1. La fortunata espressione “patriottismo costituzionale”, diffusa e sostenuta da Jürgen Habermas, è recentemente spesso ripetuta – al di la della cerchia degli specialisti – da personaggi (in ispecie politici, ma non solo), tra i quali assume significati come “Ci unisce e ci incoraggia in questo sforzo la grande, vitale risorsa della Costituzione repubblicana. Non c’è terreno comune migliore di quello di un autentico, profondo, operante patriottismo costituzionale. È, questa, la nuova, moderna forma di patriottismo nella quale far vivere il patto che ci lega: il nostro patto di unità nazionale nella libertà e nella democrazia”1.
Per quanto l’espressione citata, come tutte quelle estrapolate da discorsi più vasti, potrebbe non rendere esattamente il pensiero del nostro Presidente, è – a confrontarla con altri interventi e dichiarazioni – chiaramente “rappresentativa” di caratteri essenziali del “patriottismo costituzionale”.
Infatti mentre il patriottismo è riferito a una comunità di popolo legata da vincoli storici, religiosi, etnici, in quello costituzionale è “il patriottismo di un popolo che si ritiene unito non dai vincoli tradizionali e tipici della nazione, ma da quei principi e valori (ad esempio il valore della persona e il metodo democratico, ricordati dallo stesso presidente Napolitano) che sono fissati in un patto costituzionale”2.
Resta il fatto che oggigiorno nel senso comune, la Costituzione è un patto, o più precisamente un patto scritto; e che quindi la lealtà e la fedeltà dei cittadini dovrebbe essere rivolta a un atto (patto), o a un documento. Cioè un “pezzo di carta” su cui ironizzava Lassalle3.
Il patriottismo costituzionale, malgrado le critiche preventive (e realistiche) di Lassalle, si presenta come (l’unica) forma d’integrazione possibile in una società contemporanea. L’ “inclusione dell’altro” (titolo di un lavoro di Habecmas) non è né un’assimilazione né chiusura verso l’esterno, ma consiste in una convinta adesione ai principi universalistici della Costituzione, di guisa da consentire la compresenza, all’interno della società, di una pluralità di visioni del mondo e relative “tavole di valori”. Sarebbe, in altri termini (l’unico) modo possibile per esorcizzare i conflitti derivanti dalle differenze culturali, etniche (ed economiche), verosimilmente in crescita in un mondo globalizzato connotato dell’aumento esponenziale dei movimenti migratori. E così la risoluzione, in relazione a tutti i conflitti (intracomunitari) possibili, di quella “lotta mortale senza possibilità di conciliazione, come tra «Dio» e il «demonio», che Max Weber attribuiva ai contrasti tra “valori”. Lo scioglimento dell’enigma irrisolto della storia, che Marx riteneva essere il comunismo, così diventa, nell’attuale momento storico e in relazione ad esso, il carattere (e pregio) del “patriottismo costituzionale”.
2. Questa concezione lascia irrisolti, perché non chiariti, due elementi fondamentali, ambedue riconducibili all’aggettivo “costituzionale” e al termine da cui deriva, cioè costituzione. Se a questo si da un significato ovvero un altro, cambia completamente il concetto, derivato, di patriottismo costituzionale.
Se per costituzione si intende, secondo la nota concezione kelseniana, ciò che è connotato dall’essere modificabile solo a seguito di un particolare procedimento di revisione previamente stabilito, ne consegue che il patriottismo costituzionale sarebbe ciò che riassume la lealtà e l’osservanza nei confronti di un complesso di norme coordinate. Per cui “patriota costituzionale” e quel che più preoccupa, “non-patriota costituzionale” (con quel che ne può conseguire negli ordinamenti positivi, dalla fucilazione in giù) è chi ritiene costituzionali tanto l’art. 1 o 2 della Costituzione vigente (sulla forma di Stato e di governo) che l’art. 16 (sul diritto c.d. di locomozione) o l’art. 44 (sul diritto all’abitazione)e così via.
Se di converso il concetto di costituzione è svincolato dal criterio procedurale-formalistico kelseniano, per accedere ad una visione sostanziale della Costituzione, per cui il documento relativo (la Costituzione formale) è fatta di disposizioni realmente costituzionali (le decisioni fondamentali sulla forma dell’unità politica) e d’altro, cioè le leggi costituzionali, si rifugge da conseguenze un po’ bizzarre, perché costituzione sono solo le decisioni fondamentali e non l’insieme delle norme connotate da rigidità.
L’altro problema è se la costituzione vada identificata con l’atto così denominato o piuttosto questo (e neppure integralmente) ne faccia parte; e, prima di questo se una comunità esiste perché ha una costituzione o ha una costituzione perché esiste. Com’è noto tale problema se l’era posto (tra gli altri) Santi Romano: e la soluzione del grande giurista era che “Qualunque sia il suo governo e qualunque sia il giudizio che se ne potrà dare dal punto di vista politico, esso non può non avere una costituzione e questa non può non essere giuridica, perché costituzione significa niente altro che ordinamento costituzionale. Uno Stato «non costituito» in un modo o in un altro, bene o male, non può avere neppure un principio di esistenza, come non esiste un individuo senza almeno le parti principali del suo corpo”4. Per cui “esistente” e “giuridicamente ordinato” sono (salvo una distinzione) coevi: simul stabuntet simul cadent.
La distinzione da fare a tale proposito è quella in cui l’istituzione è generata con la sua costituzione (o scompare con quella) o quando la costituzione è generata (o abolita) senza che abbia inizio o cessi l’esistenza dell’istituzione. Questo è il caso più frequente. Solo in Italia, dal 1861 in poi, è capitato (almeno) tre volte5.
Né sfugge alla “costante” dell’esistente che precede il normativo, il caso – non molto frequente – della costituzione come “trattato” tra più Stati (istituzioni), dato che è l’esistenza precedente (e l’accordo) di questi a costituire il presupposto del nuovo Stato. Anche in tal caso, il rapporto tra esistenza dell’istituzione e vigenza della costituzione si manifesta asimmetrico: mentre la nascita o la fine della prima comporta quella della seconda, le vicende di questa non sono decisive per quella6. In questo senso è l’esistenza di un potere costituente (l’attore) ad assicurare l’ordinamento pur nella variazione degli atti (decisioni) costituzionali.
A lato di ciò si trova l’aspirazione, tipica dell’età moderna, che perché una costituzione sia tale occorre poterla mettere in tasca (Thomas Paine). In altre parole che sia scritta; in effetti le moderne costituzioni scritte hanno il loro antecedente, come scrive Jellinek, nei patti e nelle Carte redatti nelle colonie inglesi in America; in particolare è ricordata quella sottoscritta tra i coloni del Connecticut, quelle redatte da William Penn, o il convenant dei Padri Pellegrini convenuto sulla Mayflower7.
Tale identità (costituzione = documento scritto e “statuito”) è affatto sconosciuta alle concezioni non moderne, e, in parte, anche a quelle successive alla Rivoluzione francese. Basti all’uopo, per le prime, ricordare l’opinione di Cicerone sulla costituzione romana “nostra autem re publica non unius esse ingenio, sed multorum, nec una hominis vita, sed aliquot constituta saeculis et aetatibus”8. Per le seconde, tra i primi a formularla dopo la rivoluzione francese, quella di de Bonald che “la costituzione di un popolo è il modo della sua esistenza”: onde scriverla non è necessario perché una costituzione vi sia. Il che è stato condiviso da gran parte della dottrina del diritto successiva (da Hauriou a Santi Romano e Carl Schmitt); tuttavia nell’opinione corrente, alimentata assiduamente, un fatto così evidente ossia che le unità politiche erano e sono costituite, e spesso assai ben costituite, prima che fossero inventate le costituzioni scritte (e lo saranno dopo), è (forse volutamente) trascurata. Di guisa che, se fosse fatto un sondaggio sul quesito, se le costituzioni debbano (necessariamente) essere scritte, riporterebbe una schiacciante maggioranza affermativa, e l’opinione contraria sarebbe probabilmente considerata una diavoleria di qualche astuto manipolatore. Ovvero questa tesi, così contraria alla realtà storica, ha la consistenza (e la non ragionevolezza) di un idola tribus (e anche fori).
3. Da quando le costituzioni sono (per lo più) scritte, ha progredito la teoria che, per fare una costituzione non serve avere qualcosa in comune: dalla lingua, alla religione alla cultura, e così via. Ma sia sufficiente essere animati da buona volontà, e, preferibilmente da (qualche) interesse condiviso, per raggiungere un accordo soddisfacente e durevole.
La scrittura e la statuizione dei documenti costituzionali sarebbe in altri termini non la conseguenza, ma il succedaneo di quegli elementi identitari sopra (parzialmente) ricordati. A conforto di ciò si possono portare due circostanze: la prima che Costituzioni scritte – cioè (solo) quella degli Stati Uniti d’America – sono in vigore da oltre due secoli. Cui può replicarsi che il successo di quella statunitense è rara avis, perché di solito quelle europee scritte,e le più longeve, al massimo superano la sessantina. E più che altro che ciò prova la saggezza delle scelte dei costituenti americani (il “contenuto”), più che la forma scritta e statuita della costituzione.
La seconda che, prevalendo nel mondo contemporaneo il modello “società” rispetto a quello “comunità”, scrivere le costituzioni sarebbe un segno – e una conseguenza di questo “ethos” moderno.
Pur se questa tesi ha molto di vero, è debole però sul momento “genetico” e sulle cause. Infatti non risolve il problema se, continuando con l’esempio della Costituzione americana, la costituzione (e la conseguente durata), fosse dovuta al fatto che i padri costituenti (e la stragrande maggioranza della popolazione allora) fossero Wasp, cioè bianchi (i neri non votavano) anglosassoni e protestanti (per lo più fedeli di una particolare confessione protestante) per cui raggiungere un accordo tra persone accomunate da lingua, razza, religione, teoria e prassi giuridica fosse, per così dire, estremamente facilitato da questa comune identità. Ma se, di converso, fossero stati di tre o quattro etnie diverse (e bilanciate), di altrettante religioni, parlanti lingue diverse, nessuno è in grado di affermare che si sarebbe raggiunto un accordo e più ancora che la durata di quello sarebbe stato di oltre due secoli. Piuttosto l’esperienza storica dimostra che – gli ultimi casi sono stati quelli della Iugoslavia, dell’Unione sovietica e della Cecoslovacchia – il tutto sarebbe andato presto in frantumi9. E, peraltro, finché quegli Stati non si sono dissolti ciò che li ha tenuti insieme non è stato un consenso a un accordo tra volontà arbitrarie (e razionali) – cui può ricondursi un patto stilato in un documento – ma la dittatura sovrana del partito comunista. È stato il potere illimitato di questo a sopperire all’inesistenza – o alla debolezza – dei legami comunitari tra etnie e popoli diversi per lingua, religione, storia, costumi: se all’espressione della volontà popolare fosse stato riservato uno spazio se non uguale non troppo lontano da quello riconosciuto in Stati non totalitari, probabilmente si sarebbero dissolti molto prima.
Per cui appare chiaro che l’unità delle volontà – o del consenso – nel costituire e conservare un’esistenza comunitaria è il presupposto necessario perché possa essere tradotto in una costituzione scritta, statuita e durevole.
In altri termini è il contesto (cioè la comunità) dove si decide di darsi una costituzione scritta, a determinare se questa avrà il carattere della costituzione “weberiana”, cioè “la possibilità effettiva di disposizione a obbedire… nei confronti della forza di imposizione delle autorità di governo sussistenti”. Se è vero, come precisa Weber che “il concetto di «costituzione» qui impiegato è uguale a quello usato da Lassalle. Esso non coincide con il concetto di una costituzione «scritta» e in genere di costituzione in senso giuridico”10, è parimenti vero che una costituzione avente alte difficoltà a farsi accettare nel gruppo sociale – la quale cioè non procuri consenso e obbedienza ai governanti, è del tutto inutile come costituzione anche “giuridica”, giacché il diritto non prescinde dal problema della efficacia dell’ordinamento, che anzi ne è una caratteristica intrinseca e peculiare.
Il problema specifico che si pone è la possibilità che l’istituzione politica si fondi solo su una convenzione (chè se si fonda anche su una convenzione, la questione non si pone) sia nella forma del patto che del “rescritto”, o che occorra dell’altro (e prevalente). Dato che la politica (e il diritto) attengono alla vita “pratica”, e che, come sopra cennato è assai difficile che una “pattuizione” possa avere vigenza durevole se non poggia su una certa identità (e su un presupposto tasso d’omogeneità), la soluzione non può che essere negativa. Per pensare possibile il contrario, sarebbe necessario addurre qualche esempio storico. Ma dato che non se ne vedono, non resta che considerarlo un mero auspicio.
A ciò occorre aggiungere che se è vero che il carattere dell’atto costituente (pattizio, scritto, deliberato) ha un’importanza nel contesto di un ethos collettivo, è ancor più vero che la costituzione è “la soluzione del problema seguente: dati la popolazione, i costumi, la religione, la posizione geografica, le relazioni politiche, le ricchezze, la buona e cattiva qualità di una determinata nazione, trovare le leggi adatte”11. E quei dati appena elencati, oltre a esulare e preesistere dalla costituzione statuita, tuttavia ne determinano in modo cogente il “contenuto” e il successo. Con la conseguenza che o questa è congrua a quelli o diventa incongrua, perché inutile a costituire un regime politico stabile e cioè inutile al (di essa) scopo tipico e peculiare.
4. Ma è proprio vero che, nell’ambito dell’ethos moderno, la “statuizione” della costituzione ne esaurisce il carattere fondamentale?
A leggere i primi documenti costituzionali e le concezioni che li hanno ispirati, risulta che accanto – e prima – della forma dell’atto (e del documento) “costituzione”, è la novità del potere costituente (del popolo) a costituirne il connotato fondamentale, non meno importante della scrittura e statuizione dell’atto.
Le opere di Sieyès e il preambolo della Costituzione degli Stati Uniti12 ne sono testimonianze evidenti. E, parimenti, la concezione del potere costituente è la secolarizzazione della teologia politica cristiana, in particolare di quella tomista del diritto divino provvidenziale, che riserva alla decisione della comunità la scelta della forma di organizzazione del potere13.
La decisione costituente si fonda cioè sul potere costituente di una Nazione consapevole della propria esistenza storica e politica; nella quale esistenza rientrano (gran parte di) quelle determinanti che ne costituiscono l’identità.
Onde la costituzione non è un atto deliberato per un qualsiasi popolo e Stato: ma peculiare a quel popolo (e a quello Stato). Come scriveva efficacemente de Maistre, criticando la Costituzione francese del 1795 (quella “direttoriale”, durata quattro anni), questa era fatta per l’uomo, ma aggiungeva subito dopo “non esiste uomo nel mondo. Ho visto, nella mia vita, francesi, italiani, russi…” stigmatizzando così l’illusione delle costituzioni fatte a tavolino (e al lume dell’ideologia). Il carattere storico-identitario ( come risulta – tra l’altro – dal concetto di Nazione formulato da Sieyès) non è meno presente nel pensiero borghese di quanto lo sia in quello contro-rivoluzionario.
Nel suo “stato nascente” la dottrina costituzionale borghese è un pensiero forte, presupponendo una comunità consapevole della propria unità ed omogeneità come dei diritti conseguenti derivati non dal diritto positivo, ma da quello naturale14.
Nelle odierne condizioni di (decadenza e) travisamento del pensiero costituzionalistico, è stato espunto tutto quel che lo rendeva forte: non l’unità (e l’omogeneità) presupposta, non il diritto naturale, non il potere costituente, non il diritto (naturale) a modellare la forma politica. È rimasto solo ciò che vi era di meno incisivo e decisivo: il carattere scritto (e statuito) della costituzione. Peraltro interpretata di guisa da limitare ed annacquare i connotati forti della concezione borghese-rivoluzionaria. Ne è un esempio (tra gli altri) la sistematica dimenticanza del potere costituente, e (ad esso collegata) l’interpretazione della costituzione come atto immodificabile (di fatto soggetto all’applicazione ed interpretazione dei poteri costituiti), e al “patto costituzionale” come compromesso tra partiti e “famiglie” politiche: Aleggia su tutto il tacito (?) conferimento di un qualche carattere “sacro” al patto/atto/documento, quasi un reflusso della secolarizzazione.
Tuttavia, oltre all’incapacità di una concezione del genere di rappresentare la realtà, v’è un problema: fino a quando riesce a contenere questa, che è di natura mutevole, essendo qualcosa d’organico (e reale) e non di meccanico (e ideale)?
Come sopra ricordato, mentre la comunità è sempre in movimento15 il sistema normativo (intendendo con ciò l’ordinamento giuridico come concepito da un normativista) è in se, come sosteneva Hauriou, statico (e “trascendente”). Col rischio di indirizzare il proprio patriottismo a un oggettoobsoleto e non (corrispondente) cioè che esiste realmente16; e con la conseguenza d’innescare un conflitto tra legittimità e legalità17. Perché la legittimità concerne un rapporto tra uomo ed uomo (il potere weberiano); è stata invocata per il rapporto tra uomo ed istituzione (Stato, regime politico, governo), ma è (almeno) inconsueto scomodarla per il rapporto tra uomo ed atto (norma); e per il patriottismo (che appare, nell’uso dell’espressione, qualcosa di non lontano dalla legittimità) vale lo stesso discorso. Nel senso che se è vero che una Costituzione condivisa concorre a creare consenso al potere dei governanti, appare difficile che possa sostituire e surrogare ogni altra componente della legittimità. Lo stesso per il patriottismo: se la costituzione, ancor più nel senso di costituzione formale, potesse sostituire la devozione alla comunità (Nazione, Patria), nella sua conformazione (e retaggio) storico ed ideale, ne conseguirebbe che non avremmo più italiani, francesi, inglesi, tedeschi, ma parlamentaristi, semi-presidenzialisti, monarchico-parlamentaristi, federal-cancellieristi e così via.
Manca ai costituzional-patrioti l’accortezza di Socrate, il quale nella Presopopea delle leggi (nel Critone) le fa accompagnare dall’insieme delle città (kai to koinon tes poleos)18;anzi quelli isolano ancora di più la costituzione formale, privandola anche del seguito ossia del resto della legislazione19. Al contrario di Renan che, quando elenca i principali fattori che fanno una nazione (razza, lingua, religione, comunanza d’interessi, territorio) esclude che possono essere presi esclusivamente ed (isolatamente) sufficienti (e significativamente, non cita né la costituzione né il diritto).
5. Ai costituzional-patrioti, a quanto pare, sembra basti un documento (peraltro neanche citato tra i fattori di Renan, neppure nel genus diritto o leggi), per surrogare tutti quei fattori.
A leggere gli ultimi contributi apparsi sulla stampa in rete infatti ci si chiede, dubitando, se ci siano forze politiche disposte a “sottoscrivere l’art. 33 comma 3° della Costituzione (il diritto d’istituire scuole)…o l’art. 11 (il rifiuto della guerra),… o l’art. 32 comma 2° (divieto di trattamenti sanitari obbligatori) E si potrebbe continuare a lungo con questo elenco20”. Elenco composto, evidentemente, dall’insieme delle disposizioni costituzionali indistintamente. Dalla sovranità quindi al diritto all’abitazione, dalla scelta della forma democratica a quella di non subire trattamenti sanitari, dalla funzione legislativa allo sviluppo dell’artigianato. Tutte equiparate e parimenti “costituzionali” (perché rigide).
Più sorvegliati e condivisibili altri interventi. Ad esempio quello di Barbara Spinelli sulla “Stampa” dove dopo aver sostenuto “per alcuni le istituzioni e le costituzioni hanno una forza così potente – la forza del Decalogo – da sostituire identità controverse come la nazione o l’identità etnica” si legge: “Non sono Habermas e le sinistre ad avere inventato il concetto, non a caso tedesco, di patriottismo costituzionale: Lo coniò negli anni 70 un conservatore, Dolf Sternberger … Per Sternberger, il patriottismo costituzionale era l’unica identità possibile per un paese ridotto a mezza nazione dal nazionalismo etnico, la dittatura e la guerra. Una condizione che si diffonde, con la mondializzazione: tutte le nazioni hanno, nel globo, sovranità dimezzate”. O quello di Gianfranco Fini che ha rilevato “L’esperienza drammatica del secolo scorso ci ha insegnato che la base più solida del sentimento nazionale risiede nel valore del patriottismo costituzionale, quindi in quei principi di libertà, democrazia, uguaglianza e rispetto della persona che mettono al riparo i popoli……alla base del sentimento nazionale non può esservi l’appartenenza etnica ma la volontà politica di condividere un destino e un progetto, non c’è nulla di più solido e profondo se non l’identificazione nei valori sanciti dalla Carta Costituzionale”21. Dove il richiamo nel primo caso non è quello meramente cartolare a documenti e norme, ma all’istituzione; e nel secondo, del pari, ai principi e i valori (cioè – prevalentemente – alle decisioni fondamentali sulla forma politica), alla comunanza di destino e alla volontà. Tutti elementi decisivi e non riducibili alla costituzione formale.
E questo, il legame con qualcosa di concretamente esistente e comune (comunitario) e non normativo, risulta da tanti scritti. Di cui ne ricordiamo due. L’uno di Machiavelli “la patria è ben difesa in qualunque modo la si difende, o con ignominia o con gloria […] dove si dilibera al tutto della salute della patria, non vi debbe cedere alcuna considerazione né di giusto né d’ingiusto, né di piatoso né di crudele, né di laudabile né d’ignominioso; anzi, posto ogni altro rispetto, seguire al tutto quel partito che le salvi la vita, e mantenghile la libertà”22. Se il Segretario fiorentino avesse avuto una concezione da costituzional-patriota (oltre a dimenticarsi di citare la costituzione), non avrebbe liquidato il giusto e l’ingiusto, il laudabile e l’ignominioso. L’altro di Marx laddove descrive il patriottismo delle armate rivoluzionarie francesi “il patriottismo era la forma ideale del sentimento di proprietà”23; per cui collegava il patriottismo ad una forma concreta di produzione, cioè alla realtà.
E si potrebbe continuare a lungo.
6. Per cui chiedersi se è possibile che si configuri un patriottismo costituzionale quale momento fondativo (ed esclusivo) dell’esistenza politica, occorre rispondere in primo luogo, che cosa s’intende per costituzione.
Sicuramente appare bizzarro, dato che “la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino” (art. 52 della Costituzione), che si chieda al buon cittadino di morire per difendere l’art. 45, II comma della nostra costituzione (“la legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato”), anche perché gli stessi artigiani sarebbero sicuramente assai restii a farlo.
E quindi è indispensabile identificare la Costituzione col suo nucleo essenziale (dalla forma democratica alla sovranità alla libertà).
Dall’altra anche in tal caso il patriottismo costituzionale appare come una sineddoche politica, e perciò anche se non bizzarro, parziale: perché ad essere oggetto di quel sentimento, di quella volontà unificante appare assai più adatta la totalità dell’esistenza e dell’identità nazionale: comprensiva della storia, dei costumi, della geografia, della religione, della lingua.
Teodoro Klitsche de la Grange
1 V. dichiarazione del Presidente on.le Napolitano citata da articolo sulla “Stampa” del 24/01/2008 del prof. Marcello Pera.
3 v. Überverfassungswesen trad. it. di Clemente Forte in Behemoth n. 20.
4Diritto costituzionale generale, Milano 1947, p. 3.
5 Questa constatazione va chiarita con le tesi di Santi Romano e di Hauriou. Secondo il primo anche nei periodi di transizione politica, prima di una regolamentazione compiuta, c’è sempre un diritto costituzionale, anche se rudimentale “il diritto è immanente a qualsiasi assetto politico, e l’unica negazione, logicamente e storicamente, possibile del diritto costituzionale sarebbe l’anarchia” (op. cit. p. 4). Ad avviso del secondo il governo di fatto può beneficare non della giustificazione giuridica, ma di quella “teologica” che si applica ad ogni forma (espèce) di potere… “è un modo di asserire (traduire) il carattere naturale e necessario del potere, l’impossibilità per gruppi umani di sussistere senza un governo, di legare la necessità del potere a quello dello Stato sociale…” (v. Précis de droit consitutionnel, Paris, 1929, p. 29).
6 L’apparente contraddittorietà tra l’affermazione di Santi Romano che ogni Stato non ha ma è una costituzione e l’ “asimmetria” è risolta dal fatto che l’essenza della costituzione è un potere che esercita con successo (ottenendo un certo grado d’obbedienza) il comando in una comunità, così dando forma (ed azione) politica alla stessa. Per cui il potere (obbedito) è il nucleo essenziale di ogni ordine costituito.
7 V. G. Jellinek Allgemeine Staatslehere (III libro) trad. it. Dottrina generale del diritto dello Stato, Milano 1949, p. 100 ss.
9 Si noti che tutti i casi citati le costituzioni hanno in comune di essere frutto non solo di guerre – come capita per lo più a tutte le costituzioni – ma di un particolare contesto politico internazionale e interno.
10 V. Max Weber, Wirtshaft und Gesellshaft, trad it. Milano 1980, pp. 48-49.
11 J. de Maistre, Considérations sur la France, trad. it. Roma 1985, p. 47. In ciò è evidente che de Maistre si ricollega a Montesquieu.
12 “Noi popolo degli Stati Uniti, allo scopo di ancor più perfezionare la nostra unione, di garantire la giustizia, di assicurare la tranquillità all’interno, di provvedere alla comune difesa, di promuovere il benessere generale e di salvaguardare per noi stessi e per i nostri posteri il dono della libertà, decretiamo e stabiliamo questa Costituzione degli Stati Uniti d’America”.
13 La quale concezione è condivisa da parte della dottrina protestante come contestata da altra parte dei teologi cattolici e protestanti. Per una trattazione più diffusa ci sia consentito rinviare a quanto scritto in Diritto divino provvidenziale e dottrina dello Stato borghese in Behemoth n. 41, p. 5 ss.
14 v. ad esempio J.E. Sieyès Qu’est-ce-que le tiers Etat? “La Nazione esiste prima di ogni cosa, essa è l’origine di tutto. La sua volontà è sempre conforme alla legge, essa è la legge stessa. Prima di essa e al di sopra di essa non c’è che il diritto naturale. Se vogliamo farci un’idea esatta dell’ordine delle leggi positive che possono emanare solo dalla sua volontà, troviamo al primo posto le leggi costituzionali, esse si dividono in due parti… Queste leggi sono dette fondamentali, non nel senso che possano divenire indipendenti dalla volontà nazionale, ma in quanto i corpi che esistono ed agiscono in virtù di esse, non possono modificarle. In ogni sua parte la Costituzione non è opera del potere costituito, ma del potere costituente… Una nazione si costituisce solo in virtù di un diritto naturale. Un governo, al contrario, è frutto solo del diritto positivo. La Nazione è tutto quel che può essere per il solo fatto di esistere” trad. it. Milano 1993, pp. 256-257.
15 Scriveva Haurion che “l’ordine sociale si presenta come il movimento lento ed uniforme di un insieme ordinato. “ Précis de droit constitutionnel, Paris 1929 p. 62. v. precedentemente nello stesso volume, la critica al sistema “trascendent et statique du professeur Hans Kelsen”.
16 Come scriveva Renan “L’esistenza di una Nazione (mi si perdoni la metafora) è un plebiscito di tutti i giorni, come l’esistenza dell’individuo è un’affermazione perpetua di vita” mentre qua il “plebiscito” dovrebbe essere rivolto non all’esistente ma al normativo e non a ciò che esiste oggi, ma a ciò che era statuito oltre sessant’anni fa.
17 Si potrebbe dubitare più che la legittimità possa riguardare non un rapporto tra uomini, ma tra uomini e norme (documenti).
18 Non vogliamo entrare sui significati del termine nomos e sulla esattezza della sua traduzione col latino lex.
19 Cosa che a Socrate non succedeva, tant’è che le leggi comprendono, com’è naturale nella libertà degli antichi, tutto l’ambito della vita del cittadino, dal matrimonio all’educazione.
20 V. E. Carnevali. Le parole di Brunetta e l’assalto alla Costituzione – micromega -on-line.
21 V. Il futuro della libertà Area dicembre 2009 p. 34
23Il 18 brumaio di Luigi Bonaparte, Roma 1977, p. 218.
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Il Sudafrica ha sbagliato l’ottica del suo compromesso BRICS con la Russia
ANDREW KORYBKO
20 LUGLIO 2023
Pretoria avrebbe dovuto fare finta di niente, rifiutarsi di assecondare il circo mediatico che circonda l’imminente vertice e discutere apertamente con il blocco a porte chiuse. In questo modo avrebbe mantenuto le apparenze per tutte le parti coinvolte e avrebbe facilitato la possibilità di trasferire completamente l’evento in un formato online senza bisogno di spiegazioni. Invece, il Sudafrica ha screditato la propria integrità e quella dei BRICS dopo che il suo comportamento poco diplomatico ha reso impossibile l’attuazione di questo piano di riserva, con conseguente vittoria politica dell’Occidente.
Mercoledì il Sudafrica ha annunciato che il Presidente Putin parteciperà al Vertice dei BRICS del mese prossimo virtualmente anziché di persona come inizialmente previsto. Il portavoce del Presidente Cyril Ramaphosa ha poi confermato che ciò è stato deciso a causa degli “obblighi legali di Pretoria nei confronti dello Statuto di Roma”, dopo che la CPI ha emesso un mandato di arresto per il leader russo. Non esiste quindi alcuna base per ipotizzare l’esistenza di altre ragioni, come molti esponenti della comunità Alt-Media (AMC) hanno sostenuto sui social media.
Se ci fossero state minacce credibili alla vita del Presidente Putin mentre si recava in quel Paese o mentre si trovava lì, il Cremlino ne avrebbe informato la comunità internazionale per sensibilizzare l’opinione pubblica sul complotto speculativo dell’Occidente per assassinarlo e screditare così il blocco de facto della Nuova Guerra Fredda. La Russia ha rivelato in precedenza di aver sgominato una cellula terroristica che voleva assassinare il capo di RT, Margarita Simonyan, quindi non avrebbe senso che coprisse un presunto complotto molto più grande riguardante il Presidente Putin.
L’altra spiegazione che viene sbandierata dall’AMC, secondo cui il leader russo sarebbe troppo impegnato a gestire l’operazione speciale per viaggiare all’estero, è screditata dal fatto che l’anno scorso si è recato in Asia centrale e in Iran, nonostante la situazione sul campo di battaglia fosse molto più grave in quel periodo. È importante sfatare queste teorie cospirazioniste, in modo che la gente non sia indotta a concordare con i media mainstream (MSM) che è un bene che non venga in Sudafrica il mese prossimo.
Il consiglio di “Alt-Media Needs To Stop Overdosing On Copium & Finally Recognize Reality” può essere applicato in questo contesto semplicemente riconoscendo che l’ultimo annuncio è una battuta d’arresto, ma senza cadere nella trappola del MSM di abbracciare narrazioni “doom-and-gloom” dopo questa delusione. I BRICS continueranno ad accelerare gradualmente i processi di multipolarità finanziaria in parallelo con i suoi membri e gli Stati partner della loro rete allargata che si affidano maggiormente alle valute nazionali nei loro scambi bilaterali.
Tuttavia, c’è ancora qualche lezione da trarre dal fiasco del soft power del Sudafrica, che ha sbagliato l’ottica del compromesso BRICS con la Russia. Le pressioni internazionali sono state immediatamente esercitate sul Paese ospitante affinché disinvitasse il Presidente Putin dopo che, all’inizio della primavera, era trapelata la notizia del suo mandato di arresto da parte della Corte penale internazionale. Pretoria avrebbe dovuto fare finta di niente, rifiutarsi di assecondare il circo mediatico che circonda l’imminente vertice e discutere apertamente con il blocco a porte chiuse.
Questo avrebbe mantenuto le apparenze per tutte le parti coinvolte e avrebbe facilitato la possibilità di trasferire completamente l’evento in un formato online senza bisogno di spiegazioni. Gli organi di stampa avrebbero comunque ipotizzato che ciò fosse dovuto al mandato di arresto della Corte penale internazionale, ma nulla sarebbe stato confermato in questo scenario, preservando così l’integrità del Paese ospitante e quella dei BRICS nel loro complesso. Invece, entrambi sono stati screditati dopo che il circo mediatico ha reso impossibile l’attuazione senza problemi di questo piano di riserva.
La scorsa settimana, “Il vicepresidente del Sudafrica ha vuotato il sacco sul dilemma BRICS-CIC”, che a posteriori è stato molto poco diplomatico per ciò che ha rivelato. Nel disperato tentativo di suscitare simpatia per la situazione in cui si trova il suo Paese, Paul Mashatile ha egoisticamente fatto luce su alcune divisioni interne al blocco. In particolare, ha affermato che il Brasile e l’India si sono opposti allo spostamento del Vertice in Cina, sostenendo inoltre che quest’anno solo l’India era favorevole all’idea di un formato puramente online.
Per quanto possa essere “politicamente scomodo” da ammettere per alcuni membri dell’AMC, entrambe le cose potrebbero essere vere. Il Brasile e l’India stanno cercando di trovare un equilibrio tra l’Occidente e il Sud globale, cosa che sarebbe stata più difficile per loro se avessero accettato di spostare il vertice in Cina dopo che il Sudafrica si era lasciato andare al circo mediatico che lo circondava. Se il Sudafrica fosse rimasto discreto sui suoi calcoli politici, tuttavia, quei due avrebbero potuto sentirsi più a loro agio.
Per quanto riguarda la seconda affermazione di Mashatile, la stessa osservazione vale per il comportamento poco diplomatico del suo Paese che preclude questa possibilità. All’inizio del mese, l’India ha ospitato il vertice annuale della SCO di quest’anno praticamente dopo aver annunciato la sua decisione alla fine di maggio senza fornire spiegazioni, ma probabilmente a causa della scomodità di ospitare il presidente cinese Xi in mezzo alle crescenti tensioni sino-indiane. Rifiutando di assecondare le speculazioni sui suoi calcoli, l’India ha aiutato tutte le parti a mantenere le apparenze.
L’evento ha avuto successo dopo che tutti si sono trovati d’accordo sui contorni dell’ordine mondiale emergente, ma questo probabilmente non sarebbe accaduto se l’India si fosse comportata in modo non diplomatico nel periodo precedente. Anche se il Sudafrica aveva già commesso molti errori di soft power prima che l’India annunciasse la sua decisione di ospitare il vertice SCO praticamente senza spiegazioni, avrebbe potuto imparare dall’esempio dato dal suo partner BRICS a smettere di parlare dei suoi calcoli politici per salvare l’integrità del gruppo.
Se ciò fosse accaduto, allora ci sarebbe stato ancora spazio politico per tenere il vertice BRICS di quest’anno anche online senza che i membri si sentissero a disagio, ma tutti si sarebbero opposti, tranne l’India, proprio perché il Sudafrica si era già spinto troppo in là assecondando il circo mediatico. Non avrebbero potuto far credere che questo piano di riserva fosse dovuto a ragioni diverse dalle pressioni occidentali, e quindi non volevano macchiare la loro reputazione multipolare condividendo il peso della colpa.
L’India aveva già spostato il vertice SCO online, quindi non si sarebbe vergognata di appoggiare il Sudafrica a fare lo stesso, ma Russia e Cina, se avessero accettato, avrebbero certamente dato l’impressione di coprire la capitolazione del Sudafrica alle pressioni occidentali, ed è per questo che presumibilmente non l’hanno fatto. Questa intuizione porta direttamente allo scandaloso annuncio di mercoledì, che avrebbe potuto essere evitato se il Sudafrica si fosse comportato diplomaticamente e non avesse assecondato il circo mediatico che circonda questo evento.
Se Pretoria si fosse comportata bene in pubblico e avesse discusso apertamente con il blocco a porte chiuse, sarebbe stato possibile spostare il Vertice BRICS in Cina quest’anno o organizzarlo interamente online, come l’India ha appena fatto con successo con il Vertice SCO. Per quanto riguarda il primo piano di riserva, gli equilibri geopolitici del Brasile e dell’India non sarebbero stati danneggiati, poiché il Sudafrica avrebbe potuto inventare un pretesto plausibile, anche se le tensioni sino-indiane avrebbero potuto costituire un problema per Delhi.
Per quanto riguarda il secondo, in questo scenario si sarebbe potuto fare affidamento su un pretesto simile, per non dare l’impressione che la Russia e la Cina stessero contribuendo a coprire la capitolazione di un membro dei BRICS nei confronti dell’Occidente, invece di resistere alle pressioni occidentali come i loro sostenitori si aspettano che facciano sempre. Purtroppo, nessuno dei due piani di riserva è stato attuato perché il Sudafrica ha sbagliato l’ottica del suo compromesso BRICS con la Russia, di cui non può essere incolpato se non per se stesso, a prescindere dalle affermazioni dell’AMC.
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Il summit della NATO a Vilnius ha evidenziato i possibili sviluppi del conflitto in Ucraina e ha fornito un quadro brutale ma realistico dell’assetto strategico che si sta configurando in Europa le cui conseguenze saranno misurabili nel tempo.
Nella capitale lituana la NATO ha “congelato” l’ingresso dell’Ucraina rimandandolo a data da destinarsi, come volevano gli USA e la gran parte degli Stati membri contrastati in parte dai britannici e soprattutto da polacchi e baltici che avrebbero preferito la definizione di un preciso percorso di adesione di Kiev oltre a un più rapido e massiccio invio di aiuti militari (nella foto sotto un autobus di Vilnius).
“Saremo in grado di estendere un invito all’Ucraina ad aderire all’Alleanza quando gli alleati saranno d’accordo e le condizioni saranno soddisfatte” si legge nella dichiarazione conclusiva del vertice. Un esito previsto, voluto dagli Stati Uniti ma anche da quasi tutti i membri della NATO che non intendono imbarcare l’Ucraina finché è in guerra con la Russia, neppure con una road-map che stabilisca i tempi per l’ingresso di Kiev.
In conferenza stampa il segretario generale, Jens Stoltenberg, ha provato a spiegare che l’Ucraina porta a casa un successo rispetto alla dichiarazione di Bucarest del 2008, quando la NATO aprì sulla carta le porte a Kiev (ma la guerra con la Russia non era immaginabile) perché oggi è previsto un avvicinamento all’Alleanza Atlantica basato sui passi avanti che farà l’Ucraina in termini di riforme politiche, sociali ed economiche e di interoperabilità militare con le forze armate dei paesi della NATO.
Stoltenberg ha ammesso però che “tutti gli Alleati sono d’accordo che quando una guerra è in corso non è il momento per fare dell’Ucraina un membro a pieno titolo dell’Alleanza. La priorità è fare in modo che l’Ucraina vinca, perché se perde non avrà alcun senso parlare di NATO o adesione”.
In cambio il governo di Kiev si impegna a democratizzare il paese attuando riforme del sistema giudiziario, anticorruzione, governance delle imprese, rispetto dello stato di diritto e il controllo civile e democratico delle forze armate.
Impegni certo eccessivi per gli attuali standard ucraini che vedono media imbavagliati, elezioni rinviate, tutte le opposizioni (12 partiti) posti fuorilegge perché “filo russi”, corruzione alle stelle e diritti umani e civili calpestati anche in virtù della legge marziale.
Anche alla luce di queste valutazioni appare quasi ironico che Biden, intervenendo all’Università di Vilnius, abbia affermato il 13 luglio che “l’Ucraina continua a compiere progressi nella democrazia e nelle riforme necessarie. Continueremo a sostenere l’Ucraina che sta difendendo non solo sé stessa ma anche i valori che noi rappresentiamo nel mondo occidentale”.
Per addolcire la pillola a Zelensky gli alleati hanno definito, sulla carta, una più rapida consegna dei vecchi caccia F-16 radiati dopo 40 anni di servizio da Olanda, Belgio e Danimarca mentre i membri del G7 hanno annunciato accordi bilaterali con Kiev per continuare a sostenere il riarmo e l’economia ucraina come hanno confermato anche gli annunci delle singole nazioni registrati prima, durante e dopo il vertice.
Zelensky furioso
Le offerte dell’Occidente miravano a calmare la delusione di Volodymyr Zelensky che la sera dell’11 luglio ha definito “assurdo che non sia fissato il calendario né per l’invito né per l’adesione dell’Ucraina. Mentre allo stesso tempo viene aggiunta una formulazione vaga sulle condizioni persino per l’invito. Sembra che non ci sia disponibilità né a invitare l’Ucraina nella NATO né a renderla membro dell’Alleanza. Ciò significa che viene lasciata una finestra di opportunità per negoziare l’adesione alla NATO nei colloqui con la Russia. E per la Russia, questo significa motivazione per continuare il suo terrore. L’incertezza è debolezza”.
Il presidente ucraino ha colto nel segno, individuando probabilmente il vero obiettivo di USA e NATO che conferma per l’Ucraina il ruolo di pedina sacrificabile nel confronto con Mosca. Sembrano dimostrarlo anche le dure reazioni alle sue parole e gli scarsi entusiasmi mostrati dagli altri capi di stato e di governo nei confronti del presidente ucraino, fino a ieri idolatrato.
Del resto nonostante i proclami altisonanti di Kiev che hanno annunciato vittorie militari per ora inesistenti con l’obiettivo di portare qualche successo a Vilnius, i membri della NATO hanno ben compreso che il fallimento della controffensiva ucraina e l’esaurimento progressivo degli aiuti militari che l’Occidente può fornire a Kiev imporranno presto di negoziare un accordo con la Russia.
Il tema non è liquidabile in poche battute politiche perché la controffensiva voluta da Zelensky e che in cinque settimane sembra essere costata all’esercito ucraino oltre 50 mila morti e feriti per riconquistare una superficie di territorio nazionale più piccola dell’Isola d’Elba, era stata voluta ad ogni costo da Zelensky (secondo alcune voci contro il parere dei vertici militari) con l’obiettivo di portare al summit di Vilnius successi tangibili da presentare agli alleati.
Non a caso in queste ore circolano di nuovo indiscrezioni circa pressioni dei comandanti militari per fermare la controffensiva e cessare di sacrificare inutilmente truppe e mezzi necessari invece a contrastare nuove offensive russe.
Difficile dire se Mosca sia disponibile al negoziato e se le trattative coinvolgeranno direttamente gli Stati Uniti: di certo la base su cui i russi si dissero pronti al confronto mesi or sono riguardava la cessione delle quattro regioni ucraine in buona parte occupate e annesse alla Federazione con un referendum nel settembre scorso e lo status neutrale dell’Ucraina.
Pragmaticamente, in vista di un possibile negoziato i membri della NATO hanno ritenuto di non assumere impegni formali con Kiev che peraltro avrebbero irritato ulteriormente Mosca. Soprattutto gli Stati Uniti, alla vigilia di una campagna elettorale presidenziale in cui l’escalation della tensione con la Russia e il rischio paventato di guerra nucleare non aiuteranno Biden a cercare un secondo mandato.
A Mosca, come era prevedibile, hanno subito evidenziato le difficoltà di Kiev e il portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, ha ironizzato sull’esito del summit di Vilnius canzonando gli ucraini per essersi fidati dell’Occidente. “Sciocchi, dovevate imparare le regole prima che iniziasse il gioco, non dopo”, ha scritto su Telegram. “Questo è l’ordine mondiale basato su regole inventate dagli occidentali. Chi è più intelligente non vi partecipa, poiché non ci sono regole, vengono inventate sul momento e modificate se il gioco non porta al risultato desiderato”.
Zelensky umiliato
I russi non sono stati i soli a umiliare i vertici ucraini per la brusca reazione alle delusioni di Vilnius e anche il ministro della Difesa britannico Ben Wallace ha bacchettato Zelensky.
“Piaccia o no, la gente dei Paesi occidentali vorrebbe vedere un po’ di gratitudine dall’Ucraina. A volte si chiede ai Paesi di rinunciare alle proprie scorte di armi. Diversi Paesi occidentali stanno cedendo propri stock di armi agli ucraini e non possono essere considerati come una sorta di Amazon cui indirizzare ordini di materiale bellico a richiesta. Talora i toni vanno calibrati ad esempio per convincere i parlamentari americani o per persuadere politici dubbiosi di altri Paesi”.
Wallace, ex ufficiale del British Army, puntava a diventare segretario generale della NATO prima che gli Stati Uniti decidessero di estendere di un anno il mandato di Stoltenberg, secondo indiscrezioni per permettere a Ursula von der Leyen di terminare il mandato di presidente della Commissione Ue per poi nominarla al vertice politico della NATO.
L’eventuale malumore di Wallace (che ha annunciato oggi le sue dimissioni “al prossimo rimpasto di governo”) nei confronti di Zelensky potrebbe quindi risultare spiegabile ma le sue parole hanno avuto ampia eco sui media britannici mentre da quanto emerge da indiscrezioni e testimonianze anonime l’insofferenza verso le pretese dell’Ucraina e del suo presidente sembra essersi diffusa rapidamente tra i tanti che fino a ieri lo osannavano.
Fonti anonime dell’Amministrazione statunitense hanno fatto infatti sapere al Washington Post che a Vilnius c’è stata molta irritazione per le critiche emerse nel comunicato di Zelensky.
La reazione della Casa Bianca, secondo le fonti, dimostra la “crescente frustrazione che si respira all’interno della NATO”, in relazione alle richieste di Zelensky. Anche “alcuni dei suoi sostenitori più accaniti hanno iniziato a dubitare dell’utilità di questi suoi atteggiamenti”. Una delle fonti ha affermato che la delegazione statunitense presente al summit ha reagito “furiosamente” al messaggio pubblicato da Zelensky.
L’irritazione di molti in Europa e USA nei confronti delle continue crescenti pretese di Kiev finora era rimasta in buona parte sotto traccia ma a Vilnius ha cominciato ad emergere prepotentemente. Forse non solo per le pretese e l’arroganza (entrambe non nuove) di Zelensky ma soprattutto perché pesano i mancati successi militari di Kiev, nonostante l’enorme quantità di armi fornite dagli stati membri della NATO cui si aggiungeranno presto le munizioni a grappolo americane, i missili da crociera francesi SCALP e altri veicoli corazzati.
Zelensky pentito
Già il 12 luglio il presidente ucraino ha dimostrato di aver colto che il vento stava cambiando e si è affrettato a rilasciare dichiarazioni più ossequiose nei confronti dei suoi sponsor.
“Sono fiducioso che con la fine della guerra, l’Ucraina entrerà finalmente nella NATO. Sono grato al presidente americano Biden e a tutti gli americani per il loro sostegno” ha detto nella conferenza stampa congiunta Stoltenberg.
“Sono grato per il sostegno di vitale importanza, per l’Ucraina e per gli ucraini, per la nostra libertà” ha scritto su Twitter. Il 12 luglio, giornata di chiusura del Summit di Vilnius, Zelensky in conferenza stampa ha risposto a Wallace: “Credo che siamo sempre stati grati al Regno Unito. Siamo sempre stati grati al primo ministro e al ministro della Difesa perché il popolo nel Regno Unito ha sempre sostenuto l’Ucraina. Siamo grati per questo”.
Il presidente ucraino ha aggiunto di “non aver capito” i commenti del ministro della Difesa britannica. “In quale altro modo dovrei esprimere le mie parole di gratitudine? Oppure potremmo alzarci la mattina ed esprimere personalmente le nostre parole di gratitudine al ministro. Davvero, non capisco l’essenza della questione. Siamo grati al Regno Unito”.
Lo stesso giorno, rivolgendosi all’opinione pubblica ucraina, il presidente ha detto che “al vertice ho visto il sostegno di Stati Uniti, Germania, Francia, Polonia e altri leader di Paesi che mi hanno assicurato che aiuteranno e sosterranno l’Ucraina finché sarà necessario. Ma voi e io dobbiamo capire che tutto questo dipende dalle nostre azioni sul campo di battaglia.
E’ molto importante non solo che i nostri alleati ci sostengano, ne abbiamo bisogno per mantenerci motivati, per sapere che cosa stiamo facendo, che stiamo andando verso la vittoria e il ripristino della nostra integrità territoriale. Non possiamo restare fermi e aspettarci che qualcuno ci sostenga per decenni”.
Il fattoi che abbia ammorbidito i toni, non significa che Zelensky non abbia preso atto dell’evoluzione nei rapporti con l’Occidente mentre a Kiev altri non hanno nascosto frustrazione e amarezza per l’esito del vertice di Vilnius.
“L’Ucraina entrerà un giorno nella NATO ma fino ad allora dobbiamo ricordare che le nostre vite e la nostra sicurezza sono solo nelle nostre mani. Ringraziamo i nostri partner, ma ricordiamo loro che anche il futuro e la sicurezza dell’Europa è nelle nostre mani. E oggi queste mani sono coperte da terribili calli sanguinanti per dover sempre reggere armi…” ha scritto su Twitter il consigliere presidenziale Mykhailo Podolyak.
L’ex presidente ucraino Petro Poroshenko, il 13 luglio ha evidenziato che Kiev non ha ricevuto l’invito tanto atteso ad aderire all’alleanza o alcuna garanzia che tale offerta sarà fatta in futuro. “Non riesco a capire come si possa dire che il vertice di Vilnius è stato un grande successo per l’Ucraina”, ha detto durante il suo discorso al parlamento ucraino trasmesso dai media ucraini. “Non abbiamo bisogno di parole sulle porte aperte. Se le porte sono aperte, fateci entrare. Se non ci fate entrare, le porte restano chiuse”.
Il vertice di Vilnius sembra quindi aver chiarito a Zelensky e ai suoi che gli alleati occidentali sono pronti a celebrare gli altissimi valori ideali per cui questa guerra deve essere combattuta ma solo “fino all’ultimo ucraino”.
E’ forse presto per affermare che l’indirizzo preso a Vilnius potrebbe portare gli ucraini in coda alla lunga lista degli alleati da “sostenere finché sarà necessario” poi abbandonati dagli USA e dall’Occidente (i sudvietnamiti, gli iracheni, i curdi in almeno tre occasioni, gli afghani…) ma se vi sarà una svolta in tal senso lo si vedrà probabilmente entro la fine dell’estate con l’intensificarsi dei contatti tra Mosca e Washington, prima di tutto a livello di vertici dell’intelligence.
Del resto lo stesso Stoltenberg, che da tempo andava ripetendo che i successi della controffensiva ucraina avrebbero permesso a Kiev di sedersi al tavolo dei negoziati con maggiore forza contrattuale, ha detto il 13 luglio che le trattative per risolvere il conflitto in Ucraina avverranno solo quando l’Ucraina sarà pronta.
“Quello che sappiamo è che quanto più sostegno militare forniamo agli ucraini, quanto più territorio riescono a liberare, tanto più forte sarà la loro mano al tavolo dei negoziati. Non si tratta della Nato che negozia per conto dell’Ucraina”.
Di diverso avviso è invece il premier ungherese Viktor Orban il quale sostiene apertamente che “se gli americani lo volessero domani mattina ci sarebbe la pace. E perché gli americani non lo vogliano è una domanda a cui tutto il mondo sta pensando. Dopo tutto, l’Ucraina ha perso la sua sovranità: non ha denaro, né industria militare, né capacità di produzione militare propria. Riceve denaro principalmente dagli Stati Uniti, fondi militari sempre dagli americani e dall’Occidente”.
Il trionfo del Sultano
Oltre agli Stati Uniti di Biden anche la Turchia di Recep Tayyp Erdogan esce trionfante dal summit di Vilnius incassando un triplice bottino dal via libera dato all’ingresso della Svezia nella NATO.
Ankara ha ottenuto innanzitutto garanzie da Stoccolma sullo stop agli aiuti ai curdi (“terroristi” per i turchi, dissidenti sacrificabili per NATO e UE), poi garanzie da Washington sulle forniture di nuovi cacciabombardieri F-16 Viper e garanzie dall’Unione Europea circa l’espansione degli accordi economici di libero scambio con la rimozione dell’obbligo di visto per i cittadini turchi che intendono recarsi in Europa e la prospettiva (da definire) dell’ingresso della Turchia nella Ue.
Alla vigilia del vertice Erdogan aveva chiesto un “messaggio chiaro e forte” sull’adesione della Turchia alla UE, che non è in agenda a Bruxelles, è osteggiata da molti in Europa ma è stata invece caldeggiata dagli Stati Uniti.
“Il presidente Biden ha sempre appoggiato l’aspirazione della Turchia ad entrare nell’Unione Europea. Gli Stati Uniti non fanno parte di questa organizzazione e quindi non hanno voce in capitolo, ma quella resta la nostra posizione”, ha detto in un briefing il Consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan.
Accomodante la risposta del presidente del consiglio europeo Charles Michel, che dopo “l’ottimo incontro” con Erdogan, ha twittato che “sono state esplorate le opportunità per riportare la cooperazione Ue-Turchia in primo piano e rivitalizzare le nostre relazioni”.
Meglio ricordare che Michel è colui che nell’incontro con Erdogan ad Ankara nell’aprile 2021 lasciò seduta sul divano Ursula von der Leyen in una delle performance più imbarazzanti (ed esilaranti) che hanno visto protagonista l’attuale Commissione Ue.
Non è superfluo ricordare l’ostilità turca nei confronti dell’Europa, dal ricatto pluriennale sui migranti illegali (la gran parte delle rotte utilizzate per l’immigrazione clandestina sono gestite o controllate dalla Turchia) al sostegno ai gruppi jihadisti per non parlare del ruolo turco nel contrastare l’integrazione delle comunità islamiche nei diversi paesi europei, inclusa la Francia.
Non ci sono neppure dubbi sul fatto che la Turchia non coltivi certo il “sogno europeo” o “si senta parte dell’Europa” tenuto conto che il neo-ottomanesimo di Erdogan sta portando Ankara ad accentuare la penetrazione nei Balcani, nell’Egeo, in Libia e non certo a beneficio degli interessi europei.
Certo gli Stati Uniti hanno tutto l’interesse a sottrarre la Turchia dall’intesa cordiale con la Russia di Putin ma il fatto che la UE sia oggi disposta a concedere tanto alla Turchia in cambio dell’ingresso della Svezia (già membro dell’Unione) nella NATO, la dice lunga su quanta autonomia questa Commissione Ue abbia da Washington anche nella gestione dei suoi affari interni.
Vassalla degli interessi statunitensi, piegata a quelli turchi e pronta a pagare il conto per l’allargamento della NATO, l’Unione Europea sembra voler fare di tutto per confe4rmare di fatto rinunciato a tutelare le nazioni e i popoli che la compongono.
Del resto se un membro di spicco dell’amministrazione statunitense come Sullivan può permettersi di dichiarare pubblicamente l’endorsement di Washington all’ingresso della Turchia nella Ue, significa che l’obiettivo statunitense di indebolire l’Europa è stato pienamente raggiunto e la guerra in Ucraina ha ridotto al lumicino la sovranità e persino la dignità della UE, anche negli aspetti formali.
Superficiale e un po’ dilettantesco appare infine l’entusiasmo registrato sulle due sponde dell’Atlantico per le posizioni di Erdogan, fino a ieri ingombrante “dittatore” (come lo definì un premier italiano) ma da un paio di giorni celebrato in Occidente perché avrebbe voltato le spalle a Putin con il via libera all’ingresso della Svezia nella NATO e la consegna a Kiev dei comandanti della Brigata Azov, ospitati a Istanbul in base agli accordi con russi e ucraini dopo la caduta di Mariupol.
La Turchia di Erdogan non era filo-russa né è diventata ora filo-Ucraina o filo-Occidentale. Cura semplicemente (ed egregiamente) i propri interessi nazionali e la liberazione degli ufficiali dell’Azov ha rappresentato probabilmente una rappresaglia per i pesanti bombardamenti aerei russi dei giorni scorsi sui territori del Nord della Siria controllati dalle milizie filo-turche.
Meglio non dimenticare che i conflitti in Libia, Siria e Armenia/Azerbaigian sono stati conclusi da intese dirette tra Mosca e Ankara con compromessi che hanno tagliato fuori gli occidentali e che Erdogan non ha interesse a scontrarsi con Putin, atteso ad Ankara in agosto. Inoltre la Turchia è diventata il secondo fornitore commerciale della Russia dopo la Cina, con una crescita dell’export quasi triplicata dal 2022 grazie soprattutto al settore abbigliamento, dove i prodotti turchi hanno rimpiazzato quelli europei (e italiani).
Le aperture alla Svezia nella NATO, oltre a portare importanti benefici politici, economici e militari alla Turchia, permetteranno ad Erdogan di riproporsi come mediatore per rilanciare gli accordi sul grano e per far cessare la guerra con il probabile benestare di tutti.
“Se le parti acconsentono o vogliono che mediamo, saremmo felici di farlo. Proprio come Istanbul è diventata il centro del corridoio del grano, siamo sempre pronti per fare da mediatori su tali questioni. La Turchia è uno dei Paesi che può incontrare sia la Russia che l’Ucraina. Ma fino a ora nessuno ci ha chiesto nulla”, ha affermato Erdogan che a Vilnius ha colto con perfetto tempismo le opportunità offerte dal nuovo corso degli eventi. Se la guerra terminerà con una trattativa, i turchi faranno di tutto per mediarla e condurla in porto.
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In questa serie di tweet del 19 giugno “Big Serge”, forse il più acuto commentatore delle operazioni militari in Ucraina, propone un insight strategico di grande valore sul quale concordo al 100%. Molto interessante constatare che questa interpretazione convalida e sviluppa la lettura delle primissime settimane di guerra che propose “Marinus”, probabilmente il Ten. Gen. Paul Van Riper, Corpo dei Marines, sulla “Marine Corps Gazette” di giugno e agosto 2022, sebbene “Big Serge” non la conosca (non la cita mai nei suoi commenti).
“Marinus” non ha pubblicato altre analisi sulla guerra in Ucraina, probabilmente per ragioni di opportunità politica: le sue interpretazioni smentiscono radicalmente la lettura occidentale ufficiale delle operazioni belliche russe.
Nel 2022, “italiaeilmondo.com” ha pubblicato la traduzione italiana del saggio in due parti di “Marinus”1, e un mio commento sulle sue rilevantissime implicazioni2.
Buona lettura.
Roberto Buffagni
Big Serge
@witte_sergei
Molti sostengono che la guerra in Ucraina dimostri che siamo tornati allo stile di guerra della Prima Guerra Mondiale, dove attaccare con successo è quasi impossibile, e che questo renda meno probabili le guerre future a causa delle scarse probabilità di successo.
In realtà penso che sia vero il contrario.
Il clamoroso fallimento della controffensiva ucraina (e la lenta avanzata della Russia in altre parti del Donbas) dimostra che avanzare contro un esercito del XXI secolo che combatte da una posizione preparata con un ISR e una potenza di fuoco adeguati sarà un compito estremamente difficile.
Penso che l’implicazione strategica di ciò migliori effettivamente il calcolo per le prese territoriali limitate e calcolate, perché se il primo arrivato riesce a raggiungere un certo livello di sorpresa strategica e a impadronirsi rapidamente del territorio, può essere quasi impossibile da sloggiare.
Il successo della Russia in Ucraina suggerisce in realtà una pianificazione molto potente. Hanno consolidato il controllo della spalla di Lugansk e del ponte di terra di Zapo nella fase iniziale della guerra, e ora l’Ucraina non ha un percorso realistico per riconquistare questi territori.
La conclusione è che se gli obiettivi possono essere conquistati con un colpo di mano all’inizio, l’attaccante può comunque trincerarsi sotto l’ombrello del fuoco e dell’ISR e avere ottime probabilità di mantenere le proprie conquiste e costringere il nemico a cedere il territorio.
Si può facilmente vedere come si configurerebbe la pianificazione per le guerre che puntano a obiettivi limitati: sorpresa strategica, alta tolleranza per le perdite di vite umane e materiali all’inizio per assicurare una rapida presa degli obiettivi, e comunque trincerarsi. Afferrare e tenere duro, sapendo che non si può essere cacciati via.
Ci sono aree di ogni tipo in cui si potrebbe vedere applicata una simile strategia: il Karabakh nel Caucaso, lo spartiacque himalayano tra la Cina e l’India, la valle di Fergana e altro ancora.
Un altro modo per dirlo è quello di dire che la moderna combinazione ISR/Fuoco dà un significativo vantaggio a chi si muove per primo, perché il momento più facile per l’avanzata saranno le prime settimane di guerra, prima che le difese si consolidino.
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Ieri sera la Russia ha colpito Odessa e praticamente tutti gli altri porti coinvolti nell’affare del grano (ce ne sono altri come Yuzhne, Ochekov, Nikolayev, ecc.), oltre ad altre città dell’Ucraina occidentale. Il sindaco di Odessa li ha definiti i peggiori colpi dell’intera guerra:
Per inciso, è stato detto che l’uomo che ha filmato il video selvaggio degli arrivi a Odessa di cui sopra è già stato catturato dall’SBU e “mobilitato”:
La CNN ha aumentato il sensazionalismo in modo insincero, affermando di non aver “mai visto nulla di simile” – immagino che il giornalista non fosse presente a Baghdad nel marzo 2003:
Tra l’altro, è interessante che i media e i funzionari occidentali stiano facendo un gran parlare dei “barbari attacchi” della Russia, non solo dal punto di vista dell’ipocrisia: dopo tutto, Kiev ha letteralmente attaccato il ponte di Crimea l’altro giorno, uccidendo civili davanti alle telecamere, e ora si lamentano che la Russia ha colpito “infrastrutture civili” a Odessa. Ma anche il fatto che gli Stati Uniti hanno fatto la stessa cosa molte volte senza grande indignazione.
Per esempio, ecco un articolo del LA Times del 1990 che mostra come gli Stati Uniti abbiano utilizzato le stesse tattiche durante la Guerra del Golfo:
Si dà il caso che il petrolio iraniano sequestrato sia “bloccato” al largo delle coste del Texas, con quell’immortale voce passiva in stile Newspeak che i MSM amano impiegare quando devono nascondere il colpevole del crimine. Come quando riportano la notizia dei missili israeliani che colpiscono la Siria come “Damasco viene colpita dai missili”, lasciando che i loro lettori ottusi si chiedano di chi fossero i missili. Se cliccate sull’articolo vero e proprio, solo in un secondo momento si dice che si tratta di petrolio sequestrato, e non si parla di sequestro illegale.
Ora, il MSM ha la faccia tosta di gridare ripetutamente che l’utilizzo delle stesse tattiche da parte della Russia è in qualche modo più “barbaro”.
Tornando agli scioperi, ecco un’altra grande raccolta di video degli scioperi di ieri sera:
Questa mossa era chiaramente volta a terminare l’infrastruttura dell’accordo sul grano dell’Ucraina, in modo da non poter continuare a portare avanti l’accordo senza la Russia, dato che Zelensky aveva già tentato di convincere la Turchia e altri a continuare l’accordo come se nulla fosse.
Sono trapelate schermate di un’unità di difesa aerea ucraina che mostrano uno sciame di missili e droni:
Decine di obiettivi che rappresentano missili Caliber, Onyx e Kh-22, così come droni kamikaze Geran-2. Il sindaco di Odessa ha detto “che non ricordiamo una tale scala di attacchi dall’inizio della guerra”.
Questo sistema ACS (Automated Control System) Virage si dice sia un altro analogo dei sistemi ucraino-occidentali “Nettle” e Delta, che è un aggregatore di dati da una varietà di fonti, che possono essere radar di difesa aerea, inseriti manualmente da spotter, AWAC della NATO, ecc. Il canale Fighterbomber una volta lo ha spiegato così:
“Virage – Tablet” è un programma ucraino che mostra all’utente dati online sulla situazione aerea su qualsiasi computer portatile. Una sorta di flyradar. I dati vengono immessi nel sistema da qualsiasi cosa. Dai radar di combattimento dei sistemi di difesa aerea, dai localizzatori RTV, dai localizzatori di dispacciamento e, sospetto, anche dai dati degli Avak e degli aerei RTR della NATO.Per la trasmissione dei dati vengono utilizzati i più semplici radio modem e Internet, con cui, grazie a Elon Musk e al suo Starlink, le creste non hanno alcun problema. (Grazie a questo sistema, il tipo di bersaglio, la rotta e l’altitudine di volo dei nostri gruppi d’attacco vengono prontamente comunicati ai calcoli e agli equipaggi della difesa aerea, e i sistemi di difesa aerea con calcoli MANPADS vengono dispiegati all’azimut desiderato e attendono che i bersagli entrino nella loro area d’azione senza attivare le radiazioni, cioè rimanendo invisibili ai lanciamissili e ai sistemi di guerra elettronica di aerei ed elicotteri quasi fino al momento del lancio. Grazie alla sua compattezza e mobilità, questo sistema può fornire qualsiasi calcolo alle forze di difesa aerea e, naturalmente, alla fanteria.
Una cosa interessante che vorrei sottolineare è che è molto difficile credere che i sistemi radar di difesa aerea di Odessa possano tracciare missili da crociera e obiettivi di dimensioni drone a quelle distanze dalla Crimea. Noterete che ci sono contatti anche al largo della costa di Sebastopoli, che dista più di 320 km da Odessa. Sembra più probabile che gli AWACS della NATO sulla costa della Romania (anch’essa a circa 320 km) stessero tracciando e collegando digitalmente le informazioni all’Ucraina.
Tuttavia, detto questo, molti dei contatti sembrano indicare sistemi radar ucraini indigenti. Per esempio, sugli schermi si possono vedere molte denominazioni di 35D6M, che è una stazione radar ucraina prodotta dai sistemi Iskra, ex-sovietici con sede a Zaporozhye. Inoltre, si può vedere 79K6, che sembra designare un altro radar Pelikan di produzione nazionale.
Le statistiche del radar stesso mostrano che può tracciare un bersaglio a più di 300 km solo se vola a un’altitudine di 10-30 km. Se vola a 100 metri da terra, può essere tracciato solo a 40 km al massimo.
Com’è possibile, quindi, che riescano a tracciare missili da crociera presumibilmente a bassa quota a tali distanze? Le designazioni indicano anche diversi tipi di missili russi, ad esempio sembra esserci un contatto scritto come P-700, che presumibilmente sarebbe un missile russo P-700 Granit. Un’altra designazione indica “Malakhit”, che potrebbe essere un P-120 Malakhit russo.
Sappiamo da rapporti come questo che i sottomarini russi hanno sparato i P-700 già l’anno scorso durante le esercitazioni. Quindi, data la portata dell’attacco di ieri sera, è ipotizzabile che sia stato lanciato quasi tutto.
Per esempio, sappiamo che sono stati utilizzati i Kh-59Mk2, poiché sono apparse online le foto di uno di essi che è stato abbattuto. Sappiamo inoltre che sono stati utilizzati missili Onyx lanciati dalle unità costiere Bastion in Crimea, poiché sono emersi dei video:
Sappiamo anche che erano in volo i Tu-22M3, che di solito lanciano i Kh-22, piuttosto che i Kh-101 lanciati dai Tu-95 Bear. Quindi, nel complesso, ieri sera c’è stato un assortimento di missili che probabilmente comprendeva: Kh-59, Kh-22, Kh-101, Kalibr, Onyx/P-800, P-120 e P-700 sub-lanciati, e forse anche altri come Kh-35 o Iskander-M o variante K (R-500), oltre a una massa di droni guidati da Gerans/Shaheds.
In breve: sembra che la Russia abbia finito il futuro portuale e cerealicolo dell’Ucraina. Gli apparati occidentali si stanno già precipitando per salvare il possibile:
Nel frattempo, il portavoce della Casa Bianca, Karen Jean-Pierre, ha dichiarato che gli Stati Uniti non hanno ancora deciso alcuna azione, mentre i funzionari turchi hanno lasciato intendere che non intraprenderanno alcuna azione di “forza bruta” per intervenire militarmente o tentare di usare le loro navi da guerra per scortare i carichi di grano.
Mosca ha dichiarato con fermezza che a partire dal 20 luglio tutte le navi dirette verso i porti ucraini saranno trattate come obiettivi avversari:
Ministero della Difesa russo: navi dirette verso i porti ucraini: In relazione alla cessazione del funzionamento dell’Iniziativa del Mar Nero per il grano e alla chiusura del corridoio umanitario marittimo, a partire dalle 00.00 ora di Mosca del 20 luglio 2023, tutte le navi che navigano nelle acque del Mar Nero verso i porti ucraini saranno considerate potenziali vettori di carichi militari. Inoltre, alcune zone marittime nelle parti nord-occidentali e sud-orientali delle acque internazionali del Mar Nero sono state dichiarate temporaneamente pericolose per la navigazione. In conformità con la procedura stabilita, sono stati emessi avvisi informativi sulla revoca delle garanzie di sicurezza per i naviganti.
La BBC riferisce che gli attacchi hanno distrutto circa 60.000 tonnellate di grano, citando il ministro dell’Agricoltura ucraino:
Gli attacchi missilistici russi sulle coste ucraine del Mar Nero hanno distrutto 60.000 tonnellate di grano e danneggiato le infrastrutture di stoccaggio, dicono i funzionari. Il ministro dell’Agricoltura Mykola Solskyi ha detto che una “quantità considerevole” di infrastrutture di esportazione era fuori uso.
Da una ricerca sommaria mi sembra che una tipica nave da grano di grandi dimensioni trasporti circa quella quantità di grano, quindi questo sembrerebbe essere l’equivalente di una nave da grano piena distrutta – se i rapporti sono veri. Inoltre, si sostiene che ci vorrebbe fino a un anno per ripristinare i terminali danneggiati.
Ricordiamo che al momento degli attacchi, le tipiche notizie false dell’Ucraina affermavano che “tutti i missili e i droni” venivano abbattuti dalle loro valorose squadre di difesa aerea. Ma ora che i danni erano troppo gravi per essere nascosti, sono stati costretti a cambiare la storia, e ora abbondano notizie come la seguente:
Anche il canale ucraino TG “Donna con la falce” riferisce che a Odessa non sono rimaste quasi più munizioni per la difesa aerea in grado di abbattere i missili: “Sono rimaste solo munizioni per i ghepardi. Le munizioni vengono trasferite d’urgenza dall’Ucraina occidentale, in preparazione di un secondo attacco ai porti e alle infrastrutture di Odessa”.
In effetti, al momento in cui scriviamo, per la seconda notte consecutiva si sta verificando una nuova grande serie di attacchi su Odessa. È tipico che la Russia attenda un giorno perché il fumo si diradi e faccia una valutazione satellitare dei danni (Battle Damage Assessment), poi lancia un nuovo attacco per finire gli oggetti che non sono stati colpiti in modo soddisfacente la prima volta.
Putin ha rilasciato una serie di dichiarazioni sulla situazione:
Ecco una sintesi dei punti più salienti:
Il Presidente Putin sull’accordo sul grano: – L’accordo sul grano è stato concluso esattamente un anno fa, il 22 luglio 2022. Abbiamo prolungato questo accordo più e più volte, mostrando miracoli di resistenza e di pazienza;- Nessuno [in Occidente] aveva intenzione di rispettare gli accordi, si limitava a chiedere costantemente qualcosa alla Russia. L’autorità è stata minata, tra l’altro, dalla leadership del segretariato delle Nazioni Unite, che fungeva da garante dell’accordo sul grano. Credo che il personale delle Nazioni Unite abbia cercato sinceramente di mantenere tutte le promesse fatte dall’Occidente, ma non è riuscito a ottenere nulla, non ha fatto praticamente nulla per garantire il normale funzionamento dell’accordo;- L’Occidente ha fatto di tutto per far deragliare l’accordo sul grano, non ha risparmiato alcuno sforzo;- Il ritiro dalle sanzioni delle esportazioni russe di grano e fertilizzanti sui mercati mondiali non è stato completato. Inoltre, alla Russia viene impedito persino di donare fertilizzanti russi ai Paesi più poveri;- la Russia sostituirà il grano ucraino sul mercato alimentare sia a livello commerciale che gratuito;- la continuazione dell’accordo sul grano nella sua forma attuale ha perso ogni significato. A partire dal 18 luglio, la sua attuazione è stata completata; – la Russia prenderà in considerazione la possibilità di tornare all’accordo sul grano solo se tutti i principi della partecipazione della Russia a questo accordo, senza eccezioni, saranno pienamente presi in considerazione e attuati.
Ora il grano russo sta salendo sui mercati:
Il consigliere presidenziale Podolyak spiega che non sono i vettori, ma gli assicuratori a non volersi assumere il rischio di assicurare le navi che attraversano le acque contese della zona di guerra:
Non una sola nave da carico farà scalo nei porti ucraini sul Mar Nero dopo la fine dell’accordo sul grano”, ha ammesso Mikhail Podolyak, consigliere del capo dell’ufficio del Presidente dell’Ucraina, alla Rada TV. “Nessun Paese oserà inviare le proprie navi [nei porti ucraini]. E non si tratta di una questione di navi, ma di compagnie di assicurazione”, ha detto Podolyak.
Tuttavia, l’Ucraina sta ora implorando le compagnie di continuare a navigare con la promessa di fornire loro una sorta di “garanzia dei danni” quasi assicurata:
L’Ucraina ha detto in una lettera all’Organizzazione marittima internazionale (IMO), che è un’agenzia delle Nazioni Unite, di aver creato un meccanismo per fornire “garanzie sui danni” alle compagnie e alle navi che visitano i porti ucraini dopo il completamento dell’accordo sul grano, riferisce Reuters, citando la lettera. Kiev dice che il meccanismo funzionerà per le navi che si trovano nelle acque territoriali ucraine o che sono dirette o provenienti da porti ucraini. Appena, quindi subito, sì
È stato riferito che la Russia non ha ancora finito, cosa che sembra essersi rivelata vera visto che una nuova serie di attacchi è in corso al momento in cui scriviamo. L’intelligence britannica sostiene quanto segue:
“L’MI-6 ha trasmesso nuove informazioni all’Ufficio del Presidente e allo Stato Maggiore, indicando che le forze militari russe stanno preparando una serie di attacchi alle infrastrutture marittime utilizzando droni d’alto mare e navali. Con questo metodo, il Cremlino intende dimostrare che la Russia possiede nuovi tipi di armi che non sono ancora state utilizzate in Ucraina. L’intelligence britannica ritiene che gli attacchi ai porti marittimi abbiano lo scopo di impedire all’Ucraina di riaprire il corridoio dei cereali in modo unilaterale”. Come sempre, prendete ciò che dice Rezidents con un granello di sale.
Un altro rapporto di questo tipo afferma che l’Ucraina intende creare una provocazione con l’intento di attirare le potenze occidentali nel conflitto:
Dal canale Telegram di Rezident_UA: “La nostra fonte all’interno dell’Ufficio presidenziale ha rivelato che, con il supporto dell’intelligence britannica, si sta sviluppando un piano per il passaggio di navi cargo attraverso i porti della regione di Odessa. Attualmente sono in corso trattative con aziende private per l’acquisto di diverse navi che simbolicamente salperanno verso Odessa e provocheranno un attacco da parte della Russia. Se le navi da carico passeranno pacificamente, l’Ucraina dichiarerà sicuro il corridoio del grano. Tuttavia, se si verifica un attacco a queste navi pacifiche, l’Ucraina intende lanciare una campagna internazionale contro la Russia”.
Naturalmente, tutto ciò è normale. L’intero spettacolo di cani e pony che Zelensky sta facendo attualmente, implorando le compagnie di continuare a spedire con il pretesto di una sorta di “garanzia di danni” assicurativa, è tutto fatto con l’intenzione di creare una falsa bandiera facendo esplodere queste navi e dando la colpa alla Russia, o semplicemente sperando che la Russia colpisca comunque accidentalmente le navi. Come al solito, lo stratagemma disperato è quello di creare l’impressione che la Russia colpisca o danneggi l’Occidente in qualche modo o forma, per indurlo a scontrarsi con la Russia. È lo stesso vecchio trucco che viene usato in continuazione in ogni occasione. Tuttavia, la maggior parte delle compagnie occidentali probabilmente ne è al corrente e sa che sarebbe un “agnello sacrificale” usato per fomentare una guerra più grande e preferisce non correre il rischio di avere le proprie navi e i propri equipaggi distrutti in una falsa bandiera.
Per il momento, Kiev sta prendendo in considerazione una nuova rotta per il trasporto del grano attraverso la Bulgaria e la Romania e si può notare che al momento tutte le navi sono allineate sulla costa rumena, secondo alcuni dirette al porto ucraino di Izmail sul Danubio:
Nel frattempo, le cose vanno sempre peggio per l’Ucraina e l’Occidente. A giudicare dalle dichiarazioni di Putin, egli sta diventando sempre più duro e stanco di fronte ai loro giochi e ai ripetuti doppi giochi, il che può significare solo buone notizie. Anche Lavrov ha rilasciato una dichiarazione che rafforza la determinazione russa, affermando che la Russia non si tirerà mai indietro rispetto agli obiettivi dell’OMU.
L’Occidente è semplicemente a corto di opzioni, dato che l’accordo sul grano era uno dei suoi ultimi assi nella manica e un punto di forza in Ucraina. Ayden ha una buona opinione in merito nel suo thread:
Per prima cosa abbiamo i sili di grano e l’ascensore nel porto di Odessa. L’Ucraina aveva ancora l’ambizione di forzare l’accordo sul grano senza la partecipazione della Russia dopo il fallimento dell’accordo sul grano. Distruggendo la funzionalità del porto, Putin ha eliminato l’influenza che l’Ucraina aveva sull’UE e sulla Turchia, oltre a ridurre l’economia ucraina come avviene in una guerra. Non parlerò nemmeno delle voci sul contrabbando di armi attraverso il porto, ma anche questo è un fattore.
Egli sottolinea correttamente che il satellite di rilevamento del calore FIRMS della NASA ha mostrato importanti attacchi anche all’aeroporto Shkolny di Odessa:
L’elenco completo degli attacchi è il seguente:
Sono stati sferrati pesanti attacchi a:
– Porto commerciale di Odessa
– Porto commerciale del Mar Nero
– Porto di Ryb
– Ponte sull’estuario del Dniester (ponte di Zatoka)
– Ponte sul Dniester a Mayaki
– Aeroporto di Odessa
– Aeroporto di Shkolny
– strutture di stoccaggio del carburante
– incertezza atm sui porti di Yuzhny, Reni, Izmail e Kiliya
Sono stati lanciati appelli urgenti per le donazioni di sangue nella regione di Odessa:
E secondo alcuni rapporti sono state colpite anche grandi concentrazioni di truppe.
Di tanto in tanto pubblico una serie di titoli che mostrano l’inasprimento del morale, giudicato dalla lente con cui i media riportano il conflitto. Ora la situazione sta peggiorando come non mai, con titoli come il seguente:
Si noti il cambiamento di tono rispetto agli ospiti storditi, ad esempio, in questo rapporto:
La stampa chiede che gli Stati Uniti si mettano in “assetto di guerra” per poter competere con la Russia. In realtà, i leader occidentali si rendono sempre più conto di non poter competere. Per esempio, un ministro europeo ha addirittura chiesto la creazione di una federazione di “Stati Uniti d’Europa”, poiché si sta cominciando a capire che l’Europa non può competere con il mondo moderno se non è completamente unita sotto un unico governo centrale. È interessante notare che ha indicato gli Stati Uniti, la Cina, la Russia e l’India come le principali potenze contro cui un’Europa unita deve competere, cosa che i singoli Paesi europei non possono fare. Si sente tanto parlare della Russia come di una debole “stazione di servizio”, ed è rivelatore vedere come questi tecnocrati la considerino realmente.
Ammettendo che questa posizione “non è affatto popolare”, il ministro ha proposto di trasformare l’Unione Europea in “una Federazione Europea o in Stati Uniti d’Europa”, che, a suo dire, la metterebbe in una posizione tale da poter essere “un partner veramente alla pari nel gioco tra Cina, America, o Russia e India”.
Un altro colpo in questa direzione è la notizia secondo cui la leadership di cinque Paesi nordici vuole subordinare completamente le proprie forze armate alla NATO:
La scorsa settimana, il ministro della Difesa norvegese Eirik Kristoffersen ha dichiarato (https://klassekampen.no/artikkel/2023-07-13/jobber-for-ny-nato-kommando) che le leadership dei cinque Paesi nordici hanno espresso il desiderio di subordinare le proprie forze armate nazionali al Comando Atlantico della NATO a Norfolk, uno dei tre comandi congiunti delle forze armate dell’Alleanza. Il centro di analisi CEPA osserva che al momento il comando di Norfolk non ha una capacità operativa sufficiente per attuare una tale idea, tuttavia non esclude la possibilità di riforme nella struttura di difesa della NATO. Secondo i nostri colleghi americani @CIG_telegram, l’unificazione delle forze armate di cinque Paesi in una determinata struttura è necessaria (https://t.me/CIG_telegram/33259) per concentrare gli sforzi in direzione dell’Artico, che negli ultimi anni è diventato sempre più rilevante per i vertici della NATO in quanto potenziale area di conflitto tra gli interessi dell’alleanza, della Russia e della Cina.È da notare che per il capo del dipartimento della difesa norvegese, l’ingresso della Svezia nella NATO è già un fatto compiuto. Il percorso verso l’alleanza non è così spinoso, se davvero si vuole vedere qualcuno lì.
Tutto questo fa parte del lento consolidamento dell’Europa in una struttura di comando sempre più centralizzata, mentre vengono sventrati economicamente dalle realtà geopolitiche globali alimentate dagli Stati Uniti. Più ogni singolo Stato diventa debole, più diventerà servile, cercando di cedere sempre più sovranità mentre il mondo va lentamente alla deriva verso una futura guerra europea molto più ampia.
Vedendo che l’Ucraina è ormai condannata e non ha scampo, con le opzioni che si stanno esaurendo, i servizi segreti statunitensi spingeranno per accelerare gli sviluppi di cui sopra, in modo da poter unificare l’Europa sotto un unico governo e poi, preferibilmente, usarli come prossima carne da macello con cui tentare di smantellare la Russia.
Infatti, nel suo nuovo articolo, MK Bhadrakumar osserva che “il principale esperto di esteri e difesa della CDU, Roderich Kiesewetter (un ex colonnello che ha guidato l’Associazione dei riservisti della Bundeswehr dal 2011 al 2016), ha suggerito che, se le condizioni lo giustificano nella situazione ucraina, la Nato dovrebbe prendere in considerazione l’idea di “tagliare Kaliningrad dalle linee di rifornimento russe”. Vediamo come reagisce Putin quando è sotto pressione”.
Il punto è che, lentamente, le potenze stanno convergendo per continuare la loro guerra alla Russia in ogni modo possibile, una volta che l’Ucraina sarà esaurita e gettata come uno straccio bagnato. Sfortunatamente per loro, la Russia a quel punto sarà di gran lunga la nazione militare più esperta, potente e tecnologicamente avanzata del mondo, avendo affilato i denti sulle ultime e migliori forze della NATO gettate nel calderone della guerra ucraina.
Li abbiamo già visti testare le acque in passato, con la Lituania che l’anno scorso ha tentato di bloccare Kaliningrad vietando il passaggio dei treni russi, così come le nazioni del Mar Baltico, come l’Estonia e la Finlandia, che hanno minacciato di bloccare il passaggio delle navi russe, cosa di cui ho scritto ampiamente tempo fa. Hanno diversi mezzi per farlo, estendendo i confini della loro zona economica marittima e giocando altri trucchi di “tecnicismo” geografico.
Ora, la Polonia (così come tutta la NATO in generale) sta installando sempre più truppe vicino al confine con la Bielorussia e Kaliningrad, e il presidente del Comitato per la Difesa della Duma russa ha già fatto sapere, come ho detto qui, che Wagner è stato posizionato in Bielorussia allo scopo di difendere il corridoio di Suwalki.
La mia previsione è la seguente: sono in corso enormi spostamenti tettonici per i quali la guerra ucraina serve solo come campo di gioco simbolico di superficie. Il vero gioco che si sta svolgendo sotto la superficie sono le grandi mosse che i BRICS stanno facendo. Ora che molti dei tanto attesi vertici e altre pietre miliari degli ultimi mesi sono passati, la prossima grande pietra miliare da attendere è il vertice BRICS del 24 agosto in Sudafrica.
Oggi Putin ha annunciato che vi parteciperà solo in videoconferenza, anche se forse le cose cambieranno, visto che sembravano vacillare su questo punto. Ma il punto principale è che, secondo alcune voci, il vertice inaugurerà diversi nuovi membri dei BRICS e/o forse prenderà alcune decisioni importanti sulla tanto attesa moneta aurea che il mondo intero attende con il fiato sospeso. Dubito che una di queste due cose si verifichi effettivamente al prossimo vertice – anche se sarebbe sicuramente bello – ma potrebbero essere compiuti passi importanti per portare a compimento una delle due cose: passi concreti verso l’annuncio di un calendario per l’adesione di nuovi membri o un ulteriore sviluppo e solidarietà intorno alla questione della moneta.
Ma il punto è il seguente. Se queste cose dovessero continuare a svilupparsi su questa strada, si aprirebbe una crisi esistenziale per gli Stati Uniti e per l’intera egemonia bancaria occidentale, che usa l’incantesimo fiat come ultima presa sui suoi vassalli nel mondo. Non possono assolutamente permetterlo, il che significa che quanto più la Russia porterà il mondo verso la de-dollarizzazione o una sorta di biforcazione monetaria globale, tanto più il deepstate USA/UK spingerà il mondo verso una grande “guerra” di reset, che presumibilmente inizierà come una guerra continentale europea.
Lo schema sarà perfetto per loro: proprio come nella Prima e nella Seconda Guerra Mondiale, potranno far sì che la Russia e l’Europa si autodistruggano, portando le loro infrastrutture alla rovina e facendo crollare completamente ogni possibilità che il mondo si allontani dal dollaro, o almeno che il dollaro venga sostituito – sotto il loro controllo – da qualche banca centrale occidentale o dalla BRI CBDC.
L’obiettivo degli Stati Uniti in questo caso sarebbe quello di creare una guerra a fuoco lento che non sfoci in uno scambio nucleare completo. Possono farlo gestendo attentamente la situazione e assicurandosi che non vengano superate le “linee rosse” più profonde, mentre entrambe le parti subiscono comunque perdite massicce e rovina infrastrutturale ed economica.
Il modo migliore per farlo, tra l’altro, è semplicemente quello di assicurarsi che sia la Russia a invadere, impedendo agli altri di far scattare qualsiasi tipo di articolo 5 nucleare, cosa che gli Stati Uniti possono fare facilmente. Il motivo è che finché la Russia non viene invasa o non si trova di fronte a una “minaccia esistenziale”, la possibilità che lanci un primo attacco nucleare è bassa.
Gli Stati Uniti possono anche facilmente spingere la Russia ad attaccare per prima la Polonia o i Paesi Baltici, perché ci sono molti punti di pressione che gli Stati Uniti possono spingere i loro vassalli a spingere e che non lascerebbero alla Russia altra scelta che agire: il già citato blocco di Kaliningrad è uno di questi, ovviamente. Dopo tutto, l’Ucraina era lo stesso tipo di punto di pressione. Gli Stati Uniti l’hanno attivata esattamente nel momento in cui volevano, semplicemente ordinando al loro abietto vassallo di iniziare ad attaccare, il che ha evocato la risposta perfettamente attesa e desiderata della Russia.
Detto questo, la tempistica di queste cose potrebbe essere ancora lontana di diversi anni. Tutto dipende dalla rapidità con cui Russia e Cina riusciranno ad accelerare i loro sforzi di de-dollarizzazione.
Ma tornando all’idea precedente che la NATO “sta esaurendo le opzioni” in Ucraina, questo sta accadendo in concomitanza con le grandi vittorie russe sul campo di battaglia, ormai del tutto innegabili. L’Ucraina ha tentato disperatamente un’altra serie di assalti nelle direzioni di Orekhov e Vremevske Ledge (vicino a Velyka Novoselka), e poiché si trattava di attacchi particolarmente disperati, sono stati respinti con un’elevata brutalità. Questi tre video, girati solo oggi, raccontano la storia degli assalti di ieri – anche se, attenzione, sono leggermente 18+:
Per la prima volta in questi assalti, i Leopard sono stati visti sul lato di Vremevske, all’estremo est del raggruppamento di Zaporozhye. In precedenza, erano stati visti solo sul lato di Orekhov nella prima parte dell’offensiva del mese scorso. Il modello 2A6 sarebbe stato abbattuto da un Lancet:
La situazione è così grave che i soldati ucraini si lamentano del fatto che i loro capi mentono apertamente su qualsiasi “conquista” importante. Un post di uno di questi soldati sull’area di Klescheyevka, vicino ad Artemovsk:
Nella direzione di Kupyansk, la situazione è ancora peggiore, con l’AFU che cerca disperatamente di rinforzare il suo raggruppamento spezzato, che è in fuga:
Secondo il tenente colonnello Andriy Marochko, a causa delle perdite critiche dei combattenti ucraini e del successo delle azioni dell’esercito russo a nord-est di Kupyansk, il nemico è costretto a ritirare le sue forze nella seconda e terza linea di difesa. Da molte posizioni, gli ukroboeviki fuggono nel panico, non ascoltando i comandanti. A questo proposito, le Forze Armate dell’Ucraina hanno iniziato ad attuare una serie di misure repressive per riportare le unità nemiche esangui nelle loro precedenti posizioni, già sotto il controllo delle truppe russe
Le forze russe hanno catturato la stazione ferroviaria di Molchanovo a Liman Pervi, vicino a Kupyansk, e i combattimenti si sono spostati a Sinkovka:
Allo stesso tempo, la Russia ha effettuato attacchi di grandi dimensioni contro gli assembramenti di truppe. Negli ultimi giorni sono stati segnalati diversi attacchi efficaci di questo tipo. Uno di questi è quello di Koblev, tra Odessa e Nikolayev:
A Koblev (Oblast di Mykolaiv), hanno chiamato dall’hotel in cui alloggiavano i soldati delle Forze Armate dell’Ucraina. I russi non sono quasi mai efficaci lì, ma la notte precedente avevano colpito bene. Le perdite sono ingenti. Anche a Odessa si è registrato un gran numero di perdite tra i militari. Gli ospedali si sono nuovamente riempiti di un gran numero di feriti.
A Slavyangrad si parla di oltre 100 morti, con il seguente video:
Un’altra era una stazione ferroviaria di Kharkov, che ha avuto una conferma indiretta da un necrologio di un lavoratore del treno morto durante l’attacco. Ma tra le scritte in piccolo c’era anche il fatto che il treno trasportava forze ucraine:
Una versione dice Vinnytsia e l’altra Kharkov, anche se la discrepanza potrebbe essere spiegata con l’origine e la destinazione del treno.
Nelle altre due zone più calde, dove l’AFU ha registrato alcuni progressi/successi, la Russia li ha cacciati o continua a opporre una strenua difesa. A Staromayorsk, a sud di Velyka Novoselka, le forze russe continuano a respingere l’AFU, nonostante le precedenti notizie errate secondo cui la città sarebbe stata conquistata.
Vicino a Klescheyevka, ad Artemovsk, le cosiddette “alture” che l’AFU aveva brevemente conquistato alla periferia della città sono state nuovamente riconquistate dalle forze russe, con ingenti perdite per l’AFU. Anche una precedente avanzata che aveva preso una porzione di territorio vicino all’estremità occidentale di Soledar è stata ripresa dalle forze russe, a quanto mi risulta.
Come ho detto, ora entriamo in un periodo interessante in cui non c’è nulla di importante all’orizzonte per l’AFU che possa “mettere il vento in poppa”, in termini di qualche grande vertice, opportunità di falseflag, o una nuova consegna di wunderwaffen. Gli F-16 e le ATACM sembrano ancora bloccati nel limbo e il clamore per le munizioni a grappolo si è già spento.
Ciò significa che, per una volta dopo tanto tempo, le forze armate del regime di Zelensky devono fare affidamento su qualche tipo di risultato tangibile sul campo di battaglia per dare una parvenza di successo o semplicemente per tenere a bada l’incombente scoraggiamento e la stanchezza che tutti nell’UE sentono ormai sulle prospettive dello sforzo dell’Ucraina.
Non c’è più “trucco” che possa mettere in atto; solo la stessa stanca strategia di gettare infinite ondate di carne contro il tritacarne. Certamente, una falsa bandiera potrebbe ancora essere possibile – e potrebbero rianimare il piano ZNPP in qualsiasi momento, anche se non ho visto un aggiornamento recente sullo stato del bacino e del suo letto.
Ma sarà interessante vedere cosa l’Ucraina tenterà di fare per tenere lontani i titoli dei giornali dalle sue perdite assolutamente catastrofiche. L’attacco al ponte di Crimea doveva essere la prima raffica di questo sforzo. Credo che l’attacco fosse destinato ad essere molto peggiore. Speravano di abbattere entrambe le campate o un intero pilone, interrompendo completamente il ponte. Questo sarebbe stato un risultato trionfale per il quale probabilmente avevano già preparato da tempo interi pacchetti di pubbliche relazioni, che avrebbero ottenuto una rotazione sulle onde radio per settimane e avrebbero guadagnato tempo critico per la “gestione della percezione”.
Ma l’attacco è stato un fallimento. Una campata si è a malapena spezzata e il traffico a senso unico era già stato ripristinato su quella parallela. La ferrovia non è stata nemmeno toccata. Ciò significa che devono fare qualcosa in fretta per riconquistare lo slancio nel “gioco della percezione”. Come ho detto, non hanno nulla di importante da aspettarsi, che possano concatenare come sono abituati a fare, da una “vittoria” propagandistica all’altra, incatenandole per mantenere vivo il falso simulacro del trionfalismo.
Dal momento che per il momento non hanno alcun espediente artificiale con cui farlo, prevedo che l’unica cosa che rimarrà sarà quella di lottare con le unghie e con i denti con massicci assalti di carne al fine di macinare qualche vittoria simbolica ad ogni costo. Ciò significa che dovremmo aspettarci di vedere continui rinforzi che si riversano nelle zone più calde con nient’altro che ondate umane che sperano di sopraffare le posizioni russe con perdite senza precedenti.
Al momento, l’iniziativa si è spostata sulla sporgenza di Vremevske, in quanto ritengono che il successo qui sia più sostenibile, motivo per cui i Leopardi sono stati avvistati lì. Pertanto, hanno spostato le risorse dalla linea Orekhov-Rabotino a questa direzione, e probabilmente continueranno a tentare di riversare tutto nella cattura di Staromayorsk, che li porterebbe a un ultimo insediamento lontano dal raggiungere la vera e propria “prima linea di difesa” ufficiale – sapete, quella con i denti di drago.
Tra l’altro, questo è il modo in cui i media occidentali stanno elaborando l’attuale assetto:
Ecco un altro sostenitore ucraino che ha scritto semplicemente quanto segue sotto la foto del defunto:
In fondo si dice che l’altro maiale, cioè la ragazza di 14 anni che ha perso i genitori, è in terapia intensiva e che sperano che muoia anche lei. Quanto possono essere malati?
Ma se questo non fosse abbastanza grave, ecco due membri della NAFO, uno dei quali si era già rivelato in precedenza, che dicono cose altrettanto disgustose:
Per chi non avesse visto il video, dopo l’attacco di Kerch, la coppia morta è stata filmata dai passanti con la figlia di 14 anni che penzolava macabramente dal parabrezza dell’auto dopo averlo attraversato a causa dell’esplosione del ponte. Il membro NAFO di cui sopra vuole una maglietta della scena per riempire il suo cuore di gioia.
Questo dimostra semplicemente il tipo di persone con cui la Russia si confronta.
Il prossimo:
L’Ucraina ha quasi terminato la costruzione del coronamento della profanazione dell’eredità sovietica. Il grande monumento della Madrepatria a Kiev sarà sostituito dall’emblema dell’URSS con il tridente ucraino:
Infine, mi è capitato di vedere questo muro in una trincea russa VDV Airborne. Ricordiamo che i blogger di 2D ci hanno detto che non solo tutti i militari russi “odiano universalmente Shoigu”, ma che i VDV, sotto il generale Teplinsky, lo detestano e lo disprezzano particolarmente. Eppure, eccoci qui, in una casuale roccaforte di soldati del VDV che non hanno alcun obbligo di onorare il loro ministro della Difesa in questo modo:
Questo dimostra, come ho già detto in precedenza, che la realtà e la verità sono molto più sfumate e complesse di quanto alcuni imbroglioni vogliano far credere con le loro narrazioni fuorvianti, volte a spingere le loro agende private e a macinare i loro assi personali.
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nella prima parte l’autore ha esaminato il ruolo svolto dall’energia nell’ascesa delle società moderne e nei modelli di domanda e offerta nel tempo. Questa parte esamina le fonti di energia rinnovabile, in particolare il potenziale degli impianti solari ed eolici per sostituire i combustibili fossili.
Niente di nuovo sotto il sole
La ricerca di fonti energetiche alternative non è nuova. Storicamente, ha ruotato intorno a:
Disponibilità : le nazioni prive di grandi riserve di combustibili fossili hanno cercato di compensare questa debolezza, inclusa la dipendenza dai fornitori o dalle rotte di trasporto.
Costo : gli utenti di energia si sono concentrati su fonti di combustibile a basso costo.
Sviluppi scientifici : i miglioramenti nella fisica e nella chimica dell’energia hanno incoraggiato l’uso di alternative.
Negli ultimi tre decenni, la ricerca di alternative è stata motivata dal desiderio di ridurre le emissioni di combustibili fossili. Questo è particolarmente vero nelle nazioni avanzate una volta che sono emersi combustibili più puliti come il gas naturale e i derivati del petrolio, che alleviano gli aspetti evidenti dell’inquinamento atmosferico. Ma dovrà anche superare le carenze dovute alla diminuzione delle forniture di combustibili fossili.
Tipi di fonti energetiche alternative
Le alternative possono essere raggruppate in:
Nucleare : c’è stato un crescente interesse per l’energia nucleare dopo la seconda guerra mondiale come fonte di elettricità di base a causa delle sue dimensioni e della promessa di elettricità ” troppo economica per essere misurata “. Era attraente soprattutto per i paesi privi di grandi riserve di combustibili fossili a basso costo come Giappone, Francia e Germania.
L’acqua idroelettrica è una fonte di energia storicamente importante (mulini ad acqua). Le dighe, promosse da agenzie di sviluppo come la Banca mondiale, hanno combinato generazione di energia, irrigazione, controllo delle inondazioni e collegamenti di trasporto (di fatto come un ponte). Il primo ministro indiano Jawaharlal Nehru ha proclamato le dighe come i “templi dell’India moderna” che integrano lo sviluppo agricolo e l’economia del villaggio con la rapida industrializzazione e la crescita dell’economia urbana.
Rinnovabili moderne – principalmente al solare e all’eolico.
L’energia nucleare è caduta in disgrazia dopo i gravi incidenti (Three-Mile Island; Chernobyl; Fukashima), la diffusa opposizione pubblica e la preoccupazione per la proliferazione delle armi nucleari. I danni ecologici e lo spostamento delle popolazioni hanno ridotto il fascino delle dighe nel corso degli anni, anche se la tecnologia idroelettrica esistente, a causa della sua lunga vita, è probabile che continui a rimanere una fonte di energia. Diventerà anche sempre più importante per l’accumulo di energia.
L’obiettivo attuale è l’energia rinnovabile , derivata da fonti naturali, reintegrata a un tasso superiore a quello consumato e che crea emissioni inferiori rispetto ai combustibili fossili. È un mix di vecchie e nuove tecnologie.
Le forme tradizionali di energia rinnovabile basate su una tecnologia matura includono:
Hydro: gli usi dell’energia dell’acqua che si sposta da quote più alte a quote più basse per generare elettricità attraverso turbine.
Geotermico: l’uso di energia termica dall’interno della Terra utilizzando pozzi o altri mezzi per generare elettricità o fornire riscaldamento. È disponibile solo in luoghi con serbatoi idrotermali accessibili (vicini alla superficie), naturalmente sufficientemente caldi e permeabili.
Biomassa: la bioenergia è prodotta da materiali organici, principalmente legno, e colture agricole, sotto forma di biocarburanti liquidi. I moderni sistemi a biomassa includono colture o alberi dedicati, residui dell’agricoltura e della silvicoltura e vari flussi di rifiuti organici.
Queste fonti tradizionali sono sempre più integrate da tecnologie più recenti, tra cui:
Solare: la radiazione solare viene convertita in energia elettrica tramite pannelli fotovoltaici o tramite specchi che concentrano la radiazione solare. Anche se non tutti i paesi sono ugualmente dotati, l’energia solare intercettata dalla Terra è circa 10.000 volte superiore al tasso di consumo attuale, rendendola una risorsa molto consistente.
Vento: il movimento dell’aria è stato utilizzato per millenni per alimentare l’industria (mulini a vento) o il trasporto (navi a vela). L’iterazione moderna sfrutta l’energia cinetica utilizzando grandi turbine eoliche situate sulla terraferma (onshore) o nei mari vicino alla costa (offshore). I progressi tecnologici (turbine più alte e diametri del rotore maggiori) consentono di aumentare il potenziale di generazione di elettricità. Sebbene la disponibilità di energia eolica sia variabile (la velocità media del vento varia a seconda della località), il potenziale tecnico teorico dell’energia eolica supera l’attuale produzione globale di elettricità.
L’energia oceanica: l’energia cinetica e termica del mare o dell’acqua dolce — onde, flussi di marea o correnti — può generare elettricità simile all’energia idroelettrica. Mentre la tecnica è nascente, il potenziale teorico per l’energia oceanica può superare l’attuale fabbisogno energetico umano.
Una serie di altre tecnologie emergenti di energia rinnovabile sono teoricamente fattibili:
Raffreddamento radiativo diurno passivo: utilizza la freddezza dello spazio esterno per il raffreddamento diurno degli spazi interni, la mitigazione dell’isola di calore urbana esterna e il miglioramento dell’efficienza delle celle solari.
Radiazione termica infrarossa terrestre: cerca di convertire il flusso di radiazione termica infrarossa verso lo spazio esterno freddo in elettricità. In teoria, questa tecnologia potrebbe essere utilizzata durante la notte quando l’energia solare non viene generata.
Combustibili di alghe: utilizza alghe ricche di olio o grassi per produrre biocarburanti.
Vapore acqueo: utilizza le cariche di elettricità statica delle gocce d’acqua sul metallo per generare energia.
L’idrogeno a volte viene erroneamente citato come fonte di energia rinnovabile. È un potenziale deposito di energia che può essere utilizzato come il petrolio o il gas. Richiede energia generata da combustibili fossili o fonti rinnovabili per alimentare un elettrolizzatore per convertire l’acqua in idrogeno gassoso. Il gas a zero emissioni di carbonio inodore, incolore e leggero che può quindi essere immagazzinato, trasportato e utilizzato quando necessario.
La capacità delle fonti energetiche rinnovabili di sostituire sostanzialmente i combustibili fossili è influenzata da alcune caratteristiche. Sebbene ci sia qualche disaccordo tra gli esperti, le energie rinnovabili ottengono un punteggio basso sul ritorno energetico sull’energia investita (EROEI). Ci sono altri problemi come l’intermittenza, la co-ubicazione, la densità di energia e la densità di potenza superficiale. Anche l’enfasi esagerata sulle minori emissioni di anidride carbonica delle rinnovabili non è così incontestabile come spesso viene presentato. Questi fattori insieme alle esternalità influenzano l’utilità e il costo economico delle rinnovabili.
Intermittenza
Idealmente, la disponibilità di energia è immediatamente disponibile così come la fornitura è stabile e ininterrotta.
La domanda, in particolare per l’elettricità, è spesso suddivisa in livelli quali:
Carico di base: domanda minima relativamente costante e coerente.
Carico di picco: domanda massima, durante un periodo come un giorno o in circostanze insolite, come una giornata insolitamente calda in cui tutti accendono i condizionatori d’aria.
I modelli di disponibilità richiesta variano. La domanda nel suo complesso è in aumento e i picchi sono più difficilmente prevedibili e accentuati, talvolta protraendosi per periodi più lunghi a causa, anche, degli effetti delle condizioni meteorologiche estreme. I carichi di punta possono, in alcuni casi, essere il doppio del carico di base.
La produzione oraria di elettricità negli Stati Uniti mostra la variabilità.
In sostanza, la necessità è di disponibilità immediata (spesso definita potenza dispacciabile); ad esempio, la possibilità di accendere luci, climatizzazione, macchinari e accedere a opzioni di trasporto immediate (tramite veicoli tradizionali alimentati da motori a combustione interna). L’assenza di interruzioni impreviste e stabilità è fondamentale per le applicazioni industriali che spesso richiedono lunghe procedure di avvio e spegnimento.
Un problema ben documentato con le rinnovabili è l’intermittenza. Questo assume due forme:
Intermittenza prevedibile: si riferisce ai cicli naturali giorno-notte o stagionali che influenzano la generazione di energia solare, eolica, idroelettrica e delle maree.
Intermittenza imprevedibile: si riferisce a eventi imprevisti come condizioni meteorologiche fuori stagione, ad esempio copertura nuvolosa, vento debole o forte o assenza di precipitazioni.
L’intermittenza imprevedibile è particolarmente impegnativa. Gli esempi includono il fenomeno della calma globale o della siccità del vento . La forza del vento che soffia attraverso il nord Europa è diminuita in media del 15% , probabilmente a causa dei cambiamenti delle condizioni meteorologiche.
L’intermittenza è un ostacolo in quanto la società e le economie moderne non sono strutturate attorno a un’offerta continua e affidabile. Le interruzioni di corrente influenzerebbero il trasporto a causa del guasto dei sistemi di trasporto di massa alimentati elettricamente e persino dei semafori. Le famiglie richiedono una fornitura costante e ininterrotta; ad esempio, il guasto della refrigerazione dovuto a interruzioni di corrente porterebbe al deterioramento del cibo e la vita in un grattacielo diventerebbe difficile dove il rischio di rimanere intrappolati in un ascensore non è banale.
Il problema potrebbe essere sottostimato . Le fluttuazioni della velocità del vento hanno un effetto importante sulle prestazioni . Se la velocità del vento scende della metà rispetto ai 30 chilometri (20 miglia) ideali all’ora, la potenza disponibile diminuisce di un fattore otto. Se la velocità del vento raddoppia, la potenza erogata aumenta di otto volte e la turbina deve essere girata per evitare guasti. La capacità di generazione nominale installata nell’Unione Europea e nel Regno Unito nel 2021 era di 236 gigawatt, ma la produzione giornaliera più alta era di soli 103 gigawatt. L’inaffidabilità è maggiore per l’energia eolica generata in mare aperto.
Come minimo, l’intermittenza richiede un accumulo di energia su larga scala o meccanismi supplementari, tra cui la generazione di energia da combustibili fossili o nucleare, per soddisfare la necessità di energia dispacciabile.
Requisiti di infrastruttura
Una fonte di energia vicino al punto di utilizzo è utile. Le centrali a carbone, a gas e nucleari possono essere posizionate convenientemente vicino ai consumatori. I combustibili fossili (carbone) e i liquidi (petrolio, gas) possono essere trasportati alla rinfusa o tramite oleodotti. Il trasporto di gas su lunghe distanze dove i gasdotti sono impraticabili richiede costose strutture dedicate per la liquefazione e la rigassificazione, nonché navi specializzate (note come “treni”). Il combustibile nucleare è facilmente trasportabile anche se i rischi per la sicurezza e le radiazioni devono essere gestiti.
Al contrario, molte fonti di energia rinnovabile sono specifiche della geografia, spesso lunghe distanze dalla popolazione e dai centri industriali. Le migliori fonti solari si trovano nelle regioni più calde con una copertura minima di alberi e nuvole, come le regioni desertiche o aride. Le posizioni migliori per l’energia eolica, come l’offshore, sono spesso remote.
Ciò richiede investimenti nello stoccaggio, linee di trasmissione più lunghe e una significativa riconfigurazione della rete che si aggiunge ai costi e alle esigenze infrastrutturali.
Un primo problema è la scala richiesta. In parte, ciò riflette il fatto che l’elettricità fornita attraverso la rete è storicamente solo uno dei diversi modi per accedere all’energia. Altre opzioni, come benzina e gas, hanno scavalcato la rete. Il passaggio all’utilizzo di più elettricità, implicito nelle energie rinnovabili, richiede un’espansione su larga scala.
La rete elettrica è attualmente realizzata attorno a generatori situati in prossimità del punto di utilizzo. Le fonti di combustibile vengono trasportate agli impianti e l’energia viene distribuita agli utenti in genere all’interno di un’area compatta. L’uso delle rinnovabili altera questi accordi:
L’energia può essere generata a una certa distanza da dove è necessaria, richiedendo nuovi sistemi di trasmissione.
Lo stoccaggio dell’energia è necessario per gestire le intermittenze di fornitura.
In alcuni contesti gli utenti diventano anche fornitori di energia (surplus di abitazioni, aziende agricole e industriali) richiedendo modifiche alla rete da unidirezionale a bidirezionale o da uno-a-molti a molti-a-molti. In un sistema con accumulo su larga scala, è richiesta la capacità di accedere all’elettricità immagazzinata e di immagazzinare l’energia di rete in eccesso utilizzando la stessa connessione di trasmissione.
In caso di utilizzo di più fonti di energia, la gestione della rete deve essere adattata. In tutta onestà, questo problema è presente anche se in forme diverse all’interno del sistema elettrico esistente.
Potrebbero esserci problemi con la coerenza dell’elevata qualità dell’energia necessaria per garantire stabilità ed efficienza, affidabilità e costi della rete. I problemi includono disturbi di frequenza, armoniche di tensione/corrente, basso fattore di potenza, variazione di tensione, inerzia della rete, distorsione di coppia (per l’energia eolica) e passaggi delle linee di trasmissione.
Potrebbero essere necessarie reti transnazionali o addirittura transcontinentali che utilizzano un voltaggio ultra elevato per accogliere un elevato livello di energie rinnovabili. I sistemi esistenti che impiegano corrente alternata (AC) diventano meno efficienti con la distanza. A tensioni più elevate richieste per spingere ulteriormente la corrente, l’AC impiega (e quindi spreca) una quantità sempre crescente di energia nel compito di spremere le sue alternanze attraverso la linea. Su distanze transcontinentali, la corrente continua (CC) è superiore, il che significa un’importante revisione potenziale della struttura della rete, forse utilizzando connettori a corrente continua ad altissima tensione (UHVDC), che sono più stabili.
Il tempo, la spesa e il coordinamento necessari per creare l’infrastruttura per il passaggio a più fonti rinnovabili sono sottovalutati. Secondo il Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti , il paese avrà bisogno di 47.300 gigawatt-miglia di nuove linee elettriche entro il 2035 per ospitare ulteriore capacità di energia rinnovabile, pari a un’espansione del 57% della rete esistente, oltre a sostanziali aggiornamenti delle infrastrutture. Il mondo potrebbe aver bisogno di raddoppiare la lunghezza delle linee di trasmissione in funzione a 152 milioni di chilometri (90 milioni di miglia) per raggiungere zero emissioni nette entro il 2050.
La spesa necessaria è notevole. Nel 2020, il costo della costruzione di milioni di miglia di nuove linee di trasmissione e infrastrutture associate per far fronte all’aumento dei siti eolici e solari è stato stimato a $ 14 trilioni nel periodo di 30 anni tra il 2020 e il 2050. A partire dal 2023, questo era aumentato a 21 trilioni di dollari. Gli investimenti di capitale nelle reti sono diminuiti a livello globale tra il 2017 e il 2020, recuperando solo ai livelli del 2016 ($ 330 miliardi) nel 2022. Gli investimenti annuali globali nelle reti elettriche, nello stoccaggio di energia e nelle relative strutture dovranno raggiungere quasi $ 550 miliardi all’anno entro il 2030. Gran parte di questo costo saranno trasmessi ai consumatori di energia.
I punti di ricarica per veicoli elettrici di cui i consumatori verdi si preoccupano sono solo una piccola parte dei problemi infrastrutturali che ci attendono.
Densità di energia
La densità di energia misura la quantità di energia immagazzinata in un dato sistema, sostanza o regione dello spazio. Di solito è espresso in energia per massa o volume. Un’elevata densità di energia equivale a una maggiore quantità di energia immagazzinata per unità di massa o volume. È particolarmente importante per applicazioni come il trasporto.
Ciò implica che 3,8 litri (1 gallone) di benzina contengono circa quaranta megajoule di energia chimica che divisa per volume produce una densità energetica di dieci miliardi di joule per metro cubo. La benzina è dieci quadrilioni di volte più densa di energia della radiazione solare e un miliardo di volte più densa di energia dell’energia eolica e idrica.
I calcoli della densità energetica devono essere trattati con cautela. È comunemente citato che l’uranio235 (utilizzato nell’energia nucleare) può produrre 83.140.000 megajoule per chilogrammo. Ciò lo renderebbe quasi 3 milioni e 2 milioni di volte più ricco di energia rispettivamente del carbone e del petrolio. Questo è fuorviante . Il combustibile di uranio utilizzato per la produzione di energia è a bassi livelli di purezza (circa il 4%). Deve essere bruciato in un processo batch a un ritmo lento per evitare il rilascio di energia esplosiva (come nelle armi atomiche). Un’energia significativa, rispetto ad altre fonti energetiche, viene spesa per separarla e arricchirla dal minerale dove si presenta a bassi livelli di concentrazione. Ciò riduce sostanzialmente la sua densità energetica, sebbene sia ancora molte volte più potente dei combustibili fossili.
In sintesi, i combustibili fossili e l’energia nucleare mostrano una densità energetica notevolmente più elevata, il che significa che è necessario meno carburante per produrre l’energia richiesta, che è importante per determinate applicazioni.
La densità energetica relativa evidenzia la sfida di sostituire il petrolio o il gas naturale compresso come carburante soprattutto per i trasporti senza grandi progressi tecnologici.
I veicoli elettrici (EV) illustrano il problema. I veicoli devono trasportare il loro carburante. Poiché la benzina o il diesel hanno una densità energetica molto elevata rispetto alle migliori batterie attuali, i veicoli elettrici sono più pesanti di quelli alimentati a combustibili fossili. La semplicità meccanica e l’efficienza dei motori elettrici non possono compensare completamente questa penalità di peso.
Sebbene questo non sia un problema sostanziale per le autovetture e i veicoli leggeri, per i trasporti pesanti, come i trasporti a lungo raggio, la spedizione o l’aviazione, questa penalità di peso è difficile da superare. Ad esempio, 1 chilogrammo (2 libbre) di carburante per aerei contiene 70 volte più energia della migliore batteria agli ioni di litio esistente. Nel caso degli aeroplani, il peso delle batterie necessarie o lo spazio necessario per trasportare l’idrogeno necessario per i voli più lunghi ridurrebbero il carico utile dei passeggeri e delle merci, alterando l’economia.
I vantaggi della densità energetica dei combustibili fossili sono un fattore della loro potenza EROEI (ritorno energetico sull’energia investita) rispetto ai combustibili concorrenti. La minore densità energetica delle rinnovabili limita, in assenza di importanti scoperte scientifiche, la sua capacità di sostituire i combustibili esistenti, soprattutto per alcune applicazioni. Storicamente, la società si è spostata successivamente verso fonti con densità energetica crescente. Il carbone ha fornito il 50-100% di energia in più rispetto al legno che ha sostituito. Petrolio e gas fornivano 3-6 volte più energia in peso rispetto al carbone. Il passaggio alle rinnovabili invertirebbe questa tendenza.
Densità di potenza superficiale
La densità di potenza superficiale (a volte abbreviata in densità di potenza), identificata dal professor Vaclav Smil, misura il tasso di produzione di energia per unità di superficie terrestre. È generalmente calcolato come la quantità di potenza ottenuta per unità di superficie terrestre utilizzata dal sistema energetico, comprese tutte le infrastrutture di supporto, la produzione, l’estrazione di combustibile (se applicabile) e lo smantellamento. L’elevata densità di potenza superficiale significa che è possibile prelevare quantità maggiori di energia da fonti di alimentazione che occupano un’area relativamente piccola. Basse densità di potenza superficiale indicano che una produzione di energia equivalente richiede aree di terra più grandi.
I combustibili fossili e l’energia nucleare hanno un’elevata densità di potenza. Le fonti di energia rinnovabile hanno una densità di potenza inferiore di diversi ordini di grandezza.
L’energia solare ed eolica richiede più spazio da dedicare alla produzione di energia. Le moderne centrali elettriche a carbone o a gas utilizzano circa 121 ettari (300 acri) per generare 600 megawatt. Ciò esclude le aree di terra necessarie per l’estrazione mineraria o l’estrazione e il trasporto. Un parco eolico equivalente richiederebbe oltre 20.000 ettari (50.000 acri). Un pannello solare per fornire quantità simili di energia potrebbe richiedere fino a 2.400 ettari (6.000 acri). L’impianto a carbone o a gas avrebbe anche una maggiore affidabilità fornendo energia quasi all’80-100 percento rispetto a circa il 20-50 percento dell’opzione rinnovabile a causa dell’intermittenza. Per fornire la stessa potenza della centrale nucleare di Hinkley Point C nel Regno Unito – 3.200 milioni di watt – sarebbero necessari 5,5 milioni di metri quadrati di superficie spazzata dalle turbine.
I biocarburanti illustrano il problema della bassa densità di potenza superficiale. La quantità di mais necessaria per creare etanolo sufficiente per riempire un serbatoio SUV da 95 litri (25 galloni) alimenterebbe un individuo per un anno. Il grano necessario per alimentare tutte le auto statunitensi equivale a una quantità che potrebbe sfamare circa 400 milioni di persone.
Una minore densità di potenza superficiale crea potenziali conflitti sull’uso del suolo . A meno che non si trovino in aree a bassa densità di popolazione o utilizzino terreni inadatti ad altre applicazioni, l’espansione delle energie rinnovabili si scontra con le esigenze dell’agricoltura e delle popolazioni umane. Questa tensione è evidente in Germania, dove le richieste concorrenti di terreni si sono rivelate un limite nell’attuazione dell’Energiewende, la transizione in corso da parte della Germania verso un approvvigionamento energetico a basse emissioni di carbonio, rispettoso dell’ambiente, affidabile e conveniente basato sulle energie rinnovabili.
Difetti caratteristici
Il sistema energetico esistente, sviluppato nel corso di due secoli, comporta l’accesso e il trasporto della fonte di combustibile, la produzione di energia, nonché la trasmissione e la distribuzione. Gli utenti di energia sono orientati ai tipi di energia prevalenti, in particolare per i trasporti e le applicazioni industriali. Le strutture dei prezzi e del trading sono stabilite e sono state perfezionate nel tempo. Esistono accordi di finanziamento a lungo termine, spesso poco flessibili.
Il passaggio alle energie rinnovabili richiede una massiccia modifica dell’intero sistema energetico così come esiste attualmente. Ciò comporterebbe cambiamenti non solo nell’approvvigionamento energetico, ma anche nel modo in cui viene utilizzato, compreso l’adeguamento di attività come l’industria pesante e la mobilità. Le caratteristiche intrinseche delle fonti energetiche rinnovabili — intermittenza, esigenze infrastrutturali, densità, densità superficiale — hanno effetti sfavorevoli sulla disponibilità e sul costo dell’energia. Questi fattori li rendono potenzialmente inadatti a sostituire in modo sostanziale i combustibili fossili o il nucleare, come ormai frequentemente ipotizzato, almeno nei tempi previsti.
Come sapeva Josh Billing “per quanto la verità sia scarsa, l’offerta è sempre stata in eccesso rispetto alla domanda “. L’attuale dibattito sulle rinnovabili è viziato dalla tendenza a confondere ciò che è con ciò che vorremmo che fosse. La fede in ciò che pensiamo sia un fatto quando purtroppo non è corretto, non risolverà nulla.
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L’Ucraina nella NATO sarebbe un disastro…
Ma non necessariamente per le ragioni che pensate.
AURELIEN
19 LUGLIO 2023
Prima del recente vertice della NATO si è parlato molto di invitare l’Ucraina a diventare membro della NATO, e tra i media vicini al PMC c’è stata molta delusione e persino rabbia per il fatto che ciò non sia avvenuto. Per quanto posso capire, questi media e coloro i cui punti di vista riflettono sembrano aver visto l’adesione dell’Ucraina come una via di mezzo tra un nobile atto di carità e un astuto piano per distruggere Putin. Ma se leggete il lungo e turgido comunicato che è uscito da quel vertice, vi renderete conto che in pratica non accadrà mai, e anzi che non sarebbe mai accaduto. Ma il “perché” di questo è interessante e, in ultima analisi, ha poco a che fare con tutto il clamore sulle “garanzie di sicurezza”. Piuttosto, ho la sensazione che almeno alcuni, all’interno della NATO, abbiano iniziato a capire cosa significherebbe in termini pratici l’adesione dell’Ucraina. Ecco il quadro (ragionevolmente) completo e macabro.
Prima, però, un po’ di contesto. Negli ultimi mesi, c’è stata un’incredibile quantità di chiacchiere, per lo più male informate, su una cosa chiamata “garanzie di sicurezza”, generalmente citando l’articolo 5 del Trattato di Washington. Inizierò spiegando perché questo è irrilevante, per poi passare alle due vere ragioni per cui ritengo che l’adesione dell’Ucraina probabilmente distruggerebbe comunque la NATO.
La maggior parte delle persone che parlano del Trattato di Washington non lo hanno letto, e la maggior parte presume che abbia creato la NATO, ma in realtà non è così. Quindi, prima di andare avanti, esaminiamo le famose parole dell’articolo 5, che dovrebbero essere una “garanzia di sicurezza”, e analizziamo brevemente perché l’articolo dice ciò che dice. Lo citerò per intero, cosa che raramente viene fatta. Citazione:
“Le Parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell’America del Nord sarà considerato come un attacco contro tutte loro e di conseguenza convengono che, qualora si verifichi tale attacco armato, ciascuna di esse, nell’esercizio del diritto di autodifesa individuale o collettiva riconosciuto dall’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite, assisterà la Parte o le Parti così attaccate adottando immediatamente, individualmente e di concerto con le altre Parti, le misure che riterrà necessarie, compreso l’uso della forza armata, per ripristinare e mantenere la sicurezza della zona dell’Atlantico del Nord.
Qualsiasi attacco armato e tutte le misure adottate in conseguenza di esso saranno immediatamente riferite al Consiglio di Sicurezza. Tali misure termineranno quando il Consiglio di Sicurezza avrà preso le misure necessarie per ripristinare e mantenere la pace e la sicurezza internazionale”.
Si noti, tra l’altro, la qualificazione in grassetto. Non si tratta di una “garanzia di sicurezza”. Con grande sorpresa di molti esperti, non si parla di dichiarazioni di guerra o di fornitura automatica di aiuti militari. Un Paese potrebbe teoricamente adempiere al suo obbligo inviando una forte nota di protesta, anche se in pratica ci si aspetta che gli Stati membri si coordinino e facciano tutti più o meno la stessa cosa. Ma perché l’articolo è stato redatto in questo modo? Ricordiamo brevemente la sua storia.
Alla fine degli anni ’40, l’Europa era in rovina e di fatto disarmata. Le leadership politiche uscite dalla guerra erano traumatizzate ed esauste, e terrorizzate da un altro conflitto che, probabilmente a ragione, avrebbero distrutto il continente una volta per tutte. E le crisi non mancavano. La Germania era stata sconfitta, ma un giorno sarebbe risorta. L’Unione Sovietica aveva preso il controllo dell’Ungheria e della Cecoslovacchia. In Grecia era in corso una guerra civile, sia in Francia che in Italia c’erano forti partiti comunisti che erano emersi coperti di gloria dalla Resistenza e tra i cui dirigenti c’erano molti che pensavano che la lotta non fosse ancora finita. Milioni di persone venivano internate e trasferite, spesso contro la loro volontà, da una serie di nuove frontiere all’altra. I combattimenti a tappeto continuarono, con forse un centinaio di migliaia di morti, per qualche tempo dopo la fine formale delle ostilità nel 1945. Soprattutto, le élite occidentali, guardando la distruzione che le circondava, giurarono che mai più avrebbero permesso lo sviluppo di una minaccia militare, come era accaduto negli anni Trenta. Questa volta sarebbero stati pronti.
La paura più grande di un’Europa disarmata era il massiccio dispiegamento di truppe sovietiche a est. È vero che queste truppe non erano viste come una minaccia militare (e oggi sappiamo che Stalin era altrettanto ansioso di evitare una guerra e altrettanto preoccupato delle intenzioni occidentali), ma, soprattutto dopo la Crisi di Berlino del 1948, qualcosa di simile al panico cominciò ad attanagliare le cancellerie occidentali, con il pensiero che Stalin avrebbe usato questa massiccia presenza per ridurre l’Europa occidentale allo stesso status di soggetto dell’Europa più a est. Questo fu lo sfondo del famoso Memorandum del 1948 emesso a nome di Ernest Bevin, il ministro degli Esteri britannico, che portò al Trattato di Washington l’anno successivo. Quando il trattato fu firmato, non conteneva alcuna promessa di sostegno militare automatico da parte degli Stati Uniti in caso di guerra. Questa promessa era stata fortemente voluta, tra gli altri, dai francesi, ma era stata fermamente osteggiata dagli Stati Uniti, timorosi che il Congresso non avrebbe mai ratificato un accordo del genere, dato lo stato d’animo isolazionista dell’epoca. Ciò che rimase fu un impegno politico che rifletteva la speranza di Bevin che il Trattato avrebbe “ispirato rispetto e cautela” da parte sovietica. In parole povere, si trattava di un avvertimento che, in qualsiasi crisi tra l’Unione Sovietica e l’Europa, gli Stati Uniti sarebbero stati automaticamente coinvolti e questo, si sperava, avrebbe fatto riflettere i sovietici. Ben presto, lo scoppio della guerra di Corea provocò il panico nelle capitali occidentali e la rapida militarizzazione della neonata alleanza. Ma la logica di fondo rimase: mentre le forze statunitensi rimasero in Europa in numero piuttosto elevato, non stavano mai “proteggendo” l’Europa (che comunque forniva la maggior parte delle forze), ma piuttosto richiedevano all’Unione Sovietica di considerare le opinioni e le possibili azioni degli Stati Uniti in qualsiasi crisi.
Non si tratta quindi di una “garanzia di sicurezza” in senso proprio, perché non ha garantito nulla, e non l’ha mai fatto. In ogni caso, una garanzia di qualsiasi tipo non ha valore se non si hanno i mezzi per attuarla, e la NATO non ha questi mezzi ora, e non li avrà per molto tempo, se non mai. (In questo senso, il fatto che l’Ucraina sia un membro della NATO è irrilevante, poiché qualsiasi Paese può fornire una vera garanzia di sicurezza (“vi aiuteremo militarmente se verrete attaccati”) quando vuole. In effetti, una garanzia non è altro che una promessa fatta in anticipo: nulla impedisce a qualsiasi Paese occidentale di decidere di dispiegare forze per combattere al fianco dell’Ucraina ora, se decide di farlo. Tuttavia, a onor del vero, ci sono anche modi per trarre vantaggio dall’appartenenza alla NATO che non si basano su garanzie formali di sicurezza. In un’alleanza di qualsiasi tipo, la solidarietà è un principio fondamentale e gli Stati finiscono spesso per sostenere azioni di alleati su cui hanno forti dubbi privati: un punto su cui torno più avanti.
In questo contesto, è giusto dire che la nemesi che si è lentamente avvicinata alla NATO negli ultimi trent’anni è arrivata. Non c’è stata una vera e propria “decisione” di continuare la NATO dopo il 1989; piuttosto, c’erano trattati in vigore che ne rendevano necessaria l’esistenza, e molte nazioni vedevano ogni tipo di ragione pragmatica per la continuazione dell’alleanza, e pochi vantaggi nel rottamarla. Per diversi anni, però, si è pensato troppo all’ampliamento dell’alleanza e le assicurazioni fornite ai russi in quel periodo rappresentavano il pensiero generale delle capitali occidentali, anche se a Washington c’erano alcuni estremisti che fantasticavano sull’espansione.
Ma la nuova situazione cominciò rapidamente a sembrare molto strana. Perché c’erano truppe tedesche sotto il comando della NATO alla frontiera polacca? Da cosa si difendevano? Poco più a sud, nei Balcani, la mancata corrispondenza tra etnie e frontiere aveva causato una guerra che stava mietendo decine di migliaia di vittime. La situazione nell’Europa orientale era molto più complessa e potenzialmente molto più pericolosa. Volevamo davvero una Jugoslavia 2.0? Quando i tre (ora quattro) cosiddetti Paesi di Visegrad (Ungheria, Polonia e Cecoslovacchia) cominciarono a parlare di adesione, non ci fu un’opposizione organizzata: non sembrava una questione molto importante e dava alla NATO qualcosa da fare, oltre che, con un po’ di fortuna, evitare un vuoto di sicurezza nella regione. In breve tempo, il processo di allargamento ha iniziato ad acquisire un proprio slancio.
Ma i più sospettosi tra noi avevano dei dubbi. Dopo tutto, i dodici membri originari della NATO erano tutti Stati dell’Europa occidentale o dell’America settentrionale e l’espressione “Nord Atlantico” aveva un certo significato. C’era un ragionevole grado di comunanza culturale e politica tra loro. Si può dire che la Germania e la Spagna, che si sono aggiunte in seguito, e persino la Grecia, condividessero questo patrimonio, anche se la Turchia rimaneva un’anomalia. Al contrario, e anche se era considerata una cattiva educazione dirlo, l’importazione in massa di Stati post-comunisti nella NATO era destinata a provocare problemi. La maggior parte di essi era politicamente instabile, molti non avevano alcuna tradizione democratica e molti erano anche altamente corrotti e gestiti dalla criminalità organizzata, con i cittadini più brillanti in fuga verso l’Occidente. Non importa, ci è stato detto, l’adesione alla NATO (e successivamente all’UE) risolverà questi problemi. Il (relativo) successo del V4 veniva continuamente citato. Come molti, non ero convinto e lo sono tuttora.
Stava anche diventando chiaro che collezionare nazioni come francobolli stava rapidamente portando la NATO in una posizione in cui l’alleanza si stava assumendo impegni per i quali non era preparata e che non poteva rispettare. L’idea di una garanzia di “sicurezza” stava diventando sempre più stiracchiata e fantasiosa, mentre la NATO esauriva le sue forze convenzionali e rivolgeva la sua attenzione prima ai Balcani e poi all’Afghanistan. La Russia divenne un argomento di nicchia, che non attirava molto tempo o attenzione, mentre le energie della NATO si rivolgevano sempre più all’Afghanistan, ad altre parti del mondo e all’allargamento fine a se stesso. Ma poi la Russia non era più una grande potenza e le sue proteste sull’allargamento (o su qualsiasi altra cosa) potevano essere tranquillamente ignorate.
Tuttavia, il problema di fondo non è scomparso. Mi è stato ben riassunto da un collega diplomatico non molto tempo dopo la guerra fredda. “Se mai dovessimo espandere la NATO, dovremmo o includere la Russia, nel qual caso avremmo un confine con la Cina, o non includere la Russia, nel qual caso avremmo un confine con loro”. Quelli di noi che, in diversi Paesi, hanno avanzato tali argomentazioni non sono mai stati molto numerosi né molto posizionati, e la risposta è sempre stata la stessa: ce ne occuperemo più tardi. Ebbene, ora è il momento.
A un certo punto, negli anni ’90, il concetto di “garanzia di sicurezza”, che non è mai stato molto solido, ha cominciato a crollare completamente, senza che nessuno se ne accorgesse. Questo contribuisce a spiegare, credo, l’atteggiamento vendicativo e isterico di tanti leader occidentali sulla crisi ucraina: la loro rabbia è diretta in parte contro i loro stessi predecessori, che hanno lasciato loro una bomba ad azione ritardata, che ora non hanno più la capacità di disinnescare, e presunte “garanzie di sicurezza” che ora si rivelano inutili.
Se tralasciamo per un momento i relativamente pochi falchi della Russia (soprattutto a Washington) e i pochi che si opponevano fermamente all’espansione, e se riconosciamo che la Russia/Ucraina non era un problema importante per la maggior parte dei governi della NATO fino a poco tempo fa, possiamo identificare a grandi linee due serie di aspettative all’interno del corpo principale dell’alleanza:
Il punto di vista della maggioranza era qualcosa di simile a:
La NATO aiuta a costruire un’Ucraina di successo, prospera e allineata all’Occidente, troppo armata per essere intimidita dalla Russia.
Succede qualcosa.
La Russia crolla.
E la visione minoritaria era qualcosa del tipo:
La NATO aiuta ecc. ma la Russia attacca comunque e subisce una rapida umiliazione militare.
Succede qualcosa
La Russia crolla.
Non credo che ci sia stato un solo leader nazionale che si aspettasse di trovarsi nella posizione in cui si trova ora. Senza dubbio ci sono state molte figure in tutti i Paesi che si sono sfregate le mani per la gioia all’inizio, credendo che la Russia fosse caduta in una trappola. Molti altri sembrano aver dormito dalla fine della Guerra Fredda e non si sono resi conto che la capacità di guerra terrestre convenzionale e le industrie di armamenti della NATO sono state ridotte quasi a zero, e quindi la favoleggiata “garanzia di sicurezza” non ha alcun significato pratico. Non c’è da stupirsi che siano furiosi.
Ma in ogni caso, i veri problemi dell’adesione dell’Ucraina alla NATO risiedono altrove e per capirli dobbiamo approfondire un po’ l’organizzazione della NATO che, a quanto vedo, è stata completamente trascurata in questo dibattito.
Fin dai primi giorni della militarizzazione della NATO, all’inizio degli anni Cinquanta, era ovvio che sarebbero state necessarie alcune strutture permanenti per garantire l’efficacia dell’organizzazione. Anche dopo la fine della Guerra Fredda, le strutture militari e civili della NATO sono enormi e complesse, ma ci concentreremo su alcune significative. Come ogni organizzazione internazionale di qualsiasi dimensione, la NATO ha delegazioni nazionali permanenti. In questo caso, ogni Paese ha un Rappresentante Permanente, con il grado di Ambasciatore, che ha lo status diplomatico ed è supportato da uno staff di diplomatici, funzionari e ufficiali militari. Sebbene esistano gruppi informali più ristretti per alcuni scopi, ogni delegazione nazionale ha in linea di principio accesso a tutte le informazioni NATO fino a SECRET automaticamente, e alle comunicazioni delle capitali che vengono condivise.
Quindi, la prima cosa che accadrebbe se l’Ucraina entrasse nella NATO è l’arrivo di un ambasciatore, con il suo staff, che inizierebbe a svolgere un ruolo completo nel processo decisionale della NATO. Il Presidente, il Ministro degli Esteri e il Ministro della Difesa dell’Ucraina parteciperebbero alle riunioni a livello politico e i militari ucraini parteciperebbero a tutte le discussioni militari. È importante capire cosa significhi tutto ciò. Nonostante l’immagine popolare delle nazioni NATO come una serie di burattini manipolati dalla CIA attraverso tecniche di controllo mentale, la NATO, come qualsiasi altra organizzazione internazionale, è lacerata da conflitti interni e disaccordi su ogni tipo di questione. È un’organizzazione in cui è necessario il consenso e in cui gli Stati possono minacciare il consenso per ottenere concessioni. Qualsiasi governo ucraino intelligente lo farebbe. Bloccherebbe l’accordo su misure che godono di un ampio sostegno se non venissero soddisfatte le sue preoccupazioni sulla Russia. Ciò significherebbe riunioni di mezzanotte per la stesura di comunicati o documenti politici, con l’Ucraina che pretende un linguaggio aggressivo nei confronti della Russia e decisioni rigide sulla politica verso questo Paese. L’Ucraina giocherebbe a fare la vittima per quanto le è possibile e pretenderebbe, di fatto, l’ultima parola su qualsiasi testo, interno o pubblico, che menzioni la Russia. Nell’eventualità di una crisi reale all’interno della NATO, mobiliterebbe le simpatie internazionali a favore della posizione dura che intende assumere. Fondamentalmente, l’Ucraina potrebbe effettivamente minacciare di far fallire le attività della NATO se non ottenesse ciò che vuole.
La NATO ha una pletora di comitati ufficiali – in realtà si tratta per lo più di comitati – e l’Ucraina sarebbe membro di tutti. Il più importante è probabilmente il Comitato militare, composto dai rappresentanti militari, che si riunisce due volte l’anno a livello di capi della difesa. Il presidente del Comitato militare è per convenzione un alto ufficiale militare europeo (attualmente un ammiraglio olandese). Quindi, perché non un generale ucraino la prossima volta: sarebbe logico e politicamente attraente, no? Poi c’è il Comitato per la politica di difesa e la pianificazione, tradizionalmente presieduto da un funzionario britannico, che tra l’altro avrebbe discusso le prime bozze del comunicato del recente vertice NATO. Qualsiasi delegazione ucraina intelligente vi troverebbe ampio spazio per creare problemi. E ce ne sono molti altri, tra cui il Gruppo di pianificazione nucleare, dove l’adesione dell’Ucraina potrebbe portare la discussione in direzioni interessanti.
In termini pratici, l’Ucraina probabilmente emergerebbe molto rapidamente come leader di un gruppo di nazioni anti-russe dalla linea dura, che chiede sempre una politica più conflittuale e posizioni e dichiarazioni più da falco nei confronti della Russia. Molte altre nazioni, soprattutto quelle molto lontane, sarebbero riluttanti a spendere capitale politico per opporsi a loro e, nell’interesse di fare progressi, i comitati della NATO finirebbero per lasciare tranquillamente che siano gli ucraini a dettare la politica su molte questioni riguardanti la Russia. Se pensate che tutto ciò sia esagerato, beh, ne abbiamo già avuto un piccolo assaggio con le buffonate da parco giochi reciprocamente distruttive di Grecia e Turchia. Un esempio banale: dopo la dissoluzione della Jugoslavia, la Repubblica allora chiamata Macedonia divenne indipendente. I greci, per ragioni storiche, si rifiutarono di riconoscere il Paese con quel nome. I turchi, solo per infastidire i greci, sostennero che la NATO avrebbe dovuto farlo. Fino al 2018, quando il problema è stato risolto e il nome del Paese è stato cambiato in Macedonia del Nord, il Paese è stato chiamato ex Repubblica jugoslava di Macedonia. Ma ai turchi questo non piaceva, e ogni documento della NATO, fino al segnale di routine, doveva includere una nota a piè di pagina in cui si diceva che “la Turchia riconosce la Repubblica di Macedonia con il suo nome costituzionale”, altrimenti i turchi avrebbero protestato. Questo è un piccolo esempio. Pensate a cosa sarebbe un esempio più grande.
Quindi, comportandosi da “buon alleato” sulla maggior parte delle questioni e concentrandosi sulla Russia, l’Ucraina potrebbe facilmente ottenere la maggior parte di ciò che vuole. Allo stesso modo, potrebbe decidere di generare controversie del tutto inutili e artificiali in aree completamente diverse, al fine di ottenere concessioni sulla Russia. Le nazioni fanno sempre questo tipo di cose e, dopo un po’, combatterle diventa troppo problematico. Possiamo anche supporre che qualsiasi governo ucraino competente eserciterebbe pressioni sulle principali capitali della NATO – soprattutto su Washington – per tutto il tempo.
Ma c’è di più. La NATO ha un Comando Operativo Alleato, con sede a Mons in Belgio. Tradizionalmente è stato guidato da un generale statunitense, ma ha un grande staff internazionale e gli ucraini avrebbero diritto a una parte dei posti. L’ACO ha tre comandi subordinati di livello operativo, due dei quali sono in Europa, a Brunssum nei Paesi Bassi e a Napoli. (Ci sono anche diversi comandi tattici). Bene, dicono gli ucraini, è ovvio che la NATO ha bisogno di un Comando operativo che guardi anche a Est, quindi creiamone uno. Noi lo ospiteremo, forniremo tutte le infrastrutture e il comandante, e tutto ciò che dovrete fare sarà inviare gli ufficiali di staff. Così gli ucraini acquisirebbero una massiccia influenza sulle operazioni della NATO lungo il confine russo.
Infine (o almeno questo è sufficiente per ora) come tutte le organizzazioni internazionali, la NATO ha personale distaccato, e molto. Esistono due organizzazioni principali. Lo Stato Maggiore Internazionale è un’organizzazione civile di circa mille persone, che supporta il Consiglio Nord Atlantico, ed è guidato da un Segretario Generale, convenzionalmente un ex ministro europeo. Ora c’è un’idea… È composto da personale distaccato dalle nazioni della NATO, e l’Ucraina avrebbe diritto a un numero sostanziale di posti, essendo uno dei membri più grandi della NATO. Sarebbe logico, non è vero, che agli ucraini venissero assegnati posti chiave che hanno a che fare con la Russia? Dopo tutto, parlano la lingua e conoscono bene l’area. Che ne dite, ad esempio, della Divisione congiunta per l’intelligence e la sicurezza? O gli Affari politici e la Sicurezza? O le Operazioni? E c’è uno Stato Maggiore Internazionale parallelo, forte di circa cinquecento persone, dove anche in questo caso l’ucraino potrebbe aspettarsi qualche incarico influente.
È questo genere di cose, credo, piuttosto che le “garanzie di sicurezza” che interessano agli ucraini più riflessivi. La maggior parte dei Paesi della NATO ha il pilota automatico: non hanno obiettivi particolari nella NATO, ma ne sono membri per abitudine e non vedono alcuna buona ragione per uscirne. Nessuno vuole in particolare una rinazionalizzazione della difesa in Europa, vista la storia del continente, e la NATO è un modo come un altro per impedirlo. Anche i Paesi della NATO realmente ostili alla Russia, e non solo, hanno molte altre priorità, per cui un’Ucraina nella NATO, concentrata sulla Russia, potrebbe facilmente finire per essere la coda che scodinzola al cane.
Tutto ciò dipende da un’ipotesi gigantesca: l’Ucraina del dopoguerra è uno Stato unitario indipendente e, soprattutto, rimarrà tale. Immaginate, se volete, che all’Ucraina venga esteso l’invito ad aderire alla NATO una volta terminata la guerra. Supponiamo inoltre che la guerra si concluda con le forze ucraine distrutte e le forze russe che occupano il Donbas e Odessa. A quel punto i negoziati di pace, o almeno una sorta di dialogo, sono in corso. Spingiamoci davvero oltre, suggerendo che l’Ucraina venga rapidamente fatta entrare nella NATO, contro le proteste russe, ma senza ulteriori violenze. Problema risolto?
Beh, dipende. Nessuno sa quale sarà la futura configurazione politica dell’Ucraina, ma possiamo indicare alcune possibilità. Una, ovviamente, è un governo fortemente favorevole alla NATO secondo le linee attuali, che abbraccerebbe con entusiasmo l’adesione alla NATO secondo il modello suggerito sopra. Ma anche se le forze pro-NATO mantengono il controllo politico del Paese, dovranno fare i conti con il fatto che il loro vicino, molto più grande e potente, non vuole che diventino membri della NATO e ha modi per mostrare il suo disappunto. Come minimo, potremmo assistere a un ritorno alla situazione precedente al 2014, in cui un’Ucraina fortemente indebolita cerca di destreggiarsi tra la Russia e l’Occidente. Non è certo che l’Occidente continuerà a sostenere l’economia ucraina per sempre, quindi a un certo punto Kiev dovrà iniziare a fare le cose che vuole la Russia, che potrebbero non essere gradite all’Occidente. Quindi il primo intervento del nuovo ambasciatore ucraino presso la NATO potrebbe essere quello di dire al resto della NATO di farsi un po’ da parte e forse di ritirare le forze dal suo Paese.
Un’altra possibilità è un colpo di Stato da parte di elementi dell’esercito, dei servizi segreti e dei nazionalisti estremi per mettere al potere un regime iper-nazionalista. Questo avrebbe alcuni aspetti imbarazzanti dal punto di vista della presentazione per la NATO: se l’invito è già stato emesso e accettato, difficilmente potrà essere ritirato. In effetti, formulando un invito, la NATO si vincolerebbe a sostenere qualsiasi regime che sorgesse in Ucraina, di fatto per sempre. Ci sono dei precedenti di questo tipo: Il Portogallo era una dittatura militare quando è entrato nella NATO, e sia la Grecia che la Turchia hanno attraversato periodi di governo militare. Ma questo accadeva durante la Guerra Fredda, quando ci si sforzava di giustificare la loro permanenza nella NATO con acrobazie mentali che oggi non sarebbero ripetibili. I governi nazionalisti dopo le guerre perse sono raramente piacevoli, ma la NATO sarebbe obbligata a sostenere praticamente tutto ciò che un tale governo fa, almeno pubblicamente. E con tali governi le pressioni straniere sono spesso inefficaci: basti pensare alle contorsioni dell’amministrazione Reagan su El Salvador negli anni ’80. Un governo di questo tipo chiederebbe immediatamente di essere sostenuto da un governo di questo tipo. Un governo di questo tipo chiederebbe immediatamente alla NATO aiuti militari e addestramento, che i suoi membri potrebbero anche essere riluttanti a concedere, e probabilmente lo stazionamento di armi nucleari.
Un’altra possibilità è semplicemente un governo dalla testa dura che decida che la priorità sono le buone relazioni con la Russia, dato che in ultima analisi non si può fare affidamento sull’Occidente, e che sia quindi pronto a fare qualsiasi concessione richiesta dalla Russia. Se un tale governo risultasse da un’elezione democratica (cosa che potrebbe accadere), sarebbe difficile per la NATO opporsi alle sue politiche, anche se l’Alleanza ci proverebbe senza dubbio. Un tale governo potrebbe suggerire di riattivare il Consiglio NATO-Russia, o addirittura di invitare la Russia a partecipare come osservatore ad alcune riunioni della NATO: dopo tutto, dalla scorsa settimana ci sono dei precedenti. La delegazione ucraina avrebbe istruzioni di opporsi a qualsiasi formulazione conflittuale nei comunicati della NATO o a qualsiasi azione della NATO che possa essere vista come ostile. Il Presidente si recherebbe a Mosca per consultare la leadership russa prima delle riunioni della NATO e senza dubbio coglierebbe l’occasione per informare Putin o il suo successore sulle opinioni e i piani delle altre nazioni della NATO. Di per sé, questo probabilmente porterebbe a una crisi che distruggerebbe la NATO.
L’ultima possibilità è quella di un governo insediato da Mosca che si limiti a seguire gli ordini. Non credo che questo sia probabile (ma chi può dirlo?), ma potrebbe verificarsi, ad esempio, come risultato di una guerra civile a seguito di un colpo di Stato nazionalista. Un governo di questo tipo si inviterebbe volentieri alle riunioni della NATO, manderebbe i suoi cittadini a lavorare nella NATO e cercherebbe posizioni importanti nelle strutture di intelligence e di comando. Le conseguenze per la NATO sono impensabili.
Tutto questo sembra così ovvio che mi disturba non aver sentito parlare di questi temi in nessuna discussione sull'”Ucraina nella NATO”. Gli opinionisti e i governi sono ossessionati dalle “garanzie di sicurezza” che, come ho dimostrato, sono un diversivo irrilevante. Detto questo, forse uno o due governi occidentali hanno finalmente iniziato a rendersi conto, e forse ne hanno discusso privatamente, che anche solo estendere un invito trasformerebbe in ultima analisi la NATO in una creatura dell’Ucraina. L’Occidente non sbaglia mai, e ne consegue che qualsiasi invito ad aderire alla NATO deve essere stata la decisione giusta. Se il prossimo governo ucraino sarà neonazista o filorusso, non significa che l’invito fosse sbagliato (perché è impossibile), ma che, beh, mumble mumble, blah blah, vi faremo sapere. Il fatto è che è una cosa tra il quasi impossibile e l’effettivamente impossibile ritirare un invito all’adesione perché non si gradiscono i risultati delle elezioni, ed è del tutto impossibile espellere un membro una volta entrato. Il risultato probabile sarà quello di continuare come al solito a “incoraggiare i moderati filo-occidentali” in Ucraina, ammesso che ce ne siano, e sperare che la situazione si risolva in qualche modo, a un certo punto.
Come ho detto, è possibile che i membri della NATO più realistici, o almeno i gruppi al loro interno, stiano iniziando a pensare in questo senso. Anche il più sanguinario dei falchi anti-russi deve rendersi conto che un impegno a tempo indeterminato nei confronti di qualsiasi regime emerga in un Paese instabile, rovinato e sconfitto non può essere una buona idea. Se c’è una cosa peggiore per la NATO della crisi attuale, sarebbe una sorta di guerra civile in Ucraina in cui l’alleanza fosse costretta a schierarsi, e questa deve essere una possibilità reale. Chi, dopo tutto, scommetterebbe su un’Ucraina pacifica, prospera e unita tra cinque o dieci anni, se si tratta di soldi veri?
Il secondo punto è un po’ più speculativo e delicato, ma lo affronterò brevemente. Tutte le organizzazioni internazionali sono obiettivi promettenti per le agenzie di intelligence. Contengono persone lontane da casa, che lavorano in un ambiente sconosciuto e sono soggette a pressioni sociali e professionali di ogni tipo. Molti di loro percepiscono stipendi di gran lunga superiori a quelli che guadagnerebbero a casa, e hanno un tenore di vita, e una conseguente vita sociale, a cui vorrebbero abituarsi. Quindi le agenzie di intelligence sono attratte da loro come i predatori sono attratti dalle prede.
Si è sempre dato per scontato che la NATO perde comunque come un colabrodo. Ai tempi della Guerra Fredda, c’era una battuta (apprezzata da tutti tranne che dai tedeschi) secondo cui tanto valeva passare i segreti direttamente all’Unione Sovietica, piuttosto che passare per Bonn, tanto i tedeschi occidentali erano pesantemente infiltrati dalla Stasi. Non sono sicuro che qualcuno sappia davvero quale sia la situazione oggi, ma data la competenza storica dei servizi segreti russi nella raccolta di informazioni umane, possiamo supporre che non siano stati inattivi nel reclutare fonti a Bruxelles.
Ma il problema sarebbe esponenzialmente peggiore se l’Ucraina facesse parte della NATO. È stato suggerito che, dopo la caduta dell’Unione Sovietica, ci fosse un tacito accordo tra i capi delle spie degli Stati successori (molti dei quali si conoscevano) di non organizzare operazioni l’uno contro l’altro. Non so se questo fosse effettivamente vero in passato, ma dubito che lo sia oggi. Anche in circostanze ideali, quindi, sarebbe impossibile sapere se l’uno o l’altro membro della delegazione ucraina lavorasse effettivamente per i russi. E se fosse sospettato, cosa fare? I Paesi possono espellere i diplomatici, ma le organizzazioni internazionali no. E la sicurezza della NATO è brava nelle cose banali, ma dubito che abbia il livello di competenza del controspionaggio. E quante delegazioni lascerebbero entrare un servizio di intelligence straniero per esaminare i loro computer e i cestini dei rifiuti?
Naturalmente un’Ucraina neutrale o addirittura ostile sarebbe un problema di un ordine di grandezza superiore. Cosa succede se gli Stati Uniti o la Germania sospettano ragionevolmente che un membro della delegazione lavori in realtà per l’SVR? Cosa dovrebbe fare il Segretario Generale? Mostrarmi le prove. Mi dispiace, non si può fare. Non sono necessariamente i segreti militari il problema più grande: immaginate qualcuno che siede in un comitato della NATO per discutere una posizione negoziale per i colloqui sul controllo degli armamenti, per esempio, in grado di passare un riassunto dettagliato ai russi. Di chi ci si può fidare? Come si potrebbe gestire anche solo potenzialmente una situazione del genere?
Questo per dire che, per quanto intelligente possa essere sembrata in passato come manovra politica, l’idea dell’Ucraina nella NATO è sempre stata stupida. È stata la naturale conseguenza di un’espansione sconsiderata, di un compromesso con la giustificazione originaria dell’organizzazione per poi scoprire, troppo tardi, che non era più in grado di svolgere quelle funzioni. Ma le promesse sono facili, e ci preoccuperemo delle conseguenze più tardi.
Il dopo è arrivato.
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Nella teoria delle élite elaborata da Gaetano Mosca e poi rielaborata da Vilfredo Pareto la differenza essenziale tra gruppi sociali è fornita dall’organizzazione. Le élite sono i gruppi che riescono ad organizzarsi e questo gli consente di esercitare il potere sui gruppi incapaci di organizzazione.
La capacità di organizzazione non è strettamente legata a virtù particolari. In ogni sistema economico-sociale ci sono gruppi che hanno evidenti facilitazioni ad organizzarsi, facilitazioni determinate dalla comunanza di ambiente, di appartenenza, di cultura, di ceto o di interessi. E parimenti ci sono strati sociali che hanno evidenti ostacoli a organizzarsi: esemplarmente i lavoratori subordinati e gli schiavi. Qui la condizione di dipendenza dalle decisioni altrui, l’eteronomia e la mancanza di mezzi economici sono spesso determinanti.
Nella storia gli eventi che consentono un capovolgimento dei rapporti di forza tra governanti e governati sono di solito eventi catastrofici, guerre, carestie, cataclismi naturali che da un lato rompono l’equilibrio del gruppo dominante, organizzato, e dall’altro chiama i disorganizzati a unire le forze di fronte al comune debordante pericolo.
In mancanza di queste cause di turbativa esogena le migliori alternative storiche che consentono una “contro-organizzazione” sono le forme claniche del familismo esteso, le forme di comunità religiose radicali (spesso apocalittiche), e le forme partito (in verità l’unico esempio noto di forma partito capace di divenire un’effettiva contro-organizzazione è rappresentata dai partiti socialisti di fine ‘800).
Nel primo caso a fornire la base per la fiducia reciproca, indispensabile nell’edificazione di un’organizzazione dal basso, è il vincolo degli affetti e delle lealtà tradizionali interni ad un gruppo famigliare esteso (molte forme di criminalità organizzata si muovono su questa base).
Nel secondo caso a fornire il fondamento per la fiducia reciproca è la condivisione di una fede trascendente di una minoranza in posizione difensiva. Ciò ha il doppio vantaggio di chiedere la pari subordinazione di tutti a ciò che trascende (e con ciò genera una parificazione tra i fedeli) e di non essere un’appartenenza che promette prebende, essendo condivisa da una minoranza che gioca in difesa (il cristianesimo delle origini era un questa posizione).
Nel terzo caso a fornire il fondamento per la fiducia reciproca è la condivisione di un’ideologia rivoluzionaria con toni escatologici, che gioca un ruolo affine alla fede trascendente, pur con alcuni limiti.
A parte queste opzioni vi possono essere combinazioni parziali tra di esse. Ad esempio, nella Rivoluzione russa vediamo l’efficace combinazione dello sconvolgimento bellico e di una forma partito guidata da un’ideologia rivoluzionaria.
In mancanza di queste condizioni nessuna organizzazione nuova viene alla luce, e in mancanza di organizzazione nessun contro-potere può emergere.
Richiamo molto opportuno. In effetti io da un bel po’ prevedo che la prossima classe dirigente politica sarà formata dalle criminalità organizzate, in pole position la ‘ndrangheta. Sinora hanno delegato, ma in caso di implosione vera e propria saranno costretti a prendere in mano la situazione. Non è una prospettiva lieta ma ha i suoi lati positivi, per es. sentendo Matteo Messina Denaro parlare della crisi ucraina si capisce subito che ha colto immediatamente il nocciolo della questione e se fosse stato il presidente del consiglio italiano si sarebbe mosso molto meglio della presente o degli altri in generale. Insomma ci sono controindicazioni ma può andar peggio, ci può essere il collasso e basta se va proprio male.
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Parliamo del nuovo attacco terroristico dell’Ucraina sul ponte di Kerch prima di immergerci in altri aggiornamenti.
Perché Putin lo definisce specificamente un attacco terroristico? Perché, come afferma, il ponte di Kerch non è più utilizzato per le forniture militari e non lo è più da molti mesi, ed è quindi un corridoio esclusivamente civile. Si tratta di un’ammissione interessante da parte sua, perché sembra indicare un accordo segreto con l’Occidente/Kiev, forse nell’ambito del Grain Deal e di altre strette di mano dietro le quinte che avvengono di continuo, sia esplicite che implicite.
Il ministro degli Esteri ucraino Kuleba non è d’accordo:
Questo nuovo attacco è stato condotto da droni navali, questo mi era chiaro anche prima che l’attacco avvenisse. Date le nuove misure di sicurezza che il ponte ha implementato dopo il primo attacco, che includono ampie strutture a raggi X per tutti i grandi camion da carico per scansionarli alla ricerca di esplosivi, non c’era altro modo realistico per attaccare il ponte se non via mare.
L’attacco dall’aria è molto problematico per i seguenti motivi:
L’Ucraina non ha molto che possa raggiungere il ponte dal suo territorio.
L’unica cosa che ha, come i missili Storm Shadow di recente acquisizione, non sono abbastanza potenti da abbattere il ponte senza un massiccio attacco a sciame, che di per sé presenta molte sfide tecniche. Una di queste è che l’AD russo è troppo attivo/potente in quella zona e abbatte tutto ciò che l’Ucraina invia, come è già stato dimostrato molte volte in passato.
Vedete, nei terreni molto più complessi del paese interno, è possibile camuffare i missili progettando traiettorie di volo che sfruttano le caratteristiche geografiche e del terreno, come andare dietro a colline/montagne/edifici, ecc. Ma nell’ampio e piatto paesaggio marino del ponte, si crea un ambiente abbastanza ideale per il funzionamento dell’AD.
Se ricordate gli attacchi degli HIMAR al ponte Antonovsky, non hanno ottenuto grandi risultati nemmeno dopo decine o centinaia di colpi. Per abbattere le campate di un ponte massiccio come quello di Kerch sono necessarie molte tonnellate di esplosivo, cosa che semplicemente non è fattibile per le piattaforme aeree che trasportano testate relativamente piccole. Un drone navale, invece, può essere riempito con quantità massicce di esplosivo, a seconda della grandezza del drone. Inoltre, è possibile sincronizzare più droni insieme per farli esplodere l’uno accanto all’altro nello stesso momento.
Infine, il ponte di Kerch è il ponte più lungo d’Europa e uno dei più lunghi del mondo. È molto difficile monitorare efficacemente la sua intera lunghezza per individuare eventuali droni di superficie o subacquei.
Quindi, tutto questo per dire che mi aspettavo che il prossimo attacco avvenisse tramite qualche tipo di drone navale e sembra che sia quello che abbiamo, almeno in base alle prime notizie come questa:
Secondo le informazioni in arrivo (in questa fase è difficile affermarne l’affidabilità), l’attacco al ponte di Crimea è stato effettuato utilizzando il robot autonomo sottomarino britannico REMUS 600 con un carico aggiuntivo di esplosivi.Grazie alla sua capacità di muoversi sott’acqua fino a 600 metri di profondità e alla facilità di controllo da un computer portatile, è stato lanciato da una nave civile nel Mar Nero, ha una durata di volo di circa 70 ore a una velocità fino a 5 nodi.Con una maggiore capacità di carico, ha un’autonomia di 286 miglia nautiche, quasi 500 km.Vladimir Rogov
Vladimir Rogov
❗️Ukrainian kamikaze senza equipaggio che questa notte hanno attaccato il ponte della Crimea sarebbero stati ripresi dalle immagini satellitari.Il 16 luglio alle 23:59, quattro oggetti ad alta velocità, situati a una distanza di 75 km a sud-est di Zmiinoye e diretti in direzione della costa della Crimea, hanno colpito l’obiettivo del satellite Sentinel-2 L1C.Coordinate: 44.787000, 30.905000Sembra che il lancio dei kamikaze di superficie avvenga dal lato di Zmeinoy, e che i droni stessi o i loro vettori, che portano i kamikaze nella zona di lancio, siano finiti nell’inquadratura.
Ricordiamo che la stessa Russia ha già dimostrato l’uso di un drone navale nell’attacco al ponte Zatoka di Odessa lo scorso anno:
Ecco un grafico che mostra i diversi droni visti in entrambi i Paesi:
Si tenga presente che proprio il giorno prima i droni navali e aerei hanno attaccato anche Sebastopoli in Crimea, e sono stati tutti respinti da una grandinata di spari russi:
In questo caso, tutti i droni sono stati distrutti. Ma la cosa più interessante è che è stato mostrato un nuovo tipo di drone in uso che sembrava essere un jetski modificato:
Ecco le foto dopo la distruzione e la cattura:
Potrebbe quindi trattarsi dello stesso o di uno simile usato a Kerch? Difficile saperlo. Una cosa dubbia della teoria del sommergibile sottomarino è che i sommergibili sono difficili o impossibili da comunicare o controllare. Uno dei grafici che ho postato sopra dice che il Remus britannico può essere “controllato tramite computer portatile”. Non ne sono così sicuro, a meno che non si intenda che la guida iniziale possa essere programmata in questo modo.
Le comunicazioni sottomarine sono per lo più impossibili, poiché la conducibilità elettrica dell’acqua salata non consente il passaggio delle onde radio. Si potrebbe forse programmare il sottomarino per andare autonomamente attraverso un qualche tipo di navigazione inerziale o farlo viaggiare appena sotto la superficie con una piccola antenna quasi invisibile che rimane sopra l’acqua e che può ricevere le comunicazioni.
In ogni caso, a meno che non siano stati coinvolti veri e propri uomini rana, come quelli del British Boat Service o del SAS che potrebbero aver piazzato le cariche dimostrative sul ponte, sarei più propenso a credere che sia stato fatto da semplici droni di superficie che viaggiano velocemente, di una varietà simile a quelli usati ripetutamente a Sebastopoli. Le foto satellitari che ho postato prima e che sostengono di averli ripresi sembrano confermarlo.
Se ricordate, in questo articolo avevo scritto in precedenza di come The Grayzone avesse scoperto documenti che dimostravano che l’intelligence britannica era coinvolta da tempo nella pianificazione degli attacchi al ponte di Kerch:
L’articolo qui sopra entra nei dettagli e pubblica persino le trascrizioni delle conversazioni via e-mail tra gli agenti britannici che discutono le strategie per minare il ponte, compresi i diagrammi dei punti in cui gli esplosivi possono essere posizionati al meglio per ottenere il massimo effetto, ecc.
Ora, Putin sta convocando un consiglio per raccogliere proposte su come rafforzare la sicurezza per fermare tali attacchi.
L’articolo qui sopra entra nei dettagli e pubblica persino le trascrizioni delle conversazioni via e-mail tra gli agenti britannici che discutono le strategie per minare il ponte, compresi i diagrammi dei punti in cui gli esplosivi possono essere posizionati al meglio per ottenere il massimo effetto, ecc.
Ora, Putin sta convocando un consiglio per raccogliere proposte su come rafforzare la sicurezza per fermare tali attacchi.
Inoltre, il ponte ferroviario che corre adiacente alla carreggiata è pienamente operativo e i treni continuano a circolare in orario. Le notizie attuali affermano che la Russia costruirà una carreggiata temporanea sopra la campata distrutta, mentre la campata finale sarà sollevata in un secondo momento, secondo alcuni rapporti a settembre. Tuttavia, già da stasera si prevede di rendere il ponte operativo per il traffico a senso unico sulla carreggiata intatta.
Inoltre, va detto che al momento in cui scriviamo Odessa è stata pesantemente bombardata in un possibile attacco di rappresaglia, con strutture in fiamme:
Anche se si vocifera che un attacco molto più grande sia previsto entro le prossime 72 ore come vera risposta, una volta che gli obiettivi appropriati saranno stati completamente configurati.
Quali sono dunque le conseguenze del secondo attacco di Kerch?
A parte il fatto che due civili sono morti nell’attacco terroristico, con una quattordicenne russa di nome Angelina, della regione di Belgorod, rimasta orfana dopo aver perso i genitori. Le truppe russe stanno già scrivendo il suo nome sulle conchiglie in suo onore:
🇷🇺🚀🇺🇦
Angelina, la ragazza sopravvissuta all’attacco terroristico sul ponte di Crimea! Oggi l’artiglieria russa si sta vendicando di te. E domani non ci stupiremo se il tuo nome sarà scritto sui nostri “Pugnali” e “Kalibr”. Il nemico sarà punito e sconfitto!
L’altra conseguenza più importante è l’apparente cessazione definitiva dell’accordo sul grano:
Il corridoio umanitario attraverso il Mar Nero settentrionale è stato interrotto. Il centro di coordinamento congiunto di Istanbul sarà chiuso. La Russia non garantisce più la sicurezza della navigazione nella regione.
Peskov sostiene che si tratta di una decisione permanente e che la task force di coordinamento con la Turchia è stata addirittura chiusa per questo motivo. Personalmente ne dubito, ma staremo a vedere. Dopo un evento del genere le emozioni sono sempre alte e si prendono decisioni avventate per fare bella figura o per dare un’apparenza di forza, ma alla fine è probabile che ci saranno altri negoziati, l’unica domanda è quanto presto.
La mappa del traffico navale in tempo reale mostra che ad oggi non c’è più traffico da o verso Odessa:
La Russia deve prima salvare la faccia e mostrare forza, ad esempio con qualche attacco di rappresaglia, dopodiché può tornare lentamente verso l’accordo, ma vedremo.
L’Occidente e Kiev prenderanno in considerazione le opzioni per l’esportazione di cibo dall’Ucraina ai mercati mondiali in relazione al ritiro della Federazione Russa dall’accordo sul grano, ha aggiunto. Mercati mondiali = Occidente.
Molti funzionari russi si stanno irrigidendo, come ad esempio Alexei Zhuravlev:
🇷🇺❌🇺🇦 Dopo l’attacco terroristico al ponte di Crimea, la Russia dovrebbe interrompere “qualsiasi rapporto commerciale con l’Ucraina, compreso il pompaggio di gas”, oltre a tagliare i ponti con il mare, ha dichiarato Alexei Zhuravlev, primo vicepresidente della commissione difesa della Duma di Stato.
E Medvedev, che ha diffuso questo messaggio
:
La cosa più importante da notare, tuttavia, è che la tempistica di questo attacco è avvenuta esattamente il 17 luglio, data di scadenza del tanto atteso accordo sul grano, se ricordate. Non è una coincidenza.
Significa che questo attacco è stato fatto appositamente per cercare di ostacolare il più possibile la Russia, mettendola tra l’incudine e il martello nel prendere le sue decisioni. In sostanza, è stato progettato per erodere la statura della Russia con i suoi alleati, in particolare con la Turchia.
La Russia vuole dare l’impressione di essere interessata ai negoziati sul grano per il bene dei suoi alleati. Questo mette la Russia in una posizione di debolezza. O continuare i colloqui e apparire doppiamente debole, perché ora dimostra che anche gli attacchi terroristici su larga scala alle sue infrastrutture non hanno alcun effetto sulle sue linee rosse; oppure: scartare completamente l’accordo sul grano, ma subire un grosso colpo di prestigio con i suoi alleati, come la Turchia e persino la Cina, che di recente ha segnalato di essere molto favorevole all’estensione dell’accordo sul grano.
La questione finale, tuttavia, sarà chi guadagnerà di più dagli effetti pratici di questa situazione, piuttosto che dall'”apparenza” di aver guadagnato qualcosa. Ad esempio, sappiamo che l’Ucraina perde circa 500 milioni di dollari al mese:
Let’s talk about Ukraine’s new terrorist attack on the Kerch Bridge before diving into other updates.
Why does Putin specifically call it a terrorist attack? Because, as he states, the Kerch Bridge is actually no longer used for military supplies and has not been for many months, and is therefore exclusively a civilian corridor. This is an interesting admission on his behalf because it appears to possibly point to a secret agreement with the West/Kiev, perhaps as part of the Grain Deal and other such backdoor handshakes that go on all the time, both explicit and implicit.
This new attack was carried out by naval drones, that much was obvious to me even before the attack happened. Given the new security measures the bridge implemented after the first attack, which includes extensive x-ray facilities for all large cargo trucks to scan them for explosives, there remained no realistic way to attack the bridge other than by sea.
From the air is very problematic for the following reasons:
Ukraine does not have much that can reach the bridge from its territory
The only thing it does have, like newly acquired Storm Shadow missiles, are not really powerful enough to take down the bridge without a massive swarm attack, which itself has many technical challenges. One of them is that Russian AD is too active/powerful there and shoots down everything Ukraine sends, which has already been proven many times before.
You see, in the much more complex terrain-scapes of the inner country, you can disguise missiles by designing flight paths which take advantage of geographical and terrain features, like going behind hills/mountains/buildings, etc. But in the wide open flat sea-scape of the bridge, it creates a fairly ideal environment for AD to function.
If you recall the HIMARs attacks on Antonovsky bridge, they didn’t achieve much even after dozens or hundreds of hits. To take down the spans of a massive bridge like the Kerch you need a lot of pure tonnage of explosives which simply is not feasible for airborne platforms which carry relatively small warheads. A naval drone on the other hand can be packed with massive amounts of explosives, all depending on how large you want to make the drone. Furthermore, you can sync several drones together to explode next to each other at the same time.
Lastly, the Kerch Bridge is the longest bridge in Europe, and one of the longest in the world. It’s very difficult to monitor its entire length effectively for what may be surface or subsurface (underwater) drones.
So that is all to say, I expected the next attack to be via some type of naval drone and it appears that’s what we’ve got, at least on account of early reports like this:
According to incoming information (at this stage it is difficult to assert its reliability), the attack on the Crimean bridge was carried out using the British underwater autonomous robot REMUS 600 with an additional load of explosives.
Thanks to its ability to move under water at a depth of up to 600 meters and easy control from a laptop, it was launched from a civilian ship in the Black Sea, it has a flight duration of about 70 hours at a speed of up to 5 knots.
With increased cargo capacity, it has a range of 286 nautical miles, almost 500 km.
Vladimir Rogov
Ukrainian unmanned kamikaze boats that attacked the Crimean bridge tonight are believed to have been captured on satellite imagery.
On July 16 at 23:59, four high-speed objects, located at a distance of 75 km southeast of Zmiinoye and going in the direction of the Crimean coast, hit the lens of the Sentinel-2 L1C satellite.
Coordinates: 44.787000, 30.905000
Apparently, the launch of surface kamikazes is carried out from the side of Zmeinoy, and either the drones themselves or their carriers, which bring kamikazes to the launch area, got into the frame.
Recall that Russia itself has previously demonstrated use of a naval drone in attacking Odessa’s Zatoka bridge last year:
Here is a graphic showing different drones seen in both countries:
Keep in mind, just the day before, naval and air drones attacked Sevastopol in Crimea as well, and were all repulsed by a Russian hail of gunfire:
In this case, all drones were destroyed. But what was most interesting was that it showed a new type of drone in use that appeared to be a modified jetski:
Here are the photos of it after being destroyed and captured:
So, could it have been the same or similar one used on the Kerch? Hard to know. One thing that’s dubious about the underwater submersible theory is that submersibles are difficult or impossible to communicate with or control. One of the graphics I posted above says the British Remus can be ‘controlled via laptop’. I’m not so sure about that, unless they mean the initial guidance can be programmed thus.
Underwater communications are mostly impossible as the electrical conductivity of saltwater does not allow radio waves to pass through it. You could perhaps program the sub to go autonomously by way of some type of inertial navigation or have the sub travel just under the surface with a small, nearly invisible antenna that stays above the water which can receive communications.
Either way, unless there were actual human frogmen involved, like British Boat Service or SAS folk who might’ve set the demo charges on the bridge, I’d be more inclined to believe it was done by simple fast-traveling surface drones of a similar variety to the ones used on Sevastopol repeatedly. The satellite photos I posted earlier which claimed to have picked them up appear to confirm this.
If you recall, in this article I had previously written about how The Grayzone uncovered documents showing that British intelligence was involved in the planning of the Kerch Bridge attacks for a long time:
Check the article above, it goes into detail and even publishes the transcripts of email conversations between British operatives discussing the strategies of how best to undermine the bridge, which includes diagrams of where explosives can best be placed for maximal effect, etc.
Now, Putin is convening a council in order to field proposals of how to beef up security to stop such attacks.
Some assume by that initiative that no previous defenses were active, and so the standard concern troll vector of attack is to criticize Putin/Russia for only now “reactively” considering defenses after an attack had already succeeded.
The truth is, if there was no defenses for the bridge previously, then such attacks would have already happened since last year and would have brought down the bridge in its entirety. Why do you think it’s only possible for Ukraine to successfully carry out such an attack roughly once per year? Clearly, if the bridge was totally undefended they could attack at will. But, as I said earlier, it is the longest bridge in all of Europe and it’s very difficult to monitor the entirety of its length at all times for tiny surface drones which hardly appear on almost any type of monitoring equipment, and indeed are specifically made to be low-observable (to Infra-Red and many other bands). Also, the fact that Ukraine has NATO’s entire satellite-ISR capabilities means they can design attack plans to bypass Russia’s defenses.
Now, quickly, on the bridge’s prospects:
Only one roadway was destroyed, the other side functions:
Also, the railway bridge that runs adjacent to the roadway is fully operational and trains are still running on schedule. The current reports state that Russia will construct a temporary roadway over the destroyed span while the final span will lifted into place later on, some reports claiming September. However, as early as tonight they are planning to make the bridge operational to one way traffic on the intact roadway.
Also, it should be mentioned that as of this writing Odessa is being heavily bombarded in a possible retaliatory strike, with facilities on fire:
Though there is rumor that a much larger attack is planned within the next 72 hours as a true response, once the appropriate targets have been fully configured.
So, what are the consequences of the second Kerch attack?
Apart from the fact that two civilians died in the terrorist attack, with a fourteen year-old Russian girl named Angelina from the Belgorod region now orphaned after losing her parents. Russian troops are already writing her name on shells in her honor:
Angelina, the girl who survived the terrorist attack on the Crimean bridge!
Today, Russian artillery is taking revenge for you. And tomorrow, we won’t be surprised if your name is written on our “Daggers” and “Kalibr”.
The enemy will be punished and defeated!
The other biggest consequence is the apparent final termination of the grain deal:
The humanitarian corridor though the northern Black Sea has been terminated. The joint coordination center in Istanbul will be closed. Russia no longer guarantees safety of navigation in the region.
Peskov claims it is permanent, and that the coordination task force with Turkey has even been closed on this account. Personally, I’m doubtful, but we’ll see. There are always high emotions after such an event and rash decisions are made to either grandstand or give the appearance of strength, but ultimately more negotiations will likely happen down the line, the only question of how soon.
The below live ship traffic map shows no traffic at all coming to or from Odessa anymore as of today:
Russia needs to save face and show strength first, for instance some reprisal attacks, afterwards it can slow-walk back towards the deal—but we’ll see.
US insists grain deal be extended as soon as possible, Blinken The West and Kiev will consider options for exporting food from Ukraine to world markets in connection with the withdrawal of the Russian Federation from the grain deal, he added. World markets = the West.
Many Russian officials are hardlining it, for instance Alexei Zhuravlev:
After the terrorist attack on the Crimean bridge, Russia should stop “any trade relations with Ukraine, including pumping gas,” as well as cut off from the sea, Alexei Zhuravlev, the first deputy chairman of the defense committee of the State Duma.
And Medvedev, who released this message:
The most important thing to note, though, is that the timing of this attack happened on exactly July 17th, which was the long awaited grain deal expiration date, if you’ll recall. That is not by coincidence.
It means this attack was specifically done to try to stymy Russia as much as possible in terms of putting it between rock and hard place in making its decisions. In essence, it’s designed to erode Russia’s stature with its allies, particularly Turkey.
Russia wants to give the appearance of interest in grain deal talks for the sake of its allies. This puts Russia in a position of two weak moves. Either they continue talks and look doubly weak because now it shows that even large-scale terror attacks on their infrastructure has no effect on their red lines; or: they completely discard the grain deal but now take a big prestige hit with their allies like Turkey and even China which recently signaled it greatly favors the grain deal extension.
The ultimate question though will be who stands to gain the most from the actual practical realpolitik effects of this, rather than the ‘appearance’ of having gained something? For instance, we know that Ukraine loses upwards of $500 million per month:
La decadenza dell’accordo sul grano spiegata:
– 🇺🇦 ha trasferito 63.000.000t di prodotti agricoli a 🇪🇺
– 🇺🇦 ha ricevuto 26 miliardi di dollari da 🇪🇺
– 🇪🇺 ha rimandato 23.000.000t a 🇺🇦 per solidarietà
– 🇺🇦 ha pagato 48 miliardi di dollari a 🇪🇺 per la solidarietà
-> L’Ucraina ha perso 22 miliardi di dollari!
Per quanto ne so, la Russia non ha nulla da perdere e tutto da guadagnare, nella misura in cui non permettere al grano ucraino di inondare i mercati significa solo che il grano russo diventa molto più prezioso in tutto il mondo.
Naturalmente, l’Occidente si aspetta ora un grido di dolore. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite Guterres ha dichiarato in modo allarmistico che “milioni” di persone che muoiono di fame pagheranno il prezzo ora che l’accordo sul grano è saltato. I governi occidentali stanno prevedibilmente scaricando la colpa sulla Russia, ignorando completamente l’attacco terroristico di massa che i loro servizi di sicurezza, in collaborazione con l’Ucraina, hanno appena portato a termine.
Per esempio, questo nuovo articolo di Politico accusa la Russia di essersi ritirata dall’accordo sui cereali lunedì, e incredibilmente non menziona nemmeno una volta la parola ponte:
La Russia lunedì si è ritirata dall’Iniziativa per il grano del Mar Nero, un accordo mediato dalle Nazioni Unite che ha permesso all’Ucraina di esportare decine di milioni di tonnellate di cereali e semi oleosi nel corso dell’ultimo anno, nonostante l’infuriare della guerra. Ma la Russia, sostenendo che le sue esportazioni di cibo e fertilizzanti erano danneggiate da sanzioni occidentali “nascoste”, aveva già efficacemente strangolato l’accordo prima di farlo fallire. Qualche ora dopo, il Cremlino ha avvertito che non poteva più garantire la sicurezza della navigazione nel Mar Nero nord-occidentale.
Si noti come si tenta di riformulare l’abbandono dell’accordo come se si trattasse delle lamentele della Russia per il fatto che le sue esportazioni di grano sono “danneggiate” dalle sanzioni occidentali. È incredibile che il giorno dopo un attacco terroristico di tale portata, che ha fatto saltare in aria due civili e mandato in coma una giovane ragazza, sia stato completamente ignorato con le classiche menzogne da omissione della stampa gialla.
Di solito questi articoli sono pieni di “contestualizzazione”; non hanno pensato che fosse anche lontanamente rilevante aggiungere l’attacco al ponte?
Naturalmente, sappiamo che solo un misero 3% del grano è stato effettivamente destinato all’Africa o ai “Paesi bisognosi”, mentre la parte del leone è stata assorbita dall’avida Europa. Anche il tentativo di contraddire l’articolo di Politico di cui sopra cade a fagiolo, poiché la loro “prova” consiste in un URL a un presunto studio che non funziona e porta a una schermata di accesso. Che “professionisti”.
Ecco altri grafici sulla ripartizione dei cereali per coltura:
🇷🇺❌🇺🇦🌾
Ne è uscita solo una vera e propria frode”, ha dichiarato il vice rappresentante della Federazione Russa presso le Nazioni Unite Dmitry Polyanskiy a proposito dell’accordo sul grano e degli “sforzi” per rispettarlo da parte della comunità internazionale.
L’aspetto più importante da tenere d’occhio sarà quello che la Russia farà con il corridoio del Mar Nero in quella regione. Tenterà davvero di riconquistare l’Isola dei Serpenti, come si vociferava in precedenza, o rafforzerà la sua presenza navale in qualche modo, come avevo riferito l’ultima volta?
L’Ucraina, da parte sua, sostiene che la fine dell’accordo sul grano significa che il ponte di Kerch sarà preso di mira. Per esempio, Ponomarenko del Kiev Independent:
Ciò sembra implicare che non attaccare il ponte fosse parte dell’accordo sul grano e che Kiev lo abbia attaccato il giorno esatto della scadenza dell’accordo come “messaggio” a Mosca.
Come si ricorderà, in passato si era diffusa la voce che la Turchia o addirittura gli Stati Uniti avrebbero fatto rientrare l’accordo con la forza scortando le navi di grano attraverso il Mar Nero, anche senza il permesso della Russia. Tuttavia, due nuove dichiarazioni di entrambi sembrano suggerire il contrario, almeno per ora:
Gli Stati Uniti non stanno considerando la possibilità di un blocco militare del Mar Nero a causa della sospensione dell’accordo sul grano, secondo il coordinatore delle comunicazioni strategiche della Casa Bianca, John Kirby. Non stanno nemmeno considerando la possibilità di alleggerire le sanzioni alla Russia per il suo ritorno all’accordo. Ha sottolineato che Washington non ritiene che l’attacco terroristico al ponte di Crimea abbia influito sulle capacità militari della Russia. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti non sono pronti ad attribuire la responsabilità dell’attacco al ponte di Crimea a nessuna delle parti in conflitto in Ucraina.
E secondo quanto riferito dalla Turchia:
🇹🇷🇺🇦🇷🇺 – Una fonte turca ha dichiarato a GIW che la Turchia e la NATO NON affronteranno un eventuale blocco russo sull’Ucraina con le proprie navi da guerra, spiegando che l’obiettivo non è la terza guerra mondiale.
Ora, Zelensky sta disperatamente implorando Erdogan di intervenire militarmente, il che sembra effettivamente svelare il suo piano da sempre, che è quello di spingere un cuneo tra Turchia e Russia:
Russia:
Che cosa ci rimane allora? Probabilmente la Russia aspetterà che l’Occidente “torni a strisciare sulle ginocchia” con qualche concessione in mano. Se ricordate, Putin aveva già dichiarato la settimana scorsa, alla luce della scadenza dell’accordo sul grano, che la Russia non prenderà più l’iniziativa da sola, ma aspetterà che l’Occidente “venga a portare dei doni” sotto forma di concessioni. Forse c’è la possibilità che Putin assuma una “linea dura” e si rifiuti di rinnovare l’accordo in futuro in qualsiasi circostanza, alla luce dell’attacco di Kerch. Forse la Russia ha giocato con gli scenari e, con le prossime stagioni autunnali e invernali, ha in programma di mettere nuovamente in ginocchio l’Ucraina con attacchi multi-vettore di tipo economico-infrastrutturale, che includeranno la distruzione dell’economia ucraina e nuovi attacchi missilistici alle infrastrutture elettriche.
Questo è probabile perché credo che il prossimo anno sarà quello che tutti ci aspettavamo fosse il 2023, in termini di grandi offensive russe. Non lo dico in modo velleitario, ma semplicemente spostando gli obiettivi da quest’anno al prossimo. Nel corso degli ultimi mesi ho già elaborato una serie di teorie su come la Russia stia lentamente costruendo il suo potenziale offensivo quest’anno, in termini di mobilitazione stealth in corso, di nuove enormi espansioni delle forze armate da parte di Shoigu in due nuovi distretti militari che compromettono un nuovo esercito e un nuovo corpo d’armata. Ora che finalmente disponiamo di dati validi sulle massicce perdite e sul logoramento dell’Ucraina nel corso degli ultimi mesi, è più che mai evidente che il prossimo anno sarà l’anno in cui la Russia eserciterà una vera e propria pressione per far crollare l’AFU, mentre il resto di quest’anno sarà la continuazione del lavoro preparatorio.
Una delle ragioni, tra l’altro, che non ho spiegato nelle mie precedenti esegesi della questione, è che tutte queste nuove “truppe mobilitate furtive” che Shoigu sta mettendo insieme richiedono probabilmente un tempo di addestramento molto più lungo. La “mobilitazione ufficiale” dello scorso autunno riguardava i riservisti che avevano già svolto un anno di addestramento obbligatorio. Ma dei nuovi volontari non abbiamo dati reali. Se alcuni di loro sono “arruolati” direttamente dalla strada, si tratta di persone che richiedono un addestramento da zero prima di essere pronti a combattere. Per queste persone sarebbe necessario un addestramento di almeno un anno, anche se potrebbero fare l’addestramento “di base” in 3-5 mesi e poi essere inviati nelle “retrovie” di qualche zona di combattimento per un ulteriore addestramento in loco. Presumo però che molti di questi nuovi “volontari” siano riservisti che non erano presenti nell’appello della mobilitazione dell’anno scorso, quindi verrebbero ri-addestrati e ri-certificati in più di 3 mesi, più o meno.
Ma non fraintendetemi, la differenza più grande sarà di gran lunga il semplice fatto dell’enorme calo previsto del sostegno occidentale. Se il sostegno dell’Occidente continuasse come al suo apice, allora credo che l’Ucraina possa potenzialmente durare ancora diversi anni. Ma con l’attuale tasso di logoramento, non possono nemmeno superare la fine di quest’anno senza enormi cambiamenti nella loro dottrina di battaglia, che sono già in corso, ma ci arriverò tra un attimo.
Ora, probabilmente vi starete chiedendo: e se l’Occidente continuasse a sostenere l’Ucraina con la massima forza? Il problema è che questo non è realmente concepibile o possibile. Non hanno le scorte per farlo.
Anche se il sostegno monetario dovesse continuare allo stesso modo (e anche quello sta diminuendo pesantemente), semplicemente non hanno più le scorte di munizioni e armature per continuare a dare con la stessa frequenza.
Il canale Rezident riporta quanto segue:
POSTO IN UCRAINA La nostra fonte nell’OP ha detto che l’Ufficio del Presidente ha ricevuto una bozza dall’Amministrazione Biden sul futuro finanziamento dell’Ucraina. L’assistenza militare sarà ridotta di 7 volte e quella finanziaria di 5, ma gli americani ci hanno assicurato che l’UE continuerà a sostenere le Forze Armate dell’Ucraina con gli stessi volumi. Si stanno già tenendo riunioni alla Bankovaya per discutere come ridurre le spese di bilancio e trovare i fondi per continuare la guerra nel 2024.REZIDENT
Ora, anche l’iniezione di emergenza di Leopard 1A5 tedeschi, che avrebbe dovuto colmare le perdite dell’ultimo mese, è misteriosamente “ritardata”, secondo nuove indiscrezioni. Ricordiamo che questa doveva essere la più rapida delle consegne, con una nuova grande serie di carri armati che sarebbe dovuta arrivare al più tardi entro la fine di luglio. Un rapporto ha affermato che il ritardo è fino ad “agosto”, ma il tenore sembrava eccessivamente speranzoso.
Nel frattempo, la Russia continua a criticare pesantemente questi arrivi anche nelle retrovie, come in questo nuovo rapporto:
Come ha appreso ukrainian_guide (https://t.me/ukrainian_guide/8611), due reparti con equipaggiamento militare sono stati colpiti da due missili Iskander la scorsa notte a Kharkov sul territorio del deposito della stazione ferroviaria di OsnovaI reparti trasportavano carri armati tedeschi Leopard e mezzi corazzati americani M113. Si sa che tre Leopard sono stati gravemente danneggiati a seguito dell’attacco.Per le informazioni, le fonti hanno chiesto di ringraziare gli uomini dell’AFU della 32ª brigata, che stavano discutendo la notizia in una delle chat chiuse.
A quanto pare si trattava di carri armati che venivano riposizionati su altri fronti.
Secondo quanto riferito, anche molti mercenari sono stati colpiti nell’attacco:
Mercenari stranieri colpiti a Kharkiv. Questo spiega l’insolita attività aerea di oggi. Rapporto: “Ieri sera, a Charkiv, due missili hanno colpito il dormitorio dell’Accademia di diritto di Yaroslav il Saggio (via Dinamovskaya, 4)”. Subito dopo i colpi, diverse ambulanze sono arrivate sul territorio dell’edificio. Si sostiene che fino a 30 mercenari siano stati uccisi o feriti” – fonte Guida Ucraina
Il Flighttracker ha mostrato un aereo che volava avanti e indietro da Rzeszow all’Ucraina sotto un transponder di richiamo, che probabilmente trasportava morti e feriti.
L’alta efficacia degli attacchi di ieri su Kharkiv, durante i quali sono stati uccisi e feriti anche mercenari occidentali, è confermata: un volo sconosciuto è appena arrivato a Rzeszow dall’Ucraina, e un aereo da trasporto Airbus A330-243MRTT è stato portato da Berlino. Un’ambulanza volante della compagnia aerea specializzata ASL FLY MED è arrivata a Rzeszow oggi e vi ha trascorso un’ora.
L’assoluta intrattabilità della situazione si fa sempre più strada tra i vari think-tank e agenzie di intelligence occidentali. Per esempio, ecco il capo di stato maggiore della Defense Intelligence Agency statunitense, John Kirchhofer:
E persino Arestovich è stato costretto ad ammettere che l’Ucraina che si prende l’80% del territorio che attualmente controlla come consolazione per l’ingresso nella NATO è un “buon affare”:
Questo perché ritiene che tentare di riconquistare la Crimea senza il tipo di potenza aerea e le comodità di cui gode l’esercito statunitense provocherebbe 200.000 vittime ucraine:
Questo naturalmente è significativo; dopo tutto, se la sola riconquista della Crimea costerebbe 200.000 morti ucraini, allora quanti morti hanno sofferto finora nell’intera guerra?
E ora la Russia sta spingendo il pedale a nord, intensificando una vasta offensiva che sta iniziando a preoccupare il comando ucraino:
Gli ucraini sono molto preoccupati per la direzione di Kupyansk. Gli ucraini sono molto preoccupati per la direzione di Kupyansk: scrivono che abbiamo raccolto un pugno potente e stiamo avanzando.Verbatim:Ora un gruppo molto potente è concentrato nella direzione Limano-Kupyansk. Più di 100 mila uomini, più di 900 carri armati e 370 MLRS. Dicono che con queste forze intendiamo sconfiggere le loro formazioni da battaglia e andare più in profondità.Le creste hanno pensieri interessanti, ma credo che questa non sia l’ultima spiacevole sorpresa per loro. Altre notizie arriveranno presto…
Da una fonte ucraina molto preoccupata:
L’ultima volta ho riferito che la Russia aveva spinto l’AFU fuori dalla città di Novoselovske, vicino a Svatove. Ora – anche se la notizia potrebbe non essere ancora del tutto confermata – al momento della stesura di questo articolo i rapporti affermano che la Russia si è effettivamente impadronita dell’intera città.
Le Forze Armate della RF hanno preso il controllo dell’insediamento di Novoselovka nella Repubblica Popolare di Lugansk, riferiscono le nostre fonti sul campo. Questo villaggio era già passato sotto il controllo delle unità russe nel novembre di quest’anno, ma poi erano state scacciate. Inoltre, i nostri abbonati dalla scena specificano che le Forze Armate dell’Ucraina stanno trasferendo urgentemente le riserve a Novoselovka, recentemente conquistata, per contrattaccare. Queste informazioni sono state confermate anche da funzionari ucraini, che hanno accennato con disinvoltura alla difficile situazione dell’esercito nemico in questa regione. “Informatore di guerra”
Se i rapporti ucraini sono accurati e se la Russia ha un pugno di 900 carri armati in quell’area, allora ci sono più carri armati solo in quel settore di quanti ne abbia l’Ucraina in totale su tutti i fronti.
Seymour Hersh afferma inoltre quanto segue dalle proprie fonti:
L’esercito russo “affronterà” facilmente le forze ucraine e lancerà la sua “offensiva su larga scala” probabilmente in agosto, ha detto il giornalista premio Pulitzer Hersh (USA), citando la sua fonte. Secondo il suo interlocutore, un “funzionario” americano, sarà allora che le forze armate ucraine dovranno affrontare il “vero problema”. I proiettili a grappolo, ha detto la fonte, “non hanno alcuna possibilità” di cambiare il corso del conflitto, e la Casa Bianca “sbaglia” con la sua valutazione della situazione, scrive RIA Novosti.Gli americani possono giudicare l’insuccesso del “contrattacco” per l’Ucraina dal fatto che le storie dalla zona di guerra sono scomparse dalle prime pagine dei principali giornali, ha detto Hersh
Penso che una controffensiva russa più ampia sia possibile in agosto, ma non sarà la grande freccia finale che alcuni si aspettavano quest’anno, come un nuovo grande vettore che si apre da nord, a Kharkov o Sumy, ecc. Penso che si tratterà piuttosto di una pressione graduale sui fronti attuali, compresi gli attacchi di forza rinnovata ad Avdeevka, Marinka, ecc.
In breve, in questo momento la Russia non deve avere fretta. Il tempo è per il momento dalla loro parte, visto che abbiamo superato la “gobba” delle grandi pietre miliari, come il vertice di Vilnius, e non hanno portato a nulla. Gli Stati Uniti hanno ora in programma le importantissime elezioni presidenziali e l’attenzione dovrà spostarsi dall’Ucraina. Quindi tutte le carte sono a favore della Russia per il prossimo semestre e oltre. Finché continuerà a ridurre l’Ucraina come sta facendo ora, la Russia getterà le giuste basi per il prossimo anno, quando la situazione dell’Ucraina diventerà critica.
Per concludere questa sezione, pubblicherò il parere di questo analista russo che riassume molti dei miei punti ed estrapola ciò che accadrà in seguito sulla base dell’attuale calcolo del campo di battaglia, con il quale sono pienamente d’accordo:
Ramzai (Vladislav Shurygin, @Ramzayiegokomanda) scrive sulla natura transitoria dell’attuale situazione al fronte nella guerra ucraina: L’offensiva ucraina si è ovviamente esaurita senza ottenere alcun risultato. Quasi quaranta giorni di combattimenti ininterrotti non hanno portato nemmeno allo sfondamento della linea di demarcazione. Allo stesso tempo, le forze armate ucraine hanno messo in battaglia fino al 60% delle riserve a loro disposizione, perdendo fino al 25% del personale, fino al 30% dei carri armati, il 20% dell’artiglieria e fino al 20% dei veicoli blindati. Ulteriori tentativi di attacco in tutte le direzioni strategiche, utilizzando le riserve rimanenti, sono stati accettati dal comando dell’AFU come inutili, sia dal punto di vista militare che da quello propagandistico e politico. Il successo dell'”offensiva” prevista per il vertice NATO di Vilnius non è stato possibile e ora il comando dell’AFU intende concentrarsi su operazioni offensive locali per migliorare le proprie posizioni in diverse parti del fronte e per logorare le truppe russe. Il comando dell’AFU ha a disposizione fino a otto brigate “fresche” (brigate che non hanno partecipato all’offensiva). La capacità di combattimento di altre otto brigate può essere ripristinata entro tre o quattro settimane. I responsabili statunitensi si sono già impegnati attivamente nel processo di riparazione delle perdite, inviando set di battaglioni di IFV Bradley e APC Stryker, oltre a sistemi di artiglieria e munizioni dalle loro forze in Europa. Ma non è possibile recuperare le perdite di carri armati. Il processo di recupero dei carri armati tedeschi Leopard 1 dai magazzini Rheinmetall è in ritardo e i primi lotti potrebbero arrivare in Ucraina non prima della seconda metà di agosto. Inoltre, il rifornimento di personale alle brigate “logorate”, attraverso un reclutamento urgente tramite l’ennesima mobilitazione, non ripristina la loro capacità di combattimento. Gli uomini mobilitati sono quasi universalmente non addestrati, non testati e non hanno alcuna motivazione. Si uniscono a compagnie e battaglioni che hanno subito pesanti perdite, hanno perso gran parte dei loro combattenti più esperti e, a loro volta, sono altrettanto demoralizzati. Considerare tali brigate “ricostruite” è un grosso errore. Di conseguenza, l’iniziativa strategica si sta gradualmente spostando dalla parte russa. Di conseguenza, l’iniziativa strategica si sta gradualmente spostando dalla parte russa. Il comando russo si sta spostando sempre più dalla difesa dura alle azioni offensive ed è riuscito a schiacciare l’AFU in diverse direzioni. Non ci si può aspettare che abbia obiettivi strategici – le Forze Armate russe non hanno ancora forze sufficienti per questo – ma possiamo condurre almeno due operazioni offensive a livello di esercito.
Tra l’altro, possiamo vedere la nuova tattica dell’AFU in azione ieri negli assalti a Staromayorsk. È la tattica di cui si parla da un paio di settimane, da quando l’AFU è stata completamente distrutta in direzione Orekhov-Zaporozhye. Ora, stanno utilizzando principalmente solo MRAPS/IMV, con tutti i blindati pesanti che sono stati ritirati nelle retrovie per paura di perderli. Ecco l’assalto di ieri a Staromayorsk con nient’altro che un’enorme linea di MaxxPros, Huskies, Cougars, Kozaks, ecc. che hanno finito per essere distrutti come rifiuti usa e getta:
Alla luce di questa lenta discesa, Zelensky starebbe ordinando una grande mobilitazione:
Una fonte dell’ufficio della NIT ha detto che Zelensky ha dato istruzioni allo Stato Maggiore di intensificare la mobilitazione e di aumentare il numero dell’AFU di 200.000 persone. L’ufficio della NIT spingerà Zaluzhnyy, che si oppone alla continuazione dell’operazione Azov e alla seconda fase della controffensiva, attraverso la scommessa.
Ci sono stati una serie di sviluppi inquietanti in questa direzione, da video che mostrano donne che vengono reclutate in ruoli di prima linea, a metodi di reclutamento sempre più pesanti, come questo video di un commissario che spara con una pistola e minaccia di sparare alle gambe della “recluta”, fino a notizie di un’emittente tedesca secondo cui alcune delle nuove reclute addestrate in Germania sui carri armati americani Abrams hanno… 71 anni.
Lo sviluppo più interessante per me, che potrebbe infliggere il più grande colpo di grazia all’Ucraina, è l’aumento di massa dei droni e della tecnologia dei droni in generale da parte della Russia.
In Ucraina si lamentano della superiorità della Russia nei droni La volontaria ucraina Maria Berlinskaya ha detto che c’è una minaccia di sconfitta per l’Ucraina a causa del vantaggio della Russia nei droni FPV. Secondo la volontaria, citata dai media ucraini, all’inizio l’Ucraina “usava efficacemente i droni”, ma la Russia ha concentrato le risorse in questa direzione ed è andata avanti. Ora l’Ucraina produce 10 mila droni FPV al mese, mentre la Russia, secondo la Berlinskaya, ne produce 45-50 mila a testa. “Se non lo facciamo tecnologicamente, andremo incontro a una sconfitta, che si chiamerà tregua. Non vorrei sbagliarmi, ma a questo ritmo dovremo sederci al tavolo dei negoziati non più tardi di un anno”, dice Berlinskaya, che dirige il cosiddetto “Air Intelligence Support Center” (Centro di supporto all’intelligence aerea). La sua collega Lyubov Shipovich ha detto che la Russia sta investendo molto nella produzione di UAV: “Importano i componenti dalla Cina, li danno agli ingegneri con i camion e dicono: “Raccogli! “La Russia ha lanciato rapidamente una munizione standardizzata per gli UAV. Non c’è bisogno che i militari russi raccolgano le munizioni con le loro mani: le tirano fuori dalla scatola, le attaccano e volano via”, ha detto Shipovich.Inoltre, il Ministero della Difesa ucraino “non acquista affatto droni FPV”, solo il Ministero della Trasformazione Digitale lo fa. “Aiuta i produttori a ottenere il permesso di operare (che permette di acquistare ufficialmente un tipo specifico di UAV dall’azienda). Ma anche per ottenere questo permesso, alcuni produttori passano attraverso una commissione per tre mesi”, dice il volontario. Solo ora stanno iniziando ad arrivare. Sembra che la sconfitta delle Forze armate ucraine nella direzione di Zaporozhye abbia fatto passare la sbornia ad alcune persone in Ucraina. ukraina_ru
Quindi, i numeri del rapporto ucraino di cui sopra affermano che l’Ucraina produce o acquista 10k droni FPV al mese, mentre la Russia ne produce 45-50k.
Ciò è confermato da un nuovo rapporto di fonte russa che afferma che una singola azienda, la Oko Design Bureau di San Pietroburgo, produce 3000 FPV al mese:
La produzione di massa di droni kamikaze FPV è aumentata anche in Russia. Nel novembre 2022, l’Oko Design Bureau di San Pietroburgo ha creato il drone da combattimento Hortensia, che è diventato il primo drone FPV prodotto in serie e inviato al fronte su scala industriale. Oggi, la capacità produttiva di KB “Oko” è di 120 pezzi al giorno, 3000 pezzi al mese.
E per finire, la cosa più interessante è stata questa relazione completa rilasciata dall’ufficio che produce il famoso drone Lancet. Invito tutti a guardare il rapporto completo sottotitolato qui sotto nella sua interezza, perché ci sono tonnellate di gemme rivelatrici:
Per riassumere, la Russia ha diverse varianti del Lancet e ne sta sviluppando una nuova che è specificamente progettata per essere utilizzata con gli sciami di droni AI. Per chi se lo ricorda, ho realizzato uno speciale sull’evoluzione della tecnologia futura nell’SMO, in cui ho specificamente previsto che il volto del conflitto cambierà molto rapidamente nel corso del tempo, e che assisteremo a una guerra completamente diversa che non assomiglierà nemmeno a quella di apertura:
The Changing Face Of War – Future of the Russian SMO
“Ci sono decenni in cui non succede nulla, e ci sono settimane in cui succedono decenni”. – Vladimir Ilyich Ulyanov Nel corso della vasta storia della guerra, ci sono stati alcuni conflitti che sono serviti come punti di snodo fondamentali per il progresso della scienza militare. L’obiettivo scorciato della storia ci inganna con la visione delle guerre come monoliti statici: due si…
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Ma più specificamente, ho fatto un’altra relazione che ha evidenziato nuove importanti scoperte nei Lancet russi – che in effetti avevano capacità autonome ed erano già stati testati e utilizzati nelle SMO in modalità autonoma.
Nel video del produttore qui sopra, confermano effettivamente questo fatto. La traduzione di questa parte del video è un po’ confusa, ma il progettista, Zakharov, afferma che il dispositivo è stato testato non sul poligono, cioè sul campo di prova, ma in un combattimento reale. Descrive come un operatore umano abbia dato il comando iniziale su quale settore scansionare e quale tipo di bersaglio cacciare, e il drone abbia fatto il resto.
Nel rapporto precedente, ho descritto come il Lancet abbia una libreria incorporata di tutti gli equipaggiamenti NATO che “controlla” rispetto agli oggetti che rileva sul campo, confrontandoli e identificando quindi il bersaglio. Quindi, se lo si imposta per colpire solo i carri armati e si scansiona un Grad MLRS, lo identificherà dal database memorizzato e lo ignorerà.
Ora, questa variante di nuova generazione che hanno già sviluppato fa lo stesso, ma lo fa in sciami. I Lancet vengono sparati in grandi lotti da contenitori di massa piuttosto che lanciati con la fionda uno ad uno. In aria, scansionano una zona molto più ampia in modo indipendente e trasmettono tutte le informazioni sul bersaglio tra loro, coordinando anche l’albero decisionale di quale unità deve colpire il bersaglio in base alle loro capacità individuali, poiché alcune possono avere una testata adatta alla penetrazione di una corazza pesante e altre per qualcos’altro.
I nuovi Lancet sono anche più grandi e destinati a una maggiore resistenza al combattimento, in modo da poter andare più in profondità nelle retrovie nemiche. Chiaramente, con questo sviluppo, la Russia balza in pole position nel mondo del combattimento con l’intelligenza artificiale, dato che nessun altro può vantare di aver già utilizzato ampiamente tali sistemi in situazioni reali.
L’unico che forse ci si avvicina e che ha sperimentato tali sistemi è Israele:
Da notare anche il contemporaneo annuncio che la produzione di Lancet sta andando a un ritmo 50 volte superiore rispetto all’inizio dell’OMU e 3 volte superiore rispetto all’anno scorso.
Gli ucraini sono chiaramente preoccupati dal volume di droni che si vede nel video del magazzino di produzione:
Una breve nota: molte persone hanno erroneamente diffuso la notizia che sono stati prodotti 200k Lancet e che ne sono in arrivo 1M. Si trattava di una risposta ironica del produttore che citava una famosa frase di Star Wars sulla produzione di cloni. La produzione è alta, ma non così alta. Non hanno fornito numeri reali, ma un “indizio” è stato che hanno detto che per ogni carro armato che l’Ucraina ha, compresi tutti i carri armati consegnati dall’Occidente, ci sono già “diversi Lancet designati per loro”. Quindi, prendendo ipoteticamente un numero come 500-800 carri armati AFU, possiamo prendere questo per significare che ci sono almeno qualcosa come ~1000-3000 Lancet attualmente disponibili o in produzione in qualsiasi momento.
Ora, qualche ultimo importante aggiornamento.
In primo luogo, nell’ambito dei rimpasti del Ministero della Difesa russo. L’ultima volta abbiamo sentito parlare del presunto licenziamento del generale Popov e di molte altre voci come quella di Surovikin, ecc.
In primo luogo, ci sono ora notizie contrastanti, una delle quali afferma che Popov è stato riassegnato a un incarico in Siria, il che indicherebbe chiaramente che è stato spostato il più lontano possibile dalla Russia, apparentemente per mitigare qualsiasi potenziale pericolo che potrebbe rappresentare in termini di insubordinazione armata.
Tuttavia, un altro rapporto contraddittorio proveniente da Slavyangrad affermava, con buona approssimazione, che Popov non è stato affatto licenziato:
According to Roman Donetsky’s (whom I trust completely) @DonRF22’s sources, Major-General Ivan Popov is fine. He has not been “purged,” and will continue to serve at his rank in the Russian Army.
A questo si aggiunge anche il Maggiore Generale Seliverstov:
Shojgu, oltre al comandante della 58ª Armata combinata, Ivan Popov, ha sostituito anche il comandante della 106ª Divisione paracadutisti della Guardia (VDV), il maggior generale Vladimir Seliverstov, e il comandante della 7ª Divisione d’assalto in montagna della Guardia (VDV). Le tensioni tra il comandante della VDV Mihailo Teplinsky e la stessa leadership militare russa stanno crescendo, si ipotizza che possa verificarsi lo stesso scenario dell’Orchestra (ma senza ribellione), e se la VDV lascerà l’Ucraina (cosa irrealistica, ma che può accadere), sarà un duro colpo per l’esercito russo sul campo di battaglia, perché è lì che si trovano le unità russe più elitarie e migliori. Il generale Aleksandar Kornev, comandante della 7a divisione paracadutisti, e il colonnello generale Mikhail Teplnski, che ha ricoperto il ruolo di comandante delle Forze aviotrasportate russe dal giugno 2022, sono stati destituiti dai loro incarichi: entrambi erano comandanti rispettati.
Non è stato confermato nulla di tutto ciò, quindi è difficile fare una vera analisi fino a quando non avremo ulteriori informazioni. Ma se questo è il caso, allora indica chiaramente un’epurazione in corso da parte del Ministero della Difesa russo di chiunque mostri anche la minima insubordinazione sulla scia della ribellione di Wagner. Il Ministero della Difesa vuole chiaramente costruire una forte gerarchia militare basata su un fondamento di lealtà, tutte le vecchie guardie che sono abituate ai modi corrotti dell’era 2000-2010, in cui i generali feudatari dei signori della guerra si ritagliavano i loro feudi e potevano fare o dire tutto ciò che volevano, perché avevano un’importante leva contro il comando del Ministero della Difesa semplicemente per il fatto che allineavano i loro soldati a se stessi e non all’allora debole Ministero della Difesa, quei giorni sono finiti. Il MOD sta ora progettando una forza professionale e futuristica con un forte comando centrale, e chiunque della vecchia guardia corrotta non sia d’accordo viene cacciato.
Il problema è che molti di questi generali si erano lasciati andare e si sentivano a proprio agio con lo status quo dei “bei tempi andati”. Ricordate quei tempi? La RuAF dell’era Serdyukov, dove ogni settimana la CNN trasmetteva notizie sul “nonnismo” dei soldati, mostrando truppe russe che abusavano brutalmente e talvolta si uccidevano a vicenda in condizioni simili a quelle di una prigione. Shoigu ha ribaltato tutto questo e sta progettando una forza armata moderna basata sul rispetto, sulla leadership e su una corretta catena di comando. Molti generali della “vecchia guardia” erano così abituati ad avere le loro piccole sinecure e a comportarsi come boss mafiosi che hanno preso questo come un affronto. Vedete, ai vecchi tempi, le minacce e la violenza erano il modo per ottenere le cose e le forze armate erano gestite più come una mafia, con ogni generale che controllava la sua piccola cellula privata di “fratellanza”. Come ho detto, chi non riesce a sopportare di essere riformato in una forza moderna può andarsene al pascolo. A qualcuno non piacerà sentirselo dire, ma una forza armata efficace si basa su un rigido sistema di lealtà e subordinazione.
La giuria non ha ancora deciso sul caso Surovikin, ma è stato riferito che Putin lo incontrerà personalmente la prossima settimana, quindi vedremo cosa succederà.
Le fonti confermano che Vladimir Putin riceverà Surovikin la prossima settimana.
In altre notizie, una nuova foto di un modulo di pianificazione UMPC per la bomba glide russa è stata vista sulle ali di un Su-24M, il che dimostra che la Russia ha riportato in vita i Su-24 e li sta usando insieme ai Su-34 per lanciare queste bombe:
Si tratta di una buona notizia, in quanto aumenta notevolmente il numero di piattaforme totali che possono lanciare questi prodotti in tutto il Paese.
Il prossimo:
Un giornale italiano ha stimato che la popolazione ucraina è scesa a 28-31 milioni:
“L’Ucraina è vuota. Molte persone non tornano, è un disastro”. Il quotidiano italiano Corriere della Sera ha pubblicato un articolo sulla devastazione demografica dell’Ucraina. Gli autori stimano che la popolazione sia scesa a 28-31 milioni.
“Non ci sono bambini, le donne della classe media con una buona istruzione se ne sono andate. E soprattutto, più della metà di loro non ha intenzione di tornare in Ucraina”.
La politica di ospitalità europea prima ci è sembrata un miracolo di generosità, e ora si è rivelata una maledizione”, cita il giornale il demografo ucraino.
Ecco un’altra citazione. Dice il proprietario di un’azienda informatica: “La maggior parte dei miei dipendenti ha trovato rapidamente lavoro in Polonia e in Francia. I nostri impianti di produzione sono chiusi e non c’è mercato. Nessuno di loro tornerà”.
Ed ecco la storia di un ufficiale ucraino di 40 anni che ora si trova in posizione di comando vicino a Bakhmut: “Mia moglie e i miei due figli di 5 e 7 anni sono partiti per la Germania nei primi giorni di guerra. Da allora comunichiamo sempre meno. E ora ho scoperto che ha già trovato un nuovo compagno lì”.
Il motivo per cui è interessante è questo interessante thread di Armchair Warlord, un ex ufficiale di artiglieria dell’esercito americano.
In breve, egli paragona l’Ucraina alla Germania della Seconda Guerra Mondiale e calcola che la massa critica di perdite che la Germania è stata in grado di sostenere prima che la sua società “collassasse” è stata di circa il 3,75% della sua popolazione di 80 milioni.
Su questa base, egli conclude che l’Ucraina dovrebbe subire circa 750.000 perdite perché il Paese si salvi. Anche se ha utilizzato una popolazione ipotizzata molto più bassa. Per 28 milioni di persone il numero sarebbe di circa 1 milione. Ma dato che, secondo alcune stime, l’Ucraina ha già perso circa 400-600.000 persone, compresi i feriti irrecuperabili, si può pensare che l’attuale ritmo del conflitto non sia così sostenibile per l’Ucraina come alcuni prevedono, dato che alcuni credono di avere un “bacino inesauribile” di manodopera e di poter continuare ad andare avanti a questo ritmo di logoramento “fino a quando sarà necessario”.
So che ci sono molte argomentazioni contrarie e non sto dicendo che questa sia corretta per certo: per esempio, alcuni rapporti sostengono che il 50% dei rifugiati in fuga sia già tornato in Ucraina. Ma questa è solo una prospettiva e uno spunto di riflessione.
Il prossimo:
Un’unità russa Storm-Z ha recuperato uno dei famosi sistemi di gestione del campo di battaglia ucraino, in cui le informazioni di ricognizione vengono distribuite a una serie di unità/sistemi per il targeting:
Al momento in cui scriviamo, il traffico a senso unico sul ponte di Crimea è ripreso sulla campata funzionante:
Un canale ucraino ha descritto come un gruppo di sabotaggio DRG ucraino sia stato distrutto dalla sua stessa parte:
Il prossimo:
Gli studenti russi hanno portato cinque medaglie d’oro alle Olimpiadi della fisica di Tokyo: Vyacheslav Bobkov della scuola n. 1589 di Mosca, Roman Burtsev, Vsevolod Dolya, Alexander Ershov del liceo Phystech di Kapitsa e Yegor Potapov della scuola del Centro per l’eccellenza pedagogica.
💥👏💥
Questa è un’altra olimpiade in cui la Russia è al top:
Il prossimo:
Un atroce attacco ucraino è stato ripreso da un drone, e @mylordbebo ha fatto un ottimo play by play descrivendo ogni dettaglio esattamente come è accaduto. Attenzione, si tratta di materiale inquietante che mostra – anche se non in modo grafico – soldati ucraini che giustiziano a sangue freddo una famiglia che cerca di fuggire da Ugledar e poi cercano di coprire il tutto:
Vi lascio con due ultime notizie. In primo luogo, il presidente del Comitato per la Difesa della Duma russa lascia intendere che il vero ruolo di Wagner in Bielorussia è quello di riconquistare il Varco di Suwalki:
Dato che si tratta di un alto funzionario della Difesa, si può solo supporre che questo significhi che la Russia sta anticipando il tipo di future azioni militari polacco-lituane di cui abbiamo già parlato qui.
Questo segue un rapporto del canale televisivo francese LCI che ribadisce la crescente minaccia di un’entrata in guerra della Polonia:
BREAKING:Il canale televisivo francese LCI sostiene che la Polonia e i Baltici si stanno preparando a inviare le loro truppe in Ucraina! LCI: “Fonti anonime del governo polacco riferiscono che i polacchi stanno ora aspettando il risultato finale della controffensiva ucraina e le azioni offensive delle truppe russe.Se diventa chiaro che la Russia sta vincendo la guerra in Ucraina, i polacchi potrebbero introdurre la prima divisione quest’anno, che comprenderà polacchi, baltici, un certo numero di ucraini”.
Un sergente russo dà uno sguardo vivace al morale dei soldati in prima linea che respingono l’offensiva della NATO a Zaporozhye:
Vi lascio con la dichiarazione di Aleksandr Dugin che fa riflettere sull’attacco al ponte di Kerch:
Alexander Dugin: “A proposito di un nuovo attacco al ponte di Crimea. Notate la rabbiosa ostinazione del nemico. Questa è una caratteristica distintiva dei malorussi. Ma ora la situazione è preoccupante. Hanno iniziato a bombardare Donetsk nel 2014 e non si sono fermati un giorno. Hanno attaccato il territorio delle vecchie regioni russe – Belgorod, Kursk, Bryansk – e continuano a farlo. Hanno iniziato a uccidere i russi con attacchi terroristici, e lo fanno ancora e ancora. Lo stesso vale per il ponte di Crimea, finché l’Ucraina esisterà con la sua popolazione impazzita e il suo regime maniacale, è semplicemente sciocco e irresponsabile pensare che qualcosa nel suo comportamento possa cambiare. E dietro di lui c’è l’Occidente. La rabbia non ha cura”.
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Luigi Marco Bassani, Tolleranza, Liberilibri, Macerata 2023, pp. 93, € 14,00.
Bassani spiega la tolleranza seguendo il “percorso tracciato dal realismo politico”. In effetti l’esigenza di tolleranza può essere sorretta da diverse argomentazioni e punti di vista: il rispetto delle idee e del modo d’essere altrui, in primo luogo, il diritto alla libertà di pensiero, il progresso del sapere e della scienza (cui giova tanto il confronto di comunicazioni che il superamento di quelle già condivise). È raro pensare che la tolleranza è necessaria alla formazione dello Stato moderno, perché funzionale alla neutralizzazione dei conflitti – riducendoli o rendendoli meno pericolosi.
Come scrive l’autore «La tolleranza è certamente una conquista del pensiero europeo moderno, ma è anche un momento fondamentale per la legittimazione del potere, nel suo tentativo di superare la frattura della Riforma. Vi è, infatti, una sorta di “regola aurea”, una vera e propria bussola nella storia del pensiero politico moderno: tutto ciò che va nella direzione del consolidamento della statualità ha successo, mentre tutto quel che vi si oppone, ogni pensiero che crei sacche di resistenza al potere, si sgretola. In questo senso, il principio di tolleranza stravince alla fine le guerre di religione, perché è necessario al consolidamento del potere del Principe».
Alla fine del XVI secolo Bodin e i politiques francesi collegarono sovranità e tolleranza «Sarà proprio il concetto di sovranità il miglior alleato di quello di tolleranza nel corso dell’età moderna. Molti critiani avranno la loro vita risparmiata in virtù della bramosia del Principe di creare un unico soggetto del suo dominio». Le guerre di religione in Francia si concludono con l’editto di Nantes che è «il capolavoro e la vera eredità permanente dei politiques». Con la fine delle guerre di religione, la tolleranza diviene pratica osservata dai sovrani assoluti. Federico II di Prussia, “tipo ideale” del sovrano assoluto del 700 rivendica la propria neutralità “tra Roma e Ginevra”, nel di esso amico Voltaire c’è «la fusione dei temi cari ad Erasmo e del movimento dottrinario statuale che parte da Bodin…Voltaire reinterpreta tutto il precedente dibattito politico e teologico, e pone la riflessione sul concetto di tolleranza come fulcro di una concezione moderna della politica, intesa a dirimere tutti i rapporti fra lo Stato e la Chiesa dal punto di vista teorico».
Con le costituzioni moderne la tolleranza è codificata nelle dichiarazioni tra i diritti fondamentali, a partire da quella francese e americana (col primo emendamento). Nel secolo passato i totalitarismi sono stati tutt’altro che propizi alla tolleranza; anche se, nella seconda metà è stato riconosciuta in dichiarazioni internazionali dei diritti. Ma adesso si vede un nuovo pericolo: è quello del politically correct, definito da Bassani un autodafé il quale «nasce e germoglia nel cuore di quello che è ormai l’Occidente tout court, ossia gli Stati Uniti, ma sta già minando la libertà di manifestazione del pensiero del Pacifico agli Urali. Se la nascita della tolleranza investe un’unica cultura, anche la fine della tolleranza parte da noi, ma ha a questo punto risvolti planetari». Tale intolleranza «è la conseguenza di un lungo processo di addomesticamento degli intellettuali ed è il risvolto, nel campo delle idee, dell’inesorabile marcia dello Stato nelle vite dei cittadini… vi è bisogno di un gruppo di intellettuali di professione diuturnamente impegnati a diffondere il verbo di Stato e la scienza di Stato… E se il tutto avviene senza alcun tipo di coercizione palese è proprio grazie alla vittoria straripante del politicamente corretto, di una polizia di pensiero, che colpisce pochi, spaventa molti ed è, almeno in apparenza, avversaria di tutti». E di fatto è un declino della cultura dell’occidente la quale da espansiva com’è stata per secoli (v. Toynbee) è divenuta inclusiva e soprattutto, autocolpevolizzata.
Riconosce l’altro, distruggendo se stessa. Ma per il primo risultato non è necessario il secondo. L’autore conclude «Solo quando il riconoscimento dell’altro smetterà di implicare necessariamente la distruzione di sé saremo finalmente sul punto di imboccare la strada che porta a una società libera e certamente assai disordinata nelle opinioni. E allora questa guerra alle fobie cadrà nel più assurdo dei ricordi».