Il rapporto dell’Army War College prevede un numero elevato di vittime in una lotta quasi ravvicinata contro la [Russia] – Analisi

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Il rapporto dell’Army War College prevede un numero elevato di vittime in una lotta quasi alla pari contro la [Russia] – Analisi

Traduciamo questa utilissima analisi in cui “Simplicius the Thinker” prende in esame due documenti: il rapporto dello U.S. Army War College pubblicato sul numero d’autunno di “Parameters”, già tradotto e pubblicato da italiaeilmondo.com, e un recentissimo studio della RAND sulle possibilità di escalation nella guerra ucraina, che tradurremo e pubblicheremo a breve.

Sono entrambi documenti del massimo interesse per prevedere i futuri sviluppo delle ostilità, e indagare le intenzioni degli Alti Comandi occidentali e russi.

Buona lettura. Roberto Buffagni

Qualche settimana fa l’U.S. Army War College ha pubblicato un documento[1] in cui si chiedeva alle forze armate statunitensi di adattarsi al moderno stile di guerra innovato nel conflitto ucraino.

[1] https://italiaeilmondo.com/2023/09/15/lezioni-dallucraina-per-le-forze-armate-del-futuro/

Il documento ha fatto il giro del mondo grazie ad alcune ammissioni sorprendenti, di cui parleremo. Ma ciò che è più importante capire è che il documento rappresenta un grande cambiamento generale di pensiero che si propaga in tutta la sfera dell’Occidente atlantista, ed è stato pubblicato di concerto con molti altri pezzi chiave di think tank e cambiamenti di politica annunciati dall’UE, dalla NATO, eccetera, che nel complesso manifestano la diffusione massiccia del panico nelle strutture dell’Occidente, e la conseguente necessità di cambiare urgentemente la loro strategia.

Questo punto è uno dei temi centrali del documento del War College. Il suo preambolo iniziale può essere riassunto in una sola frase: l’attuale periodo segnato dal conflitto ucraino rappresenta il più grande “punto di inflessione” in 50 anni di storia militare. Gli autori ritengono che la guerra dello Yom Kippur del 1973 sia stato il precedente punto di inflessione di maggior impatto. Raccontano come l’esercito statunitense fosse demoralizzato dall’esperienza in Vietnam e dall’incapacità di raggiungere i propri obiettivi, seguito dal fatto che Israele ha quasi perso contro un Egitto equipaggiato con mezzi sovietici nella guerra dello Yom Kippur.

Per fare un quadro molto sintetico e troppo generico, anche se Israele è indicato come “vincitore” ufficiale della Guerra dello Yom Kippur, l’Egitto ha in realtà raggiunto la maggior parte dei suoi obiettivi politici, che consistevano nell’impossessarsi di alcune terre a est di Suez per poi riprendersi la penisola del Sinai, cosa che è avvenuta. Sebbene l’Egitto abbia commesso errori madornali che hanno causato la sconfitta di parte del suo esercito, la guerra ha dimostrato a Israele, agli Stati Uniti e agli alleati che il futuro sarebbe stato pericoloso, poiché gli arabi stavano diventando molto più forti, in particolare con l’appoggio sovietico. Infatti, per chi fosse interessato, per pura coincidenza, una settimana fa il Jerusalem Post ha pubblicato un nuovo articolo[1] sull’ironia del fatto che, a distanza di anni, Israele considera la guerra dello Yom Kippur come un’esperienza cupa, mentre in Egitto viene celebrata come una grande vittoria.

 

In ogni caso, il War College spiega che come risultato di questo periodo di inflessione, gli Stati Uniti hanno fondato la scuola TRADOC (United States Army Training and Doctrine Command). Che in realtà è una rete di scuole incaricate di creare nuove dottrine operative, in modo che l’esercito americano sia pronto per i conflitti futuri. In breve, erano spaventati dagli sviluppi degli anni precedenti e avevano bisogno di un modo per “saltare in avanti” rispetto alla concorrenza. Questo ha portato a una serie di nuove dottrine, come l’AirLand Battle di cui ho scritto a lungo in questa precedente analisi[2] di un think-tank interno agli Stati Uniti:

[1] https://www.jpost.com/israel-news/article-760011

[2] https://simplicius76.substack.com/p/dissecting-west-point-think-tanks

La nuova analisi del think tank di West Point sull’evoluzione militare della Russia

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JUN 21
Dissecting West Point Think-tank's New Analysis of Russia's Military Evolution
Il Modern War Institute di West Point – una sorta di think tank presieduto da Mark Esper e che fa parte del Department of Military Instruction – ha pubblicato un’interessante analisi approfondita delle innovazioni russe sul campo di battaglia, intitolata SMO: IL MODO RUSSO DI FARE LA GUERRA IN UCRAINA: UN APPROCCIO MILITARE IN CORSO DI REALIZZAZIONE DA NOVE DECENNI.
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Il punto chiave di Esper culmina come segue:

La nuova organizzazione di DePuy (TRADOC) è stata incaricata di studiare la guerra dello Yom Kippur per sviluppare concetti, guidare le modifiche agli approvvigionamenti e ai materiali e preparare l’esercito a combattere una guerra moderna.

Il Segretario alla Difesa James R. Schlesinger, Abrams e DePuy si resero conto che l’Esercito si trovava in una fase critica e che solo un cambiamento monumentale avrebbe potuto preparare le forze armate al cambiamento del carattere della guerra. Sarebbero passati 50 anni prima che emergesse il prossimo grande punto di inflessione che avrebbe suggerito la necessità di cambiamenti a livello di dottrina e di materiali.

Cinquant’anni dopo, l’Esercito si trova di fronte a un nuovo punto di inflessione strategico, una scelta per modificare il modo fondamentale in cui l’Esercito americano si prepara alla prossima battaglia. Mentre l’establishment della Difesa esce da 20 anni di operazioni di controinsurrezione e inizia ad abbracciare un futuro di operazioni di combattimento su larga scala, il conflitto russo-ucraino in corso mette in evidenza il carattere mutevole della guerra: un futuro di guerra caratterizzato da sistemi d’arma autonomi e avanzati, dall’intelligenza artificiale e da un tasso di vittime che gli Stati Uniti non sperimentavano dalla Seconda Guerra Mondiale.

 

Il rapporto prosegue affermando che la guerra è stata un campanello d’allarme per l’esercito, che ha bisogno di un importante “cambiamento culturale” per interiorizzare e abbracciare appieno gli sviluppi sul campo di battaglia a cui si sta assistendo. In effetti, questo rapporto del War College è stato redatto su richiesta e sotto gli auspici del TRADOC.

Il succo della loro principale preoccupazione è qualcosa che tutti conosciamo e di cui ho scritto continuamente, anche nel rapporto precedentemente pubblicato. Si tratta del fatto che gli ultimi due decenni di azione militare degli Stati Uniti all’estero non sono stati altro che azioni di polizia glorificate contro le minacce degli insorti, in cui ci si è occupati principalmente di addestramento, tattica e dottrina strategica generale COIN (Counter Insurgency).

Ora gli Stati Uniti capiscono che anni di combattimenti in cui la dominanza nelle comunicazioni e la supremazia aerea hanno permesso agli Stati Uniti di diventare indisciplinati e lassisti, senza doversi mai preoccupare di essere “contestati” in alcun ambito. Questo è lo stesso punto sollevato dal discorso del dottor Philip Karber[1] a West Point, dove ha ripetutamente sottolineato quanto i punti logistici nelle retrovie e C2/C3 dell’esercito americano “brillino” nello spettro elettromagnetico, e con quanta facilità sarebbero stati visti e individuati dalla Russia o da qualsiasi forza avanzata di pari livello.

[1] https://youtu.be/_CMby_WPjk4

La guerra Russia-Ucraina manifesta che la segnatura elettromagnetica emessa dai posti di comando degli ultimi 20 anni non può sopravvivere contro il ritmo e la precisione di un avversario che possiede tecnologie basate su sensori, guerra elettronica e sistemi aerei senza pilota o ha accesso alle immagini satellitari.

 

Il documento rivela che attualmente i posti di comando dei battaglioni ucraini sarebbero composti da soli sette soldati che si trincerano e cambiano posizione due volte al giorno.

 

Un altro nuovo rapporto[1] complementare conferma questo dato.

[1] https://www.defenseone.com/threats/2023/09/lessons-ukraine-us-army-using-conflict-europe-prepare-soldiers-next-war/390763/

Citando il generale di brigata David Gardner del JRTC (Joint Readiness Training Center):

A loro volta, le formazioni dell’Esercito stanno imparando ad adattarsi, anche utilizzando il meno possibile le apparecchiature di comunicazione. “In passato erano solo gli esploratori ad andare in silenzio radio”, ha detto Gardner. “Ora lo vediamo in tutte le formazioni”.

Le formazioni si stanno adattando anche modificando le loro comunicazioni, utilizzando antenne paraboliche per dirigere le onde radio, utilizzando cavi a fibre ottiche e cercando di adeguarsi allo schema del traffico di altri segnali nella zona per non farsi notare, ha detto Taylor.

 

Il principale punto di preoccupazione di Gardner riguardo al campo di battaglia moderno è la sua natura completamente “trasparente”: nulla di ciò che si fa può essere veramente nascosto, almeno non con una certa facilità e non senza un sforzo sproporzionato.

Tornando al rapporto del War College, arriviamo ora alla parte più illuminante che sta facendo il giro di internet. La cruda ammissione che, di fronte a una guerra ad alta intensità senza precedenti come il conflitto ucraino, gli Stati Uniti possono aspettarsi di subire 3.600 vittime al giorno:

Perdite, rimpiazzi e reintegrazioni

La guerra tra Russia e Ucraina sta mettendo a nudo significative vulnerabilità della profondità strategica del personale dell’Esercito e della sua capacità di sopportare e rimpiazzare le perdite11. I pianificatori medici di teatro dell’Esercito possono prevedere una percentuale costante di circa 3.600 caduti al giorno, tra gli uccisi, i feriti o gli affetti da malattie o altre lesioni non ricevute battaglia.12 Con un tasso di rimpiazzo previsto del 25%, il sistema del personale richiederà 800 nuove unità al giorno. Per fare un confronto, gli Stati Uniti hanno subito circa 50.000 perdite in due decenni di combattimenti in Iraq e Afghanistan. In operazioni di combattimento su larga scala, gli Stati Uniti potrebbero subire lo stesso numero di vittime in due settimane.

:

In primo luogo, questa sembra un’interessante ammissione di ciò che probabilmente ritengono essere le vere perdite quotidiane dell’Ucraina, compreso il totale dei feriti, ma forse anche un’ammissione del fatto che gli Stati Uniti possono finire per subire perdite ancora più elevate perché attualmente non hanno la capacità di disperdersi e de-centralizzarsi con l’efficienza di cui l’Ucraina sta dando prova. Per non parlare della comprensione generale che in una guerra tra Stati Uniti e Russia, quest’ultima non combatterà con i “guanti di velluto” come sta facendo attualmente con l’Ucraina, che considera come una nazione sorella. La Russia, oggi, ha determinate priorità di missione per ridurre le vittime civili e i danni alle infrastrutture in una terra che in seguito intende occupare e annettere. Tutto questo andrebbe a rotoli contro gli Stati Uniti o la NATO.

Secondo il rapporto, in sole due settimane gli Stati Uniti possono subire 50.000 vittime. Ma il problema più grande è che si prevede la necessità di 800 rimpiazzi al giorno, per sostenere una guerra di questo tipo, mentre si richiama l’attenzione sulle gravi carenze dell’attuale sistema di riserva:

 

La Individual Ready Reserve, che era di 700.000 unità nel 1973 e di 450.000 nel 1994, è ora composta da 76.000 unità.15 Questi numeri non sono in grado di colmare le lacune esistenti nella forza attiva, per non parlare del rimpiazzo delle perdite o dell’espansione delle forze in un’operazione di combattimento su larga scala. Ne consegue che il concetto anni ’70 di una forza interamente volontaria ha superato la sua validità, e non è in linea con l’attuale ambiente operativo. La rivoluzione tecnologica descritta di seguito suggerisce che questa forza ha raggiunto l’obsolescenza. Il fabbisogno di truppe per operazioni di combattimento su larga scala potrebbe richiedere un ripensamento della forza tutta volontaria degli anni ’70 e ’80, e un passaggio alla coscrizione parziale.

 

L’aspetto più interessante è che questa pubblicazione arriva nel bel mezzo di una spinta tempestiva e chiaramente coordinata da parte di altre pubblicazioni per iniziare a condizionare l’opinione pubblica statunitense sulla necessità di una nuova futura leva per rifornire le forze armate americane, ormai esaurite.

Military.com ha lanciato per primo l’allarme[1] su questa necessità un paio di mesi fa:

[1] https://www.military.com/daily-news/opinions/2023/07/29/we-need-limited-military-draft.html

Military.com first blew the horn :

L’autore sostiene che la fiducia nelle forze armate è ai minimi termini e che i reparti non riescono a riempire le loro quote annuali di reclute. Una “leva limitata” potrebbe aiutarli a recuperare i loro numeri. Ciò si accorda con il rapporto del War College che afferma che:

 l’Esercito degli Stati Uniti si trova ad affrontare una terribile combinazione tra carenza nel reclutamento e riduzione della Individual Ready Reserve [Riserva composta da ex membri effettivi o della riserva dell’esercito, N.d.C.] Questa carenza nel reclutamento, pari a quasi il 50% nelle carriere che preparano le truppe di prima linea, è un problema longitudinale. Ogni soldato di fanteria e forze corazzate che non reclutiamo oggi è una risorsa strategica per la mobilitazione che non avremo nel 2031.

In breve, stanno pensando ai conflitti futuri e hanno già individuato che l’America non avrà nemmeno lontanamente il numero di “corpi” necessario per affrontare un avversario competente.

Ma ecco la bomba più grande di tutte. Chi ha letto il mio lavoro sa che ho insistito ripetutamente sul fatto che la dicotomia “coscritti vs. contrattisti” è una semplificazione deliberata in Occidente, progettata per denigrare e sminuire l’esercito russo e, soprattutto, che la forza “interamente professionale” vista come l’incarnazione dell’ideale militare occidentale è in realtà un’illusione destinata solo a sostenere conflitti insurrezionali localizzati. In breve, ho detto fin dall’inizio che queste forze “interamente professionali” non hanno alcuna possibilità di successo in scenari di guerra totale su larga scala.

Ora, sorpresa, il rapporto del War College concorda con la seguente ammissione:

Ne consegue che il concetto anni ’70 di una forza interamente volontaria ha superato la sua validità, e non è in linea con l’attuale ambiente operativo. La rivoluzione tecnologica descritta di seguito suggerisce che questa forza ha raggiunto l’obsolescenza. Il fabbisogno di truppe per operazioni di combattimento su larga scala potrebbe richiedere un ripensamento della forza tutta volontaria degli anni ’70 e ’80, e un passaggio alla coscrizione parziale

Traduzione: l’idea di una forza interamente volontaria/professionale è obsoleta. Le operazioni di combattimento su larga scala richiedono almeno una coscrizione parziale. Chiunque capisca qualcosa in campo militare lo sapeva già da tempo. Come si può sostenere uno sforzo bellico ad alta intensità, con migliaia di vittime al giorno, solo con arruolamenti volontari? I pianificatori statunitensi dovrebbero saperlo: la loro ultima “vera guerra”, quella del Vietnam, era notoriamente caratterizzata da una leva obbligatoria su larga scala, eppure gli Stati Uniti persero lo stesso. Immaginate di combattere una guerra del genere senza leva o “coscritti”?

 

Ma il problema fatale per gli Stati Uniti ora è che l’orgoglio nazionale e il morale generale sono ai minimi storici, probabilmente. Per non parlare del fatto che la popolazione eleggibile è ormai prevalentemente troppo malata e fuori forma per essere qualificata per il servizio militare, il che richiede un costante e strisciante regime di allentamento degli standard.

Gli ultimi dati non sono solo “preoccupanti”, ma addirittura catastrofici, e questo è quanto emerge da un rapporto ufficiale del Dipartimento della Difesa:

In realtà, l’articolo di Military.com ammette che la leva è stata abolita e sostituita con il sistema dei “volontari” nel 1973, principalmente a causa del disgusto e della stanchezza dell’opinione pubblica americana per la guerra del Vietnam. Si può vedere come funziona la propaganda: gli Stati Uniti hanno perso una guerra impopolare e sono stati costretti a cambiare il loro sistema. Poi, questo sistema viene successivamente valorizzato in ogni pubblicazione militare, rappresentazione della cultura pop, ecc. come il sistema “superiore” a qualsiasi sistema arretrato usato dalla Russia. Eppure è chiaro che gli Stati Uniti si sono differenziati dal sistema russo solo per mancanza di scelta, e costretti dalla propria popolazione.

 

Altre pubblicazioni sono giunte alla stessa conclusione per quanto riguarda il collegamento del rapporto del War College con le recenti voci di una potenziale riattivazione della leva negli Stati Uniti:

La verità è che per molti versi le forze armate statunitensi sono attualmente molto più piccole e meno pronte per un conflitto importante di quanto sappia la maggior parte delle persone. Non solo per quanto riguarda le truppe necessarie e le capacità industriali strategiche, di cui abbiamo già discusso a lungo in questa sede, per la produzione di armi, eccetera, ma anche per l’equipaggiamento attualmente disponibile.

Solo per fare un esempio, senza perdersi nei dettagli, ecco la revisione dell’esercito americano delle sue attuali forze terrestri per il 2024, che rivela una quantità scioccante di forze corazzate pesanti:

Si tratta di appena 970 carri armati Abrams operativi, il resto è in deposito. Le loro forze sono distribuite su appena 31 brigate da combattimento attive.

Forse starete pensando che anche i Marines hanno gli Abrams, ma avrebbero dovuto cederli tutti all’Esercito diversi anni fa dopo la transizione verso una forza interamente anfibia.

In realtà, il giornale “Army Times” dell’esercito americano ha segnalato[1] i problemi l’anno scorso, affermando che la “crisi di reclutamento” ha ridotto l’esercito a 445.000 unità entro l’ottobre 2023, il che richiede una ristrutturazione dei BCT (Brigade Combat Team).

Le cifre si suddividono in appena 11 ABCT (Armor Brigade Combat Teams), ognuna delle quali ha 6 compagnie corazzate di circa 15 carri armati Abrams ciascuna, ovvero 87 carri armati per ABCT. Quindi 87 x 11 = 957, che è all’incirca l’attuale forza di carri armati degli Stati Uniti come dal grafico più sopra.

È estremamente poco per una guerra moderna contro una potenza come la Russia che, anche secondo fonti occidentali, avrebbe perso migliaia di carri armati e continua a funzionare bene. Inoltre, quei miseri 900 carri armati Abrams non sono nemmeno tutti le varianti più avanzate: molti di loro sono vecchi M1A1. Si dice che l’Ucraina abbia perso circa 400-500 carri armati o più nella controffensiva da giugno. In pratica, in tre mesi sarebbe sparita la metà dell’intero esercito americano in attività.

Ma torniamo al rapporto del War College. Alla luce di questi problemi, quali sono le loro ricette per il futuro? Ad essere onesti, sembra un elenco piuttosto anemico di suggerimenti, alcuni dei quali discutibili e nessuno dei quali offre una panacea. Ritengono che le forze armate dovrebbero sviluppare legami più stretti con le aziende private responsabili di molti sistemi d’arma, dall’intelligence open-source ai droni, ecc. Sembrano ritenere che questa sorta di fusione tra privato e militare sia parte integrante della vittoria nelle battaglie future, basandosi semplicemente sul modo in cui l’open source e le società satellitari, ecc. hanno aiutato l’Ucraina a ottenere la supremazia nell’ISR nell’attuale conflitto.

 

Naturalmente ignorano la miriade di insidie e vulnerabilità che si nascondono dietro una trappola così allettante. Ne ho già descritti molti in precedenza. I documenti del Pentagono hanno dimostrato che l’intelligence statunitense si è spesso affidata a dati open source di “BroSinters” dilettanti, spesso – o oserei dire di solito – a loro discapito. Ad esempio, l’uso di numeri fraudolenti di Oryx per calcolare le perdite russe, in base alle quali poi vengono scritte le strategie e le politiche. O l’uso della pletora di account OSINT amatoriali specializzati nella mappatura topografica della linea russa Surovikin a Zaporozhye, che ha portato a catastrofici errori di calcolo e sottovalutazione delle difese strategiche della Russia.

 

Il fatto è che, dovendo far fronte a carenze e deficit disastrosi, le forze armate statunitensi non hanno altra scelta se non quella di “esternalizzare” molte delle loro future capacità di combattimento – sia che si tratti di società private, di collettivi open source su Internet, ecc. Uno dei difetti fatali che questo crea è un sistema poroso e privo di sicurezza operativa. Lo dimostrano le fughe di notizie del Pentagono all’inizio dell’anno, quando si è scoperto che, a causa dell’enorme quantità di appaltatori esterni necessari per lavorare sui sistemi interni delle forze armate statunitensi, era semplicemente impossibile imporre restrizioni nel protocollo di accesso che proteggessero totalmente il labirinto delle condutture di informazioni.

Ma i pianificatori dell’Esercito vogliono fare leva su questo aspetto. L’intera sezione che ho appena riassunto è intitolata “Maggiore uso dell’intelligence non classificata”.

Un’altra prescrizione un po’ umoristica è quella di creare un “manuale dei manuali” interno usando l'”intelligenza artificiale generativa”, come ChatGPT:

I manuali del passato “come si combatte” di DePuy, reinventati come piattaforme di chat alimentate da basi di conoscenza generativa dell’intelligenza artificiale, e sovrapposti alle rotazioni del Centro nazionale di addestramento, alle esercitazioni dei combattenti di divisione e di corpo d’armata, e all’addestramento delle piccole unità, costituirebbero l’attività di. convergenza definitiva.

In effetti, l’altro articolo complementare che ho citato in precedenza ha fatto luce su come questo tipo di addestramento sia già in corso nei centri dell’esercito statunitense:

 

In una recente esercitazione, le truppe OPFOR di Taylor hanno utilizzato il modello di linguaggio AI ChatGPT per creare oratori nemici sul sito artificiale di social media utilizzato per l’addestramento. Il ministro della Difesa nemico dell’IA ha ingaggiato una guerra di tweet con l’unità dell’esercito.

 

È questa la loro risposta? Guerra di tweet con ChatGPT? Non sono impressionato. Anche se, per certi versi, non è molto diverso da quanto già sperimentato dall’Ucraina. Un recente articolo di “Le Monde” ha descritto la “delusione” degli istruttori della NATO, costretti a cercare soluzioni “su YouTube” per aiutare i loro allievi ucraini:

[1] https://www.armytimes.com/news/your-army/2022/07/29/army-may-restructure-brigade-combat-teams-amid-recruiting-woes/

🇺🇦

“Ci sono stati diversi casi in cui (gli istruttori della NATO) sono andati a cercare soluzioni su YouTube, soprattutto quando si pianificavano le operazioni o si risolvevano i disaccordi”.

Secondo un soldato ucraino addestrato in Occidente, gli stessi istruttori non sempre sanno come agire in situazioni impreviste.

La situazione della ricognizione aerea con i droni è la più deplorevole: gli istruttori sostengono che non è inclusa nel programma di addestramento della NATO, sebbene questa disciplina sia parte integrante della guerra in Ucraina.

 

Beh, con generali come Milley alla guida degli Stati Uniti, suppongo che si possa usare la ChatGPT per costruire la propria strategia offensiva in una guerra futura: probabilmente avrà più successo di generali e comandanti ignoranti, politicizzati e “woke”.

 

Naturalmente, questo dimostra che l’autrice dell’articolo non solo era il “Direttore della Strategia e dei Piani del Comando Centrale delle Operazioni Speciali degli Stati Uniti”, ma era anche il “Direttore della Strategia e dei Piani del Comando Centrale delle Operazioni Speciali degli Stati Uniti”:

Ironia della sorte, il secondo autore del documento è John A. Nagl, le cui credenziali principali lo indicano come esperto di fama mondiale di “controinsurrezione”. Penso che stiamo iniziando a vedere il problema alla base della moderna dottrina militare statunitense. Avete un’assunzione in base alla “diversità” e un operatore COIN che scrivono le vostre strategie per sconfiggere le superpotenze Russia e Cina. Ovviamente questo è un problema endemico delle forze armate statunitensi e, invece di cambiare, non potrà che peggiorare. Per esempio, il primo discorso pubblico del nuovo sostituto di Milley come Capo dei Joint Chiefs of Staff, Charles Q. Brown, è stato incentrato sull’assunzione di personale militare “diversificato”. Questo oltre al fatto che era già noto da tempo come “più woke” dello stesso Milley, il che la dice lunga:

Non intendo politicizzare l’analisi, ma evidenziare che le forze armate americane sono in declino terminale perché il loro obiettivo primario continua ad essere la identity politics, la soddisfazione delle quote di “diversità” e altre questioni che non dovrebbero trovare posto in un esercito, o almeno non dovrebbero costituire la preoccupazione principale della sua leadership. Naturalmente, Russia e Cina si stanno sfregando le mani per la completa mancanza di iniziativa da parte del loro principale avversario.

La sezione finale del rapporto del War College ribadisce la richiesta di grandi cambiamenti nell’apprendimento e nell’addestramento a partire da questo “punto di inflessione” storico. Ritiene che l’antica dottrina della Airland Battle si trasformerà ora in una dottrina della battaglia terrestre con l’IA, grazie a ciò che la Russia ha insegnato loro:

 

Il concetto di battaglia aerea in appoggio alle forze di terra derivato dalla guerra dello Yom Kippur (dopo il fallimento dell’incursione nella Difesa attiva) potrebbe ora trasformarsi in una battaglia terrestre con intelligenza artificiale, informata dalla guerra Russia- Ucraina e da un futuro di veicoli da combattimento terrestri in gran parte senza equipaggio o con equipaggio remoto.

È interessante notare che questo cambiamento rispecchia quanto accadde nella Guerra del Golfo, dove la Russia ha visto gli Stati Uniti sconfiggere l’Iraq in un modo “nuovo” e imprevisto, che ha spinto gli istituti di guerra e i think tank russi a riconfigurare le loro idee su come potrebbe essere la guerra futura. Ho scritto qui delle idee che hanno tratto da quell’esperienza di apprendimento – e la maggior parte di esse si è rivelata molto accurata per il conflitto odierno.

FIN QUI

Passiamo ora al nuovo documento della RAND[1], che tratta il tema dell’escalation del rischio nella guerra in Ucraina. Ci sono solo un paio di punti principali da approfondire. Il più importante è l’elenco RAND dei 3 principali tipi di scenari di escalation che potrebbero verificarsi:

[1] Frederick, Bryan, Mark Cozad, and Alexandra Stark, Understanding the Risk of Escalation in the War in Ukraine. Santa Monica, CA: RAND Corporation, 2023. https://www.rand.org/pubs/research_briefs/RBA2807-1.html.

Di nuovo, per collegare le cose all’attualità, è interessante che abbiano scelto di concentrarsi su quest’area proprio ora. Il motivo è che appena ieri la Gran Bretagna ha fatto scalpore affermando che invierà “consiglieri in Ucraina”. Ora, come in un’altra uscita concertata, la Rand discute di cosa accadrebbe se la Russia uccidesse funzionari della NATO all’interno dell’Ucraina.

È anche uno strano tempismo, viste le recenti dichiarazioni di Medvedev, che a loro volta fanno seguito a un’importante provocazione da parte della Germania riguardo al missile Taurus, secondo cui la Russia sarebbe legalmente autorizzata a colpire le strutture tedesche al di fuori dell’Ucraina, in risposta alla posizione della Germania secondo cui l’Ucraina può usare i missili Taurus per colpire obiettivi all’interno della Russia stessa.

Di solito queste catene di provocazioni sono accuratamente pianificate e orchestrate dall’Occidente, come lo è stata l’intera guerra ucraina. Perché conoscere i punti sensibili di un Paese e le sue reazioni dottrinali dichiarate su quei punti, per poi premerli, così provocando il Paese a fare esattamente ciò che si vuole che faccia, è una tattica elementare.

Abbiamo parlato a lungo del fatto che, quando l’Ucraina sarà sull’orlo della capitolazione totale, ci sarà un pericoloso periodo di aumento del rischio che un importante evento sotto falsa bandiera venga orchestrato dell’Occidente per salvarla. Quindi, data la tempistica e il fatto che l’Ucraina pare entrata in una fase di declino, il rapporto RAND mi sembra quasi di natura prescrittiva, ossia un sottile “incoraggiamento” ai responsabili politici clandestini ad avviare una fase di operazioni che potrebbero provocare e spingere la Russia a creare la necessaria “reazione eccessiva” che porrebbe le basi per una qualche forma di intervento per salvare l’Ucraina.

Si noti come ognuno dei punti RAND sia situato un’area in cui l’Occidente ha iniziato, di recente, un’escalation. Eppure qui lo stanno caratterizzando come una giustificazione preventiva, in modo da darsi un’assoluzione postuma, se gli eventi dovessero precipitare come descritto.

Per esempio, prendiamo il numero 1: un attacco russo potrebbe uccidere funzionari della NATO all’interno dell’Ucraina, causando una “risposta collettiva” da parte dei membri della NATO. Stanno cercando di dare ai membri della NATO idee su cosa fare? E il Regno Unito, membro della NATO, ha appena annunciato l’invio di consiglieri al fronte in un ruolo molto più coinvolto, il che condurrebbe all’auto-realizzazione di questa profezia.

#2: Manovre aggressive della Russia contro gli aerei da ricognizione della NATO nel Mar Nero. Chiunque abbia seguito il conflitto di recente sa che, soprattutto nel periodo dei grandi attacchi alla Crimea, i voli di ricognizione della NATO nel Mar Nero sono diventati particolarmente ed eccezionalmente provocatori. Questo include un aumento del numero di voli, voli più ravvicinati verso la Crimea, nonché nuove rotte AWACS[1] stabilite in Lituania e Romania, per non parlare dell’annuncio che per la prima volta, anche gli aerei da ricognizione francesi hanno iniziato a operare nel Mar Nero.

Ancora una volta vediamo che sembra avanzare la dialettica della profezia che si autorealizza. Aumentano intenzionalmente la pressione sulla Russia in una determinata area per forzare una reazione eccessiva, poi ne prefigurano le conseguenze in un articolo per “dimostrare” retroattivamente che avevano sempre previsto le escalation aggressive/illegali/barbariche della Russia.

 

#3: La Russia percepisce erroneamente una mossa della NATO come l’inizio di un intervento. Beh, vediamo un po’: la Russia potrebbe forse fraintendere l’annuncio letterale di stivali NATO sul terreno fatto di recente da nientemeno che l’attuale Ministro della Difesa del Regno Unito – uno dei più importanti e potenti membri armati di armi nucleari della NATO – come l’inizio di una sorta di intervento? Come si fa a non “fraintendere”?

Ricordiamo che nei reportages dell’annuncio altamente provocatorio del Ministro della Difesa britannico[2], la parte più significativa è stata trascurata. Tutti si sono concentrati sulla dichiarazione di spostare gli stivali sul terreno “più a est” in Ucraina, piuttosto che semplici istruttori nella regione occidentale. Ma hanno completamente ignorato la parte in cui ha annunciato di portare la Royal Navy nel Mar Nero:

[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Airborne_Early_Warning_and_Control

[2] https://web.archive.org/web/20230930203213/https://www.telegraph.co.uk/politics/2023/09/30/grant-shapps-to-send-uk-troops-to-ukraine/

Dopo un viaggio a Kiev la scorsa settimana, Shapps ha anche rivelato di aver parlato con Volodymyr Zelensky, il presidente ucraino, di come la Marina britannica potrebbe svolgere un ruolo nella difesa delle navi commerciali dagli attacchi russi nel Mar Nero.

 

Riassumiamo. Il Regno Unito annuncia una mossa altamente provocatoria per insinuare se stesso e la sua Marina nella guerra, e poi casualmente RAND pubblica un nuovo articolo che descrive come sia la Russia che potrebbe presto entrare in una “escalation” disperata lanciando attacchi non provocati alle truppe della NATO?

È chiaro che quanto che stanno cercando di fare è crearsi una giustificazione che faccia ricadere la colpa di ogni futura escalation sulla Russia.

Ecco il grafico finale del loro rapporto, con tutte le potenziali dinamiche di escalation che prevedono:

È interessante notare che, sepolta nel rapporto complementare esteso, c’è l’ammissione che la Russia non ha in realtà alcun motivo di escalation, perché prevede di poter ancora vincere la guerra attraverso un costante logoramento:

 

La Russia ritiene di avere ancora un percorso per raggiungere i suoi obiettivi in Ucraina. Al momento, al Cremlino sembra esserci ancora la percezione che una mobilitazione continua e la possibilità di superare l’Ucraina e i principali Paesi della NATO in termini di munizioni critiche possano consentire alla Russia di vincere una lunga e logorante guerra di logoramento, senza assumersi ulteriori rischi di intervento della NATO. Attaccare direttamente la NATO e sperare che la risposta sia una riduzione del sostegno all’Ucraina piuttosto che un aumento, o addirittura un ingresso diretto della NATO nella guerra, sarebbe un rischio enorme da correre per la Russia. Finché Mosca riterrà di avere altre strade plausibili per raggiungere i propri obiettivi in guerra, potrebbe preferire evitare tali rischi.

 

Ma questo sembra evidenziare una strana dicotomia: da un lato l’intero rapporto, intitolato Escalation in the War in Ukraine, sembra andare a gonfie vele nel tentativo di convincere i lettori e i politici che la Russia è circondata da una pletora di opzioni di escalation, insinuando che non avrà altra scelta se non quella di utilizzarne una quando diventerà sempre più “disperata” nello sforzo bellico. D’altra parte, però, ammettono che la Russia non vede alcuna ragione per un’escalation.

Questo ci porta a concludere che attualmente, il vero dibattito nei centri di comando militari nei think tank occidentali ruota attorno alla ricerca di ulteriori punti di pressione, e di modi per condurre la Russia a volere un’escalation, così da da rivolgere la percezione globale contro la Russia, e giustificare un ulteriore intervento di qualche tipo della NATO per salvare l’Ucraina. In un certo senso, come ho già detto, questo rapporto somiglia di più a un manuale o una guida, soggetto: come fare in modo che la Russia ci fornisca il casus belli per aumentare le nostre provocazioni, intensificare il conflitto e salvare un’AFU in difficoltà.

Quel che lo studio RAND mette in luce e fa risaltare, è il fatto che l’Occidente è molto suscettibile e irritato per l’approccio stoico e controllato della Russia a questa guerra. Sono fuori di sé, e non riescono a credere che la Russia possa combattere un conflitto così devastante e prolungato in modo tanto calmo e misurato, senza grandi sconvolgimenti politici, sociali ed economici che la mandino in tilt e creino l’ondata di disordini che renderebbe necessaria una “escalation” sproporzionata, che si rivelerebbe un grosso errore e farebbe un enorme regalo ai pensatori della NATO.

Pertanto, alla luce di ciò, l’Occidente intende utilizzare tutti i mezzi possibili per indurre la Russia a darsi la zappa sui piedi rispondendo in modo sproporzionato a una delle provocazioni che ha in serbo, al fine di dare una ragione d’essere a un intervento per salvare l’Ucraina. Non deve trattarsi di qualcosa di proporzioni massime, come un’invasione totale della NATO o qualcosa del genere. No, basterebbe anche solo la giustificazione di un ulteriore aumento del sostegno, o l’attivazione di armi strategiche più letali fornite all’Ucraina.

Ricordiamo che una parte importante – forse la più grande – del sostegno dell’Occidente consiste nel convincere le proprie popolazioni e i legislatori a giustificare impegni sempre più provocatori in materia di fornitura d’armi. Anche provocare una reazione avventata russa relativamente minore si potrebbe usare per convincere le popolazioni occidentali, ormai stanche, ad accettare la consegna di oggetti come gli ATACMS[1] o altri.

 

Naturalmente, ritengo che tutto questo sia un esercizio relativamente inutile e un vicolo cieco strategico, perché non credo che abbiano ancora molto da consegnare che possa cambiare la traiettoria, ormai cristallizzata, di questo conflitto. L’unico altro potenziale punto chiave che ho potuto cogliere dal documento della Rand e che potrebbe plausibilmente costituire l’asse di una strategia è l’ultimo punto della lista delle opzioni di escalation: l’opzione G.

L’opzione G recita: L’Ucraina espande i suoi attacchi all’interno della Russia. Motivazione: Aumentare i costi politici interni per la leadership russa.

Questa opzione racchiude praticamente l’unica opzione realistica che gli rimane e, viste le recenti tendenze, sembra essere una delle principali direttrici che stanno seguendo. Mi riferisco all’altra grande provocazione recente, la dichiarazione del membro del Bundestag tedesco Marie-Agnes Strack-Zimmermann, secondo cui l’Ucraina ha il diritto di colpire il territorio russo con i missili tedeschi Taurus. Mettendo insieme le due cose, possiamo solo arrivare alla conclusione che la progressiva spinta dell’Ucraina a colpire sempre più in profondità il territorio russo non ha nulla a che fare con considerazioni strategiche o militari, ma piuttosto ruota interamente intorno alla valutazione della RAND, “fare pressione politica sulla leadership russa”.

In altre parole, credono che colpendo in profondità in Russia possono causare abbastanza paura, panico e disagio pubblico da costringere i cittadini russi a iniziare a fare pressione sul governo per porre fine alla guerra, o semplicemente creare abbastanza impopolarità da dare ai servizi segreti occidentali l’opportunità di estromettere la leadership chiave, che si tratti di elezioni, rovesciamento, ecc. Sfortunatamente, tutto ciò non ha praticamente alcuna possibilità di sortire alcun effetto, in quanto l’opinione pubblica russa o non si preoccupa o non si accorge degli attacchi, compresi quelli nel cuore di Mosca, o semplicemente ne viene rinsaldata in una maggiore solidarietà.

La risposta “populista” e ruffiana di Dmitry Medvedev a entrambi i suddetti annunci provocatori lascia probabilmente un barlume di speranza ai think tanker occidentali:

 

Il numero di idioti al comando nei Paesi della NATO sta crescendo.

Un nuovo cretino – il ministro della Difesa britannico – ha deciso di spostare i corsi di addestramento britannici per i soldati ucraini nel territorio dell’Ucraina stessa. Cioè di trasformare i loro istruttori in un bersaglio legale per le nostre Forze Armate. Sapendo perfettamente che saranno spietatamente distrutti. E non come mercenari, ma come specialisti britannici della NATO.

Un altro pazzo – il capo del Comitato di Difesa della Repubblica Federale Tedesca con un cognome difficile da pronunciare – chiede di fornire immediatamente ai khokhobanderiti missili Taurus, in modo che il regime di Kiev possa colpire il territorio della Russia per indebolire le forniture del nostro esercito. Dicono che questo è conforme al diritto internazionale. Beh, in questo caso, anche gli attacchi alle fabbriche tedesche dove vengono prodotti questi missili sarebbero pienamente conformi al diritto internazionale.

Dopo tutto, questi imbecilli ci stanno attivamente spingendo verso la terza guerra mondiale….

– Medvedev

 

Ma ahimè, da sempre stoico praticante del “gioco lungo”, dubito che Putin regalerà loro l’inaspettato errore su cui contano per salvare la loro disastrosa campagna ucraina. Per quanto possa essere doloroso per noi prendere “sulla guancia” alcune provocazioni evidentemente deliberate, ci sono buone possibilità che in futuro, dopo la rapida disintegrazione e la successiva capitolazione dell’Ucraina – forse anche solo tra un anno o due – possiamo guardare indietro e riconoscere la saggezza della strategia che ha evitato la guerra nucleare grazie a un approccio metodico, incrollabile e strategicamente disciplinato.

[1] https://it.wikipedia.org/wiki/MGM-140_ATACMS


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SITREP 10/4/23: L’inizio di una lunga caduta per l’Ucraina, di SIMPLICIUS THE THINKER

Mentre ci avviamo verso l’autunno e l’inverno, la situazione continua a peggiorare per l’Ucraina. Gli sviluppi più importanti sono avvenuti al di fuori del conflitto stesso, ma piuttosto sulla scena geopolitica, dove l’Ucraina si trova ad affrontare una disastrosa perdita di sostegno finanziario.

La Camera dei Rappresentanti degli Stati Uniti ha appena rimosso il suo Presidente per la prima volta nella storia, principalmente a causa del suo accordo segreto con Biden per ottenere finanziamenti all’Ucraina. Alcune delle opzioni attualmente sul tavolo per la sua sostituzione sarebbero un disastro per l’Ucraina, in quanto sono tutti repubblicani fermamente contrari ai finanziamenti.

Inoltre, c’è stata una campagna mediatica concertata per spingere la narrativa che le armi europee sono completamente esaurite:

La narrazione sta uscendo allo scoperto da entrambe le parti. In Occidente, gli alti funzionari parlano attivamente di come Putin intenda “affaticare” l’Occidente per indurlo a rinunciare all’Ucraina, mentre funzionari russi come Medvedev ammettono apertamente questo fatto e affermano che l’Occidente rinuncerà presto all’Ucraina.

L’Occidente non è mai sembrato più debole, non solo in generale, ma in particolare per quanto riguarda il suo sostegno all’Ucraina. Tutti i loro recenti tentativi di rappresentare un fronte unito appaiono sempre più vuoti e disperati. La facciata sta letteralmente crollando sotto i nostri occhi, come dimostra questa intervista di Sky News al deputato ucraino Lesia Vasylenko, che è stata subito tolta a causa dei suoi “errori” nell’ammettere che la Russia sta vincendo la guerra:

Ma questi ultimi fatti sono solo la manifestazione esteriore di qualcosa che era iniziato privatamente molto tempo fa. Il sostegno dell’Ucraina si era già lentamente ridotto:

E il fatto è che non si può tornare indietro nemmeno volendo. Il modo in cui funziona il supporto militare è che le catene logistiche di molti mesi fa sono fondamentali per gli sforzi di oggi. Ciò che sarebbe essenziale per un’ipotetica offensiva ucraina della primavera del 2024 dovrebbe essere trasportato ora con armi pesanti. Il fatto che non sia stato spedito nulla di rilevante significa che il futuro a breve e medio termine dell’Ucraina appare drammatico.

La CNN e altri avevano previsto questo cupo cambiamento settimane fa:

Ora, in un disperato tentativo di coinvolgere di nuovo l’opinione pubblica sulla presunta “minaccia” che la Russia rappresenta sconfiggendo l’Ucraina, gli sceneggiatori globalisti hanno presentato una nuova narrativa: salvare l’Ucraina significa salvare Taiwan dalla Cina. Lo si può vedere – come al solito – nella natura orchestrata della messaggistica improvvisa e totalmente allineata, che è stata chiaramente inviata come “guida” dall’alto.

Solo negli ultimi giorni abbiamo:

Freeland: “Il messaggio più forte di deterrenza che possiamo inviare alla Cina è una vittoria decisiva in Ucraina”.

Graham: “Smettere di finanziare l’Ucraina è una condanna a morte per Taiwan”.

Si tratta di un’escalation linguistica abbastanza prosaica e prevedibile. Non hanno altro modo per incutere timore alla popolazione, progressivamente disinteressata, se non quello di evocare lo spettro di qualche altro conflitto più recente e più grande che si profila come conseguenza della perdita di questo.

In realtà, è probabilmente più probabile che la Russia perdendo la guerra, piuttosto che vincendola, provochi l’invasione di Taiwan da parte della Cina. Il motivo è che la Russia, perdendo la guerra, destabilizzerebbe notevolmente il mondo, dando un nuovo enorme impulso di potenza all’Occidente. E dato il loro precedente di escalation per portare il dominio e l’egemonia ai loro avversari, l’Occidente userà lo slancio di questa vittoria per alzare la posta in gioco nella sua pressione contro la Cina, quella pressione perenne che mira a intaccare e balcanizzare lentamente tutti i concorrenti.

La vittoria della Russia, d’altra parte, darebbe all’Occidente un’importante verifica della realtà che lo indebolirebbe notevolmente e potrebbe portarlo a fare marcia indietro sulla questione di Taiwan, in particolare a causa del fatto che molte “teste rotoleranno” nella leadership occidentale, la maggior parte delle quali sarà costituita da creature della “palude” dello Stato profondo.

Questo abbasserà le tensioni e porterà la Cina a puntare su un eventuale ricongiungimento politico reciproco con Taiwan, piuttosto che su un’acquisizione militare forzata. Vedete, la Cina non vuole invadere Taiwan, proprio come la Russia non voleva invadere l’Ucraina. La Cina ha chiarito più volte di essere completamente contraria e di cercare una riunificazione naturale guidata dal consenso di entrambe le parti. Tuttavia, se l’Occidente mette alle strette la Cina continuando ad armare Taiwan (come ha iniziato a fare ora) e trasformando Taiwan in una pericolosa spina nel fianco della Cina, quest’ultima non avrà altra scelta se non quella di “togliere il cerotto” ed effettuare una netta presa di potere militare.

Pertanto, credo che il calcolo sia il seguente: La Russia vince in Ucraina = l’Occidente si indebolisce e la pressione su Taiwan si allenta, riducendo le possibilità di guerra e rafforzando le possibilità della Cina di perseguire una riunificazione pacifica.

La Russia perde in Ucraina = l’Occidente diventa arrogante e usa la sua vittoria come prova che può indebolire la Cina come ha fatto con la Russia. Questo porterà la Cina a pensare di non avere alternative se non quella di agire con decisione.

Quindi, qual è il prossimo passo?

C’è un nucleo di tecnocrati europei legati al deepstate più incallito che sta convocando riunioni d’emergenza nel tentativo di creare un consenso verso il sostegno militare-industriale. Joseph Borrell ha tenuto quello che ha definito un incontro “storico” a Kiev con i ministri degli Esteri dell’UE:

E l’ucraino Kuleba sostiene che anche i produttori di armi si riuniranno d’urgenza per trovare il modo di continuare la farsa:

“I rappresentanti di 165 aziende di difesa globali si riuniranno a Kiev uno di questi giorni per discutere l’aumento della produzione” – Ministro degli Esteri Kuleba -> Questo è il segnale giusto per la Russia … se si blocca il conflitto sarà molto peggio. Secondo il ministro, è vantaggioso per i produttori di armi cooperare con l’Ucraina, in quanto hanno l’opportunità di testare campioni e ricevere feedback nelle condizioni di una vera guerra moderna.
L’Agenzia europea per la difesa ha inoltre firmato un accordo quadro per la continuazione della produzione di 155 mm per l’Ucraina.

L’Agenzia europea per la difesa ha finora firmato otto contratti quadro con l’industria europea per l’approvvigionamento congiunto di munizioni da 155 mm. La firma degli ultimi cinque contratti è avvenuta presso la sede dell’EDA a Bruxelles il 5 settembre, durante una visita degli ambasciatori del Comitato politico e di sicurezza (CPS) dell’Unione Europea. L’Alto rappresentante Josep Borrell, che è anche capo dell’Agenzia europea per la difesa, ha dichiarato: “Stiamo facendo un altro passo avanti nella nostra iniziativa sulle munizioni a tre binari. Gli Stati membri possono ora trasmettere ordini nell’ambito di otto contratti quadro. Il tempo è fondamentale. Putin non mostra alcun segno di cedimento nella sua aggressione contro il popolo ucraino. Ecco perché il nostro sostegno militare alla difesa dell’Ucraina deve continuare. ”
Ma molti dei dettagli sono segreti e non si sa se ci sarà una reale partecipazione degli Stati membri, poiché il quadro sembra solo un’architettura suggestiva per cercare di convincere gli Stati dell’UE a ordinare più munizioni.

In realtà, notizie come questa continuano ad arrivare:

E ora sembra che la Germania abbia scelto di rinnegare in modo devastante il missile Taurus, parte del lungo gioco in corso che ho descritto l’ultima volta e che ha visto gli Stati Uniti rinnegare gli ATACMS, causando la conseguente reazione della Germania.

Allo stesso tempo, l’Ucraina è terrorizzata dal fatto che la Russia stia aumentando la produzione e i finanziamenti per la difesa a livelli storici:

⚡️⚡️⚡️☝️

Kiev non ha un piano in caso di diminuzione degli aiuti da parte degli Stati Uniti, ha dichiarato il segretario del Consiglio nazionale di sicurezza e difesa ucraino Danilov, il quale ha anche espresso la preoccupazione che i Paesi occidentali “non siano ancora giunti a un accordo sul futuro dell’Ucraina” e “stiano parlando di aiuti, non di victory⚡️⚡️⚡️”.

Canale telegram ucraino “Residente”: L’amministrazione Biden ridurrà per tre volte i fondi per l’Ucraina, il nostro nemico, al contrario, sta stabilendo un budget militare record. “Putin si sta preparando alla guerra eterna”. Secondo i giornalisti, per la prima volta l’esercito e le fabbriche del complesso militare-industriale riceveranno più di 200 miliardi di dollari: “Tali spese militari non si sono mai verificate nell’intera storia moderna della Russia”. “Vale la pena parlare dei risultati sul campo di battaglia l’anno prossimo, quando il nemico costruirà un impianto di produzione di UAV, produrrà migliaia di nuovi Lancet e riceverà nuovi MLRS dalla RPDC.Non è difficile prevedere i risultati di tali preparativi per l’Ucraina, soprattutto considerando i fallimenti sulla pista internazionale.
I primi risultati di questi aumenti si stanno già vedendo sul campo di battaglia. Si dice che la produzione russa di droni stia salendo a livelli tali che ogni mese si verificano nuovi picchi di utilizzo che letteralmente raddoppiano e triplicano i mesi precedenti:

Ecco un grafico che mostra l’utilizzo dei droni russi (Lancet e FPV) e delle bombe alogene UMPK prima della controffensiva (blu) e dopo (rosso):

L’uso dell’FPV, in particolare, è semplicemente alle stelle, e chiunque abbia guardato i filmati sui canali abituali può confermarlo. Qui sotto potete vedere un account ucraino che lamenta l’insostenibilità del nuovo assalto russo all’AD ucraino:

In effetti, il PMI manifatturiero della Russia è ora il più alto al mondo, in parte a causa dell’aumento massiccio della produzione militare:

Ma ci sono sempre più prove che i nuovi sistemi EW anti-drone “Volnoreza” della Russia vengono utilizzati su carri armati reali in prima linea:

Video here.

Come si può vedere dalla foto qui sopra, le unità sono magnetizzate e possono essere attaccate a qualsiasi parte del carro armato per funzionare. Così la Russia sta diventando sempre più immune ai droni, mentre la sua potenza offensiva con i droni sta esplodendo meteorologicamente.

Da un nuovo articolo del WaPo:

Confessioni del Washington Post, basato sui racconti di un ufficiale ucraino: “La Russia sta vincendo la guerra in Ucraina nella lotta contro i droni”. Le contromisure contro gli UAV ucraini sono elevate: un’intensa guerra elettronica e una rete di difesa aerea sviluppata. La difesa aerea ucraina viene costantemente soppressa e diventa l’obiettivo delle operazioni per sopprimerla. Di conseguenza, gli UAV russi stanno aumentando la loro pressione e le possibilità di successo dell’Ucraina stanno rapidamente diminuendo.
Business Insider scrive che i mezzi ucraini non possono resistere più di 10 minuti senza essere colpiti, una nuova rivisitazione della vecchia e famosa rivelazione che l’aspettativa di vita dei soldati ucraini sulla linea del fronte di Bakhmut si misura in momenti:

Oggi, una colonna di carri armati o una colonna di truppe in avanzata può essere scoperta in tre-cinque minuti e colpita in altri tre minuti”, ha dichiarato al Wall Street Journal il Magg. Gen. Vadym Skibitsky, vice comandante del servizio di intelligence militare HUR dell’Ucraina.
Anche un veterano americano ha dovuto ammettere che i vecchi tempi dell’avanzata dell’esercito americano sono finiti:

“I giorni degli assalti corazzati in massa, per conquistare molti chilometri di terreno alla volta, come abbiamo fatto nel 2003 in Iraq, sono finiti perché i droni sono diventati così efficaci”, ha detto al giornale Bradley Crawford, un sergente dell’esercito americano in pensione, veterano della guerra in Iraq.
È per questo che non solo l’Ucraina è ora pericolosamente a corto di armature pesanti, ma anche il capo dell’SBU Budanov ha ammesso che gli assalti attuali e futuri continueranno a essere condotti a piedi, corroborando indirettamente i nostri rapporti secondo cui l’Ucraina ora conduce principalmente “assalti di carne” senza armature mobili:

Le perdite continuano ad accumularsi in modo catastrofico per l’AFU. Ogni giorno ci sono nuove rivelazioni sulle perdite reali, mentre le notizie dal fronte russo confermano il contrario. Ad esempio, il corrispondente in prima linea Khariullin, che è stato incorporato in una delle brigate, riferisce che le perdite della Russia sono estremamente ridotte rispetto al nemico. Si tratta di una prospettiva diretta e di prima mano, lunga ma molto interessante, che si presta anche a prognosi su ciò che il futuro comporta per l’Ucraina:

Voenkor Marat KhariullinIo, per esempio, conosco le cifre esatte delle nostre perdite nelle ultime tre o quattro settimane nella mia prima brigata slava, ma purtroppo, a causa della censura militare, non ho il diritto di esprimerle. Ma ancora una volta si può fare indirettamente. Vorrei ricordare che all’inizio di settembre, forze fresche di marines molto ben addestrati della 36ª brigata delle forze armate ucraine hanno colpito le posizioni di Slavyanka. Hanno cercato per una settimana di rosicchiare le nostre posizioni da diverse direzioni. Di conseguenza, avendo perso più di una compagnia, gli ucraini sono stati costretti a ritirarsi da questa direzione. Ma la nostra brigata è andata avanti senza interruzioni e per la terza settimana ha rosicchiato una roccaforte nemica dopo l’altra. E tutto questo con le proprie forze, senza il supporto di altre unità, tranne quelle regolari. Ed esattamente la stessa cosa sta accadendo, ad esempio, sul versante destro della difesa di Bakhmut, dove nella zona di Berkhovka le nostre truppe sono passate improvvisamente all’offensiva ieri e sono entrate nell’importantissimo villaggio di Orekhovo-Vasilievka.Proprio così, senza concentrare risorse e forze, senza attirare unità aggiuntive – ieri l’unità era seduta in difesa e oggi è passata improvvisamente all’offensiva. Questo dimostra che il nostro esercito è in ottima forma e, nonostante i continui attacchi del nemico, subisce perdite talmente insignificanti da poter passare tranquillamente dalla difesa all’attacco. In altre parole, le nostre truppe hanno dimostrato una notevole stabilità nell’ultimo mese. E soprattutto, i nostri militari hanno trovato una certa formula per condurre le operazioni di combattimento che permette loro di distruggere il nemico al ritmo di 500.000 persone all’anno, pur subendo perdite minime.Ci sono due variabili in questa formula, una sorta di coefficienti progressivi. La prima è in continua crescita: si tratta della nostra industria, che sta guadagnando slancio e sta aumentando con successo e in modo costante la produzione di munizioni e di nuovi equipaggiamenti. Nello stesso coefficiente si trova lo stato generale della nostra economia, che si sente sempre meglio. Il secondo coefficiente è negativo. Include la distruzione sistematica dell’industria ucraina, compresi i nostri scioperi sempre più frequenti. Applicando questi due coefficienti, otteniamo una previsione, secondo la quale le nostre perdite in caso di continuazione dell’Ucraina cresceranno costantemente, e le nostre, almeno, rimarranno allo stesso livello, ma a lungo termine dovrebbero diventare ancora più basse. La conclusione di tutto questo è molto semplice: se prendiamo in considerazione solo la situazione sul campo di battaglia, in realtà non abbiamo nulla da affrettare. Ma, naturalmente, c’è ancora la politica, che può dettare una logica diversa degli eventi. E qui possiamo solo sperare nella ragionevolezza della leadership del nostro Paese. E ancora una volta ringraziamo Dio che un grande stratega come Vladimir Putin sia ancora al timone dello Stato.Un grande Amen a tutti noi.E devo solo aggiungere che domani ci sarà un grande reportage in prima linea. In diretta su VK e poi in stampa su TG. Come si dice al fronte: niente saluti, ci vediamo dopo!
Un altro paio di punti per aggiornare il nostro continuo pollice sul polso della guerra di logoramento. Lost Armour si è trovato a tracciare la classifica delle ricompense postume accertate dell’AFU:

Come si può vedere, c’è stato un grande balzo dall’inizio dell’offensiva a giugno, e ha continuato a salire alle stelle a settembre.

Ora sta facendo il giro un nuovo rapporto che fornisce un’altra informazione illuminante sulle possibili perdite dell’AFU:

Secondo l’ufficio funerario di Dnipropetrovsk, in un anno e mezzo sono state sepolte in città almeno 22.000 persone morte al fronte. (I rapporti provenienti da almeno 20 regioni ucraine confermano che il numero dei morti accertati è di almeno 450.000-500.000 militari, mentre quelli la cui morte non è documentata dai medici e non viene conteggiata come perdita militare sono elencati come dispersi. I morti sul fronte interno di solito non sono inclusi negli elenchi delle perdite in combattimento. E, tenendo conto dei disertori e dei simiani, si avvicinano a un milione💥💥💥💥💥
E questo fa seguito a una nuova stima di Rybar sui caduti dell’AFU, che sembra corrispondere grosso modo a questi numeri:

È interessante notare che continuano ad esistere misure oblique per farsi un’idea delle perdite dell’AFU. Le cifre ufficiali non vengono mai mostrate, ma a volte possiamo ricavare qualcosa da statistiche accessorie o corrispondenti. Ad esempio, un ministro ucraino ha riferito che in precedenza l’Ucraina aveva 2,7 milioni di persone con disabilità e che, nel corso della guerra, questo numero è salito a 3 milioni:

Il numero di persone con disabilità in Ucraina è aumentato di 300 mila unità in un anno e mezzo”, ha annunciato il ministro delle Politiche sociali Oksana Zholnovich. In Ucraina ci sono 3 milioni di persone con disabilità. Prima erano 2,7 milioni. In un anno e mezzo, vediamo un aumento di circa 300 mila”.
La correlazione non è necessariamente causale, ma questo sembrerebbe suggerire che ben 300.000 persone sono rimaste disabili durante la guerra.

In tutto il Paese continuano a sorgere nuovi giganteschi cimiteri militari:

Infine, nell’ultima analisi statistica, forse la più inquietante, abbiamo nuovi dati che sembrano mostrare che la popolazione attuale dell’Ucraina è scesa addirittura al di sotto di alcune delle peggiori previsioni. Ricordiamo che l’Ucraina ha iniziato con quasi 50 milioni di persone al suo apice. Alcuni hanno suggerito che il paese conserva ancora 35-40 milioni di persone. Un nuovo documento di censimento trapelato mostra che l’Ucraina è attualmente a 23 milioni:

Solo poche settimane fa, Medvedev aveva rilasciato una dichiarazione che i filo-ucraini hanno ridicolizzato e deriso, in cui affermava che l’Ucraina è attualmente al di sotto dei 20 milioni di abitanti:

Dmitry Medvedev prevede il collasso dell’Ucraina: “La popolazione sul territorio controllato da Kiev è di 19,7 milioni di persone, fuori dal Paese – già 17,9 milioni. Di fatto, la metà dei 37 milioni nel 2022 e circa il 40% della popolazione all’inizio del XXI secolo”. Un tale vettore di sviluppo è chiaramente visibile, dal momento che solo circa la metà della popolazione rimane sul territorio del Paese, ha detto il vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Russia.
Se queste conclusioni sono anche solo lontanamente vere, allora lo Stato ucraino si troverà di fronte a una vera e propria catastrofe in un futuro non molto lontano, come prevede correttamente Medvedev. Anche MoonofAlabama ha trattato la questione in modo molto più dettagliato, quindi se volete vedere una ripartizione ancora più dettagliata potete consultare quell’articolo.

Quindi, visto che tutto sembra crollare per l’Ucraina in questo modo, cosa ci riserva il futuro?

Innanzitutto, Zelensky in questo momento sta operando secondo il principio del film Speed con Keanu Reeves, per chi l’ha visto. Una bomba a velocità controllata su un autobus richiede che l’autobus non si fermi mai o esploda. Zelensky sa che se concede alle forze armate anche una minima tregua, questa verrà percepita come un riconoscimento della sconfitta e come un preliminare alla conclusione delle ostilità.

Per questo motivo, è intenzionato a continuare a prescindere da tutto, a prescindere dal numero di vite che costa. Per questo motivo, nonostante tutto ciò, continuano ad arrivare notizie della formazione di nuove brigate nella parte occidentale del Paese:

Sulla formazione di nuove brigate delle Forze Armate dell’Ucraina. Entro la fine di ottobre è prevista la formazione di cinque brigate meccanizzate separate. E quattro formazioni di fanteria, a giudicare dalle intercettazioni, sono quasi pronte e presto le vedremo sul campo di battaglia. È interessante capire su cosa si concentra il comando ucraino quando crea nuove unità. Le brigate di fanteria, tenendo conto delle tattiche preferite dell’assalto “in carne e ossa”, saranno equipaggiate solo con veicoli blindati leggeri e fungeranno da materiale di consumo per sostituire le forze esaurite del 9 e 10 AK.

Dovrebbero sopraffare i numeri e irrompere nella difesa, creando condizioni favorevoli per l’introduzione di gruppi meccanizzati in battaglia, e cinque nuove brigate saranno probabilmente prese in considerazione nel piano del nemico.Il trasferimento forzato di equipaggiamento dalla Germania gioca con nuovi colori in relazione a queste informazioni.(Rybar)

Come si può vedere, si tratterà per lo più di brigate molto leggere, con poca armatura pesante, che verranno utilizzate come truppe di carne per caricare le difese russe a piedi. La nuova tattica dell’AFU consiste nell’utilizzare i coscritti di recente formazione e i mobilitati non addestrati per spianare la strada caricando direttamente attraverso le difese russe, mentre le brigate d’élite più esperte vengono tenute nelle retrovie. Una volta che l’assalto ha sopraffatto o almeno occupato o distratto le difese russe, le truppe d’élite più valide vengono inviate in avanti. In un certo senso è l’equivalente dell’uso di truppe di carne come esche per aprire le difese in una ricognizione a fuoco, permettendo alle unità esperte di iniziare a lavorare sulle posizioni russe ora rivelate. Naturalmente, per quanto possa valere, è una strategia intelligente, per quanto brutale possa essere.

Per alimentare la carne da macello per il rinnovo di queste nuove brigate, l’Ucraina sta mobilitando un numero sempre maggiore di donne e sta innalzando l’età di leva:

Il disegno di legge n. 10084, che mira a eliminare i limiti di età, è stato registrato in parlamento. In altre parole, arruolare gli anziani, oltre i 60 anni, nelle Forze armate ucraine. Voglio innalzare l’età militare per gli arruolati da 60 a 65 anni e per gli alti dirigenti militari da 65 a 70 anni, scrive Mriya.
In un articolo che ha sconvolto internet, l’ex ministro della Difesa britannico Ben Wallace chiede apertamente che l’Ucraina abbracci un atteggiamento in stile Seconda Guerra Mondiale e inizi a mobilitare carne molto più giovane… è quasi troppo incredibile per essere reale:

“Zelensky, capisco il tuo desiderio di preservare i tuoi giovani… ma è ora di mobilitarli”, è quello che sta dicendo. Per questi psicopatici occidentali assetati di sangue la situazione è davvero all’ultimo grido. E per cosa? A cosa serve tutto questo? Wallace rivela nell’articolo – come blando punto di vista del WEF – che è per preservare il tanto amato “ordine basato sulle regole”.

Infine, ci sono stati importanti trasferimenti di equipaggiamenti e truppe dal fallito fronte di Zaporozhye a Kherson, sulla sponda occidentale, e sembra che l’Ucraina possa nuovamente iniziare a rinnovare i tentativi di attraversare il Dnieper per impadronirsi potenzialmente della centrale nucleare ZNPP come ultima risorsa. Le truppe russe sul fronte dicono che questo sarebbe assolutamente suicida, quindi forse c’è la possibilità che si tratti di un altro grande diversivo di qualche tipo.

In secondo luogo, ci sono stati trasferimenti a Bakhmut, poiché Zelensky considera la potenziale riconquista di Bakhmut come un’appetibile vittoria di consolazione, che servirebbe come obiettivo accettabile di livello B dopo il fallimento della spinta su Tokmak/Melitopol.

Si prevede quindi che l’AFU possa concentrare le forze sulla linea inferiore di Bakhmut, dove ha avuto qualche successo vicino a Klescheyevka. Tuttavia, non solo le forze russe hanno avuto successo anche a nord di Bakhmut, intorno alla regione di Orekhovo-Vasilevka, guadagnando territorio la scorsa settimana, ma se è vero che Wagner si sta dirigendo di nuovo verso la regione di Bakhmut, allora questo comporterebbe grossi problemi per qualsiasi fantasia dell’AFU.

***
Ma cosa intende fare la Russia alla luce di tutto questo?

In primo luogo, si continua a vociferare che la 25esima CAA (Combined Arms Army) russa, di recente formazione, sia stata inviata verso Kupyansk e che qualcosa di grosso inizierà in quel teatro. Ciò è favorito dal fatto che la Russia ha lanciato una campagna di distruzione dei ponti e degli attraversamenti dell’AFU in quella regione solo nelle ultime settimane.

Le forze aerospaziali russe distruggono i ponti sul fiume Oskol al fronte vicino a Kupyansk
I piloti hanno lanciato una serie di attacchi con missili aria-superficie X-38 ad alta precisione su tre ponti stradali attraverso i quali il nemico rifornisce il suo gruppo di truppe sulla riva sinistra del fiume Oskol, vicino al confine tra la regione di Kharkov e il Donbass.
➤ Video No. 1 ( 49.70989, 37.61825 );
➤ Video No. 2 ( 49.70980, 37.62271 );
➤ Video No. 3 ( 49.66381, 37.62475 );
➤ Video No. 4 ( 49.52703, 37.69177 ).

In seguito a quanto sopra, l’AFU ha pontato alcuni dei valichi che sono stati colpiti e la Russia ha colpito anche questi pontili negli ultimi giorni.

Remy Lind su TG: “I funzionari parlano ora di una “offensiva”. Se non sbaglio, per la prima volta da molto tempo. Sì, è ovvio che le forze armate russe lanceranno presto azioni offensive in una o più direzioni. Insieme all’imminente ritorno della PMC Wagner al fronte. Ad oggi, molte delle unità d’attacco di Wagner sono già tornate nei pressi della LBS e sono in attesa di istruzioni. Inoltre, le unità da Kupyansk fino a Kremmenaya sono state rinforzate. Decine di nuovi carri armati, elicotteri e altre unità completamente addestrate sono state inviate in questa direzione. I nuovi distaccamenti d’attacco della PMC, composti da ex combattenti Wagner, hanno recentemente operato in direzione di Avdeevka. Esattamente come nella zona di Bakhmut. Inoltre, le unità aviotrasportate sono andate sempre più spesso in operazioni offensive in direzione di Zaporozhye. Ci aspettano settimane e mesi entusiasmanti. Sono davvero entusiasta di sapere se un’offensiva sarà effettivamente lanciata in inverno. Al momento ci sono molti segnali in tal senso. Vedremo”.
L’altra apparente concomitanza con questi ipotetici sviluppi è il grande annuncio che Wagner ha finalmente ricominciato a riversarsi nel conflitto a sprazzi. È stato un pasticcio molto complicato da districare, poiché sembra che ci sia ancora una grande confusione e disaccordo su molti dettagli pratici, con il comandante Lotus che, ad esempio, ha confutato le dichiarazioni del Ministero della Difesa russo su chi stesse andando esattamente dove.

Ma per chiunque sia interessato, il succo generale che possiamo ricostruire è il seguente:

Wagner si sta dividendo in almeno 3 unità separate, una nel teatro bielorusso, una in Ucraina e una in Africa. Quelle dirette in Africa sembrano essere sotto il comando di Lotos (Lotus), alias Anton Yelizarev di cui ho già scritto in precedenza, che era uno dei bracci destri di Prigozhin e comandante del teatro di Soledar/Bakhmut.

Sembra che lui e il suo segmento di forze non abbiano firmato contratti con il Ministero della Difesa e continueranno a operare in modo semi-indipendente, anche se si dice che tre grandi unità di Wagner del corpo d’Africa stiano tornando in SMO.

I Wagner che torneranno in Ucraina opereranno sotto la guida di Andrey Troshev, nome di battaglia Sedoy, alias “Graybeard”, anch’egli un precedente ufficiale di alto rango della GRU come Lotos, ma più disponibile e fedele al MOD. Il problema è che ci sono ancora divergenze sul fatto che questi Wagner firmeranno dei contratti e le voci attuali sostengono che continueranno a operare in una propria unità, portando ancora il nome Wagner, almeno in parte.

Tuttavia, la notizia più importante è che il figlio di Prigozhin, Pavel Prigozhin, starebbe assumendo il comando della Wagner – presumibilmente con un ruolo più “manageriale”, occupandosi delle finanze e degli orientamenti ideologici, come suo padre prima di lui, mentre Troshev rimane il comandante generale sul campo di battaglia.

La compagnia militare privata di Wagner. Pavel Prigozhin, secondo il testamento di Prigozhin il vecchio, è designato come principale erede dell’intero impero del padre. La scelta era ovvia, dal momento che era il figlio più coinvolto negli affari del padre. Compresa l’operazione in Ucraina. Secondo le fonti, Pavel sta negoziando il ritorno dei “Wagneriti” nella zona di guerra in Ucraina, avendo occupato una delle aree più difficili.
Sono in corso trattative con Rosgvardiya, sotto le cui garanzie, senza firmare contratti, parte del personale dell’azienda può entrare come parte della partecipazione alle operazioni militari in Ucraina.
Separatamente, ci sono molti altri Wagner che, secondo quanto riferito, si sono uniti a Redoubt, una PMC controllata dal MOD. Inoltre, alcuni si sono uniti ad altre unità, come si può vedere in un video di qualche giorno fa. È interessante notare che il soldato indossa una patch con le insegne Wagner ma non il nome Wagner. Invece della solita toppa con la scritta PMC Wagner, questa reca la scritta “Favorite Music Collective”, il che sembra suggerire che il Ministero della Difesa sia d’accordo nell’utilizzare il simbolo ma non il nome ufficiale.

Sono inoltre in corso trattative per associare in qualche modo Wagner alle unità della Guardia Nazionale Russa, o Rosgvardia. Presumibilmente lo scopo è quello di tenere Wagner il più lontano possibile dal dover operare all’interno dell’esercito “vero e proprio”, perché tra i soldati di ciascuno di essi non corre buon sangue.

Fonte: Il capo della Guardia russa Zolotov sta trattando la questione dell’ingresso dei combattenti del gruppo WagnerSecondo una fonte a conoscenza della situazione, il capo della Guardia russa, Viktor Zolotov, ha iniziato a considerare la questione dell’ingresso dei “musicisti” del gruppo Wagner nella composizione della struttura militare da lui supervisionata.Le trattative sono in corso, e la decisione di Zolotov preserverà l’efficacia di combattimento del personale Wagner e i meriti dei combattenti. A tal fine, si sta valutando la creazione di un’unità di combattimento separata all’interno della Guardia russa. È stato riferito che il capo della Guardia russa ha intenzione di mantenere anche i simboli e il nome “Wagner”.▪️ Se la questione sarà risolta, l’esperienza dei “musicisti” sarà molto utile in un’ulteriore operazione speciale. Ora il compito del Paese non è quello di disperdere il proprio potenziale di combattimento, ma di unirsi per vincere.

Il consiglio dei comandanti della PMC e di “Lotus” ha raggiunto un accordo fondamentale con i vertici della Guardia Nazionale Russa: prima del nuovo anno dovranno essere firmati contratti individuali e di gruppo con i combattenti della Compagnia. I contratti di gruppo hanno una priorità maggiore in termini di status, garantendo che la PMC non si frammenti. Le condizioni finanziarie sono più o meno le stesse, sia che si tratti del Corpo Volontario d’Assalto che della Guardia Nazionale Russa. Tuttavia, scegliendo tra Troshev e i comandanti familiari, una parte significativa della Compagnia rimane nei vecchi ranghi. Dove esattamente la PMC sarà trasferita non è ancora chiaro (il Corpo d’Assalto Volontario si trova vicino ad Artyomovsk, come ha già detto Rybar, ma è improbabile che venga trasferito anche lì).Ma è già chiaro che questo fa parte dei piani della Russia per la campagna autunno-inverno in Ucraina.

🇷🇺🏴⚔️🇺🇦 PMC “Wagner” sta tornando nella zona SMO sotto il comando di RosgvardiyaLa scorsa settimana, @Rybar ha riferito del ritorno della PMC “Wagner” in Ucraina. Inizialmente, si trattava solo del “Corpo d’assalto volontario”, supervisionato da Evkurov e Troshev. Tuttavia, oggi, tre unità d’assalto provenienti dall’Africa stanno volando nella zona SMO, comprese alcune delle forze principali della “Wagner”.
In ogni caso, con il ritorno di Wagner, si dice che Wagner sia stato inviato in “punti caldi” dove si verificheranno nuove spinte. Uno di questi è Bakhmut, per riprendere parte del territorio perso nella controffensiva dell’AFU. Un’altra idea è quella di andare ad Avdeevka per iniziare finalmente un’offensiva autunnale-invernale che chiuda il “calderone” in cui si trova attualmente la maggior parte di Avdeevka.

Ma la direzione più promettente, ovviamente, è quella del gruppo della Guardia russa guidato da Pavel Prigozhin. Innanzitutto per la possibilità di autofinanziamento, soprattutto se è possibile ottenere un debito dal Ministero della Difesa (il Ministero della Difesa russo deve a “Konkord” almeno 75-80 miliardi di rubli). Se avrà successo ad Avdeevka, sul palcoscenico del Distretto Militare del Nord, sotto i riflettori della storia, Pavel Prigozhin avrà l’opportunità di far rivivere, dominare e convertire in futuro tutta la gloria della PMC stessa e del suo nome, cioè di ricominciare la storia, avviando il promettente progetto della PMC “Wagner” 2.0 .
Altri ritengono che Wagner sarà attivato da nord, nella regione di Kharkov, per aiutare la nuova spinta del 25° CAA dalla direzione di Kupyansk.

Abbiamo già discusso di questa possibilità, ma ora sembra che sia davvero sul punto di verificarsi.

L’altra grande novità riguarda gli obiettivi finali della Russia. Ancora una volta abbiamo ricevuto rassicurazioni ottimistiche al riguardo:

Dal grande canale ucraino “Resident”:

L’MI6 ha trasmesso all’Ufficio del Presidente e allo Stato Maggiore ucraino un’informazione secondo la quale il Cremlino ha preparato un piano per catturare 5 regioni dell’Ucraina se la guerra continuerà fino al 2024. A tal fine, si stanno accumulando riserve ai confini con l’Ucraina e si stanno formando nuove brigate. L’intelligence britannica ritiene che l’esercito russo potrebbe impiegare un milione di uomini in una nuova campagna offensiva.
A seguito di ciò, il vicepresidente della Duma russa Pyotr Tolstoy ha confermato che la Russia intende riconquistare Odessa, Nikolaev, Dnepropetrovsk e Kharkov:

Il vicepresidente della Duma di Stato Pyotr Tolstoy sulla restituzione di terre storiche alla Russia: Questo processo è stato avviato dai civili di due città – Donetsk e Lugansk. Già allora non si poteva tornare indietro: era chiaro che queste terre dovevano tornare alla loro patria storica. Ma la Russia deve restituire il resto delle sue terre: Odessa, Nikolaev, Dnepropetrovsk, Kharkov – tutte le terre in cui vive il nostro popolo russo, che è stato tradito e abbandonato 30 anni fa, dopo aver inventato un’Ucraina indipendente, senza curarsi degli interessi degli abitanti di queste regioni. Meglio tardi che mai, ma rimedieremo”.
E anche Medvedev gli ha fatto eco:

Mosca aggiungerà altre regioni ucraine al suo territorio, ha avvertito l’ex presidente russo Dmitry Medvedev in occasione del primo anniversario dell’unificazione del Paese con le Repubbliche popolari di Donetsk e Lugansk e le regioni di Zaporozhye e Kherson. “La vittoria sarà nostra. E ci saranno altre nuove regioni all’interno della Russia”, ha scritto l’ex presidente.
A questo punto è difficile sostenere che la Russia non si dedicherà ad altre regioni: quasi tutti i più importanti deputati, ex generali, funzionari, ecc. hanno espresso questo sentimento.

Ricordiamo questo spot pubblicitario, tra gli altri, appena uscito, che sembra alludere a un ritorno di Odessa.

In precedenza avevo scritto che un altro presidente della Duma russa, Vyacheslav Volodin, aveva dichiarato che l’unica opzione per l’Ucraina è la resa totale e incondizionata, pena l’estinzione come Stato:

L’insieme di questi elementi sembra confermare sempre di più che la Russia è seriamente intenzionata a raggiungere i massimi obiettivi nel conflitto. E ora che le crepe nella “solidarietà” occidentale cominciano a trasformarsi in gigantesche fratture, c’è la possibilità che questo processo acceleri in modo esponenziale.

Non che ci sia bisogno di dichiarazioni per confermare qualcosa di così evidente, ma tutti, da Zelensky e Chuck Schumer ad altri importanti funzionari occidentali, hanno apertamente dichiarato che se le forniture di armi occidentali all’Ucraina si fermeranno, l’AFU crollerà completamente in breve tempo.

Proprio ieri, in una conferenza stampa della Casa Bianca, John Kirby ha definito la maggior parte delle forniture di armi americane all’Ucraina come “da mano a bocca”, affermando che l’Ucraina sta disperatamente utilizzando il materiale/munizioni praticamente appena uscito dalla linea di produzione. Una cessazione completa delle spedizioni potrebbe significare una resa totale dell’AFU nel giro di poche settimane.

In questo momento tutto dipende da ciò che accadrà con lo stallo del Congresso degli Stati Uniti. Trump è già stato candidato alla presidenza del Parlamento, il che ribalterebbe la situazione. Gli altri candidati sono tutti persone non disposte a finanziare l’Ucraina.

Se i finanziamenti dovessero davvero crollare e la Russia aumentasse la pressione durante l’inverno, con una campagna di attacco ad alta intensità sulle infrastrutture ucraine, non vedo come l’Ucraina possa superare la primavera del 2024. Anche gli osservatori fortemente filo-ucraini stanno iniziando a vedere la scritta sul muro, come questo, che ha scritto un thread su Twitter descrivendo quanto la situazione sembri ormai senza speranza:

Volevo dirlo da un po’, ma ora sembra che la scritta sia sul muro. Credo che l’Ucraina sia sul punto di perdere questa guerra. (Un filo)La Russia sta: -Rafforzando la spesa militare e la produzione di armi nonostante le sanzioni -Migliorando rapidamente la tecnologia (Lancette più letali, aviazione e bombe plananti) – Rafforzando le già complesse linee di difesa nel sud -Nuova linea ferroviaria per ridurre significativamente i problemi logisticiL’Ucraina sta: -Perde il sostegno popolare all’estero (elezioni slovacche, dramma con la Polonia, taglio degli aiuti da parte degli Stati Uniti) -Continua a lanciare attacchi disastrosi con perdite insostenibili in termini di equipaggiamento, solo per non ottenere alcuna ricompensa -Controffensiva in fase di arresto -Carenza di manodopera senza una soluzione facileNon importa che la Russia non sia riuscita a prendere Kyiv, Odesa o Kharkiv. Il fatto stesso che la Russia se la sia cavata con una presa di territorio in stile XX secolo e ne sia uscita più forte di prima è già una vittoria per la RUSSIA.Quindi cosa c’è da fare? Il mio consiglio ai pro-Ucraina è questo: Non deprimetevi per qualcosa che non potete controllare. Smettetela di interagire con le persone che odiate su internet. Invece, migliorate la vostra vita, come andare in palestra. La palestra è il miglior copium, e aiuterà. Io rimango a favore dell’Ucraina, e queste sono ancora tutte speculazioni. Tuttavia, sembra sempre più probabile che ci stiamo avvicinando alla fine del conflitto, con l’Ucraina incapace di recuperare i territori perduti. Spero di sbagliarmi, ma non ho più molte speranze.
Detto questo, sebbene gli occidentali e gli ucraini stiano iniziando ad ammettere che l’Ucraina non può vincere, si aggrappano ancora al piedistallo salva-faccia secondo cui la Russia può solo ottenere un congelamento del conflitto, nella migliore delle ipotesi. Credo che si troveranno di fronte a un brusco risveglio. La Russia ha appena iniziato a potenziare le sue industrie e non ha ancora tentato o iniziato alcuna manovra offensiva di rilievo.

Detto questo, come avvertimento finale, non credo che la Russia abbia fretta o bisogno di lanciare offensive massicce nemmeno nella primavera del 2024. Come ha appena detto Kirby, “il tempo non è nostro amico” – l’Occidente sta ammettendo che il tempo favorisce la Russia. In precedenza avevo affermato che se l’Ucraina sceglierà di aggrapparsi in qualche modo all’ultimo uomo, la Russia potrebbe scegliere di continuare l’attuale ritmo di guerra attorale per tutto il 2024 e nel 2025, finché l’Ucraina non sarà troppo malconcia per continuare a difendersi. Ma tutto dipenderà dal fatto che gli alleati trovino abbastanza determinazione per sostenere l’Ucraina almeno a un livello “moderato”, dandole quel tanto che basta per difendersi, o che la solidarietà crolli completamente e si stacchi la spina dal sostegno ucraino.

Per il momento, l’Ucraina si aspetta l’inizio di una lunga stagione di attacchi alle infrastrutture.

L’Ucraina ha iniziato ad accumulare trasformatori fuori dal Paese, probabilmente in Polonia e in altri Stati amici, per averli a disposizione per riparare i danni in arrivo alle strutture elettriche. Tuttavia la difesa aerea sembra più che mai esaurita, con i Patriot di cui non si è più sentito parlare dopo che sono stati colpiti dai Kinzhal, quindi resta da vedere quanto l’Ucraina sia in grado di proteggere le sue strutture chiave. Una cosa è certa: la Russia non ha usato molti missili ultimamente – affidandosi più che altro ai droni Geran – e quindi è probabile che ne abbia accumulato una quantità enorme per il periodo autunno-inverno.

Bisogna ricordare che con l’inverno, tutte le foreste e la vegetazione perdono il loro verde e vengono defogliate, esponendo tutte le posizioni ucraine al fuoco massiccio russo, che creerà un incubo per le posizioni difensive scavate, in particolare ora che la Russia sta affogando nella produzione di droni, che colpiranno tutto ciò che si muove o respira in ogni piantagione forestale e pista di atterraggio frangivento.

***
Un esempio del tipo di perdite subite dall’AFU una settimana fa circa, durante gli assalti dei blindati leggeri a Verbove:

E vicino a Artyomovsk/Bakhmut:

Ecco un conteggio delle perdite dell’AFU dal 2 al 29 settembre:

Ultimamente la Russia sta usando nuovi droni con ottiche termiche estremamente impressionanti per aiutare a individuare gli attacchi Iskander, presumibilmente gli UCAV Orion/Inokhodet:

Importanti attacchi hanno colpito le retrovie dell’Ucraina. Se avete l’orecchio attento, vedrete un notevole aumento dei rapporti ucraini sulle morti di massa causate dai punti di comando e di schieramento colpiti.

A proposito di attacchi, è apparso questo interessante documentario ucraino che ha messo in evidenza quanto sia stata massiccia la salva iniziale di shock e awe della Russia all’inizio dell’SMO. Ricordiamo che molti dubitavano che la Russia avesse “distrutto” gran parte delle infrastrutture militari dell’Ucraina. Tuttavia, con il tempo abbiamo appreso, grazie alla conferma degli stessi Emirati Arabi Uniti, che la Russia ha distrutto il 90% della difesa aerea ucraina:

90% di tutti i loro droni:

90% dei loro aeroporti all’inizio del conflitto:

E oltre il 50% dei loro equipaggiamenti militari, a partire dall’estate scorsa, quando è stata fatta questa dichiarazione:

Il che è stato ulteriormente confermato dallo stesso Arestovich quando ha detto che la Russia ha quasi “interamente” distrutto la sua industria degli armamenti.

Quindi l’ultima è solo una conferma, che potete vedere integralmente qui:

Tuttavia, la parte interessante è qui:

E descrivono come un bunker sovietico destinato a resistere alle testate nucleari sia stato annientato da missili russi sconosciuti con una forza tale che “c’era sangue su tutte le pareti e i bulbi oculari delle vittime volavano fuori dalle loro teste”:

E qui si dice che il 90% della loro AD è stato distrutto letteralmente il primo giorno:

Rimanendo in tema di 90%, ricordo che qui ho precedentemente dimostrato come il 90% dei mobilitati della regione di Poltava sia stato distrutto, come da loro stesso commissariato, il che può essere estrapolato.

Mettete insieme tutti questi elementi ed è chiaro che non si tratta di un’esagerazione o di un’iperbole: La Russia ha letteralmente e verificabilmente distrutto, come ha dichiarato la stessa leadership dell’AFU, circa il 90% dell’intero complesso militare industriale ucraino nella prima parte della guerra. Da allora, tutto è stato uno sforzo massiccio, senza precedenti, con il prestito della NATO, per resuscitare e rianimare il loro esercito “Weekend a Bernies”.

Video vecchio ma in qualche modo rilevante (i soldi sono ancora di più ora):

Quanti interi eserciti dovrà distruggere la Russia perché qualcuno capisca che si è trattato di uno sforzo colossale e quanti libri di storia militare saranno scritti su questo risultato?

Alla luce di tutti i discorsi sull’offensiva, vi lascio con questo pensiero finale da Slavyangrad:

Le riserve e la fine dell’offensiva di Schrödinger. “Il pericolo più grande arriva nel momento della vittoria”~Napoleone Bonaparte “Ma non dovremmo mai avere così tante forze in prima linea da non averne nessuna di riserva. Sarebbe un errore gravissimo che ci porterebbe alla sconfitta, se il nemico fosse minimamente preparato all’accerchiamento”~Carl ClausewitzAlcuni fondamenti della guerra che conosciamo oggi: l’Esercito degli Stati Uniti ha condotto uno studio in cui diverse batterie di artiglieria hanno svolto esercitazioni per venti giorni di fila, con diversi gradi di sonno. Una batteria dormiva sette ore a notte, una sei, una cinque e una quattro. La batteria che dormiva quattro ore, dopo venti giorni di operazioni, aveva un’efficienza di tiro degradata del 98%. Hanno bisogno di un sonno profondo e spesso possono addormentarsi a tal punto da dormire durante il fuoco dell’artiglieria. A questo punto, non sono più addormentati, ma in stato comatoso. Gli esseri umani possono sostenere un combattimento continuo per non più di 30 giorni prima che le prestazioni inizino a degradarsi gravemente. Le prestazioni di un soldato medio in combattimento senza recupero raggiungono un picco a 20 giorni, iniziano a calare e poi a 30 giorni precipitano in un precipizio.- Nelle moderne forze armate è prassi comune che gli ufficiali comandino alle truppe di consolidare le posizioni dopo averle conquistate. Questo non è solo un buon modo di fare guerra, ma è stato progettato per mantenere le truppe in movimento e al lavoro subito dopo la vittoria, per evitare che il contraccolpo fisiologico di cui sopra si verifichi immediatamente, fino a quando le riserve possono spostarsi per prendere il sopravvento.- Come ha notato Napoleone, i soldati sono più vulnerabili nel momento della vittoria. È più corretto affermare che i soldati sono più vulnerabili nel momento in cui il combattimento finisce. Nel momento in cui la battaglia è finita e il soldato inizia a rilassarsi dopo una scarica di adrenalina, diventa del tutto inutile.-Clausewitz notava che le riserve dovrebbero essere tenute ben lontane dalla battaglia, per mantenerle fresche e senza carichi di stress.A cosa si aggiungono questi punti? L’importanza delle riserve. Questi fattori spiegano perché i contrattacchi funzionano e perché è necessaria la rotazione delle truppe. Per tenere una posizione appena conquistata, è necessario impegnare riserve di truppe fresche nella posizione. Per inseguire un nemico in fuga da una posizione conquistata, bisogna impegnare le riserve in modo da spingere attraverso la posizione conquistata. Senza riserve, gli uomini si spezzano. Se non si hanno riserve, non si può fare la guerra. L’Ucraina ha impegnato le sue riserve strategiche nell’offensiva senza che l’avanguardia abbia prima fatto breccia. La domanda che sorge spontanea è: se si impegnano le riserve, con che cosa verranno sostenute quando le battaglie saranno finite? Kiev non sta più conducendo una guerra professionale, secondo qualsiasi criterio. Ora sta conducendo l’equivalente di un giocatore d’azzardo che perde una mano, butta due volte i soldi per riprovare, perde di nuovo e poi passa alla carta di credito, supponendo che quando la carta di credito sarà esaurita, in qualche modo sarà ancora in grado di mettere i soldi in gioco.-@Slavyangrad


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la Russia, l’Ucraina e il rovesciamento dottrinale della NATO, di Big Serge_a cura di Roberto Buffagni

Traduco un’acuta, concisa e perspicua analisi tecnico-storica di “Big Serge”, probabilmente il miglior commentatore delle operazioni militari in Ucraina. È stata pubblicata il 4 ottobre in forma di thread su Twitter, account @witte_sergei.

L’Autore identifica le forti somiglianze tra la condotta delle operazioni russe in Ucraina e la dottrina NATO della “Airland Battle”, elaborata al culmine della Guerra Fredda per contrastare un attacco delle forze terrestri sovietiche, nettamente superiori per uomini e mezzi disponibili, e avvantaggiate dalla prossimità logistica al campo di battaglia. La dottrina della “Airland Battle” fu elaborata sotto il diretto influsso del più grande teorico militare statunitense, il colonnello John Boyd. L’analisi di “Big Serge” termina con queste parole: “Questo dovrebbe far riflettere i vertici militari occidentali. Piuttosto che liquidare i russi come un prodotto della forza bruta, dovrebbero considerare che questo esercito russo potrebbe essere un discepolo di John Boyd – un pensiero davvero preoccupante.”

È molto significativo che lo stesso, identico richiamo a John Boyd si ritrovi nell’illuminante studio in due parti sulle prime settimane di guerra che “Marinus” – probabilmente, il Ten. Gen. (a riposo) Paul Van Riper, Corpo dei Marines– ha pubblicato nel mese di giugno e agosto del 2022 sulla “Marine Corps Gazette”, e che a distanza di un anno e mezzo si rivela non soltanto di eccellente qualità, ma preveggente. Li ho tradotti[1] e approfonditamente commentati[2] su italiaeilmondo.com. La seconda parte dello studio termina così: “L’invasione russa dell’Ucraina potrebbe segnare l’inizio di una nuova guerra fredda, una “lunga lotta nel crepuscolo” paragonabile a quella che si è conclusa con il crollo dell’impero sovietico più di tre decenni fa. Se così è, allora ci troveremo di fronte a un avversario che, pur attingendo molto dal valore della tradizione militare sovietica, si è affrancato sia dalla brutalità insita nell’eredità di Lenin, sia dai paraocchi imposti dal marxismo. Ancor peggio, potremmo trovarci a combattere dei discepoli di John R. Boyd.

Buona lettura.

Roberto Buffagni

 

 

 

Thread: la Russia, l’Ucraina e il rovesciamento dottrinale della NATO

 

Da quando gli ucraini hanno iniziato la loro controffensiva nel sud del paese, è emerso un tema: i russi stanno combattendo in modo molto simile a quello dettato dalla dottrina della NATO della fine della guerra fredda.

(1)

Thread: Russia, Ukraine, and NATO's doctrinal reversal Ever since the Ukrainians began their counteroffensive in the south, a theme has emerged; namely, that the Russians are fighting in a manner eerily similar to that dictated by NATO's late cold-war doctrine. (1)

Cominciamo tornando ad alcune nozioni di base molto rudimentali. In guerra esistono due tipi di mezzi di combattimento: gli elementi della manovra e il fuoco. Coordinare l’interazione tra i vari mezzi di manovra e il fuoco a distanza è il compito fondamentale delle operazioni militari.

(2)

Let's start by going back to some very rudimentary basics. In warfare, there are really two types of combat assets: maneuver elements and fires. Coordinating the interplay of various maneuver assets and ranged fires is the foundational task of military operations. (2)

I mezzi di manovra sono quelli che forniscono potenza di combattimento sulla linea di contatto e determinano il controllo della posizione – carri armati, fanteria, veicoli blindati, ecc. I sistemi di fuoco a distanza sono quelli che forniscono potenza di fuoco a distanza dalla linea di contatto: artiglieria, razzi, droni, aerei, ecc.

(3)

Maneuver assets are those that deliver fighting power at the contact line and determine positional control - tanks, infantry, armored vehicles, etc. Ranged fires are systems that deliver firepower remotely from the contact line - artillery, rockets, drones, aircraft, etc. (3)

Al culmine della guerra fredda, i pianificatori militari occidentali si trovarono di fronte a un problema molto semplice: come si poteva organizzare una difesa efficace contro le forze del Patto di Varsavia/Armata Rossa che possedevano un enorme vantaggio in termini di mezzi di manovra? Qual è il piano di battaglia per una forza in inferiorità numerica?

(4)

During the height of the cold war, western military planners faced a very simple problem: how could an effective defense be waged against Warsaw Pact/Red Army forces which possessed an enormous advantage in maneuver assets? What is the plan of battle for an outnumbered force? (4)

I primi tentativi teorici di risolvere questo problema sono stati scoraggianti. Un’idea era quella di adottare una postura difensiva proattiva, concentrando la potenza di combattimento sulla linea di contatto più avanzata.

(5)

Early theoretical attempts to solve this problem were discouraging. One idea was to adopt a proactive defensive posture, concentrating fighting power at the most forward line of contact. (5)

Il problema di questo concetto era la dottrina sovietica delle operazioni sequenziali – pacchetti aggiuntivi di forze di riserva fresche per rafforzare l’attacco. Anche se le forze della NATO fossero riuscite a sconfiggere l’assalto iniziale sovietico, avrebbero avuto scarse possibilità di contrastare il secondo e il terzo assalto.

(6)

The problem with this concept was the Soviet doctrine of sequential operations - additional packages of fresh reserve forces to reinforce the attack. Even if NATO forces managed to defeat the initial Soviet onslaught, they had poor odds against the second and third assaults. (6)

Un’alternativa era la “Difesa in profondità”: più strati di linee difensive progettate per assorbire e attutire l’attacco nemico. Questa soluzione fu ritenuta politicamente problematica, perché implicava che gran parte della Germania occidentale potesse essere invasa e occupata prima che i sovietici esaurissero la loro forza.

(7)

An alternative was "Defense in Depth" - multiple layers of defensive lines designed to absorb and attrit the enemy attack. This was deemed politically problematic, because it implied that much of West Germany might be overrun and occupied before the Soviets ran out of steam. (7)

In definitiva, si trattava di un problema abbastanza semplice da capire, ma molto difficile da risolvere. Le forze sovietiche potevano contare su un vantaggio del 60% in carri armati e veicoli corazzati e su un vantaggio simile in termini di truppe.

(8)

Ultimately, this was a problem that was fairly straightforward to understand, but very hard to solve. Soviet forces could count on something like a 60% advantage in tanks and armored vehicles and a similar manpower advantage. (8)

Inoltre, l’URSS era molto più vicina al potenziale campo di battaglia (la Germania) rispetto agli Stati Uniti, il che significava che sarebbe stato molto più facile per i sovietici alimentare forze e rifornimenti aggiuntivi. Questo problema è cresciuto dopo il Vietnam, con la fine della leva in America.

(9)

Furthermore, the USSR was much closer to the potential battlefield (Germany) than the United States, which meant it would be much easier for the Soviets to feed in additional forces and supplies. This problem grew post-Vietnam with the end of the draft in America. (9)

La soluzione – fortemente influenzata dal più grande teorico militare americano, John Boyd – consisteva nel bloccare un’offensiva sovietica utilizzando una combinazione di fuoco a distanza potente e preciso e di sciami di contrattacchi da parte di mezzi di manovra a terra. Esaminiamone con ordine gli elementi.

(10)

The solution - influenced heavily by America's greatest military theorist, John Boyd - was to stymie a Soviet offensive using a combination of powerful and precise ranged fires and swarming counterattacks by maneuver assets on the ground. Let's review the elements in turn. (10)

Il vantaggio sovietico in termini di potenza di combattimento si basava su un massiccio sistema di alimentazione logistica. Dovevano sia alimentare forze aggiuntive in battaglia (scaglioni) sia spostare continuamente enormi quantità di carburante, munizioni e materiali al fronte.

(11)

The Soviet combat power advantage relied on a massive sustainment system. They needed to both feed additional forces into battle (echelons) and continually move enormous quantities of fuel, munitions, and material to the front. (11)

La superiorità del fuoco di precisione americano – in particolare i sistemi missilistici basati a terra (HIMARS) e quelli lanciati dall’aria – offriva il potenziale per interrompere il sistema di sostentamento sovietico, fornendo potenza di fuoco in profondità nelle retrovie dello spazio di battaglia.

America's superior precision fires - particularly ground based rocketry (HIMARS) and air launched systems - offered the potential to disrupt the Soviet sustainment system by delivering firepower deep into the rear of the battlespace. (12)

Si prevedeva che la capacità di colpire con continuità e potenza avrebbe strangolato la potenza di combattimento sovietica, costringendola a nascondere e distribuire le risorse, impedendole di concentrare le forze di riserva, di spostarle rapidamente al fronte o di rifornirle.

. (13)

It was anticipated that a sustained and powerful strike capability would choke off Soviet fighting power by forcing them to hide and distribute assets, preventing them from concentrating reserve forces, moving them quickly to the front, or supplying them. (13)

Saturando le retrovie sovietiche di attacchi, si sperava che la potenza di combattimento sovietica potesse essere fortemente ridimensionata, impedendo all’Armata Rossa di concentrare i suoi mezzi di terra superiori, e rallentando il loro arrivo sulla linea di contatto.

(14)

By saturating the Soviet rear area with strikes, it was hoped that Soviet fighting power could be severely blunted by preventing the Red Army from concentrating its superior assets on the ground and slowing their arrival at the line of contact. (14)

Inoltre, il col. John Boyd suggerì quello che chiamò “counter blitzing”, una dottrina di vivaci contrattacchi su tutto il fronte nemico. Ciò avrebbe creato una situazione operativa ambigua e avrebbe impedito al nemico di concentrare le sue forze.

(15)

Furthermore, Col. John Boyd suggested what he called "counter blitzing" - a doctrine of lively counterattacking all over the enemy front. This would create an ambiguous operational situation and further prevent the enemy from concentrating his forces. (15)

In sostanza, queste dottrine sinergiche – attacchi di precisione in profondità e una postura di contrattacco frenetica e aggressiva – avrebbero esteso lo spazio di battaglia in tutte le direzioni, diluito la potenza di combattimento dei sovietici, e impedito loro di concentrare le forze per un assalto decisivo.

(16)

In essence, these synergistic doctrines - precision strikes in depth and a frenetic and aggressive counterattacking posture - would stretch the battlespace out in all directions, dilute Soviet fighting power, and prevent them from concentrating forces for a decisive assault. (16)

Nel complesso, questa dottrina era nota come “Airland Battle” (battaglia aereo-terrestre) e la sua qualità distintiva era la difesa in contrattacco e l’uso del fuoco di precisione per distruggere le forze nemiche di retroguardia e degradare il sostentamento del nemico.

(17)

Collectively, this doctrine was popularly known as "Airland Battle", and its defining quality was a counterattacking defense and the use of precision fires to attrit rear echelon enemy forces and degrade the enemy's sustainment. (17)

Ebbene, cosa vediamo in Ucraina? Qualcosa di piuttosto simile alla “Airland Battle”, alla battaglia aereo-terrestre, a quanto pare. La difesa russa dalla controffensiva ucraina ha visto sia una postura di contrattacco altamente proattiva, sia una crescita esponenziale delle capacità di attacco russe.

(18)

Well, what do we have in Ukraine? Something rather similar to Airland Battle, it would seem. The Russian defense against the Ukrainian Counteroffensive has seen both a highly proactive counterattacking posture and an exponential growth in Russian strike capabilities. (18)

Mentre la NATO si è impegnata a riattrezzare le forze meccanizzate dell’Ucraina (soprattutto mezzi di manovra di grosso calibro), la maggior parte delle nuove capacità della Russia si presentano sotto forma di fuochi di sbarramento come il Lancet, il Geran, l’UMPK e gli sciami di droni FPV che affliggono le truppe ucraine.

(19)

While NATO labored to retool Ukraine's mechanized force (mainly big ticket maneuver assets), most of Russia's new capabilities come in the form of standoff fires like the Lancet, Geran, UMPK, and the swarms of FPV drones that plague Ukrainian troops. (19)

Mentre gli ucraini vogliono concentrare il loro pacchetto meccanizzato a sud, i russi hanno sferrato attacchi opportunistici su tutto il fronte, attirando le riserve ucraine e creando un’estrema ambiguità operativa. Il col. John Boyd approverebbe.

(20)

While the Ukrainians want to concentrate their mechanized package in the south, the Russians have conducted opportunistic attacks all around the front, drawing in Ukrainian reserves and creating extreme operational ambiguity. Col. John Boyd would approve. (20)

Nel frattempo, i mezzi d’attacco russi continuano a martellare le aree di sosta, i depositi di munizioni e i posti di comando nel teatro meridionale. Hanno colpito treni e punti di assemblaggio, e tempestano le forze ucraine con i droni.

(21)

Meanwhile, Russian strike assets continue to hammer staging areas, ammunition dumps, and command posts in the southern theater. They've hit trains and assembly points, and they harry Ukrainian forces with drones. (21)

Tutto questo rende quasi impossibile per l’Ucraina concentrare i mezzi di manovra per attaccare, e rallenta il rafforzamento dei loro attacchi. In queste condizioni, è quasi impossibile attaccare con successo. Il fuoco viene sfruttato per disperdere e dissipare i mezzi di manovra del nemico.

(22)

All of this works to make it nearly impossible for Ukraine to concentrate maneuver assets to attack, and slow to reinforce their efforts. Under these conditions, its nearly impossible to attack successfully. Fires are leveraged to dissipate the enemy's maneuver assets. (22)

Ovviamente, la dottrina militare russa attinge al suo profondo pozzo di elaborazioni teoriche – il punto qui non è suggerire che abbiano rubato la “Airland Battle”. Forse, invece, dovremmo dire che il piano “Airland Battle” aveva identificato le verità fondamentali del campo di battaglia e delle operazioni.

(23)

Obviously, Russian military doctrine is its own deep well of thinking - the point here is not to suggest that they ripped off Airland Battle. Maybe instead, we should say that Airland Battle had identified fundamental truths of the battlefield and operations. (23)

Quando il nemico ha bisogno di concentrare le sue forze per attaccare con successo, la risposta logica è estendere lo spazio di battaglia sia orizzontalmente (contrattaccando freneticamente) che verticalmente (colpendo le sue infrastrutture di supporto e le sue riserve), costringendolo a disperdersi.

(24)

When the enemy needs to concentrate his forces to attack successfully, the logical response is to stretch the battlespace both horizontally (counterattacking frenetically) and vertically (striking his sustainment infrastructure and reserves), forcing him to disperse. (24)

Questo dovrebbe far riflettere i vertici militari occidentali. Piuttosto che liquidare i russi come un prodotto della forza bruta, dovrebbero considerare che questo esercito russo potrebbe essere un discepolo di John Boyd – un pensiero davvero preoccupante.

(25)

This should give western military leadership pause. Rather than dismissing the Russians as a product of brute force, they ought to consider that this Russian Army might just be a disciple of John Boyd - a sobering thought indeed. (25)

 

 

[1] https://italiaeilmondo.com/2022/08/29/linvasione-russa-dellucraina-parte-i-e-ii-di-marinus_a-cura-di-roberto-buffagni/

[2] http://italiaeilmondo.com/2022/08/31/sulle-implicazioni-dello-studio-sullinvasione-russa-dellucraina-pubblicato-dalla-marine-corps-gazette-di-roberto-buffagni/

La Cina può davvero costruire un nuovo ordine mondiale?_Nicholas Bequelin

Una domanda mal posta, almeno al momento, semplicemente perché la dirigenza cinese non cerca il predominio ma interlocutori in grado di contrastare l’egemonismo avventurista statunitense; addirittura cerca di esorcizzare la formazione di un mondo multipolare con un sistema di relazioni multilaterale nel medio periodo in realtà velleitario. E’ proprio l’oltranzismo statunitense a spingere verso coalizioni nettamente contrapposte propedeutiche alla formazione di un contesto multipolare. E’ l’onda che per inerzia o per scelta tutti saranno costretti a seguire in maniera accelerata. Giuseppe Germinario

La Cina può davvero costruire un nuovo ordine mondiale?

Se si considera l’attuale politica estera di Pechino, il risultato più probabile della sua spinta a rimodellare la governance globale è il disordine, non un nuovo ordine mondiale cinese.

La Cina può davvero costruire un nuovo ordine mondiale?
Il presidente cinese Xi Jinping interviene al dibattito generale della 70a sessione dell’Assemblea generale, 28 settembre 2015.Credit: UN Photo/Cia Pak
Non passa giorno senza che vengano pronunciate nuove dichiarazioni sull’intenzione della Cina di rimodellare l’ordine mondiale.“La Cina è l’unico paese che ha sia l’intento di rimodellare l’ordine internazionale sia il potere per farlo”, ha avvertito il segretario di Stato americano Antony Blinken . L'”obiettivo chiaro di Pechino è un cambiamento sistemico dell’ordine internazionale con la Cina al centro”, gli ha fatto eco Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea. “Insieme”, Cina e Brasile possono “ cambiare la governance mondiale ”, ha promesso il presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva.Ogni mossa di Pechino viene letta come un tentativo di promuovere il “progetto cinese per un ordine mondiale alternativo”, come ha intitolato un recente articolo il Financial Times , e di costruire “Il mondo secondo Xi” – una recente copertina dell’Economist . Non passa settimana senza che eminenti studiosi di relazioni internazionali o un ex leader mondiale si pronuncino su cosa si dovrebbe fare per preservare il cosiddetto “ordine basato sulle regole” minacciato da una Cina revisionista.Le prove raccolte spaziano dalle dichiarazioni della Cina stessa sulla sua ambizione di inaugurare un “ nuovo tipo di relazioni internazionali ”, alla sua influenza economica sulla maggior parte del mondo in via di sviluppo, ai suoi risultati nell’allargamento di gruppi incentrati sulla Cina come i BRICS o l’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai ( SCO), il suo indiscutibile superamento di ex potenze pari come Russia e India, il successo di nuove iniziative diplomatiche come l’ accordo Iran-Arabia Saudita e il generale declino del potere e del prestigio dell’Occidente.

La virtù principale di questa narrazione risiede nella sua semplicità: la Cina è diventata una delle maggiori potenze mondiali, si dice, e quindi vuole che le sue preferenze e i suoi valori si riflettano nell’ordine internazionale, più o meno allo stesso modo in cui gli Stati Uniti hanno imposto la sua impronta sulle istituzioni del dopoguerra. Questo è vero. Ma la vera domanda è quanto Pechino riuscirà davvero a costruire un nuovo ordine, invece di intaccare quello vecchio.

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Non si può negare che la Cina abbia notevolmente rafforzato la sua ambizione di far sentire la propria voce sulla scena internazionale. Da settembre 2021, Pechino ha presentato non meno di tre “ Iniziative globali ”, rispettivamente su sviluppo, sicurezza e civiltà. del presidente Xi Jinping Insieme alla Belt and Road Initiative (BRI), questi costituiscono ora i quattro pilastri dell’iniziativa “ Comunità per un futuro condiviso ” , salutata da Pechino come un piano per “la pace e la stabilità mondiale” e “una forte forza trainante per lo sviluppo globale”. .”

Né è discutibile il crescente peso della Cina all’interno delle Nazioni Unite. Pechino è il secondo maggiore contribuente al bilancio delle Nazioni Unite e gestisce un proprio “ Fondo fiduciario per la pace e lo sviluppo ” separato da 200 milioni di dollari direttamente sotto il segretario generale. I cittadini cinesi costituiscono il personale dei vertici più alti delle organizzazioni, con incarichi come sottosegretario generale per gli affari economici e sociali (ECOSOC) e direttore generale dell’Organizzazione per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO). Al Consiglio di Sicurezza, Pechino non è più timida nell’esercitare il suo potere di veto e nel modellare la direzione dei dibattiti minacciando di usarlo. Ed è sempre più in grado di mobilitare altri Stati membri a sostegno delle sue posizioni: l’anno scorso ha respinto una proposta di risoluzione al Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite per esaminare le accuse secondo cui crimini contro l’umanità . nello Xinjiang venivano commessi

Tuttavia, l’idea che la Cina stia perseguendo con determinazione una strategia coerente non potrebbe essere più lontana dalla verità. Perché? Perché vista da vicino, la diplomazia cinese è in pratica lacerata da contraddizioni, incoerenze e confusione.

A cominciare dal ruolo delle Nazioni Unite. Una settimana prima dell’apertura dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, all’inizio di questo mese, la Cina ha presentato una “Proposta sulla riforma e lo sviluppo della governance globale”, che delineava un programma ambizioso per attuare il “vero multilateralismo” sostenendo le Nazioni Unite “nel giocare un ruolo centrale”. ruolo negli affari internazionali” e “dare voce ai paesi in via di sviluppo”. Ma all’Assemblea Generale stessa, Pechino ha scelto di inviare solo un funzionario di terzo grado , mentre il suo capo diplomatico Wang Yi era impegnato in un viaggio di alto profilo in Russia durante il quale ha incontrato Vladimir Putin.

L’atteggiamento della Cina nei confronti dei BRICS , un gruppo inizialmente composto da Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa che ora rappresenta oltre il 40% del PIL mondiale, appare altrettanto incoerente. Il mese scorso, su iniziativa di Pechino, il gruppo ha aggiunto sei membri (Argentina, Egitto, Etiopia, Iran, Arabia Saudita ed Emirati Arabi Uniti), in quella che l’agenzia di stampa Reuters ha prevedibilmente definito “una mossa volta ad accelerare la spinta [della Cina] verso riorganizzare l’ordine mondiale”.

Xi ha partecipato di persona al vertice dei BRICS a Johannesburg, in Sud Africa, pronunciando un importante discorso durante il quale ha assicurato che la Cina è “pronta a lavorare con i BRICS e ad approfondire la cooperazione a tutti i livelli”.

“Non importa come cambia la situazione internazionale”, ha promesso, “il nostro impegno di cooperazione sin dall’inizio e la nostra aspirazione comune non cambieranno”.

Eppure, poche settimane dopo, Xi ha deliberatamente snobbato il vertice del G-20 ospitato dall’India, nonostante i membri BRICS rappresentassero oltre un terzo dei membri del G-20 e un programma del vertice che rifletteva molte delle loro preoccupazioni.

È altrettanto difficile dare un senso alla tanto decantata auto-rappresentazione della Cina come paladina del Sud del mondo. Da un lato Pechino ha indubbiamente investito notevoli capitali diplomatici ed economici con i paesi in via di sviluppo di tutto il mondo, e non perde occasione per riaffermare che la Cina stessa è un paese in via di sviluppo.

“La Cina è la più grande nazione in via di sviluppo del mondo e un membro naturale del Sud del mondo”, ha detto Li Xi, rappresentante personale di Xi Jinping, in una riunione del Gruppo dei 77, una coalizione di 135 paesi in via di sviluppo che si è incontrata a Cuba durante la Assemblea Generale delle Nazioni Unite. “Non importa quale stadio di sviluppo raggiungerà”, ha aggiunto, “la Cina farà sempre parte del mondo in via di sviluppo”.

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Ma cosa dovrebbero pensare allora i membri del Sud del mondo della visione di Xi Jinping di una partnership sempre più stretta con la Russia? “In questo momento ci sono cambiamenti che non vedevamo da 100 anni”, ha detto in modo memorabile alla sua controparte russa mentre si trovava sui gradini del Cremlino al termine della sua visita di Stato nel marzo 2023. “Quando siamo insieme, possiamo guidare questi cambiamenti”. Questa enfasi su un leader degli affari globali come coppia sino-russa appare nettamente in contrasto con le promesse di costruire un “vero multilateralismo” con il Sud del mondo e con le denunce di come “ unilateralismo ed egemonismo stiano diventando dilaganti”.

E mentre l’economia cinese ha beneficiato generosamente dell’aumento degli scambi con la Russia, ed essendo il principale importatore di grano dall’Ucraina nell’ambito del programma “Iniziativa del Mar Nero” sostenuto dalle Nazioni Unite, i paesi in via di sviluppo con i quali Pechino si impegna a solidarizzare sono stati colpiti dall’insicurezza alimentare e da una forte crisi deterioramento delle condizioni economiche a seguito dell’invasione di Mosca.

Uno sguardo attento alla condotta della Cina sulla scena diplomatica rivela numerose contraddizioni e incoerenze simili. La Cina ha bisogno di presentare un volto “ amabile ” al mondo, ha esortato Xi Jinping, ma la sua politica estera rimane dominata dalla “ guerriero lupo diplomazia del ”, una combinazione di spavalderia, disinformazione e invettive, inizialmente limitata ai social media ma ora comune in ambito diplomatico. anche le impostazioni.

più Lo status di peso massimo della Francia in Europa ha garantito la scenografia meticolosa per la visita del presidente Emmanuel Macron in Cina. Ma il diplomatico cinese più rumoroso e universalmente detestato , Lu Shaye, è stato scelto da Pechino per l’ambasciatore a Parigi.

Xi Jinping scelse Qin Gang come ministro degli Esteri, una posizione per la quale era stato preparato attraverso un incarico come ambasciatore negli Stati Uniti. Sette mesi dopo, Qin cadde in disgrazia e inspiegabilmente svanì , lasciando i diplomatici stranieri a grattarsi la testa. L’elenco potrebbe continuare.

Eppure tutte queste incoerenze impallidiscono rispetto alla contraddizione fondamentale che ora ha raggiunto il cuore della politica estera cinese: il suo attaccamento, precedentemente sacrosanto, ai principi di sovranità e integrità territoriale. Fin dalla sua fondazione nel 1949, la Repubblica popolare cinese (RPC) ha sempre fatto di questi principi la pietra angolare della sua diplomazia, in parte come riflesso dell’amara storia della Cina come vittima delle invasioni imperialiste occidentali e giapponesi nel XIX e XX secolo.

“La sovranità, l’indipendenza e l’integrità territoriale di tutti i paesi dovrebbero essere rispettate e salvaguardate. Questa è una norma fondamentale delle relazioni internazionali che incarna gli scopi della Carta delle Nazioni Unite. È anche la posizione coerente e di principio della Cina”, ha sottolineato il ministro degli Esteri Wang Yi il 19 febbraio 2022, mentre le truppe russe si ammassavano lungo il confine dell’Ucraina. “E questo vale anche per l’Ucraina”.

Ciononostante, la settimana successiva Pechino ha rinunciato alla preminenza di questi principi e ha difeso le azioni di Mosca, in nome di “legittime preoccupazioni per la sicurezza” – un termine che non ha alcuna base nel diritto internazionale o nella Carta delle Nazioni Unite. L’intenzione iniziale di Pechino era chiara: condannare le alleanze di sicurezza occidentali che sia Mosca che Pechino vedono come una minaccia alla loro sicurezza e, nel caso della Cina, alle sue ambizioni su Taiwan. Ma ciò è avvenuto a scapito della posizione di lunga data della Cina riguardo all’ordine internazionale.

La Cina ha ora di fatto postulato l’esistenza di “legittime preoccupazioni per la sicurezza” (合理安全关切, in realtà meglio tradotto come “ragionevoli preoccupazioni per la sicurezza”) come valide eccezioni ai principi di sovranità e integrità territoriale in tutta la sua diplomazia, dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite a la sua Iniziativa per la Sicurezza Globale . E questo senza fornire alcuna indicazione su cosa si qualifichi esattamente come una “legittima preoccupazione per la sicurezza”. Chi deve decidere cosa è “legittimo”? Secondo quali criteri? Su quale base giuridica? A chiunque presti attenzione, il modo goffo con cui la Cina ha scelto di giustificare l’aggressione di Mosca ha aperto un vaso di Pandora pieno di importanti problemi di sicurezza collettiva.

In effetti, è difficile immaginare come un paese scambierebbe la relativa sicurezza del sistema della Carta delle Nazioni Unite e del diritto internazionale con un ordine mondiale cinese in cui la sua sovranità territoriale sarebbe limitata da non specificate “legittime preoccupazioni di sicurezza” che qualsiasi altro paese potrebbe avere. In altre parole, la Cina può provare a convincere i paesi a sostenere le sue posizioni sulla governance globale, come afferma con crescente forza, oppure può spingere per una visione di un nuovo regime internazionale di sovranità territoriale ridotta. Promuovere entrambi allo stesso tempo, come sta facendo attualmente la Cina, è chiaramente incoerente.

“Ciò che stiamo vivendo ora è più di una prova dell’ordine post-Guerra Fredda”, ha avvertito il Segretario di Stato americano Antony Blinken prima dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite di quest’anno. “È la fine.” Questa è un’esagerazione. Pechino è certamente determinata a indebolire alcuni dei suoi principi, in modo da rendere il sistema internazionale ancora più accomodante nei confronti dei regimi non democratici. Ma se si considera l’attuale politica estera della Cina, il risultato più probabile è il disordine, piuttosto che un nuovo ordine mondiale cinese. Non importa quanto possa sembrare difficile sistemare il sistema multilaterale esistente, si tratta pur sempre della migliore offerta sul tavolo.

Autori
Autore ospite

Nicola Bequelin

Nicholas Bequelin è membro senior del Centro Paul Tsai sulla Cina della Yale Law School ed ex direttore regionale per l’Asia-Pacifico di Amnesty International.

L’invasione russa è stata un atto razionale È nell’interesse dell’Occidente prendere Putin sul serio DI JOHN MEARSHEIMER E SEBASTIAN ROSATO

L’invasione russa è stata un atto razionale
È nell’interesse dell’Occidente prendere Putin sul serio
DI JOHN MEARSHEIMER E SEBASTIAN ROSATO

È opinione diffusa in Occidente che la decisione del presidente russo Vladimir Putin di invadere l’Ucraina non sia stata un atto razionale. Alla vigilia dell’invasione, l’allora primo ministro britannico Boris Johnson suggerì che forse gli Stati Uniti e i loro alleati non avevano fatto “abbastanza per scoraggiare un attore irrazionale e dobbiamo accettare al momento che Vladimir Putin forse sta pensando in modo illogico e non vede il disastro che lo attende”. Il senatore statunitense Mitt Romney ha fatto un ragionamento simile dopo l’inizio della guerra, osservando che “invadendo l’Ucraina, Putin ha già dimostrato di essere capace di decisioni illogiche e autolesioniste”. L’assunto alla base di entrambe le affermazioni è che i leader razionali iniziano le guerre solo se hanno la probabilità di vincere. Iniziando una guerra che era destinato a perdere, Putin ha dimostrato la sua non razionalità.

Altri critici sostengono che Putin non era razionale perché ha violato una norma internazionale fondamentale. Secondo questa visione, l’unica ragione moralmente accettabile per entrare in guerra è l’autodifesa, mentre l’invasione dell’Ucraina è stata una guerra di conquista. L’esperta di Russia Nina Khrushcheva ha affermato che “con il suo assalto non provocato, Putin si unisce a una lunga serie di tiranni irrazionali” e sembra “aver ceduto alla sua ossessione guidata dall’ego di ripristinare lo status della Russia come grande potenza con una propria sfera di influenza chiaramente definita”. Bess Levin di Vanity Fair ha descritto il presidente russo come “un megalomane assetato di potere”; l’ex ambasciatore britannico a Mosca Tony Brenton ha suggerito che la sua invasione è la prova che egli è un “autocrate squilibrato” piuttosto che l'”attore razionale” che era un tempo.

Queste affermazioni si basano tutte su una concezione comune della razionalità che è intuitivamente plausibile, ma in definitiva difettosa. Contrariamente a quanto molti pensano, non possiamo equiparare la razionalità al successo e la non razionalità al fallimento. La razionalità non riguarda i risultati. Gli attori razionali spesso non riescono a raggiungere i loro obiettivi, non a causa di un pensiero insensato, ma a causa di fattori che non possono né prevedere né controllare. C’è anche una forte tendenza a equiparare la razionalità alla moralità, poiché si pensa che entrambe le qualità siano caratteristiche del pensiero illuminato. Ma anche questo è un errore. Le politiche razionali possono violare standard di condotta ampiamente accettati e possono persino essere mortalmente ingiuste.

Che cos’è dunque la “razionalità” nella politica internazionale? Sorprendentemente, la letteratura scientifica non fornisce una buona definizione. Per noi, la razionalità consiste nel dare un senso al mondo – cioè capire come funziona e perché – per decidere come raggiungere determinati obiettivi. Ha una dimensione sia individuale che collettiva. I politici razionali sono guidati dalla teoria, sono homo theoreticus. Hanno teorie credibili – spiegazioni logiche basate su ipotesi realistiche e supportate da prove sostanziali – sul funzionamento del sistema internazionale, e le utilizzano per comprendere la loro situazione e determinare il modo migliore per affrontarla. Gli Stati razionali aggregano le opinioni dei principali responsabili politici attraverso un processo deliberativo, caratterizzato da un dibattito robusto e disinibito.

Tutto ciò significa che la decisione della Russia di invadere l’Ucraina è stata razionale. Si consideri che i leader russi si sono basati su una teoria credibile. La maggior parte dei commentatori contesta questa affermazione, sostenendo che Putin era intenzionato a conquistare l’Ucraina e altri Paesi dell’Europa orientale per creare un grande impero russo, qualcosa che avrebbe soddisfatto un desiderio nostalgico dei russi ma che non ha alcun senso strategico nel mondo moderno. Il presidente Joe Biden sostiene che Putin aspira “a essere il leader della Russia che ha unito tutti i russofoni”. Voglio dire… penso che sia irrazionale”. L’ex consigliere per la sicurezza nazionale H. R. McMaster sostiene che: “Non credo che sia un attore razionale perché ha paura, giusto? Quello che vuole fare più di ogni altra cosa è riportare la Russia alla grandezza nazionale. È guidato da questo”.

Ma ci sono prove concrete che Putin e i suoi consiglieri pensassero in termini di teoria dell’equilibrio di potenza, considerando gli sforzi dell’Occidente per fare dell’Ucraina un baluardo al confine con la Russia come una minaccia esistenziale che non poteva essere lasciata in piedi. Il presidente russo ha esposto questa logica in un discorso che spiega la sua decisione di entrare in guerra: “Con l’espansione della Nato verso est, la situazione per la Russia diventa ogni anno più grave e pericolosa… Non possiamo rimanere inattivi e osservare passivamente questi sviluppi. Sarebbe una cosa assolutamente irresponsabile per noi”. Ha poi aggiunto che: “Non è solo una minaccia molto reale ai nostri interessi, ma all’esistenza stessa del nostro Stato e alla sua sovranità. È la linea rossa di cui abbiamo parlato in numerose occasioni. Loro l’hanno superata”.

In altre parole, per Putin si trattava di una guerra di autodifesa volta a prevenire uno spostamento negativo dell’equilibrio di potere. Non aveva intenzione di conquistare tutta l’Ucraina e di annetterla a una grande Russia. Infatti, anche se nel suo noto resoconto storico delle relazioni tra Russia e Ucraina ha affermato che “russi e ucraini erano un unico popolo – un unico insieme”, ha anche dichiarato: “Rispettiamo il desiderio degli ucraini di vedere il loro Paese libero, sicuro e prospero… E ciò che l’Ucraina sarà, spetta ai suoi cittadini deciderlo”. Tutto ciò non significa negare che i suoi obiettivi si siano chiaramente ampliati dall’inizio della guerra, ma questo non è insolito quando le guerre si sviluppano e le circostanze cambiano.

Vale la pena notare che Mosca ha cercato di affrontare la crescente minaccia ai suoi confini attraverso una diplomazia aggressiva, ma gli Stati Uniti e i loro alleati non erano disposti ad accogliere le preoccupazioni della Russia in materia di sicurezza. Il 17 dicembre 2021, la Russia ha avanzato una proposta per risolvere la crescente crisi che prevedeva un’Ucraina neutrale e il ritiro delle forze della Nato dall’Europa orientale alle loro posizioni del 1997. Ma gli Stati Uniti l’hanno respinta a priori.

In questo caso, Putin ha optato per la guerra, che secondo gli analisti avrebbe portato al dominio dell’Ucraina da parte dell’esercito russo. Descrivendo l’opinione dei funzionari statunitensi poco prima dell’invasione, David Ignatius del Washington Post ha scritto che la Russia avrebbe “vinto rapidamente la fase iniziale e tattica di questa guerra, se ci sarà. Il vasto esercito che la Russia ha schierato lungo i confini dell’Ucraina potrebbe probabilmente conquistare la capitale Kiev in diversi giorni e controllare il Paese in poco più di una settimana”. In effetti, la comunità dei servizi segreti “ha detto alla Casa Bianca che la Russia avrebbe vinto in pochi giorni travolgendo rapidamente l’esercito ucraino”. Naturalmente queste valutazioni si sono rivelate errate, ma anche i politici razionali a volte sbagliano i calcoli, perché operano in un mondo incerto.

La decisione russa di invadere è stata anche il prodotto di un processo deliberativo, non una reazione impulsiva di un lupo solitario. Anche in questo caso, molti osservatori contestano questo punto, sostenendo che Putin ha operato senza un serio input da parte di consiglieri civili e militari, che avrebbero sconsigliato la sua avventata corsa all’impero. Come ha detto il senatore Mark Warner, presidente della Commissione Intelligence del Senato: “Non ha avuto molte persone che hanno avuto contatti diretti con lui. Siamo quindi preoccupati che questo individuo isolato [sia] diventato un megalomane in termini di idea di essere l’unica figura storica in grado di ricostruire la vecchia Russia o di ricreare la nozione di sfera sovietica”. Altrove, l’ex ambasciatore a Mosca Michael McFaul ha suggerito che un elemento della non razionalità della Russia è che Putin è “profondamente isolato, circondato solo da yes men che lo hanno tagliato fuori da una conoscenza accurata”.

Ma ciò che sappiamo della cerchia di Putin e del suo pensiero sull’Ucraina rivela una storia diversa: I subordinati di Putin condividevano il suo punto di vista sulla natura della minaccia che la Russia stava affrontando e lui si è consultato con loro prima di decidere la guerra. Il consenso tra i leader russi sui pericoli insiti nelle relazioni dell’Ucraina con l’Occidente si riflette chiaramente in un memorandum del 2008 dell’allora ambasciatore in Russia William Burns, in cui si avverte che “l’ingresso dell’Ucraina nella Nato è la più brillante di tutte le linee rosse per l’élite russa (non solo per Putin)”. In più di due anni e mezzo di conversazioni con i principali attori russi, dai gorilla annidati nei recessi oscuri del Cremlino ai più acuti critici liberali di Putin, non ho ancora trovato nessuno che veda l’Ucraina nella Nato come qualcosa di diverso da una sfida diretta agli interessi russi… Non riesco a concepire nessuna confezione regalo che permetta ai russi di ingoiare questa pillola tranquillamente”.

Né sembra che Putin abbia preso la decisione di entrare in guerra da solo, come si dice che abbia complottato in un confino indotto da Covid. Alla domanda se il presidente russo si fosse consultato con i suoi principali consiglieri, il ministro degli Esteri Sergei Lavrov ha risposto: “Ogni Paese ha un meccanismo decisionale. In questo caso, il meccanismo esistente nella Federazione Russa è stato pienamente utilizzato”. Sembra chiaro che Putin si sia affidato solo a una manciata di confidenti che la pensano come lui per prendere la decisione finale di invadere, ma questo non è insolito quando i politici si trovano di fronte a una crisi. Tutto questo per dire che la decisione russa di invadere è molto probabilmente emersa da un processo deliberativo, con alleati politici che condividevano le sue convinzioni e preoccupazioni principali sull’Ucraina.

Inoltre, la decisione della Russia di invadere l’Ucraina non solo è stata razionale, ma anche non anomala. Si dice che molte grandi potenze abbiano agito in modo non razionale quando in realtà hanno agito in modo razionale. L’elenco comprende la Germania negli anni precedenti la prima guerra mondiale e durante la crisi di luglio, nonché il Giappone negli anni Trenta e durante la preparazione di Pearl Harbor. In entrambi i casi, i principali responsabili politici si sono basati su teorie credibili di politica internazionale e hanno deliberato tra di loro per formulare strategie per affrontare i vari problemi.

LETTURA SUGGERITA
La guerra in Ucraina non è complicata
DI DOMINIC SANDBROOK
Questo non significa che gli Stati siano sempre razionali. La decisione britannica di non schierarsi contro la Germania nazista nel 1938 fu dettata dall’avversione emotiva del Primo Ministro Neville Chamberlain nei confronti di un’altra guerra terrestre europea e dal suo successo nel bloccare una deliberazione significativa. Nel frattempo, la decisione americana di invadere l’Iraq nel 2003 si è basata su teorie non credibili ed è emersa da un processo decisionale non deliberativo. Ma questi casi rappresentano delle eccezioni. Contro l’opinione sempre più diffusa tra gli studiosi di politica internazionale, secondo cui gli Stati sono spesso non razionali, noi sosteniamo che la maggior parte degli Stati sono razionali per la maggior parte del tempo.

Questo argomento ha profonde implicazioni sia per lo studio che per la pratica della politica internazionale. Nessuna delle due può essere coerente in un mondo in cui prevale la non razionalità. All’interno dell’accademia, la nostra argomentazione afferma l’ipotesi dell’attore razionale, che è stata a lungo un elemento fondamentale per la comprensione della politica mondiale, anche se recentemente è stata messa sotto accusa. Se la non razionalità è la norma, il comportamento degli Stati non può essere né compreso né previsto e lo studio della politica internazionale è un’impresa inutile. Solo se gli altri Stati sono attori razionali, i professionisti possono prevedere come amici e nemici si comporteranno in una determinata situazione e quindi formulare politiche che promuovano gli interessi del proprio Stato.

Tutto questo per dire che i politici occidentali farebbero bene a non dare automaticamente per scontato che la Russia o qualsiasi altro avversario sia non razionale, come spesso fanno. Questo serve solo a minare la loro capacità di capire come pensano gli altri Stati e di elaborare politiche intelligenti per affrontarli. Data l’enorme posta in gioco nella guerra in Ucraina, questo aspetto non sarà mai sottolineato abbastanza.

This is an edited extract from How States Think: The Rationality of Foreign Policy by John Mearsheimer and Sebastian Rosato

Blinken: eccezionalismo USA, scontro fra grandi potenze, e guerra a oltranza in Ucraina, di Roberto Iannuzzi

Già nell’ottobre scorso il sito di Italia e il mondo aveva sottolineato le novità presenti nel piano strategico NSS presentato da Biden e nelle conferenze di Sullivan. Roberto Iannuzzi offre il suo contributo di approfondimento sul tema mettendo a nudo soprattutto l’ipocrisia, le rimozioni sottese e l’istigazione al caos consapevole, presenti nel discorso di Blinken, in questo cambio di paradigma. Una critica più cogente delle scelte dell’attuale leadership statunitense avrebbe bisogno di ulteriori puntualizzazioni:

  • non si tratta di un confronto tra “deregolamentazione” e regolamentazione dell’ordine globale, quanto di diversi modelli di ordinamento e minore arbitrarietà di applicazione di questi
  • il problema fondamentale degli Stati Uniti è quello di mantenere all’interno del proprio sistema di alleanze l’esclusiva dei rapporti di conflitto e cooperazione con le potenze rivali ed avversarie. Attraverso questa chiave andrebbero lette le recenti perorazioni della Yellen, la sua flessibilità nella costruzione dei rapporti con la Cina e l’estremo rigore che al contrario si pretende dai paesi europei.
  • contrariamente a quanto sosterrebbe Blinken nel suo intervento e sulla falsa riga delle tesi del NSS, lo stesso tema della democrazia non sarebbe più il discrimine fondamentale nel determinare la natura dei rapporti internazionali e gli schieramenti, quanto piuttosto l’adesione al proprio sistema di regolamentazione delle relazioni economiche e politiche. Un approccio che stride platealmente con la attribuzione agli avversari e competitori esterni di quella visione totalitaria che si sta cercando di introdurre surrettiziamente al proprio interno. Una caratteristica che indebolisce la vena polemica e la motivazione infusa nel discorso di Blinken

Sta di fatto che l’attuale leadership sta iniziando a porsi il problema di una ricostruzione delle proprie relazioni e dei propri sistemi di alleanze all’interno di una visione bipolare che vede nel binomio sino-russo il polo avversario designato; come pure appare consapevole della necessità di ricostruire in qualche maniera al proprio interno un modello di coesione sociale che garantisca energia necessaria ai propri propositi e all’esterno una ridefinizione della divisione del lavoro circoscritta al proprio polo. Nelle more su questo si segna il destino di paesi come la Germania e l’Italia, ma anche del Giappone; all’interno di questo disegno si deve inquadrare l’azione del Governo Meloni e lo stretto sodalizio che sta costruendo con la Gran Bretagna e gli Stati Uniti. Tornando ai centri decisori statunitensi, li attende un compito immane, difficilmente raggiungibile; ma non va sottovalutata la forza e la capacità di cui ancora dispongono. Lo stesso fatto che si pongano pur tardivamente questi termini porterà ad una ennesima scomposizione e ricomposizione degli schieramenti politici statunitensi, impossibili al momento da prevedere nelle dinamiche e nei contenuti concreti.

La vera ossessione che turba l’attuale leadership è quella di impedire il multipolarismo, il vero incubo di questa amministrazione, ma anche il tema per vari motivi sino ad ora eluso nello scacchiere geopolitico dalle forze emergenti, impegnate a perorare un sistema di regole concordate e non imposte tra i vari attori e un multilateralismo che rifugge da vere e proprie alleanze politiche stabilmente definite, se non contrapposte. Come una delle tante nemesi che avvolgono la storia, è proprio il perdurare dell’oltranzismo e dell’avventurismo statunitense a creare le condizioni del suo avvento o di una sua accelerazione contro tutto e contro tutti. Buona lettura, Giuseppe Germinario

Blinken: eccezionalismo USA, scontro fra grandi potenze, e guerra a oltranza in Ucraina

Col tramonto dell’egemonia unipolare americana, il manicheismo di Washington richiede un mondo diviso, e un conflitto armato di lunga durata che perpetui questa divisione.

29 set 2023
Il segretario di Stato USA Antony Blinken (2021) (Public Domain)

“Ciò che stiamo vivendo oggi è ben più di una messa alla prova dell’ordine mondiale post-Guerra Fredda, è la sua fine”.

A pronunciare queste parole è stato il segretario di Stato USA Antony Blinken, in un discorso tenuto il 13 settembre alla Johns Hopkins School of Advanced International Studies (SAIS), uno dei “templi” del pensiero strategico americano.

La SAIS fu fondata nel 1943 da Paul Nitze, considerato uno degli architetti della politica di difesa americana durante la Guerra Fredda. Nitze fu il principale autore dell’NSC 68, un documento del Consiglio per la Sicurezza Nazionale che pose le basi per la militarizzazione della Guerra Fredda dal 1950 in poi, con l’espansione del bilancio del Pentagono, lo sviluppo della bomba all’idrogeno e l’incremento degli aiuti militari agli alleati di Washington.

Settantatré anni dopo, Blinken ci pone di fronte alla prospettiva di una nuova, e forse più pericolosa, guerra fredda contro non una, ma due potenze nucleari: Russia e Cina.

Quella di Blinken non è una visione personale, ma riflette quanto già affermato nella Strategia di Sicurezza Nazionale formulata dall’amministrazione Biden nell’ottobre del 2022.

Una crisi senza cause apparenti

Di fronte alla platea della SAIS, Blinken ha decretato la fine dell’era unipolare americana, e l’inizio di una cupa fase di conflitto.

Secondo il segretario di Stato, la fine della Guerra Fredda aveva “portato con sé la promessa di una marcia inesorabile verso una maggiore pace e stabilità, cooperazione internazionale, interdipendenza economica, liberalizzazione politica, e diritti umani”.

Tuttavia, “decenni di relativa stabilità geopolitica hanno lasciato il posto a una crescente competizione con potenze autoritarie e revisioniste”.

Blinken non spiega come ciò sia accaduto, e non fa alcuna autocritica.

Trent’anni di globalizzazione all’insegna della deregolamentazione dei mercati, di ortodossia neoliberista che ha tagliato le tasse alle grandi imprese e favorito le classi più ricche, di delocalizzazione della produzione e conseguente deindustrializzazione che ha duramente colpito la classe lavoratrice, non vengono neanche marginalmente considerati nel discorso di Blinken.

La continua erosione dei salari, della produttività e della partecipazione della forza lavoro, l’aumento esponenziale delle disuguaglianze, la promozione di un’economia di consumo di massa fondata in ultima analisi sul crescente indebitamento degli USA, sono elementi che il segretario di Stato tralascia completamente.

Trent’anni di avventurismo militare, dall’Iraq, ai Balcani, all’Afghanistan, e di interventi diretti o indiretti in Libia, Siria, Yemen, hanno avuto un ruolo determinante nel delegittimare lo status di potenza egemone, e di “leader del mondo libero”, che gli Stati Uniti si attribuivano.

Blinken non fa alcuna menzione di questi fattori che hanno contribuito ad accelerare il tramonto della supremazia unipolare americana.

La sua spiegazione è molto più semplice: “Una manciata di governi che hanno utilizzato sussidi al di fuori delle regole, proprietà intellettuale trafugata, ed altre pratiche distorsive del mercato per ottenere un vantaggio sleale in settori chiave” sono citati fra i responsabili della progressiva perdita di fiducia nell’ordine economico internazionale.

Altri elementi vengono citati da Blinken – le trasformazioni tecnologiche, le disuguaglianze – ma senza in alcun modo indagarne le cause. Si ha la sensazione che si tratti di eventi ineluttabili che è superfluo approfondire.

La “minaccia delle autocrazie”

Per il segretario di Stato americano, le democrazie “sono minacciate” – non dalle scelte compiute dalle élite politiche che le hanno governate in questi decenni, dalla corruzione del processo democratico, e dalla progressiva limitazione dei diritti sotto la spinta di continue ‘emergenze’ terroristiche, economiche, e di altra natura – ma da leader “che sfruttano risentimenti e alimentano paure, erodono magistrature e media indipendenti, arricchiscono reti clientelari, reprimono la società civile e l’opposizione politica”.

Inoltre le democrazie sono minacciate dall’esterno “da autocrati che diffondono disinformazione, usano la corruzione come arma, interferiscono nelle elezioni”.

Fra questi attori, Blinken individua immediatamente i due principali responsabili:

“La guerra di aggressione della Russia in Ucraina rappresenta la minaccia più immediata e più acuta all’ordine internazionale sancito dalla Carta delle Nazioni Unite e dai suoi principi fondamentali di sovranità, integrità territoriale e indipendenza per le nazioni, e diritti umani universali e indivisibili per gli individui”.

“Nel frattempo, la Repubblica popolare cinese rappresenta la più significativa sfida a lungo termine perché non solo aspira a rimodellare l’ordine internazionale, ma sempre più dispone del potere economico, diplomatico, militare e tecnologico per far proprio questo”.

Il 2 aprile 1917, il presidente Woodrow Wilson si rivolse a una sessione congiunta del Congresso americano per chiedere una dichiarazione di guerra contro la Germania, allo scopo di “rendere il mondo sicuro per la democrazia” (secondo quello che in realtà era uno slogan creato da Edward Bernays, esperto di marketing e nipote di Freud, considerato il padre delle “pubbliche relazioni”, e uno degli ideatori della propaganda americana durante il primo conflitto mondiale).

Blinken capovolge lo slogan di Wilson e Bernays, affermando che “Pechino e Mosca stanno lavorando insieme per rendere il mondo sicuro per l’autocrazia attraverso la loro ‘partnership senza limiti’”.

“Ci troviamo quindi in quello che il presidente Biden chiama un punto di svolta. Un’era sta finendo, ne sta iniziando una nuova, e le decisioni che prendiamo ora plasmeranno il futuro per decenni a venire”.

La missione “eccezionale” degli USA

Nella visione manichea del segretario di Stato USA, di fronte a questa sfida non vi è altra strada che quella della contrapposizione.

Non avendo compiuto alcuna analisi sulle ragioni della crisi americana, Blinken non ha difficoltà ad affermare che in questa sfida gli Stati Uniti partono da una “posizione di forza”.

Aderendo pienamente ai principi dell’eccezionalismo USA, egli afferma che “abbiamo dimostrato più e più volte che quando l’America si unisce, possiamo fare qualsiasi cosa”,  e che “nessuna nazione sulla Terra ha una maggiore capacità di mobilitare le altre per una causa comune”.

Tale causa consiste nella promozione di un mondo capitalistico idealizzato:

“Un mondo in cui gli individui sono liberi nella vita quotidiana e possono plasmare il proprio futuro, le proprie comunità, i propri paesi”.

“Un mondo in cui ogni nazione può scegliere la propria strada e i propri partner”.

“Un mondo in cui beni, idee, e individui possono circolare liberamente e legalmente per terra, mare, cielo, e cyberspazio, dove la tecnologia viene utilizzata per conferire potere alle persone, non per dividerle, sorvegliarle e reprimerle”.

“Un mondo in cui l’economia globale è definita da concorrenza leale, apertura, trasparenza, e dove la prosperità non si misura solo secondo il livello di crescita delle economie dei paesi, ma secondo il numero di persone che beneficiano di tale crescita”.

“Un mondo che genera una corsa verso l’alto negli standard lavorativi e ambientali, nella sanità, nell’istruzione, nelle infrastrutture, nella tecnologia, nella sicurezza e nelle opportunità”.

“Un mondo in cui il diritto internazionale e i principi fondamentali della Carta delle Nazioni Unite siano osservati, e in cui i diritti umani universali siano rispettati”.

Che le politiche americane in questi decenni abbiano perseguito e raggiunto obiettivi spesso opposti alla visione idilliaca prospettata da Blinken non è questione che il segretario di Stato ha ritenuto utile affrontare nel suo discorso.

In questa visione in bianco e nero, gli avversari di Washington hanno naturalmente concezioni totalmente contrapposte:

“Essi vedono un mondo definito da un unico imperativo: preservazione e arricchimento del regime. Un mondo in cui gli autoritari sono liberi di controllare, costringere e schiacciare la propria gente, i propri vicini, e chiunque altro ostacoli questo obiettivo totalizzante”.

La visione americana ha valore universale. Chi la contraddice, contraddice principi assoluti:

“I nostri competitori affermano che l’ordine esistente è un’imposizione occidentale, quando in realtà le norme e i valori che lo definiscono hanno un’aspirazione universale – e sono sanciti dal diritto internazionale a cui essi hanno aderito. Costoro affermano che ciò che i governi fanno all’interno dei propri confini è di loro esclusiva competenza, e che i diritti umani sono valori soggettivi che variano da una società all’altra. Essi ritengono che i grandi paesi abbiano diritto a sfere di influenza – che il potere e la vicinanza diano loro la prerogativa di dettare le proprie scelte agli altri”.

Riaffermare il primato di Washington

Una volta appurato che sostanzialmente non vi è dialogo né mediazione possibile con gli avversari dell’America, Blinken passa ad enunciare il piano volto a far prevalere gli Stati Uniti in questa nuova competizione fra grandi potenze.

Nel far ciò, egli elabora ulteriormente i principi enunciati da due suoi colleghi all’interno dell’amministrazione Biden, il segretario al Tesoro Janet Yellen, e il Consigliere per la sicurezza nazionale Jake Sullivan.

La prima aveva parlato di una forma attenuata di “disaccoppiamento” dalla Cina denominata “de-risking”, ovvero la riduzione dei rischi derivanti da una sovraesposizione delle catene di fornitura occidentali alla Cina.

Il secondo aveva per la prima volta messo in discussione alcuni dogmi neoliberisti del “Washington Consensus”, puntando a “rinnovare la leadership economica americana” attraverso l’introduzione di dazi e sussidi, ed altre misure di politiche industriale (senza tuttavia accennare ad alcuna politica sociale minimamente in grado di affrontare lo squilibrio fra capitale e lavoro in patria).

Partendo da queste basi, Blinken enuncia una strategia volta in primo luogo a rafforzare gli USA al proprio interno, attraverso le già citate misure di protezionismo e politica industriale, a cui affiancare provvedimenti finalizzati al reshoring (ritorno in patria della produzione manifatturiera) e friend-shoring (ridefinizione delle catene di fornitura in modo da riportarle nell’alveo delle alleanze americane).

A questa politica di rafforzamento interno è inscindibilmente legata una strategia di consolidamento delle alleanze all’estero (in primo luogo con gli amici storici di Washington in Europa e nel Pacifico), e di tessitura di nuovi legami con i paesi del Sud del mondo, per sottrarli all’influenza russo-cinese, ed assicurarsi le materie prime necessarie a garantire le catene di fornitura occidentali, la transizione energetica, e gli altri traguardi tecnologici della cosiddetta “quarta rivoluzione industriale”.

Strategia “a geometria variabile”

In questo quadro di rafforzamento delle alleanze, secondo Blinken gli USA devono puntare in primo luogo a rinvigorire la NATO (operazione nella quale il conflitto ucraino gioca un ruolo chiave), il G7 (da egli definito “il comitato direttivo delle democrazie più avanzate al mondo”), e l’UE, oltre a rinsaldare alcune alleanze bilaterali – in particolare con Giappone, Corea del Sud, Israele, Australia, Filippine, India, Vietnam.

In tale sforzo, gli USA devono basarsi su una diplomazia “a geometria variabile” che, nelle parole di Blinken, può essere riassunta così: “per ogni problema, stiamo mettendo insieme una coalizione adatta allo scopo”.

Per il segretario di Stato, più di 50 paesi stanno cooperando per sostenere la difesa dell’Ucraina e costruire un esercito ucraino sufficientemente forte da scoraggiare futuri attacchi.

“Abbiamo coordinato il G7, l’Unione Europea e decine di altri paesi per sostenere l’economia dell’Ucraina e ricostruire la sua rete energetica, più della metà della quale è stata distrutta dalla Russia”.

“Nel frattempo, i paesi europei, il Canada, e altri, si sono uniti ai nostri alleati e partner in Asia per affinare i loro strumenti volti a contrastare la coercizione economica della Repubblica popolare cinese. E gli alleati e i partner degli Stati Uniti in ogni regione stanno lavorando urgentemente per costruire catene di fornitura resilienti, in particolare riguardo alle tecnologie chiave ed ai materiali cruciali per realizzarle”.

Cardine di questa diplomazia a geometria variabile sono i cosiddetti “minilaterals”, accordi “minilaterali” che riuniscono pochi paesi per perseguire obiettivi limitati.

Molti di questi accordi sono in realtà intesi come strumenti che, pur operando distintamente, sono volti nel loro insieme a contenere la Cina, nell’impossibilità di costruire un unico fronte anticinese esteso.

Fra essi spiccano l’AUKUS (patto di sicurezza fra USA, Regno Unito ed Australia volto a far acquisire a quest’ultima sottomarini nucleari), il Quad (partnership diplomatica e militare fra Australia, India, Giappone e USA), e la recente intesa trilaterale fra USA, Corea del Sud e Giappone.

A questi mini-accordi si affiancano partnership più estese come la Partnership of Global Infrastructure and Investment (PGII), il Lobito Corridor in Africa, e l’IMEC, corridoio economico fra India, Medio Oriente ed Europa recentemente lanciato da Wahington al G20.

Tali collaborazioni hanno l’aspirazione di contrastare la Belt and Road Initiative (BRI) cinese, pur non avendone la portata né un equiparabile volume di finanziamenti.

La guerra ucraina come “cardine” del nuovo scontro mondiale

Cerniera essenziale di questa nuova “guerra fredda”, che (sebbene in maniera ancora confusa) vede l’emergere di un’inedita contrapposizione fra blocchi, è il conflitto ucraino.

Nelle già citate parole di Blinken, “la guerra di aggressione della Russia in Ucraina rappresenta la minaccia più immediata e acuta all’ordine internazionale sancito dalla Carta delle Nazioni Unite”.

Egli sottolinea il valore “globale” di tale conflitto, affermando che “l’invasione della Russia ha messo in chiaro che un attacco all’ordine internazionale danneggerà i popoli ovunque”.

E, per certi versi, egli riconosce che, senza questa guerra, gli USA non sarebbero stati in grado di mobilitare i propri alleati nella nuova competizione fra grandi potenze: “Abbiamo sfruttato questa presa di coscienza per riunire i nostri alleati transatlantici e dell’Indo-Pacifico nella difesa della nostra sicurezza, prosperità e libertà condivise”.

Secondo la narrazione di Blinken, “la guerra di Putin continua ad essere un fallimento strategico per la Russia”, anche grazie “al notevole coraggio e alla resilienza del popolo ucraino, e al nostro sostegno”.

La guerra ucraina ha dunque assunto un valore cruciale nella nuova narrazione di Washington.

Avendo l’amministrazione Biden annunciato un inedito scontro globale fra l’Occidente e le potenze “autocratiche e revisioniste” di Russia e Cina, una sconfitta in Ucraina rappresenterebbe un colpo durissimo per la traballante reputazione degli Stati Uniti in questa sfida appena lanciata.

Come ho scritto in un recente articolo,

gli USA hanno a tal punto investito la loro credibilità in questo conflitto, lasciandosi coinvolgere militarmente oltre ogni ragionevole cautela, che un’eventuale vittoria della Russia in Ucraina sarà devastante per il prestigio di Washington e per la coesione del fronte occidentale e della NATO.

Irruzione della realtà

Tuttavia, in Ucraina sono proprio gli eventi sul terreno a non evolvere come Washington si augurava. Pur rifiutando ogni soluzione negoziale, la Casa Bianca non ha una chiara visione di come portare avanti il conflitto.

La controffensiva ucraina estiva ha ottenuto conquiste territoriali minime a fronte di enormi perdite in termini di uomini e mezzi, in massima parte infrangendosi contro l’impressionante sistema di strutture difensive costruito da Mosca.

Se Kiev è ormai drammaticamente a corto di nuove reclute da mandare al fronte, i paesi occidentali che sostengono l’Ucraina stanno seriamente intaccando i propri arsenali, mentre i ritmi di produzione della loro industria bellica non sono al momento in grado di competere con quella russa.

Di fronte a questa realtà, i diversi esponenti dell’amministrazione Biden, da Blinken allo stesso presidente e ad altri, continuano a ripetere il medesimo vago ritornello: gli USA appoggeranno l’Ucraina “per tutto il tempo necessario”.

Dietro l’ostentata sicurezza, vi è tuttavia la crescente (seppur tardiva) presa di coscienza che le tattiche fin qui adottate non hanno funzionato, e che è necessario un cambio di strategia.

La carenza di proiettili di artiglieria e di altri tipi di munizionamento, così come la penuria di uomini, impediranno nei prossimi mesi un’offensiva su vasta scala come quella tentata quest’estate.

Le limitate disponibilità degli arsenali occidentali, e una serie di appuntamenti elettorali che culmineranno con le presidenziali americane del novembre 2024, probabilmente ridimensioneranno il flusso di aiuti militari occidentali diretti a Kiev.

Necessariamente si tornerà ad una guerra di logoramento, nella quale gli ucraini saranno costretti più a difendersi che ad attaccare. Gli strateghi americani stanno già estendendo l’orizzonte temporale del conflitto nelle loro previsioni.

Impasse strategica e rischi di escalation

Allo stesso tempo, l’attenzione dei vertici militari occidentali si sta spostando sugli attacchi con missili a lungo raggio, come gli Storm Shadow britannici, in grado di colpire le retrovie russe e scompaginare le linee di rifornimento di Mosca.

Ciò sta già avvenendo in Crimea. Simili attacchi, tuttavia, non solo vengono effettuati con armi NATO, ma con supporto logistico e di intelligence occidentale, segnando un ulteriore grado di coinvolgimento degli USA e dei loro alleati nel conflitto.

Come ha scritto Hal Brands, docente presso la stessa SAIS dove Blinken ha pronunciato il suo recente discorso, un’intensificazione degli attacchi a lungo raggio, accompagnata dalla prospettiva di una guerra a più lungo termine, comporta l’accettazione di maggiori rischi di escalation.

Tale cambio di strategia, peraltro, molto difficilmente muterà le sorti dello scontro armato. Dopo il fallimento dell’offensiva di quest’estate, Kiev vede crollare le possibilità di riconquistare i territori perduti e si avvia verso una lunga guerra difensiva, che continuerà a prosciugare le sue risorse.

Gli attacchi in profondità in Crimea e in territorio russo, a prescindere dal rischio di escalation che comportano, non altereranno in maniera significativa l’andamento di un conflitto che sta volgendo al peggio per l’Ucraina.

La guerra a oltranza che Washington vuole sostenere nel paese porterà nuove tragedie e un fardello sempre più insostenibile per Kiev, ulteriori rischi di estensione del conflitto, e un progressivo deterioramento del clima internazionale, senza tirar fuori gli USA dal vicolo cieco strategico in cui si sono cacciati.

La Polonia ha scelto il momento giusto per concludere l’indagine sull’incidente di Przewodow dello scorso novembre, di ANDREW KORYBKO

La Polonia ha scelto il momento giusto per concludere l’indagine sull’incidente di Przewodow dello scorso novembre

ANDREW KORYBKO
27 SET 2023

Negli ultimi dieci giorni Kiev ha fatto causa alla Polonia presso l’OMC, Zelensky ha suggerito che il vicino occidentale del suo Paese sta facendo gli interessi della Russia, Varsavia ha cercato di estradare un “eroe” ucraino dal Canada per sospetti crimini di guerra e la Polonia ha concluso che Kiev è responsabile dell’incidente dello scorso novembre che ha ucciso due polacchi. È sufficiente dire che lo sforzo cumulativo di tutto questo è che la percezione media dei polacchi nei confronti dell’Ucraina probabilmente peggiorerà proprio prima delle elezioni nazionali del 15 ottobre.

All’inizio della settimana, Rzeczpospolita ha riferito che gli investigatori polacchi hanno concluso che un missile di difesa aerea S-300 ucraino è responsabile dell’incidente di Przewodow dello scorso novembre, che ha causato la morte di due polacchi e che all’epoca Kiev ha falsamente attribuito alla Russia. Per un brevissimo momento c’è stata la possibilità che scoppiasse la Terza Guerra Mondiale, ma fortunatamente i funzionari polacchi e statunitensi hanno rapidamente smentito le affermazioni del regime. Zelensky ha ancora insistito sul fatto che il Cremlino ha attaccato il territorio della NATO, ma ora la Polonia sa che è stata Kiev.

La tempistica di questa rivelazione non è stata casuale, poiché segue il deterioramento delle relazioni polacco-ucraine da metà settembre. Varsavia ha mantenuto unilateralmente il divieto sulle importazioni agricole ucraine allo scadere dell’accordo temporaneo della Commissione europea della primavera scorsa, il che ha indotto Zelensky a suggerire, durante il suo discorso all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, che la Polonia stesse facendo il gioco della Russia. La Polonia ha poi annunciato che non invierà armi moderne all’Ucraina e i suoi funzionari hanno condannato anche questo regime.

Sebbene abbiano anche riaffermato il loro sostegno al ruolo di Kiev nel condurre la guerra per procura della NATO contro la Russia, l’illusoria fiducia che fino ad allora aveva caratterizzato le loro relazioni bilaterali negli ultimi 19 mesi è andata indiscutibilmente in frantumi. Anche prima di questa rapida sequenza di eventi, il consigliere senior di Zelensky, Mikhail Podolyak, aveva previsto all’inizio di agosto che i legami tra i due sarebbero tornati alla loro natura storicamente competitiva alla fine del conflitto. Non sapeva che sarebbero tornati a quel punto solo sei settimane dopo.

Quest’ultimo sviluppo arriva sulla scia di un altro scandalo collegato alle loro relazioni, dopo che Zelensky ha applaudito con entusiasmo un nazista ucraino che è stato onorato come “eroe” venerdì scorso al Parlamento canadese. Ben presto si è scoperto che si era arruolato volontario in una divisione che ha genocidiato i polacchi, il che ha spinto il Ministro dell’Istruzione polacco a chiedere l’estradizione di questo probabile criminale di guerra. Considerando lo stato attuale delle relazioni polacco-ucraine, questa mossa rappresenta un ulteriore deterioramento dei loro legami.

Negli ultimi dieci giorni, Kiev ha fatto causa alla Polonia presso l’OMC, Zelensky ha suggerito che il vicino occidentale del suo Paese sta facendo gli interessi della Russia, Varsavia ha cercato di estradare un “eroe” ucraino dal Canada per sospetti crimini di guerra e la Polonia ha concluso che Kiev è responsabile dell’incidente dello scorso novembre che ha ucciso due polacchi. È sufficiente dire che lo sforzo cumulativo di tutto questo è che la percezione media dei polacchi nei confronti dell’Ucraina probabilmente peggiorerà proprio prima delle elezioni nazionali del 15 ottobre.

A proposito di queste ultime, il partito di governo “Diritto e Giustizia” (PiS) sta lottando per respingere le forti sfide dell’opposizione “Piattaforma Civica” (PO) e del partito anti-establishment Confederazione. Il partito ha quindi deciso di porre la sicurezza nazionale al centro della sua piattaforma elettorale, il che spiega perché la Polonia si stia finalmente schierando contro l’Ucraina. Le recenti osservazioni del ministro della Difesa Mariusz Blaszczak sulla disputa sul grano possono essere interpretate come l’attribuzione di una dimensione di sicurezza rilevante a questa questione agricola.

Questo approccio è funzionale agli interessi elettorali del PiS nei confronti dei due partiti precedentemente citati, in quanto mira a riaffermare le credenziali di sicurezza nazionale del partito in carica in risposta alle accuse di ipocrisia mosse da PO e a cercare di portare dalla sua parte alcuni dei sostenitori anti-ucraini della Confederazione. L’obiettivo finale è quello di rimanere davanti a PO e contenere l’ascesa della Confederazione, in modo che quest’ultima abbia meno influenza sul PiS nell’ipotesi in cui i due decidano di formare un governo di coalizione dopo le prossime elezioni.

Queste motivazioni elettorali e gli sviluppi associati costituiscono il contesto per comprendere correttamente la tempistica con cui la Polonia ha rivelato che Kiev è responsabile dell’incidente dello scorso novembre che ha ucciso due polacchi. Quest’ultima mossa ha lo scopo di infiammare al massimo il risentimento popolare contro il regime ucraino, ma soprattutto non contro il popolo ucraino, per aiutare il PiS a vincere la rielezione con il più ampio margine possibile.

Il partito al potere sa che probabilmente sarà impossibile contenere completamente questo sentimento nazionalista, ed è per questo che ci sono ragioni per sospettare che ci possano essere ulteriori motivi dietro la sua ultima coltivazione. È possibile che vogliano ottenere il sostegno popolare dopo le elezioni, a patto che vincano e indipendentemente dal fatto che debbano formare un governo di coalizione con la Confederazione, per perseguire i migliori termini commerciali e di investimento possibili con l’Ucraina.

A tal fine, potrebbero fare pressioni per ottenere questo risultato al posto della restituzione da parte dell’Ucraina in bancarotta per l’uccisione accidentale dei due polacchi lo scorso novembre, in assenza della quale il PiS potrebbe minacciare un’escalation della guerra commerciale in corso. L’asso nella manica della Polonia è il controllo di quasi tutti gli accessi di terzi al Paese attraverso le sue vie di comunicazione stradali e ferroviarie, che nessun altro Stato dell’UE è in grado di eguagliare in termini di qualità o quantità, il che porta a ipotizzare che possa ostacolare anche i legami commerciali e di investimento con l’Ucraina fino alla risoluzione della controversia.

Questo sarebbe rilevante soprattutto per quanto riguarda la Germania, che sta facendo un grande gioco di potere in Ucraina a spese della Polonia, come è stato spiegato in precedenza in questa analisi qui. Tenendo conto di questa nuova sfida geostrategica, la Polonia potrebbe prendere seriamente in considerazione questo scenario per tenere sotto controllo la Germania e allo stesso tempo garantire la sua prevista “sfera di influenza” nell’Ucraina occidentale. Il ruolo ufficialmente dimostrato di Kiev nell’incidente di Przewodow fornisce il pretesto perfetto per raggiungere questi due obiettivi.

Anche se il PiS evitasse di sfruttare questa opportunità per qualsiasi motivo, magari a causa delle pressioni americane nel caso in cui Washington si preoccupasse che la disputa polacco-ucraina andasse fuori controllo, il partito probabilmente otterrebbe comunque qualche punto politico grazie alla sua ultima rivelazione. Il fatto è che i polacchi medi ora sanno che il regime di Zelensky ha le mani sporche del sangue dei loro due compatrioti, nonostante le sue smentite, e difficilmente gli perdoneranno di aver cercato di insabbiare la cosa.

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Analisi dell’intensificarsi della campagna di attacco alla Crimea da parte dell’Ucraina, di SIMPLICIUS THE THINKER

C’è stata una forte accelerazione degli attacchi alla Crimea, mentre l’Ucraina si concentra ancora una volta sul fornire una vittoria mediatica tangibile per coronare il grande tour nordamericano di Zelensky. Questo per evitare che faccia brutta figura quando sarà messo alle strette durante il suo importantissimo e forse ultimo circuito di elemosine.

Il teatro del Mar Nero in generale ha subito un’escalation, quindi sarebbe istruttivo scavare un po’ più a fondo e aggiornarci su ciò che sta accadendo in quel corridoio negli ultimi tempi.

Ci sono diverse categorie distinte, in particolare gli attacchi contro i mezzi navali e quelli contro i mezzi terrestri statici come i quartieri generali e le batterie di difesa aerea russa. Gli attacchi sono stati più forti e forse anche più riusciti di quanto molti filorussi vogliano ammettere, poiché ce ne sono stati un paio che sono passati sottotraccia e che il Ministero della Difesa russo ha fatto un lavoro accurato per nascondere sotto il tavolo.

Uno è stato l’attacco del 20 settembre alla parte nord di Sebastopoli:

Immagini satellitari prima e dopo l’attacco missilistico AFU Storm Shadow di ieri contro il posto di comando della Marina russa a nord di Verkhnosadove, in Crimea (44.714735, 33.704408).
Come si può vedere qui sopra, le fonti ucraine affermano che si tratta di un “posto di comando della Marina russa”, ma non c’è stata alcuna conferma di ciò che ho visto e sembra dubbio, soprattutto data la sua strana posizione. In ogni caso, qualunque cosa fosse, sembrava essere stata colpita con successo da un missile Storm Shadow.

Ci sono stati anche alcuni falsi attacchi che sono stati completamente smentiti. Per massimizzare e amplificare l’effetto propagandistico del paio di attacchi riusciti, gli account bot filo-ucraini hanno diffuso diversi altri presunti attacchi a campi d’aviazione russi in Crimea. Uno di questi è stato addirittura smentito da una nota della comunità di Twitter:

Questo è solo un promemoria per ricordare che ogni “attacco” deve essere attentamente esaminato e verificato, in quanto una gran parte, e oserei dire addirittura la maggioranza, di essi sono solitamente falsi. Ecco perché anche l’attacco al porto di Sebastopoli, che ha colpito la nave e il sottomarino Rostov e Minsk, era sospettato di essere stato falsificato, in particolare per le foto apparentemente photoshoppate del sottomarino.

Passiamo ora a questo attacco e arriviamo al recente colpo al quartier generale della Flotta del Mar Nero. Sono state colpite la nave da sbarco Minsk della classe Ropucha e il sottomarino Rostov-on-Don della classe Kilo.

Ne ho già parlato un po’. Una cosa interessante da notare è che la nave da sbarco russa Olengorsky Gornyak, precedentemente colpita da un drone navale ucraino, è già tornata in superficie dopo una riparazione più rapida del previsto:

Questo è l’enorme buco che la nave ha subito nello scafo:

E questo è stato risolto in un mese o poco più. E questo dopo che gli ucraini avevano riso e scherzato dicendo che era “fatta” e che sarebbe stato un fallimento. Anche il Ministero della Difesa russo ha dichiarato che riparerà i danni sulle navi presenti.

Per quanto riguarda la Rostov e la Minsk, la TASS ha rilasciato una dichiarazione ufficiale secondo la quale il sottomarino non ha subito alcun danno catastrofico e i suoi tempi di riparazione precedenti non sarebbero stati intaccati:

🇷🇺🚤 I danni subiti dal sottomarino “Rostov-on-Don” della Flotta del Mar Nero il 13 settembre non sono critici e non prolungheranno in modo significativo i tempi di manutenzione previsti. Questa informazione è stata fornita alla TASS da una fonte del complesso industriale della difesa: “Il sottomarino presenta danni minori che non hanno intaccato la robustezza dello scafo. L’intervistato ha precisato che è in corso una valutazione dell’entità dei prossimi lavori di riparazione per l’altra nave colpita dall’attacco ucraino, la grande nave da sbarco “Minsk” della Flotta del Baltico.
Alcuni sono scettici, ma dobbiamo aspettare e vedere. In ogni caso, il sottomarino è rimasto in quel bacino di manutenzione per circa un anno, non è che lo sciopero abbia messo fuori uso una componente attiva della flotta.

Ora l’Ucraina ha colpito il quartier generale della flotta del Mar Nero. Prima un po’ di contesto e poi entreremo nel vivo della questione: come fa l’Ucraina a fare questo?

Il Ministero della Difesa russo sostiene che sono stati abbattuti 7/10 missili. È probabile che ciò sia vero, poiché altri video di testimoni oculari, come quello sopra riportato, hanno mostrato molte esplosioni nel cielo, suoni di missili intercettati dalla difesa aerea, mentre le foto satellitari post-operatorie del BDA hanno mostrato che solo 2 o al massimo 3 colpi sono stati inflitti all’edificio stesso:

La chiave per capire come l’Ucraina sia in grado di colpire questo QN è la vicinanza alla costa:

Si può notare che l’edificio si trova quasi direttamente sull’acqua. Ecco una mappa ingrandita per capire la sua posizione spaziale:

Ciò significa che l’area è priva di una linea di difesa aerea avanzata, perché si trova proprio ai margini di quella che sarebbe considerata la linea di contatto.

Normalmente, i mezzi critici per la missione, come il quartier generale, sono posizionati nelle retrovie della linea del fronte. In questo modo, una rete di sicurezza composta da più strati di difese aeree integrate può tamponare il quartier generale, in modo che, anche se si tratta di un missile a bassa quota, veloce o furtivo, possa essere mancato dal primo strato, ma alla fine verrà rilevato mentre vola su diversi strati di copertura della rete radar sovrapposta. Per esempio, la prima linea di difesa dell’area può rilevare qualcosa, ma non essere in grado di rispondere abbastanza velocemente da abbatterlo. Ma almeno trasmetteranno le informazioni alle difese successive, che riceveranno i dati radar fusi con i loro sensori o un semplice avviso verbale dell’arrivo di un oggetto, consentendo loro di posizionarsi e prepararsi molto meglio per intercettarlo.

Ma a causa dell’ovvia impossibilità di farlo quando il vostro quartier generale si trova proprio sull’acqua, ciò significa che Sebastopoli è situata in una posizione particolarmente esposta e pericolosa, per la quale non ci può essere alcun AD o “preavviso”. Ciò significa che quando arrivano i missili, ci sono solo pochi secondi di vantaggio, e dato che si è detto che gli attacchi erano a saturazione e includevano droni da altre direzioni e i missili esca ADM-160 Mald, diventa estremamente difficile difendere tutto questo senza alcuna copertura in avanti.

Rybar ha illustrato come sono stati effettuati gli attacchi.

Sappiamo da rapporti passati che un sistema russo S-300/400 esiste da qualche parte sulla penisola di Tarkankhut in Crimea, dove si trova l’icona del drone sulla mappa qui sopra. Si tratta di un’area che “sporge” e che dovrebbe garantire una copertura in avanti del Mar Nero. Il problema è che, come ho spiegato la volta scorsa, i missili a bassa quota permettono ai radar di individuarli al massimo a circa 30-40 km. Questo a prescindere dalla potenza del sistema radar, per la semplice fisica del funzionamento degli orizzonti radar.

Puoi effettuare da solo il calcolo:

Questo esempio mostra che un sistema radar con un’altezza della parabola di 10 piedi vedrà un bersaglio che vola a 150 piedi di altitudine solo a 35 km circa. Il problema è che, come si può vedere dalla mappa di Rybar, la traiettoria aggira la copertura radar in modo tale che la distanza dal “punto di attacco” degli S-300/400 al punto in cui passerebbero i missili è di oltre 80 km:

Inoltre, lo Storm Shadow sembra volare spesso a una distanza inferiore a 150 km, il che renderebbe la distanza di rilevamento ancora maggiore.

Rapporto completo:

11 bombardieri Su-24M sono decollati dall’aeroporto di Starokostyantyniv, cinque dei quali erano portatori di missili da crociera Storm Shadow/SCALP. Dopo aver volato fino al confine tra le regioni di Odessa e Mykolaiv, i velivoli si sono divisi: nove sono rimasti nella zona, mentre un paio sono andati a sud verso Ochakiv. 8 Storm Shadows sono stati lanciati verso le 12:00 in Crimea. Allo stesso tempo, i gruppi di ricognizione di Medvedi PMC hanno notato che due Su-24M, volando a bassa quota a circa 40 m sopra l’acqua, hanno effettuato lanci sul Mar Nero. Prima di ciò, gli aerei ucraini hanno sparato tre missili AGM-160 MALD per ingannare la difesa aerea. Gli equipaggi della difesa aerea Pantsir-S1 della 31esima Forza Aerea e della Divisione di Difesa Aerea hanno abbattuto cinque missili da crociera sopra Capo Tarkhankut e l’aeroporto di Belbek. 3 Storm Shadows sono caduti nell’area di Verkhnesadovoye – l’obiettivo era probabilmente un ex impianto militare vicino al villaggio. Poche ore prima dell’attacco, da Kherson è decollato un drone da ricognizione di tipo sconosciuto che, doppiando Capo Tarkhankut, ha allestito un’area di pattugliamento a ovest di Kacha e ha diretto gli aerei. È molto probabile che sia stato abbattuto dai sistemi di difesa aerea. Questo attacco dimostra un leggero cambiamento nelle tattiche dei missili da crociera. In precedenza, questi raid di massa venivano effettuati di notte o al mattino presto, ma non di giorno. E il volo dei bombardieri a bassissima quota è qualcosa che gli equipaggi ucraini hanno praticato per molti mesi, cercando di sfruttare le lacune dei sistemi di rilevamento della difesa aerea.
Quanto sia accurato quanto sopra, è impossibile dirlo con certezza, ma il succo generale dell’attacco è probabilmente quello che è successo. Il punto più importante riguarda le basse quote di volo, particolarmente facili da raggiungere sulla superficie piatta e calma del mare, dove gli aerei e i missili non devono preoccuparsi di schivare le ostruzioni topografiche e geografiche, ecc.

Come ho detto, a causa di questa pratica, è fisicamente e scientificamente impossibile per un sistema radar rilevarli a buona distanza, perché gli oggetti che volano bassi sono semplicemente oltre l’orizzonte a causa della curvatura della terra, e i raggi radar non possono individuarli.

Se a questo si aggiunge il problema, descritto in precedenza, di non avere una zona di copertura frontale a causa della particolarità di trovarsi in riva al mare, diventa molto difficile difendersi dagli attacchi di saturazione.

Esiste tuttavia una soluzione che può fornire una copertura frontale. E questo è un settore in cui la Russia sta probabilmente fallendo: Gli AWAC. Una copertura 24/7 degli AWAC permetterà all’aereo di sorvolare la Crimea e, grazie all’altezza del suo radar, di vedere tutto ciò che vola sul Mar Nero fino a Odessa e oltre, senza problemi. Questi radar hanno la modalità “look down”, che significa che possono scansionare verso il basso qualsiasi cosa si muova sulla superficie dell’oceano, sia essa una nave o un missile.

Ma ho già detto che la Russia ha un problema di AWACS. Secondo quanto riferito, ne ha solo ~15 o meno. Tuttavia bisogna aggiungere le seguenti considerazioni:

Tutti gli aerei hanno una certa percentuale di prontezza del 30-70% al massimo, che rappresenta quanti dei velivoli sono volabili in un dato momento, rispetto a quelli che sono in riparazione, ecc.

La Russia ha bisogno di alcuni di questi aerei per tutto il suo lungo confine, anche nell’estremo est contro la NATO, così come nel nord dove si svolge un’intensa attività della NATO intorno ai Baltici, per non parlare dei distretti occidentali per proteggere il fianco occidentale di Mosca.

La Russia ne ha bisogno anche lungo l’intero confine dell’OMU, compreso il nord dell’Ucraina. Per esempio, abbiamo visto dal tentativo di sabotaggio che la Russia ne tiene alcuni in Bielorussia per sorvegliare il fianco settentrionale.

Un singolo aereo non può volare 24 ore su 24, 7 giorni su 7, per ovvie ragioni. Ciò significa che anche per pattugliare una sola area senza vuoti di copertura, sono necessari diversi aerei (forse almeno 3) che possono ruotare uno dopo l’altro in turni di 8 ore, ecc.

Considerati tutti questi fattori, se assegniamo la quantità appropriata di aerei a ciascuna zona necessaria, così come i tassi di prontezza che relegherebbero una parte della flotta in uno stato di inattività – in fase di revisione, aggiornamento, riparazione, ecc – possiamo presumere che solo 1 o 2 aerei massimi saranno probabilmente disponibili per il teatro della Crimea e probabilmente risulteranno in ampi vuoti di copertura.

La Russia sta sviluppando e costruendo da molto tempo gli aggiornamenti successivi all’A-50, l’A-50U e l’A-100. Perciò è stata una grande notizia che, secondo quanto riferito, sulla scia degli attacchi di Sebastopoli, la Russia abbia annunciato il lancio di un A-50U nuovo di zecca.

Si suppone che si tratti di una variante molto più avanzata e modernizzata, con un radar migliore, in particolare per quanto riguarda le capacità di look-down. Per ora si tratta solo di un passaggio di consegne, ma se la Russia riuscirà a continuare a produrli, contribuirà notevolmente a mettere in sicurezza la regione dagli attacchi missilistici.

Si noti che, ancora una volta, l’Ucraina non è stata in grado di riprendere gli attacchi. Perché? La Rostov e la Minsk sono ancora ferme nello stesso ormeggio a Sebastopoli, facile preda di altri missili, soprattutto se si considera che la Russia intende ripararle. Sicuramente l’Ucraina sarebbe molto motivata a finire quelle navi.

È un gioco del gatto e del topo. L’Ucraina può condurre un attacco di successo solo una volta ogni tanto, quando i partner di 5-Eyes adottano tutte le misure di sorveglianza appropriate e tutto è pianificato in anticipo con un “vuoto” di copertura disponibile da qualche parte.

Per quanto riguarda il quartier generale della Flotta del Mar Nero, la Russia afferma che l’edificio era vuoto, mentre l’Ucraina sostiene il solito: centinaia di persone sono state uccise, compresi importanti generali. Non ci sono prove di questo. In realtà, sembra che la Russia sia stata avvertita direttamente dell’attacco, quindi un’evacuazione – se l’edificio fosse stato utilizzato – avrebbe avuto senso. Il motivo per cui lo sappiamo è che prima dell’attacco sono state rilevate strane cortine fumogene nell’area, di cui io stesso non conosco ancora al 100% lo scopo:

Ma se la Russia sapeva che un attacco era in arrivo e ha preso le misure di evacuazione appropriate, allora come può essere accurata la nostra precedente tesi sull’assenza di preavviso da parte delle difese aeree?

È difficile dirlo con certezza, ma le cose stanno così. La Russia dispone di altre capacità, sia di SIGINT spaziale che di HUMINT a terra (proprio come l’Ucraina), che possono notificarle i decolli di massa di mezzi d’attacco ucraini dalle loro basi. Tuttavia, una volta decollati, non è possibile tracciare in modo granulare gli effettivi lanci di missili e i loro vettori/obiettivi senza disporre di uno scudo AD più specifico.

Probabilmente la Russia dispone anche di capacità radar OTH che possono tracciare i jet ucraini da migliaia di chilometri di distanza, infrangendo apparentemente la fisica della visione “oltre l’orizzonte” che ho professato in precedenza. Tuttavia, tali radar utilizzano onde corte speciali ad alta frequenza che non sono adatte a vedere con precisione oggetti molto piccoli, come ad esempio i missili stealth. Quindi possono essere in grado di vedere gli aerei che decollano, ma non i missili o i loro vettori.

Questi radar fanno rimbalzare le loro onde speciali dalla ionosfera e le reindirizzano “oltre l’orizzonte” per vedere gli oggetti che un’onda normale non può rilevare.

Ma se la Russia è potenzialmente in grado di rilevare i jet ucraini nei propri campi d’aviazione da migliaia di chilometri di distanza, perché non li ha distrutti nei campi d’aviazione?

Perché l’Ucraina ha anche un preavviso avanzato da parte degli Stati Uniti/5-Eyes di qualsiasi lancio di aerei/missili russi, che impiegano ore per attraversare l’Ucraina verso i campi d’aviazione occidentali, dando loro tutto il tempo di far decollare i jet ed evitare il colpo.

Tuttavia, i campi d’aviazione più vicini alla linea del fronte possono non avere questo preavviso, ed è per questo che ieri abbiamo visto un colpo russo distruggere un Mig-29 nella base aerea ucraina di Dolgintsevo, vicino a Krivoy Rog, che non è lontana dalle posizioni russe di Energodar, ecc.

Questo è lo stesso campo in cui il drone Lancet della Russia è stato visto in precedenza colpire il Mig-29:

Inoltre, la cronologia non è nota. L’ultima volta ho scritto che il Ministero della Difesa russo aveva riferito di aver colpito questo campo all’inizio del mese, distruggendo diversi jet. Il nuovo video potrebbe essere semplicemente la pubblicazione di quegli attacchi.

Se vi state chiedendo perché questi jet non siano stati fatti decollare per evitare l’attacco missilistico della Russia, come ho detto si tratta di un campo vicino alla linea del fronte. Tuttavia, un’altra versione è che non è stato nemmeno colpito da un missile russo, il cui lancio può essere individuato con molto più anticipo e quindi contrastato facendo decollare i jet, dato che i missili di solito vengono lanciati dalle navi vicino al Mar Caspio o al Mar Nero, ecc. Secondo una versione, invece, l’attacco sarebbe stato effettuato con missili guidati BM-30 GMLRS Smerch, che sarebbero stati posizionati appena sopra il Dnieper, in territorio russo, e non avrebbero dato alcun preavviso.

L’Ucraina è costretta ad alloggiare i Mig-29 più vicino alla linea del fronte perché i jet hanno un raggio d’azione molto più corto e non possono combattere dall’Ucraina occidentale. Inoltre, non c’è alcuna indicazione che si tratti di jet in grado di volare e alcune fonti affermano che alcuni/molti/molti di essi sono destinati a parti di ricambio, ma è impossibile saperlo con certezza. Tutto ciò che sappiamo è che la Russia sta chiaramente contrastando tutto ciò di cui stiamo parlando. Gli aerei vengono colpiti, gli A-50U vengono lanciati per colmare le lacune di copertura. Vengono prese costantemente contromisure per combattere tutto ciò che l’Ucraina fa. Se queste contromisure vengano prese in modo tempestivo e con sufficiente urgenza è un altro discorso.

In definitiva, nonostante i fallimenti della Russia, dobbiamo dimenticare che le capacità di difesa aerea degli Stati Uniti sono di gran lunga peggiori. Solo poche settimane fa un nuovo rapporto di Taiwan ha denunciato il recente malfunzionamento del sistema Patriot durante i test:

Un ufficiale dell’aeronautica taiwanese ha affermato che un missile Patriot PAC-3 ha avuto un malfunzionamento durante una recente esercitazione a fuoco vivo, ma il produttore statunitense Lockheed Martin ha dichiarato che il missile coinvolto non era un PAC-3. Il capo di stato maggiore dell’aeronautica, generale Tsao Chin-Ping, ha confermato le notizie locali secondo cui l’arma terra-aria è esplosa prima di colpire il bersaglio.
Ora, dopo i colpi di Sebastopoli, la Russia ha sferrato un colpo devastante a Odessa, apparentemente per rappresaglia. L’hotel di Odessa avrebbe ospitato molti mercenari e fungeva da quartier generale del comando ucraino dopo che il precedente era stato distrutto:

L’area periferica aveva molti magazzini che sono stati distrutti.:

Questi magazzini portuali sono stati visti in precedenza ospitare molte attrezzature della NATO.:

Il commentatore filorusso Masno ha scritto che l’hotel era probabilmente utilizzato dai servizi ucraini, era sotto stretta sorveglianza e negli ultimi giorni le foto mostravano molte finestre aperte per la ventilazione, indicando che era occupato (anche se non da civili, dato che era chiuso all’uso civile da anni):

In effetti, negli ultimi giorni o due, la Russia ha colpito una serie di oggetti strategici e campi d’aviazione ucraini. Dolgintsevo non è stato l’unico. Il campo d’aviazione Bolshaya Kakhnovka a Kremenchug sarebbe stato cancellato. Lo Starokonstantinov di Khmelnitsky, dove l’Ucraina ospita la maggior parte dei suoi Su-24, è stato nuovamente colpito.:

Così come il campo di Kulbakino a Nikolayev, di cui sono emersi filmati che mostrano il campo in fiamme dopo gli attacchi:

🇷🇺🇺🇦 Vicino a Nikolaev ci sono due potenti arrivi nell’area dell’aeroporto di Kulbakino.A Nikolaev non si sentivano esplosioni da molto tempo e hanno avuto il tempo di rilassarsi un bel po’: I vettori Su-24M di missili da crociera hanno iniziato a fare base all’aeroporto e l’Anas ha iniziato ad atterrarvi regolarmente, trasferendovi personale e munizioni. Sebbene la linea del fronte sia a soli 40 km, i risultati dell’arrivo non sono ancora stati chiariti, ma una cavalcata di ambulanze si è precipitata lì dal centro regionale. Perché a Kiselevka, situata non molto lontano, hanno colpito un deposito di munizioni con un FAB da una tonnellata e mezza con un UMPC.
In effetti, in questo momento sono emersi nuovi filmati che mostrano gli attacchi russi che distruggono altri Mig-29 nel campo di Nikolayev, alla geolocalizzazione: 46°56’9.09 “N 32° 4’50.96 “E

Per chi si chiedesse perché, la Russia ha già colpito questa base e tutte le altre più volte in passato. Ecco le immagini che mostrano proprio questa base di Nikolayev in un precedente attacco:

Un aspetto affascinante è che a un certo punto entrambe le parti hanno lanciato missili da crociera l’una contro l’altra praticamente nello stesso momento. Mentre gli Storm Shadow sorvolavano la Crimea per raggiungere Sebastopoli (si noti come il civile russo conosca già per nome lo Storm Shadow):

I Kh-101 russi volavano verso Kremenchug quasi alla stessa ora:

Questo fatto sorprendente rappresenta forse la prima volta nella storia che si assiste a un conflitto che include due parti opposte in grado di colpirsi a vicenda con missili da crociera avanzati. Quale altro conflitto si è mai visto in cui entrambe le parti lanciano attivamente e con successo missili da crociera a lunga gittata? Di certo non si è mai visto nulla di simile alla NATO.

Ciò racchiude il fatto che questa guerra è il conflitto tra pari più tecnologico della storia.

Inoltre, l’Ucraina si è lamentata del fatto che i recenti attacchi della Russia stanno diventando sempre più complessi (e lo stesso vale per quelli ucraini). Ecco due mappe provenienti da fonti ucraine che mostrano i percorsi bizzarri e tortuosi che i missili russi sono programmati a seguire:

La prima è relativa agli attacchi di massa del 21 settembre.

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Il secondo è di ieri sera. Sostengono che i missili Kalibr e Onyx lanciati dalla regione della Crimea hanno fatto un giro completo intorno all’oblast di Nikolayev e poi sono arrivati a colpire Odessa dalla parte posteriore, dove l’AD non si aspetterebbe di essere puntato:

In quasi tutti i casi, in particolare in quello dell’aeroporto di Dolgintsevo dove sono stati distrutti i Mig-29, la Russia ha inviato prima un contingente di droni Geran-2 per esaurire la difesa aerea ucraina. Quando questa è stata adeguatamente esaurita, sono arrivati i missili per finire il lavoro.

Il risultato è che, come sempre in questo conflitto, l’Ucraina è in grado di mettere a segno alcuni colpi, ma la Russia la supera di 5:1 o 10:1, e a volte anche di 20:1.  Per ogni “colpo al quartier generale” che l’Ucraina riesce a mettere a segno, la Russia colpisce una dozzina o più di quartier generali, campi d’aviazione e altre strutture importanti dell’Ucraina. Per non parlare del fatto che la Russia interrompe gli attacchi successivi, cosa che l’Ucraina non menziona mai. Ad esempio, dopo l’attacco a Sebastopoli, ci sono stati altri due attacchi importanti, tra cui quello di oggi che ha coinvolto gli Storm Shadows. Secondo quanto riferito, sono stati tutti abbattuti e le forze russe hanno respinto completamente l’attacco. Ma di questo non si parlerà molto.

Infine, per questa sezione, vorrei parlare brevemente del motivo per cui l’Ucraina ha aumentato così tanto i suoi attacchi alla Crimea negli ultimi tempi. In parte, come ho detto, per le apparenze con la grande visita di Zelensky a Washington, ma un’altra ragione ancora più importante ha a che fare con il grande corridoio del grano, che è una delle ultime e più significative operazioni strategico-economiche dell’Ucraina.

Da quando, due mesi fa, è scaduto l’accordo sul grano, la Russia ha iniziato a distruggere le infrastrutture portuali dell’intera costa e della regione di Odessan. L’Ucraina ha cercato disperatamente di ristabilire una parvenza di trasporto marittimo, in particolare con i divieti della Polonia (per non parlare di altri Paesi) sul grano ucraino. È l’ultima linea di vita economica per loro. Pertanto, stanno cercando di forzare un corridoio eliminando le risorse navali russe e, idealmente, bloccando la flotta russa del Mar Nero in uno stato di torpore, al fine di creare un corridoio che possa abbracciare la costa ucraina/romena.

Rybar fornisce un resoconto dettagliato dell’idea:

Rapporto RYBAR:Qual è il motivo dell’attacco di ieri alle navi della Marina russa? Oggi la nave “Puma”, battente bandiera delle Isole Cayman, ha lasciato il porto di Odessa e si è diretta lungo la rotta già collaudata lungo la costa dell’Ucraina verso sud. La nave è ancora in viaggio e si sta dirigendo lungo la Romania, probabilmente verso il Bosforo. Prima di entrare nelle acque romane, la nave è stata accompagnata da due imbarcazioni della Marina ucraina, i caccia MiG-29 hanno pattugliato lo spazio aereo sopra la regione di Odessa e i P-8A americani hanno lavorato a turno sopra la Romania (uno di loro è stato scambiato per un B-52). Nel contesto dell’uscita della nave, un quadro più completo emerge con il massiccio attacco di ieri a un distaccamento di navi da guerra (OBK) della Flotta del Mar Nero composto da “Vasily Bykov” e “Sergei Kotov” – un totale di 14 imbarcazioni senza equipaggio sono state distrutte (senza contare gli attacchi a “Samum” e “Askold”). Una di queste, come abbiamo già scritto, ha colpito la Bykov, danneggiandola, ma continuando a muoversi con le proprie forze verso Sebastopoli, mentre la Sergey Kotov opera nelle vicinanze. In altre parole, non appena la pattuglia russa si è allontanata dall’area di pattugliamento, il cargo ha lasciato Odessa. In questo modo, l’AFU non solo ha aperto una rotta per il movimento della nave portarinfuse, ma ha anche dimostrato che, se necessario, può distrarre le navi russe lanciando attacchi navali con i droni. Naturalmente l’attacco è stato respinto, ma in questo modo a Kiev stanno cercando di dimostrare la funzionalità di questo corridoio senza la partecipazione della Russia.
Tutto questo è un piano dell’Ucraina per convincere i partner marittimi a scaricare il grano da Odessa, per il quale l’Ucraina ha fatto sempre più promesse e sta disperatamente lavorando per fornire assicurazioni ai potenziali vettori:

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In Ucraina è stato creato un fondo speciale dell’importo di 20 miliardi di grivne (circa 547 milioni di dollari) per assicurare le navi che trasporteranno il grano attraverso il Mar NeroPrima il Ministero dell’Economia ucraino ha riferito che lo schema di assicurazione navale potrebbe essere introdotto a settembre e che potrebbero esservi coinvolte fino a 30 navi.
Si può quindi notare che questa recente esplosione del teatro del Mar Nero ha tutto a che fare con i disperati tentativi dell’Ucraina di riattivare il suo corridoio del grano, dopo aver affrontato la completa chiusura da parte della Russia e dei suoi stessi “partner” europei.

 

Naturalmente si può dire che lo sforzo dell’Ucraina non è certo inconsistente. Hanno ottenuto grandi successi, ma temo che, a loro discapito, abbiano solo “smosso il vespaio” e indotto il Ministero della Difesa russo a concentrarsi su una parte del teatro che negli ultimi tempi aveva trascurato. Ora una serie enorme di colpi devastanti viene inferta a tutti i beni ucraini che hanno anche solo un briciolo a che fare con questa recente campagna. Oltre all’hotel e ai magazzini adiacenti, anche i porti di Odessa hanno subito gravi danni a varie infrastrutture (probabilmente legate al grano):

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Nello spirito di questo post dedicato alle armi e alla tecnica, passiamo a un’altra notizia, ovvero il continuo tira e molla sulle consegne di ATACMS all’Ucraina. Durante la visita di Zelensky è stata negata, poi tranquillamente approvata per poi essere nuovamente negata, e ora c’è un’altra apparente approvazione.

Tuttavia, il diavolo si nasconde nei dettagli. In realtà non è stato approvato come molti pensano. L’Ucraina voleva la versione normale ad alto esplosivo, molto più devastante. Biden e i suoi collaboratori si sono opposti, ma hanno finito per approvare potenzialmente la versione DPICMS. Questo dettaglio si perderà tra i festeggiamenti che si svolgeranno.

Il DPICM è la versione con munizioni secondarie o cluster bomb dell’ATACMS. Si tratta di un compromesso: vi diamo il missile, ma nella versione più inutile, che non può colpire i compound temprati, i quartieri generali, i ponti o qualsiasi altra cosa importante. Sono fatti per colpire solo il personale, il che avrà un effetto trascurabile, dato che l’uso delle munizioni a grappolo dell’artiglieria ucraina si è già dimostrato inutile, come avevo previsto tempo fa.

Guardate la spiegazione della versione ATACMS DPICMS qui sotto

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Le submunizioni a grappolo non possono essere utilizzate per distruggere edifici o altro. Il motivo per cui l’Ucraina desiderava fortemente questo missile era quello di poter colpire le strutture C3 russe nelle retrovie, oltre a minacciare il ponte di Kerch. Ora è irrilevante: le submunizioni sono inutili per questo. Al massimo possono abbattere un’auto civile leggera.

In secondo luogo, potete leggere questo e ridere. Secondo quanto riferito, il piccolo lotto di prova annunciato di ATACMS da inviare in Ucraina sarà di sole circa 60 unità:

Ma ascoltate ciò che Budanov stesso afferma chiaramente nella sua intervista a Washington di alcuni giorni fa. KB = Kyrylo Budanov:

Quindi Budanov stesso dice che qualsiasi cosa al di sotto dei 100 missili è praticamente inutile e non farà nulla. Biden non solo ne annuncia 60, ma nemmeno quelli distruttivi.

Tuttavia, vorrei fare una precisazione. È vero che le versioni a grappolo sono per lo più inutili, ma c’è un’area in cui potrebbero potenzialmente fare molti danni: colpire i campi di aviazione russi ricchi di obiettivi. Le submunizioni non distruggono del tutto gli aerei, ma un intero missile pieno di esse che colpisca un campo d’aviazione potrebbe mettere fuori uso decine di velivoli in una volta sola.

Quindi, per questo motivo, è sicuramente pericoloso. Ma semplicemente non ha la pericolosità strategica di un missile normale, con la capacità non solo di spazzare via interi bunker di comando in profondità dietro le linee russe, ma potenzialmente di colpire e spazzare via il ponte di Kerch.

Detto questo, è interessante notare che potrebbero essere molto più facili del previsto da abbattere per gli AD russi, in particolare i sistemi S-300/400 di prima scelta, progettati specificamente per abbattere tali missili di tipo balistico. Il motivo è che un attacco di saturazione funziona tipicamente quando ci sono molti oggetti che vengono verso di noi a un’altitudine simile. Ma quando si satura un sistema AD con un gruppo di droni (che non sono fisicamente in grado di volare in alto) e di missili da crociera a bassa quota, sarebbe molto facile per un sistema AD distinguere questi oggetti “schermati” da un missile di tipo balistico che vola molto più in alto. Ciò significa che l’AD dovrebbe essere in grado di indicare sul monitor quale sia il pericoloso missile quasi-balistico solo in base alla sua altitudine, il che consentirebbe di stabilire una priorità nel colpirlo.

Per quanto riguarda l’equipaggiamento, un altro aggiornamento che volevo proporre è il monitoraggio delle perdite di carri armati russi effettuato da un’organizzazione. Ho trovato questo dato molto illuminante

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La parte più importante non sono i totali in sé, che possono essere esagerati o meno, ma la tendenza generale. Ad esempio, nella colonna dei totali più alti si può vedere dove sono stati i picchi e i punti più bassi. Dall’inizio di quest’anno, la Russia ha continuato a registrare una tendenza al ribasso, con l’inizio della controffensiva ucraina che ha rappresentato una piccola impennata.

50-70 carri armati persi al mese non sono affatto male. La media è di circa 2 al giorno, pari a circa 600-700 all’anno. La ragione per cui questa è una buona notizia è che è inferiore alla produzione annuale della Russia, il che significa che le perdite di carri armati sono sostenibili – questa è la parte più importante.

Come facciamo a sapere cosa producono attualmente?

In questa nuova intervista video, il capo di Uralvagonzavod, il più grande produttore di carri armati del mondo, Alexander Potapov afferma alcune cose interessanti:

Sembra che si riferisca ai motori, dato che i T-80, come dice in seguito, al momento non sono prodotti da zero ma solo ristrutturati. Ma la Russia sta già raggiungendo anni record.

A titolo di riferimento, ecco una tabella della produzione di carri armati degli anni ’70 e ’80.

Ora, diverse fonti come The Economist affermano che la Russia produce 20 carri armati nuovi al mese e fino a 90 ristrutturati:

Wallstreet Journal fornisce una cifra di 250 carri armati all’anno prima della guerra.:

In realtà, per la maggior parte degli anni intorno al 2010 e successivamente, la Russia ha prodotto circa 175-250 nuovi carri armati all’anno. Ora si dice che la produzione sia aumentata di diverse volte.

Se prendiamo i numeri dell’Economist, 110 totali (prodotti + ristrutturati) al mese = più di 1.300 all’anno, il che è almeno in linea con quanto dichiarato da diversi esponenti russi.

Tornando al grafico delle perdite, possiamo vedere che quest’anno la Russia è in procinto di perdere qualcosa come 600-800 carri armati. Questo dovrebbe essere facilmente compensato dalla produzione. E si tenga presente che molte di queste perdite sono probabilmente calcolate in eccesso. Per esempio, all’inizio della controffensiva Putin aveva fatto notare in un discorso che la Russia aveva perso un certo numero di carri armati, circa 40-60, ma aveva detto che molti di questi erano stati successivamente rimorchiati e sarebbero stati riparati. La maggior parte delle organizzazioni che contano le perdite si limita a conteggiare ogni foto sul campo come una perdita, ma ignora il fatto che molti carri armati russi che appaiono “colpiti” vengono recuperati e riparati, o subiscono solo danni minori ai cingoli. Pertanto, le 600-800 perdite annue percepite potrebbero essere in realtà qualcosa come 400-600.

Inoltre, un nuovo video ha mostrato l’uso massiccio di carri armati gonfiabili russi sul fronte di Zaporozhye. Non stupitevi quindi se Oryx e co. inizieranno ad aggiungere i gonfiabili “distrutti” al loro database di “perdite” russe reali.

Lo scorso mese Forbes ha lamentato che l’unico collo di bottiglia rimasto in Russia per la produzione di carri armati di massa è terminato:

Infine, è stato messo insieme un grafico che tenta di ricavare un senso dalle perdite di carri armati della Russia, per esempio se stavano esaurendo alcuni scafi come i primi T-72/T-80 e li stavano sostituendo con vecchi T-62 e T-55 come sostengono molti propagandisti ucraini:

Il grafico ha trovato la correlazione opposta. I T-90 russi sono passati dal 3-4% al 24%, a dimostrazione del fatto che i T-90M vengono messi in campo – e quindi prodotti – in quantità maggiore. I T-55/T-62 non solo non hanno avuto incrementi apprezzabili, ma sembrano essere diminuiti. Ecco che la narrazione è finita.

L’unico altro cambiamento degno di nota è stato che i T-80 russi sono sembrati diminuire drasticamente come quota di perdite, ma si può dire che sia ciclico, dato che in precedenza erano diminuiti in aprile/maggio per poi risalire.

La parte importante è che non c’è alcuna base scientifica che giustifichi il fatto che la Russia stia schierando i vecchi T-62/T-55 e in effetti la Russia sta schierando tre volte più T-90M di prima.

Per l’Ucraina è l’opposto. L’unica cosa che si vede ancora sono i T-64 e le cose più vecchie. Si vedono pochi T-72 e ogni volta che arriva una nuova piccola iniezione di carri armati della NATO, questi vengono prontamente annientati:

Queste sono le varianti svedesi modificate dei Leopard 2A5 tedeschi. Alcuni di essi sono già stati distrutti in un solo giorno l’altro ieri, rappresentando una grossa fetta di tutti quelli ricevuti. Ora si dice che siano arrivati i primi 10 esemplari di Abrams:

La Russia ha colpito anche treni carichi di armature ed equipaggiamento:

***

Alcuni ultimi articoli vari.

Avevo dimenticato di postare questo articolo qualche tempo fa. Il giornalista ucraino Roman Revedzhuk, che in precedenza si era candidato ed era stato a lungo coinvolto nella politica ucraina, ha rivelato di aver ricevuto un rapporto dall’SBU secondo cui l’Ucraina aveva più di 310.000 KIA a luglio:

Mi risulta che sia un giornalista filo-ucraino e non filo-russo, tuttavia è critico nei confronti dell’attuale regime al potere.

Noterete che questo numero è in linea con altri rapporti recenti, come quello di wartears.org che tiene traccia dei necrologi e ha un totale attuale di 280.000 morti per l’Ucraina.

Ora, le conseguenze di tutto ciò si fanno sentire sempre di più. In un nuovo video, l’ex comandante dell’Aidar Yevgeniy Dikag ha dichiarato che l’Ucraina può vincere solo mobilitando in massa fino a 1 milione di persone in più:

Secondo l’analista militare ucraino Yevgeniy Dikag, che è stato il comandante della famigerata formazione Aydar, il presidente ucraino deve dichiarare al più presto una mobilitazione generale e radunare 500 mila soldati per rovesciare lo status quo che vigeva prima dell’inizio della controffensiva estiva.
A questo fa eco un nuovo video di Arestovich, secondo il quale presto ogni uomo in Ucraina, nessuno escluso, dovrà essere mobilitato:Ukrainian military analyst Yevgeniy Dikag, who was the commander of the infamous Aydar formation, the Ukrainian president must as soon as possible declare a general mobilization and raise 500 thousand soldiers in order to overthrow the status quo that was in force before the start of the summer counteroffensive.

And this was echoed by a new video from Arestovich who says that soon every man in Ukraine bar none will have to be mobilized:

Ricorderete che l’ultima volta ho pubblicato un analista ucraino che ha confessato che alla fine dovranno essere mobilitati non solo gli adolescenti – cosa scontata, secondo lui – ma anche i bambini..

In questa nota,Il presidente della Duma di Stato russa, Vyacheslav Volodin, ha rafforzato alcune mie recenti affermazioni, secondo cui il destino dell’Ucraina è la capitolazione totale e la resa alla Russia o… la distruzione totale:

Possiamo vedere che una parte ha accettato pienamente che una mobilitazione sociale totale di donne, bambini, adolescenti e tutti gli altri va benissimo per loro, mentre l’altra parte accetterà solo una resa totale e incondizionata. Purtroppo, questo non può che portare alla distruzione totale dell’Ucraina. Nessuna quantità di stupide armi della NATO spedite in tranche trascurabili può cambiare le cose.

Per riassumere l’ultimo giorno o due, non c’è altro che un massacro per l’AFU. Avvertenza grafica:

Video 1
Video 2
Video 3
Video 4
Video 5
Video 6
Video 7
Video 8

Il prossimo:

Una franca discussione tra commentatori militari russi sulla questione della controbatteria, di cui mi sono occupato di tanto in tanto.

Noterete che confermano praticamente tutto quello che ho detto. Sì, l’AFU dispone di alcuni proiettili, come il Vulcan, appena lanciato, con una gittata di 70 km, che supera tutto ciò che la Russia utilizza attualmente (almeno per quanto riguarda l’artiglieria pura, senza contare gli MLRS e altre cose). Ma ne hanno una piccola manciata, così come altri proiettili “speciali” come Excalibur, ecc.

Non si può usare un outlier per discutere su chi sta vincendo la guerra dell’artiglieria. Quando i sistemi russi sono più numerosi e più performanti della maggior parte del tempo, il raro utilizzo di un proiettile di questo tipo non fa pendere la bilancia a loro favore, soprattutto quando la Russia ha molti altri sistemi asimmetrici che possono neutralizzarli.

Conferma che i proiettili standard della Russia sparano a ~24 km, anche se commette un errore con i 35-40 km come standard per l’AFU, che ancora una volta conta solo altri sistemi semi-specialistici come il Caesar francese, di cui non ha molti. I comuni M777 ecc. con proiettili standard sparano meno della portata della Russia.

Ma come ho già detto, chi ha seguito i miei resoconti su questo tema noterà la conferma che i 2S5 Giatsint e i 2S7(M) Peony/Malka russi sono più che all’altezza dei sistemi dell’AFU, senza contare i proiettili speciali. Ma hanno sollevato una buona questione: la Russia ha ancora bisogno di un sistema che possa più regolarmente eguagliare tali gittate. E come hanno detto, ce l’ha con la nuova artiglieria 2S35 Koalitsiya-SV, che dovrebbe essere un 2S19 Msta-s completamente riprogettato, con una gittata di 40 km per i proiettili standard e di 80 km per i proiettili speciali assistiti da razzi, che fa vergognare tutti i migliori sistemi della NATO.

Purtroppo Koalitsiya continua a sguazzare nel buco nero del MIC russo, così come Armata, ecc. Si dice che un paio di esemplari siano stati “testati” in precedenza nell’SMO, ma nessuno sa quando inizierà esattamente la produzione di massa, anche se si dice sempre che sarà “presto”.

Alla luce di tutte le discussioni sui carri armati, ecco un nuovo rapporto dalla principale fabbrica russa di Nizhny Tagil, la Uralvagonzavod:

A seguire, un interessante sondaggio del centro di ricerca russo Levada. Mostra la crescita costante dell’orgoglio nazionale russo, il riemergere dell’identità russa dal cupo periodo del 2002 a oggi.:

Nel 2002, tanti russi consideravano più grandi gli Stati Uniti che il loro Paese, e non pensavano quasi per niente alla Cina. Ora la maggioranza considera grande la Cina e gli Stati Uniti sono stati relegati da “grandi” a “di seconda categoria”.

Infine, un’altra pubblicità militare russa in una recente serie di annunci che sembrano lasciare intendere grandi cose. Prima, giorni fa, c’è stato un annuncio che alludeva alla futura conquista di Kiev. Ora un’altra allude al ricongiungimento di Odessa con la madrepatria russa.

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Mali, si torna al punto di partenza…, di Bernard Lugan

Il punto di partenza dell’attuale guerra in Mali, Burkina Faso e Niger non è l’islamismo, ma l’irredentismo tuareg. Il conflitto è scoppiato nel gennaio 2012 nel nord del Mali, quando i combattenti tuareg hanno messo in fuga le forze armate maliane. Gli insorti hanno dichiarato di essere membri del MNLA (Mouvement national de libération de l’Azawad), fondato nell’ottobre 2011, due anni dopo la fine della quarta guerra tuareg. L’MNLA riuniva diversi movimenti tuareg e la sua spina dorsale era costituita da membri della tribù Ifora che avevano servito nell’esercito del colonnello Gheddafi.

Con l’MNLA, oltre al riemergere di un conflitto secolare tra Tuareg e sedentari del Sud, si stava formulando una nuova forma di rivendicazione. Durante le quattro guerre precedenti, i Tuareg avevano lottato per ottenere maggiore giustizia dallo Stato maliano guidato dal Sud. Nel gennaio 2012, chiedevano qualcosa di molto diverso, ovvero la divisione del Mali e la creazione di uno Stato tuareg, l’Azawad.

Tuttavia, per le classiche e più che consuete ragioni di rivalità tra sottoclan tuareg, Iyad Ag Ghali, anch’egli Ifora e leader delle precedenti rivolte, era stato tenuto fuori dalla fondazione dell’MNLA. Non potendo accettare questa situazione, ha dato vita a un movimento rivale i cui obiettivi etno-nazionali erano gli stessi dell’MNLA. Ma, per poter esistere, lo ha dichiarato islamista. All’inizio di gennaio 2013, Iyad Ag Ghali ha superato l’MNLA lanciando un’offensiva a sud, verso Mopti e poi Bamako. L’8 gennaio 2013 è stata presa la città di Konna e l’11 gennaio 2013 diverse colonne dirette a sud sono state “trattate” dagli elicotteri francesi. Il regime del sud a Bamako è stato quindi salvato da una sconfitta prevista, cosa che i membri dell’attuale giunta hanno ben dimenticato…

Da quel momento in poi, l’analisi francese era sbagliata. I “decisori” francesi non hanno visto – o si sono rifiutati di vedere – che l’islamismo non era altro che una copertura per le rivendicazioni dei tuareg, che in un certo senso non era altro che la superinfezione di una ferita etno-razziale millenaria. Questo significava che per l’Eliseo Iyad Ag Ghali era il nemico, mentre in realtà era la soluzione del problema e bisognava parlare con lui… Negli anni successivi, la Francia si è rifiutata di comprendere questa realtà, con il presidente Macron che ha persino ordinato l’eliminazione di Iyad ag Ghali, cosa che quest’ultimo non ha dimenticato…

Ora, con la partenza delle forze francesi e dell’ONU dal Mali, il vero problema, il cuore della questione, è riapparso alla luce del sole: non si tratta di islamismo, ma di irredentismo tuareg. Vorrei chiarire questo punto a coloro che si compiacciono di distorcere le mie parole: sto parlando solo del nord del Mali, non della regione transfrontaliera, dove la situazione è diversa perché l’islamismo e il problema dei Fulani sono sovrapposti o intrecciati.

Come scrivo da anni, e come ben sanno gli abbonati a L’Afrique Réelle, Iyad Ag Ghali, il leader storico dei combattenti tuareg, ha costantemente cercato di riunire i clan tuareg attorno alla sua leadership. E ci è riuscito! I gruppi armati tuareg si sono riuniti nel CSP-PSD (Quadro Strategico Permanente – Per la Pace, la Sicurezza e lo Sviluppo), di cui fa parte anche la CMA (Coordination des mouvements de l’Azawad), per offrire un fronte comune contro l’esercito maliano che, con l’appoggio finora poco determinante del gruppo Wagner, sta cercando di riconquistare l’Azawad da cui era stato cacciato nel 2012.

Di conseguenza, il 12 settembre, le forze armate maliane hanno subito un attacco mortale a Bourem, proprio il luogo in cui, nel gennaio 2012, è iniziata la guerra che ha incendiato l’intera regione. La città di Timbuctù è praticamente circondata. E poiché questa volta le forze francesi non verranno a salvarli, i meridionali potrebbero presto pentirsi di aver chiesto la partenza di Barkhane…

La lunga storia è riemersa in modi che sono naturalmente ignorati da coloro che pretendono di definire la politica africana della Francia e che portano la terribile responsabilità dell’umiliazione che il nostro Paese sta attualmente subendo nel Sahel e, più in generale, in tutta l’Africa. Questa lunga storia è raccontata nel mio libro Histoire du Sahel des origines à nos jours (Storia del Sahel dalle origini ai giorni nostri).

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Vogliono i negoziati, ora_di AURELIEN_a cura di Roberto Negri

Vogliono i negoziati, ora.
Hanno idea di cosa stanno parlando?

AURELIEN
20 SET 2023

Vi ricordo che le versioni spagnole dei miei saggi sono ora disponibili qui, e alcune versioni italiane dei miei saggi sono disponibili qui. Marco Zeloni sta ora pubblicando anche alcune traduzioni in italiano. Grazie a tutti i traduttori.

Nel mio ultimo saggio ho parlato di come i politici occidentali stiano facendo un lavoro sempre peggiore come politici, e di come questo crescente dilettantismo sia assolutamente evidente nella loro risposta ad alcune crisi recenti, in particolare quella ucraina. Ho detto che sarei tornato su quell’esempio, e questo saggio riguarda i risultati del dilettantismo, dell’egoismo e dell’autoriferimento dell’Occidente in merito a qualsiasi tentativo di risoluzione della crisi ucraina.

Parlerò soprattutto dei negoziati, che sono improvvisamente diventati un tema del dibattito interno in corso in Occidente sul tipo di esito in Ucraina che il suo fragile ego politico collettivo potrebbe tollerare. Eppure non ho visto praticamente nessuna discussione informata su cosa possa significare in pratica “negoziazione” in questo caso, né tantomeno alcun segno che coloro che coraggiosamente hanno iniziato a usare questa parola abbiano la più remota nozione di ciò di cui stanno parlando. Vediamo quindi di aiutarli. Per alcuni, quanto segue potrà sembrare eccessivamente specialistico e dettagliato; posso solo rispondere che in questa partita i dettagli possono essere estremamente importanti. Al contrario, se fra i lettori ci sono diplomatici di carriera, in servizio o in pensione, probabilmente penseranno che ho semplificato troppo le cose. Quindi, scusandomi con entrambi, cominciamo con la domanda più elementare: perché negoziare? Qual è lo scopo?

La risposta più semplice è che si tratta di raggiungere un obiettivo di qualche tipo che non si può raggiungere da soli, e già qui si possono immediatamente notare una serie di sottigliezze e ulteriori domande contenute in questa semplice risposta. L’obiettivo è condiviso, o almeno compatibile, da entrambe le parti? Tutti hanno la stessa comprensione del significato dell’obiettivo e del modo in cui può essere raggiunto? Entrambe le parti sono ugualmente impegnate nella trattativa? E così via.

Per comodità, possiamo dividere i negoziati in tre grandi categorie. La prima è quella che probabilmente conosciamo tutti nella nostra vita privata. In linea di massima, io ho qualcosa che tu vuoi e tu hai qualcosa che io voglio, ed è nel nostro reciproco interesse cercare di scambiarli. L’esempio più semplice è quello della compravendita: dalla semplice bottega all’acquisto di un’auto, di una casa o di un’intera azienda, c’è un compratore disposto a pagare fino a una certa cifra e un venditore disposto a vendere per una certa cifra. A volte questo processo è molto rapido: ad esempio, un minuto per acquistare un’imitazione di una polo Lacoste da un venditore ambulante di Bangkok a un prezzo considerato equo da entrambe le parti. A volte ci vuole molto più tempo, come quando un’azienda ne acquisisce un’altra e c’è una grande quantità di dettagli da definire. Inoltre ci sono sempre complicazioni di contorno: il logo Lacoste, ad esempio, non sembra ben cucito. Sebbene questo modello non sia sconosciuto nelle relazioni internazionali, la maggior parte dei negoziati reali è molto più complessa e coinvolge molti più fattori.

Un secondo tipo di trattativa prevede tipicamente un obiettivo comune, a volte ben definito, a volte no, condiviso in misura diversa da diversi attori. L’idea è quindi quella di negoziare un accordo che soddisfi tutti in modo ragionevole, raggiungendo un’interpretazione dell’obiettivo che possa essere accettata da tutti. Tutti i trattati economici e politici europei, a partire dall’accordo sul Mercato Comune del 1958, sono stati di questa natura: un obiettivo ampiamente condiviso, accompagnato da una quantità di divergenze di dettaglio su singole questioni che dovevano essere ricomposte nel testo finale. Il classico esempio singolo di questo tipo di negoziato è probabilmente il Trattato di Washington del 1949, che non ha effettivamente “istituito la NATO” (quello è avvenuto diversi anni dopo), ma ha stabilito il principio dell’impegno degli Stati Uniti per la sicurezza dell’Europa occidentale contro il potere e l’influenza sovietica. Mi soffermerò un attimo su questo esempio.

In questo caso le motivazioni delle parti si sovrapponevano, ma non erano identiche. Per gli europei, il problema era la massa di forze sovietiche a est e la possibilità che venissero usate per intimidire gli elettori e portare al potere i partiti comunisti (come era accaduto in Ungheria e in Cecoslovacchia) e minacciare gli stessi governi occidentali, esausti e in bancarotta dopo la guerra, inducendoli a fare concessioni politiche. Soprattutto, c’era la paura di un’altra futura guerra, alla quale l’Europa non sarebbe sopravvissuta, anche perché, come in Grecia e come era quasi accaduto in Francia e in Italia, la guerra sarebbe stata anche civile. Se da un lato gli europei non temevano un attacco militare deliberato, dall’altro cercavano un esplicito impegno di sicurezza da parte degli Stati Uniti, in modo che Mosca fosse più cauta nei suoi rapporti con gli Stati occidentali e nell’uso dei partiti comunisti europei. La prospettiva americana era piuttosto diversa. Il Paese era già in preda a un panico anticomunista che stava peggiorando, ma era diretto principalmente contro obiettivi interni. Un vero e proprio confronto militare con l’Unione Sovietica aveva pochissimo sostegno a Washington e, sebbene l’amministrazione Truman fosse determinata a non lasciare che l’Europa cadesse ulteriormente sotto l’influenza sovietica, c’era poca voglia di un’alleanza formale che impegnasse gli Stati Uniti a intervenire militarmente in Europa così presto dopo la fine della guerra e la smobilitazione su vasta scala che l’aveva seguita. Inoltre nel Congresso americano, che avrebbe dovuto ratificare qualsiasi trattato, era presente una significativa lobby isolazionista, che doveva essere rispettata.

Il risultato si vide soprattutto nel famoso articolo 5 del Trattato, una clausola che colmava il divario tra il minimo che gli europei potevano accettare e il massimo che gli americani potevano dare tramite una formula gnomica che entrambe le parti potevano interpretare come volevano. Sebbene la struttura militare istituita in seguito coinvolgesse gli Stati Uniti militarmente e assicurasse che le truppe statunitensi fossero tra le prime vittime di eventuali combattimenti, le tensioni di fondo non sono mai scomparse e, fino alla fine della Guerra Fredda, gli europei hanno temuto che gli Stati Uniti avrebbero cercato di imporre un accordo ai loro alleati piuttosto che combattere effettivamente al loro fianco.

Un terzo tipo di negoziato è quello che viene imposto a una parte, o che quest’ultima non può evitare. L’accordo tra gli Stati Uniti e i Talebani per il ritiro delle forze americane nel 2021 ne è un esempio. Anche tutti i negoziati di resa rientrano in questa tipologia: persino la resa incondizionata delle forze tedesche e giapponesi nel 1945 incluse una serie di dettagli pratici da definire tra le due parti. La ritirata delle forze serbe dal Kosovo nel 1999 non è stata una vera e propria resa (se ne sono andate in buon ordine e in gran parte intatte), ma è stata politicamente imposta ed era ineluttabile, e anche in questo caso c’era tutta una serie di dettagli pratici che dovevano essere negoziati. Il rischio, naturalmente, è che la potenza o le potenze vincitrici si lascino prendere la mano e cerchino di imporre condizioni pericolose o irrealistiche alla parte più debole. Finora i russi si sono comportati con moderazione, ma la guerra non è ancora finita.

Quindi, di queste tre grandi tipologie, a quale sembrano riferirsi i sostenitori dei “negoziati” sull’Ucraina? Beh, a nessuna di esse in realtà, per quanto posso vedere. Il dibattito sembra incentrato sulle condizioni che l’Occidente dovrebbe cercare di imporre alla Russia e sulle concessioni che gli ucraini potrebbero accettare di fare, almeno nel breve periodo. Le ragioni sono molteplici e riguardano soprattutto il delicato ego collettivo della comunità strategica occidentale, e tornerò su questo punto alla fine del saggio. Ma per ora il punto che voglio sottolineare è che anche i più audaci e arroganti pensatori radicali occidentali non solo tradiscono la completa mancanza di una visione realistica del mondo (ma questo lo sapevamo già), ma dimostrano anche una totale ignoranza di cosa siano i negoziati, del perché avvengano, di come vengano condotti e di cosa ci si possa ragionevolmente aspettare da essi.

Ora, una suggestione che circola tra le frange più audaci della comunità strategica occidentale è l’idea di un “congelamento” del conflitto, apparentemente sul modello di armistizio che ha congelato la guerra di Corea. Questo permetterebbe all’Occidente di ricostruire l’Ucraina e le sue forze armate per il prossimo round. Anche tralasciando l’ovvia considerazione che non esiste alcuna ragione al mondo per cui la Russia dovrebbe accettare un’idea del genere – che potrebbe funzionare solo se entrambe le parti cooperassero – questa ipotesi suggerisce che queste persone certamente sanno poco o nulla dell’esempio cui si riferiscono.

Per cominciare, l’armistizio di Corea fu un esempio della seconda categoria di negoziati sopra descritta. Ovvero, un numero sufficiente di attori chiave da entrambe le parti (di fatto i cinesi e le Nazioni Unite) ha accettato il fatto che una vittoria completa sarebbe stata costosa e difficile, e forse impossibile, e quindi aveva senso congelare i combattimenti. Dopo di che, sebbene formalmente esista ancora uno stato di guerra, non c’è mai stata alcuna seria possibilità che il conflitto ricominciasse. (Dubito che coloro che parlano di un conflitto “congelato” siano mai stati nella DMZ o abbiano un’idea delle guarnigioni che la circondano). È evidente che oggi una simile ipotesi sia da escludere. I russi non hanno alcun interesse a una stasi del conflitto poiché, se da un lato stanno pagando un prezzo per la guerra, dall’altro il prezzo che sta pagando l’Occidente è più alto, e sarà sempre più così. In ogni caso, una sospensione dei combattimenti (l’ipotesi di cui stiamo parlando) potrebbe in realtà destabilizzare internamente l’Ucraina stessa e creare una frattura tra il suo governo e quelli delle nazioni occidentali. Vale la pena ricordare che sono state le Nazioni Unite, e soprattutto gli Stati Uniti, i maggiori fautori di un armistizio: le leadership politiche di entrambe le fazioni coreane volevano combattere fino alla vittoria totale, e ci è voluto del tempo per convincerle a non farlo. Qualcosa di simile potrebbe accadere in Ucraina. C’è quindi un’idea dilettantesca e disinformata del quadro politico di base della situazione, e la presunzione che i “negoziati” del tipo che l’Occidente ipotizza possano avvenire quando l’Occidente desidera, senza tenere conto delle opinioni e degli obiettivi delle controparti.

In ogni caso, l’accordo di armistizio firmato nel luglio 1953 aveva una portata molto limitata. Aveva un contenuto puramente militare, fu firmato dalle Nazioni Unite, dai cinesi e da quella che sarebbe stata la Corea del Nord (la Corea del Sud non l’ha mai firmato) e riguardava questioni puramente militari di cessazione delle ostilità e di scambio di prigionieri di guerra. Avrebbe dovuto essere seguito da negoziati di pace e da uno o più trattati, ma ciò non è mai avvenuto, soprattutto a causa dell’opposizione degli Stati Uniti. È questo che gli opinionisti chiedono ora? Dopo tutto, qualcuno crede davvero che l’Occidente avrebbe mano libera in Ucraina dopo un ipotetico cessate il fuoco? E che senso avrebbe, anche nella ristretta prospettiva occidentale, un cessate il fuoco che lasciasse l’Ucraina di fatto ancora in guerra, tenuta in vita solo dagli aiuti occidentali, senza alcuna prospettiva di resistere a un serio attacco militare russo, con una popolazione in continua diminuzione e in perenne crisi politica, il tutto a fronte della promessa di un futuro invio di aiuti militari una volta ricostituite le scorte occidentali e aumentata la produzione? Questo approccio, per usare un eufemismo, contraddice uno dei principi fondamentali dei negoziati: decidere cosa si vuole dalle trattative e cosa si intende fare una volta ottenuto.

Eppure è strano che gli opinionisti (che presumibilmente riflettono almeno alcune posizioni ufficiali) abbiano scelto la Corea come esempio. Ce n’è uno molto più vicino a noi: l’Accordo di Minsk, o meglio gli Accordi, che avrebbero dovuto risolvere il problema che ha determinato la guerra. Poiché spesso ci si riferisce a quegli accordi, ma raramente vengono davvero citati, diamo un’occhiata al loro testo. Il primo degli accordi, datato 5 settembre 2014 (“Minsk 1”), è stato trasmesso dalla delegazione ucraina alle Nazioni Unite il 24 febbraio 2015 e vale la pena soffermarsi su di esso perché esemplifica una serie di questioni sollevate da questo tipo di accordi. In primo luogo, il documento stesso è costituito sia da un “Protocollo”, descritto come un'”Intesa”, sia da un “Memorandum” di accompagnamento che tratta alcuni aspetti della sua attuazione. In altre parole, i documenti non contengono impegni da parte di alcun Paese né specifici obblighi giuridici o politici. I documenti registrano semplicemente ciò che i partecipanti dicono di aver concordato. È previsto il monitoraggio, ma non l’applicazione di quanto concordato.

Il secondo punto riguarda i partecipanti e i firmatari. Il testo è firmato dai rappresentanti del Gruppo di contatto trilaterale (Ucraina, Russia e Oblast’ secessionisti, oltre che dall’OSCE, responsabile del monitoraggio). I leader di Francia e Germania hanno fatto da intermediari nei colloqui, ma non hanno firmato alcun documento. D’altra parte, gli ucraini (che non hanno riconosciuto le regioni secessioniste) hanno insistito affinché i loro leader di allora firmassero solo come singoli individui, non come rappresentanti di alcuna entità politica. Questa è la più semplice delle anticipazioni del tipo di problemi che si presenterà in qualsiasi “negoziato” che l’Occidente voglia prendere in considerazione.

Il terzo punto è il contenuto. Entrambi i documenti sono molto brevi, come ci si potrebbe aspettare da documenti che si occupano principalmente di stabilire dei principi. Detto questo, il Memorandum è estremamente dettagliato in una parte, e ovviamente redatto da specialisti militari, dal momento che contiene anche elenchi molto precisi di equipaggiamenti (soprattutto artiglieria) insieme alle distanze a cui dovrebbero essere arretrati dalla linea di contatto. Il documento è quindi uno strano miscuglio di vaghe aspirazioni future e misure pratiche molto dettagliate da adottare immediatamente.

Infine, la lingua. Quando si tratta di traduzioni le cose sono sempre complicate, ma possiamo dire che entrambi i documenti contengono in gran parte dichiarazioni di buone intenzioni, senza obiettivi o date associate. Qualcuno (presumibilmente il governo ucraino) “attuerà il decentramento amministrativo”, altri “promulgheranno una legge” per punire i crimini di guerra, qualcun altro ancora “adotterà un programma” per la rinascita economica del Donbas. I testi evitano accuratamente di dire chi sia responsabile di cosa, come e quando il “cosa” debba essere realizzato e tanto meno valutato. Il documento evita palesemente qualsiasi accento che assomigli al linguaggio dei trattati (ad esempio, “raggiunta un’intesa” al posto di “concordato”). Ma questa di per sé non è una vera e propria critica: questo era quanto era possibile ottenere dalle parti in quel momento, e rifletteva la loro riluttanza a stipulare un accordo giuridicamente vincolante. D’altra parte, ciò che veramente conta è quello che le parti intendono fare a prescindere dai documenti che hanno firmato, e da ciò che è seguito è chiaro che nessuna delle due parti si fidava dell’altra. Qualsiasi “accordo”, che sia quest’anno o in seguito, sarà molto più complicato e difficile di questo.

A causa della mancanza di fiducia e di impegno sono ricominciati i combattimenti e, dopo ulteriori pressioni da parte di Francia e Germania e una riunione molto lunga e difficile, il 12 febbraio 2015 è stato finalmente concordato un “Pacchetto di misure” per attuare gli accordi di Minsk originali (diventato noto come “Minsk 2”). Si noti ancora una volta che anche questo non è un trattato o un documento esecutivo di alcun tipo, ma si tratta essenzialmente di una registrazione dei punti concordati durante l’incontro firmata dai membri del Gruppo di contatto trilaterale. In alcuni casi (ad esempio la riforma costituzionale) risulta chiaro che il governo ucraino ha promesso di fare qualcosa, in altri non è chiaro chi debba fare cosa. Anche in questo caso sono presenti alcune disposizioni dettagliate relative alle armi pesanti. Vale anche la pena sottolineare che alcune disposizioni vanno al di là dei normali limiti di un trattato, perché impegnano i non firmatari a fare delle cose: ad esempio, il Parlamento ucraino doveva adottare una risoluzione sulle aree a cui si sarebbe applicato un regime amministrativo speciale. Questo genere di cose non compare mai nei trattati per il semplice motivo che nessun governo può impegnare il proprio parlamento. In sostanza, quindi, si tratta di una raccolta di idee intelligenti che, se attuate, avrebbero dovuto contribuire all’attuazione dell’Accordo di Minsk. Anche in questo caso, non si tratta di una critica: è tutto ciò che è stato possibile ottenere dalle parti in quelle circostanze.

Questi risultati estremamente limitati sono stati l’esito di una notevole pressione esercitata dopo un piccolo e breve conflitto in un’area limitata di un Paese. Per questo motivo gli accordi sono venuti meno molto rapidamente, con le parti (comprese quelle non rappresentate) che si sono accusate a vicenda di malafede. (Non entrerò ora nel merito dei diritti e dei torti della questione, ciò che conta è la percezione). La realtà è che, se ci fosse stata la volontà di entrambe le parti di far funzionare gli accordi, in qualche modo avrebbero funzionato. È un errore costante degli esperti di relazioni internazionali (e non solo) supporre che solo perché è stato firmato un accordo di pace scritto ne seguiranno necessariamente dei risultati pratici. In realtà, come ho sostenuto altrove, in assenza di un genuino desiderio di fare dei progressi, gli accordi di pace possono essere pericolosi, e più sono complessi, più possono esserlo. Alcuni accordi di pace hanno scatenato guerre.

Al contrario, negoziati che sembrano impossibili possono in realtà diventare possibili molto rapidamente a causa di un cambiamento o di uno sviluppo della situazione politica. I negoziati per la Riduzione Reciproca ed Equilibrata delle Forze (Mutual and Balanced Force Reductions, MBFR) si sono svolti a Vienna dal 1973 al 1989 senza produrre alcun tipo di trattato perché mancava la volontà politica di fare qualcosa se non parlare. Nel 1989 sono stati sostituiti dai negoziati sulle forze armate convenzionali in Europa (CFE), che all’inizio sono stati accolti con un certo scetticismo. Ma divenne presto chiaro che sia l’Est che l’Ovest avevano deciso che la Guerra Fredda stava per finire e che i colloqui CFE erano il metodo scelto per darle una degna sepoltura. Così sono state stanziate importanti risorse, e in meno di due anni è stato negoziato un trattato enorme e complesso.

Quindi, al di là e prima dei dettagli, che affronteremo tra poco, il primo tema è la volontà politica. Nel sempre mutevole diagramma di Venn di ciò che gli Stati vogliono e sono disposti ad accettare, c’è un’area minima di sovrapposizione in cui si potrebbe raggiungere un accordo utile, e c’è la volontà di raggiungere tale accordo e farlo funzionare? Se sì, bene. In caso contrario, i negoziati potrebbero peggiorare la situazione anziché migliorarla. Per quanto ammiri la professione diplomatica, essa ha la tendenza a considerare tutti i negoziati come buoni e tutti gli accordi, anche i più banali e provvisori, come risultati. (Sebbene, come diceva Churchill, le trattative sono meglio della guerra, la storia dimostra che una trattativa troppo precoce può produrre comunque una guerra.

Quanto detto sopra spero dia un’idea del tipo di questioni che il termine vago e generico di “negoziati” dovrà affrontare. Esaminiamone ora alcune più nel dettaglio, sicuri che nessuno in nessuna capitale occidentale avrà dedicato riflessioni serie ai problemi in questione.

La prima domanda è semplice: negoziati a che scopo? Ammesso che gli opinionisti occidentali abbiano una qualche idea di ciò di cui stanno parlando, sembra che stiano pensando a un Minsk 3, ossia a un cessate il fuoco, al ritiro delle armi pesanti, a promesse di riforme politiche da parte dell’Ucraina e a uno scambio di prigionieri. Non si tratterebbe di un trattato (poiché tali documenti non lo sono per definizione), e sebbene possa essere monitorato ancora una volta dall’OSCE non ci sarebbero disposizioni per la sua applicazione. L’obiettivo sarebbe quello di fermare gli attacchi e le avanzate russe e ricostruire le forze armate ucraine per il prossimo round. Detto così, risulta ovvio che solo chi abbia perso completamente il contatto con la realtà, come il signor Blinken, potrebbe immaginare che un’idea del genere sia accettabile per la Russia.

D’altra parte, è abbastanza chiaro quale sarà l’obiettivo dei russi in qualsiasi negoziato, perché qualsiasi proposta sarà basata sulla bozza di trattato del dicembre 2021, che la NATO si è rifiutata di discutere. Il loro obiettivo sarà un trattato che allontani gli Stati Uniti dall’Europa e riporti la NATO al 1997, e la loro proposta iniziale potrebbe essere ancora più dura dopo diversi anni di combattimenti. Di conseguenza, al netto della parola “negoziati”, le due parti parleranno in realtà di cose completamente diverse.

Forse in questo caso è possibile una certa flessibilità. Ad esempio, l’Occidente non potrebbe presentare delle controproposte (come avrebbe dovuto fare nel 2021) per una futura architettura di sicurezza in Europa? Il problema è che il sistema esistente nel 2021 in realtà andava piuttosto bene per l’Occidente, quindi qualsiasi proposta avanzata ora non può che essere basata sull’accettazione di un sistema peggiore di quello precedente, anche come posizione negoziale di apertura. E chi farà esattamente queste concessioni sulla sicurezza? Chi deciderà? Dopo tutto, i parlamenti degli Stati partecipanti (ci arriveremo tra un attimo) dovrebbero ratificare qualsiasi trattato che alla fine dovesse riusltare. Naturalmente nulla impedisce all’Occidente di presentare proposte volte a far ritirare i russi da una parte o da tutta l’Ucraina, ma questo sarebbe semplice teatro. Il problema è che la NATO non ha nulla da offrire che sia accettabile per i propri elettori, che i russi non possano prendersi o far accadere comunque, e non può costringerli a dare qualcosa di importante in cambio. Questa quindi non è una buona base per i negoziati.

Ma c’è di peggio, a causa delle posizioni politiche estreme delle due parti. La versione ufficiale occidentale del 2021-22 sembra emergere ora, ad esempio dal recente discorso di Stoltenberg, il Segretario Generale della NATO. In questa rappresentazione la Russia, forte del suo massiccio rafforzamento militare, ha tentato di ricattare la NATO affinché rifiutasse l’adesione dell’Ucraina, per poi tornare ai confini del 1997. Quando la NATO ha rifiutato di farsi intimidire, Putin ha lanciato una guerra per invadere tutta l’Europa, ma è stato fermato dai coraggiosi ucraini con l’aiuto dell’Occidente. Ora, vista l’enorme quantità di denaro e di armi che le nazioni della NATO hanno fornito, come può un leader nazionale andare in parlamento e dire: “Bene, ragazzi, in realtà l’Ucraina alla fine non entrerà nella NATO e la Russia potrà prendersi i territori che vuole: lo dice la bozza di trattato che abbiamo presentato”? Dal canto suo, il governo russo sarà probabilmente soggetto alle medesime pressioni, al punto che la bozza di trattato del dicembre 2021 potrebbe ora sembrare troppo mite per gran parte della popolazione. E gli ucraini? Beh, a loro ci arriveremo tra un attimo.

Ora, non è impossibile che in qualche modo, da qualche parte, un gruppo di Stati si riunisca per scambiare opinioni, registrare richieste, rifiutare richieste e così via, e se fossimo di buon umore potremmo chiamare tutto questo “negoziati”. Ma non saranno negoziati, nel senso che non ci sarà né la volontà né la capacità di fare alcun progresso sostanziale.

Il che ovviamente solleva un’altra questione: chi parteciperà e, in questo contesto, chi firmerà e chi sarà vincolato da cosa? Gli accordi di Minsk sono stati (relativamente) facili. Da una parte il governo ucraino, dall’altra i ribelli e i russi, nel mezzo l’OSCE e, a intermediare fra le parti, i francesi e i tedeschi. Da allora la situazione è diventata incomparabilmente più complessa: i Paesi della NATO, in misura diversa, sono sostanzialmente ma non formalmente parti in causa nel conflitto. Gli oblast’ occupati fanno ora parte della Russia. Logicamente, qualsiasi negoziato dovrebbe avvenire tra Russia e Ucraina, ma questo pone due problemi evidenti. Il primo è che non è chiaro chi parli a nome dell'”Ucraina” anche sul fronte interno. Qualsiasi conclusione o anche solo una pausa dei combattimenti potrebbe scatenare forze politiche con obiettivi molto diversi, tanto che qualsiasi delegazione ucraina non sarebbe in grado di parlare a nome del Paese nel suo complesso. Cosa succede se a metà dei negoziati si verifica un colpo di stato militare? Cosa succede se diversi gruppi pretendono di rappresentare il governo e il popolo, con obiettivi diversi? E se altri gruppi non presenti ai negoziati cercassero di esercitare un controllo a distanza? (Questo è ciò che è accaduto ai negoziati di Rambouillet nel 1999, che hanno preceduto l’attacco alla Serbia. Secondo qualcuno che era presente ai negoziati il leader della delegazione kosovara albanese, un esponente politico, fu costretto a dire a Madeline Albright, la principale negoziatrice statunitense, che era impossibile per lui firmare la bozza di trattato preparata dagli Stati Uniti poiché in tal caso l’Esercito di liberazione del Kosovo lo avrebbe assassinato al suo ritorno a casa).

Il secondo problema è che l’Ego collettivo dell’Occidente non tollererebbe di essere escluso da tali negoziati, anche se è assai più incerto se essi sottoscriverebbero effettivamente degli obblighi, e ancor meno se i loro parlamenti accetterebbero di ratificarli. Eppure tutti sarebbero perfettamente consapevoli che l’Occidente sta manipolando la delegazione ucraina, o che almeno ci sta provando. Da parte loro, è chiaro che i russi non considerano gli ucraini come attori indipendenti, e quindi pretenderebbero che i negoziati fossero tra loro e la NATO, con l’Ucraina come semplice punto all’ordine del giorno.

Da quanto ho detto finora dovrebbe risultare evidente la necessità di abbandonare l’idea di “negoziati” in senso proprio, almeno finché la situazione non cambierà radicalmente. Ma ipotizziamo un’improvvisa esplosione di razionalità e moderazione nelle capitali occidentali, un cambio di governo, una crisi economica e politica o altro del genere. Cosa si potrebbe organizzare che assomigli a un negoziato e che possa portare a qualche risultato? Supponiamo che l’Occidente accetti un modello di accordo simile alla proposta russa: un nuovo assetto di sicurezza per l’Europa, con le questioni relative alla NATO in discussione e l’Ucraina da considerare come caso a sé. Benissimo. Ma come si potrebbe far funzionare tutto ciò?

Tanto per cominciare, chi parla a nome dell'”Occidente”? I negoziati si svolgono classicamente tra entità sovrane che possiedono la capacità giuridica di stipulare trattati. L’Unione Europea ce l’ha (ad esempio nel trattato di uscita dall’UE stipulato con il Regno Unito), ma la NATO no. Quindi, ad esempio, l’adesione della Finlandia alla NATO è stata registrata sotto forma di Protocollo al Trattato di Washington, stabilendo che “le Parti del Trattato Nord Atlantico” avevano concordato che la Finlandia avrebbe depositato uno strumento di adesione presso gli Stati Uniti (come Stato depositario) e che ogni membro della NATO avrebbe poi notificato la propria accettazione dello strumento. La ragione di questa procedura farraginosa è che la “NATO” non può concordare nulla, né i suoi Stati membri le permetterebbero di farlo. In qualsiasi futuro trattato teorico, la “NATO” non sarebbe firmataria, né sarebbe rappresentata al tavolo dei negoziati, né avrebbe obblighi e diritti in base al trattato. Tutto questo è di pertinenza dei singoli Stati. Qualcosa di simile è già accaduto in passato, con il già citato Trattato sulle Forze Armate Convenzionali in Europa del 1990. In quel caso è stato necessario un abile lavoro per conciliare il fatto che i negoziati fossero tra blocco e blocco, tra la NATO e il Patto di Varsavia, con il fatto che il trattato doveva essere firmato e attuato dalle singole nazioni. Allo stesso modo, all’interno della stessa NATO furono necessari infiniti, laboriosi e spesso difficili negoziati interni per cercare di stabilire una posizione comune.

Quindi, in pratica, un futuro “negoziato” intercorrerebbe con i membri ufficiali della NATO, che tratterebbero in modo indipendente ma cercando di mantenere una posizione comune, la Russia, l’Ucraina in una o più configurazioni e forse altri soggetti. L’Australia vorrebbe partecipare? E la Svizzera? Chi decide? E che status avrebbe, ad esempio, l’Australia in veste di fornitore di aiuti? Quali obblighi sottoscriverebbe Canberra? Sarebbe necessario un grado di concordia quasi sovrumano anche solo per definire il contenuto dei negoziati e le regole procedurali. Sebbene esistano numerosi esempi di trattati firmati tra un gran numero di Stati con diverse posizioni non esiste, per quanto ne so, alcun precedente di un negoziato effettivamente aperto che coinvolga un numero così elevato di partecipanti, su questioni così difficili e complesse, con la maggior parte dei partecipanti obbligati a coordinare i propri punti di vista nonostante le enormi differenze oggettive delle loro rispettive situazioni. Anche in questo caso, un altissimo grado di concordanza politica potrebbe teoricamente unire i governi occidentali e questo potrebbe accelerare le cose, ma il problema è che la posta in gioco è così importante e complessa, e le implicazioni strategiche per i diversi Paesi così diverse, che mantenere un tale consenso è davvero pura fantasia. Il risultato pratico è che, anche se un tale negoziato dovesse iniziare, potrebbe essere interrotto in qualsiasi momento da dispute tra gli Stati su un numero quasi infinito di questioni.

C’è un’intera lista di altre questioni di dettaglio ma comunque importanti, per le quali potrebbero servire mesi per trovare un accordo. Ad esempio, dove tenere i colloqui? Molte delle classiche sedi neutrali (Ginevra, Helsinki, Vienna) sembrano ora sconsigliabili. Ankara potrebbe andare bene, ma dopotutto si tratta di una nazione appartenente alla NATO anche se i turchi hanno fatto il doppio gioco. I russi potrebbero quindi proporre Minsk, e le discussioni cadrebbero subito. Senza dubbio gli ucraini indicherebbero Kiev o Washington. Questa situazione potrebbe andare avanti (e probabilmente lo farebbe) per mesi. E immaginate, ad esempio, le difficoltà logistiche di organizzare i negoziati tra, diciamo, trentacinque Paesi? Quaranta? Tenendo presente che la maggior parte del lavoro reale non si svolge in seduta plenaria ma in gruppi di lavoro e sessioni informali, quanti luoghi al mondo possiedono un’infrastruttura in grado di ospitare questo incubo logistico? E poi ci sono la traduzione e l’interpretazione. Quante lingue ufficiali ci sarebbero? Almeno tre (russo, inglese e francese) e probabilmente anche “ucraino”. Immaginate le discussioni su quale sia la lingua autentica di default per i documenti e sul reperimento degli interpreti e dei traduttori necessari.

Potrei continuare ancora. Ma alla fine quello che stiamo vedendo è la comunità strategica occidentale negoziare con sé stessa, dato che nessun altro negozierà con lei, e cercare di sondare i limiti estremi di ciò che il suo fragile ego è in grado di accettare senza crollare. Nulla di tutto ciò ha una grande attinenza con la vita reale. Una delle cose da tenere a mente per quanto riguarda il successo dei negoziati è che non si possono forzare le persone o le loro conclusioni. L’Occidente ha una lunga storia di forzature nei negoziati e negli accordi con altre nazioni, naturalmente per quelle che considera buone ragioni. Questi tentativi falliscono perché i partner non sono pronti o non si fidano l’uno dell’altro, o perché le circostanze sottostanti non sono favorevoli. Non ci sarà nulla di tutto ciò con i russi, che negozieranno quando ne avranno voglia, se mai ne avranno voglia. L’Occidente parla di una guerra infinita che non ha né le forze, né l’equipaggiamento, né la capacità, né la volontà politica di affrontare. Il risultato effettivo sarà una sorta di perenne ostilità e, alla fine, i sogni occidentali di trionfo tramite i negoziati si riveleranno un’illusione come i loro sogni di trionfo sul campo di battaglia.

 

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