare le armi nucleari per salvare la situazione. Naturalmente, se mi sbaglio sulla direzione della guerra e l’esercito ucraino prende il sopravvento e inizia a spingere le forze russe verso est, la probabilità di un uso del nucleare aumenterebbe in modo significativo, il che non significa che sarebbe una certezza.
Su cosa si basa la mia affermazione che i russi probabilmente vinceranno la guerra?
La guerra in Ucraina, come ho sottolineato, è una guerra di logoramento in cui la cattura e il mantenimento del territorio sono di secondaria importanza. L’obiettivo della guerra di logoramento è logorare le forze della controparte fino al punto in cui questa abbandona la battaglia o è talmente indebolita da non poter più difendere il territorio conteso.[27] Chi vince una guerra di logoramento è in gran parte funzione di tre fattori: il rapporto tra la determinazione delle due parti, l’equilibrio demografico tra di esse e la correlazione del numero di caduti. I russi hanno un vantaggio decisivo nella dimensione della popolazione e un netto vantaggio nella correlazione del numero di caduti; le due parti sono equamente bilanciate in quanto a determinazione.
Consideriamo l’equilibrio della determinazione. Come si è detto, sia la Russia che l’Ucraina ritengono di dover affrontare una minaccia esistenziale e, naturalmente, entrambe le parti sono pienamente impegnate a vincere la guerra. Pertanto, è difficile vedere una differenza significativa nella loro determinazione. Per quanto riguarda le dimensioni della popolazione, la Russia aveva un vantaggio di circa 3,5:1 prima dell’inizio della guerra nel febbraio 2022. Da allora, il rapporto si è notevolmente spostato a favore della Russia. Circa otto milioni di ucraini sono fuggiti dal Paese, sottraendo popolazione all’Ucraina. Circa tre milioni di questi emigranti sono andati in Russia, aggiungendosi alla sua popolazione. Inoltre, ci sono probabilmente altri quattro milioni di cittadini ucraini che vivono nei territori ora controllati dalla Russia, spostando ulteriormente lo squilibrio demografico a favore della Russia. Mettendo insieme questi numeri, la Russia ha un vantaggio di circa 5:1 in termini di popolazione[28].
Infine, c’è la correlazione del numero di caduti, questione controversa sin dall’inizio della guerra nel febbraio 2022. Il senso comune in Ucraina e in Occidente è che i livelli di caduti da entrambe le parti siano all’incirca uguali o che i russi abbiano subito più vittime degli ucraini. Il capo del Consiglio nazionale di sicurezza e difesa ucraino, Oleksiy Danilov, arriva a sostenere che i russi hanno perso 7,5 soldati per ogni soldato ucraino nella battaglia per Bakhmut.[29] Queste affermazioni sono sbagliate. Le forze ucraine hanno sicuramente subito perdite molto maggiori rispetto ai loro avversari russi, per un motivo: la Russia ha molta più artiglieria dell’Ucraina.
Nella guerra di logoramento, l’artiglieria è l’arma più importante sul campo di battaglia. Nell’esercito americano, l’artiglieria è ampiamente conosciuta come “la regina delle battaglie”, perché è la principale responsabile dell’uccisione e del ferimento dei soldati in combattimento.[30] Pertanto, il rapporto tra artiglierie conta enormemente in una guerra di logoramento. Secondo quasi tutti i dati, i russi hanno un vantaggio nell’artiglieria compreso tra 5:1 e 10:1, il che pone l’esercito ucraino in una posizione di svantaggio significativo sul campo di battaglia.[31]Coeteris paribus, ci si aspetterebbe che la correlazione tra i caduti si avvicini alla correlazione tra artiglierie. Pertanto, correlazione tra i caduti dell’ordine di 2:1 a favore della Russia è una stima prudente.[32]
Una possibile sfida alla mia analisi è sostenere che la Russia è l’aggressore in questa guerra, e l’aggressore soffre invariabilmente livelli di perdite molto più alti rispetto al difensore, soprattutto se le forze attaccanti sono impegnate in ampi assalti frontali, che spesso si dice siano il modus operandi delle forze armate russe.[33] Dopo tutto, l’aggressore è allo scoperto e in movimento, mentre il difensore combatte principalmente da posizioni fisse che forniscono una copertura sostanziale. Questa logica è alla base della famosa regola empirica del 3:1, secondo la quale una forza attaccante ha bisogno di un numero di soldati almeno triplo rispetto a quello del difensore per vincere una battaglia.[34] Ma questa linea di argomentazione presenta dei problemi quando viene applicata alla guerra in Ucraina.
In primo luogo, non sono solo i russi ad aver avviato campagne offensive nel corso della guerra.[35] Infatti, gli ucraini hanno lanciato due grandi offensive lo scorso anno che hanno portato a vittorie ampiamente annunciate: l’offensiva di Kharkiv nel settembre 2022 e l’offensiva di Kherson tra agosto e novembre 2022. Sebbene gli ucraini abbiano ottenuto sostanziali guadagni territoriali in entrambe le campagne, l’artiglieria russa ha inflitto pesanti perdite alle forze attaccanti. Il 4 giugno gli ucraini hanno appena iniziato un’altra grande offensiva contro forze russe più numerose e molto più preparate di quelle contro cui hanno combattuto a Kharkiv e Kherson.
In secondo luogo, la distinzione tra attaccanti e difensori in una grande battaglia non è solitamente in bianco e nero. Quando un esercito attacca un altro esercito, il difensore lancia invariabilmente contrattacchi. In altre parole, il difensore passa all’attacco e l’attaccante alla difesa. Nel corso di una battaglia prolungata, è probabile che ogni schieramento finisca per attaccare e contrattaccare e per difendere posizioni fisse. Questo tira e molla spiega perché i rapporti di scambio di perdite nelle battaglie della Guerra Civile americana e della Prima Guerra Mondiale sono spesso più o meno uguali, non favorevoli all’esercito che ha iniziato sulla difensiva. In effetti, l’esercito che sferra il primo colpo a volte subisce meno perdite dell’esercito bersaglio.[36] In breve, la difesa di solito implica molto attacco.
Dai resoconti giornalistici ucraini e occidentali emerge chiaramente che le forze ucraine lanciano spesso contrattacchi contro le forze russe. Si consideri questo resoconto del Washington Post sui combattimenti dell’inizio di quest’anno a Bakhmut: “C’è questo movimento fluido in corso”, ha detto un primo tenente ucraino… Gli attacchi russi lungo il fronte permettono alle loro forze di avanzare di qualche centinaio di metri prima di essere respinte ore dopo. È difficile distinguere esattamente dove si trovi la linea del fronte perché si muove come una gelatina”, ha detto. “[37] Dato l’enorme vantaggio della Russia in termini di artiglieria, sembra ragionevole supporre che la correlazione dei caduti, in questi contrattacchi ucraini, favorisca i russi, probabilmente in modo asimmetrico.
In terzo luogo, i russi non stanno impiegando – almeno non spesso – assalti frontali su larga scala che mirano ad avanzare rapidamente e a catturare il territorio, ma esporrebbero le forze attaccanti al fuoco incessante dei difensori ucraini. Come ha spiegato il generale Sergej Surovikin nell’ottobre del 2022, quando era al comando delle forze russe in Ucraina, “abbiamo una strategia diversa… Risparmiamo ogni soldato e continuiamo a schiacciare il nemico che avanza“.[38] In effetti, le truppe russe hanno adottato tattiche intelligenti che riducono il livello di caduti.[39] La loro tattica preferita non è lanciare attacchi frontali su larga scala che mirano a conquistare rapidamente il territorio, ma che esporrebbero le forze d’attacco al fuoco feroce dei difensori ucraini. La loro tattica preferita è quella di lanciare attacchi di sondaggio contro le posizioni fisse ucraine con piccole unità di fanteria, che inducono le forze ucraine ad attaccarle con mortai e artiglieria.[40] Questa risposta permette ai russi di determinare dove si trovano i difensori ucraini e la loro artiglieria. I russi sfruttano quindi il loro grande vantaggio in termini di artiglieria per colpire gli avversari. In seguito, unità di fanteria russa avanzano nuovamente e, quando incontrano una seria resistenza ucraina, ripetono il procedimento. Queste tattiche spiegano perché la Russia sta facendo lenti progressi nella conquista del territorio ucraino.
Si potrebbe pensare che l’Occidente possa fare molto per pareggiare la correlazione dei caduti. fornendo all’Ucraina molti più tubi e proiettili di artiglieria, eliminando così il significativo vantaggio della Russia in quest’arma di importanza critica. Tuttavia, questo non accadrà presto, semplicemente perché né gli Stati Uniti né i loro alleati hanno la capacità industriale necessaria per produrre in massa tubi e proiettili d’artiglieria per l’Ucraina; e neppure possono aumentare la loro capacità industriale rapidamente.[41] Il meglio che l’Occidente possa fare – almeno per il prossimo anno – è mantenere l’attuale squilibrio di artiglieria tra Russia e Ucraina, ma anche questo sarà un compito difficile.
L’Ucraina può fare poco per rimediare al problema, perché la sua capacità di produrre armi è limitata. È quasi completamente dipendente dall’Occidente, non solo per l’artiglieria, ma per ogni tipo di sistema d’arma importante. La Russia, d’altra parte, aveva una formidabile capacità di produrre armi durante la guerra, che è stata incrementata dall’inizio dei combattimenti. Putin ha recentemente dichiarato: “La nostra industria della difesa sta guadagnando slancio ogni giorno. Nell’ultimo anno abbiamo aumentato la produzione militare di 2,7 volte. La nostra produzione delle armi più critiche è aumentata di dieci volte e continua ad aumentare. Gli impianti lavorano su due o tre turni e alcuni sono impegnati 24 ore su 24“[42]. In breve, dato il triste stato della base industriale ucraina, l’Ucraina non è in grado di condurre una guerra di logoramento da sola. Può farlo solo con il sostegno dell’Occidente. Ma anche in questo caso, è destinata a perdere.
C’è stato un recente sviluppo che aumenta ulteriormente il vantaggio della Russia nella potenza di fuoco rispetto all’Ucraina. Per il primo anno di guerra, la potenza aerea russa ha avuto poca influenza su ciò che è accaduto nella guerra di terra, soprattutto perché le difese aeree dell’Ucraina erano abbastanza efficaci da tenere gli aerei russi lontani dalla maggior parte dei campi di battaglia. Ma i russi hanno seriamente indebolito le difese aeree dell’Ucraina, il che ora permette alle forze aeree russe di colpire le forze di terra ucraine sulle linee del fronte, o direttamente dietro di esse.[43] Inoltre, la Russia ha sviluppato la capacità di equipaggiare un suo enorme arsenale di bombe da 500 kg con kit di guida che le rendono particolarmente letali.[44]
In sintesi, la correlazione tra caduti e feriti continuerà a favorire i russi nel prossimo futuro, il che è molto importante in una guerra di logoramento. Inoltre, la Russia è in una posizione migliore per condurre una guerra di logoramento perché la sua popolazione è molto più numerosa di quella ucraina. L’unica speranza di Kiev di vincere la guerra è che la determinazione di Mosca crolli, ma ciò è improbabile, dato che i leader russi vedono l’Occidente come un pericolo esistenziale.
Prospettive di un accordo di pace negoziato
Un coro crescente di voci in tutto il mondo chiede a tutte le parti in causa nella guerra ucraina di abbracciare la diplomazia e negoziare un accordo di pace duraturo. Tuttavia, questo non accadrà. Ci sono troppi ostacoli formidabili per porre fine alla guerra in tempi brevi, tanto meno per trovare un accordo che produca una pace duratura. Il miglior risultato possibile è un conflitto congelato, in cui entrambe le parti continuano a cercare opportunità per indebolire l’altra parte e in cui il pericolo di nuovi scontri è sempre presente.
A livello più generale, la pace non è possibile perché ogni parte vede l’altra come una minaccia mortale che deve essere sconfitta sul campo di battaglia. In queste circostanze non c’è quasi spazio per il compromesso con l’altra parte. Ci sono anche due punti specifici di disputa tra le parti in guerra che sono irrisolvibili. Uno riguarda il territorio, l’altro la neutralità ucraina.[45] Quasi tutti gli ucraini sono profondamente impegnati a recuperare tutto il territorio perduto, compresa la Crimea.[46] Chi può biasimarli? Ma la Russia ha ufficialmente annesso la Crimea, Donetsk, Kherson, Luhansk e Zaporozhe ed è fermamente intenzionata a mantenere questo territorio. In realtà, c’è motivo di pensare che Mosca annetterà altro territorio ucraino, se ne avrà la possibilità.
L’altro nodo gordiano riguarda le relazioni dell’Ucraina con l’Occidente. Per comprensibili ragioni, l’Ucraina vuole una garanzia di sicurezza una volta terminata la guerra, che solo l’Occidente può fornire. Ciò significa l’adesione di fatto o di diritto alla NATO, poiché nessun altro Paese può proteggere l’Ucraina. Quasi tutti i leader russi, tuttavia, chiedono un’Ucraina neutrale, il che significa nessun legame militare con l’Occidente e quindi nessun ombrello di sicurezza per Kiev. Non c’è modo di far quadrare il cerchio.
Ci sono altri due ostacoli alla pace: il nazionalismo, che ora si è trasformato in ipernazionalismo, e la totale mancanza di fiducia da parte russa.
Il nazionalismo è una forza potente in Ucraina da oltre un secolo e l’antagonismo verso la Russia è stato a lungo uno dei suoi elementi centrali. Lo scoppio dell’attuale conflitto, il 22 febbraio 2014, ha alimentato questa ostilità, spingendo il parlamento ucraino ad approvare, il giorno successivo, una legge che limitava l’uso del russo e di altre lingue minoritarie, una mossa che ha contribuito a far precipitare la guerra civile nel Donbass.[47] L’annessione della Crimea da parte della Russia, poco dopo, ha peggiorato una situazione già difficile. Contrariamente al senso comune dell’Occidente, Putin aveva capito che l’Ucraina era una nazione separata dalla Russia e che il conflitto tra l’etnia russa e russofona che viveva nel Donbass e il governo ucraino riguardava la “questione nazionale“.[48] L’invasione russa dell’Ucraina, che ha contribuito a far precipitare la guerra civile nel Donbass, è stata un’azione che ha contribuito a peggiorare la situazione.
L’invasione russa dell’Ucraina, che mette direttamente i due Paesi l’uno contro l’altro in una guerra prolungata e sanguinosa, ha trasformato il nazionalismo in ipernazionalismo da entrambe le parti. Il disprezzo e l’odio nei confronti dell'”altro” soffocano le società russa e ucraina, creando potenti incentivi per eliminare questa minaccia, se necessario con la violenza. Gli esempi abbondano. Un importante settimanale di Kiev sostiene che famosi autori russi come Mikhail Lermontov, Fëdor Dostoevskij, Leone Tolstoj e Boris Pasternak sono “assassini, saccheggiatori, ignoranti“.[49] La cultura russa, dice un importante scrittore ucraino, rappresenta “la barbarie, l’omicidio e la distruzione“….. Questo è il destino della cultura del nemico “[50].
Prevedibilmente, il governo ucraino è impegnato nella “de-russificazione” o “decolonizzazione“, che comporta l’eliminazione dalle biblioteche dei libri di autori russi, la ridenominazione di strade con nomi legati alla Russia, l’abbattimento di statue di personaggi come Caterina la Grande, la messa al bando della musica russa prodotta dopo il 1991, la rottura dei legami tra la Chiesa ortodossa ucraina e la Chiesa ortodossa russa e la riduzione al minimo dell’uso della lingua russa. Forse l’atteggiamento dell’Ucraina nei confronti della Russia è riassunto al meglio dal commento di Zelensky: “Non perdoneremo. Non dimenticheremo“.[51]
Passando al lato russo della medaglia, Anatol Lieven riferisce che “ogni giorno sulla TV russa si possono vedere insulti etnici pieni di odio rivolti agli ucraini“.[52] Non sorprende che i russi stiano lavorando per russificare e cancellare la cultura ucraina nelle aree che Mosca ha annesso. Queste misure includono il rilascio di passaporti russi, la modifica dei programmi scolastici, la sostituzione della grivna ucraina con il rublo russo, l’eliminazione di biblioteche e musei e la ridenominazione di città e paesi.[53] Bakhmut, ad esempio, è diventata Artemovsk e la lingua ucraina non viene più insegnata nelle scuole della regione di Donetsk.[54] A quanto pare, anche i russi non perdonano né dimenticano.
L’aumento dell’ipernazionalismo è prevedibile in tempo di guerra, non solo perché i governi si affidano pesantemente al nazionalismo per motivare la popolazione a sostenere il proprio Paese fino in fondo, ma anche perché la morte e la distruzione che derivano dalla guerra – soprattutto dalle guerre prolungate – spingono ogni parte a disumanizzare e odiare l’altro. Nel caso dell’Ucraina, l’aspro conflitto sull’identità nazionale getta benzina sul fuoco.
L’ipernazionalismo rende naturalmente più difficile la cooperazione tra le parti e dà alla Russia un motivo per impadronirsi di un territorio pieno di etnie russe e russofone. Presumibilmente, molti di loro preferirebbero vivere sotto il controllo russo, data l’ostilità del governo ucraino verso tutto ciò che è russo. Nel processo di annessione di queste terre, è probabile che i russi espellano un gran numero di ucraini etnici, soprattutto per il timore che si ribellino al dominio russo se rimangono. Questi sviluppi alimenteranno ulteriormente l’odio tra russi e ucraini, rendendo praticamente impossibile un compromesso sul territorio.
C’è un’ultima ragione per cui un accordo di pace duraturo non è fattibile. I leader russi non si fidano né dell’Ucraina né dell’Occidente per negoziare in buona fede, il che non significa che i leader ucraini e occidentali si fidino delle loro controparti russe. La mancanza di fiducia è evidente da tutte le parti, ma è particolarmente acuta da parte di Mosca a causa di una recente serie di rivelazioni.
La fonte del problema è ciò che è accaduto durante i negoziati per l’accordo di Minsk II del 2015, che costituiva un quadro per la chiusura del conflitto nel Donbass. Il presidente francese Francois Hollande e la cancelliera tedesca Angela Merkel hanno avuto un ruolo centrale nella definizione di tale quadro, sebbene si siano ampiamente consultati sia con Putin che con il presidente ucraino Petro Poroshenko. Queste quattro persone sono state anche le protagoniste dei successivi negoziati. Non c’è dubbio che Putin si sia impegnato a far funzionare Minsk. Ma Hollande, Merkel e Poroshenko – così come Zelensky – hanno tutti chiarito che non erano interessati all’attuazione di Minsk, ma di averla vista invece come un’opportunità per far guadagnare tempo all’Ucraina per costruire le proprie forze armate in modo da poter affrontare l’insurrezione nel Donbass. Come ha detto la Merkel a “Die Zeit”, si trattava di “un tentativo di dare all’Ucraina il tempo… di diventare più forte“.[55] Allo stesso modo, Poroshenko ha detto: “Il nostro obiettivo era fermare la minaccia, o almeno ritardare la guerra – per assicurarci otto anni per ripristinare la crescita economica e creare potenti forze armate“.[56]
Poco dopo l’intervista rilasciata dalla Merkel a Die Zeit nel dicembre 2022, Putin ha dichiarato in una conferenza stampa: “Pensavo che gli altri partecipanti a questo accordo fossero almeno onesti, ma no, si è scoperto che anche loro ci stavano mentendo e volevano solo rifornire l’Ucraina di armi e prepararla a un conflitto militare“. Ha poi aggiunto che l’essere stato ingannato dall’Occidente gli ha fatto perdere l’opportunità di risolvere il problema dell’Ucraina in circostanze più favorevoli per la Russia: “A quanto pare, ci siamo orientati troppo tardi, ad essere onesti. Forse avremmo dovuto iniziare tutto questo [l’operazione militare] prima, ma speravamo solo di poterlo risolvere nel quadro degli accordi di Minsk“. Ha poi chiarito che la doppiezza dell’Occidente complicherà i futuri negoziati: “La fiducia è già quasi a zero, ma dopo queste dichiarazioni, come possiamo negoziare? Su cosa? Possiamo fare accordi con qualcuno e dove sono le garanzie? “[57].
In sintesi, non c’è quasi nessuna possibilità che la guerra in Ucraina si concluda con un accordo di pace significativo. È invece probabile che la guerra si trascini per almeno un altro anno e che alla fine si trasformi in un conflitto congelato che potrebbe ritornare a essere una guerra guerreggiata.
Le conseguenze
L’assenza di un accordo di pace praticabile avrà una serie di terribili conseguenze. Le relazioni tra Russia e Occidente, ad esempio, rimarranno probabilmente profondamente ostili e pericolose nel prossimo futuro. Ciascuna delle due parti continuerà a demonizzare l’altra e a lavorare sodo per massimizzare la quantità di dolore e di problemi causati al rivale. Questa situazione prevarrà certamente se i combattimenti continueranno; ma anche se la guerra si trasformerà in un conflitto congelato, è improbabile che il livello di ostilità tra le due parti cambi molto.
Mosca cercherà di sfruttare le fratture esistenti tra i Paesi europei, lavorando al contempo per indebolire le relazioni transatlantiche e le istituzioni europee chiave come l’UE e la NATO. Visti i danni che la guerra ha causato e continua a causare all’economia europea, visto il crescente disincanto in Europa di fronte alla prospettiva di una guerra infinita in Ucraina e viste le differenze tra Europa e Stati Uniti riguardo al commercio con la Cina, i leader russi dovrebbero trovare terreno fertile per causare problemi in Occidente.[58] Questa ingerenza rafforzerà naturalmente la russofobia in Europa e negli Stati Uniti, peggiorando una situazione già di per sé negativa.
L’Occidente, da parte sua, manterrà le sanzioni su Mosca e ridurrà al minimo i rapporti economici tra le due parti, il tutto allo scopo di danneggiare l’economia russa. Inoltre, collaborerà sicuramente con l’Ucraina per contribuire a generare insurrezioni nei territori che la Russia ha sottratto all’Ucraina. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti e i loro alleati continueranno a perseguire una politica di contenimento a muso duro nei confronti della Russia, che molti ritengono sarà rafforzata dall’ingresso di Finlandia e Svezia nella NATO e dal dispiegamento di forze significative della NATO nell’Europa orientale.[59] Naturalmente, l’Occidente continuerà a impegnarsi per far entrare Georgia e Ucraina nella NATO, anche se è improbabile che ciò accada. Infine, le élites statunitensi ed europee manterranno sicuramente il loro entusiasmo per la promozione di un cambio di regime a Mosca, per poi processare Putin per le azioni della Russia in Ucraina.
Le relazioni tra la Russia e l’Occidente non solo rimarranno avvelenate in futuro, ma saranno anche pericolose, in quanto ci sarà la possibilità sempre presente di un’escalation nucleare o di una guerra tra grandi potenze tra la Russia e gli Stati Uniti[60].
La distruzione dell’Ucraina
L’Ucraina si trovava in gravi difficoltà economiche e demografiche prima dell’inizio della guerra dello scorso anno.[61] La devastazione inflitta all’Ucraina dall’invasione russa è orribile. Analizzando gli eventi del primo anno di guerra, la Banca Mondiale dichiara che l’invasione “ha richiesto un tributo inimmaginabile alla popolazione ucraina e all’economia del Paese, con una contrazione dell’attività pari a uno sconcertante 29,2% nel 2022“. Non sorprende che Kiev abbia bisogno di massicce iniezioni di aiuti stranieri solo per mantenere in funzione il governo, per tacere della guerra. Inoltre, la Banca Mondiale stima che i danni superino i 135 miliardi di dollari e che saranno necessari circa 411 miliardi di dollari per ricostruire l’Ucraina. La povertà, si legge, “è aumentata dal 5,5% nel 2021 al 24,1% nel 2022, spingendo 7,1 milioni di persone in più nella povertà e annullando 15 anni di progressi“.[62] Le città sono state distrutte, circa 8 milioni di ucraini sono fuggiti dal Paese e circa 7 milioni sono sfollati interni. Le Nazioni Unite hanno confermato 8.490 morti tra i civili, anche se ritengono che il numero reale sia “considerevolmente più alto“.[63] Sicuramente l’Ucraina ha subito oltre 100.000 caduti sul campo di battaglia.
Il futuro dell’Ucraina appare estremamente cupo. La guerra non mostra segni di cessazione a breve, il che significa più distruzione di infrastrutture e abitazioni, più distruzione di città e paesi, più morti civili e militari e più danni all’economia. Non solo l’Ucraina rischia di perdere ancora più territorio a favore della Russia, ma secondo la Commissione Europea, “la guerra ha avviato l’Ucraina su un percorso di declino demografico irreversibile“.[64] A peggiorare le cose, i russi faranno gli straordinari per mantenere la nuova Ucraina economicamente debole e politicamente instabile. Il conflitto in corso rischia anche di alimentare la corruzione, che da tempo è un problema acuto, e di rafforzare ulteriormente i gruppi estremisti in Ucraina. È difficile immaginare che Kiev possa mai soddisfare i criteri necessari per entrare nell’UE o nella NATO.
La politica degli Stati Uniti verso la Cina
La guerra in Ucraina sta ostacolando lo sforzo degli Stati Uniti di contenere la Cina, che è di fondamentale importanza per la sicurezza americana, dal momento che la Cina è un concorrente alla pari, mentre la Russia non lo è.[65] In effetti, la logica dell’equilibrio di potenza dice che gli Stati Uniti dovrebbero essere alleati con la Russia contro la Cina e rivolgere tutta la loro attenzione sull’Asia orientale. Invece, la guerra in Ucraina ha avvicinato Pechino e Mosca, fornendo alla Cina un potente incentivo per assicurarsi che la Russia non venga sconfitta e che gli Stati Uniti rimangano bloccati in Europa, ostacolando i loro sforzi di riorientamento verso l’Asia orientale.
Conclusione
Dovrebbe essere ormai evidente che la guerra in Ucraina è un enorme disastro che difficilmente finirà presto e che, quando finirà, il risultato non sarà una pace duratura. È necessario spendere qualche parola su come l’Occidente sia finito in questa terribile situazione.
Il senso comune sulle origini della guerra è che Putin abbia lanciato un attacco non provocato il 24 febbraio 2022, motivato dal suo grande piano di creare una grande Russia. L’Ucraina, si dice, era il primo Paese che intendeva conquistare e annettere, ma non l’ultimo. Come ho detto in numerose occasioni, non ci sono prove a sostegno di questa linea di argomentazione, anzi ci sono prove considerevoli che la contraddicono direttamente.[66] Sebbene non ci siano dubbi che la Russia abbia invaso l’Ucraina, la causa ultima della guerra è stata la decisione dell’Occidente – e qui stiamo parlando principalmente degli Stati Uniti – di fare dell’Ucraina un bastione occidentale al confine con la Russia. L’elemento chiave di questa strategia era l’ingresso dell’Ucraina nella NATO, una mossa che non solo Putin, ma l’intero establishment della politica estera russa, vedeva come una minaccia esistenziale da eliminare.
Spesso si dimentica che numerosi politici e strateghi americani ed europei si sono opposti all’espansione della NATO fin dall’inizio, perché avevano capito che i russi l’avrebbero vista come una minaccia e che questa politica avrebbe portato al disastro. L’elenco degli oppositori comprende George Kennan, il Segretario alla Difesa del Presidente Clinton, William Perry, e il suo Capo dello Stato Maggiore, il Generale John Shalikashvili, Paul Nitze, Robert Gates, Robert McNamara, Richard Pipes e Jack Matlock, per citarne solo alcuni.[67] Al vertice NATO di Bucarest dell’aprile 2008, sia il Presidente francese Nicolas Sarkozy che il Cancelliere tedesco Angela Merkel si sono opposti al piano del Presidente George W. Bush di far entrare l’Ucraina nell’alleanza. La Merkel ha in seguito dichiarato che la sua opposizione si basava sulla convinzione che Putin l’avrebbe interpretata come una “dichiarazione di guerra“.[68]
Naturalmente, gli oppositori dell’espansione della NATO avevano ragione, ma hanno perso la battaglia e la NATO ha marciato verso est, provocando alla fine una guerra preventiva da parte dei russi. Se gli Stati Uniti e i loro alleati non si fossero mossi per far entrare l’Ucraina nella NATO nell’aprile 2008, o se fossero stati disposti ad assecondare le preoccupazioni di Mosca in materia di sicurezza dopo lo scoppio della crisi ucraina nel febbraio 2014, probabilmente oggi non ci sarebbe alcuna guerra in Ucraina e i suoi confini avrebbero l’aspetto che avevano quando ottenne l’indipendenza nel 1991. L’Occidente ha commesso un errore colossale, per il quale, insieme a molti altri, non ha ancora finito di pagare.
[1] Questo documento è stato scritto come base per i discorsi pubblici che ho tenuto o terrò sul conflitto ucraino. Si veda, ad esempio: https://youtu.be/v-rHBRwdql8
Putin ha menzionato brevemente questi due obiettivi nel suo discorso del 24 febbraio 2023 che annunciava l’invasione dell’Ucraina. Ma non erano obiettivi realistici, dato che la Russia stava lanciando una “operazione militare speciale” che non mirava a conquistare tutta l’Ucraina. http://en.kremlin.ru/events/president/news/67843
[7] La Germania invase la Polonia il 1° settembre 1939 con circa 1,5 milioni di soldati. Il territorio polacco conquistato ai fini dell’annessione e dell’amministrazione era di circa 188.000 chilometri quadrati ed era popolato da circa 22,1 milioni di polacchi. L’Ucraina senza la Crimea era di circa 603.601 chilometri quadrati e aveva una popolazione di 41 milioni di ucraini quando la Russia la invase il 24 febbraio 2022. In altre parole, l’Ucraina era geograficamente più di tre volte più grande della parte di Polonia conquistata dai tedeschi nel 1939 e la sua popolazione era quasi il doppio. Per i numeri dell’Ucraina, si vedano le note 9 e 28. Per i numeri della Polonia, si veda Robert M. Kennedy, The German Campaign in Poland (1939), (Washington, DC: Department of the Army, 1956), p. 77; Richard C. Lukas, Forgotten Holocaust: The Poles under German Occupation, 1939-1944 (Lexington, KY: University of Kentucky Press, 1986), p. 2; and http://rcin.org.pl/Content/15652/WA51_13607_r2011-nr12_Monografie.pdf
[9] L’Ucraina prima del 2014 era 603.628 km quadrati. Crimea (27.000), Donetsk (26.517), Kherson (28.461), Luhansk (26.684) e Zaporozhe (27.180) rappresentano circa il 23% del territorio ucraino. Se i russi annettessero anche Dnipropetrovsk (31.914), Kharkiv (31.415), Mykolaiv (24.598) e Odessa (33.310), controllerebbero circa il 43% dell’Ucraina pre-2014.
[28] All’inizio del conflitto, la Russia contava circa 144 milioni di persone, mentre l’Ucraina ne contava 41 milioni, cifra che include gli abitanti del Donbass ma non i 2,4 milioni di persone che vivono in Crimea. Il rapporto è di 3,5:1 a favore della Russia. Come si è detto, circa 8 milioni di ucraini hanno lasciato il Paese dall’inizio della guerra – di cui circa 3 milioni sono andati in Russia e gli altri 5 milioni in Occidente. Inoltre, la Russia ha annesso territori in Ucraina, non tutti controllati. Prima dell’inizio della guerra, nel febbraio 2022, nei quattro oblast’ che la Russia ha annesso c’erano circa 8,8 milioni di persone, alcune delle quali si trovavano in un territorio che la Russia non controlla ancora e altre sono incluse nei 3 milioni di ucraini che si sono trasferiti in Russia. Sembra ragionevole supporre che 4 milioni degli 8,8 milioni che si trovavano in questi oblast prima della guerra siano ora sotto il controllo russo. Pertanto, la Russia ha ora una popolazione di 151 milioni (144 + 3 milioni di rifugiati + 4 milioni di persone nelle aree dell’Ucraina orientale che ora controlla). L’Ucraina, invece, ha 30 milioni di abitanti (41 milioni – 8 milioni di rifugiati – 4 milioni di persone nelle aree dell’Ucraina orientale che la Russia controlla). Questi numeri portano a un vantaggio russo di 5:1. Naturalmente, questi numeri potrebbero cambiare se un gran numero di rifugiati ucraini tornasse a casa o se la Russia conquistasse un numero sostanzialmente maggiore di territori ucraini e li annettesse. In ogni caso, l’Ucraina rimarrà decisamente in inferiorità numerica per quanto riguarda le dimensioni della popolazione.
[30] Per citare un fante ucraino che combatte a Bakhmut, “è un peccato che probabilmente il 90% delle nostre perdite siano dovute all’artiglieria – o ai carri armati e all’aviazione… E molto meno (perdite) nei conflitti tra fanterie“.
[32] È difficile determinare il numero di vittime russe e ucraine, poiché entrambe le parti forniscono poche informazioni sulle proprie vittime e informazioni discutibili sulle vittime dell’avversario. Vale la pena notare, tuttavia, che sia i resoconti pro-ucraini che quelli pro-occidentali degli eventi sul campo di battaglia parlano spesso dei livelli notevolmente elevati di perdite subite dalle forze ucraine, mentre non ci sono discorsi equivalenti nelle descrizioni pro-russe del campo di battaglia. Ci sono certamente discussioni sulle perdite russe, ma si vedono poche prove che le forze russe stiano subendo livelli di perdite particolarmente elevati come le loro controparti ucraine. Diversi governi, istituzioni e singoli individui offrono stime sulle vittime, ma non forniscono spiegazioni su come sono arrivati ai loro numeri. Una rara eccezione è rappresentata da un’attenta analisi della lunga battaglia di Bakhmut da parte di un blogger filo-russo, che stima la correlazione dei caduti in quella battaglia abbia favorito i russi per circa 2:1. https://bigserge.substack.com/p/the-battle-of-bakhmut-postmortem?utm_source=substack&utm_campaign=post_embed&utm_medium=web
[36] Per quanto riguarda la guerra civile americana, si vedano le cifre relative alle perdite degli attaccanti e dei difensori iniziali nelle prime dodici battaglie principali di quel sanguinoso conflitto in Richard E. Beringer et al., Why the South Lost the Civil War (Athens, GA: University of Georgia Press, 1986), p. 460. Per quanto riguarda la Prima guerra mondiale, si pensi a due delle principali battaglie che si svolsero nel 1916. Nella battaglia di Verdun, iniziata dalla Germania contro la Francia e in cui furono sparati 23 milioni di proiettili d’artiglieria dalle due parti, ci furono 350.000 vittime tedesche e 400.000 vittime francesi. Nella battaglia della Somme, in cui le forze britanniche e francesi iniziarono l’attacco contro l’esercito tedesco e in cui furono sparati 1.700.000 proiettili solo il primo giorno, gli Alleati subirono circa 620.000 perdite, mentre i tedeschi ne subirono 550.000. Martin Gilbert, Atlas of the First World War (London: Weidenfeld and Nicolson, 1970), pp. 53, 56; and https://www.historic-uk.com/HistoryUK/HistoryofBritain/Battle-of-the-Somme/; https://www.britannica.com/event/Battle-of-Verdun
[39] A dimostrazione che le forze di terra russe sono in buona forma dopo quattordici mesi di guerra e che probabilmente miglioreranno in futuro, si veda la recente testimonianza al Congresso del generale Christopher Cavoli, comandante supremo delle forze alleate in Europa.
[46] Un sondaggio condotto a febbraio e marzo [2023] dall’Istituto Internazionale di Sociologia di Kiev ha rilevato che l’87% degli ucraini considera inaccettabile qualsiasi concessione territoriale per raggiungere la pace. Solo il 9% ha dichiarato che accetterebbe concessioni se ciò significasse una pace duratura”.
[58] La Banca Mondiale riferisce che: “L’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa, la conseguente interruzione delle forniture di energia, cibo, metalli e altro, e l’inasprimento della politica monetaria e delle condizioni finanziarie hanno rallentato drasticamente la crescita in Europa e Asia Centrale (ECA) nel 2022. La crescita dell’attività regionale si è indebolita all’1,2% nel 2022 dal 7,1% del 2021”.
Si consideri, ad esempio, come l’adesione di Finlandia e Svezia alla NATO accrescerà il senso di pericolo della Russia. Non solo Mosca si troverà di fronte a un’alleanza occidentale più formidabile, ma la Finlandia condivide con la Russia un confine lungo 830 miglia e gli Stati Uniti stanno apparentemente pianificando di stabilire una presenza militare in Finlandia. Inoltre, il Mar Baltico, di vitale importanza strategica per la Russia – soprattutto per via di Kaliningrad – sarà ora circondato dai Paesi della NATO. A peggiorare le cose, c’è un serio potenziale di problemi nell’Artico, dove la Russia è uno degli otto Stati rivieraschi e dove è probabile che si verifichino controversie a causa del continuo scioglimento dei ghiacci. Gli altri sette Stati della costiera, tuttavia, sono ora tutti membri della NATO: Gran Bretagna, Canada, Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Stati Uniti. In caso di crisi nell’Artico, una Russia in inferiorità numerica e spaventata – con la maggior parte delle sue forze convenzionali bloccate in Ucraina – potrebbe perseguire una strategia militare altamente rischiosa per proteggersi.
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Il bellissimo saggio di Michael Vlahos, studioso di storia militare, strategia, antropologia, che qui traduciamo e pubblichiamo, rischiara uno degli aspetti più enigmatici della presente svolta storica. In questo scritto, con il suo ricchissimo corredo di note, Vlahos indaga le radici invisibili dei gravi errori strategici commessi negli ultimi trent’anni dalla potenza egemone occidentale, gli Stati Uniti d’America; e le cerca dove è meno facile scorgerle: nel mito fondativo americano, nella religione civile d’America, nei moventi più profondi e meno consapevoli della psiche americana.
Ne raccomando l’attenta e paziente lettura, e suggerisco al lettore di dedicare tempo anche ai numerosi rinvii ai testi citati in nota, spesso illuminanti. È tempo ben speso. Buona lettura.
Roberto Buffagni
Il demone nella sacra narrazione dell’America
L’America è una religione infiammata da un’apocalisse eternamente ricorrente, e la guerra è il suo rituale di purificazione.[1]
L’America è una religione. Il 4 luglio 1776, gli Stati Uniti furono battezzati con queste parole: “Ci impegniamo reciprocamente con le nostre vite, le nostre fortune e il nostro sacro onore“. Con questo giuramento[3], una nazione è nata e ha inaugurato il mito del suo ingresso nel divenire storico. Però, i Fondatori – i nostri “creatori” – hanno immaginato più di una nazione. Hanno anche abbozzato l’arco narrativo di un viaggio divinamente eroico, e designato gli Stati Uniti come il culmine (futuro) della Storia.
Questa è la sacra narrazione dell’America. Sin dalla loro fondazione, gli Stati Uniti hanno perseguito, con ardente fervore religioso, una superiore vocazione a redimere l’umanità, punire i malvagi e battezzare l’Età dell’Oro sulla terra. Mentre Francia, Gran Bretagna, Germania e Russia si aggiravano per il mondo alla ricerca di nuove colonie e conquiste[4], l’America si è costantemente attenuta alla sua originale visione della propria missione divina quale “Nuovo Israele di Dio”[5]. Mentre le narrazioni mitiche delle altre grandi potenze erano crudelmente egocentriche, la Scrittura americana era – e rimane tuttora – “Servire l’Uomo”[6].
Così, tra tutte le rivoluzioni scatenate dalla Modernità, gli Stati Uniti si dichiarano, nella loro stessa Scrittura, il precursore e l’apripista dell’Umanità. L’America è la nazione eccezionale, l’unica, la pura di cuore, la battezzatrice e la redentrice di tutti i popoli umiliati e oppressi: L'”ultima, la migliore speranza della Terra”[7].
Questo è il catechismo della Religione Civile Americana[8]. Agli occhi del mondo, tutto questo può sembrare un vano rituale di autoglorificazione, eppure la Religione Civile è l’articolo di fede nazionale degli americani. È la Sacra Scrittura, che prende forma retorica attraverso ciò che gli americani considerano la Storia. Eppure questa visione della storia è meglio compresa se la si intende come un corpus di letteratura sacra, per molti versi paragonabile all’Islam.
Al posto del Corano, l’America ha la sua Dichiarazione di Indipendenza e la sua Costituzione. Al posto della Sira (السيرة النبوية), degli Hadith (حديث) e dei Tafsir (تفسير), l’America ha i Federalist Papers, le omelie presidenziali a partire dal Discorso di addio di Washington[9], e le tradizioni, le storie e i detti dei Fondatori, fino alle interpretazioni moderne offerte dai “grandi americani” che si sono succeduti. Invece del Fiqh (فقه) e del suo sistema di Madhhab (مذهب), l’America ha le sue scuole di giurisprudenza che interpretano e traducono – in una sorta di Ijtihad (اجتهاد) – le sue scritture nel corretto “modo di agire” (cfr. Madhhab).
Oggi possiamo davvero comprendere il pensiero e l’azione americani solo attraverso la lente della religione. L’America è infatti una religione intransigente come l’Islam[10]. Per esempio, si può pensare che agli americani manchi la Shahada (ٱلشَّهَادَةُ), o “la testimonianza” della fede, ma non è passato molto tempo da quando gli studenti di tutte le scuole pubbliche americane recitavano quotidianamente il Pledge of Allegiance (“il giuramento”). Non solo l’inno nazionale americano è un puro inno sacro, ma le sue parole sacre – Libertà e Democrazia – sono cantate ritualmente dal suo popolo proprio come ʾIn shāʾ Allāh dai musulmani.
La nostra letteratura sacra definisce chi siamo, da dove veniamo e dove stiamo andando, e, come per la Ummah islamica (أُمّة), costituisce l’alveo del nostro Io nazionale. Inoltre, come l’Islam, anche la missione dell’America è “giustamente” guidata, e sarà compiuta solo quando tutta l’umanità sarà riunita nel suo abbraccio “democratico”. Proprio come il Dar-al-Islam, nel suo periodo di massimo splendore, spingeva incessantemente per una comunità globale “con il fuoco e la spada”, gli Stati Uniti hanno perseguito un universalismo non meno incessante nel loro secolo di apogeo.
La nostra letteratura sacra definisce l’identità americana come un grande arco narrativo, donato da Dio, che si realizza attraverso una serie ricorrente di storie che illustrano epifanie del sacro continuamente ascendenti: un ciclo storico di lotte estatiche che danno forma al mitico passaggio verso l’inverarsi storico dell’America, e che culminano in un’apocalisse – “rivelazione” o “svelamento” (in greco antico apokálupsis). All’interno di questi cicli apocalittici, il significato nascosto dell’arco narrativo sacro americano si rivela solo attraverso la realizzazione della democrazia universale. Come l’Islam, anche la religione americana culmina in un’apocalisse[11].
Come tale, l’arco narrativo americano può realizzarsi solo attraverso la battaglia. Ogni “momento culminante” nella narrazione sacra americana è stato realizzato attraverso il sacrificio reciproco e il potere trascendentale della vittoria in battaglia. Dal momento della sua fondazione a oggi, la guerra è stata l’incudine dell’America, e nel sangue essa è stata divinamente temprata[12].
Non solo ogni grande guerra americana è considerata un punto di riferimento per il progresso verso un Graal millenaristico, ma ogni generazione americana è stata incoraggiata a spostare in avanti il metro di misura dell’avanzamento. Anche se non tutte le lotte sono state coronate da successo, ogni spinta ha costituito un trampolino di lancio per il prossimo grande passo. La narrazione sacra americana è così onnipresente e onnipotente che, in oltre 250 anni, non c’è stata alcuna pausa storica significativa nell’inflessibile spinta americana verso la Jihad.
La narrazione sacra governa gli americani: governa ciò che pensano, dicono e fanno. La domanda è: chi controlla questa narrazione sacra? Naturalmente, il Vangelo americano è una creazione del popolo americano. Per quanto crediamo – anche se spesso in senso figurato – alla sua ispirazione divina, la “buona novella” dell’America è una nostra creazione. E proprio come per la Costituzione, in teoria abbiamo il potere di emendarla. Tuttavia, dato che l’imperativo dell’esegesi è scolpito nelle tavolette di Ur della religione civile americana, il settarismo diventa inevitabile.
La religione civile americana è inestricabilmente legata alla Riforma, al cristianesimo calvinista e alla sanguinosa storia del protestantesimo, con la narrazione sacra dell’America plasmata e battezzata attraverso il primo e il secondo Grande Risveglio del Paese. Sebbene la sua lettura scritturale sia divenuta laica nell’era del Progresso, la religione americana è rimasta legata alle sue radici formative. Infatti, anche la nostra contemporanea “Chiesa di Woke”[13] non può sfuggire alle sue origini cristiane calviniste.
Più volte nella storia americana, sette autoctone hanno cercato di “revisionare” la narrazione sacra, forse addirittura trasfigurandola. Per di più – dato il messianismo jihadista che fa da cornice alle Scritture nazionali americane – questo percorso revisionista deve passare attraverso la valle di lacrime dell’effusione di sangue fraterno e delle guerre civili.
L’apocalisse che porta il Millennio promesso all’umanità deve necessariamente riflettere l’anelito apocalittico del Vangelo americano: se siamo caduti nella corruzione, dobbiamo essere purificati e resi di nuovo degni di agire come Redentore del Mondo. Per i suoi peccati, una narrazione sacra corrotta non può trovare espiazione. Semmai, un Nuovo Testamento inossidabile deve sostituire il Vecchio Testamento arrugginito. La rinascita esige quindi il passaggio attraverso il fuoco purificatore della guerra. In effetti, l’ossessione per il potenziale purificatore e consacrante delle prove e dei terrori insiti nella guerra è il demone che si nasconde nei meandri della nostra letteratura sacra.
Questo invasamento demoniaco della guerra si radica nella nascita stessa dell’America come nazione. La Rivoluzione americana costrinse la nuova nazione a cacciare i propri fratelli e ad abbandonare l’antica parentela con la Gran Bretagna. Persino il codice sorgente della narrazione sacra dell’America – la Dichiarazione – è stato predeterminato in conformità alla trasfigurazione dei nostri (ex) parenti in (d’ora in poi) estranei e alieni, se non nemici. L’indipendenza richiedeva una metamorfosi. Il passaggio alla “rivelazione” passava attraverso il fuoco della guerra esistenziale intestina.
La Dichiarazione prefigurava anche la seconda possessione demoniaca dell’America. La guerra civile americana si sviluppò da una vistosa spaccatura settaria[14] che andò sempre più fuori controllo dopo il 1815. Due sette neocristiane evangelizzatrici ferocemente diverse, eppure inquietantemente simili, portarono a uno scisma nella religione civile[15] che assunse l’intensità appassionata delle guerre di religione europee (1545-1648)[16].
Il terzo invasamento dell’America ad opera della guerra santa si trasformò in un’apocalisse nientemeno che globale. Qui gli Stati Uniti non dovettero affrontare sette rivali all’interno della Religione Civile Americana, ma piuttosto il Demiurgo (gnostico) stesso, in una serie di sue manifestazioni tenebrose – fascismo, nazismo, comunismo – che potevano essere sconfitte solo dalla Luce.
Dal 1945, gli Stati Uniti hanno spesso confuso le battaglie neo-settarie affrontate in patria con la loro jihad universale per elevare e redimere l’umanità all’estero. Il nucleo della narrazione sacra dell’America – la sua autocomprensione come nazione divinamente ordinata, universalista e apocalittica – è, nella sua intensa religiosità, preoccupante. Il fatto che gli americani siano del tutto ignari di questo zelo religioso è inquietante. Ciononostante, questa narrazione sacra ha guidato gli americani di ogni generazione, spingendoli a ricreare e rivivere il loro arco narrativo originale – un eterno ricorso che oggi ha ramificazioni globali.
Questo ci porta alla nostra situazione attuale. Dal 2014, una nuova setta in rapida crescita – la “Chiesa di Woke” – ha cercato di trasformare e possedere pienamente la religione civile americana, per regnare come confessione religiosa sua erede. Ironicamente, il fervore del suo evangelismo incanala il post-millenarismo del Primo Grande Risveglio, il cui messianismo è stato codificato nel Novus Ordo Seclorum[17] (Nuovo Ordine dei Secoli).
Come ha preso forma la religione civile americana? Qual è l’origine del momento critico in cui ci troviamo oggi?
I quattro pilastri della rettitudine americana
La religione civile americana è guidata da quattro convinzioni e atteggiamenti di fondo: 1) missionarismo, 2) messianismo, 3) manicheismo e 4) millenarismo. In primo luogo, si ritiene che gli Stati Uniti siano in missione per conto di Dio, come ci ricorda Elwood Blues[18]. L’America è stata incaricata da Dio (o dalla Provvidenza[19]) e quindi porta con sé la Sua autorità, con il popolo americano che funge da agente divino. Con la fondazione dell’America, questa voce divina – che si leva al di sopra e dall’esterno, ma che sorge anche dall’interno – diviene immanente nei Fondatori dell’America e nei suoi “eletti”.
Il secondo motore della teologia americana è il suo idealismo messianico, radicato in una visione escatologica dell’esistenza. Si ritiene che l’America sia stata scelta – in quanto “nazione eccezionale” – per sollevare gli umiliati e soccorrere gli oppressi. L’America è la Nazione Redentrice[20] per eccellenza. La “salvezza” del mondo è affidata all’America, che deve assumersi il compito di rovesciare e punire i malvagi, di inseguire e abbattere il Male stesso. Questa certezza della propria unzione sacra, del proprio ruolo nel “giudizio finale” rende gli americani particolarmente inclini ad adottare una mentalità “bianco o nero”. L’America rappresenta la Luce, che lotta contro l’eterno “Lato Oscuro”[21] – questo è il terzo pilastro e il fondamento del manicheismo americano.
Infine, come città splendente su una collina[22], l’America rappresenta la nazione scelta da Dio, il cui popolo ha il sacro compito di mantenere la promessa postmillenaria del Regno dei Cieli sulla Terra. L’America guiderà quindi l’Umanità attraverso un mitico passaggio verso i benedetti “ampi e soleggiati altipiani”[23]. Questi quattro quadri mentali sono inestricabili dal nostro stesso essere americani e costituiscono il fulcro della nostra visione del mondo ancora oggi.
Prima di esaminare in modo più dettagliato questi pilastri della religione civile americana, una parola di cautela. Tutte le nazioni hanno dei miti fondativi e – in modo pesante o più leggero – sono tutte governate da essi. L’America non è unica tra le nazioni. Tuttavia, la sua narrazione sacra è davvero diversa, e rappresenta una forza potente nella psiche nazionale. Questa narrazione sacra non può catturare pienamente la ricchezza e la diversità di un ethos originale, un tempo radicato in antiche tradizioni. La cultura americana rimane un terreno di intrecci di tradizioni popolari e di visioni del mondo che ricordano ancora i suoi antecedenti storici. Alcuni li hanno definiti “il seme di Albione”[24].
Eppure, più volte, élite troppo zelanti, spinte da programmi estremi e utopistici, sono riuscite ad appropriarsi della Religione Civile e l’hanno piegata alla loro fede e alla loro visione del mondo universalistica, sebbene fosse in contrasto con le tradizioni normative contrastanti dell’American way of life.
Tuttavia, ogni generazione americana, dalla fondazione in poi, è stata governata da una religione civile che ne formava il contesto culturale. Se la narrazione sacra dell’America è stata vista e interpretata attraverso il prisma di una corrente di pensiero dominante – che fa capo più a Thomas Jefferson che a George Washington – ha comunque catturato l’identità americana, anima e corpo. Come ha fatto un caravanserraglio di tradizioni popolari, abitudini e retaggi coloniali a trasformarsi nella religione civile americana, intransigente e assolutista, che conosciamo oggi?
Il tempo di passione della nascita d’America – lo sconvolgimento rivoluzionario avvertito da ogni cittadino – ha offerto a una minoranza fanatica[25] lo scenario perfetto per catturare l’immaginazione americana con la promessa di un “progetto” eterno, il crogiolo perfetto per realizzare una metamorfosi nazionale.
Quindi, dalla caotica selva di possibilità di questo ambiente, una nuova religione e la sua narrazione sacra furono in grado di cristallizzarsi, creando al contempo le condizioni per fare proselitismo in una società coloniale più passiva e politicamente agnostica. Una minoranza di zeloti, che nelle generazioni a venire verrà ricordata come “I Figli della Libertà”, divenne il cocchiere in incognito della Rivoluzione.
Dall’America tardo-coloniale ai giorni nostri, i veri credenti hanno “guidato” ogni arco narrativo apocalittico americano. Come nella maggior parte delle rivoluzioni della storia, i pochi ardenti sono gli evangelisti che danno forma al caos del cambiamento, iniettando la loro rettitudine nelle arterie spirituali dei molti.
L’America missionaria
La missione americana sgorga da una sorgente divina. Nel corso del tempo, l’alleanza originaria della comunità puritana con Dio[26] si è trasformata nella direttiva principale dell’America. L’America è diventata così “una città su una collina, alla quale gli occhi di tutti i popoli” – non solo in America ma in tutto il mondo – guardano con meraviglia. Lo Stato Missionario che ne deriva ha una sola brama: bagnare tutti i popoli nell’acqua battesimale della democrazia, della libertà e dell’uguaglianza.
Questa missione americana è stata risvegliata e ribattezzata quattro volte. Il primo e il secondo “Grande Risveglio” furono eventi nazionali drammatici, galvanizzati dal fuoco spirituale del revivalismo cristiano. Precedendo la Rivoluzione americana, il Primo Grande Risveglio[27] elettrizzò il grido di “Libertà” con un taglio evangelico[28], che riecheggiava la squillante profezia di Jonathan Edwards.
Il Secondo Grande Risveglio diede vita a nuove sette americane, come la Christian Science[29], gli Shakers[30] e la Chiesa dei Santi degli Ultimi Giorni[31], e guidò i movimenti sia pro sia contro la schiavitù verso l’evangelizzazione settaria, con la piena aspettativa di una lotta apocalittica. Il periodo della Ricostruzione che seguì era finalizzato al compimento di una narrazione salvifica che non avrebbe semplicemente riscattato gli schiavi, ma anche lavato i peccati dell’America stessa – un secondo battesimo nazionale[32].
Le epifanie nazionali cristiane furono poi seguite da un altro tipo di terzo grande risveglio, anche se non fu mai formalmente chiamato così. Tuttavia, dalla corruzione della Gilded Age e dal purgatorio della società industriale, sorse un movimento chiamato Vangelo sociale,[33] per aiutare gli americani a scoprire una nuova promessa di salvezza in questa vita. Questo movimento, a sua volta, animò una causa Progressista emergente: divenire levatrici del nuovo, in modo che il vecchio cristianesimo potesse dare vita a una nuova visione secolare che rimanesse comunque fedele a se stessa[34]. I progressisti, affatto laici, accettarono volentieri la benedizione cristiana su un’impresa per nulla interessata alle vecchie radici cristiane[35].
Nonostante l’apparente rifiuto di ogni ascendenza cristiana, tuttavia, il rituale e la dottrina di questa nuova incarnazione della religione civile si sarebbero attenuti alla forma originale e sacra del calvinismo. Solo che da allora in poi, tutte le apocalissi americane avrebbero potuto comandarci e ipnotizzarci con una voce laica.
La Missione Americana mescola, così, la redenzione con la conversione. I proclami sulla volontà di rendere il mondo “sicuro” – come sostenuto da Woodrow Wilson[36] nel suo discorso sulla Dichiarazione di Guerra, o, nel nostro tempo, sulla Responsabilità di Proteggere (R2P) di Samantha Power[37] – sono fuorvianti. In realtà, l’invocazione retorica di un “mondo sicuro e protetto” rappresenta una investitura divina americana, e il suo vero obiettivo è: convertire tutte le nazioni e i popoli alla religione americana.
Questo arco narrativo è iniziato con il Secondo Grande Risveglio, quando i missionari cristiani “procedettero dagli Stati Uniti verso i quattro angoli della terra”[38]. Negli anni Novanta del XIX secolo, quando lo Stato-nazione si proiettò sul mondo, lo Stato aveva srotolato nuovi stendardi missionari e nuovi catechismi, ma parlando con voce laica: per esempio, “conversione attraverso l’istruzione”, “educazione alla democrazia” e “civiltà americana”.
In effetti, la Commissione Taft, fissando la bussola culturale del dominio americano sulle Filippine, fece dell’educazione alla democrazia e alla civiltà americana il progetto di nation-building[39] dell’epoca. Furono inviati centinaia di insegnanti americani (i “Thomasites”) e l’esercito americano costruì migliaia di scuole. Così, la costruzione di scuole divenne il tropo eroico della costruzione della democrazia, una “parola fatta carne” ufficiale pronta ad ispirare le successive missioni di “nation-building” in Iraq e Afghanistan.
Così, l’appello della Missione americana si è evoluto dalla redenzione di se stessi alla redenzione del mondo. Inizialmente guidato dal revivalismo cristiano, lo zelo missionario dell’America si è presto orientato verso un’alleanza secolare, ma ancora sacra (i 14 Punti di Wilson fanno uso esplicito di questa parola) con il mondo in quanto tale. L’autorità di questa alleanza implicita è ancora oggi in pieno vigore. Nessun’altra religione mondiale ha fatto un proselitismo più aggressivo con le sue dottrine.
L’America messianica
Il messianismo americano incanala il potere delle eredità teologiche intrise della visione di Calvino sulla predestinazione. Riflette un abbraccio collettivo della predestinazione, che avvolge sia la nazione che i cittadini. Nel 1765, John Adams dichiarò che il popolo americano era guidato da una “provvidenza benigna” e che la sua missione aveva dimensioni messianiche[40]:
Ho sempre considerato l’insediamento dell’America con riverenza e meraviglia, come l’apertura di una grande scena e di un disegno della provvidenza, per l’illuminazione degli ignoranti e l’emancipazione della parte schiava dell’umanità su tutta la terra.
Quindi, l’America non solo ha un carattere “messianico” – in quanto “posseduta da passione e zelo” – ma manifesta una visione implicitamente biblica che proclama la sua fede nella natura predestinata del suo passaggio. Una “nazione eletta” divinamente scelta per agire nel nome della Provvidenza come Redentore del Mondo: il grande arco della narrazione sacra americana marcia sempre in avanti – con l’America come braccio di Dio – verso il millennio “benedetto”. Rivelando l’estasi di questo Zeitgeist messianico, Walt Whitman[41] poteva così esclamare nel 1860:
Io sono il cantore – canto ad alta voce sopra il corteo; …
Canto il nuovo impero, più grande di tutti i precedenti – Come in una visione mi viene incontro;
Canto l’America, la padrona – Canto una supremazia più grande; …
Noi siamo i pionieri del mondo; l’avanguardia, inviata attraverso il deserto delle cose non sperimentate, per aprire un nuovo sentiero nel Nuovo Mondo che è nostro. La nostra forza è nella nostra giovinezza… la nostra voce profonda è udita lontano. Siamo stati a lungo scettici nei confronti di noi stessi e abbiamo dubitato che il Messia politico fosse venuto. Ma è venuto in noi.
A metà del XIX secolo, l’etere della Missione americana era pienamente infuso di messianismo della “Giovane Libertad”, in una fusione dimorfica di Antico e Nuovo Testamento. In effetti, l’eredità di Edwards è riuscita a creare un’autentica voce cristiano-americana, per quanto questa possa sembrare lontana dalle realtà della vita politica americana della metà del XIX secolo.
III. L’America manichea
L’idea di un’eterna lotta del bene contro il male risale all’antica Persia e alla religione gnostica e dualistica del profeta Mani (آینِ مانی). Si tratta di un tema duraturo, la cui corrente profonda si riversa nel cristianesimo e nelle sue numerose eresie (ad esempio, Albigesi, Bogomili e Pauliciani). Il manicheismo americano presuppone un Demiurgo e, dopo averlo evocato, lo proclama come proprio. Una volta che l’America rivendica l’intero potere del Bene e lo rende del tutto intrinseco alla sua concezione del Sé, lo Straniero, l’Estraneo e ciò che viene designato come l’Altro possono essere transustanziati di colpo – attraverso la celebrazione della liturgia nazionale – in puro Male.
In questo atto riflessivo, l’alterità precede il vilipendio definitivo e ufficiale. La fede religiosa crea un contesto che permette di trasformare l’altro in un male che distrugge il mondo. È con questa sacra ingiunzione che i guardiani dell’opinione pubblica americana accusano ed ostracizzano regolarmente le voci americane dissenzienti.
L’icona originale del male americano è emersa con la Rivoluzione Americana, con la quale rimane per sempre sincronizzata. Durante questa primordiale apocalisse americana, i rivoluzionari scacciarono gli ex fratelli come presunti agenti del tiranno primordiale, Giorgio III. Il fascino freudiano della trasformazione del fratello in Altro ha raggiunto il suo apice nella seconda apocalisse americana. Durante la Guerra Civile, “fratello contro fratello” divenne il motto quotidiano della guerra. Rispetto alla Guerra di Rivoluzione, l’apostasia americana era maturata. Durante la guerra civile, l’espiazione e la riparazione – il ricongiungimento con il corpo della Chiesa (americana) – divennero il compito più urgente dell’Unione.
Passando al XX secolo, era necessaria una riconciliazione operativa attraverso la quale l’ex nemico potesse trovare l’espiazione ed essere accolto, in ginocchio, nella vera fede garantita dalla profezia americana. Ciò è del tutto in linea con la formula originale osservata dall’America per trattare con il Prototipo dell’Altro. In conformità ad essa i Tories[43], responsabili mai perdonati del (nostro) peccato originale, sono stati scacciati ed esiliati dalla Città sulla Collina per tutta l’eternità[44]: banditi nelle gelide distese al di là del firmamento americano, oggi note come Canada. In questo modo, le prime due apocalissi dell’America hanno creato una patologia dualistica nella narrazione sacra americana: ostracismo o redenzione.
La soluzione novecentesca dell’America è stata quella di trasformare il nemico distillando tutto il male e il peccato in un individuo “satanico” che fosse la nuova personificazione del Male. Quindi, il nemico primordiale dell’America non erano i tedeschi, ma Hitler; non i sovietici, ma Stalin; non i russi, ma Putin. Il male personificato come Anticristo è stato il santo dei santi nella formula di redenzione dell’America per quasi un secolo.
L’America millenaristica
Anche se oggi non è il senso corrente della parola, “apocalisse”, come detto in precedenza, significa rivelazione – togliere il velo sulla Parola di Dio e sul suo Piano. “Apocalisse”, quindi, non significa la fine del mondo, ma piuttosto il suo culmine: “Tutta la storia è, infine, apocalittica”.
Un particolare esito apocalittico – il postmillenarismo – è incorporato nella narrazione sacra americana. Può essere ricondotto, ancora una volta, a Jonathan Edwards. Gli storici hanno accusato Edwards di aver “catalizzato questo particolare filone di escatologia”[45], indirizzando così l’America verso il “destino manifesto”[46].
Oggi, nessun americano “giustamente guidato[47]” può prendere in considerazione, e tanto meno accettare, un eschaton minore. Per esempio, dati i dogmi della religione civile americana, un “realismo” che osi mettere in discussione il potere divino della democrazia diventa immediatamente anatema. Una visione dell'”interesse nazionale” slegata dal nostro piano sacro[48] equivale all’apostasia. Consultiamo le nostre Scritture americane. Innanzitutto, Apocalisse 14:19:
And the angel thrust in his sickle into the earth, and gathered the vine of the earth, and cast it into the great winepress of the wrath of God[49].
Confrontatelo con questo versetto della liturgia della guerra civile – L’inno di battaglia della Repubblica:
He is trampling out the vintage where the grapes of wrath are stored; He hath loosed the fateful lightning of His terrible swift sword.[50]
Così, sulla scia della sua seconda guerra apocalittica, nel 1865, con la politica purificata e il male abbattuto[51], poté nascere una nuova America.
Gli americani ritenevano che ciascuna delle crisi nazionali americane avrebbe potuto inaugurare nell’immediato un’era millenaria, un “Novus Ordo Seclorum“[52], come prefigurato e profetizzato nelle parole di Washington. L’apocalisse e il suo potere rivelatore indicano quindi sempre la fine predestinata del nostro arco narrativo, una mimesi celeste in cui il mondo divino si rispecchia in terra.
Per questo, nel 1945, circa ottant’anni dopo la guerra civile, la terza apocalisse americana fu considerata un’altra opportunità provvidenziale per realizzare la profezia destinale dell’America. Anche se la promessa di un giudizio finale fu congelata dalla Guerra Fredda e rinviata ai posteri, l’establishment statunitense iniziò a sbandierare un Millennio in attesa: che c’era di nuovo un imminente “Mondo libero” da realizzare, un giorno, in un sacro ordine internazionale liberale.
L’improvvisa caduta dell’Unione Sovietica nel 1991 inaugurò una falsa aurora. Semplicemente, la classe dirigente americana non era preparata a una sincronicità junghiana[53] dell’apocalissi così perfetta. Hanno freneticamente dichiarato un “Nuovo Ordine Mondiale” e celebrato la “fine della storia”[54], come se tutta l’umanità fosse semplicemente destinata a inchinarsi al Grande Sigillo dell’America.
Naturalmente, il Millennio promesso rimane ancora sfuggente. Ma questo non ha impedito all’establishment della politica estera degli Stati Uniti di attribuire una posta in gioco esistenziale a ogni nuova guerra che intraprende, appiccicando su di essa i sogni, divinamente sanciti, inclusi nella ricerca mitica – sempre affascinante – del compimento spirituale dell’America. La profondità e l’ampiezza della religione civile americana rivaleggiano con qualsiasi fede mondiale, non solo per l’enormità della teologia, la forza dei dogmi e la presa della sua letteratura sacra, ma anche per il suo impatto maniacalmente benefico e tuttavia brutale sull’umanità e sulla storia.
Per comprendere meglio la narrazione sacra americana, può essere utile valutare l’arco narrativo nazionale dell’America come si farebbe con una serie televisiva. In quanto tale, la serie americana di successo è già stata rinnovata per un certo numero di stagioni, anche se la nostra è una storia sacra organizzata intorno alle apocalissi.
Come religione universalista radicata fin dalla nascita nell’apocalisse, il ciclo di vita di 250 anni dell’America è interamente catturato dal suo sacro arco apocalittico, punteggiato da tre sorprendenti “rivelazioni”: la nascita con la Rivoluzione Americana, un battesimo o purificazione nella Guerra Civile, e una redenzione mondiale durante le due Guerre Mondiali – quasi compiuta, ma anticipata.
Cosa ci aspetta dunque nella nuova, e forse ultima, stagione? Dove siamo diretti, in questa melodrammatica prova?
La quarta apocalisse americana?
Gli americani continuano a negare che la loro ideologia nazionale equivalga a una religione civile. E’ vero che la grande intuizione in merito di Robert Bellah ha trovato ascolto sin dal 1973, ed è citata, a intermittenza, nei media mainstream[55]americani. Tuttavia, è un riconoscimento criptico e raro, e la consapevolezza popolare di esso è quasi inesistente. Gli americani rimuovono risolutamente la loro religione civile per tre motivi.
In primo luogo, gli Stati Uniti sono nati nello sfolgorio del pensiero illuminista, dove religione – soprattutto la Chiesa romana – equivaleva a superstizione. Edward Gibbon, che nel 1775 ebbe la sua epifania nel Foro Romano, attribuì il “declino e la caduta” di Roma alle forze della “barbarie e della religione”[56].
Tuttavia, i Fondatori abitavano un ambiente plasmato da uno Zeitgeist protestante, che dominava le loro vite. Se gli americani dovevano essere campioni della Ragione – dove “la Scienza è reale” e (in quasi tutte le dispute) “fornisce la soluzione” – quel Tempio della Ragione doveva avere radici affondate nella Predestinazione calvinista. Naturalmente, ogni americano “giustamente guidato” sa che il suo Paese è sinonimo di Progresso: l’America non può mai essere medievale. Quindi, in un atteggiamento del tutto privo di autoconsapevolezza, qualsiasi religione di Stato regnante – con le sue dure leggi religiose – apparirebbe arretrata, primitiva o, come spesso si dice del fondamentalismo islamico, equivale a “tornare al XIV secolo”[57].
Inoltre, gli americani – quasi senza eccezione – non riescono a concepire la religione in assenza di una “Chiesa” formale e confessionale. Così, anche all’apice della Guerra Fredda, i mali del comunismo non erano identificati come i peccati di una Chiesa alternativa. Il canone marxista-leninista non poteva essere teologia: doveva invece essere “ideologia”. Dopo tutto, come potrebbero essere religiosi i “comunisti senza Dio”? A ciò si aggiunga il fatto che molti esponenti della sinistra americana simpatizzavano con l'”idea” del socialismo e lo trovavano attraente per gli Stati Uniti, sempre che fosse stato “fatto bene”. In altre parole, credevano che una bella dose di democrazia e libertà americana avrebbe sicuramente ripulito il marxismo dai suoi mali e distillato i suoi altrimenti nobili ideali. Il socialismo è fallito in Russia perché non è stato unto dalla “buona novella” americana: una sua versione americana, invece, avrebbe prosperato.
Infine, una confessione di fede americana – l’aperta enunciazione dell’esistenza di una religione civile nazionale – sembrerebbe annullare la clausola di separazione tra Chiese e Stato della Costituzione. Tuttavia, la religione civile americana originale, così come concepita dai Fondatori, può essere definita una chiesa di Stato? Quasi certamente, essi direbbero di no. Dopo tutto, una religione civile non è una chiesa, almeno non nel modo in cui l’Illuminismo intendeva la religione. Nel XVIII secolo, per “religione” si intendeva una chiesa di Stato. Il diritto canonico e la common law rientravano quindi entrambi nelle prerogative dello Stato, che i Fondatori intendevano come Parlamento e Re. Possedere la Chiesa d’Inghilterra significava che lo Stato britannico poteva dire alla gente come vivere e pensare[58]– e lo fece -, come dimostrano l’Atto di uniformità[59], i Test Acts e le leggi penali.
Queste sono alcune delle ragioni per cui alcuni potrebbero esser contrari a inquadrare l’ultimo movimento di fede che emerge dall’attuale quarto Grande Risveglio come un’altra sfida settaria, familiare, persino classica, alla religione civile. In realtà, il “Risveglio”[60] è paragonabile alle sette evangeliche aggressivamente confliggenti, incardinate nel Nord e nel Sud, che spinsero l’America in una lotta (intestina) negli anni Cinquanta dell’Ottocento, dopo il Secondo Grande Risveglio. La sua origine può anche essere ricondotta direttamente ai temi laico-socialisti dell’era progressista, che si riflettevano nel Vangelo sociale.
Tuttavia, la crescita di questa nuova e virulenta setta americana va ben oltre, segnalando l’emergere di una futura nuova chiesa americana, una chiesa vera e propria. In questo caso, la “Chiesa di Woke”[61] implica un futuro edificio giuridico, inteso a revisionare e trasformare radicalmente il patto costituzionale americano attraverso dottrine semisacre e sponsorizzate dallo Stato, tra cui la “Critical Race Theory” (CRT), la “Diversity, Equity, and Inclusion” (DEI), la “Environmental, Social, and Corporate Governance” (ESG).
Nel XXI secolo, la protezione e il privilegio dello Stato hanno creato un proscenio politico su cui agisce una coalizione di tre distinti gruppi identitari laico-spirituali: Femministe, Persone di Colore e LGBT. Ognuna di queste sette ha al suo interno un gruppo di fazioni e denominazioni in crisi. Questa alleanza di sette si è fusa in una coalizione politica “intersezionale” che può essere sostenuta finché il suo programma comune rimane condivisibile.
Sotto la nuova religione wokeista, i confini tra il globale e il locale, l’interno e l’estero svaniscono, per essere sostituiti da un americanismo proselitista, totalizzante e imperiale.
Tuttavia, se il loro programma comune venisse attuato costituzionalmente, la Chiesa di Woke sarebbe in grado di trasformare la vita americana: non solo stabilirebbe un apparato di controllo sul modo in cui i cittadini comuni pensano e si comportano, ma conferirebbe anche l’ordinazione auna nuova élite dirigente, i nuovi chierici della Chiesa Woke.
Gli sforzi della Chiesa di Woke per consacrare la classe dirigente americana – attraverso un corpo consacrato di veri credenti – non mirano tanto ad allevare una nuova aristocrazia, quanto piuttosto a preservare il controllo dell’élite sulla ricchezza e sul potere nella vita americana. In questo senso, la Chiesa non cerca semplicemente di reinterpretare (ijtihād) la dottrina, la legge e le scritture della religione civile originale, come altre sette della storia americana. Rappresenta anche un percorso seguito dalla classe dirigente per consolidare il suo potere e mantenere lo status quo. Il “radicalismo radicale” forse non è poi così radicale, ma il suo estremismo fa presagire autodafé settari e guerre esistenziali all’interno della religione civile[62] come quelle che caratterizzarono l’America tardo-antica.
In un altro senso, la nascente e fluttuante Chiesa di Woke assomiglia di più, formalmente – per il suo successo nella sovversione dello Stato e delle élite al potere – al cristianesimo insurrezionale della fine del III secolo d.C. Ciò che può allarmare è che questo movimento di fede è riuscito a conquistare le “altezze di comando”[63] della vita americana in poco più di un decennio. Tuttavia, anche questo indica una relazione simbiotica tra Chiesa e Stato che è più che mai senza tempo. Come la Chiesa primitiva catturò l’aristocrazia romana, così quei nobili romani si impossessarono della Chiesa per confermare il loro potere[64]. La religione civile è uno strumento di potere tanto venale quanto sacro.
La Chiesa di Woke ha, per il momento, conquistato lo Stato federale degli Stati Uniti e le istituzioni dominanti[65] della vita americana. Molti antecedenti storici dell’odierno movimento di fede Woke, ossia le sette evangeliche[66] calviniste americane precedenti la Guerra Civile, come Slave Power e Abolizionisti, hanno anch’essi cercato di appropriarsi della religione civile americana fondamentale, e di trasfigurarla in una chiesa di Stato a propria immagine e somiglianza. Nessuna di queste sette fanatiche ebbe successo. Tuttavia, equiparando la teologia e il dogma del suo movimento a quella che dovrebbe essere la legge (statunitense), la dottrina Woke sta effettivamente scatenando una Sharia americana e reclamando l’istituzione di una vera e propria nuova religione di Stato americana – così come la intendevano i nostri Fondatori del XVIII secolo – con più forza di qualsiasi altro movimento settario nella storia americana.
In che modo tutto questo è rilevante per l’impegno dell’America nel mondo e, più direttamente, per la politica estera egemonica americana, come dimostra la guerra in Ucraina? Nella nuova religione wokeista, i confini tra globale e locale, tra interno ed estero svaniscono, per essere sostituiti da un americanismo proselitista, totalizzante e imperiale.
Come surrogato della vecchia religione civile americana, la Chiesa di Woke esercita l’universalismo in forma estremista, perseguendo la sua ideologia in patria e all’estero in egual misura. Innalzando il vessillo del globalismo Woke, la “buona novella” originaria dell’America viene così sostituita, senza soluzione di continuità, da una visione più virtuosa che se ne fa erede. Il “nazionalismo” e l’amor di patria saranno d’ora in poi giudicati forze arretrate e primitive. Il “populismo” e la sovranità del popolo, a lungo celebrati come l’anima della nazione americana, diventano equivalenti all’autocrazia, un male medievale da eliminare dagli Stati Uniti.
La “corruzione” (interna) dell’America ad opera di tali forze “reazionarie” viene collegata all’influenza nefasta di Stati stranieri e attori internazionali detestati, come l’Ungheria o la Russia, che infettano il corpo americano[67]. Questa isteria Woke ricorda da vicino il bacillo mortale del comunismo della Red Scare[68]all’inizio della Guerra Fredda, con la Russia che fungeva da “Grande Satana”[69] nelle guerre culturali globali[70] dell’establishment liberale americano[71].
Al male di una Russia reazionaria, barbara e arcobalenofobica – e alla più grande minaccia incombente sull’ordine internazionale liberale da parte di un asse autocratico globale – dobbiamo aggiungere anche il terrore apocalittico che la Chiesa di Woke prova per il cambiamento climatico. L’apocalisse climatica[72] è forse il più grande contesto tous azimuts mai ideata dall’universalismo americano per giustificare l’egemonia globale degli Stati Uniti. Nella causa della salvezza del pianeta, ogni intervento americano può apparire giusto. Si noti come gli autocrati del Lato Oscuro della Forza[73] siano anche inquinatori climatici che utilizzano combustibili fossili, in combutta con gli assassini divoratori di benzina[74] (cioè le compagnie petrolifere) al nostro interno. In quest’ottica, le minacce estere sembrano essere soltanto lo specchio di una minaccia più profonda a casa nostra.
In definitiva, la strategia della Chiesa di Woke e della sua classe clericale è quella di sfruttare una crociata intersezionale[75] contro l’arretratezza pagana, l’anti-genderismo[76] malvagio e l’apostasia climatica all’estero – Russia, Ungheria, Arabia Saudita, Iran, Cina, ecc – per giustificare una jihad interna. Inoltre, mentre propaganda il brand del Girl Boss Militarism[77], il suo gruppo di parrocchiani “propende di più verso il femminile”. Col tempo, il nuovo “Woke Imperium”[78] americano porterà con la forza tutti gli americani – e il mondo intero – all’ovile della nuova Chiesa; o almeno così sperano i credenti.
È questa comoda simbiosi o identità tra nemici stranieri e interni che è la cosa più preoccupante. Nella sua ricerca fondamentalmente globale di una quarta apocalisse – in cui convertire tutta l’umanità significa assicurare anche la totale conversione degli americani – la Chiesa di Woke rifiuta la vecchia, originale religione civile americana e la sua preoccupazione centrale: l’America. Sebbene il suo essere incentrata sugli Stati Uniti riveli un certo grado di continuità storica, la sua aspirazione a globalizzare l’americanismo per creare uno Stato mondiale omogeneo basato sulla sua ideologia e sui suoi valori universali tradisce e sovverte la vecchia religione civile.
Il dispiegarsi della quarta apocalisse provocata dal “risveglio” è sempre stata diversa dalle precedenti rappresentazioni (o stagioni) dell’apocalisse americana nella nostra serie nazionale. L’Apocalisse differita (1945-1950) – un sequel della Terza Apocalisse – ha spinto gli Stati Uniti a 60 anni (1963-2023) di ripetute e non necessarie débâcles sul campo di battaglia. Ogni episodio è culminato in una guerra sacra (Vietnam, guerra per procura in Afghanistan, Desert Storm, la ventennale Guerra globale al terrorismo, e ora la guerra per procura in Ucraina) condotta per realizzare la profezia di un millennio democratico globale – e ogni volta il sogno è svanito. A sua volta, il quarto ciclo del nostro arco narrativo è stato segnato da una disperazione apocalittica.
Di conseguenza, il messianismo americano è diventato una caricatura manichea di se stesso, in cui le “buone novelle” americane sono state sostituite dallo spettro sempre presente del Male e dalla minaccia della forza. Le parole sacre, Libertà e Democrazia, pur essendo ancora cantate, sono diventate un mantra vuoto. Il “vangelo” americano non predica più la redenzione e l’espiazione: ora opera con la coercizione e la punizione. Il voltafaccia è avvenuto in un istante, con l’11 settembre e con Guantanamo. L’etica propria alla Terza Apocalisse, con i processi di Norimberga e la loro maestosa esibizione pubblica di controllo giudiziario democratico, è stata scartata, e sostituita dalla giustizia sommaria. Quasi da un giorno all’altro, l’America ha abbandonato le “regole internazionali” e le “norme civili” – e ha invece costruito un arcipelago di torture e incarcerazioni arbitrarie, senza supervisione e senza appello.
Non cerchiamo più la guida in un’autorità superiore e indulgente, ma nella voce iraconda del Vecchio Testamento che è in noi. Nell’iterazione Woke del manicheismo americano, il Male ha la precedenza sul Bene ed è fervidamente personalizzato. Con Milošević, Gheddafi, Osama Bin Ladin, Saddam e ora Putin, il Male può ora essere individuato artigianalmente, anche se non sempre eticamente. Per questo, la lotta contro il male in veste di anticristo diviene il tropo retorico pulsante di questa quarta stagione della sacra narrazione americana. Senza ironia, il ventesimo anniversario dell’invasione dell’Iraq da parte dell’America ha, sorprendentemente, resuscitato il suo meme più famigerato – “l’Asse del Male”[79] – senza arrossire o vergognarsi. La guerra per procura della NATO contro la Russia lo vede, ora, come un sinonimo della sua capacità di indossare il manto retorico[80] di quella che di recente fu giudicata la più grande débâcle strategica americana.
Se noi, come americani, siamo ritualmente coinvolti in una grande narrazione che va oltre la nostra capacità di comprenderla, per tacere della capacità di controllarla, che cosa ci aspetta? Possiamo dare una sterzata a questo arco narrativo finale in modo da evitare la catastrofe totale? Abbiamo voce in capitolo o potere sul nostro destino declinante?
Giudizio (Giudizi) finale(i)?
Gli Stati Uniti sono governati dalla loro religione civile, non dall’ideologia. Gli americani sono guidati da una narrazione sacra. Tuttavia, a guidarla è sempre un piccolo gruppo di élite fanatiche, che guidano una storia che può realizzarsi solo in guerra.
In altre parole, l’America è una serie di successo con un arco narrativo marziale punteggiato da bagliori e fuochi d’artificio. Dal lancio al perigeo all’apogeo, la “storia americana” è giunta alla sua quarta stagione. Le prime tre sono state illuminate dal fuoco di battaglie apocalittiche. Quei momenti estatici di vittoria e sacrificio sono stati resi sacri e sono stati considerati il “culmine vitale” dell’America. Ma ora, mentre l’arco narrativo scende, sembra che siamo entrati in un’altra grande battaglia. Sarà una nuova Rivelazione – la nostra quarta apocalisse – o diventerà il finale della nostra serie?
American Story: The Hit Series [Attenzione: contenuti religiosi violenti] ha un pubblico universale, e ogni stagione è ancorata a un climax apocalittico. Inoltre, ogni singolo episodio è caratterizzato da una battaglia, che si svolge sempre in modo predefinito rispetto alla trama standard, come programmato dal nostro produttore hollywoodiano divinamente nominato. Ogni episodio di “Next Generation” ha la sua guerra sacra e trascendentale, anche se spesso distruttiva. L’arco di ogni stagione spinge i confini della Rivelazione verso un finale di serie predestinato. Le prime tre stagioni sono state esaltanti, persino estatiche quando hanno raggiunto quelle sacre vette di vittoria e sacrificio.
Ma poi, durante l’apertura della quarta stagione, intorno al 1962, il grande arco narrativo declinò di uno o più gradi rispetto al suo apogeo, e nel 1968 la discesa fu evidente. È vero, in un episodio – 1981-88 – i retrorazzi hanno rallentato la discesa. Tuttavia, il percorso discendente è ripreso. L’arco narrativo non riguarda la ricchezza americana o la ricerca della felicità. Riguarda la Rivelazione e la Predestinazione e il compimento della Missione dell’America. I primi episodi della quarta stagione mostrano come l’opportunità dell’apocalisse sia stata usata male (Vietnam), abortita (caduta dell’Unione Sovietica), tradita (Iraq) e sprecata (Afghanistan).
Tuttavia, queste occasioni perdute impallidiscono di fronte alla battaglia che ci viene ora imposta. Cosa sono le semplici operazioni speciali, le guerricciole, le controinsurrezioni e i colpi di Stato di fronte alla realtà che gli Stati Uniti stanno ora sfidando aggressivamente le due maggiori e più pericolose grandi potenze, la Russia e la Cina? Inoltre, dalle loro “altezze di comando”, i governanti americani ne hanno fatto un confronto esistenziale: o la democrazia e il suo “rule-based order” domineranno il mondo, o le “autocrazie” vinceranno[81]. Si sente la campana a martello dell’apocalisse. Questo episodio sarà il finale della stagione, o forse della serie? Le domande abbondano.
La guerra globale può condurre l’America alla guerra civile?
Oggi l’America sta combattendo due guerre contemporaneamente, una in patria e l’altra all’estero. Collegando gli obiettivi della guerra interna (convertire la nazione alla Chiesa di Woke) con quelli della guerra esterna (trionfare nella guerra per procura contro la Russia come prova di rettitudine), l’establishment dipende ora dalla vittoria in una guerra straniera per rafforzare la sua leva politica, promuovere la sua agenda interna e mantenere il suo potere. Questo è il loro pensiero.
Eppure, gli Stati Uniti non hanno mai cercato di intensificare uno scontro globale[82] quando erano consumati da una lotta esistenziale interna. Al contrario, durante la guerra civile americana, Washington ha agito con estrema cautela[83], anche se la Gran Bretagna e la Francia si sono impegnate in una guerra per procura contro di essi[84].
Il pubblico occidentale si pavoneggia e strilla per i sorprendenti trionfi ucraini della Volontà, mentre si prende narcisisticamente tutto il merito delle loro vittorie, come se fossero sue.
La dualità tra guerra interna ed esterna crea una dinamica reciprocamente distruttiva. Secondo questa logica, se l’Impero Woke prevale in Ucraina, sarà vittorioso anche in patria. Tuttavia, potrebbe verificarsi anche una dinamica negativa. Una sconfitta nella guerra in Ucraina significherebbe un fallimento politico in patria. Quindi, la NATO deve vincere e non si può permettere che l’Ucraina perda[85].
Se perdere è impensabile, di fronte alla sconfitta la NATO ha una sola opzione: l’escalation. Ma l’escalation, per una nazione divisa, comporta anche l’intensificazione del conflitto interno.
È possibile che un’apocalisse vicaria porti a un vero e proprio Armageddon?
C’è una sospensione dell’incredulità non ancora esplicitata, nella quarta apocalisse americana.
Per oltre un anno, la NATO ha fatto guerra alla Russia, e ha esultato per questa guerra, reclamando la caduta della Russia[86]. In effetti, molti nel partito della guerra si spingono fino a esclamare: “In nome di Dio, quest’uomo non può rimanere al potere”[87], e chiedono l’umiliazione e persino la distruzione della Federazione Russa[88]. Ma allo stesso tempo, e spesso con lo stesso respiro, il partito della guerra insiste sul fatto che l’Occidente non è in guerra con la Russia, poiché non ci sono forze statunitensi o della NATO dispiegate in Ucraina: semmai, stiamo solo fornendo armi a Kiyv. Molti continuano a negare strenuamente che si tratti di una guerra per procura[89].
Allo stesso tempo, però, i veri tifosi sfegatati della guerra in Ucraina hanno proclamato a gran voce che si tratta di un ottimo affare. La Russia va abbattuta senza una sola vittima della NATO. Dissangueremo il nostro malvagio nemico con il sangue dei volenterosi ucraini. Un affarone! Praticamente un furto![90] Inoltre, migliaia di americani si sono coraggiosamente arruolati – come partecipanti puramente vicari – per combattere a fianco dell’Ucraina nelle trincee dei social media. Questi eroi della 195esima brigata da tastiera – la North Atlantic Fellas Organization (NAFO – date un’occhiata anche al loro merchandising![91]) – combattono quotidianamente[92] contro la Quinta Colonna americana[93] di Burattini di Putin e degli Amichetti della Russia.
Nel frattempo, gli spettatori occidentali si pavoneggiano e strillano di gioia per i sorprendenti trionfi ucraini della volontà, prendendosi narcisisticamente tutto il merito delle loro vittorie, come se fossero le proprie. Se questa è davvero la quarta apocalisse americana, allora è davvero un risultato notevole. Questa è la nostra espiazione per tutta la frustrazione e l’infinito sacrificio di sangue dei fallimentari episodi di guerra sporca che abbiamo visto all’inizio della quarta stagione (“Apocalisse differita”). Dopo i terrori di Tet, Khe Sahn, Desert One, Contras, Mogadiscio e Falluja, la serie offre ora un’epifania senza sangue. Quindi, il nostro auspicato finale di stagione è semplicemente stupefacente: non viene versata una sola goccia di sangue dei GI, dei nostri ragazzi!
Gli Stati Uniti possono ora combattere il loro “più grande nemico geopolitico”[94], ma non moriranno americani, bensì ucraini volenterosi e sacrificali. Nel frattempo, il grande pubblico virtuale americano, insaziabilmente preso dai giochi CGI[95] e assuefatto dagli “hot take” sui social media, si immerge nella gloria della vittoria imminente: esulta per ogni video di propaganda ucraina e per ogni rappresentazione degli ucraini come una Compagnia dell’Anello[96] che combatte le tenebre di Mordor, gli Orchi russi.[97]
Quando i venti della guerra hanno iniziato a cambiare, verso la fine del 2022, le prime opzioni strategiche di “guerra facile” della NATO per aumentare gli aiuti – armi potenti, comando e controllo alleati, C4ISR della NATO, addestramento di alto livello – avevano portato Kyiv a “vittorie” misteriose e piuttosto magiche nell’autunno del 2022. Tuttavia, nella primavera del 2023, i depositi di armi sono vuoti, e l’esercito ucraino si sta dissanguando, mentre gli opliti ucraini in carne ed ossa vengono fatti a pezzi in un esercizio di dissanguamento che ricorda le tragiche trincee della battaglia di Verdun[98] della Prima Guerra Mondiale. Le opzioni di escalation si sono ridotte.
Davanti a noi si profila soltanto un sempre maggior numero di linee rosse fosforescenti che la NATO potrebbe incautamente oltrepassare, anche a costo di rischiare un’altra guerra mondiale. Questo è il lato negativo del combattere una guerra con l’adrenalina dei media, definita dall’estasi infinita della “vicarietà”[99]. Ma questo non è un videogioco. Quando si viene uccisi nella vita reale, non c’è la resurrezione automatica.
Finale di serie: cratere d’impatto?
Alla fine della terza stagione (1961), gli Stati Uniti si ergevano a cavallo del mondo come un Colosso. “Ike” Eisenhower, Generale degli Eserciti della nostra terza Apocalisse americana, presiedeva l’impero del “Mondo Libero” su tutto ciò che contava.
Eppure, quando è uscito di scena, i suoi più giovani successori si sono imbarcati in una serie di guerre corrosive e senza fine. Gettando via tutti gli antichi precetti contro l’intervento militare e i legami con l’estero dei loro antenati, gli uomini nuovi si allontanarono dalla sacra tradizione americana. Dopo decenni di questo genere, invece di cortigiani di palazzo che giocavano alla controinsurrezione – ignorando le comunità i cui figli morivano sul serio nei loro giochi – le guerre degli episodi finali della quarta stagione sono ora realizzate da un esecutivo che crede di avere carta bianca, a patto di essere parsimonioso con le vite delle sue Forze Armate volontarie.
Gli Stati Uniti hanno iniziato e completato il loro fatidico passaggio come incarnazione di Ordini (divini): da un “Nuovo Ordine per i Tempi” alle “Nazioni Unite”, a un “Nuovo Ordine Mondiale”, e infine a un liberale “Ordine basato sulle Regole”. Ma questi cosiddetti Ordini sono un simulacro del demone che si nasconde nel profondo della narrazione sacra americana e di tutti noi: la fissazione per il fuoco purificatore della guerra, che ci ha spinti all’eccesso, e sull’orlo della rovina.
La nostra è davvero una metamorfosi straordinaria: dall’eccezionalismo americano che annunciava la sua “buona novella”- la Redenzione dell’Umanità – al disvelamento della tirannia globale.
[4] L’Autore qui allude implicitamente alla Lettera di Pietro, 5:8: “sobrii estote vigilate quia adversarius vester diabolus tamquam leo rugiens circuit quaerens quem devoret”, “Siate sobri, vegliate; il vostro avversario, il diavolo, va attorno a guisa di leon ruggente cercando chi possa divorare.” Cfr. http://bibleglot.com/pair/Vulgate/ItaRive/1Pet.5/ [N.d.C.]
[8] Robert N. Bellah, Civil Religion in America, Daedalus, Vol. 96, No. 1, Religion in America (Winter, 1967), pp. 1-21 (21 pages) https://www.jstor.org/stable/20027022
[10] S. Mike Pavelec – Michael Vlahos 2009 Fighting Identity: Sacred War and World Change, Naval War College Review, vol. 62, n. 4 Autumn, 2009 chrome-extension://efaidnbmnnnibpcajpcglclefindmkaj/https://digital-commons.usnwc.edu/cgi/viewcontent.cgi?article=1804&context=nwc-review
[22] È la celeberrima formula contenuta in un sermone del 1630 di John Winthrop, puritano, governatore della Massachusetts Bay Colony, e uno dei Padri Pellegrini, Dreams of a City on a Hill: “We shall find that the God of Israel is among us, when ten of us shall be able to resist a thousand of our enemies; when He shall make us a praise and glory that men shall say of succeeding plantations, ‘may the Lord make it like that of New England.’ For we must consider that we shall be as a city upon a hill. The eyes of all people are upon us. So that if we shall deal falsely with our God in this work we have undertaken, and so cause Him to withdraw His present help from us, we shall be made a story and a by-word through the world.” https://www.americanyawp.com/reader/colliding-cultures/john-winthrop-dreams-of-a-city-on-a-hill-1630/ [N.d.C.]
[23] Da un celeberrimo discorso del 1940 di Winston Churchill, mentre si combatteva la Battaglia d’Inghilterra: ““I expect that the Battle of Britain is about to begin. Upon this battle depends the survival of Christian civilisation. Upon it depends our own British life and the long continuity of our institutions and our Empire. The whole fury and might of the enemy must very soon be turned on us. Hitler knows that he will have to break us in this island or lose the war. If we can stand up to him, all Europe may be free, and the life of the world may move forward into broad, sunlit uplands; but if we fail, then the whole world, including the United States, and all that we have known and cared for, will sink into the abyss of a new dark age made more sinister, and perhaps more protracted, by the lights of a perverted science. Let us there brace ourselves to our duty and so bear ourselves that if the British Empire and its Commonwealth last for a thousand years men will still say ‘This was their finest hour’.”https://www.martingilbert.com/blog/6106/ [N.d.C.]
[56] Helena Rosenblatt, On Context and Meaning in Pocock’s “Barbarism and Religion”, and on Gibbon’s “Protestantism” in His Chapters on Religion https://www.jstor.org/stable/43948778
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