10 settembre, una rivoluzione dirottata dall’estrema sinistra?
Il 10 settembre, molti credevano in una rivoluzione come quella dei Gilet Gialli. Fingevano di non capire che Mélenchon era lì per distruggerla.
Il movimento del 10 settembre non è una semplice manifestazione di malcontento sociale; rappresenta una convergenza strategica tra una protesta sociale diffusa, nata online, e una forza politica populista altamente organizzata. Jean-Luc Mélenchon e La France Insoumise (LFI) si sono deliberatamente posizionati come l’unico legittimo “sfogo politico” della rabbia popolare, capitalizzando sulla profonda sfiducia pubblica nelle istituzioni consolidate. Questo movimento funge da crogiolo in cui una visione politica conflittuale e antisistema si scontra con un approccio più tradizionale e istituzionale alla protezione sociale. L’analisi rivela una crisi profonda e irrisolta della democrazia francese, dove la protesta di piazza si sta trasformando in leva politica per una forza che cerca di rimodellare il panorama politico al di fuori delle strutture convenzionali.
Il movimento del 10 settembre, un crogiolo di rabbia
Il movimento del 10 settembre è nato in modo non convenzionale, a seguito di appelli anonimi lanciati sui social media. Un canale specifico, “Indignons-nous”, che ho menzionato in un articolo “riservato” su Substack , ha rapidamente riunito migliaia di membri. Questa mobilitazione iniziale è stata una reazione diretta agli annunci di misure di austerità di bilancio da parte del governo di François Bayrou, tra cui l’eliminazione dei giorni festivi, la riduzione dei permessi retribuiti e delle franchigie mediche.
Il movimento ha acquisito slancio in un clima politico caratterizzato da una diffusa sfiducia. Un sondaggio Ipsos ha rivelato che una piccolissima minoranza della popolazione francese percepisce il Presidente Emmanuel Macron e il Primo Ministro François Bayrou come capaci di fornire soluzioni efficaci ai problemi del Paese, con punteggi rispettivamente del 14% e del 10%. Questa diffusa sfiducia fornisce terreno fertile per la mobilitazione populista.
In questo contesto, Jean-Luc Mélenchon e La France Insoumise (LFI) hanno adottato un approccio strategico e offensivo. Lungi dal limitarsi a “unirsi” alla protesta, hanno cercato di trasformarla in un ” blocco generale” e in uno “sciopero generale “. L’obiettivo immediato di LFI è aumentare la pressione sugli altri partiti di sinistra affinché votino una mozione di censura contro il governo Bayrou. L’ambizione a lungo termine è quella di costringere Emmanuel Macron alle dimissioni o al licenziamento, secondo le dichiarazioni pubbliche di diverse personalità del partito.
Il movimento è nato da un appello iniziale da parte di gruppi online che sostengono la “sovranità” e la “cospirazione”. La decisione di LFI di sostenere e guidare questo movimento costituisce un’importante manovra strategica. Rappresenta una riformulazione politica di una protesta inizialmente diffusa, potenzialmente legata ai movimenti di destra, in un evento centrale di protesta di sinistra, anti-austerità e antigovernativa. Abbracciando questa iniziativa, Jean-Luc Mélenchon la legittima come autentica espressione di rabbia popolare, consentendogli di espandere la sua base politica e di canalizzare un malcontento che trascende le tradizionali appartenenze politiche. Questa è l’essenza stessa della sua strategia populista: trovare il “popolo” lì dove si trova e offrirgli una narrazione politica unitaria.
Jean-Luc Mélenchon e la logica populista dell’“offerta di uno sfogo”
La retorica di Jean-Luc Mélenchon è un perfetto esempio di comunicazione populista. Rifiuta esplicitamente il termine “recupero” – che implica opportunismo politico – e sceglie di caratterizzare l’impegno del suo partito come un contributo al rafforzamento della lotta, “offrendole uno sbocco”. Questa formulazione è al centro della logica populista. Il partito politico non è presentato come una forza esterna che cerca di trarre profitto da un movimento, ma come l’emanazione organica e la voce politica della volontà popolare. La struttura atipica de La France Insoumise, che non è un partito politico classico ma una rete di gruppi di sostegno locali, si adatta perfettamente a questa strategia. Permette al movimento di apparire decentralizzato e spontaneo, pur essendo guidato centralmente da Jean-Luc Mélenchon e dalla sua squadra.
Il posizionamento politico di Jean-Luc Mélenchon è diverso da quello dei populismi di destra. Gli estratti della ricerca distinguono chiaramente tra populismi di sinistra, che si dichiarano internazionalisti e si oppongono al liberalismo economico, e populismi di destra, che affondano le radici nel nazionalismo e nell’ordoliberalismo. Questa distinzione consente a Mélenchon di concentrarsi sui temi della protezione sociale e dell’uguaglianza come pilastri del suo progetto politico, collocandosi così in una tradizione di sinistra.
L’approccio dell'”offerta di uno sfogo” rivendica una nuova forma di egemonia politica. Dichiarando che il movimento ha bisogno di uno “sfogo” che solo LFI può fornire, Jean-Luc Mélenchon si pone come leader essenziale della protesta sociale. Questo approccio aggira le tradizionali vie di dialogo con i sindacati e gli altri partiti di sinistra, che sono diffidenti nei confronti della mobilitazione. Il Raggruppamento Nazionale, ad esempio, non ha emanato alcuna istruzione ufficiale per la partecipazione, temendo eccessi. Gli Ecologisti (EELV) sono stati cauti, mettendo in guardia contro qualsiasi tentativo di “cooptazione”. L’approccio audace di Mélenchon gli permette di presentarsi come l’unico partito in ascolto del popolo, rafforzando la narrazione del confronto tra “popolo” ed “élite”.
La cooptazione di un movimento con potenziali origini di estrema destra da parte di una forza populista di sinistra rivela una più profonda convergenza strutturale del malcontento in Francia. Sebbene le soluzioni proposte dai due schieramenti differiscano radicalmente, condividono un terreno comune: una diffusa sfiducia nell’establishment politico e un senso di abbandono da parte delle “élite”. Il movimento del 10 settembre illustra perfettamente questa convergenza, dove la rabbia anti-istituzionale può essere plasmata e indirizzata dalla forza politica più agile disposta a rivendicarla. La principale battaglia politica non è quindi più solo tra sinistra e destra, ma tra populismo e istituzionalismo, con i populisti che si contendono la stessa base di elettori e manifestanti indignati.
Supporto frammentato: un’analisi sociologica e politica
Un’analisi del sondaggio Ipsos rivela un significativo divario socioeconomico e generazionale all’interno dell’opinione pubblica. La maggior parte del sostegno al movimento proviene da professionisti di medio livello (56%), impiegati (57%) e operai (50%). Al contrario, i manager (40%) e, più specificamente, i pensionati (32%) mostrano un sostegno molto inferiore, e un’opposizione ancora più forte rispetto a quest’ultimi.
Il sostegno al movimento è frammentato sia a livello politico che sindacale. Mentre LFI e alcune federazioni sindacali come la CGT e Sud-Rail hanno pienamente aderito alla richiesta di uno “sciopero generale”, altri attori politici e sindacali rimangono cauti o divisi.
Il Raggruppamento Nazionale non ha dato istruzioni ufficiali, temendo “eccessi”, mentre gli Ecologisti hanno sostenuto la mobilitazione, mettendo in guardia contro lo “sfruttamento politico”. Il Raggruppamento Nazionale, da parte sua, ha dichiarato che i suoi membri ed elettori erano liberi di fare ciò che volevano, pur temendo eccessi.
I dati dell’indagine Ipsos non sono una coincidenza. Sono un chiaro sintomo delle profonde divisioni di classe e generazionali in Francia. I gruppi che sostengono maggiormente il movimento sono quelli più vulnerabili all’insicurezza economica e ai potenziali tagli di bilancio che il piano di austerità del governo Bayrou potrebbe comportare. Il loro sostegno è una risposta razionale alla percezione di minacce economiche dirette. Al contrario, un gruppo finanziariamente più stabile, come i pensionati, potrebbe temere i disagi che uno “sciopero generale” potrebbe causare ed è quindi meno propenso a sostenere un movimento che potrebbe considerare destabilizzante.
La posizione cauta di altri attori sindacali e politici evidenzia il rischio strategico di allinearsi a un movimento cooptato da un’unica forza politica dominante. L’iniziale esitazione di alcuni sindacati ad aderire alla convocazione di uno sciopero generale riflette la preoccupazione di prestare il proprio peso istituzionale a un movimento il cui obiettivo finale non è solo il cambiamento sociale, ma anche un esplicito cambio di regime politico (l’uscita di scena di Bayrou e Macron). La strategia ad alto rischio di LFI è progettata per aggirare il processo, spesso macchinoso, del consenso intersindacale e interpartitico, rendendola uno strumento di mobilitazione altamente efficace, seppur controverso.
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Dopo settimane, forse addirittura mesi, di attesa per vedere quale sarebbe stata la strategia di Trump per sfuggire alla “scadenza” russa che lui stesso si era imposto e nella quale si era cacciato, finalmente abbiamo ottenuto la risposta.
Trump sembra aver astutamente superato l’Europa e averle passato la palla, sfidando gli europei a mettere mano al portafoglio:
Traduzione: “Imporrò sanzioni alla Russia non appena voi farete qualcosa che so essere impossibile da fare.”
Trump ha messo l’Europa in una situazione di zugzwang, condizionando le sue azioni alla scelta da parte dell’Europa tra due posizioni ugualmente fatali: se l’Europa interrompe completamente i suoi acquisti “indiretti” di petrolio russo “ombra” e impone tariffe doganali alla Cina, l’economia europea, già in crisi, crollerà. Se l’Europa si rifiuterà di farlo, Trump continuerà lo status quo del minimo indispensabile nel sostegno all’Ucraina, dando essenzialmente carta bianca alla Russia per annientare l’Ucraina, il che è altrettanto politicamente disastroso per l’Europa quanto la prima opzione.
Con questa mossa, Trump è riuscito, almeno per ora, a districarsi dalla situazione di stallo, superando in astuzia sia i critici che i neoconservatori, che ora non possono più accusarlo di “favorire la Russia”. Trump avrà ora una scusa pronta e plausibile da opporre loro: “Perché dovremmo impegnarci in tali sanzioni quando l’Europa si rifiuta di venirci incontro? Dopotutto, è la loro guerra”.
Nonostante tutti i suoi recenti fallimenti, dobbiamo ammettere che quest’ultima mossa sembra essere molto efficace. Tuttavia, il neocon deep state è immediatamente entrato in azione. Il presidente Mike Johnson ha affermato che le sanzioni contro la Russia sono “attese da tempo” e che “il Congresso è molto favorevole”.
Il sempre subdolo Lindsey Graham ha fatto un passo in più nel tentativo di imporre un pacchetto di sanzioni inserendolo in un disegno di legge sul finanziamento federale:
Ovunque ti giri, la classe dirigente globale sta facendo del suo meglio per alimentare il conflitto, dipingendo la Russia come una minaccia proveniente dall’esterno che incombe su tutta la civiltà.
Il recente allarme polacco sui droni è stato smentito, poiché anche il ministro degli Esteri polacco Sikorski ha ammesso che nessuno dei droni era dotato di testate:
Il ministro degli Esteri polacco Sikorski ha confermato che gli UAV che sono entrati nello spazio aereo del Paese non erano equipaggiati con esplosivi.
Ci hanno messo troppo tempo a risolvere il “mistero” delle esche utilizzate per scaricare la difesa aerea in Ucraina.
Anche Lyin’ Wonder Von der Leyen è stata punita per il suo tentativo fallito di inganno:
I fanatici soldati semplici erano in piena ebbrezza, facendo tutto ciò che era in loro potere per alimentare paure e aumentare le tensioni, senza alcun risultato:
I cittadini polacchi hanno continuato a smascherare e persino a ridicolizzare l’assurda “paura dei droni”:
Il primo ministro polacco Donald Tusk è stato persino costretto ad ammettere che nel suo Paese sta esplodendo un’«ondata di sentimenti filo-russi», ma che come sempre è orchestrata dal «Cremlino». Egli ritiene che il «ruolo» dei politici sia quello di imporre uno «stop» artificiale e antidemocratico a questa naturale ondata di sentimenti civici, piuttosto che rispondere a ciò che vogliono gli elettori:
Caspita, pensavo che il ruolo dei politici fosse quello di rappresentare le opinioni popolari della gente, piuttosto che reprimerle quando si scontrano “inopportunamente” con le “indicazioni dall’alto” che i politici ricevono dai loro donatori aziendali e dai loro finanziatori.
L’articolo ammette che alcuni paesi europei non meglio identificati stanno già adottando misure di ritorsione segrete contro la Russia, molto probabilmente sotto forma di terrorismo occulto, come sempre:
Alcuni governi stanno già reagendo in segreto agli attacchi nella zona grigia, in particolare i paesi più vicini alla Russia che sono costantemente oggetto di attacchi ibridi.
“Stiamo adottando misure importanti per rafforzare la nostra resilienza”, ha dichiarato il ministro della Difesa svedese Pal Jonson in un’intervista. “E naturalmente stiamo anche facendo in modo di rendere le cose difficili alla Russia, soprattutto sostenendo anche l’Ucraina”.
Di cosa potrebbe trattarsi? Beh, per prima cosa si parla di «paesi particolarmente vicini alla Russia», che possiamo immediatamente supporre siano gli Stati baltici. L’unica domanda è: quali azioni segrete stanno intraprendendo?
Anche in questo caso la risposta potrebbe essere semplice: probabilmente per facilitare vari attacchi terroristici ucraini, come quelli avvenuti di recente. Ad esempio, ci sono state molte speculazioni sui recenti attacchi con droni contro basi e raffinerie russe nell’estremo nord, che sembravano provenire da uno dei paesi baltici. Tra questi vi è stato un attacco contro una nave a Primorsk:
Che si trova proprio qui:
Così come i colpi ancora più a nord, a Murmansk, che sembrano improbabili che abbiano avuto origine dall’Ucraina vera e propria.
Come sempre, agli europei non resta altro che un’escalation insensata e trascinare i loro paesi logori nell’abisso. Pochi giorni dopo il crollo del governo francese, Fitch ha abbassato il rating creditizio della Francia:
Nel frattempo, il Regno Unito ha assistito a quella che è stata definita la più grande manifestazione di destra della storia, con centinaia di migliaia di partecipanti, se non di più, a seconda delle fonti.
Le notizie dal fronte sono state relativamente scarse nell’ultima settimana, anche se negli ultimi giorni si è registrata una nuova accelerazione con una serie di avanzate russe su diversi fronti.
Uno dei più notevoli è stato quello di Kupyansk, dove anche fonti ucraine hanno ammesso che i russi hanno nuovamente utilizzato un’operazione segreta tramite condutture per attraversare il fiume Oskol e assaltare il centro di Kupyansk.
Dal canale DeepState affiliato all’AFU:
Sono emerse immagini delle truppe russe che uscivano da uno dei condotti:
Un altro video mostra alcuni russi con dei carrelli speciali sui quali viaggiano attraverso il tubo, come descritto sopra da DeepState. Nella seconda parte del video si vede che i russi avrebbero persino scoperto del filo spinato a fisarmonica inserito nel tubo dagli ucraini per impedire il loro passaggio:
Infatti, già da tempo i russi stanno sviluppando dispositivi e marchingegni sempre più avanzati per attraversare in modo più efficace tali condutture, al fine di ampliare queste operazioni in una sorta di MOS replicabile:
Quanto tempo ci vorrà prima che l’esercito russo abbia un proprio reparto ufficiale addetto alla manutenzione delle condutture?
La guerra dei gasdotti è ormai giunta al culmine e i meme abbondano:
Un articolo tratto da una fonte russa:
Fin dal mattino, il nemico ha scritto su tutti i suoi canali della scoperta di un passaggio sotterraneo, presumibilmente attraverso un gasdotto sotto il fiume Oskol vicino a Kupyansk. L’ingresso del tunnel, lungo circa 10 chilometri, si trova a Liman Pervy, sulla riva orientale, mentre l’uscita è nella zona di Radkovka, a nord-ovest di Kupyansk.
Secondo i dati disponibili, la nostra fanteria impiega 4 giorni per attraversarlo. Il tunnel è dotato di aree per dormire e mangiare, ventilazione e, naturalmente, carrelli elettrici per spostare rapidamente le truppe d’assalto cariche.
Secondo Suriyak, negli ultimi giorni le forze russe si sono infiltrate nell’area ombreggiata e l’hanno trasformata interamente in una zona grigia, senza ancora un consolidamento completo, anche se le forze ucraine si stanno ritirando in gran parte:
A nord di Kupyansk sono state conquistate diverse nuove aree a ovest del fiume Oskol, verso il confine russo.
Uno dei fronti russi di maggior successo e in più rapida evoluzione è ora quello che va da Krasny Lyman fino alla zona di Seversk, appena a sud di Kupyansk, sul confine tra Kharkov, Lugansk e Donetsk. Qui le forze russe hanno iniziato sia ad accerchiare che a aggirare Shandryholove:
Oltre a conquistare gran parte di Zarichne e avanzare verso Lyman:
Le forze armate della Repubblica di Donetsk si trovano a meno di 7 km da Lyman.
Sono entrati negli insediamenti di Shandryholovye, Derylovoye, Seredjne e Karpovka. I combattimenti continuano qui, con alcuni di questi insediamenti sotto il controllo russo per almeno il 75%.
A ovest, gli insediamenti di Zarochnoye e Torskoye sembrano essere saldamente sotto il controllo russo. E nella foresta di Serebryanskoye continuano ad esserci importanti avanzamenti.
A Seversk le forze russe hanno fatto crollare la sacca della foresta di Serebriansky a nord e stanno avanzando a nord di Seversk, iniziando ad attaccare la periferia della città:
Ingrandendo l’immagine, vediamo che le DRG russe si sono infiltrate fino a nord di Seversk, anche se non è stato ancora stabilito un controllo saldo:
Sul fronte Pokrovsk-Mirnograd, secondo quanto riferito, le forze russe sarebbero avanzate fino alle prime case alla periferia di Mirnograd, anche se l’area è attualmente contrassegnata come “controllo debole” o zona grigia, poiché non vi sono ancora stati consolidamenti confermati:
Situazione sul fronte di Mirnograd: negli ultimi cinque giorni la situazione a est di Mirnograd è peggiorata per l’esercito ucraino. L’esercito russo ha intensificato gli attacchi e si sta avvicinando alle prime case della città. Al momento le forze ucraine impediscono il consolidamento delle conquiste russe grazie all’elevato possesso di droni in questa sezione.
Ci sono stati molti altri piccoli progressi, gran parte dei quali lungo il confine tra Donetsk e Dnipro, sulla vecchia linea di Velyka Novosilka. Molte aree su quel fianco occidentale hanno visto la conquista di nuovi territori, in particolare intorno a Berezove e Sosnovka:
Uno sguardo più da vicino, con insediamenti specifici catturati:
Situazione sui fronti di Velikomikhailovskaya e Huliaipole:
L’esercito russo ha assunto il pieno controllo delle località di Ternove e Obratne. Inoltre, durante l’ultima settimana le forze russe hanno conquistato una serie di posizioni tra Olhivske e Temyrivka.
Sulla linea occidentale di Zaporozhye, le forze russe hanno iniziato a respingere le truppe ucraine dalla città di Plavni, precedentemente conquistata, e a occupare parte di Stepnogorsk, il nuovo insediamento:
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Ultimi punti:
Quando Keith Kellogg ha visitato recentemente l’Ucraina, è nata una sorta di leggenda mitopoietica dall’osservazione che gli attacchi russi a Kiev sembravano essersi “interrotti” al suo arrivo. Lo stesso Zelensky ha scherzato dicendo che Kellogg è più prezioso del sistema Patriot e gli ha offerto la cittadinanza a vita per scherzo:
Lo stesso Kellogg ha dato vita con orgoglio a questo meme imbarazzante:
La cosa più interessante nella foto sopra è la statua del logo GUR di Budanov sullo sfondo, che raffigura una spada che trafigge la Russia:
In questa particolare rielaborazione, le parole scritte in tutta la Russia sono Країна рабів, che in ucraino significano: “Il paese degli schiavi”.
Kellogg in seguito raccontò eroicamente come gli ucraini avessero un vantaggio di 3:1 sul morale dei russi.
Se non parliamo solo in termini militari, sono stato in ospedali militari e ho incontrato personale militare, e il rapporto tra forza fisica e forza morale è di circa 1 a 3.
Il vantaggio morale degli ucraini rispetto alla Russia è quello che hanno nei loro cuori, il che è ovvio. …
L’Ucraina sopravviverà sicuramente e rimarrà uno Stato (secondo i video TikTok visti da Kellogg).
E se guardiamo alla resilienza delle persone, possiamo vedere come sarà il futuro”.
Ho visto degli ucraini nella metropolitana durante l’allarme, su TikTok o da qualche altra parte.
E non erano rannicchiati da qualche parte: no, stavano cantando con orgoglio l’inno nazionale.
Era unico.
E dimostra che l’Ucraina non può scomparire”, ha affermato Kellogg.
Dice che lui e il generale Caine condividono l’opinione che l’Ucraina stia vincendo la guerra.
Su questo punto, Arestovich ha recentemente espresso il suo disaccordo:
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“Non tradire mai i tuoi amici e tieni sempre la bocca chiusa.” – Jimmy Conway.
Le reti criminali traggono vantaggio dagli uomini onesti perché le loro azioni nefaste ricevono una parvenza di legittimità. Un volto allegro e affidabile attrae la folla e rende più facile la presentazione del prodotto, che si tratti di merce rubata o di una truffa di lunga durata. Il volto sorridente del venditore astuto gestisce il ristorante all’ingresso, mentre omicidi, furti e rapine avvengono sul retro, lontano dalla vista. Venite a vedere la merce, abbiamo esattamente quello che state cercando.
Anche gli incentivi non guastano. Bella macchina, bella famiglia, status, conoscenze e prestigio. Può esserci un pizzico di dubbio qua e là, ma quanto può essere grave in realtà? E comunque, non è che i detrattori siano moralmente irreprensibili. Non capiscono; hanno poca comprensione di come operano i veri protagonisti, gli adulti.
Eppure, c’è stata quella storia del tizio scomparso l’anno scorso. E come mai quell’edificio è stato bruciato in un momento così opportuno? Probabilmente c’è una spiegazione.
La rete più ampia sembra imperturbabile di fronte alle critiche esterne, forse irritata, ma non spaventata. Questo è rassicurante per il Volto perché trasuda fiducia e sicurezza. È giunto il momento di iniettare un po’ di equilibrio, di essere il mediatore, il tipo razionale consapevole di entrambe le parti, ma che non tradisce i suoi principi e la sua fede fondamentale nella rete. Apriamo un po’ le persiane e lasciamo entrare un po’ di sole, che metterà tutti a proprio agio.
Può così rimanere leale e intrattenere i critici che lo attaccano giorno e notte, accusandolo di essere una copertura per un impero criminale. Farà qualche domanda in pubblico. È tutto lecito.
Un brav’uomo in una situazione terribile, ignaro del fatto che non dovrebbe fare domande o lasciare entrare la luce del sole, ma fungere da baluardo. La sua onestà lo rende inattaccabile dai ricatti; non ci sono foto compromettenti o truffe immobiliari. A differenza di tanti altri, non ha le mani sporche di sangue.
Arrivano per offrirgli una parola tranquilla. Gli dicono che è complicato, che non deve preoccuparsi di quello che succede dietro le quinte, perché sta facendo un ottimo lavoro nel vendere il prodotto. Eppure, l’attore onesto non sa più veramente di cosa si tratta o come il pubblico ne tragga beneficio.
La sua popolarità e il suo fascino, un tempo così redditizi per la rete, ora lo rendono più una minaccia che un nemico esterno, perché si trova all’interno delle mura. Non la smette di parlare, non vede il senso, e flirtare con veri nemici in questo modo rischia di scatenare un effetto a cascata di affari interni che vengono presi di mira e la leadership viene coinvolta.
Bisogna affrontarlo. Ma chi ne pagherà la colpa? Beh, tutti quei lunatici sbruffoni e bigotti che tutti sanno essere i nostri veri nemici. Il fatto che i federali possano usare il casus belli per smantellare le reti che hanno schierato contro di noi è la polpetta sul sugo per la pasta.
1)l’ascesa cinese è da imputare a un grossolano errore strategico degli anglosassoni o è la spia del passaggio a oriente di LORSIGNORI?
R: Datosi il rapporto “simbiotico” tra “anglosassoni” e LORSIGNORI direi che è stato l’ errore di entrambi. Infatti sia il “predatore” che il suo “parassita” avevano progetti propri sulla Cina e hanno operato insieme e fallito insieme.
In ogni caso si è trattato di un errore grossolano, cosa apparentemente sorprendente datosi il LORO immensi mezzi di informazione ed elaborazione dei dati.
La Cina è un “mondo a se” che non può essere inquadrato secondo gli schemi con cui siamo inquadrati noi. E’ un mondo con cui si può pensare di collaborare ma non si può fagocitare. E’ la Cina che “digerisce” tutto.
Tantissimi anni fa la vecchia professoressa ( marxista) di etnologia di mia moglie, una persona seria come allora ancora esistevano , disse in aula che si era letta con molta attenzione il “libretto rosso” di Mao trovandovi “tanto Confucio con una spolverata di Marx”.
E anche la “rivoluzione culturale” di Mao che allora sembrò più internamente lacerante della destalinizzazione sovietica andrebbe oggi riconsiderata sotto un altro aspetto perché nella sostanza spazzò via la “vecchia classe rivoluzionaria “ evitando la sclerosi del partito che fu letale al PCUS..
Una bella differenza con il “ nostro” ‘68 con i nostri “maoisti” che agitando un libretto che forse non avevano nemmeno letto, puntavano solo a prendere “ sine arte nec studio” il posto dei loro professori , no ?.
In ogni caso alla Cina , non importava “il colore del gatto” ,lo scopo era “ scacciare i topi” che l’ avevano assaltata due secoli prima e la Cina ci è riuscita con il principio del “ chiodo scaccia chiodo” fino alla fine austutamente trattare con le “pantegana” per far capire al “ gatto rosso” che lui non gli era più necessario.
Ma perché “la pantegana” ci è cascata? Perché ha sovrastimato la forza di quella “ fascinazione” con cui stava già avvolgendo la Russia dimenticando che la “Cina è diversa”-
Nella sostanza si può considerare la cosa come un tentativo fallito da parte di un parassita di saltare su di un “animale” su cui non si era adeguatamente “specializzato” ,così con il solo risultato di averne rafforzato l’ apparato immunitario..
2)i tentacoli U$A non si diffusero iefficacemente in Russia, pare: fu una colossale dormita dei primi o tutta farina del sacco dei veri rappresentanti della seconda, non attratti dalle sirene occidentali?
R:Anche la Russia è un animale diverso da noi “occidentali” ma più esposto della Cina proprio a causa della “fascinazione”. Diciamo che mentre la Cina non si infetterà mai più , la Russa resta più debole e prende ciclicamente ” il raffreddore”.
La crisi de l’ URSS sostanzialmente dette campo libero a due opposte tendenze sempre presenti nel mondo russo : “l’ occidentalismo” e il ” patriottismo” ( non riesco a trovare una parola migliore) e che da sempre si combattono tra loro, spesso nello spirito della stessa persona e con risultati paradossali . Cita appunto Tolstoj in “guerra e pace” la memoria del governatore di Mosca del 1812 ( quello che probabilmente gli dette intenzionalmente fuoco) e che a me hanno tanto colpito da poterle riprodurre a memoria “ Sono nato tartaro e nobile dello Zar , ma per tutta la vita ho desiderato essere francese :parlavo francese , scrivevo in francese , mangiavo francese e adirittura pensavo in francese . Ma poi i Francesi sono venuti qui e ho capito che io in realtà era soltanto un russo “.
Questo contraddittorio mix di “ aspirazione” ed “identità” è presente quasi in ogni membro della elite russa ma è raro in quella cinese . E si può dire che in Russia sono le circostanze a fare emergere una su l’ altra o viceversa.
Ad esempio il “primo” Putin si deve catalogare come un “occidentalista” come allora lo era tutta l’ intera “mafia di Leningrado” che Sobciak si portò a Mosca nel 1997 e che adesso ancora siede nei posti apicali del Kremlino .
Diciamo quindi che nel 1992 gli “occidentalisti” presero il potere e ci fu un momento di catarsi in cui costoro si accorsero che “ in realtà erano soltanto russi”.
Quel momento fu l’ attacco NATO alla Serbia quando , come scrissi allora in usenet su it.politica internazionale le bombe NATO su Belgrado uccidevano anche gli “american boys” a Mosca.
Ma come si era conservato nel marasma degli Anni ‘ 90 il segreto delle armi sovietiche e il suo cuore Nucleare? Ovviamente sono stati quelli del GRU , questo “cuore zarista” della Armata Rossa ben descritto da Dughin ( suo padre ne era un generale) ma non solo .
C’ è infatti una naturale riservatezza in ogni russo ,anche nel più “ occidentalista” che lo spinge sempre a non confidare mai nulla di importante ad uno “ straniero” ( e figuriamoci poi i cinesi…).
Noi ad esempio non sapremo mai le dinamiche che hanno fatto emergere l’attuale dirigenza russa. Chi è Putin in realtà ? Forse un uomo del GRU infiltrato nel KGB nella eterna lotta tra “occidentalisti” e “euroasiatisti” come talvolta alluso da Dughin ? Ma perché lui e non il suo sodale e superiore Ivanov ?
3)arriverà uno zar coglione nei prossimi anni, secondo te?
Eheh .. Si gioca tutto su questo.
Putin certamente non lo è , ma purtoppo ciclicamente nella storia russa si nota un’ alternanza “buono”-”cattivo” tra i suoi zar.
Dicono che personalmente Putin non sia interessato troppo a fare lo “zar” e che sia costretto a farlo “ a vita” perché è “insostituibile”. Quando ad esempio lasciò le briglie a Medvedev costui ha sostanzialmente fallito e Putin è dovuto tornare di corsa.
Ma c’è un altro “putin” che si scalda in panchina ? Ci sono tante voci ma i suoi uomini migliori ( rogozin patushev, lavrov ) sono già invecchiati con lui e non potranno sostituirlo. Gli altri non mi piacciono , sono solo dei grigi funzionari spesso nemmeno tanto efficienti.
Il problema è che il Top di un elite è generalmente lo specchio de l’ elite sottostante. E come si seleziona questa elite ?
In “democrazia “ abbiamo visto che oramai si selezionano solo opportunisti “pigiabottoni”. Ma nelle “autocrazie” ? . La Cina pare abbia un sistema efficiente mettendo in concorrenza le varie “municipalità” e le diverse strutture “pubbliche” e dove solo chi mostra risultati validi accede al Politburo del Partito.
La Russia ha un analogo sistema basato sui governatorati e sul Parlamento ma non sembra così efficace. La differenza con la Cina probabilmente risiede anche in un più efficace sistema di punizione di chi danneggia lo stato abusando della propria posizione, una cosa che solo ora Putin ha cominciato a fare davvero.
Putin ha comunque detto che vuole passare il potere alla generazione forgiata dalla guerra , un’ ottima idea; non credo però ne abbia il tempo.
In conclusione, non c’ è ancora alcuna certezza che la successione a Putin non evolva poi in modo catastrofico quindi:
lunga vita a Putin!
Ne abbiamo tutti bisogno.
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È improbabile che la Russia rischi di mobilitare l’Occidente a favore di una no-fly zone sull’Ucraina mettendo in atto una provocazione deliberata contro la Polonia o anche solo effettuando una missione di ricognizione nello spazio aereo della NATO.
La Polonia ha affermato di aver abbattuto diversi droni russi mercoledì mattina che, secondo quanto riferito, avrebbero violato il suo spazio aereo durante gli ultimi attacchi su larga scala contro l’Ucraina. Ciò è avvenuto nel corso delle esercitazioni in corso tra Polonia, Lituania e NATO che coinvolgono 30.000 soldati polacchi e proprio alla vigilia delle imminenti esercitazioni Zapad 2025 tra Russia e Bielorussia. Alcuni sospettano quindi che si sia trattato di una provocazione deliberata da parte della Russia o di una missione di ricognizione fallita, ma potrebbe essere stato semplicemente a causa delle interferenze della NATO.
Recentemente è stato sostenuto che “La bufala su Von Der Leyen, il GPS e la Russia potrebbe nascondere qualcosa di più di un semplice tentativo di guadagnare punti nella guerra dell’informazione” dopo che la drammatica affermazione secondo cui la Russia avrebbe disturbato il segnale del suo aereo mentre tentava di atterrare in Bulgaria è stata smentita dalla stessa Sofia e dai media occidentali. La teoria alternativa avanzata era che questa falsa narrazione avesse lo scopo di giustificare le aggressive interferenze a Kaliningrad, anche se queste potrebbero essere dirette anche alla Bielorussia, dato che ospiterà le prossime esercitazioni Zapad 2025.
Tali interferenze potrebbero quindi aver causato la deviazione dei droni russi verso la Polonia durante gli ultimi attacchi su larga scala contro l’Ucraina. L’aggressiva interferenza dei segnali potrebbe anche precedere l’attuazione dei piani segnalati per l’imposizione di una no-fly zone su almeno una parte dell’Ucraina in relazione alle garanzie di sicurezza fornite dall’Occidente a quel Paese. Sebbene non sia affatto infallibile come le pattuglie sullo spazio aereo ucraino e l’autorizzazione ai Patriot della NATO a proteggere i suoi cieli, comporterebbe un rischio di escalation molto minore.
Inoltre, se la NATO si aspettava che i suoi segnali speculativi di disturbo – forse intensificati dopo la bufala di von der Leyen-GPS-Russia, che potrebbe essere stata programmata in modo da coincidere con le imminenti esercitazioni Zapad 2025 – avrebbero causato la deviazione dei droni russi dalla loro rotta, allora questo potrebbe essere parte di un’escalation premeditata. L’obiettivo potrebbe essere quello di raccogliere sostegno per la suddetta proposta di zona di interdizione al volo o addirittura avviare il graduale processo di attuazione della stessa con il pretesto della “difesa proattiva” alla luce di questo incidente.
A oltre 3,5 anni dall’inizio dell’operazione speciale, la Russia avrebbe ormai presumibilmente pianificato tutto ciò che potrebbe realisticamente seguire lo scenario di diversi suoi droni che attraversano il confine con la Polonia, con i responsabili politici quindi probabilmente consapevoli che ciò potrebbe essere sfruttato per portare avanti il piano della no-fly zone. La suddetta intuizione riduce di conseguenza le probabilità che si sia trattato di una provocazione deliberata o di una missione di ricognizione fallita, entrambe probabilmente condotte con forza per rendere più vantaggioso il rapporto costi-benefici.
Si tratta di una logica simile a quella recentemente condivisa in questa analisi qui, secondo cui la Russia probabilmente non ha preso di mira deliberatamente il palazzo del Consiglio dei Ministri a Kiev per evitare di alimentare il complotto sulla no-fly zone. Mentre quel particolare incidente potrebbe essere stato causato casualmente dai detriti di un drone, l’ultimo potrebbe essere stato pianificato in misura molto maggiore se, come ipotizzato, fosse stata effettivamente responsabile la interferenza della NATO. Resta da vedere, tuttavia, se la Polonia parteciperà a una zona di interdizione al volo sull’Ucraina come risultato.
Alcuni commentatori di entrambe le parti ritengono che ciò potrebbe portare alla terza guerra mondiale.
Le forze della NATO hanno intercettato direttamente i droni russi per la prima volta dall’inizio dell’operazione speciale, dopo che alcuni di essi avevano deviato verso la Polonia all’inizio di questa settimana. Questo incidente senza precedenti è probabilmente dovuto alle interferenze della NATO, come spiegato qui. Alcuni commentatori di entrambe le parti ritengono che ciò potrebbe portare alla terza guerra mondiale, ma si tratta di uno scenario inverosimile, poiché non è prevedibile che la NATO risponda con un bombardamento della Russia (anche solo di Kaliningrad) e/o della Bielorussia. I cinque esiti più probabili sono in realtà i seguenti:
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* La “linea di difesa dell’UE” diventa un “muro di droni”
La “ Linea di difesa baltica” e lo “Scudo orientale” della Polonia, noti collettivamente come “Linea di difesa dell’UE” che funge da nuova cortina di ferro, potrebbero presto essere dotati di capacità anti-drone all’avanguardia, come suggerito dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Ha parlato della creazione di una “Vigilanza del fianco orientale” che diventerebbe anche un “muro anti-drone”, cosa che gli Stati baltici desiderano da tempo, e ha senso espandere questo programma in entrambe le direzioni verso la Polonia e la Finlandia.
* La Polonia espande la propria influenza militare nei Paesi Baltici
Essendo il Paese ex comunista più popoloso e prospero dell’Europa centrale, che ha già costituito il terzo esercito più grande della NATO, la Polonia potrebbe facilmente espandere la propria influenza militare nella regione con il pretesto di “difendersi dalla Russia”. Il nuovo presidente Karol Nawrocki ha lasciato intendere durante l’estate che la “Iniziativa dei Tre Mari” sarebbe stata il mezzo per raggiungere questo obiettivo e ha persino dichiarato durante il suo ultimo viaggio in Lituania che “siamo responsabili dell’intera regione dell’Europa centrale, compresi gli Stati baltici”.
* Gli Stati Uniti ampliano la loro presenza militare in Polonia
* …Ma questo è tutto ciò che la sua risposta potrà fare.
Indipendentemente da ciò che accadrà nello scenario sopra descritto, la Polonia non farà ulteriori passi avanti, ad esempio inviando truppe in Ucraina, come ha escluso Nawrocki ruledout. Nonostante le speculazioni occasionali, la Polonia non ha piani revanscisti poiché non vuole essere responsabile di milioni di ucraini ultranazionalisti, che potrebbero anche scatenare un’insurrezione terroristica contro le sue truppe. Sta già valutando la possibilità di affittare terreni e porti per recuperare i propri aiuti e persino trarne profitto, quindi non c’è bisogno di correre tali rischi, compresa una guerra aperta con la Russia.
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Tutto sommato, si prevede che la Polonia eviterà la trappola della “mission creep” dopo l’incidente della scorsa settimana, avendo già concluso qualche tempo fa che i potenziali benefici di un ulteriore aumento del proprio coinvolgimento nel conflitto ucraino non valgono i rischi. Il massimo che la Polonia si aspettava di fare era ospitare elementi dello Sky Shield della NATO, ma la sua estensione all’Ucraina durante o dopo il conflitto bellico avverrebbe probabilmente solo se gli Stati Uniti fornissero alla Polonia garanzie di sicurezza, cosa a cui Trump non sembra interessato.
Bisogna riconoscere alla Polonia il merito di non essere caduta in questa trappola, che avrebbe potuto innescare una rapida sequenza di eventi che avrebbero potuto sfociare nella Terza Guerra Mondiale. Gli osservatori filorussi dovrebbero quindi ricalibrare le loro valutazioni sul suo approccio al conflitto ucraino alla luce di ciò.
L’ex presidente polacco Andrzej Duda ha rivelato in un’intervista all’inizio di settembre che Zelensky ha tentato di manipolare il suo paese per spingerlo in guerra con la Russia durante l’incidente di Przewodow del novembre 2022, dopo che un missile allora sconosciuto ha attraversato il confine ucraino e si è schiantato in Polonia. Duda ha concordato con il suo interlocutore sul fatto che l’affermazione di Zelensky secondo cui si trattava di un missile russo equivalesse a fare pressione sulla Polonia affinché rispondesse di conseguenza, ma ha anche affermato di non essere sorpreso dal fatto che l’Ucraina volesse trascinare la NATO in guerra.
Nelle sue parole, “Hanno cercato di trascinare tutti in guerra fin dall’inizio. È ovvio, è nel loro interesse, e sarebbe meglio se potessero trascinare i paesi della NATO in guerra. È ovvio che stanno cercando coloro che combatterebbero attivamente al loro fianco contro i russi. Questo accade fin dal primo giorno”. L’ex ministro degli Esteri ucraino Dmitry Kuleba, nel frattempo fuggito in Polonia , affermò all’epoca che la suddetta visione era una “teoria del complotto russa” e una “propaganda russa”.
Bisogna riconoscere alla Polonia il merito di non essere caduta in questa trappola, che avrebbe potuto innescare una rapida sequenza di eventi che avrebbero potuto sfociare nella Terza Guerra Mondiale. Alcuni osservatori filorussi, come Scott Ritter, all’epoca la pensavano diversamente, ritenendo che fosse stata la Polonia a cercare di trascinare la NATO in guerra. Ora è noto che non fu così, eppure le false supposizioni sulle intenzioni della Polonia all’epoca influenzano ancora oggi l’opinione di alcuni sulle sue politiche attuali e future. Ecco cinque briefing di approfondimento:
Ci sono cinque punti principali da trarre dalla rivelazione di Duda: 1) L’Ucraina ha tentato disperatamente “fin dal primo giorno” di trasformare la situazione specialeoperazione in una guerra accesa tra NATO e Russia; 2) a tal fine, si è affidato a teorie cospirative trasformate in armi, come quella sull’incidente di Przewodow, e a provocazioni come i suoi regolari attacchi contro la centrale nucleare di Zaporozhye; 3) Polonia, NATO e Russia ne erano consapevoli fin dall’inizio; 4) quindi nessuno di loro è caduto in queste trappole; ma 5) il rischio rimane.
Tutto ciò è rilevante per quanto riguarda la percezione della Polonia da parte della comunità dei media alternativi . Sebbene molti possano ancora non apprezzare la sua politica estera complessiva e lo smantellamento dei monumenti dell’Armata Rossa, è importante essere imparziali nelle valutazioni del suo approccio al conflitto ucraino . La Polonia ha indiscutibilmente cercato di infliggere una sconfitta strategica alla Russia, ergo perché ha contribuito al sabotaggio.bozza del trattato di pace della primavera del 2022 e poi ne ha donato l’ interoscorte in Ucraina, ma non ha mai pianificato di intervenire direttamente se ciò non fosse avvenuto.
Il successore di Duda, Karol Nawrocki, che, in base alla Costituzione polacca, formula la politica estera del Paese in collaborazione con il Primo Ministro e il Ministro degli Esteri, si è impegnato prima del secondo turno a non autorizzare il dispiegamento di truppe polacche in Ucraina . Non ci si aspetta che manchi di parola, visto che i polacchi sono ormai stanchi dei rifugiati ucraini e del conflitto che li circonda. La conclusione più importante della rivelazione di Duda è quindi che la Polonia non si lascerà manipolare da Zelensky per spingerla a dichiarare guerra alla Russia.
È difficile immaginare il solito cauto e moderato Putin che dà sconsideratamente ai guerrafondai europei esattamente ciò di cui hanno bisogno per aumentare le possibilità che possano manipolare gli Stati Uniti, trasformandoli in una minaccia ancora maggiore per gli interessi di sicurezza della Russia, solo perché presumibilmente ha perso la calma o qualcosa del genere.
L’Ucraina ha accusato la Russia di aver deliberatamente preso di mira il palazzo del Consiglio dei Ministri a Kiev durante i raid aerei su larga scala di domenica in tutto il Paese, cosa che la Russia ha negato , mentre RT ha citato precedenti rapporti ucraini per suggerire che il danno sia stato in realtà causato dai detriti di un drone abbattuto. Mentre alcuni sostenitori della Russia nel conflitto potrebbero deridere questa teoria, sperando che Putin abbia finalmente autorizzato gli attacchi contro obiettivi del governo ucraino, probabilmente non è quello che è successo, come verrà spiegato di seguito.
Dopotutto, non ha autorizzato alcuna ritorsione simmetrica a maggio2023 dopo che un drone ucraino ha colpito il Cremlino, confermando così la sua riluttanza a salire la scala dell’escalation. Le uniche eccezioni degne di nota negli ultimi 3 anni e mezzo sono state le specialiL’operazione stessa e poi l’impiego degli Oreshnik nel novembre scorso in risposta al permesso concesso dall’Occidente all’Ucraina di utilizzare i suoi missili a lungo raggio all’interno della Russia. Autorizzare a caso un attacco con droni contro un edificio governativo ucraino sarebbe quindi fuori luogo.
Non solo, ma Putin rischierebbe di provocare Trump proprio nel momento in cui è sottoposto a un’enorme pressione da parte dell’Europa affinché intensifichi il coinvolgimento americano nel conflitto, o almeno nel futuro post-conflitto, attraverso la fornitura di solide garanzie di sicurezza , incluso il possibile supporto per una no-fly zone. L’incidente di questo fine settimana può essere sfruttato dagli avversari della Russia per creare la narrazione secondo cui Putin sarebbe stato il primo a intensificare l’escalation, e per giunta nel bel mezzo dei colloqui con Trump, in anticipo rispetto ai loro obiettivi suddetti.
È difficile immaginare il solito cauto e moderato Putin che, senza pensarci due volte, fornisce ai guerrafondai europei esattamente ciò di cui hanno bisogno per aumentare le probabilità che possano manipolare gli Stati Uniti, trasformandoli in una minaccia ancora maggiore per gli interessi di sicurezza della Russia, solo perché ha presumibilmente perso la calma o qualcosa del genere. Date le conseguenze politico-militari di un attacco deliberato della Russia contro obiettivi del governo ucraino, avrebbe senso per lui autorizzare una campagna a tutto campo se volesse correre il rischio di tutto questo, non un attacco isolato.
Per queste ragioni, la teoria di RT secondo cui i detriti di un drone abbattuto sarebbero stati responsabili del danno al palazzo del Consiglio dei Ministri ucraino è la spiegazione più realistica dell’accaduto, non la versione di Kiev, che si allinea alle illusioni di alcuni sostenitori della Russia. Indipendentemente dall’opinione sulla saggezza di questa politica, il fatto è che Putin finora non ha autorizzato alcun attacco contro obiettivi governativi ucraini, ed è improbabile che cambi rotta a questo punto del conflitto.
Gli osservatori possono solo fare congetture sulle sue motivazioni. Alcuni potrebbero sostenere che creda fermamente in ciò che ha scritto nel suo capolavoro del luglio 2021 ” Sull’unità storica di russi e ucraini “, nel bene o nel male a seconda della prospettiva, e che quindi non voglia fare nulla che possa gettare l’Ucraina nel caos e rendere la vita ancora più difficile al suo popolo fraterno. Altri, tuttavia, potrebbero sostenere che tema di provocare l’Occidente e innescare un ciclo di escalation incontrollabile, oppure che abbia raggiunto un accordo con loro.
Qualunque siano le proprie convinzioni, è indiscutibile che Putin non abbia mai autorizzato finora nulla che fosse anche lontanamente conforme a ciò che l’Occidente, l’Ucraina e persino alcuni sostenitori della Russia si aspettavano da lui (ognuno per le proprie ragioni e con diversi giudizi di valore al riguardo). Di conseguenza, la narrazione secondo cui avrebbe improvvisamente dato il via libera a un attacco una tantum contro un obiettivo governativo ucraino è probabilmente una provocazione da guerra d’informazione per manipolare Trump e spingerlo a intensificare ulteriormente la missione.
La possibile ascesa del sindaco di Kathmandu Balen Shah alla carica di primo ministro potrebbe vedere questo ultranazionalista nepalese coordinare operazioni di guerra ibrida anti-indiana con alleati affini in Bangladesh.
OSINT Updates ha ricordato al pubblico che Shah è anti-India dopo aver installato nel suo ufficio una mappa del Grande Nepal che rivendica il territorio indiano, aver minacciato di vietare i film di Bollywood nella capitale in seguito a uno scandalo scoppiato qualche anno fa e aver criticato l’influenza culturale indiana in Nepal. Per semplificare ulteriormente questo argomento delicato, India e Nepal fanno parte della stessa civiltà, proprio come Russia e Ucraina, e a quanto pare, anche gli ultranazionalisti nepalesi e ucraini svolgono ruoli analogamente conflittuali nei confronti di India e Russia.
La mappa che Shah ha installato nel suo ufficio va ben oltre le affermazioni appena riprese da Oli, poiché include territori a sud e a est degli attuali confini del Nepal, che Kathmandu perse contro gli inglesi nel 1816. Lo stato indiano del Sikkim è a maggioranza Gorkha (indiani nepalesi), mentre due distretti nel Bengala Occidentale settentrionale ne hanno abbastanza da poter formare la “Gorkhaland Territorial Administration” nel 2012. Alcuni, tuttavia, sono ancora insoddisfatti e chiedono un proprio stato all’interno dell’India, ricavato dal Bengala Occidentale settentrionale.
Per essere chiari, la maggior parte dei Gorkha sono cittadini leali, ma i fattori storici, demografici e territoriali possono essere sfruttati da un governo ultranazionalista in Nepal e dal nuovo governo ultranazionalista in Bangladesh per radicalizzare una minoranza di loro in un ibrido anti-indiano. Guerrieri . Si prevede che Shah perseguirà questo obiettivo con il sostegno degli Stati Uniti se diventerà primo ministro, il che potrebbe prevedibilmente ricevere il sostegno del Bangladesh (sia tramite coordinamento bilaterale che trilaterale tramite gli Stati Uniti), date le sue rivendicazioni informalmente riprese nei confronti dell’India:
Se un governo ultranazionalista anti-indiano di stampo bengalese si insediasse presto in Nepal, allora il terreno sarebbe pronto per coordinare le sue operazioni di guerra ibrida irredentiste, che mirano tutte a recidere lo stretto corridoio di Siliguri (“Collo di Pollo”) che collega l'”India continentale” con i suoi stati del Nord-Est. Questa regione è nota per la sua diversità identitaria e la distanza storica dalla civiltà indù indiana, che ha scatenato decenni di insurrezioni terroristiche-separatiste che l’hanno resa il cosiddetto “anello debole” del paese.
Come dimostra il precedente di EuroMaidan, violenti cambi di regime che portano a periodi di anarchia di breve durata ma molto intensi aprono la strada all’ascesa al potere degli ultranazionalisti con falsi pretesti populisti. Considerando che gli ultranazionalisti nepalesi svolgono lo stesso ruolo antagonistico nei confronti dell’India, civilmente fraterna, di quelli ucraini nei confronti della Russia, civilmente fraterna , il Nepal potrebbe rapidamente trasformarsi in un “anti-India”, proprio come l’Ucraina è diventata un “anti-Russia”, ed essere sfruttato dagli Stati Uniti per simili scopi di guerra ibrida.
I fattori geografici pongono limiti a questo scenario, ma il sostegno del Bangladesh potrebbe superare questi ostacoli se Dacca ospitasse, addestrasse e armasse (possibilmente con l’aiuto degli Stati Uniti) un movimento terroristico-separatista di nuova creazione, il “Gorkhaland”, parallelamente ad altri che prendono di mira il nord-est dell’India. È prematuro affermare con certezza che ciò accadrà, per non parlare di come potrebbero evolversi gli eventi, ma ciò che conta di più a questo punto è che l’India sia consapevole di questa minaccia e si prepari di conseguenza nel caso in cui si materializzi.
Le rivolte studentesche, presumibilmente scatenate dal divieto imposto dallo Stato sui social media dopo che le principali piattaforme non si sono registrate come previsto dalla legge, potrebbero essere una copertura per estremisti ultranazionalisti sostenuti dall’Occidente, in una rivisitazione del modello di cambio di regime in Bangladesh dell’estate 2024.
Il Nepal ha formalmente protestato a fine agosto dopo che Cina e India hanno concordato di riprendere il commercio transfrontaliero attraverso il valico di Lipulekh. Anche il Primo Ministro KP Sharma Oli, recentemente estromesso , ha sollevato la questione durante il suo incontro con il Presidente Xi Jinping a margine del vertice della SCO a Tianjin. Kathmandu rivendica questo territorio e una striscia montuosa più in là per una disputa risalente all’epoca coloniale, ma ha iniziato a rivendicarlo con rigore solo alla vigilia degli scontri sino-indo-indiani dell’estate 2020.
Questo contesto suggerisce che il Nepal si aspettasse il sostegno cinese contro l’India, calcolando di poterne trarre vantaggio tramite un sostegno economico e militare privilegiato o, quantomeno, traendo profitto dalla facilitazione degli scambi commerciali, se la disputa bilaterale avesse mantenuto chiusi i valichi di frontiera a tempo indeterminato. Ciò che Oli (all’epoca Primo Ministro e di nuovo Primo Ministro fino a poco tempo fa, dopo una pausa di tre anni) non poteva prevedere, come quasi tutti gli altri, era il riavvicinamento sino-indo-indiano che gli Stati Uniti avevano appena inavvertitamente innescato .
È un comunista con caratteristiche machiavelliche, come dimostrano i calcoli di politica estera sopra menzionati e la sua astuta politica finora, ma è anche un idealista che semplicemente non ha potuto tollerare la realpolitik implicita nei recenti calcoli della Cina comunista nei confronti dell’India. In parole povere, gli interessi della Cina nel contesto attuale sono meglio tutelati dando priorità agli interessi dell’India rispetto a quelli del Nepal nella disputa tra i due, che sembra aver davvero colto di sorpresa Oli e il suo governo.
Tuttavia, la mossa commerciale della Cina non comporta alcun costo tangibile per il Nepal, dato che non controlla questo territorio da oltre 200 anni, ma le conseguenze politiche potrebbero spingere il Nepal a ricalibrare il suo equilibrio, appoggiandosi maggiormente agli Stati Uniti. È esattamente ciò che l’India ha fatto dal 2015 fino a poco tempo fa, grazie al Corridoio Economico Cina-Pakistan, il progetto di punta della Belt & Road Initiative cinese, che attraversa il territorio del Kashmir controllato dal Pakistan e che l’India rivendica come proprio.
La ricalibrazione della politica estera filo-americana dell’India si è concretizzata in un’espansione complessiva dei legami economici e militari, mentre il Nepal potrebbe concentrarsi maggiormente sull’assistenza allo sviluppo, come la “Millennium Challenge Corporation”, quasi tagliata , che mira a contrastare l’influenza sino-indo-indiana . La geografia limita la misura in cui un Nepal potenzialmente filo-americano potrebbe trasformarsi in un cuneo tra Cina e India, ma potrebbe comunque trasformarsi, come minimo, in un bastione di operazioni ostili di “ONG” dopo la sorprendente cacciata di Oli.
Le rivolte studentesche, presumibilmente scatenate dal divieto imposto dallo Stato sui social media dopo che le principali piattaforme non si sono registrate come previsto dalla legge, potrebbero essere una copertura per estremisti ultranazionalisti sostenuti dall’Occidente, in una rivisitazione del modello di cambio di regime in Bangladesh dell’estate 2024. Non si può quindi escludere che le nuove autorità nepalesi possano essere incaricate dagli Stati Uniti di usare come arma la disputa di confine con l’India come punizione per il rifiuto di Delhi di sottomettersi alle richieste di Washington alla Russia.
Tutto sommato, ci sono tre spunti di riflessione dall’ultima svolta in questa disputa che ha preceduto sospettosamente la cacciata di Oli: 1) la Cina sta dando priorità agli interessi dell’India rispetto a quelli del Nepal, per promuovere i propri; 2) i nepalesi potrebbero essere manipolati dagli Stati Uniti contro entrambi i fronti; e 3) questo potrebbe essere sfruttato dalle nuove autorità. Lo scenario migliore è che diano priorità alle riforme economiche e anticorruzione invece di lasciarsi sfruttare come pedine geopolitiche, ma è troppo presto per dire esattamente cosa faranno.
Un episodio di politica locale in Westfalia, esemplare per la questione centrale della politica interna tedesca: come affrontare un partito di estrema destra in crescita, che diventa sempre più forte? O, in termini più generali: come può la democrazia liberale proteggersi dai suoi nemici? La probabilità che l’AfD arrivi al potere sembra aumentare ad ogni elezione. Tuttavia, non si intravede alcuna strategia comune da parte dei partiti tradizionali. Mentre la CDU e la CSU puntano a sottrarre all’AfD i suoi temi centrali, come il cambiamento di rotta in materia di immigrazione, la SPD punta al divieto del partito. I Verdi e la Sinistra sono comunque favorevoli
STERN 11.09.2025 Gli ineleggibili Diversi candidati dell’AfD non possono partecipare alle elezioni comunali. Si tratta di una difesa della democrazia o di un suo indebolimento?
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Ulrich Siegmund, attualmente co-capogruppo nel Landtag della Sassonia-Anhalt, potrebbe davvero conquistare la cancelleria di Stato? Da giorni, sondaggi sconcertanti stanno sconvolgendo la politica: I’AfD è salita al 39% ed è attualmente la forza politica più forte, molto più avanti della CDU, che è scesa al 27%. Si tratta solo di un’istantanea, ovviamente. Ma da allora i cristiano- democratici sono in preda al panico. Più di mezzo milione di persone seguono Siegmund sulla piattaforma. La sua “Visione”: offensiva di espulsioni, liquidazione dell’emittenza pubblica, un “programma di recupero” per i lavoratori qualificati tedeschi all’estero.
STERN 11.09.2025 In alto a destra Ulrich Siegmund vuole governare la Sassonia-Anhalt con l’AfD. Quali sono i suoi piani?
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Una cosa è certa: i membri di Hamas si sentivano al sicuro nel piccolo Stato del Golfo. L’emirato ospita la leadership politica dell’organizzazione palestinese già dal 2012, su richiesta dell’allora presidente americano Barack Obama, che voleva instaurare una comunicazione indiretta con Hamas. Nessuno sembrava aspettarsi l’attacco aereo israeliano. Il primo ministro Mohammed bin Abdulrahman Al Thani ha dichiarato che Doha è stata chiamata da Washington solo dieci minuti dopo l’inizio del bombardamento. Il presidente Donald Trump, alleato più stretto del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, non era apparentemente disposto o in grado di avvertire i suoi partner in Qatar in tempo prima dell’attacco, forse perché Israele non aveva chiesto il via libera a Washington. Questo è un duro colpo per la strategia di sicurezza del Qatar.
11.09.2025 Un attacco aereo che scuote la diplomazia del Qatar Il colpo inferto da Israele alla leadership di Hamas a Doha segna una svolta nella regione del Golfo
Di ANNE ALLMELING A sinistra una scuola elementare e un salone di bellezza, a destra un distributore di benzina, in fondo un campo da calcio: la strada Wadi Rawdan si snoda attraverso un quartiere residenziale a nord di Doha.
Nelle reti dei simpatizzanti di Hamas si ipotizza che la proposta americana sia stata avanzata solo per riunire il più possibile i leader di Hamas in un unico luogo, dove poterli eliminare. Quel che è certo è che lunedì sera il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha inviato all’organizzazione un “ultimo avvertimento” tramite il suo social network Truth Social. Trump ha scritto che Israele ha accettato le sue condizioni ed è ora che anche Hamas le accetti. Hamas ha quindi dichiarato di essere pronta a “negoziati immediati”. Si accoglie con favore “ogni passo che contribuisca a porre fine all’aggressione contro il nostro popolo”. L’attacco dovrebbe significare soprattutto che Israele sta ora abbandonando la possibilità di cercare una soluzione negoziale alla guerra a Gaza, un attacco militare sul territorio del Qatar è un evento senza precedenti. È dubbio che il Qatar sia ancora disposto a mediare con Israele, che ha bombardato il suo territorio violandone la sovranità. Ciò lascerebbe l’Egitto come unico Stato mediatore nei confronti di Hamas.
11.09.2025 Attacco nello Stato mediatore: un evento senza precedenti Israele ha sferrato un attacco diretto contro la leadership di Hamas, proprio nel cuore della capitale del Qatar, Doha. Il Qatar, finora il mediatore più importante nella guerra di Gaza, parla di una «flagrante violazione» del diritto internazionale. Ciò ha conseguenze drammatiche per il processo di pace.
Di DANIEL-DYLAN BÖHMER E AMIN AL MAGREBI È un passo che stravolge tutti i calcoli fatti finora sull’andamento della guerra di Gaza. Martedì, secondo quanto riferito dall’aviazione israeliana, è stato attaccato il vertice della milizia terroristica palestinese Hamas nel Qatar.
Bayrou incarnava il tipo ideale del centrista, del ballerino sulla linea mediana: sapeva parlare con i socialisti, ma anche con i lepenisti. E così, dopo la sua nomina a primo ministro, molti pensavano che egli fosse forse il miglior mediatore possibile in questa fase difficile, con il parlamento francese che naviga senza maggioranza, probabilmente persino un abile costruttore di coalizioni in un paese privo di una cultura del compromesso. Si diceva che se c’era qualcuno che poteva farcela, quello era lui. Era un errore. Lo stratega del compromesso è rimasto al di sotto delle aspettative, accumulando un passo falso dopo l’altro.
10.09.2025 Crisi di governo a Parigi François Bayrou avrebbe dovuto negoziare dei compromessi, invece è stato destituito senza compromessi. Il Paese, fortemente indebitato, perde così il quinto primo ministro in soli due anni. Tutto bloccato Dopo aver perso il voto di fiducia in Parlamento, la Francia rischia di rimanere paralizzata. Il presidente Emmanuel Macron non ha molto tempo per trovare un nuovo primo ministro. E non ha nemmeno molte opzioni a disposizione.
Di Oliver Meiler Quando lunedì sera, poco prima delle 19, il sole tramontava sulla Francia e sul suo primo ministro François Bayrou, in tutto il Paese la gente si è riunita per un allegro aperitivo collettivo, un drink di addio beffardo.
Quando le finanze pubbliche francesi diventeranno un problema europeo e se a un certo punto metteranno a rischio la stabilità della moneta unica? Per ora questo pericolo è ancora astratto e la Francia, seconda economia dell’UE con una forte base industriale, non è in pericolo immediato. I paragoni con la crisi del debito pubblico dell’euro di 15 anni fa sono fuorvianti, i mercati finanziari reagiscono in modo relativamente calmo. Tuttavia, anche nel caso della Francia la loro fiducia ha un limite.
10.09.2025 La crisi del debito francese diventa un problema permanente per l’UE Ancora una volta un governo a Parigi ha fallito nei suoi piani di austerità. I mercati finanziari rimangono sorprendentemente calmi, ma la situazione potrebbe cambiare presto.
Di Jan Diesteldorf Alla fine François Bayrou, voce solitaria nel deserto, era lì, e aveva fallito. Fino all’ultimo momento aveva esortato i campi politici nemici in Francia ad assumersi le proprie responsabilità e aveva cercato di convincerli ad aderire alla sua politica di austerità, per quanto fosse inutile.
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Lunedì scorso, ora ucraina, la Russia ha lanciato un attacco su larga scala con droni che è stato nuovamente descritto come il “più grande di sempre”, con alcune fonti che hanno contato un totale di 805 droni e esche lanciati:
Mercoledì è seguito un altro grande attacco con oltre 400 droni e più di 50 missili di vario tipo. Questo attacco si è distinto perché, secondo quanto riferito, un numero significativo di questi droni ha volato fino in Polonia, addentrandosi profondamente nell’interno del Paese, cosa che non era mai successa prima.
Come sempre, c’erano due versioni della storia: quella propagandistica “ufficiale”, in cui i funzionari polacchi e della NATO hanno fatto del loro meglio per dipingere l’incidente come una deliberata “aggressione” russa, senza lasciarsi sfuggire l’occasione. E poi c’era la versione “dietro le quinte”, che descriveva l’incidente come molto più “controllato” di quanto sembrasse, con i canali diplomatici che coordinavano con calma la risposta. Più specificamente, si diceva che la Bielorussia avesse avvertito la Polonia che dei droni fuori controllo, influenzati dall’EW ucraino, si stavano dirigendo verso di loro, con rapporti che affermavano addirittura che alcuni droni ribelli dovevano essere abbattuti anche sul territorio bielorusso.
Il capo di Stato Maggiore delle forze armate polacche, generale Wiesław Kukuła, ha annunciato che la parte bielorussa ha avvertito la Polonia dell’avvicinarsi di droni al suo territorio.
In un’intervista su TVN24, ha osservato che un simile atteggiamento era sorprendente nel contesto della situazione di tensione al confine terrestre. Allo stesso tempo, ha sottolineato che la parte polacca ha deciso di avvalersi delle informazioni fornite e non ha abbandonato la cooperazione.
Questo è un buon segno. Ricordiamo che in una conversazione con Patrycjusz Wyżga nel programma “Didaskalia”, il colonnello Piotr Krawczyk, ex capo dell’Agenzia di intelligence (2016-2022), ha affermato chiaramente che la politica occidentale, compresa quella della Polonia, nei confronti della Bielorussia dovrebbe basarsi sul pragmatismo per evitare di spingere il Paese nelle mani della Russia.
L’incidente è stato ovviamente molto strano, perché, mentre alcuni droni russi vaganti erano forse caduti qua e là su altri paesi, probabilmente dopo essere stati deviati dalla loro rotta, questo non era mai successo su così vasta scala. Ciò suggerisce fortemente qualcosa di molto sospetto, come una falsa bandiera o una campagna coordinata; vale a dire, qualcosa di simile a un’operazione israeliana Stux-net o “pager”, in cui un gran numero di droni russi vengono “manomessi” in anticipo, sia che si tratti di un’infezione digitale del firmware tramite virus, o qualcos’altro.
Diversi indizi indicavano la spiegazione della “false flag”, ad esempio una foto di un drone russo atterrato su un “pollaio” polacco che mostra il drone riparato con del nastro adesivo: clicca sulla prima foto per ingrandirla.
Questo è importante perché era noto che l’Ucraina stava raccogliendo droni russi precedentemente abbattuti per riutilizzarli in modo “creativo” a tale scopo. Quindi un drone precedentemente distrutto o danneggiato potrebbe forse necessitare di qualche “intervento” per farlo sembrare integro per la “presentazione”.
Inoltre, le case polacche presentate come “distrutte” dai droni russi sono state smascherate dai cittadini come case danneggiate molto tempo fa da calamità naturali:
Una foto ampiamente diffusa della distruzione di una casa in Polonia, presumibilmente danneggiata da un attacco con droni russi, è stata smentita dai residenti locali, i quali sottolineano che questa casa era stata gravemente danneggiata durante una tempesta due mesi fa e che le sue condizioni non sono cambiate da allora. – FRWL
Come se non bastasse, due giorni prima dell’attacco era stato pubblicato un post che prevedeva che l’Ucraina si stesse preparando a una grande “provocazione” legata ai droni:
“Messaggio del 09/08/2025 sul canale “Cartel” che avverte della preparazione di una provocazione che prevede l’invio di UAV “pseudo-russi” in Occidente. In realtà, il piano è già stato attuato il 10 settembre.”
Ma come conciliare il fatto che la Bielorussia abbia sostanzialmente ammesso che dei droni russi fuori controllo stavano volando verso la Polonia con questa teoria della falsa bandiera? È più probabile che si sia trattato di una combinazione di tutte le tattiche possibili, dai droni realmente disturbati a quelli “preparati” per sembrare provenienti dalla Russia, oltre a una campagna informativa per diffondere notizie false come quella precedente della “casa distrutta”.
Una spiegazione:
In Polonia, durante il giorno sono stati ritrovati i resti di 12 UAV Gerber. Tutti senza testata, non sono esplosi. Per distruggerne alcuni sono stati utilizzati missili costosi, dal valore superiore ai 2 milioni di dollari ciascuno. In particolare, l’F-35A dell’aeronautica militare olandese ha operato in questo modo.
La versione più diffusa è che il “Gerber” “non corrispondente” abbia incontrato un blocco GPS su una delle aree di difesa aerea dell’Ucraina e abbia volato verso la Polonia (spoofing?). I Gerber non sono dotati di antenne CRPA a 16 elementi (ndr: si tratta degli speciali ricevitori GPS Komet a 16 elementi che ora si vedono regolarmente nei droni Shahed/Geran).
Secondo la seconda versione, i Gerber sono stati lanciati dall’Ucraina. Questa versione è supportata dal gran numero di prodotti Gerber, che supera i 1.000. Questo non è tipico per loro.
L’intento è evidente: un altro disperato stratagemma di Zelensky per coinvolgere la NATO, anche se in modo graduale. Quest’ultimo ha quasi funzionato, dato che la Polonia ha fatto un po’ di rumore invocando l’articolo 4 della NATO sulle “consultazioni”.
È emerso tuttavia che la maggior parte dei polacchi incolpava l’Ucraina piuttosto che la Russia, ben consapevole delle meschine strategie dell’Ucraina nel tentativo di trascinare il proprio Paese in guerra:
Trump ha nuovamente dato sfogo alla sua ipocrisia:
Certo, prima aveva dichiarato il suo “disaccordo” con gli attacchi di Israele al Qatar, ma non aveva reagito con la stessa finta indignazione; per non parlare del fatto che gli Stati Uniti hanno ammesso di essere stati a conoscenza degli attacchi al Qatar, il che implica una sorta di tacita approvazione degli stessi.
Sono state osservate altre esibizioni performative ancora più divertenti:
Ma la narrazione più significativa riguardo alla cosiddetta incursione dei droni russi è stata riportata da una serie di articoli che hanno sottolineato l’enorme costo materiale sostenuto nel tentativo di fermare questi droni russi a basso costo:
La Polonia ieri ha abbattuto dei droni russi a basso costo con missili dal costo di 400.000 euro ciascuno, riporta Bild.
Sono riusciti ad abbattere esattamente 3 droni su 25, il quarto potrebbe essersi schiantato da solo.
Sono stati abbattuti da due caccia F-35 con missili AIM-9 Sidewinder. Il prezzo di un drone è di diverse migliaia di euro, ovvero centinaia di volte inferiore al prezzo del missile utilizzato per abbatterlo.
“A lungo termine, l’uso degli F-35 contro i droni non ha alcun senso dal punto di vista militare”, ha affermato un alto ufficiale della NATO.
Pertanto, la NATO sta già valutando altre opzioni per contrastare i droni.
Bild scrive che attualmente la Germania non dispone di risorse sufficienti per combattere efficacemente i droni che volano a bassa quota.
Come ulteriore campanello d’allarme per la NATO, abbiamo appreso che la presunta “potenza” europea più attiva dal punto di vista militare è stata in grado di abbattere solo quattro dei 25 droni, secondo il primo ministro Tusk. Ciò è stato possibile grazie all’utilizzo di piattaforme estremamente avanzate e costose come l’F-35. Dall’articolo di BILD sopra riportato:
I piloti dei caccia F-35 hanno combattuto i droni con missili AIM-9 Sidewinder. Il problema: lanciare un missile costa più di 400.000 euro, mentre abbattere un drone costa solo poche migliaia di euro.
Ricordiamo che anche la NATO dispone di AWACS e altre risorse importanti che pattugliano il confine tra Polonia e Ucraina, eppure, per loro stessa ammissione, non sono riusciti a fermare un misero attacco con 19 droni. A seconda di quanti di questi fossero realmente veri, si potrebbe concludere che un vero attacco russo contro uno Stato della NATO con centinaia di droni, come quello compiuto in Ucraina, avrebbe sopraffatto qualsiasi Stato della NATO. Ricordiamo che nemmeno il Qatar, dotato di missili Patriot, è stato in grado di fermare gli attacchi di Israele, sostenendo che gli attacchi “non erano stati rilevati” dai propri sistemi.
La violazione dei droni ha infatti mandato gli “esperti” militari occidentali in preda al panico:
È interessante che ciò coincida con la recente ammissione del ministro della Difesa ucraino Denys Shmygal secondo cui l’Ucraina ha perso il proprio vantaggio in termini di FPV sul fronte:
Vale a dire che, come minaccia generale, la Russia è sempre più considerata una sorta di superpotenza terrificante e senza rivali nel campo dei droni agli occhi degli sfortunati e impotenti Stati munchkin della NATO.
A proposito, vi segnalo la dichiarazione ufficiale del Ministero della Difesa russo sull’incursione polacca, che è interessante:
“Non c’era alcuna intenzione di colpire obiettivi in Polonia” sembra formulato in modo abbastanza ambiguo da suggerire che forse i droni hanno volato lì involontariamente: l’unica domanda è come o perché.
Ma il vero motivo per cui quest’ultima debacle è particolarmente interessante è che domani inizieranno le tanto attese e temute esercitazioni congiunte Russia-Bielorussia Zapad 2025.
Breve storia: Zapad, che significa Occidente, è da tempo la principale serie di esercitazioni sovietiche e russe che si svolgono in genere solo una volta ogni quattro anni e sono le più grandi e ambiziose, spesso coinvolgendo centinaia di migliaia di soldati, con lo scopo di simulare una guerra difensiva contro la NATO.
Il più famoso di questi nella storia è stato lo Zapad del 1981, che è stato il più grande nella storia e che continua ancora oggi a riecheggiare e a suscitare timori nell’Occidente.
Più recentemente, naturalmente, le esercitazioni Zapad 2021 svoltesi nel settembre 2021 sono state utilizzate come precursori dell’SMO, almeno secondo la NATO.
Quattro anni dopo, la serie Zapad 2025 sta per iniziare, e se ne parla già dall’anno scorso, con varie voci e previsioni sul possibile lancio da parte della Russia di un altro massiccio attacco a Kiev dalla Bielorussia sotto la copertura dell’esercitazione.
Quindi, sotto la minaccia incombente di queste esercitazioni e sulla scia della recente incursione dei droni, la Polonia starebbe inviando 40-50 mila soldati al confine con la Bielorussia, mandando in delirio i sensazionalisti:
“La Polonia si sta preparando da molti mesi alle esercitazioni Zapad-2025”, ha dichiarato mercoledì sera il viceministro della Difesa nazionale polacco Cezary Tomczyk alla televisione Polsat News.
“I soldati polacchi e della NATO sono necessari per rispondere adeguatamente a Zapad-2025”, ha affermato, aggiungendo: “È qui che è iniziata la guerra in Ucraina. Pertanto, l’esercito polacco si sta preparando a questo. Nei prossimi giorni avremo circa 40.000 soldati al confine”.
Naturalmente, anche se gli allarmisti potrebbero stare esagerando la situazione a fini propagandistici, la verità è che esiste un certo pericolo legato alla possibilità che si verifichino provocazioni. Sarebbe elementare per l’Ucraina lanciare una sorta di falsa bandiera, sapendo che decine di migliaia di soldati polacchi sono in fermento al confine, pronti a scattare. In effetti, è abbastanza plausibile che l’attacco “casuale” con i droni contro la Polonia sia stato orchestrato proprio per aumentare la tensione e alimentare le fiamme alla vigilia di queste esercitazioni, al fine di preparare il terreno per ulteriori tensioni che potrebbero essere innescate da qualche “evento” scatenante.
Probabilmente non succederà nulla. La Bielorussia ha appena rafforzato le sue relazioni con gli Stati Uniti quando ieri la delegazione di Trump è stata accolta calorosamente da Lukashenko per una serie di incontri. Trump ha persino inviato a Lukashenko un regalo composto da gemelli con lo stemma della Casa Bianca e ha compiuto un ulteriore gesto di buona volontà revocando le sanzioni alla compagnia aerea di Stato bielorussa Belavia, il che faciliterebbe la creazione di un nuovo comodo punto di transito legale dagli Stati Uniti alla Russia via Minsk.
ULTIME NOTIZIE: Donald Trump ha revocato le sanzioni statunitensi nei confronti della compagnia aerea di bandiera bielorussa Belavia.
I voli diretti da Minsk agli Stati Uniti riprenderanno, a seguito dei colloqui tenutisi a Minsk tra il presidente Alexander Lukashenko e l’inviato di Trump John Cole.
Dato che Trump non ha ancora dato seguito alle sue vuote minacce contro la Russia, possiamo supporre che continui a cercare un riavvicinamento con la Russia e il suo blocco e che non prenderà parte ad alcuna provocazione legata alle esercitazioni Zapad. Spetta ora all’astuta astuzia di Zelensky determinare cosa accadrà, poiché la tentazione di utilizzare le esercitazioni per provocare uno scontro tra la Russia e l’Occidente deve essere sicuramente forte tra la cricca di Zelensky, in particolare Budanov e i suoi simili.
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Un paio di ultime cose veloci:
Molti credono che, solo perché non ci sono prove visibili in ogni momento, la Russia non stia distruggendo attivamente le difese aeree ucraine, in particolare il Patriot e altri sistemi europei di alto livello come l’IRIS-T, ecc. Ecco un altro recente rapporto proveniente da fonti ucraine sul personale della batteria Patriot eliminato da un attacco russo:
Come avevo scritto nella descrizione dell’attacco sopra riportata:
Wow, è un modo davvero indiretto per dire che è stato colpito da un Iskander.
“I detriti caduti da un missile balistico stavano precipitando verso la sua batteria Patriot, si affrettò a spegnere l’incendio, ma poi la testata dell’Iskander abbattuto esplose.”
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Allo stesso modo, un altro jet da combattimento ucraino e il suo pilota sono stati silenziosamente eliminati in precedenza:
Oggi, durante una missione di combattimento, un aereo ucraino Su-27 è precipitato: il maggiore Oleksandr Mykolayovych Borovyk, pilota della 39ª Brigata di aviazione tattica, è deceduto. — AFU
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A proposito:
Oggi ho deciso di non scrivere dell’assassinio di Charlie Kirk, nonostante sia stata la notizia principale a livello mondiale, per due motivi: primo, per raccogliere le idee senza reazioni impulsive; secondo, perché mi sembrava in qualche modo eccessivo, dato che tutti stavano già inondando il panorama informativo con ogni possibile interpretazione e svolta e c’era davvero poco da aggiungere senza battere lo stesso vecchio tamburo demagogico.
Detto questo, ho pensato di porre la domanda: dovremmo trattare l’argomento qui? Oppure ci sono già abbastanza discussioni in giro che potrebbero stancare i lettori su questo tema?
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La maggior parte delle discussioni sugli incontri della SCO e dei BRICS della scorsa settimana si è comprensibilmente concentrata sulla crescente forza della loro alternativa multilaterale al tentativo dell’America di imporre il controllo del mondo unipolare secondo le proprie regole che richiedono la subordinazione degli altri Paesi alle richieste degli Stati Uniti di concentrare tutti i guadagni del commercio e degli investimenti internazionali nelle proprie mani. Cina, Russia e India hanno dimostrato la loro capacità di creare un’alternativa a questo controllo.
Ma questo non ha affatto diminuito l’ideale di base degli Stati Uniti di controllo. Semplicemente, ha portato gli strateghi statunitensi a essere abbastanza realistici da restringere la portata di questo controllo, concentrandosi sull’assoggettamento dei propri alleati in Europa, Corea, Giappone e Australia.
Il tentativo eccessivo di Trump di controllare l’economia indiana ha rapidamente fatto uscire la nazione dall’orbita del dominio diplomatico statunitense. (Esiste ancora un sostanziale sostegno neoliberale affinché l’India si unisca al sogno atlantista). La domanda che ci si pone ora è se tali richieste avranno un effetto simile nell’allontanare altri alleati dall’orbita statunitense.
La domanda sussidiaria è se il successo degli Stati Uniti nell’imporre questo controllo avrà l’effetto di indebolire economicamente i suoi alleati europei, dell’Asia orientale e di lingua inglese al punto che la loro capacità di rimanere contributori vitali sarà fatalmente paralizzata e porterà a una reazione nazionalista per de-dollarizzare le loro economie.
Il caso più evidente è quello dell’Europa, in particolare dei membri più favorevoli agli Stati Uniti, Germania, Francia e Gran Bretagna, le cui popolazioni, secondo i sondaggi, rifiutano fortemente gli attuali leader fantoccio filoamericani.
Il punto di rottura più immediato è la sottomissione aperta dell’UE alle richieste statunitensi, che va ben oltre quanto ci si aspettava nella resa abietta del capo della politica dell’UE van der Lehen alle minacce tariffarie di Trump. La responsabile della politica dell’UE van der Lehen ha spiegato che la sua resa valeva la pena per l’Europa perché almeno forniva un ambiente di certezza. Ma non ci può essere incertezza quando si tratta della diplomazia di Trump.
Ha tirato fuori dal cilindro un trucco veloce, aumentando bruscamente le tariffe al di sopra della base promessa del 15%, dissolvendo tale promessa nelle sue più ampie tariffe del 50% sull’acciaio e sull’alluminio importati. Queste tariffe avrebbero dovuto promuovere l’occupazione statunitense (e quindi il sostegno dei sindacati) in questi due materiali di base, nonostante l’aumento dei costi per tutti i produttori statunitensi che utilizzano questi metalli nei loro prodotti. Questo è stato di per sé un folle rovesciamento del principio di base della politica tariffaria: importare materie prime a basso prezzo per fornire un sussidio ai costi dei prodotti industriali ad alto valore aggiunto. Trump ha anteposto il gretto simbolismo politico all’interesse nazionale.
Nessuno aveva previsto che il Dipartimento del Commercio avrebbe applicato queste tariffe del 50% su acciaio e alluminio alle importazioni industriali europee e straniere di motori, utensili e attrezzature per l’agricoltura e l’edilizia. Il Wall Street Journal cita il capo dell’associazione tedesca dell’industria meccanica (VDMA), Bertram Kawlath, che avverte che i macchinari rappresentano circa il 30% delle esportazioni tedesche verso gli Stati Uniti, creando una “crisi esistenziale” così grave per i suoi industriali che il Parlamento europeo potrebbe non approvare i dazi imposti da Trump a luglio.
Un’azienda produttrice di macchine agricole per la raccolta, la Krone Group, ha licenziato un centinaio di dipendenti e starebbe reindirizzando le sue esportazioni già spedite negli Stati Uniti. L’affiliata tedesca della John Deere è stata colpita in modo analogo, dato che il 20% delle sue esportazioni sarebbe stato venduto negli Stati Uniti. I tedeschi starebbero insistendo per ottenere lo stesso limite tariffario statunitense del 15% che Trump ha esteso alle importazioni di prodotti farmaceutici, semiconduttori e legname.
L’effetto è stato quello di promuovere i partiti nazionalisti che hanno guadagnato consensi per sostituire i partiti atlantisti filo-statunitensi impegnati a partecipare alla guerra dell’America contro la Russia e la Cina, e persino a sostenere i costi dei combattimenti in Ucraina, nel Mar Baltico e in altre aree confinanti con la Russia, nonché a estendere la protezione “atlantica” alle scorrettezze nel Mar della Cina.
La politica estera degli Stati Uniti ha imposto tensioni anche alla Corea e al Giappone. Dopo aver preteso che l’azienda automobilistica coreana Hyundai spostasse la produzione negli Stati Uniti investendo in una fabbrica da 30 miliardi di dollari in Georgia, il servizio immigrazione è piombato nell’impianto in costruzione e ha espulso circa 475 dipendenti (di cui 300 sarebbero coreani) che erano stati assunti per fornire la manodopera specializzata.
La Hyundai ha spiegato che i lavoratori erano altamente addestrati e sotto la direzione di appaltatori che la società aveva utilizzato in Corea per completare la costruzione in tempi rapidi e per evitare il problema di dover affrontare la mancanza di istruzione professionale negli Stati Uniti per fornire tale manodopera – per non parlare del differenziale di prezzo rispetto all’utilizzo di manodopera coreana che ha familiarità con il lavoro su tali progetti. Un funzionario della Korea International Trade Association ha accusato la politica statunitense di imporre una “posizione impossibile” rimandando tale manodopera in Corea, negandole il tipo di visto di lavoro concesso all’Australia. Per molti anni la Corea ha cercato di ottenere un trattamento paritario con questi immigrati bianchi e con Singapore, ma è stata costantemente respinta, anche se l’immigrazione è stata consentita in modo informale – fino al 5 settembre, in quello che si è rivelato un attacco a lungo pianificato da parte di truppe armate dell’ICE che hanno arrestato gli immigrati in altre manette.
Hyundai e altre aziende straniere hanno scoperto che gli investimenti effettuati negli Stati Uniti permettono alle amministrazioni di America First di usarli come ostaggi, stabilendo e modificando a piacimento i termini dell’investimento, sapendo che gli investitori stranieri difficilmente sono disposti ad andarsene e perdere i loro costosi investimenti.
Ma i Paesi vengono costretti a effettuare tali investimenti nell’ambito della politica di controllo finanziario adottata da Trump: Per evitare che i dazi statunitensi sulle importazioni automobilistiche della Corea passassero dal 15% al 25%, la Corea ha dovuto spendere decine di miliardi di dollari per spostare la produzione negli Stati Uniti. La minaccia era quella di far crollare il reddito da esportazione coreano (e quindi l’occupazione e i guadagni) se non si fosse arresa alle condizioni di Trump – senza che fosse necessario un conflitto militare per imporre questo trattato di pace commerciale.
Trump ha usato una simile politica di “bait-and-switch” contro il Giappone, minacciando di creare il caos commerciale nella sua economia imponendo forti dazi sul suo commercio con gli Stati Uniti se non avesse pagato 550 miliardi di dollari in denaro di protezione che Trump avrebbe investito in progetti di sua scelta, tenendo per sé il 90% dei profitti dopo che il Giappone fosse stato rimborsato per il suo anticipo di capitale. La versione giapponese dell’accordo originale indicava che i profitti sarebbero stati divisi al 50%, ma gli Stati Uniti hanno redatto una versione finale in cui si affermava che tale divisione avrebbe regolato solo il rimborso iniziale degli investimenti da parte del Giappone, non i profitti.
La disperazione del Giappone – e la sua abietta resa alle richieste degli Stati Uniti, in stile tedesco – è stata tale che ha accettato l’accordo tariffario di Trump che prevedeva di far pagare agli sport giapponesi “solo” il 15% invece del 25% – lo stesso accordo che aveva fatto con la Corea. Al Giappone sono stati concessi solo 45 giorni per pagare. Il fondo nero che ne è scaturito è stato una manna politica per Trump, che ora è in grado di usarlo come esca per i suoi principali collaboratori e sostenitori della campagna elettorale, utilizzando al contempo gli oltre mezzo trilione di dollari per contribuire a finanziare l’elargizione fiscale del suo bilancio agli americani più ricchi.
Trump ha anche richiesto un contraccolpo sugli investimenti giapponesi nella produzione siderurgica statunitense grazie all’acquisto di U.S. Steel da parte di Nippon Steel per 15 miliardi di dollari. Il governo statunitense ha ricevuto gratuitamente una golden share delle azioni della società per garantire il controllo degli Stati Uniti sulle operazioni dell’azienda.
Sulla scia dei recenti incontri della SCO e dei BRICS, sembra improbabile che i Paesi che non sono già strettamente alleati con il controllo degli Stati Uniti stringano accordi come hanno fatto finora Germania, Corea e Giappone nel 2025. Questi accordi servono come lezioni oggettive che evidenziano il contrasto tra l’Occidente alleato degli Stati Uniti e il resto del mondo.
Alaister Crooke, lunedì 8 settembre, ha descritto come “La modalità psicologica predefinita dell’Occidente sarà difensivamente antagonista. … Riconoscere che la Cina, la Russia o l’India si sono “staccate” dall'”Ordine basato sulle regole” e hanno costruito una sfera separata non occidentale implica chiaramente l’accettazione della fine dell’egemonia globale occidentale. E significa anche accettare che l’era egemonica nel suo complesso è finita. Gli strati dirigenti degli Stati Uniti e dell’Europa non sono categoricamente dell’umore giusto per questo”.
Ovviamente non è finita per le relazioni dell’America con la NATO e gli altri alleati della nuova guerra fredda. Ma è limitato a loro, e Trump sta cercando di estendere la sfera di controllo degli Stati Uniti all’intero emisfero occidentale – non solo all’America Latina e al Canada, ma anche alla Groenlandia. Lo sforzo necessario per bloccare la loro dipendenza e resistere a quelle che ci si aspetta siano reazioni nazionalistiche contro tale asservimento sembra aver portato la politica statunitense ad allontanarsi dal conflitto con i suoi nemici dichiarati Russia, Cina e Iran, almeno per il momento.
Il grande interrogativo è se questi alleati abusati cercheranno prima o poi di scegliere un’altra serie di alleanze.
Il risentimento nei confronti della von der Leyen sta crescendo in vista del discorso odierno sullo Stato dell’Unione da parte della Presidente della Commissione europea, a causa del suo accordo doganale con gli Stati Uniti, della sua politica su Israele e dell’accordo con il Mercosur. Quest’ultimo sta esacerbando la crisi in Francia.
10
Settembre
2025
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PARIS/BERLINO/BRUXELLES (Own report) – In vista del discorso sullo Stato dell’Unione di quest’anno che il Presidente della Commissione europea terrà mercoledì prossimo, nell’UE cresce il risentimento nei confronti dell’amministrazione di Ursula von der Leyen. In particolare, cresce l’opposizione all’accordo doganale che la von der Leyen ha concluso con il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump; le tariffe unilaterali che prevede sono “illegali” e minano la credibilità e l’autonomia dell’UE, secondo il gruppo socialista al Parlamento europeo. Anche l’appoggio quasi incondizionato che la von der Leyen sta dando alla condotta di guerra di Israele nella Striscia di Gaza sta scatenando crescenti proteste. Anche il fatto che il Presidente della Commissione abbia proposto di approvare l’accordo di libero scambio dell’UE con il Mercosur ha suscitato un forte risentimento. Ciò potrebbe significare che la Francia, che rifiuta l’accordo nell’interesse dei suoi agricoltori, potrebbe essere messa in minoranza. Questo a sua volta rischia di aggravare ulteriormente la crisi in cui si trova la Francia – il secondo Stato più forte dell’UE – dopo la caduta del primo ministro François Bayrou lunedì scorso. Alla luce dell’aumento del debito di Francia e Germania, si avvertono le prime avvisaglie di una nuova crisi finanziaria dell’UE.
Le conseguenze degli armamenti
Dopo la caduta del governo francese guidato dal primo ministro François Bayrou, che lunedì ha fallito con un voto di sfiducia all’Assemblea nazionale, si intensifica il dibattito su una possibile nuova crisi dell’euro. Lo sfondo è il crescente debito della Francia, che con 3,3 trilioni di euro ha raggiunto il 114% del prodotto interno lordo (PIL) e continua a crescere, anche perché Parigi sta aumentando drasticamente il suo bilancio militare. Mentre al momento dell’insediamento del Presidente Emmanuel Macron nel 2017 il debito ammontava a poco più di 32 miliardi di euro, si prevede che nel 2027 raggiungerà i 64 miliardi di euro, raddoppiando in soli dieci anni.[1] L’aumento del debito nazionale francese ha contribuito al fatto che le principali agenzie di rating hanno abbassato la valutazione del credito del Paese negli ultimi anni. Questo a sua volta ha fatto salire i tassi d’interesse; la Francia sta pagando tassi d’interesse più alti della Grecia e dovrà pagare circa 67 miliardi di euro per il servizio del suo debito quest’anno[2], che potrebbero salire a 100 miliardi di euro entro il 2029, secondo quanto riportato. Secondo i calcoli degli economisti di Commerzbank, è ipotizzabile un livello di debito pubblico francese pari a circa il 150% del PIL nei primi anni 2030[3].
Come uscire dalla crisi del debito
Il fatto che il ministro dell’Economia e delle Finanze Éric Lombard abbia recentemente dichiarato che non si può escludere un intervento del Fondo Monetario Internazionale (FMI) in caso di fallimento dei piani di Bayrou per il taglio del bilancio è visto da alcuni come un tentativo – fallito – di scatenare il panico per mobilitare il sostegno a Bayrou all’ultimo minuto, per così dire. Tuttavia, molti ritengono che la crisi politica e, in particolare, il rafforzamento del Rassemblement National (RN) di estrema destra, che dovrebbe vincere le prossime elezioni presidenziali, potrebbe danneggiare gravemente l’economia e portare a una crisi finanziaria. Un esperto del Centro per la Ricerca Economica Europea (ZEW) di Mannheim ipotizza che la Banca Centrale Europea (BCE) potrebbe lasciare che un eventuale governo del RN “navighi in una crisi del debito”[5]. Inoltre, la Germania sta assumendo per la prima volta anche enormi quantità di debito per finanziare la costruzione di armamenti; il suo rapporto debito/PIL potrebbe salire dall’attuale 62% fino al 100%. Secondo lo ZEW, se le agenzie di rating declassano il merito di credito della Germania, l’eventualità di una crisi del debito è una possibilità concreta[6].
Rompere con l’OMC
La crisi politica in Francia, il secondo membro più forte dell’UE dopo la Germania, sta intensificando l’attuale crisi politica nell’UE in vista del discorso sullo Stato dell’Unione di quest’anno tenuto oggi, mercoledì, dalla Presidente della Commissione Ursula von der Leyen. Lo sfondo è l’accordo doganale che la von der Leyen ha concluso con il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump. L’accordo tiene conto degli importanti interessi dell’industria automobilistica tedesca (german-foreign-policy.com ne ha dato notizia [7]), ma per il resto viene classificato come una clamorosa sconfitta per l’UE [8]. Oltre al semplice fatto che in futuro gli esportatori statunitensi non dovranno pagare alcuna tariffa nel commercio transatlantico, mentre gli esportatori dell’UE dovranno pagare tariffe del 15%, pesa il fatto che le concessioni tariffarie per un singolo Paese al di fuori degli attuali accordi di libero scambio violano le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio WTO. Il deputato SPD René Repasi definisce il rifiuto implicito dell’OMC come un “attacco al cuore dell’integrazione europea”. La leader del gruppo socialista al Parlamento europeo, Iratxe García, avverte che “l’accettazione di tariffe unilaterali illegali” e l’adeguamento degli standard dell’UE “a pressioni esterne” “minerebbero in modo massiccio sia la nostra credibilità che la nostra autonomia”.[9] L’approvazione dell’accordo doganale da parte del suo gruppo è quindi incerta.
Contro gli interessi della Francia
È vero che l’accordo potrebbe essere fatto passare dal Parlamento europeo con l’approvazione dei gruppi di estrema destra, soprattutto del gruppo dei Conservatori e Riformisti europei (ECR). Tuttavia, allo stesso tempo, si sta manifestando un ulteriore risentimento. Il 3 settembre, la von der Leyen ha proposto agli Stati membri e al Parlamento europeo l’approvazione dell’accordo di libero scambio dell’UE con il Mercosur, soprattutto grazie alle pressioni tedesche.[10] Finora, l’accordo è stato respinto dalla Francia perché è diametralmente opposto agli interessi degli agricoltori francesi. Tuttavia, Parigi potrebbe ora essere messa in minoranza. “Concludere un simile trattato contro la volontà della Francia sarebbe stato un tempo impensabile”, affermano gli osservatori. Con “Macron come presidente di turno e un governo” che è “invischiato in dispute interne”, “sembra fattibile”. Tuttavia, “le conseguenze per il clima politico in Francia” sono “incalcolabili”[11] La leader del gruppo parlamentare RN al Parlamento francese, Marine Le Pen, ha già annunciato che i deputati RN al Parlamento europeo avvieranno un altro voto di sfiducia nei confronti della von der Leyen per protestare contro l’accordo Mercosur. Gli osservatori ipotizzano che il RN potrebbe addirittura sfruttare il diffuso malcontento in Francia per l’accordo per forzare nuove elezioni nazionali[12].
Fedeli a Israele
Nel Parlamento europeo cresce il risentimento verso la leadership della von der Leyen, anche a causa del suo appoggio di fatto alla guerra israeliana nella Striscia di Gaza. La von der Leyen aveva già scatenato proteste nell’UE nei primi giorni della guerra di Gaza, quando si era impegnata a sostenere incondizionatamente Israele nonostante i primi crimini di guerra – in accordo con Berlino, non coordinato a Bruxelles [13] – e non era nemmeno disposta a criticare la chiusura della Striscia di Gaza dalla fornitura di elettricità e acqua [14]. La richiesta di un numero crescente di Stati dell’UE di imporre sanzioni contro Israele per fermare i piani di espulsione forzata dei palestinesi [15] è stata a lungo ignorata dalla Presidente della Commissione; quando apparentemente ha fatto le prime concessioni e ha dichiarato la sua disponibilità a congelare i fondi destinati a Israele dal programma di ricerca dell’UE Orizzonte Europa, ciò è fallito a causa del rifiuto del governo tedesco [16], con il quale la von der Leyen mantiene stretti contatti. La pressione sta aumentando in vari altri Stati dell’UE; lunedì scorso, ad esempio, la Spagna non solo ha imposto un embargo totale sulle armi a Israele, ma ha anche vietato l’ingresso nei porti e negli aeroporti del Paese a navi e aerei che trasportano armi o altri equipaggiamenti per le forze armate israeliane.[17] Oggi, si osserverà con attenzione se – e, in caso affermativo, come – la von der Leyen prenderà posizione sulla guerra di Gaza nel suo discorso sullo Stato dell’Unione, soprattutto dopo l’attacco terroristico di ieri da parte di Israele a Doha, la capitale del Qatar.
[1] Emmanuel Macron annuncia 3,5 miliardi di euro di spese aggiuntive per la difesa nel 2026 e 3 miliardi di euro nel 2027. lemonde.fr 13.07.2025.
[2] Niklas Záboji: Il cammino della Francia nella palude del debito. faz.net 12.07.2025.
[3] Werner Mussler, Niklas Záboji: Si profila una nuova crisi dell’euro? faz.net 09/09/2025.
[4] Thomas Moller-Nielsen: Perché la crisi politica francese non è (ancora) una crisi economica. euractiv.fr 09.09.2025.
[5], [6] Werner Mussler, Niklas Záboji: Si profila una nuova crisi dell’euro? faz.net 09.09.2025.
[16] La Germania blocca le misure punitive dell’UE contro Israele. dw.com 30.08.2025.
[17] Carlos E. Cué: Sánchez annuncia un decreto per legalizzare l’embargo totale sulle armi a Israele e parla per la prima volta di “genocidio” dei palestinesi. elpais.com 08.09.2025.
Decisione nuovamente rinviata
Ancora una volta, al Consiglio dei ministri franco-tedesco non è stata presa alcuna decisione sul futuro del caccia di sesta generazione FCAS. Il futuro del progetto comune da 100 miliardi di euro rimane in dubbio.
01
Settembre
2025
PARIS/BERLINO (cronaca propria) – Il 25° Consiglio ministeriale franco-tedesco, riunitosi venerdì a Tolone, in Francia, non è riuscito a compiere alcun progresso sul più importante progetto di armamento congiunto franco-tedesco. Prima della riunione è stato annunciato che non ci sarà alcuna decisione fino alla fine dell’anno sul futuro del Future Combat Air System (FCAS), un cosiddetto jet da combattimento di sesta generazione. Da quando il progetto è stato lanciato nel 2017, Germania e Francia hanno discusso sulle loro “quote di lavoro” nel progetto, che si stima ammonti a 100 miliardi di euro. Tuttavia, la riunione ministeriale di Tolone ha prodotto una serie di altri annunci, tra cui un accordo sulla cooperazione nel settore energetico e un altro sulla programmazione di “dialoghi strategici” su un deterrente nucleare comune dell’UE. Quest’ultimo, tuttavia, dipenderebbe dalla disponibilità di un jet da combattimento europeo indipendente, come il FCAS. Diversi Paesi europei hanno espresso interesse ad aderire al programma FCAS o hanno addirittura avanzato proposte concrete. Il Belgio si è impegnato a stanziare 300 milioni di euro, mentre Spagna, Svizzera e Portogallo stanno valutando i vantaggi di abbandonare l’acquisto del caccia F-35 statunitense.
Non discusso
La 25esima riunione del Consiglio dei ministri franco-tedesco, tenutasi venerdì a Tolone, in Francia, non ha fatto alcun progresso sul FCAS. In occasione dell’incontro di luglio a Berlino tra il cancelliere tedesco Friedrich Merz e il presidente francese Emmanuel Macron, era stato deciso in precedenza che il Consiglio dei ministri avrebbe dovuto prendere una decisione sul caccia di sesta generazione.[1] Tuttavia, questa decisione è stata nuovamente rinviata.[2] Il problema rimane la disputa sulla distribuzione dei contributi allo sviluppo e alla produzione del progetto. La Francia chiede una quota di lavoro molto più ampia nel progetto. I media tedeschi sostengono che è in gioco fino all’80%. Questa volta Merz ha criticato apertamente la richiesta francese. Poco prima di partire per l’incontro in Francia ha commentato che la richiesta di un ruolo maggiore per l’azienda francese Dassault Aviation “non facilita le cose”, quindi la questione “non sarà discussa” durante le consultazioni governative franco-tedesche a Tolone. D’altra parte, il Cancelliere tedesco ha sottolineato la necessità di un “nuovo caccia in Europa” e ha detto di volere una decisione entro la fine dell’anno. Le critiche al nuovo rinvio sono sempre più forti. Christoph Schmid, membro della commissione Difesa del Bundestag tedesco, già prima della riunione intergovernativa aveva avvertito: “Se a Tolone non prendiamo una decisione per entrare nella fase 2, tutto diventerà sempre più difficile”[3] La seconda fase riguarda lo sviluppo di “dimostratori idonei al volo”.
Dialogo strategico
Tuttavia, l’incontro di Tolone, presieduto da Merz e Macron, ha portato a una serie di altri annunci. I due leader hanno presentato un'”Agenda economica franco-tedesca” che copre i settori degli armamenti, dell’industria e della politica digitale, con l’obiettivo di stabilire iniziative comuni e posizioni coordinate “a livello internazionale, dell’UE e bilaterale”[4]. L’agenda si concentra su un accordo per migliorare l’integrazione dei mercati energetici dei due Paesi. Il governo tedesco ha accettato di non bloccare più le sovvenzioni dell’UE per i progetti di energia nucleare francesi. In cambio, Parigi vuole sostenere il gasdotto H2Med, da tempo in stallo, destinato a trasportare idrogeno verde dalla Spagna e dal Portogallo alla Germania attraverso la Francia. In occasione dell’incontro di Tolone è stato anche diffuso un documento di cinque pagine che riassume le conclusioni del Consiglio di Difesa e Sicurezza franco-tedesco di venerdì scorso.[5] Il documento sottolinea il contributo significativo delle “forze nucleari strategiche indipendenti” della Francia alla “sicurezza globale” dell’Alleanza transatlantica e annuncia l’avvio di un “dialogo strategico” tra Germania e Francia sulla deterrenza nucleare. Tuttavia, il documento non menziona la FCAS.
Segnato da disaccordi
Questa omissione è significativa. L’FCAS, annunciato ufficialmente come progetto chiave franco-tedesco già nel 2017, mira a produrre un efficace successore dell’Eurofighter e del Rafale francese. È inoltre destinato a ridurre la dipendenza dell’UE dagli Stati Uniti. In effetti, è considerato una “cartina di tornasole” per la capacità degli Stati membri di “mettere da parte gli interessi nazionali” in materia di armamenti.[6] Originariamente, Germania e Francia avevano unito le forze per sviluppare un caccia di sesta generazione che potesse essere impiegato in combinazione con altri jet, missili guidati, droni e sciami di droni.[7] Tuttavia, fin dall’inizio sono emerse controversie tra le due parti sulla distribuzione delle quote di lavoro per lo sviluppo e la produzione. I disaccordi sono peggiorati con l’inclusione della Spagna nel 2019, una mossa spinta dalla Germania. Il partner aggiuntivo, che porta con sé la filiale spagnola di Airbus, aumenta il peso di Berlino all’interno del progetto. La Francia, da parte sua, attribuisce grande importanza alle capacità indipendenti della sua industria della difesa, come dimostrato con lo sviluppo autonomo dei jet Rafale. Se il FCAS, i cui costi sono stimati in circa 100 miliardi di euro, non si concretizzerà, “i futuri grandi progetti di armamento congiunto in Europa diventeranno sempre più improbabili”, osserva l’Istituto tedesco per gli affari internazionali e di sicurezza (SWP), con sede a Berlino, in una recente analisi.[8]
Indipendenza nucleare
Tuttavia, il secondo mandato di Donald Trump ha rafforzato le voci in Germania che chiedono di sostituire lo scudo nucleare statunitense sull’Europa con uno scudo europeo indipendente. Nel febbraio di quest’anno, Merz ha dichiarato: “L’Europa deve diventare più indipendente dagli Stati Uniti anche in termini nucleari”[9] La Francia è l’unico Paese dell’UE a disporre di armi nucleari proprie. La Germania, invece, ha solo un accordo di “condivisione nucleare” con gli Stati Uniti, in base al quale gli aerei tedeschi possono trasportare le bombe nucleari statunitensi immagazzinate a Büchel (nella regione dell’Eifel) verso un obiettivo in caso di guerra e sganciarle lì.[10] Finora, i jet da combattimento Tornado sono stati designati come vettore per questo scopo. Tuttavia, la flotta è obsoleta e presto dovrà essere sostituita. Inizialmente, gli Eurofighter erano stati presi in considerazione come successori, ma utilizzarli per trasportare armi nucleari statunitensi avrebbe richiesto la certificazione degli Stati Uniti. Questa procedura avrebbe comportato la rivelazione dei segreti industriali contenuti nei caccia europei. Per questo motivo, Berlino ha deciso di acquistare il caccia statunitense F-35 per la “condivisione nucleare”. La Francia, invece, vuole avere a disposizione l’FCAS per trasportare le sue armi nucleari non appena i suoi jet Rafale dovranno essere sostituiti. Parigi rifiuta l’idea di ricorrere a un jet americano. Il FCAS è quindi considerato indispensabile per il dispiegamento “europeo” delle armi nucleari francesi.
Nuove parti interessate
Sebbene il progetto FCAS sia stato afflitto da ritardi, diversi altri Paesi europei hanno recentemente espresso interesse a partecipare. Il Belgio, ad esempio, ha già preso provvedimenti per aderire al programma. Nel luglio di quest’anno, il governo belga ha approvato un nuovo piano di difesa “Strategic Vision 2025” in base al quale promette di investire 300 milioni di euro nel progetto FCAS e di partecipare alla sua fase di sviluppo dal 2026 al 2030.[11] Tuttavia, il Belgio sta anche perseguendo l’acquisto di undici jet da combattimento F-35A di produzione statunitense, il che ha attirato le critiche dell’amministratore delegato di Dassault Eric Trappier. Trappier ha dichiarato che il Belgio sarebbe “benvenuto” nell’FCAS se “abbandonasse l’idea di acquistare gli F-35”.[12] Il Ministro della Difesa belga Theo Francken ha risposto a tono, affermando che il governo belga avrebbe rivisto la sua posizione sulla piena adesione al progetto FCAS, in quanto “non può prendere lezioni da industriali arroganti”. La Spagna, invece, ha recentemente deciso di accantonare il suo piano di acquisto di jet F-35 e sta cercando alternative europee come l’Eurofighter o l’FCAS.[13] Allo stesso modo, i parlamentari svizzeri stanno spingendo per la cancellazione dell’acquisto di 36 jet da combattimento F-35. Questa mossa è in risposta alla decisione del presidente statunitense Trump di imporre tariffe del 39% sulle importazioni di beni svizzeri.[14] Infine, i rapporti suggeriscono che anche il Portogallo potrebbe decidere di non acquistare i jet F35 e ora esprime interesse ad aderire al progetto FCAS inizialmente con lo status di osservatore.[15]
[11] Nonostante il programma di caccia FCAS sia quasi al collasso, il Belgio cerca ancora di unirsi come partner a pieno titolo. defense-ua-com 24.07.2025.
[Charlotte Van Campenhout: Belgium reconsiders FCAS role after Dassault CEO slams F-35 purchase. reuters.com 25.07.2025.
[13] Csongor Körömi: La Spagna abbandona i piani di acquisto dei caccia F-35. politico.eu 06.08.2025.
[14] Chris Lunday, Jacopo Barigazzi: I legislatori svizzeri si oppongono all’accordo sugli F-35 dopo la bomba tariffaria di Trump. politico.eu 11.08.2025.
[15] Peter Suciu: Il Portogallo si unirà a uno dei programmi europei di caccia di sesta generazione? nationalinterest.org 05.08.2025.
Oramai vieppiù tutti gli avvenimenti sembrano guidati da un pilota automatico, se volete da una AI. Simplicius , come molti altri commentatori con un minimo di onestà intellettuale, ci trasferisce anche con questo suo ultimo commento il suo crescente sconcerto nel dover constatare la stupida “automaticità” de “l’ occidente
Ma se solleviamo la testa dagli avvenimenti che ci trascinano inesorabilmente verso una devastante WW3 e cerchiamo di inquadrarli fin dall’ inizio di questa “storia” , questo sconcerto sarebbe da definire “di vecchia data” . Chi se non un demente o una Deficienza Artificiale potrebbe aver partorito l’ idea di “contenere “ la Cina aggredendo la Russia ?
Infatti io fin dall’ inizio mi sono posto la seguente domanda : possibile che loro, i “masters of universe” detentori di TUTTO , compresi i migliori “think tank” , le migliori “squole” dove vengono educati/selezionati tutti i nostri supermanager e tutti i nostri superpolitici, non siano riusciti a farsi consigliare qualcosa di “ più meglio” ?
O non è forse proprio questo ciò che LORO vogliono?
Non siamo per caso tutti noi dentro un “1984” dove noi qui siamo tra i pochi Wiston Smith? Non siamo tutti noi de l’“ Oceania” progressivamente schiavizzati trascinandoci in una perpetua “emergenza di guerra” contro oscuri “morbi” o odiosi nemici, dal “terrorismo a l’ Eurasia /Estasia, ect; nemici dove forse c’ è anche lì al loro interno un “partito unico” diviso in “esterno” ed “interno”, con gli “ esterni” che hanno anche lì un proprio “socing” ideologico, laddove però i rispettivi “interni” sono tutti soci dello stesso club : “ i master of universe” appunto?
Ogni giorno che apro il PC io mi pongo sempre questa domanda. E poi però mi dico: possibile che LORO siano veramente così coglioni ?
Possibile che credano davvero di poter controllare un simile “teatro bellico” senza che un “cigno nero”, ad esempio un “grande fratello” locale che si “mette in proprio”, non lo faccia deragliare riportandoci tutti alla realtà di una VERA guerra in cui forse anche il loro “partito interno ” fa una brutta fine?
Beh è possibile! In sostanza è ciò che stiamo già vedendo.
Ad esempio non vediamo già adesso il “partito esterno” €uropeo che “rilancia” come un idiota semplicemente perché intuisce la propria fine e non ci sta a “perdere” ?
Ma allora perché questi (finti) “decisori” sentendosi ormai sacrificati non sviluppano un razionale pensiero geopolitico proprio e non cercano invece di limitare i danni ?
Perché sono degli psicopatici scelti apposta per interpretare solo quella parte !
Oggi l’ €uropa è piena di questi “ droni”; particolarmente pericolosi sono quelli “ tedeschi”, nomi li sapete già, perché aggiungono alla comune psicopatia una particolare cocciutaggine ed una efficienza particolarmente perniciosa .
Quindi difficile salvarsi, purtroppo.
Un tempo non era così. I veri “decisori” di allora sapevano quando dovevano “uscire dal gioco” limitando i danni; i finti decisori di oggi sono stati selezionati proprio per non capirlo!
E chi è stato il primo decisore che ha preferito portare con se fino in fondo il proprio paese? Qualcuno dirà il megalomane Napoleone o lo sciocco Gorbaciov ? Noo ! Io vedo nella storia passata un solo soggetto, naturalmente un tedesco : il “ il signor H”, quello che per tutta la vita si illuse di potersi accordare con chi lo aveva messo lì proprio per portare la guerra fino in fondo.
Tutti, tranne il “signor H “, nel 1943 avevano capito che la Germania aveva già perso. Lo aveva capito anche il “signor M” che pur essendo un dilettante non era scemo. Occorreva quantomeno una “pace separata” ma le uniche avances “angloamericane” consistevano in una pace separata riservata alla sola Italia .
Quel “sola” significava però trasformare comunque l’ Italia in un campo di battaglia; questa non era quindi una “soluzione”, bisognava esplorare altre vie.
E “l’ altra via “ per fermare il massacro europeo era solo una “pace separata” con l’ URSS, perché solo l’ URSS poteva essere interessata a fermare un massacro che la investiva in pieno da ben due anni.
Ovviamente solo alle sue condizioni, che però molto probabilmente non avrebbero richiesto la “ resa incondizionata” richiesta da sempre dagli “angloamericani”.
Certamente non era una cosa molto probabile, ma nell’interesse della intera Europa sarebbe andata comunque esplorata.
Dicono infatti che a Feltre il “signor M” volesse convincere di questo il “camerata tedesco ” e addirittura dicono che per dare subito corso a questo tentativo ci fosse già nelle vicinanze un misterioso “inviato” del “signor S”.
Ma la cosa non fu possibile. “ Il signor M” non riuscì nemmeno ad interrompere il monologo spiritato del “ signor H” e che lo subì a capo chino, forse cominciando a pensare a come salvare se stesso da un disastro ormai inevitabile.
Quelli che pensano infatti alla storiella del “signor M” sorpreso dal Gran Consiglio non sono molto perspicaci esattamente come quelli che credono che “ il signor M” dovesse morire per le famose “lettere di Churchill”, perché quelle “lettere” , anche se ci fossero state , potevano essergli sempre semplicemente sottratte.
Io, che sono malizioso per natura penso invece che fosse un altro il “ segreto” che doveva essere sigillato per sempre , magari con un lavoro “ “benfatto” cioè ufficialmente fatto dai comunisti italiani ma non per conto dei loro “piccolo padre”, che infatti non lo rivendicò mai.
Costui daltronde non aveva certo motivo per opporvicisi , datosi che dal 1943 il quadro geopolitico era cambiato e seppellire per sempre ciò che forse poteva essere a Feltre, di sicuro avrebbe fatto oramai comodo anche a lui.
La geopolitica è così, non fa sconti a nessuno e non ci sono spazi per ideologie e sentimentalismi , perché quando ti siedi a quel tavolo non sai quando e come ne potrai venir via .
Quale è quindi la morale di tutto questo ?
La prima ovviamente è : mai sedersi da dilettanti al tavolo da gioco della geopolitica credendone poi di potersene comunque uscire con poca spesa, aka i famosi “ pochi migliaia di morti”…
La seconda , altrettanto ovviamente , è : mai sedercisi facendo “società” con i tedeschi , perché hanno una spropositata propensione al rischio, sono presuntuosi cocciuti e pure delle vere “schiappe” .