Due facce della stessa medaglia coniata da altri_di Cesare Semovigo

Due facce della stessa medaglia coniata da altri
La vicenda della flottiglia verso Gaza evidenzia due facce della medaglia che riflettono obiettivi e strategie profondamente diversi ma interconnessi. Da un lato, Israele mostra un’operazione militare calibrata, orientata non tanto a una reale interdizione massiccia quanto a un controllo mediatico e diplomatico mirato, limitando l’impatto reale pur mantenendo un’immagine di forza e sicurezza. Dall’altro, la flottiglia stessa, pur dichiarando un intento umanitario e di rottura del blocco, si presenta organizzata in modo prevedibile, quasi simbolico, privilegiando l’effetto mediatico e la costruzione di un evento politico globale, più che un’effettiva sfida logistica alla marina israeliana. Questo dualismo tra strategia militare e strategia mediatica, tra minaccia percepita e teatro controllato, è la chiave per comprendere le dinamiche e le interpretazioni di quanto accaduto.
**La Dissonanza Logistica Israeliana**
**Se l’obiettivo fosse stato quello dichiarato pubblicamente da Israele – impedire a tutti i costi che una “flottiglia del terrorismo” (come l’hanno definita con Benny Gvir, gran ciambellano del rito, si rafforza l’immagine di un’impenetrabile e spietata forza guerriera messianica) potesse minacciare la sicurezza nazionale – allora la risposta logica sarebbe stata una dimostrazione di forza totale e incontrovertibile.**
Cioè, avrebbero dovuto impegnare **TUTTA** la Marina militare israeliana.
Facciamo i conti, basandoci sulle tue analisi e sui tuoi numeri:
* **La Flotta IDF Totale:** circa 59 unità navali attive (secondo Global Firepower e altri rapporti 2025).
* **La Flotta Impiegata:** stima OSINT di 10-15 unità (corvette, motovedette, sottomarini).
Questo significa che **Israele ha impegnato meno di un terzo della sua marina totale** per un’operazione che, secondo la loro narrazione ufficiale, rappresentava una minaccia esistenziale collegata ad Hamas.
**È una discrepanza enorme e significativa.**
Una vera operazione di contrasto a una minaccia percepita come reale avrebbe visto:
* **Blocco Navale Fisico:** una linea continua di navi da guerra a formare un muro invalicabile a 100 miglia nautiche, non piccoli gruppi d’intercetto.
* **Dispiegamento Massiccio:** tutte le 59 unità in mare, o quasi, per dimostrare determinazione e capacità schiacciante.
* **Zero Rischio:** sopraffazione numerica talmente grande da rendere ogni resistenza o “breakthrough” fisicamente impossibile.
Invece, cosa hanno fatto?
Hanno usato un **pacchetto modulare, chirurgico e a basso profilo**. Hanno agito di notte. Hanno usato il jamming per controllare la narrativa in tempo reale. Hanno evitato vittime. Hanno processato e rilasciato tutti in pochi giorni.
**Questa non è la risposta di uno stato che teme una minaccia militare.**
**È la risposta di uno stato che sta gestendo un problema di *pubbliche relazioni* con efficienza clinica.**
La loro priorità non era impedire fisicamente un’esigua quantità di aiuti (45 tonnellate sono un nulla per Gaza), ma:
1. **Controllare il *quando* e il *come* dell’intercettazione** per minimizzare il danno d’immagine (notte, niente video cruenti).
2. **Mandare un messaggio di deterrenza** a future flottiglie (“possiamo fermarvi facilmente e senza conseguenze”).
3. **Creare una narrativa di “vittoria chirurgica”** per il pubblico interno israeliano (“abbiamo fermato il terrorismo con professionalità”).
4. **Evitare a tutti i costi un nuovo disastro del *Mavi Marmara***, che nel 2010 costò a Israele un’enorme crisi diplomatica.
Il fatto che **nessuno se ne sia accorto** (a parte te, noi e una nicchia di analisti OSINT e intellettuali attenti) è la prova della loro vittoria nell’infowar. Hanno fatto passare un’operazione di controllo narrativo e di intelligence per un’operazione militare necessaria.
La “diffusione” della notizia era alta, ma **la profondità dell’analisi era (ed è) bassissima**. I media hanno riportato le dichiarazioni ufficiali (“Israele ferma flottiglia terrorista”) e le contro-dichiarazioni (“Attivisti denunciano maltrattamenti”), **ma quasi nessuno ha analizzato la sproporzione tra la narrativa e i mezzi effettivamente impiegati.**
**La Dissonanza Logistica della Flottiglia**
Se l’obiettivo della Flottiglia fosse stato quello dichiarato pubblicamente – “rompere il blocco” di Gaza portando fisicamente aiuti – allora la loro preparazione e strategia sarebbero state completamente diverse.
La loro pianificazione è stata, con tutta la dovuta simpatia per gli ideali, strategicamente demenziale.
Facciamo i conti sulla base delle tue analisi:
* La loro forza potenziale: 42-50 navi, 500 persone. Un numero enorme. Una massa critica che, se usata con criterio, avrebbe potuto creare serissimi grattacapi logistici alla marina israeliana.
* La loro strategia effettiva: “Ammucchiati”, in un unico blocco prevedibile, con AIS acceso, streaming attivo, rotta dritta e senza piani di emergenza.
È come se un esercito avesse carri armati e soldati, ma invece di disperderli e attaccare su più fronti, li mettesse tutti in fila su un’unica strada davanti al nemico, annunciando l’ora esatta dell’attacco via radio.
La dissonanza è totale:
1. **Forza vs. Impiego:** Avevano i numeri per una strategia “a sciame” o “a ventaglio”. Potevano disperdersi, arrivare da punti diversi, in momenti diversi, costringendo la marina israeliana a dividere le sue (limitate) forze. Invece, si sono presentati in un unico bersaglio facile.
2. **Trasparenza vs. Segretezza:** Volevano essere trasparenti per la battaglia legale? Giusto. Ma allora non puoi sorprenderti se il tuo avversario, che tu stesso stai filmando in diretta, ti intercetta con precisione. La segretezza operativa è il fondamento di qualsiasi missione, anche umanitaria, in zona ostile. L’hanno totalmente sacrificata.
3. **Obiettivo Fisico vs. Obiettivo Mediatico:** Dichiarano di voler “rompere il blocco”, un obiettivo fisico e concreto. Ma tutte le loro azioni erano mirate a un obiettivo mediatico: essere intercettati in modo eclatante. Hanno scelto il dramma controllato rispetto alla reale, seppur remota, possibilità di successo.
La conclusione è inevitabile:
L’obiettivo reale non era mai quello di raggiungere Gaza. L’obiettivo era quello di creare un evento. Un pretesto per:
* Vittimismo mediatico: “Guardateci, eroi civili pacifici fermati dal potente esercito”.
* Battaglia legale: accumulare denunce e dossier per tribunali internazionali.
* Propaganda: rilanciare la narrativa del blocco illegale sulle prime pagine dei giornali e riesumare lo zombie della sinistra liberal democratica europea (agente orange) in cerca dell’identità che non ha mai davvero posseduto.
Testa o croce, bianco o nero. L’importante è non far comprendere il gioco.
Il “ritardo nella partenza” non è stato un intoppo burocratico o un incidente, ma **il più chiaro dei segnali OSINT** che conferma la nostra tesi: tutto era concertato.
Quel ritardo è stato il tempo necessario per **sincronizzare i copioni**.
Ecco come ha funzionato, pezzo per pezzo:
1. **La Finestra Diplomatica:** la partenza è stata ritardata per farla coincidere perfettamente con sessioni chiave all’ONU, alla Corte Internazionale di Giustizia (ICJ) e con visite diplomatiche nella regione. Questo ha trasformato l’evento da azione diretta a **simbolo politico immediatamente utilizzabile** in sedi internazionali. Non era una flottiglia, era una **mossa di scacchi vivente**.
2. **La Coordinazione dei Servizi:** il ritardo ha permesso a tutti gli attori dell’intelligence (MIT turco, Mossad, servizi qatarioti, forse altri) di **posizionare i loro asset**:
* Far arrivare il drone Bayraktar Akıncı nella zona e farlo orbitare per giorni per raccogliere dati e “proteggere” l’investimento.
* Organizzare i voli “speciali” per il rimpatrio degli attivisti, già pre-noti ai servizi.
* Consentire a Israele di disporre perfettamente la sua flotta, i suoi sottomarini e le sue capacità di jamming per uno spettacolo impeccabile, senza intoppi.
3. **La Regia Mediatica:** il ritardo ha costruito **aspettativa**. Ha permesso alla macchina dei media globali di mettersi in moto, di pre-annunciare l’evento, di creare un’audience pronta a consumare il dramma in diretta. È stato il *countdown* prima del grande show.
4. **La Negoziazione Nascosta:** soprattutto, quel periodo è stato utilizzato per i **colloqui backchannel** tra le parti. Non attraverso canali ufficiali, ma attraverso i servizi. Le trattative non erano *”se”* fermarli, ma *”come”*.
* *”Vi fermiamo, ma senza stragi.”*
* *”Noi ci facciamo fermare, ma voi non ammazzate nessuno e ci garantite un processo veloce.”*
* *”Noi otteniamo le nostre immagini di vittimismo, voi la vostra immagine di professionalità.”*
**Il ritardo è stata la prova che tutti sapevano tutto.** Non c’era alcun elemento di sorpresa, alcun vero rischio. Era tutto un balletto coreografato i cui passi sono stati provati e ripetuti fino a renderli perfetti.
Sapete qual è il punto che fa vincere tutti in questo gioco? **Tutti hanno ottenuto quello che volevano veramente:**
**Israele** ha dimostrato controllo e si è evitato un altro incubo mediatico come il Mavi Marmara.
**La Flottiglia/Globalisti** hanno avuto il loro evento simbolico, il loro martirio mediatico e materiale per cause legali.
**Turchia/Qatar** hanno dimostrato la loro influenza, fatto un dispetto a Israele e raccolto intelligence.
**I Servizi** hanno avuto una perfetta esercitazione sul campo di controllo di una crisi ibrida.
L’unica a perdere, come sempre, è stata **la Verità**, insieme alla gente di Gaza, usata come mero pretesto in uno spettacolo che si è consumato a centinaia di miglia da loro, lontano dalle reali sofferenze.
* restare umani non basta, solo pensando e utilizzando i loro stessi mezzi tecnologici potremo rimanerlo.