Poroshenko fuori, Zelensky dentro. Cambieranno le cose in Ucraina? Di Tom Luongo

Dopo Israele ci avviciniamo alle porte di casa. E’ la volta dell’Ucraina. Si vedrà se l’avvicendamento in Ucraina si risolverà in un mero regolamento di conti interno alla oligarchia imperante dovuto ai veri e propri espropri operati da Poroshenko ai danni di altri personaggi della sua stessa risma oppure si rivelerà il prodromo di una svolta politica essenziale per la sopravvivenza di quel paese_Giuseppe Germinario

 

Poroshenko fuori, Zelensky dentro. Cambieranno le cose in Ucraina?

Di Tom Luongo

 

Il danno incalcolabile che è stato procurato alla area geografica dell’Europa Orientale per cinici obiettivi geopolitici non potrà mai essere azzerato, ma può essere fermato.

Come quell’arte che imita la vita, le elezioni presidenziali in Ucraina si sono concluse con Volodymyr Zelenski, un personaggio televisivo, che ha raccolto una maggioranza straripante rispetto a Petro Poroshenko. Quindi, arrivo subito al punto: Queste elezioni cambieranno qualcosa?

L’Occidente ha investito una marea di risorse di tempo e denaro puntando decisamente su Poroshenko. Ma era già ovvio da molti mesi che non avrebbe conseguito un secondo mandato, indipendentemente da quello che Poroshenko si sarebbe inventato. Con Poroshenko uscito di scena, ora spetta a Zelensky mettere insieme un piano che va ben oltre il voto di protesta contro l’evidente corruzione del Presidente uscente. Il problema è che non abbiamo idea se sia; 1) capace di attuare questo piano;  2) se sia abbastanza forte da implementare una qualsiasi cosa ritenga necessaria.

Con il suo partito al disotto della soglia del 30%, è chiaro che questo responso non era un mandato a favore di Zelenski, quanto piuttosto un voto di protesta contro Poroshenko. È alta la probabilità che Zelensky non sarà in grado di formare un governo con maggioranza stabile e duraturain grado di sopravvivere almeno una anno, se la sua elezione si rivelerà, non una rivoluzione politica, quanto piuttosto un capriccio anti-Poroshenko da parte dell’elettorato Ucraino. Speriamo nel primo caso; dato però il profondo legame degli Stati Uniti con Poroshenko e Yulia Tymoshenko, scommetterei, sfortunatamente, su l’ultima opzione.

Quindi, i prossimi passi saranno importanti. E i problemi che dovrà affrontare sono seri: Dal Donbass, con il quale ha sempre auspicato una riconciliazione in contrasto con la bellicosità di Poroshenko, per finire con la Crimea. Zelensky dovrà affrontare un’enorme pressione politica nel risolvere questi problemi in modo realistico e pragmatico. Ciò significa riallacciare con la Russia legami distrutti da Poroshenko; legami che Zelensky afferma di voler ripristinare. La domanda da porsi è se Zelensky sia consapevole che gran parte del voto anti-Poroshenko è legato al rapporto Russia-Ucraina e quindi di conseguenza si renda cnto di quanto debole sia la sua posizione da presidente. Tutto ciò significa che avrà bisogno di guardare verso sud-est, in Pakistan, dove un uomo fuori dagli schemi tradizionali e presunto neofita politico, Imran Khan, sta affrontando problematiche equivalenti ad quelle di un campo minato in politica e geopolitica. Khan sta cercando di unire le armate civili e quelle militari pakistane sotto la guida di una unica entità; di conseguenza tutti sotto lo stesso ombrello amministrativo. Non è un compito da poco. Finora Khan si è comportato bene. Ha siglato accordi sia con l’Arabia Saudita per l’energia che con l’Iran sulla sicurezza delle frontiere / terrorismo. È sopravvissuto fino ad ora a provocazioni incendiarie con l’India e con l’Iran; operazioni cronometrate di depistaggio mirate a creare il massimo caos e a paralizzare il suo governo comprese le eventuali riforme che sta cercando di attuare.

In breve, Zelensky dovrà elevarsi a vero leader. Questo significherà parlare con Putin. Significherà rinunciare a qualcosa per mettere sotto scacco gli avvoltoi occidentali, sia negli Stati Uniti che in Europa. E ha bisogno di farlo in un modo che sia antitetico a quello di Poroshenko. Se Zelensky desidera sopravvivere politicamente e portare l’Ucraina fuori dal caos in cui si trova, dovrà rendersi conto che il riavvicinamento con la Russia è la strada da seguire.

Significa avere il coraggio di non fare richieste irragionevoli a Putin. Poroshenko ha trascorso l’ultimo anno della sua presidenza seminando trappole dietro di sé , trappole poste per chiunque gli sarebbe succeduto. Due di queste, le più evidenti sono: rompere il trattato di amicizia e attaccare il ponte sullo stretto di Kerch. Zelensky deve fermare le  operazioni militari nel Mare di Azov e accettare la responsabilità dell’incidente in cambio della liberazione dei marinai che la Russia detiene.

È inoltre necessario porre fine al bombardamento del Donbass, disimpegnarsi dalle linee di contatto e ritirarsi in linea con il trattato Minsk; smettere di mentire sulla reale situazione bellica. Questo farebbe già molto per stabilire una base di partenza per ridare un senso di fiducia a un rapporto seriamente compromesso. Ed è un passo facile da fare: Gli Ucraini, al di fuori della folle diaspora americana, lo desiderano fortemente. Non è rimasto neanche molto tempo perché il 2019 sta scivolando via e molti problemi rimangono irrisolti. Putin, la scorsa settimana, ha inasprito il blocco delle esportazioni di carbone e petrolio in Ucraina, collocando il paese in una posizione molto vulnerabile nel prossimo inverno. In aggiunta dalla fine di quest’anno scade l’accordo sul trasporto di gas.

Zelensky non manca di qualche asso nella manica da usare contro l’UE. Una UE che ha trascinato i piedi sulle approvazioni finali del gasdotto Nordstream 2. Questo è un momento cruciale: Gazprom e la Russia sono impegnate a fondo per il progetto, ormai quasi completo, ma l’UE sta cercando di lasciarlo incompiuto per infliggere il massimo danno alla Russia.

L’economia ucraina sta collassando. La produzione di carbone è in calo dell’8% su base annua. Putin lo sa e può stringere Zelensky in una morsa mortale.

Angela Merkel non ha fatto mistero di quanto sia importante il transito del gas attraverso l’Ucraina per convincere l’UE a cambiare le sue politiche nei confronti della Russia. E Vladimir Putin non parteciperà a negoziati su nuovi accordi finché l’Ucraina non cambierà linea.

Quindi, tutti questi eventi concomitanti stanno arrivando al culmine nei prossimi due mesi. Nel frattempo, tra un mese, ci saranno le elezioni parlamentari europee che potrebbero facilmente cambiare l’intera dinamica politica dell’Unione europea.

Gli euroscettici come Matteo Salvini potrebbero finalmente spingere per la fine delle sanzioni contro la Russia se Putin e Zelensky seppellissero l’ascia di guerra su alcune delle problematiche lasciate in eredità da Poroshenko. Il ritorno dei marinai Ucraini potrebbe far venir meno la ragione delle ultime sanzioni. Ritirare l’esercito ucraino dalla linea di contatto in conformità con l’ormai simbolico accordo di Minsk II potrebbe sciogliere la resistenza dell’UE alla revoca delle sanzioni.

Infine, il compimento di queste cose, aprirebbe la strada a un contratto di transito del gas tra Gazprom e Naftogaz che finirebbe per aggirare l’opposizione a Nordstream 2, in tanto che la Merkel spinge la Germania e la Danimarca a convalidare i permessi finali.

Ci sono ancora tanti punti interrogativi, lo so, ma questa è la strada che si apre di fronte a Zelensky se è seriamente intenzionato ad apportare sostanziali cambiamenti alla dinamica politica in Europa orientale. Il danno incalcolabile che è stato fatto alla regione per cinici obiettivi geopolitici non potrà essere annullato, ma può essere bloccato

 

https://www.strategic-culture.org/news/2019/04/25/poroshenko-out-zelensky-in-will-things-change-in-ukraine/

 

Poroshenko Out, Zelensky In. Will Things Change in Ukraine?