L’INFLAZIONE NEL CONFLITTO STRATEGICO DELLA FASE MULTICENTRICA, a cura di Luigi Longo

L’INFLAZIONE NEL CONFLITTO STRATEGICO DELLA FASE MULTICENTRICA

a cura di Luigi Longo

 

1.Lo scritto di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani), pubblicato sul sito www.comedonchisciotte.org del 6/12/2022 con il titolo Il controllo dell’inflazione per la BCE viene prima della pace fra i popoli, del quale invito alla lettura, pone il problema del controllo dell’inflazione nella società cosiddetta capitalistica (si continua a definirla così per mancanza di ricerca e di studi).

Dico subito che non condivido né il privilegiare l’aspetto monetaristico né il campo teorico di posizionamento della Modern MonetaryTheory (per una introduzione della citata teoria si rimanda al sito www.mmtitalia.info); ne sottolineo però il merito nel trattare la questione dell’inflazione ad un livello interessante e non banale, come fa, invece, la vulgata maistream dei grandi esperti economisti (di destra, di centro e di sinistra, per chi crede ancora a queste ideologiche divisioni che nella storia passata – a partire dal 1789 della rivoluzione francese – avevano un senso forte e fondato in Europa (Costanzo Preve, Destra e sinistra. La natura inservibile di due categorie tradizionali, Editrice C.R.T., Pistoia, 1998), ma oggi diventa stupido (nell’accezione dello storico Carlo Maria Cipolla) attardarsi ancora su queste mistificazioni sistemiche. Giorgio Gaber questa pantomima l’aveva risolta nel 1995-1996! (Album musicale E Pensare Che C’era Il Pensiero). Per non parlare dei lavori di Gianfranco La Grassa e di Costanzo Preve (per esempio, Il teatro dell’assurdo. Cronaca e storia dei recenti avvenimenti italiani, Edizioni Punto Rosso, Milano, 1995).

Riporto una lunga frase dall’articolo di Megas Alexandros che mi permette di avanzare alcune riflessioni che considerano l’inflazione come un processo di distribuzione di risorse finanziarie-monetarie a) tra i gruppi sociali che configurano il popolo, b) tra le varie sfere (economica, sociale, finanziaria, istituzionali, eccetera) che compongono l’intera società e i relativi rapporti sociali storicamente dati, c) tra i mutamenti dei prezzi relativi come espressione del conflitto tra gli agenti strategici, d) tra gli agenti strategici per l’appropriazione delle risorse finanziarie-monetarie come strumenti di lotta per il potere e il dominio, e) tra gli agenti strategici per il controllo dello strumento Stato (con le sue articolazioni istituzionali e territoriali) per realizzare la loro idea di vita e di rapporto sociale (con la strategia, la gestione e la esecuzione) nella società storicamente data, la cui realizzazione è espressione di egemonia di dominio e non di potere (per approfondimenti si rimanda, nonostante la lettura prevalentemente economica, sia al vecchio e ottimo articolo di Jacob Morris, La crisi da inflazione in Monthly Review n.10/1973 sia al vecchio e ottimo libro di Roberto Convenevole, Processo inflazionistico e redistribuzione del reddito, Einaudi, Torino, 1977).

La lunga frase è: Mentre pare abbastanza chiaro che in caso di inflazione da eccesso di domanda in pieno boom economico, dove la gente si ritrova ad avere molti più soldi rispetto ai prodotti da acquistare, il governo debba immediatamente procedere a raffreddare l’economia attraverso politiche fiscali restrittive. Quello che invece oggi a molti non è chiaro, è come si debba affrontare il fenomeno inflattivo in corso di matrice esogena, scatenato da una vera e propria azione speculativa nel settore pressoché monopolistico dell’energia. Fenomeno che per molti paesi come il nostro, la cui economia versa in stato recessivo, assume i contorni ancora più drammatici della stagflazione.

Anche in questo caso è chiaro che il fenomeno ha origine dalla mancata azione dei governi, che rinunciano volutamente a porre un freno all’azione di chi gestisce nel paese in regime di monopolio il suddetto settore. Basterebbe che il governo imponesse un tetto al prezzo di rivendita all’interno del paese stesso (e non al produttore come desidera Mario Draghi) ed il fenomeno sarebbe già sotto controllo. Perché come ben sappiamo, il problema energetico non è alla fonte, ovvero non manca la materia prima o chi ce la fornisce, ma i nostri governi compiacenti hanno messo in mano le nostre vite ai diavoli della finanza speculativa, consentendo loro di fare il prezzo del gas in base alle loro scommesse e di conseguenza, alle compagnie energetiche di conseguire profitti colossali succhiando il sangue delle famiglie e delle imprese che vivono nel nostro sistema economico.

Il monopolista della moneta, in extrema ratio, per salvare il proprio sistema economico e la propria gente, sarebbe persino in grado di operare all’interno delle propria politica fiscale, nella direzione di una totale nazionalizzazione di un settore vitale come è appunto quello dell’energia. Ed addirittura fornire energia al proprio popolo sottocosto o a costo zero, qualora la situazione lo richiederebbe.

Le riflessioni che avanzo che considerano l’inflazione come un processo di appropriazione e di spostamento di risorse finanziarie-monetarie tra gli agenti strategici e tra i gruppi sociali che costituiscono il popolo sono le seguenti:

1.Il denaro è l’espressione di un rapporto sociale, “la sua funzione specificatamente sociale, e quindi il suo monopolio sociale, diventa quello di rappresentare la parte dell’equivalente generale entro il mondo delle mercie segue la logica dell’appropriazione del capitale: “Se il denaro, come dice l’Augier, <<viene al mondo con una voglia di sangue in faccia>>, il capitale viene al mondo grondante sangue e sporcizia dalla testa ai piedi, da ogni poro” (Karl Marx, Il Capitale. Critica dell’economia politica, Einaudi, Torino, Libro primo, 1975, pp. 84-85 e pag. 934). Voglio dire che il denaro (comprensivo di tutti gli strumenti finanziari-monetari) è lo strumento del potere e del dominio, il simbolico sociale, che gli agenti strategici accumulano in maniera diversa nelle diverse sfere sociali (economica, finanziaria, politica, culturale, eccetera) per il conflitto finalizzato all’egemonia nella società: il detto siciliano u comannari è megghiu du futtiri racchiude bene il significato profondo del potere.

2.L’importanza delle risorse energetiche nel ciclo economico e nelle strategie geopolitiche nella fase multicentrica: i) l’aumento dei prezzi ha diverse sfaccettature (economiche, finanziarie, politiche, geopolitiche, geografiche e territoriali) che non possono essere ridotte alla sfera finanziario-monetaria (sia pure importante se letta come strumento di conflitto tra agenti strategici) ma al conflitto tra nazioni-potenze per l’egemonia mondiale, ii) l’aumento dei prezzi delle risorse energetiche che hanno dato il peso specifico nel processo inflazionistico non è dato solo dalla speculazione della borsa di Amsterdam (Domenico De Simone, Il Price cap e le facce di tolla, www.sinistrainrete.info ,11/9/2022), ma va visto come una accelerazione strumentale di riconversione economica verso l’uso delle fonti rinnovabili e la chiusura dell’uso delle fonti fossili (il processo di transizione ecologica) ben sapendo che le fonti rinnovabili non sono mature e competitive (nella logica del modo di produzione capitalistico!) e necessitano di una lunga fase di transizione basata ancora sulle fonti fossili classiche (soprattutto il gas naturale): qui si inserisce la stupidità e la servitù europea nell’agevolare il gas naturale liquefatto (GNL) statunitense (la cosiddetta “rivoluzione dello shale” ovvero l’innovazione tecnologica che ha permesso lo sfruttamento con profitto dei giacimenti di idrocarburi contenuti nelle rocce di scisto prodotto con tecniche di distruzione ambientale oltre ad essere il suo utilizzo di difficile e pericolosa gestione sul territorio) a scapito di quello naturale russo, che è più economico, a causa delle strategie di aggressione statunitense, via Nato-Ucraina, alla Russia; iii) il velare il fatto che il sistema, a modo di produzione capitalistico, userà, fino a quando le merci energetiche saranno competitive, le fonti fossili storiche (carbone, petrolio, gas) così come sta avvenendo ora da parte di tutti i Paesi che si adoperano (sic) per la transizione ecologica basata sulle fonti di energie rinnovabili.

  1. L’attacco degli Usa (potenza in relativo declino) alla Russia e alla Cina (potenze in ascesa) con: il sabotaggio dei gasdotti Nord Stream (1 e 2); le stupide sanzioni alla Russia che hanno finito per massacrare l’economia europea invece di assestare un duro colpo all’economia russa così come si era raccontato da parte Usa; il sabotaggio del grande progetto cinese, di respiro mondiale, delle Vie della Seta; la preparazione dei dazi sulle merci cinesi in particolare acciaio e alluminio; la guerra Nato-Ucraina per indebolire e accerchiare definitivamente il territorio russo e la sua area di influenza; le strategie statunitensi nell’oceano Indo-pacifico per contrastare l’espansione cinese; la disgregazione finale dell’Unione Europea con la crisi economica (e non solo) che si prospetta a seguito della sua servitù volontaria alle strategie statunitensi nel contrastare e isolare la Russia.

 

I processi su menzionati sono innervati e trovano fondamento nel conflitto strategico tra le potenze, con i relativi centri che si andranno a consolidare o a costituire in nuovi poli nella fase multicentrica, ed hanno ricadute differenti nei vari Paesi per le peculiarità storiche diverse.

In conclusione per capire il ruolo dell’inflazione bisogna partire (cito dalla recensione a mò di premessa di Augusto Graziani al libro di Roberto Convenevole succitato) << […] dalla concezione del processo economico come processo ciclico […] l’inflazione ha una funzione specifica da svolgere nel meccanismo capitalistico, che è quella di alterare i prezzi relativi; lungi dall’essere un puro fenomeno nominale, essa assolve alla funzione delicata di redistribuire ricchezze e potere da un gruppo all’altro (mio grassetto, LL). Per l’analisi di questo punto fondamentale, Convenevole utilizza la distinzione marxiana tra fase della produzione e fase della circolazione (mio grassetto, LL). Ogni fase va analizzata separatamente nei suoi rapporti con l’inflazione. Nella fase della produzione […] i prezzi che contano sono da un lato i salari, che rappresentano il costo di produzione, dall’altro i prezzi all’ingrosso delle merci vendute […] Nella fase della circolazione […] i prezzi che contano sono da un lato i prezzi all’ingrosso delle merci […] e dall’altro i prezzi di rivendita al dettaglio. Infine, sempre nella fase della circolazione, i lavoratori impiegano il proprio reddito per l’acquisto di beni finiti; qui, i prezzi che contano sono i salari da un lato, i prezzi al consumo dall’altro. […] L’analisi dei prezzi relativi consente di stabilire in che misura l’inflazione effettui una redistribuzione del reddito, e come di conseguenza essa non sia mai neutrale. La mancanza di neutralità discende direttamente dal modo in cui il meccanismo capitalistico funziona, e per rendersene conto non occorre invocare i complicati alambicchi della moneta interna ed esterna, e dei loro rapporti quantitativi reciproci. E, quel che più conta, gli effetti redistributivi dell’inflazione non appaiono nemmeno come risultato di attriti casuali o di imperfezioni del mercato, bensì come fattori sistemici, insiti nel meccanismo capitalistico. (grassetto mio, LL) >> (pp. XLIX-L).

 

 

 

IL CONTROLLO DELL’INFLAZIONE PER LA BCE VIENE PRIMA DELLA PACE FRA I POPOLI

di Megas Alexandros (alias Fabio Bonciani)

 

L’articolo 2 dello Statuto del Sistema di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea (SEBC), solleva da ogni responsabilità chi presiede l’Istituto centrale di Francoforte, nel perseguire la pace e la prosperità dei popoli, ponendo l’obbiettivo del mantenimento della stabilità dei prezzi addirittura al di sopra della vita delle persone.

“Il diavolo si nasconde nei dettagli”, recita un antico proverbio – ed è proprio andando a scovare ed analizzare i dettagli, su cui è stato costruito il progetto predatorio di quella che è oggi l’Unione Europea – ideato dalle élite globaliste – che ritroviamo distintamente lo spirito “diabolico” che giusto appunto, ha caratterizzato l’idea di unire i popoli europei. Una unione monetaria presentata ai popoli stessi, dai suoi più che interessati ideatori, lastricando di marmo le strade per quello che oggi ci appare sempre più chiaro, come l’inferno più profondo.

Il tema dell’inflazione e tutto quello che ad esso gira intorno e che oggi influenza in maniera determinante le nostre vite, è l’ennesima frode dottrinale con cui i poteri stanno manipolando la mente della gente comune, per non rendere loro chiara la verità su chi sono i veri responsabili delle immani sofferenze che stanno affrontando.

L’inflazione, un fenomeno che come vedremo è strettamente generato e connesso all’azione dell’uomo, il cui controllo, viene addirittura messo come obiettivo prioritario all’interno del mandato che i governi dei paesi membri – oggi di tutta evidenza non più di espressione democratica – hanno conferito alla Banca centrale europea.

Ovvero niente è più importante del controllo del livello dei prezzi; tanto da rendere norma scritta che l’agire di chi siede sulla poltrona di governatore a Francoforte, di fronte al comparire dell’inflazione, non debba essere caratterizzato dalla ben che minima pietà cristiana per le sofferenze, i fallimenti e le morti che incontri sulla strada del proprio mandato.

Mai parole più forti di quelle appena espresse, sono così giustificate nell’esporre quanto di deliberatamente delinquenziale, appare leggendo l’articolo 2 dello Statuto del Sistema di Banche Centrali e della Banca Centrale Europea (SEBC) – che recita:

Conformemente agli articoli 127, paragrafo 1 e 282, paragrafo 2, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, l’obiettivo principale del SEBC è il mantenimento della stabilità dei prezzi. Fatto salvo l’obiettivo della stabilità dei prezzi, esso sostiene le politiche economiche generali dell’Unione al fine di contribuire alla realizzazione degli obiettivi dell’Unione definiti nell’articolo 3 del trattato sull’Unione europea. Il SEBC agisce in conformità del principio di un’economia di mercato aperta e in libera concorrenza, favorendo un’efficace allocazione delle risorse, e rispettando i principi di cui all’articolo 119 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. [1]

Se avete letto bene: fatto salvo l’obbiettivo della stabilità dei prezzi, ovverosia dopo aver pensato all’inflazione, la BCE può anche pensare a sostenere le politiche economiche generali dell’Unione e per la precisione gli obbiettivi che vengono indicati nell’articolo 3 del trattato sull’Unione europea (TUE).

Bene, allora andiamo a vedere quali sono i principali obbiettivi, indicati appunto nel TUE [2], che per coloro che hanno ideato questa unione, vengono dopo il controllo dell’inflazione, nella scala delle loro priorità promuovere la pace, i suoi valori e il benessere dei suoi popoli; lo sviluppo sostenibile dell’Europa, basato su una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un’economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente;

il progresso scientifico e tecnologico; combattere l’esclusione sociale e le discriminazioni e promuovere la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore.

Sì, avete compreso bene! tutti questi obbiettivi possono essere perseguiti, dal SEBC (e quindi dalla BCE), solo se non compromettono l’obiettivo di controllo dell’inflazione.

Perfino la guerra è consentita nel nome del “Dio inflazione”. E direi che il principio sia ampiamente rispettato, stante gli eventi che stiamo vivendo.

A questo punto, non ci rimane che andare a vivisezionare in ogni suo aspetto quello che rappresenta nella realtà il fenomeno dell’inflazione, visto che per molti ancora, inconsapevolmente rappresenta il terrore assoluto e per chi ci comanda addirittura una priorità da anteporre alla pace nel mondo.

Quando in economia si parla di inflazione, si indica l’aumento prolungato del livello medio generale dei prezzi di beni e servizi in un determinato periodo di tempo, che genera una diminuzione del potere di acquisto della moneta.

Intanto dobbiamo premettere che l’inflazione è un fenomeno strettamente collegato e connesso alla presenza nel mondo della moneta, senza la quale il fenomeno stesso non esisterebbe. E quindi, di conseguenza, il livello dei prezzi e quindi l’inflazione non può che essere deciso da colui che è il monopolista della moneta e che per logica spende per primo. [Al riguardo per chi fosse interessato ad approfondire consiglio la lettura dell’ultimo “framework” che Warren Mosler ha redatto in merito all’analisi del livello dei prezzi e dell’inflazione]

Sto parlando del governo di un paese che, nell’esercizio esclusivo della funzione di politica fiscale ad esso demandato, è fattualmente l’unico soggetto che può immettere la moneta nel sistema economico, attraverso la spesa pubblica. Di conseguenza pare chiaro che solo e soltanto attraverso l’azione dei governi si possa regolare tale fenomeno.

Anche se le cause che possono scatenare l’inflazione possono essere diverse, i rimedi devono essere sempre ricercati nella politica fiscale dei governi e non altrove. Sia che si tratti di inflazione da eccesso di domanda generata da circostanze endogene al paese, quale potrebbe essere un forte surriscaldamento dell’economia, dovuto ad una spesa eccessiva da parte del governo in condizioni di piena occupazione e di scarsità di risorse reali, sia che si tratti di inflazione da scarsità di offerta o proveniente da cause esogene quali il caro-prezzi energetico attuale, non esiste altro rimedio che correre ad aggiustare la politica fiscale da parte dei governi.

Mentre pare abbastanza chiaro che in caso di inflazione da eccesso di domanda in pieno boom economico, dove la gente si ritrova ad avere molti più soldi rispetto ai prodotti da acquistare, il governo debba immediatamente procedere a raffreddare l’economia attraverso politiche fiscali restrittive. Quello che invece oggi a molti non è chiaro, è come si debba affrontare il fenomeno inflattivo in corso di matrice esogena, scatenato da una vera e propria azione speculativa nel settore pressoché monopolistico dell’energia. Fenomeno che per molti paesi come il nostro, la cui economia versa in stato recessivo, assume i contorni ancora più drammatici della stagflazione.

Anche in questo caso è chiaro che il fenomeno ha origine dalla mancata azione dei governi, che rinunciano volutamente a porre un freno all’azione di chi gestisce nel paese in regime di monopolio il suddetto settore. Basterebbe che il governo imponesse un tetto al prezzo di rivendita all’interno del paese stesso (e non al produttore come desidera Mario Draghi) ed il fenomeno sarebbe già sotto controllo. Perché come ben sappiamo, il problema energetico non è alla fonte, ovvero non manca la materia prima o chi ce la fornisce, ma i nostri governi compiacenti hanno messo in mano le nostre vite ai diavoli della finanza speculativa, consentendo loro di fare il prezzo del gas in base alle loro scommesse e di conseguenza, alle compagnie energetiche di conseguire profitti colossali succhiando il sangue delle famiglie e delle imprese che vivono nel nostro sistema economico.

Il monopolista della moneta, in extrema ratio, per salvare il proprio sistema economico e la propria gente, sarebbe persino in grado di operare all’interno delle propria politica fiscale, nella direzione di una totale nazionalizzazione di un settore vitale come è appunto quello dell’energia. Ed addirittura fornire energia al proprio popolo sottocosto o a costo zero, qualora la situazione lo richiederebbe.

E dopo aver visto chi è il responsabile unico nel bene e nel male del fenomeno inflattivo ed accertato che lo stesso soggetto è colui che può facilmente gestire e regolare il fenomeno stesso, ditemi voi se esiste una sola ragione al mondo, eccetto che quella diabolica, di anteporre il controllo dei prezzi alla pace tra i popoli!

Se andiamo oltre nella nostra analisi, possiamo facilmente comprendere, che non solo viene data alla BCE questa “folle” priorità da anteporre su tutto e tutti, ma allo stesso tempo c’è la piena consapevolezza che la stessa sia impossibilitata a rispettare tale mandato, proprio perché priva di quello strumento essenziale che abbiamo visto essere la politica fiscale istituzionalmente demandata ai governi.

Più volte, nei miei articoli, ho evidenziato come le sole politiche monetarie delle banche centrali non abbiano la minima possibilità di far affluire moneta aggiuntiva all’interno del settore privato. Un esempio su tutti sono le famose operazioni di Quantitative easing, con le quali gli istituti centrali emettono moneta per acquistare titoli di stato dal settore privato. Un “partita di giro” che di fatto per banche e privati equivale a giro-contare i propri risparmi da un conto di deposito (titoli di stato) ad un conto di riserva (conto corrente) e niente aggiunge alla capacità di consumo da parte del settore.

Qualcuno potrebbe obiettare che le banche centrali possono aumentare la massa monetare all’interno dell’economia reale attraverso le operazioni di prestito al sistema bancario (i famosi programmi TLTRO), che a sua volta poi presterebbe ai privati. Sì, questo è vero, ma sul punto dobbiamo fare due essenziali considerazioni: primo che trattasi di prestiti e quindi “moneta credito” e secondo che il sistema bancario opera in modo ciclico all’interno del settore privato e con le medesime logiche di redditività; quindi presta solo e soltanto se è certo di avere indietro i propri soldi ed in una economia in stato recessivo, come abbiamo visto, le banche non prestano. Oltre al fatto che non possiamo avere la folle credenza e pretesa che l’economia possa svilupparsi eternamente in modo ciclico a debito. La stessa moneta credito esiste per logica, se a monte c’è stata una precedente creazione di riserve nette da parte della banca centrale, introdotte poi nel sistema economico dagli stati attraverso la spesa pubblica.

Lo stessa facoltà che viene conferita alle banche centrali di poter decidere i tassi di interesse, non serve a niente per fronteggiare i fenomeni inflattivi se non supportata dalla politica fiscale dei governi. Questo, al netto del fatto, che oltretutto molti banchieri centrali nel fronteggiare l’inflazione, sono usi ad interpretare la politica dei tassi al contrario. Ovvero, erroneamente alzano i tassi all’apparire dell’inflazione, come stanno facendo adesso, sia la Fed che la BCE. Cosa che di fatto contribuisce ad aggravare la situazione, soprattutto per quelle economie che si trovano ad affrontare il fenomeno in stato recessivo.

Pagare tassi più alti è di fatto una scelta di politica fiscale e non monetaria, che di per sé è una misura inflattiva, poiché aggiunge capacità di spesa nell’economia (si percepiscono maggiori interessi). Certo l’evolversi inflattivo di tale misura dipende dalla sua interconnessione con lo stato dell’economia del paese che l’adotta, da come è distribuito il risparmio e dalle altre misure di politica fiscale che il suo governo mette in atto.

Quindi ricapitoliamo, la BCE ha come obbiettivo primo ed assoluto il controllo del livello dei prezzi, ovvero fino alla fine del mondo dovrà combattere con ogni sua forza contro l’inflazione, anche se questo dovesse comportare la morte economica e fisica del pianeta. Insomma, usando una metafora, il Governatore della BCE, ha il diritto di gettare a mare ogni passeggero che trasporta pur di salvare una nave che si chiama inflazione. E nel seguire tale folle e delinquenziale mandato, è addirittura ben cosciente che non potrà mai raggiungerlo, proprio perché non ha gli strumenti per farlo.

Se non è diabolico questo, ditemi voi cosa altro lo è!

E che Satana potrebbe veramente aver preso dimora fissa in questa Europa, lo dimostra il fatto che gli Statuti di altre banche centrali, perfino del mondo occidentale (compresa la Fed), almeno, lasciano loro libere di decidere discrezionalmente se privilegiare l’obiettivo di controllo dell’inflazione o altri obiettivi, come l’incremento dell’occupazione e la crescita economica. [3]

 

Note:

[1] Wayback Machine (archive.org)

[2] Art. 3 Trattato sull’Unione europea — Europedirect (assemblea.emr.it)

[3] Banca centrale europea – Wikipedia