PRESCRIZIONE E FINE DELLE GARANZIE COSTITUZIONALI, di Augusto Sinagra
PRESCRIZIONE E FINE DELLE GARANZIE COSTITUZIONALI
Il rifiuto di una realtà folle porta a negare quella realtà ma la realtà esiste per come è.
Mi riferisco alla riforma della prescrizione in materia penale e ho riflettuto a lungo.
La conclusione è che l’ignoranza unita ad un giustizialismo forcaiolo è un mix esplosivo.
Anche questa demenziale e criminale riforma del regime della prescrizione sarà sanzionata dalla Corte costituzionale (se la Corte non decide, viceversa, di fare la manutengola di una falsa democrazia e di una falsa legittimità, ma non lo penso).
L’ignoranza è indubitabilmente quella dei seguaci del guitto genovese. Il giustizialismo forcaiolo è quello di Piercamillo Davigo, il Saint-Just dei rigatoni alla carbonara, per riprendere in parte una felice espressione di Marcello Veneziani.
Il soggetto in questione, all’apice di un contorsionismo argomentativo, è giunto ad affermare in sostanza che è meglio un innocente in carcere che un colpevole in libertà.
Signori, questo fa il giudice ed è pure Consigliere al CSM!
Gli ha fatto eco il DJ di Castellammare del Golfo che, ha affermato che non ci sono innocenti in carcere. La figlia di Enzo Tortora ne sa qualcosa!
Signori, questo fa il Ministro della Giustizia. E mi ha fatto veramente senso sentirlo sproloquiare all’inaugurazione dell’anno giudiziario a Roma.
Già i processi penali e civili in Italia sono eterni. Ricordo che quando facevo il giudice fino al 1980 era ancora presente nei fascicoli giudiziari la carta bollata con i Fasci Littorii. Cioè ancora dopo 35 anni.
L’eliminazione della prescrizione in materia penale, salvo che l’imputato venga assolto in primo grado, significa che esso tale potrebbe rimanere – cioè condannato – fino alla sua morte! E nessuno osi dire che i giudici lavorano in misura corrispondente allo spropositato stipendio che percepiscono. Non è vero. E lo sanno tutti: con questa riforma la già inesistente corrispondenza si tramuterà in una forbice aperta.
Questa demenziale riforma non solo contrasta con l’art. 6 della Convenzione di Roma del 4 novembre 1950 relativo alla “ragionevole durata” del processo come diritto fondamentale dell’individuo (Convenzione che la Corte di Cassazione ritiene di rango “paracostituzionale”) ma contrasta altresì con l’art. 111 della Costituzione che riproduce il citato art. 6 della Convenzione.
Io non ce l’ho con il figlio di Bernardo Mattarella. Anzi, avverto nei di lui confronti un sentimento di umana comprensione nel constatare come egli non sia libero nelle sue decisioni e dunque non possa essere arbitro.
Ma non posso pensare che egli, pur nella sua discutibile competenza in materia giuridica, non si sia reso conto e dunque sia stato consapevole di avere promulgato, con la sua firma, una legge non solamente ingiusta ma incostituzionale.
Perché lo abbia fatto non lo so. È un problema che riguarda la sua coscienza, non il Popolo italiano che di lui ha già preso le giuste “misure”.
AUGUSTO SINAGRA