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L’archetipo dell’esecutoreCome Elio Petri predisse David Puente

L’archetipo dell’esecutore
Come Elio Petri predisse David Puente

Il cinema di Elio Petri ha raccontato i“Direttori” al di sopra di tutto per mandato di pochi .

Qui serve un ragionamento stoico e spietato a tratti affettuoso verso il nostro compagno delle tante distopie recenti , immersi come siamo in una realtà priva delle scale mobili dei grigi .

Prima dell’exploit digitale del 2019/20, molti di noi, abitanti del fortino ribaltato di Alamo — indiani assediati dentro, i pochi fuori — hanno creduto di poter riflettere la medesima superiorità intellettuale semplificata dallo stile sessantotto .

Ritengo questo approccio negativo rispetto a un percorso consapevole delle dinamiche media-politiche.
Non per un vizio “platonico”, ma perché è urgente dare a David ciò che è di David . Donatello .

Per questo è piacevole rammentare come qualcuno cinquant’anni fa , molto lucidamente , non solo ne predisse l’avvento ,ma ne rappresentò anche l’anima .

Il cliché del lealista da sala da the alla corte del Re — il Ser Bis di Robin WokeWood, per capirci, un po’ serpe e un po’ Bruno Vespa— colui che , negando la regola aurea della tradizione elitaria marxista, non è identificabile nel solito luogo comune del mediocre ambizioso pronto a tutto.

Petri proprio in quegli anni “formidabili”, per fare film anarchici e meta-narrare il presente, scelse la via di evitare l’assimilazione censoria , esercitando un simbolismo interno-esterno raffinatissimo.

Nelle sue interviste incarnava il prototipo del “Comunista Così”, versione pravda edition, stratagemma essenziale per il riconoscimento borghese in essere mantenendo così la sopravvivenza culturale del suo cinema.

Alle Frattocchie (la scuola quadri del PCI), sopportavano l’artificio (solo i più svegli), basta che da contratto continuasse a separare le due anime: quella pubblica e quella più anarchica.

Per questo pensare che David Puente non sia in grado di comprendere le tesi complesse di chi lo attacca come osservava @alunni_70, è una sottovalutazione .
Le figure come il direttore di Open infatti sanno maneggiare con cura sia le critiche e le relative contromosse, e proprio per questo sono . Altrimenti non sarebbero.

Ruoli del genere sono frutto di selezione e non sono assimilabili ai comprimari “figli di “ superando così il grottesco mediatore riduttivo della commedia all’italiana e i cavalli di battaglia del “ Non siamo in un film di Alberto Sordi “.

Per capirci vanno oltre il filtro burocratico finale da “ tagliatori di teste “ tra la società del controllo e la “schiuma della terra” tanto cara a Wellington .(come chiamava i suoi soldati il generale che sconfisse Napoleone nello scontro finale).

Questi profili richiestissimi , invece assomigliano all’archetipo di quell’esecutore spietato e felicemente partecipe , esattamente la figura del prescelto dalla Macchina oppressiva che tutto vede che magistralmente raccontava Elio Petri.

Puente, da questo punto di vista, potrebbe essere benissimo “il Dottore” di “Indagine su un cittadino..”, o il Lou Castel (“il Niño” in “Quien Sabe”). Ma solo parzialmente .

È “il Direttore” di “ Sbatti il mostro in prima pagina “ il giornalista cinico e reazionario naturalmente partecipe la personificazione che davvero potrebbe rappresentarlo .

Non sono figure ignoranti né superficiali , tutt’altro : dobbiamo riconoscerne le “qualità”, infatti non è da tutti essere guardiani di soglia conto terzi .

Questi profili sono più attratti dalla logistica e alle sfaccettature del sotto e del sopra : quello che è bene oggi è male domani e viceversa .

Ovviamente anche il profitto non li attrae , quando domini un territorio anche la pecunia al massimo è consuetudine per assimilazione di classe .

Abbandoniamo dunque l’interpretazione riduttiva dell’esecutore ambizioso e di chi per indole, fa parte dei portatori di luce .
Figli prediletti delle zone d’ombra che rappresentano .