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Stella Assange: “combatteremo su questo”, di Joe Lauria
Il caso Assange è un raro condensato, un vero e proprio buco nero, di arbitrio, di tronfia arroganza, di ineluttabilità, di meschinità, di terribile esemplarità di esercizio di un potere politico. Assange non è cittadino statunitense, non vive nè risiede negli Stati Uniti; da buon giornalista ha raccolto informazioni riservate da militari statunitensi in servizio e le ha diffuse assieme ad uno staff raccolto intorno alla sua persona. Una valanga di centinaia di migliaia di documenti, mai contestati nella loro autenticità, che hanno consentito di smascherare, tra le tante miserie di tanti politici di rango nel mondo, la montatura pretestuosa tesa a giustificare la guerra in Iraq e il coinvolgimento dei Clinton nella montatura dello scandalo del Russiagate. La piovra statunitense è riuscita a coinvolgere la “civile” e “neutrale” Svezia, la fedele Gran Bretagna, il bananiero Equador pur di perseguitare e sequestrare chi ha il merito di aver messo a nudo le magagne e le porcherie dei centri decisori americani e dei tanti accoliti sparsi nel mondo. In attesa dell’agognato epilogo, hanno cercato di ridurlo ad una larva umana. Si è arrivati al paradosso apparente di aver graziato i militari, autori materiali delle “soffiate”, ma di condannare al supplizio e a morte certa chi le ha rese pubbliche. Una vera e propria porcheria, artatamente ostentata. I sistemi mediatici, ognuno a casa propria, avrebbero dovuto raccogliere come manna dal cielo tutte quelle informazioni e invece sono stati nella quasi totalità complici della macchinazione e della omertà. Per qualche tempo si era sperato, a suo tempo, nella grazia di Trump, risaputamente ben disposto nei suoi confronti. Non conosciamo i motivi della sua omissione, ma possiamo immaginarli. Forse è dipeso anche da una valutazione di inefficacia dell’eventuale provvedimento, vista l’azione giudiziaria ancora in corso. Non è detta, però, ancora l’ultima parola. E’ una di quelle battaglie che bisognerebbe condurre ad ogni costo anche oltre l’eventuale esito infausto. Una cosa è certa: la sua vicenda rivela a cosa si sono ridotti il sistema liberaldemocratico e i suoi simulacri di libertà, proprio nel momento in cui, in nome di essa si sta spingendo al disastro politico-militare e al dissesto socio-economico il proprio “mondo libero” per colpire il nemico, cosiddetto autocrate. Buona lettura, Giuseppe Germinario
“Utilizzeremo ogni via di appello”, ha detto Stella Assange in una conferenza stampa a Londra venerdì.
La moglie di Julian Assange e uno dei suoi avvocati venerdì hanno promesso di contrastare la decisione del ministro dell’Interno britannico Priti Patel di firmare un ordine di estradizione all’inizio della giornata inviando l’ editore di WikiLeaks incarcerato Julian Assange negli Stati Uniti per essere processato con l’accusa di spionaggio e intrusione di computer .
“Questo è il risultato di cui ci siamo preoccupati nell’ultimo decennio”, ha detto l’avvocato di Assange Jennifer Robinson in una conferenza stampa a Londra. “Questa decisione è una grave minaccia alla libertà di parola, non solo per Julian, ma per ogni giornalista, editore e lavoratore dei media”.
Ha detto che ha rischiato fino a 175 anni in una prigione degli Stati Uniti per aver pubblicato materiale per il quale ha vinto numerosi premi della stampa e una nomination per il Premio Nobel per la pace. “Questo dovrebbe scioccare tutti”, ha detto.
“Non siamo alla fine della strada, lo combatteremo”, ha detto in conferenza stampa Stella Assange, la moglie dell’editore. “Passeremo ogni ora di veglia a combattere per Julian finché non sarà libero, finché non sarà fatta giustizia”.
Ha detto alla stampa: “Sono sicura che capisci le implicazioni estremamente gravi che questo ha per tutti voi e per i diritti umani”.
Tim Dawson dell’Unione nazionale dei giornalisti ha dichiarato alla conferenza stampa: “Vale la pena pensare a quale sia questa minaccia dalla posizione di un singolo giornalista. Qualsiasi giornalista in questa stanza” che ha pubblicato materiale riservato “correrà lo stesso rischio”. Ha detto che i giornalisti ora devono chiedersi “vale la pena rischiare di andare in prigione per il resto della mia vita?”
Stella Assange ha detto di aver parlato con suo marito subito dopo che questi aveva appreso della decisione di Patel. “È molto difficile per lui vedere terze parti prendere decisioni di vita o di morte su di lui in base alla politica”, ha detto.
Assange è detenuto nella prigione di massima sicurezza di Belmarsh a Londra dal suo arresto nell’aprile 2019. È stato accusato ai sensi dell’Espionage Act per aver pubblicato informazioni veritiere sulla condotta del governo degli Stati Uniti. Stella Assange ha affermato che l’appello presentato all’Alta Corte “sta creando un precedente legale sulla portata della libertà di stampa in questo paese”.
Ha aggiunto: “Ciò che viene deciso all’Alta Corte sull’equivalenza tra l’Espionage Act e l’Official Secrets Act come opera in questo momento, riguarda tutti voi e i vostri colleghi. È uno di voi, che vi piaccia o no, perché è perseguito come uno di voi».
La decisione di Patel
Il ministro dell’Interno ha firmato l’ordinanza di estradizione venerdì mattina. Un portavoce del Ministero dell’Interno ha dichiarato:
“Il 17 giugno, a seguito dell’esame sia della magistratura che dell’alta corte, è stata ordinata l’estradizione del sig. Julian Assange negli Stati Uniti. Il sig. Assange conserva il normale diritto di 14 giorni di ricorso.
In questo caso, i tribunali del Regno Unito non hanno ritenuto che sarebbe oppressivo, ingiusto o un abuso di processo estradare il signor Assange.
Né hanno ritenuto che l’estradizione sarebbe incompatibile con i suoi diritti umani, compreso il suo diritto a un processo equo e alla libertà di espressione, e che mentre si trova negli Stati Uniti sarà trattato in modo appropriato, anche in relazione alla sua salute”.
“Era in potere di Priti Patel fare la cosa giusta. Invece sarà ricordata per sempre come complice degli Stati Uniti nella loro agenda per trasformare il giornalismo investigativo in un’impresa criminale”, ha detto WikiLeaks in reazione.
Prossimo processo di appello
Robinson ha detto che il team legale di Assange ha due settimane per presentare ricorso all’Alta Corte e gli Stati Uniti hanno 10 giorni per rispondere.
“Abbiamo ancora i nostri punti di appello incrociati, che includono l’argomento della libertà di parola, la sua incapacità di ottenere un processo equo negli Stati Uniti, la natura politica del reato …, l’abuso di processo in questo caso, incluso lo spionaggio su Julian e noi come suo team legale e una serie di altri punti che verranno sollevati “, ha detto Robinson. L’articolo 4 del trattato di estradizione USA-Regno Unito vieta l’estradizione per reati politici.
“Solleveremo i punti emersi dall’udienza di estradizione originale nel 2020 e, in modo cruciale, uno degli sviluppi più importanti è la rivelazione che la CIA ha complottato per assassinare Julian mentre era nell’ambasciata ecuadoriana, rapirlo e consegnarlo”, ha aggiunto Stella Assange. “Questo è noto alla segretaria degli interni, ma ha comunque firmato”.
Il complotto della CIA contro Assange è stato corroborato da funzionari statunitensi in un messaggio di Yahoo! Rapporto di notizie . Quindi il direttore della CIA Mike Pompeo non ha smentito il rapporto e ha invitato coloro che lo avevano fatto trapelare a essere perseguiti. Altri punti di appello potrebbero essere che un testimone chiave degli Stati Uniti sulle accuse di computer contro Assange ha ritrattato la sua testimonianza. E la salute di Assange è ulteriormente peggiorata quando ha subito un mini-ictus lo scorso ottobre.
Robinson ha affermato che il processo di appello in futuro potrebbe richiedere da sei mesi a un anno. “Se necessario, faremo ricorso alla Corte europea dei diritti dell’uomo”, ha affermato.
In un caso separato, martedì la corte europea ha bloccato l’ordine del ministro dell’Interno di far decollare un aereo a Londra con i richiedenti asilo ruandesi a causa dei pericoli che hanno dovuto affrontare al ritorno nel loro Paese. Consortium News ha chiesto a Stella Assange e Robinson se si sono sentiti incoraggiati dalla sfida della corte al ministro dell’Interno in quanto potrebbe prefigurare il blocco della Corte europea di un aereo che trasporta Assange negli Stati Uniti
“Il governo sta valutando la possibilità di ritirarsi dalla corte europea”, ha risposto Assange. In effetti, la Gran Bretagna ha affermato che potrebbe ritirarsi dal sistema della CEDU sulla scia della decisione sul Ruanda, una minaccia che ha già fatto.
“Sarebbe uno sviluppo incredibilmente preoccupante se il Regno Unito si ritirasse dalla Corte europea dei diritti umani”, ha affermato Robinson. “E ovviamente speriamo che se dobbiamo arrivare così lontano, alla corte europea, che prenda la decisione giusta, ovvero impedire la sua estradizione. Se il Regno Unito si ritirasse dal tribunale, sarebbe incredibilmente pericoloso per ogni cittadino di questo paese”.
Appelli ai governi degli Stati Uniti e dell’Australia
“Continuiamo a chiedere all’amministrazione Biden di abbandonare questo caso a causa della grave minaccia che rappresenta per la libertà di parola ovunque”, ha affermato Robinson. “E continuiamo a chiedere al governo australiano di agire per proteggere i suoi cittadini”.
Il governo australiano recentemente eletto ha rilasciato una dichiarazione venerdì in cui afferma che il caso di Assange si è “trascinato troppo a lungo e che dovrebbe essere portato a termine”.
“Continueremo ad esprimere questo punto di vista ai governi del Regno Unito e degli Stati Uniti”, hanno affermato il ministro degli Esteri Penny Wong e il procuratore generale Mark Dreyfus nella dichiarazione. Non ci sono state ancora reazioni da parte di Washington.
“Chi è Mike Pompeo?”
“È molto difficile descrivere com’è per una famiglia”, ha detto Stella Assange. “La nostra determinazione è raddoppiata per ogni decisione presa, il che è una farsa”, ha detto ai media. “Voglio dire, non ho parole per esprimere com’è vedere il processo nel Regno Unito utilizzato come un modo per prolungare la sofferenza di Julian”.
Ha aggiunto: “Ho molto supporto da milioni di persone che vedono che questo è sbagliato e siamo stati offesi come famiglia”.
A Stella Assange è stato chiesto come farà a dire ai loro due figli che il padre non tornerà a casa presto. “Non vedo che senso abbia dirglielo”, ha risposto.
“Mi avvicino a questa situazione come se Julian fosse nel braccio della morte e risparmierò loro quella conoscenza”. Ha detto che “ne traggono il massimo” durante le visite di famiglia a Belmarsh. “Voglio che i loro ricordi del padre, di cui potrebbero avere solo pochi mesi rimasti, siano positivi e felici”.
Ha detto “l’altro giorno, il nostro figlio maggiore, che ha cinque anni, mi ha chiesto chi fosse Mike Pompeo perché mi aveva sentito dire qualcosa sul fatto che Mike Pompeo fosse una persona cattiva. Disse: ‘Chi è Mike Pompeo e dov’è?’ Come faccio a dire di non preoccuparti per Mike Pompeo?”
“Combatto ogni giorno per la vita di mio marito”, ha detto Stella Assange, aggiungendo:
“Dovrebbe essere libero e lo sanno tutti. Il processo viene utilizzato per nascondere le atrocità dalla storia. … Devono legarsi a nodi per consentire questa oltraggiosa estradizione. Penso che probabilmente sia stato estremamente difficile per loro elaborare una sorta di argomento semi-coerente. …
Il Regno Unito non dovrebbe essere perseguitato per conto di una potenza straniera in cerca di vendetta. Quella potenza straniera… ha commesso crimini che Julian ha messo alla luce del sole. Julian non ha fatto niente di male. Ha fatto tutto ciò che ogni giornalista che si rispetti dovrebbe fare quando gli viene data la prova di uno stato che commette crimini: lo pubblicano perché il loro dovere è verso il pubblico. E il dovere di Julian verso il pubblico lo ha portato in prigione.
L’ordine di estradizione è arrivato sulla scrivania di Patel dopo che la Corte Suprema del Regno Unito ha rifiutato di ascoltare l’appello di Assange contro una vittoria dell’Alta Corte per gli Stati Uniti.
Nel gennaio dello scorso anno, gli Stati Uniti avevano presentato ricorso contro la decisione di una magistratura di non estradare Assange perché sarebbe stato opprimente farlo in base alla salute di Assange e alle terribili condizioni di isolamento negli Stati Uniti. L’Alta Corte ha deciso a favore degli Stati Uniti basandosi esclusivamente sulle “assicurazioni” diplomatiche condizionate di Washington che avrebbero trattato Assange con umanità.
Robinson ha detto venerdì che quelle assicurazioni sarebbero state appellate alla corte europea dopo che la Corte Suprema si era rifiutata di esaminare il caso.
Joe Lauria è redattore capo di Consortium News ed ex corrispondente delle Nazioni Unite per il Wall Street Journal, il Boston Globe e numerosi altri giornali, tra cui The Montreal Gazette e The Star of Johannesburg. E’ stato un giornalista investigativo per il Sunday Times di Londra, un giornalista finanziario per Bloomberg News e ha iniziato il suo lavoro professionale come 19enne stringer per il New York Times. Può essere raggiunto a joelauria@consortiumnews.com e seguire su Twitter @unjoe
https://consortiumnews.com/2022/06/17/stella-assange-we-are-going-to-fight-this/
Jacques Baud, Il punto sulla situazione ucraina al 2 giugno
Va ricordato che l’offensiva russa lanciata il 24 febbraio ha seguito abbastanza fedelmente la dottrina militare russa. La fase 1 è stata articolata attorno a una linea principale di sforzo in direzione del Donbass, da una coalizione composta da forze russe, forze delle Repubbliche popolari di Donetsk (DPR) e Lugansk (LPR), e una linea di sforzo secondaria in direzione di kyiv, ingaggiando le forze russe. Logicamente, gli obiettivi dichiarati da Vladimir Putin, ovvero la “smilitarizzazione” e la “denazificazione” della minaccia al Donbass, si collocano nell’asse principale dello sforzo. Il
La “smilitarizzazione” riguarda le forze ucraine che erano state raggruppate nel Donbass per l’offensiva contro DPR e LPR. La “denazificazione” ha preso di mira principalmente le forze paramilitari dislocate a Mariupol.
I dati forniti dal Pentagono mostrano che la Russia ha lanciato la sua offensiva con circa 80 gruppi di battaglioni (BTG), per un totale di 65.000-80.000 soldati. A questi si aggiungono le milizie RPD e RPL. Considerando che le forze ucraine avevano in questo momento 200.000-250.000 uomini, vediamo che i russi hanno attaccato con una forza complessiva da 3 a 4 volte inferiore. Nel Donbass, l’equilibrio di potere può essere stimato da 1 (coalizione) a 2 (forze ucraine).
Ciò sembra contraddire le regole della strategia russa.Ma Solo in apparenza. La dottrina militare russa è divisa in tre componenti principali: tattica (taktika), arte operativa (operativnoe iskoustvo) e strategia (strategiya). L’arte operativa non è un tipo di operazione (come hanno affermato alcuni esperti) ma un quadro in cui sono concepite le operazioni militari. Secondo l’Enciclopedia militare russa, questo è il livello di creatività.
I russi sono maestri nell’arte operativa. Per attaccare una forza con mezzi di numero inferiore, creano superiorità locali. Manovrano le loro truppe in modo da ottenere superiorità limitate nel tempo e nello spazio, sufficienti per trarne vantaggio, prima di muovere nuovamente truppe per creare un’altra superiorità locale in un altro settore.
Il 24 febbraio, per sopraffare la difesa ucraina, i russi hanno utilizzato un vecchio concetto immaginato negli anni ’20 e ampiamente utilizzato durante la seconda guerra mondiale: il gruppo di manovra (OGM). Spesso confuso con il concetto
“dell’arte operativa”, l’OGM è una forza ad hoc, molto mobile, che spinge nella profondità del dispositivo nemico secondo il principio dell’“acqua che scorre”. I punti di forza ucraini e le principali località vengono aggirati senza un vero combattimento. L’OGM infatti non mira a distruggere l’avversario, ma a conquistare posizioni favorevoli per ulteriori operazioni.
Per creare superiorità locali, è necessario portare una forza sufficiente nel settore desiderato, impedendo che l’avversario venga a rinforzare il suo dispositivo. Questo è il ruolo di “Shaping Operations” (Shaping Operations nella terminologia americana). Il loro scopo è attrarre o fissare forze nemiche in determinati settori per lasciare il campo libero alle “operazioni decisive”, cioè quelle che consentono il raggiungimento degli obiettivi.
Durante la Fase 1, la coalizione russa ha iniziato la sua operazione decisiva nel Donbass mentre le operazioni di modellamento sono state effettuate nell’area di kyiv e Zaporozhye. Il 28 marzo, con l’accerchiamento dell’ultima piazza dei neonazisti ad Azovstal, questo obiettivo è stato considerato raggiunto e rimosso dalla lista degli obiettivi russi secondo il Financial Times.
Questo è ciò che ha permesso al comando russo di passare alla Fase 2: ha potuto ritirare le forze da Mariupol e concentrare i suoi sforzi sull’obiettivo della smilitarizzazione nel Donbass. Essendo ora in grado di raggiungere la superiorità nella sua decisiva area di operazione, il comando russo ha deciso di ritirare le truppe dal settore di kyiv per rafforzare la sua posizione nel sud del paese. La Russia ne ha approfittato per far passare questo movimento operativo come un gesto di buona volontà nel quadro dei negoziati di Istanbul.
Contrariamente alle dichiarazioni degli “esperti” sui nostri televisori – che ci assicuravano che Vladimir Putin stava cercando di impadronirsi di kiev, poi affermavano che i russi avevano “perso la battaglia di kyiv” – la coalizione russa non ha mai cercato di impossessarsi di kyiv. Inoltre, secondo i dati del Pentagono, i russi avrebbero schierato in questo settore solo circa 20.000-25.000 uomini. Tuttavia, in confronto, si stima che abbiano schierato circa 40.000 uomini per prendere Mariupol, una città notevolmente più piccola.
Nelle operazioni di “rosicchiamento” della Fase 2, il tasso di avanzamento delle forze russe è rallentato. Ciò è dovuto a tre fattori principali.
– In primo luogo, si tratta di affrontare i punti di appoggio che gli OGM avevano inizialmente aggirato. I russi si aspettavano quindi chiaramente un cambiamento nel ritmo delle operazioni.
– In secondo luogo, questi punti di appoggio sono generalmente costituiti da reti di trincee o località, dove i difensori sono difficili da rimuovere. A differenza degli occidentali in Afghanistan, Iraq o Siria, che hanno affrontato un avversario determinato e privo di armi pesanti, la coalizione russa sta combattendo contro un avversario di natura equivalente.
– Terzo, gran parte dei combattimenti è condotta da truppe RPD e LPR, che provengono dalla regione, che hanno conoscenti o parenti nella zona di combattimento e che, contrariamente a quanto affermano i nostri media, cercano di evitare di causare vittime tra i civili .
È probabile che la velocità di avanzamento della coalizione abbia deluso le aspettative di alcuni russi. La narrativa occidentale di una Blitzkrieg (“guerra lampo”) fuorvia al fine di creare queste aspettative e quindi rivendicare l’incapacità russa. In questo spirito le dichiarazioni che la Russia “volesse prendere Kiev” “in due giorni” e “finire la guerra entro il 9 maggio” erano solo disinformazione per “dimostrare” le carenze russe.
Pertanto, questo rallentamento non corrisponde a un calo delle capacità operative, ma alla natura dei combattimenti che è cambiata e che era stata pianificata. Resta il fatto che la guerra ha i suoi capricci e le truppe ucraine stanno combattendo valorosamente nonostante l’incapacità del loro comando di sostenerle.
La maggior parte delle forze ucraine si trova nel Donbass, intrappolato nella morsa creata dalle forze russe dall’inizio di marzo 2022. Sebbene l’esercito ucraino stia combattendo coraggiosamente a livello tattico, ci sono punti deboli nel modo in cui la sua leadership conduce le sue operazioni..
In primo luogo, addestrato da soldati della NATO la cui unica esperienza operativa è l’Iraq o l’Afghanistan, il personale ucraino – come nel 2014 – è incapace di svolgere operazioni dinamiche. La capacità delle truppe di resistere alle forze della coalizione russa deriva dalla loro preparazione del terreno più che dalla loro capacità di manovra. La relativa efficacia della difesa ucraina deriva principalmente dalla qualità delle loro reti di trincea, che ricordano quelle di Verdun.
In secondo luogo, l’azione delle forze ucraine sembra essere determinata più dalla politica che dalle realtà sul campo. Alcune decisioni sembrano essere prese contro il parere del personale. Questo è il caso dell’ordine di “tenere duro” a tutti i costi. Una situazione che ricorda – anche qui – la prima guerra mondiale. Sembra che la strategia del governo ucraino sia più in campo politico che in campo operativo.
Terzo, le perdite ucraine sembrano impressionanti. Volodymyr Zelensky riconosce vittime di 60-100 uomini al giorno, che sembra molto al di sotto realtà. Perché l’obiettivo di tenere a tutti i costi il Donbass comporta perdite significative, che sembrano essere confermate dai social network. Il comando ucraino ha dovuto inviare 7 brigate di difesa territoriale (Teroboronets), progettate per svolgere compiti di difesa locale, per rafforzare le formazioni di combattimento nell’est del Paese.
Mal preparate, queste truppe diventano facili bersagli per la coalizione russa e il loro tasso di vittime sembra essere enorme. Un media americano vicino al Partito Democratico stima queste perdite al 65% della forza combattente. Per fare un confronto, una formazione è considerata inadatta al combattimento dopo perdite del 15-25%. Iniettati senza una reale preparazione nelle zone di combattimento, i Teroboronetsi vengono decimati al loro arrivo. Questa situazione ha provocato manifestazioni di donne in tutto il nord del Paese, inclusa kiev, che i nostri media ovviamente non riportano.
Ricordiamo qui che l’obiettivo della Russia non è quello di impadronirsi del territorio, ma di distruggere la minaccia militare al Donbass. Gli occidentali sono stati un cattivo consiglio qui. Il comando ucraino sarebbe stato senz’altro meglio consigliato di non aggrapparsi a posizioni insostenibili; ritirare le sue truppe, che inevitabilmente sarebbero state distrutte, su una linea di difesa poco più arretrata, per ricostituire una vera capacità controffensiva. In altre parole, invece di costituire una forza robusta nel nord e nell’ovest del Paese, l’Ucraina invia le sue truppe per essere annientata in situazioni già disperate. A livello tattico, i soldati ucraini rendono la vita difficile ai russi, ma a livello operativo, il personale ucraino rende loro la vita più facile…
Da metà maggio 2022, la resa spettacolare di 1.000 combattenti della 36a Brigata di fanteria marina, poi di circa 2.500 paramilitari del reggimento Azov trincerati nel sito Azovstal a Mariupol, ha gravemente minato l’immagine della determinazione nei confronti dell’aggressore russo. Fu seguito da una pioggia di ammutinamenti di unità ucraine nel Donbass. Incapace di rifornire regolarmente queste truppe, di dar loro il cambio, di rifornirle di munizioni nonostante le promesse fatte, il comando ucraino perse la fiducia dei suoi uomini. Aumentano le testimonianze e i video delle truppe ucraine che si rifiutano di continuare il combattimento per la mancanza di supporto logistico, come ricorda il colonnello Markus Reisner dell’Accademia militare di Vienna nella sua presentazione sulla situazione del Donbass.
La fragilità della volontà di difesa ucraina non si riflette ovviamente nei nostri media mainstream, che sembrano rammaricarsi del fatto che questi ucraini non combattano fino alla morte. Sono sulla stessa linea dei volontari del movimento Azov, che minacciano Zelensky per aver permesso la resa di Mariupol.
Questa situazione crea tensioni che – secondo alcuni analisti – potrebbero portare a un duro colpo contro Zelensky. Non ci sono prove concrete per confermare questa ipotesi in questa fase, ma sembra che le autorità ne siano preoccupate. Continuano le eliminazioni degli oppositori e le nuove leggi puniscono severamente le opinioni che non supportano le opinioni del governo. A differenza della Russia, che ha bandito
gruppi e movimenti di opposizione sulla base dei loro finanziamenti esteri, la legge ucraina si applica sulla base della natura delle opinioni. Così, tra i partiti presi di mira c’è il partito Nachi, dell’oligarca Yevhen Muraiev, che è soggetto alle sanzioni russe.
Perché l’ordine di “tenere duro” a tutti i costi ha contribuito notevolmente a erodere la fiducia dell’esercito ucraino. Questo spiega la proposta di legge nella Verkhovna Rada per autorizzare gli ufficiali ad abbattere i loro soldati che tentano di disertare. Nel 2015, di fronte allo stesso problema, il parlamento ucraino aveva già adottato una legge del genere. Ma nel 2022, l’indignazione sui social media e i timori che avrebbe influenzato il sostegno occidentale hanno portato al ritiro del progetto. Questo potrebbe essere visto come un’illustrazione del carattere esemplare dello Stato di diritto e della democrazia in Ucraina, ma in realtà questo ritiro si spiega anche con il fatto che la legislazione in vigore consente già a un ufficiale di abbattere i suoi uomini in determinate circostanze …
Resta il fatto che l’immagine di un popolo determinato a combattere è una farsa. È molto probabile che questa determinazione esista nella parte nord-occidentale del paese. Al sud, invece, dove raramente si avventurano i giornalisti, la situazione sembra più sfumata. La popolazione è in gran parte di lingua russa o ha legami con la Russia. Gli abusi commessi dai paramilitari tra Odessa e Kharkov dal 2014 al 2015 hanno lasciato profonde cicatrici, anche se i Paesi occidentali hanno chiuso un occhio. Secondo un soldato ucraino intervistato dalla BBC a Lissitchansk, “il 30% è filo-ucraino, il 30% è filo-russo e il 40% non se ne cura” e la maggior parte dei filo-ucraini se ne sono andati. In altre parole, la volontà di resistere alla coalizione russa in questo settore è probabilmente debole.
L’esercito ucraino sta probabilmente combattendo per l’integrità territoriale del loro paese, ma non proprio per “una nazione”. Gli sforzi dei governi ucraini per differenziare i diritti dei gruppi etnici (legge sulle popolazioni indigene) e la definizione delle lingue ufficiali, solo per citarne alcuni, non danno l’immagine di uno Stato che cerca di unire la sua popolazione in un’unica nazione. Mentre gli abusi contro la popolazione di lingua russa sono i più noti, quelli che colpiscono la popolazione magiara e di lingua rumena spiegano ampiamente la riluttanza dell’Ungheria e della Romania a fornire armi all’Ucraina. La popolazione di Mariupol è di lingua russa e gli abusi subiti dal 2014 hanno fatto percepire gli ucraini – a torto oa ragione – come occupanti e i russi come liberatori.
Per questo non c’è movimento di resistenza nelle aree occupate dai russi, come abbiamo visto in Afghanistan e Iraq contro l’Occidente.
Inoltre, mentre gli ucraini maltrattano i loro prigionieri di guerra russi (senza disturbare i nostri media), il modo in cui i russi trattano i loro è noto nelle file dell’esercito ucraino, come notato dai media russi Readovka (condannato dal governo russo) . Questo aiuta a incoraggiare gli ucraini a deporre le armi. L’Occidente non sembra molto desideroso di svolgere indagini internazionali e imparziali su crimini come Boutcha e di limitarsi ad assistere gli ucraini. Questa non è una garanzia di imparzialità e funziona piuttosto contro il governo di kyiv, nonostante le accuse contro la Russia.
Continua il trend avviato da marzo 2022: la Russia sta gradualmente raggiungendo tutti i suoi obiettivi. La retorica di media senza scrupoli, come France 5 o RTS in Svizzera, che trasmettono sistematicamente le informazioni fornite dalla parte ucraina, ha avuto conseguenze perverse. Siamo più attaccati all’immagine romantica di una difesa eroica e disperata che al destino dell’Ucraina. Così, Claude Wild, ambasciatore svizzero a kyiv, ha dichiarato che “l’Ucraina ha vinto la battaglia per kiev ma nella battaglia per l’Ucraina, per il Donbass e per il sud del Paese, tutto è ancora aperto […] l’asimmetria è ancora totalmente a favore dei russi”.
Paradossalmente, è stata questa narrativa a distruggere l’Ucraina. L’illusione di un crollo della Russia con, come corollario, una vittoria ucraina, suggeriva l’inutilità di avviare un processo negoziale, ma al contrario di consegnare più armi.
Le iniziative di Zelensky per aprire un dialogo con la Russia sono state sistematicamente sabotate da Unione Europea, Regno Unito e Stati Uniti. Il 25 febbraio 2022, Zelensky ha lasciato intendere di essere pronto a negoziare con la Russia. Due giorni dopo, l’Unione Europea arriva con un pacchetto di armi da 450 milioni di euro per incitare l’Ucraina a combattere. A marzo stesso scenario: il 21 Zelensky fa un’offerta che va in direzione della Russia, due giorni dopo torna l’Ue con un secondo pacchetto da 500 milioni di euro per le armi. Il Regno Unito e gli Stati Uniti hanno quindi esercitato pressioni su Zelensky affinché ritirasse la sua offerta, bloccando così i negoziati di Istanbul.
Tuttavia, la realtà sul campo spinge l’esercito occidentale a essere più realistico. Il 24 marzo il generale Mark Milley, capo dello stato maggiore congiunto, aveva tentato di chiamare il generale Valeri Gerassimov, capo di stato maggiore russo,inutilmente . Il 13 maggio 2022, Lloyd Austin, Segretario alla Difesa degli Stati Uniti, ha chiamato il suo omologo russo, Sergei Shoigu, per chiedergli un cessate il fuoco. Questa è la prima volta che i due uomini si parlano dal 18 febbraio.
I soldati americani sono quindi esigenti: vedono arrivare il disastro per l’Ucraina e cercano di guadagnare tempo. Ma non hanno sufficiente credibilità perché i russi entrino nella questione. Questi ultimi sono in una dinamica per loro attualmente favorevole e le proposte dei militari americani non sembrano avere eco con la Segreteria di Stato. A questo punto, per convincere i russi servirebbero gesti concreti che nessuno è in grado o vuole compiere.
Non solo le sanzioni stanno lottando per avere un effetto concreto sull’economia russa, ma il loro impatto sulle nostre economie comincia a farsi sentire a livello politico. È il caso dell’Estonia, del Regno Unito, degli Stati Uniti e, in una certa misura, della Francia. Negli Stati Uniti, la prospettiva di medio termine spinge i repubblicani a mettere in discussione queste sanzioni che incidono sul potere d’acquisto, sul ruolo del dollaro e, più in generale, sull’economia americana.
Quanto all’economia russa, non sembra risentire delle sanzioni. Il quotidiano britannico The Guardian, feroce oppositore della Russia, deve notare che “la Russia sta vincendo la guerra economica”. L’inflazione che colpisce l’emisfero settentrionale è il risultato della giustapposizione di una flessione dell’offerta a seguito della crisi del CoViD e di un più difficile accesso alle materie prime a seguito delle sanzioni occidentali. Tuttavia, questa seconda causa non riguarda la Russia. Secondo i media Bloomberg, la Russia potrebbe avere un surplus commerciale di circa 285 miliardi di dollari nel 2022. Questo surplus però non deriva da un aumento della produzione di idrocarburi, ma essenzialmente dall’aumento dei prezzi causato dalle sanzioni europee. Quindi, secondo The Guardian, la Russia avrebbe ricevuto un surplus commerciale di 96 miliardi di dollari durante i primi quattro mesi del 2022.
Il problema è che fino a quel momento l’Occidente aveva applicato sanzioni solo ai paesi da cui dipendevano poco, il che ovviamente non è il caso della Russia. Inoltre, gli “esperti” di France 5, RTS o BFM TV, che hanno paragonato l’economia russa a quella italiana o spagnola, hanno deliberatamente liquidato un fattore essenziale: la Russia era una delle meno indebitate al mondo. In altre parole, praticamente non dipendeva dall’esterno. Per questo il rublo, di cui Bruno Lemaire ha annunciato il crollo a seguito delle sanzioni europee, sta facendo meglio che mai! È stata definita “la valuta con le migliori prestazioni dell’anno” dal media finanziario americano Bloomberg.
Quanto alle esportazioni di materie prime e cereali, contrariamente a quanto affermano i nostri media, non sono impedite dalla Russia, ma dalle sanzioni europee e… dall’Ucraina.
In teoria, il trasporto marittimo di grano e fertilizzanti non risente delle sanzioni americane. Ma in pratica, le aziende occidentali non si fidano delle decisioni occidentali che fluttuano irrazionalmente e sono riluttanti a ordinare. Inoltre, le sanzioni occidentali non solo limitano l’acquisto di grano dalla Russia colpendo i mezzi di pagamento, ma ne impediscono la consegna vietando alle compagnie assicurative (e riassicurative) di coprire le spedizioni russe.
Sono operativi i porti del Mar Nero sul versante russo, compreso quello di Mariupol che ha iniziato a riprendere le proprie attività. Quanto al porto di Odessa, non è bloccato dalla Russia, che – al contrario – ha lasciato aperti i corridoi di accesso per rifornire la città. Questi corridoi sono permanentemente aperti e le loro coordinate geografiche sono comunicate a intervalli regolari su frequenze internazionali.
Furono infatti gli ucraini che, temendo uno sbarco a Odessa, minarono loro stessi la costa con vecchie mine a fune. Queste mine, mal posizionate, tendono ad andare alla deriva, mettendo in pericolo tutta la navigazione marittima. La Marina turca ha dovuto disinnescare le mine che hanno raggiunto il Bosforo. Le accuse di un blocco russo sembrano mirare solo a giustificare un possibile intervento occidentale, come riportato dal Washington Post.
In queste condizioni, la domanda sussidiaria è perché l’Ucraina dovrebbe esportare la sua produzione via mare… Perché in effetti, il modo più economico per esportare il grano ucraino sarebbe il treno, attraverso la Bielorussia. A condizione, però, di riconsiderare le sanzioni che lo colpiscono!
Come per tutti gli altri aspetti del conflitto ucraino, i media e gli “esperti” cercano di presentarci Vladimir Putin come un individuo irrazionale. Secondo loro, l’impasse in cui si troverebbero le forze russe in Ucraina, potrebbe spingerlo a ingaggiare l’arma nucleare. All’inizio di maggio, poco dopo il lancio di prova di un missile russo RS-28 Sarmat, i nostri media hanno brandito (di nuovo) la minaccia di un uso irrazionale delle armi nucleari.
In realtà, quello che nessun media ha detto è che alla fine di aprile 2022 il presidente Joe Biden ha deciso un grande cambiamento nella politica nucleare americana abbandonando il principio del “non primo utilizzo” dell’arma nucleare. In altre parole, mentre gli Stati Uniti fino ad allora avevano considerato l’uso delle armi nucleari solo a scopo di deterrenza (politica del “Solo Scopo”), Biden ha approvato una politica “che lascia aperta la possibilità di utilizzare armi nucleari non solo per rappresaglia per un attacco nucleare, ma anche per rispondere a minacce non nucleari”. In altre parole, gli Stati Uniti si permettono in qualsiasi momento di usare armi nucleari.
La narrativa occidentale dell’annunciata sconfitta della Russia e della vittoriosa resistenza dell’Ucraina è l’argomento principale per incoraggiare l’invio di armi. Si ritiene che tutto ciò che serve sia “l’ultima piccola spinta” per ottenere la vittoria. Ma la realtà è meno romantica.
Prima di tutto, precisiamo che le armi fornite dagli Stati Uniti, sono soggette a una legge “Lend-Lease” adottata molto opportunamente il 19 gennaio 2022. In altre parole, le armi fornite dovranno essere pagate dall’Ucraina. A titolo indicativo, un tale meccanismo è stato istituito all’inizio della seconda guerra mondiale per finanziare l’armamento del Regno Unito e della Russia. Hanno finito di ripagare i loro debiti nel… 2006. E per il momento, non si tratta di cancellare il debito dell’Ucraina. Beneficenza ben organizzata…
In secondo luogo, le armi consegnate all’Ucraina non raggiungono i combattenti in prima linea. Diverse ragioni per questo.
– In primo luogo, parte di queste armi che arrivano in Polonia per essere poi inviate in Ucraina, vengono dirottate sul suolo europeo. Così i missili anticarro FGM-148 Javelin, che trasportano speranze occidentali contro le forze russe, vengono rivenduti sul darknet a 30.000 dollari ciascuno da elementi del governo ucraino.
– In secondo luogo, non esiste un vero e proprio meccanismo per la distribuzione di queste armi, le migliori delle quali vengono cedute a unità nell’ovest del Paese, a scapito dei combattenti al fronte.
– Terzo, le azioni ucraine stanno rapidamente cadendo nelle mani dei russi. Questi ultimi hanno così recuperato notevoli quantità di giavellotti che hanno consegnato alle milizie del Donbass, dove ora sono impiegati! Non sono gli unici. Così, alcuni elicotteri ucraini che cercavano di evacuare i caccia da Mariupol furono abbattuti dai missili antiaerei Stinger, forniti dagli americani…
In effetti, anche i servizi di intelligence americani non sanno dove esattamente le armi consegnate in Ucraina finiscano .Questa situazione allarma Juergen Stock, segretario generale dell’Interpol, che teme che queste armi vadano alle organizzazioni criminali. Tuttavia, ciò avviene con la complicità dei governi occidentali che sono riluttanti a mettere in atto tutele e meccanismi di verifica sull’uso di queste armi.
Per quanto riguarda la loro capacità di cambiare l’equilibrio di potere sul terreno, è discutibile. Prima di tutto, la loro quantità è lungi dal sostituire le centinaia di attrezzature ucraine simili che i russi hanno distrutto dal febbraio 2022. In secondo luogo, poiché sono diversi da quelli per i quali è stato formato l’esercito ucraino, rendono difficile standardizzare i metodi di apprendimento e richiedono una manutenzione differenziata. In altre parole, probabilmente causano perdite russe, ma rendono anche la gestione dei combattimenti più complicata per gli ucraini. I loro effetti positivi sono quindi tattici, ma i loro svantaggi sono di natura operativa. Tuttavia, come abbiamo visto, la debolezza ucraina è già a livello operativo. Questo problema è ovviamente evidente all’esercito ucraino, motivo per cui il governo sembra aver emanato una direttiva che vieta ai militari di criticare pubblicamente le attrezzature consegnate dagli occidentali!
Per alcuni, la crisi ucraina ha rafforzato l’unità europea, il collegamento transatlantico e l’importanza della NATO. Le sanzioni sono state applicate all’unanimità nell’euforia e nella prospettiva di un rapido collasso della Russia.
Ma la Russia non è crollata e le sanzioni stanno iniziando ad avere effetti perversi sui paesi occidentali, che non possono più fare marcia indietro senza perdere la faccia. L’unità europea è solo una facciata che l’inflazione creata dalle sanzioni potrebbe rompere ulteriormente nei prossimi mesi. Negli Stati Uniti e In Europa, i commentatori stanno iniziando a mettere in discussione la gestione della crisi e l’allineamento con Washington, che sembra essere stata totalmente sopraffatta dagli eventi. Per quanto riguarda la NATO, la reazione della Turchia alle candidature di Svezia e Finlandia evidenzia due cose.
Prima di tutto, l’incredibile dilettantismo dei leader svedesi e finlandesi che hanno totalmente trascurato di consultare i vari membri dell’Alleanza – e la Turchia in primo luogo – per sondare il loro sostegno. All’inizio degli anni ’90, quando la Svizzera si chiedeva di aderire al partenariato per la pace (PfP) della NATO, una delle nostre prime visite è stata a Mosca, al fine di sondare la loro percezione della neutralità svizzera in questa nuova situazione.
In secondo luogo, la leggerezza della lettura strategica dei paesi nordici, che tendono a credere di essere al centro delle preoccupazioni strategiche della Russia. La loro lettura potrebbe essere quella della Polonia, o anche della Germania. Ma per la Svezia in particolare, l’adesione alla NATO rappresenta un peggioramento della sua posizione strategica.
A differenza di coloro che annunciano perentoriamente da febbraio che la Russia sta cercando di conquistare l’Ucraina, il suo obiettivo finale non è realmente noto. Ci si può aspettare che le forze russe spingano fino alla Transnistria, come annunciato dal Ministero della Difesa russo. Così sarebbe più o meno ricostituita la Novorossiya che ha avuto un’esistenza molto effimera nel 2014. Ci stiamo muovendo verso una situazione in cui l’Ucraina e l’Occidente dovranno fare concessioni di cui non hanno ancora misurato l’importanza. L’idea che lo status della Crimea, del Donbass o persino dell’Ucraina meridionale possa ancora essere negoziabile è un’illusione. Questo era il messaggio di Henry Kissinger al World Economic Forum di Davos a maggio.
È molto probabile che se a Zelensky fosse stato permesso di negoziare come intendeva con la Russia fin dall’inizio dell’offensiva, l’Ucraina avrebbe potuto mantenere la maggior parte del sud sotto la sua sovranità. Oggi, la combinazione di implacabilità occidentale nel prolungare il conflitto e il rifiuto ucraino di impegnarsi in un processo negoziale mette la Russia in una posizione di forza. L’incapacità degli occidentali di giudicare razionalmente il loro avversario sembra portare l’Ucraina al disastro.
https://cf2r.org/documentation/le-point-sur-la-situation-militaire-en-ukraine-au-2-juin-2022/
“Molte questioni “woke” corrispondono all’agenda degli islamisti”, di Eugénie Boilait
FIGAROVOX/ INTRODUZIONE. – In uno studio per la Fondazione per l’Innovazione Politica, Lorenzo Vidino analizza il legame tra wokismo e islamismo. Gli islamisti usano la lotta alla discriminazione per diventare gli interlocutori privilegiati delle istituzioni occidentali, spiega.
I cinesi sono ora alla testa della locomotiva. E non hanno intenzione di perdere di nuovo, di Simone Pieranni
I cinesi sono ora alla testa della locomotiva. E non hanno intenzione di perdere di nuovo l’appuntamento con la storia.
Cos’è WeChat?
Dopo anni in cui la Cina ha imitato tutto ciò che è prodotto in Occidente, ora è l’Occidente che guarda alla Cina per nuove idee.
Mentre faccio colazione a casa, controllo WeChat per le notizie del giorno. Quindi esco e, attraversato l’ hutong (nome dato ai vecchi vicoli della capitale sopravvissuti ai tanti cambiamenti in atto in città) prenoto un taxi con WeChat per andare a un incontro in un bar in cinese quartiere dello shopping di elettronica della capitale. All’interno del bar, utilizzando il WeChat ID, metto in carica il mio smartphone in apposite cabine all’ingresso del locale, e incontro la persona con cui ho appuntamento. Poi prendo il mio smartphone e pago i miei consumi con WeChat. Ho fame. Non appena esco dal bar, cerco nell’app un ristorante mongolo nelle vicinanze, uno dei miei piccoli piaceri a Pechino. WeChat me ne mostra uno a poche centinaia di metri dalla mia posizione, all’interno di un centro commerciale. Quando arrivo, mi infilo in coda.
Nel frattempo compro online i biglietti del cinema per il giorno dopo, e pago a qualcuno quello che gli devo, sempre con WeChat. Dopo l’appuntamento esco e mi fermo davanti a un piccolo baracchino gestito da una coppia di cinesi del sud, compro i ravioli che pago con WeChat, grazie al QRcode appeso accanto alla porta che porta in cucina. Poi, con WeChat, prenoto un biglietto del treno per Shanghai e una stanza in hotel. Infine, vado a un evento in uno dei grattacieli Jianguomen, che si trovano su entrambi i lati della strada che porta a Piazza Tienanmen . L’invito mi è stato inviato da un amico tramite WeChat, mentre ero ancora in Italia: nella nostra chat, posso trovare il luogo del nostro incontro, il biglietto elettronico e la ricevuta di pagamento (che ho salvato apposta, sempre su WeChat – che ti aiuta anche a gestire i tuoi account). Arrivato sul posto, scannerizzo il QRcode e ricevo tutta la documentazione relativa all’evento (una conferenza sui rapporti tra Cina e Stati Uniti). Oltre alla documentazione, mi ritrovo automaticamente aggiunto ad una conversazione di gruppo con tutti i presenti (inserisco i contatti grazie ad una funzione speciale di WeChat, che rende più semplice la gestione di tutte queste informazioni).
Al termine della conferenza, cenerò con alcuni dei partecipanti. Improvvisamente, tutti i nostri occhi sono sugli schermi dei nostri cellulari: WeChat richiede un aggiornamento per le nostre informazioni. Ed eccoci qui: un intero tavolo impegnato nella loro migliore posa selfie per consentire a WeChat di aggiornare i propri dati biometrici. Alla fine della cena, WeChat divide il conto per noi. Sulla via del ritorno, ripenso al mio incontro mattutino: nel quartiere dei negozi di elettronica, nell’area delle start-up di intelligenza artificiale, ho incontrato un giovane manager cinese. Ad un certo punto della nostra conversazione, toccando l’ennesimo esempio di come WeChat fa risparmiare tempo e denaro (file in banca, uffici statali, cinema e molti altri luoghi), gli ho chiesto in cosa secondo lui si spendeva tutto quel tempo. “Probabilmente al cellulare,” rispose con un sorriso. In effetti, in un’intera giornata, non ho usato una volta un portafoglio, un’e-mail o un browser Internet. Quando trovo il mio computer a casa, appoggiato sul tavolo della cucina, per me è solo una semplice macchina da scrivere, ma meno rumorosa. Prima di addormentarmi, un’ultima cosa: ordino una tazza di tè (consuetudine di tutte le case cinesi) per il giorno dopo, ovviamente tramite WeChat . Tutto il giorno, non ho mai lasciato WeChat. E questo per un semplice motivo: in Cina lo smartphone è WeChat.
WeChat (“ Weixin ” in mandarino) è un’applicazione, una “super-app” come viene spesso definita, grazie alla quale in Cina, come mostra il corso della giornata appena descritto, è possibile fare di tutto. È diventata una presenza totalmente pervasiva nella vita quotidiana dei cinesi. Grazie alla sua massiccia diffusione, la super-app cinese ha iniziato a diventare interessante, per la quantità di dati che produce e contiene, non solo per il Partito Comunista Cinese (PCC), ma anche per Facebook, il social network più famoso. e più diffuso nel mondo occidentale. Secondo The Economist , non ci sarebbero dubbi: Facebook aspirerebbe a diventare la “WeChat of the West”. Zuckerberg, che parla un ottimo mandarino, e la cui moglie, Priscilla…Chan, nata da genitori di etnia Hoa, minoranza sino-vietnamita di lingua cantonese, non ha solo un interesse personale e culturale per la Cina.
Negli ultimi anni, infatti, ha visitato la Cina con una certa regolarità con uno scopo preciso: capire meglio come funziona l'”applicazione delle applicazioni”, ed estrarre da questo modello cinese vincente strategie e idee da applicare su Facebook (e altri social network di proprietà del gruppo Facebook, inclusi Instagram e WhatsApp). WeChat, infatti, segue un modello di business che permette di generare molti soldi, in modo più vario rispetto a quello di Facebook, e di monetizzare (e raccogliere) dati in modo molto più redditizio. Mark Zuckerberg è anche interessato ad alcuni aspetti di WeChat, come la messaggistica diretta, la gestione dei big datae, soprattutto, la possibilità di mantenere gli utenti in un “mondo” WeChat. Non è un caso che Zuckerberg, nel marzo 2019, abbia commentato l’articolo What Facebook Could Learn From WeChat , di Jessica E. Levin, pubblicato su Facebook nel 2015, scrivendo: “Se solo avessi ascoltato il tuo consiglio quattro anni fa…”.
L’interesse del più grande social network occidentale per WeChat mostra che siamo alla fine di un’avventura e sull’orlo di un nuovo mondo: dopo anni di imitazione da parte della Cina di tutto ciò che è stato prodotto in Occidente, ora è l’Occidente che guarda alla Cina per trovare nuove idee e nuovi usi per le sue “invenzioni”. La Cina ha ripreso il suo posto al centro di questo nuovo mondo, come suggerisce il nome, Zhongguo (中國) letteralmente un “paese di mezzo”.
Per i cinesi, questa non sarebbe una novità. Gli europei iniziarono a conoscere la Cina a partire dal II secolo aC, quando la seta iniziò ad affluire nei mercati dell’Asia centrale prima, poi di tutto il Mediterraneo, fino a far letteralmente impazzire i romani, innamorati di questo prezioso tessuto di una terra così lontana. È una storia ben ricordata dai cinesi: l’apertura di quelle rotte commerciali che sarebbero diventate famose come la “Via della Seta”, e poi sfociate nelle imprese di esploratori, geografi e archeologi, impegnati a depredare la ricchezza culturale delle attuali regioni dello Xinjiang e Gansu. A Pechino il mondo era allora diviso in due: da una parte i cinesi, dall’altra i “barbari”, cioè il resto del mondo, compresi gli europei. I primi gesuiti che riuscirono ad arrivare nell’Impero rimasero stupiti dal grado di sviluppo del paese. Nel 18° secolo, secondo Kant, la Cina era “l’impero più colto del mondo”.
Ma nel tempo questo luogo amministrato da mandarini, selezionati per concorso, finì per diventare terra di conquista dei “barbari”. Approfittando delle debolezze dell’impero cinese, incapace alla fine del XIX secolo di far fronte al progresso occidentale derivante dalla rivoluzione industriale, questi “barbari” si stabilirono nel cuore del potere cinese, espropriando il territorio della sua ricchezza e di intere regioni attraverso l’oppio, le armi, i sotterfugi e le infamie come i famosi “trattati ineguali”. La Cina è diventata la persona malata dell’Asia; ha attraversato la sua fase storica più umiliante. Nel profondo del cuore di ogni cinese, qualcosa di tutta questa storia è rimasto. Oggi i cinesi ripropongono le antiche Vie della Seta come simbolo dell’epoca che cambia a cui stiamo assistendo, dello spostamento da Ovest a Est del centro del potere economico e tecnologico: ora sono alla testa della locomotiva. E non hanno intenzione di perdere di nuovo l’appuntamento con la storia.
https://legrandcontinent.eu/fr/2020/07/07/wechat/
Tre uomini in treno, a cura di Giuseppe Germinario e di Claudio Martinotti Doria
Abbiamo appreso dai giornali della missione congiunta di Macron, Draghi e Scholz in treno verso Kiev. In questo sito abbiamo offerto una vasta testimonianza del dibattito e dei tormenti che stanno affliggendo le classi dirigenti e gli analisti statunitensi, russi e cinesi a proposito del conflitto ucraino. Esiste un angolo di mondo pervaso invece da certezze granitiche, pari solo alla scarsa consapevolezza riguardo all’inarrestabile declino cui sta scivolando. Gli unici coerenti, indefessi ed imperterriti nel proseguire a prescindere sulla loro linea di rigore morale, anche al prezzo di qualsiasi sacrificio se non proprio, delle proprie popolazioni, sono i nostri autorevoli statisti europei, nella quasi totalità. Dall’immagine l’allegra compagnia sembrerebbe in procinto di impegnarsi in un acceso confronto a briscola. La triade a capo della confraternita sembra in realtà essere stata colta da un sussulto di realismo. Pare che vogliano indurre Zelenski a più miti consigli. Ma delle due l’una:
- hanno sbagliato direzione. Avrebbero dovuto allungare il viaggio verso Mosca per poi solcare l’Atlantico su un boat-love, destinazione Washington, le due sedi di insediamento dei veri decisori dei destini dell’Ucraina
- sono stati in realtà mandati in avanscoperta da chi, comodamente insediato a Washington, come suo solito usa lanciare l’esca e nascondere la mano per concedersi ogni mano libera, anche nei confronti del proprio burattino a Kiev. Trattandosi di un pesce particolarmente grosso il pescatore ha appeso agli ami ben tre molluschi.
Staremo a vedere.
Nel frattempo abbiamo ricevuto da un volonteroso un dettagliato piano di pace che riflette la situazione sul campo, ma che sicuramente risulterà indigesto ad una parte dei commensali. Il buon esito dipenderà dall’afflizione da astinenza che perseguiterà sempre più uno dei due contendenti sul campo. Buona lettura, Giuseppe Germinario
Ipotesi di un piano di pace che ponga fine al conflitto in Ucraina, che un ministro degli Esteri italiano serio e competente e con una visione realistica e prospettica della situazione avrebbe potuto fornire alle parti in causa.
Di Claudio Martinotti Doria
Ci sarebbero molte premesse da fare prima di enucleare seppur sinteticamente i punti della proposta del piano di pace, ma non voglio ripetermi, le ho scritte già una miriade di volte nei miei articoli precedenti, per cui mi limiterò a ripetere solo l’essenziale in poche righe.
Se questo piano di pace non fosse accettato dalla leadership ucraina (e dai loro burattinai anglosassoni e occidentali in genere) il conflitto proseguirà a tempo indeterminato. La Russia può reggerlo senza problemi (l’Ucraina no, fra breve sarà allo stremo) e se ulteriormente provocata potrebbe esserci un’escalation che ridurrebbe le infrastrutture ucraine a ruderi, le forze armate ucraine collasseranno, la miseria e penuria saranno sempre più gravi e irrimediabili, i razionamenti non saranno sufficienti e i prezzi saliranno alle stelle, la popolazione si rivolterà, ci saranno sommosse e la guerra civile esploderebbe ovunque nel paese, non solo nelle regioni del sud-ovest (perché di guerra civile si tratta). Inoltre se questo piano di pace non fosse accettato la Russia proseguirebbe nell’Operazione Militare Speciale fino a ricongiungersi con la Transnistria togliendo ogni sbocco al mare all’Ucraina distruggendo quel poco di economia residua che gli rimane. Vorrei che questo fosse chiaro.
Ecco in sintesi il piano di pace per ottenere quantomeno un “cessate il fuoco”, prolungato e controllato.
1- L’Ucraina riconosce la Crimea come uno stato facente parte della Federazione Russa.
2- L’Ucraina riconosce la Repubblica Popolare di Doneck e di Lugansk, nella loro estensione territoriale dell’intero Donbass, come stati facenti parte della Federazione Russa.
3- L’Ucraina riconosce il diritto degli Oblast’ di Zaporižžja e di Cherson di aderire alla Federazione Russa se la maggioranza della popolazione manifestasse questo desiderio.
4- L’Ucraina concederà il riconoscimento di regione autonoma, dotata di piena autonomia, con un proprio statuto e un proprio governo ai seguenti oblast’:
– Odessa;
– Mykolaïv;
– Dnipropetrovs’k;
– Kharkiv;
– Poltava;
– Sumy
– Černihiv;
5- Gli oblast’ elencati al punto precedente dovranno essere interamente e permanentemente “smilitarizzati”, nessun insediamento di Forze Armate ucraine sarà consentito, potranno operare solo le Forze dell’Ordine, in numero adeguato e non eccessivo, armate solo per le funzioni di servizio istituzionale. Non dovranno esserci depositi di armi di alcun genere, nessuna milizia territoriale a scopi bellici.
6- Quanto contemplato al punto precedente si dovrà estendere a tutti i territori a ovest del fiume Dnepr negli oblast’ di Čerkasy e di Kiev.
7- Mai e per nessun motivo le Forze Armate ucraine dovranno oltrepassare il fiume Dnepr in nessun punto del suo percorso, che svolgerà il ruolo di confine naturale tra l’Ucraina Occidentale e le regioni autonome smilitarizzate.
8- L’Isola dei Serpenti nell’oblast di Odessa rimarrà sotto il controllo della Federazione Russa;
9- A garanzia del rispetto di questo piano di pace, se e quando verrà sottoscritto dalle parti, stanzieranno in posizione strategica a ovest del fiume Dnepr, in particolare negli oblast autonomi, Forze di Pace di paesi Nato non invisi alla Federazione Russa e di paesi non facenti parte della NATO ma su mandato dell’ONU, con la stessa condizione precedente di non essere invisi alla Federazione Russa.
Per maggiori dettagli il sottoscritto rimane a disposizione.
15 giugno 2022
Cav. Dottor Claudio Martinotti Doria, Via Roma 126, 15039 Ozzano Monferrato (AL), Unione delle Cinque Terre del Monferrato, Italy,
Email: claudio@gc-colibri.com – Blog: www.cavalieredimonferrato.it
Maria Zakharova: in Italia? Il totalitarismo liberale è evidente
Confronto USA o cooperazione cinese? Mentre l’Asia-Pacifico contempla la sua sicurezza futura, la scelta è ovvia
Mentre i capi della difesa di Stati Uniti e Cina si dirigono a Singapore per promuovere le loro strategie di sicurezza per l’Indo-Pacifico, i paesi della regione devono affrontare una scelta
Dato il loro desiderio di sviluppo e cooperazione, l’attenzione degli Stati Uniti sull’esclusività e la rivalità offre poco rispetto alla visione cinese della comprensione reciproca
Complessi cambiamenti stanno avvenendo nella sfera della sicurezza internazionale. Disordini civili in Africa e problemi regionali in Medio Oriente stanno emergendo uno dopo l’altro, mentre la guerra Russia-Ucraina mette l’Europa nell’occhio del ciclone, anche se solo pochi mesi fa molti pensavano che la guerra fosse lontana dall’Europa.
In confronto, l’Asia-Pacifico, nonostante alcune incertezze, ha mantenuto la pace e la stabilità generali, con lo sviluppo e la cooperazione che rimangono l’obiettivo principale.
Tuttavia, nel contesto dell’accelerazione delle tensioni tra le grandi potenze e della mancanza di fiducia reciproca strategica, molti sono preoccupati per quanto tempo possano durare questa pace e stabilità e lo slancio positivo che favorisce lo sviluppo.
Il Dialogo Shangri-La si terrà a Singapore questo fine settimana, tornando dopo tre anni, e la questione di come mantenere la pace e la sicurezza nell’Asia-Pacifico tornerà sotto i riflettori. Sia il ministro della Difesa cinese che il segretario alla Difesa americano parteciperanno all’incontro, che è destinato ad attirare l’attenzione di alto livello.
Il Segretario alla Difesa degli Stati Uniti Lloyd Austin dovrebbe tenere un importante discorso sulla politica di difesa degli Stati Uniti nell’Indo-Pacifico, mentre il Consigliere di Stato cinese e Ministro della Difesa Nazionale, il generale Wei Fenghe, parlerà della visione della Cina per l’ordine regionale nell’Asia-Pacifico.
Di recente abbiamo assistito a molti sviluppi sulla strategia indo-pacifica da parte dell’amministrazione Biden. Il 12 febbraio, la Casa Bianca ha emesso la sua tanto attesa strategia indo-pacifica. Ulteriori annunci – la “Dichiarazione congiunta dei leader USA-ROK”, “Dichiarazione dei leader congiunti USA-Giappone” e “Dichiarazione dei leader congiunti quad” – sono stati fatti durante la visita del presidente Joe Biden nel nord-est asiatico dal 21 al 24 maggio.
Il 26 maggio, il segretario di Stato americano Antony Blinken ha tenuto un discorso alla George Washington University, delineando l’approccio dell’amministrazione alla Cina. È molto probabile che il segretario Austin esponga in modo completo la parte militare della strategia indo-pacifica degli Stati Uniti a Singapore.
Sebbene sia ancora in via di formazione, la strategia ha già una struttura chiara. Con la premessa che la Cina sia concorrente strategica degli Stati Uniti, è composta da tre pilastri.
Il primo è rafforzare le alleanze. Sulla base delle loro alleanze militari bilaterali con Giappone, Corea del Sud, Australia, Filippine e Thailandia, gli Stati Uniti sono ora concentrati su Quad e Auku. Sta anche tentando di espandere la Nato nell’Asia-Pacifico.
Il secondo è promuovere l’Indo-Pacific Economic Framework (IPEF). Nato dagli Stati Uniti, con altri 12 Stati membri fondatori, l’IPEF ignora i due quadri esistenti della regione, il Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP) e l’Accordo globale e progressivo per il partenariato transpacifico (CPTPP).
Il terzo pilastro è intensificare l’azione militare su tutti i fronti. Gli Stati Uniti stanno mostrando i muscoli e alimentando i problemi di sicurezza nella regione attraverso le loro “operazioni di libertà di navigazione” nel Mar Cinese Meridionale, i transiti di alto profilo attraverso lo Stretto di Taiwan ed esercitazioni militari congiunte nell’Oceano Pacifico occidentale.
Questa combinazione può aiutare a difendere gli interessi egemonici degli Stati Uniti in una certa misura, ma non può in alcun modo mantenere la pace e la sicurezza regionali vantaggiose per tutti i paesi della regione.
Le alleanze militari sono di natura esclusiva, il che significa che le garanzie di sicurezza che gli Stati membri si forniscono a vicenda devono prendere di mira una terza parte. Pur salvaguardando i vantaggi in termini di sicurezza di un piccolo blocco, le alleanze militari creano rivalità non necessarie e rischiano di alimentare divisioni, scontri o persino conflitti.
Qual è lo scopo dell’iniziativa marittima indo-pacifica del Quad?
8 giugno 2022
Nel frattempo, l’IPEF è in sostanza una forma di protezionismo. Incoraggia la circolazione interna all’interno di un piccolo blocco, mettendo a repentaglio la struttura cooperativa regionale esistente, ostacolando il libero scambio e invertendo la tendenza all’integrazione regionale.
Accendere la fiamma delle questioni relative agli hotspot di sicurezza può essere visto come una creazione aperta di conflitti, aggravando le tensioni regionali e offuscando lo sviluppo della regione con pesanti oneri per la sicurezza.
L’incrociatore missilistico guidato della US Navy USS Port Royal (CG 73) attraversa il Mar Cinese Meridionale, come parte di un dispiegamento programmato nella regione, il 9 aprile 2021 Foto: Dispensa della US Navy
Dopotutto, dietro la strategia indo-pacifica degli Stati Uniti c’è una mentalità da guerra fredda che applica percezioni obsolete alla prospera Asia-Pacifico di oggi. Eppure le due guerre mondiali e la Guerra Fredda del 20° secolo sono la prova che il confronto e il conflitto possono solo portare al disastro, e un futuro luminoso è sempre guidato da una cooperazione vantaggiosa per tutti.
Distintamente diversa dalla mentalità superata della strategia indo-pacifica degli Stati Uniti, la Cina ha avanzato una serie di proposte piene di saggezza cinese, con in mente il futuro di tutta l’umanità e le attuali tendenze di sviluppo.
Ad esempio, la Cina ha proposto di costruire una “comunità con un futuro condiviso per l’umanità”, un’iniziativa che incoraggia gli Stati a rispondere alla chiamata del tempo, trattarsi alla pari e impegnarsi nella consultazione e nella comprensione reciproca, invece di ricorrere a alleanze esclusive e confronto. Crea un percorso per la costruzione di una partnership inclusiva e costruttiva che non crea alcun nemico immaginario né prende di mira terze parti.
Anche l’iniziativa Belt and Road, incentrata su una maggiore connettività, è guidata dai principi di ampia consultazione, contributo congiunto e benefici condivisi. Ad aprile, sono stati firmati oltre 200 documenti di cooperazione tra la Cina e 149 paesi e 32 organizzazioni internazionali.
La Global Security Initiative sostenuta dalla Cina delinea sei impegni: per la visione di una sicurezza comune, globale, cooperativa e sostenibile; al rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale di tutti i paesi; al rispetto degli scopi e dei principi della Carta delle Nazioni Unite; prendere sul serio le legittime preoccupazioni di sicurezza di tutti i paesi; risolvere pacificamente le divergenze e le controversie tra paesi attraverso il dialogo e la consultazione; e al mantenimento della sicurezza in entrambi i domini tradizionali e non tradizionali.
Queste nuove idee rappresentano gli sforzi significativi della Cina per esplorare un approccio per promuovere il progresso della civiltà umana. Sono più rilevanti che mai alla luce dei profondi e complessi cambiamenti nella sicurezza internazionale.
Ora l’Asia-Pacifico si trova a un bivio. La scelta tra un gioco a somma zero e una cooperazione win-win può portare la regione su strade completamente diverse, verso prospettive molto diverse. Che si tratti di salvaguardare la sicurezza regionale a vantaggio di tutti e mantenere lo slancio dello sviluppo e della prosperità, o di percorrere il sentiero battuto delle guerre calde e fredde con un confronto connivente, c’è motivo di credere che tutti i paesi della regione possano fare la scelta giusta.
Il colonnello senior Zhao Xiaozhuo è un membro anziano dell’Accademia delle scienze militari, PLA, Cina
LA CINA NELL’INTERREGNO, di Hu Wei
Hu Wei_La guerra russo-ucraina è il conflitto geopolitico più grave dalla seconda guerra mondiale e avrà conseguenze globali di gran lunga maggiori rispetto agli attacchi dell’11 settembre . In questo momento critico, la Cina deve analizzare e valutare attentamente la direzione della guerra e il suo potenziale impatto sul panorama internazionale. Allo stesso tempo, per lottare per un ambiente esterno relativamente favorevole, la Cina dovrebbe reagire in modo flessibile e fare scelte strategiche in linea con i suoi interessi a lungo termine.
L’operazione “militare speciale” della Russia contro l’Ucraina ha suscitato aspre polemiche in Cina, con i suoi sostenitori e oppositori divisi in due campi implacabilmente opposti. Questo articolo non rappresenta nessuna delle parti ma intende fornire spunti di riflessione e costituire un punto di riferimento per il più alto livello decisionale in Cina. Presenta un’analisi obiettiva delle possibili conseguenze della guerra e delle opzioni di contromisura a nostra disposizione.
I. Prevedere il futuro della guerra russo-ucraina
1. Vladimir Putin potrebbe non essere in grado di raggiungere gli obiettivi che si è prefissato, che metterebbe la Russia in una situazione delicata. L’obiettivo dell’attacco di Putin era risolvere completamente la questione ucraina e distogliere l’attenzione dalla crisi interna della Russia sconfiggendo l’Ucraina in una guerra lampo, sostituendo i suoi leader e alimentando un governo filo-russo. Tuttavia, la guerra lampo è fallita e la Russia non è in grado di sostenere una guerra prolungata e gli alti costi che essa comporta. Lo scoppio di una guerra nucleare porrebbe la Russia in totale antagonismo con il resto del mondo e sarebbe quindi invincibile. Anche la situazione all’interno e all’esterno del Paese è sempre più sfavorevole. Anche se l’esercito russo è riuscito a occupare Kiev, la capitale dell’Ucraina, e a creare un governo fantoccio a caro prezzo, non significherebbe la vittoria finale. A questo punto, l’opzione migliore per Putin è quella di porre fine alla guerra in modo decente attraverso colloqui di pace, che richiedono all’Ucraina di fare concessioni sostanziali. Tuttavia, ciò che non è raggiungibile sul campo di battaglia è anche difficile da ottenere al tavolo delle trattative. In ogni caso, questa azione militare costituisce un errore irreversibile.
2. Il conflitto potrebbe intensificarsi ulteriormente e non si può escludere un possibile coinvolgimento occidentale nella guerra. L’escalation della guerra sarebbe certamente costosa, ma è molto probabile che Putin non si arrenderà facilmente dato il suo carattere e il suo potere. La guerra russo-ucraina potrebbe intensificarsi oltre l’Ucraina e potrebbe anche includere la possibilità di un attacco nucleare. Se ciò accadesse, gli Stati Uniti e l’Europa non potrebbero restare fuori dal conflitto, che scatenerebbe una guerra mondiale, anche nucleare. Il risultato sarebbe una catastrofe per l’umanità e una resa dei conti tra Stati Uniti e Russia. Questa resa dei conti finale, nella misura in cui la potenza militare russa non può competere con quella della NATO, sarebbe anche peggio per Putin.
3. Anche se la Russia riuscirà a conquistare l’Ucraina dopo una scommessa disperata, sarà comunque una “patata bollente” politica. La Russia avrebbe quindi portato un pesante fardello e sarebbe stata sopraffatta. In queste circostanze, indipendentemente dal fatto che Volodymyr Zelensky sia vivo o meno, molto probabilmente l’Ucraina istituirà un governo in esilio per affrontare la Russia a lungo termine. La Russia sarà soggetta sia alle sanzioni occidentali che a una ribellione sul territorio ucraino. Le linee del fronte si allungheranno. L’economia nazionale non sarà redditizia e alla fine sarà trascinata al ribasso. Questo periodo non supererà alcuni anni.
4. La situazione politica in Russia può cambiare o esplodere nelle mani dell’Occidente. Dopo il fallimento della guerra lampo di Putin, le speranze di una vittoria russa sono deboli e le sanzioni occidentali hanno raggiunto il massimo storico. Poiché i mezzi di sussistenza delle persone sono gravemente colpiti e le forze contro la guerra e contro Putin si uniscono, la possibilità di un ammutinamento politico su vasta scala in Russia non può essere esclusa. Con l’economia russa sull’orlo del collasso, sarebbe difficile per Putin sostenere una situazione così pericolosa, anche escludendo una sconfitta nella guerra russo-ucraina. Se Putin dovesse essere estromesso dal potere a causa di disordini civili, un colpo di stato o per qualsiasi altro motivo, la Russia sarebbe ancora meno propensa a confrontarsi con l’Occidente.
II. Analisi dell’impatto della guerra russo-ucraina sul panorama internazionale
1. Gli Stati Uniti riguadagnerebbero la leadership nel mondo occidentale e l’Occidente ne emergerebbe più unito. Attualmente l’opinione pubblica pensa che la guerra in Ucraina significhi il completo crollo dell’egemonia americana, ma la guerra riporterebbe infatti Francia e Germania, che entrambe volevano staccarsi dagli Stati Uniti, in un’architettura di difesa sotto l’egida della NATO , distruggendo il sogno dell’Europa di realizzare una diplomazia indipendente e un’autonomia strategica. La Germania aumenterebbe significativamente il suo budget militare; Svizzera, Svezia e altri paesi rinuncerebbero alla loro neutralità. Con il Nord Stream 2 sospeso a tempo indeterminato, la dipendenza dell’Europa dal gas naturale statunitense aumenterebbe inevitabilmente.
2. Una “cortina di ferro” cadrebbe di nuovo, non solo dal Mar Baltico al Mar Nero, ma più in generale in una resa dei conti finale tra il campo dominato dall’Occidente ei suoi concorrenti. L’Occidente tratterà il confine tra democrazie e stati autoritari, definendo il divario con la Russia come una lotta tra democrazia e dittatura. La nuova cortina di ferro non sarà più tracciata tra i due campi del socialismo e del capitalismo e non si limiterà alla Guerra Fredda. Sarà una battaglia all’ultimo sangue tra chi è a favore e chi è contro la democrazia occidentale. L’unità del mondo occidentale sotto la cortina di ferro avrà un effetto di travaso sugli altri paesi: si consoliderà la strategia indo-pacifica degli Stati Uniti,
3. La potenza occidentale crescerà in modo significativo, la NATO continuerà ad espandersi e l’influenza degli Stati Uniti nel mondo non occidentale aumenterà. Dopo la guerra russo-ucraina, per quanto la Russia realizzi la sua trasformazione politica, indebolirà notevolmente le forze anti-occidentali in tutto il mondo. La scena successiva agli sconvolgimenti sovietici e orientali del 1991 potrebbe ripetersi: le teorie sulla “fine dell’ideologia” potrebbero riapparire, la rinascita della terza ondata di democratizzazione perderebbe slancio e altri paesi del Terzo Mondo abbraccerebbero l’Occidente. L’Occidente otterrebbe più “egemonia”, sia in termini di potenza militare che in termini di valori e istituzioni. Il suo duro potere e il suoil soft power raggiungerà nuove vette.
4. In questo contesto, la Cina sarebbe più isolata. Per i motivi di cui sopra, se la Cina non adotta misure proattive per rispondere, dovrà affrontare un ulteriore contenimento da parte degli Stati Uniti e dell’Occidente. Una volta caduto Putin, gli Stati Uniti non dovranno più confrontarsi con due concorrenti strategici, ma dovranno solo bloccare la Cina nel contenimento strategico. L’Europa si staccherà ancora di più dalla Cina, il Giappone diventerà l’avanguardia anti-cinese, la Corea del Sud cadrà ancora di più nelle mani degli Stati Uniti, Taiwan si unirà al concerto anti-cinese e il resto del mondo dovrà scegliendo da che parte stare seguendo una logica gregaria. La Cina non sarà solo circondata militarmente dagli Stati Uniti, dalla NATO, dal Quad e dall’AUKUS, ma sarà anche sfidato dai valori e dai sistemi occidentali.
[Dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, con le nostre mappe, analisi e traduzioni annotate abbiamo aiutato più di 1,5 milioni di persone a comprendere le trasformazioni geopolitiche di questa sequenza. Se trovi utile il nostro lavoro e pensi che meriti supporto, puoi iscriverti qui .]
III. La scelta strategica della Cina
1. La Cina non può essere legata a Putin e deve staccarsi da lui il prima possibile. Nel senso che un’escalation del conflitto tra Russia e Occidente aiuta a distogliere l’attenzione degli Stati Uniti dalla Cina, la Cina dovrebbe essere felice della situazione e persino sostenere Putin, ma solo se la Russia non cade. Essere sulla sua stessa barca avrà un impatto sulla Cina se perde il potere. A meno che Putin non riesca ad assicurarsi la vittoria con il sostegno della Cina, una scarsa prospettiva per ora, la Cina non ha il potere di sostenere la Russia. Una delle leggi della politica internazionale dice che non ci sono «né eterni alleati né perpetui nemici», ma che «i nostri interessi sono eterni e perpetui». Nelle attuali circostanze internazionali, La Cina può solo salvaguardare i propri interessi, scegliere il male minore e scaricare il peso della Russia il prima possibile. Al momento, si stima che ci sia una finestra di una o due settimane prima che la Cina perda il respiro. La Cina deve agire con decisione.
2. Deve evitare di giocare contemporaneamente da entrambe le parti, rinunciare alla neutralità e scegliere la posizione dominante nel mondo. Al momento, la Cina ha cercato di non offendere nessuna delle due parti e ha preso una posizione intermedia nelle sue dichiarazioni e scelte internazionali, inclusa l’astensione dal voto in Consiglio di sicurezza e Assemblea generale delle Nazioni Unite. Tuttavia, questa posizione non soddisfa le esigenze della Russia e ha fatto infuriare l’Ucraina, i suoi sostenitori e simpatizzanti, mettendo la Cina dalla parte sbagliata di gran parte del mondo. In alcuni casi, l’apparente neutralità è una scelta saggia, ma non si applica a questa guerra, dove la Cina non ha nulla da guadagnare. Poiché la Cina ha sempre sostenuto il rispetto della sovranità nazionale e dell’integrità territoriale, può solo evitare un ulteriore isolamento schierandosi con la maggior parte dei paesi del mondo. Questa posizione è anche favorevole alla risoluzione della questione di Taiwan.
3. La Cina deve realizzare la più grande svolta strategica possibile e non essere ulteriormente isolata dall’Occidente. Tagliarsi fuori da Putin e rinunciare alla neutralità aiuterà a costruire l’immagine internazionale della Cina e ad alleggerire le sue relazioni con gli Stati Uniti e l’Occidente. Sebbene sia difficile e richieda grande saggezza, è la migliore opzione possibile per il futuro. L’idea che un conflitto geopolitico in Europa innescato dalla guerra in Ucraina ritarderà in modo significativo il perno strategico statunitense dall’Europa alla regione indo-pacifica non può essere trattata con eccessivo ottimismo. Negli Stati Uniti si stanno già levando voci per dire che l’Europa è importante ma che la Cina lo è di più, e che l’obiettivo principale degli Stati Uniti è impedire alla Cina di diventare la potenza dominante nella regione indo-pacifica. In queste circostanze, la priorità assoluta della Cina è apportare di conseguenza gli adeguamenti strategici appropriati, cambiare gli atteggiamenti ostili degli americani nei suoi confronti e salvarsi dall’isolamento. La cosa principale è impedire agli Stati Uniti e all’Occidente di imporre sanzioni congiunte alla Cina.
4. La Cina dovrebbe prevenire lo scoppio di guerre mondiali e nucleari e dare un contributo insostituibile alla pace mondiale. Poiché Putin ha esplicitamente incaricato i deterrenti strategici della Russia di entrare in uno stato di speciale prontezza al combattimento, la guerra russo-ucraina potrebbe sfuggire al controllo. Una giusta causa attira molto sostegno, una causa ingiusta trova poco. Se la Russia è l’istigatore di una guerra mondiale o addirittura di una guerra nucleare, sicuramente metterà il mondo in subbuglio. Per dimostrare il suo ruolo di grande potenza responsabile, la Cina non solo non può schierarsi con Putin, ma deve anche adottare misure concrete per prevenire il suo possibile avventurismo. La Cina è l’unico paese al mondo con questa capacità e deve sfruttare appieno questo vantaggio unico. La fine del sostegno cinese a Putin molto probabilmente porrà fine alla guerra, o almeno gli impedirà di intensificarla. Di conseguenza, la Cina riceverà sicuramente molti elogi internazionali per il mantenimento della pace nel mondo, che potrebbe aiutarla a evitare l’isolamento, ma anche trovare un’opportunità per migliorare le sue relazioni con gli Stati Uniti e il mondo.
CREDITI
Iniziano le prove spettacolo, Di Kenneth R. Timmerman
Lo spettacolo vergognoso di giovedì sera inventato dai Democratici al Congresso e dai media passerà alla storia, ma non nel modo in cui intendevano.
Lungi dallo scioccare gli americani con la “nuova” testimonianza di Ivanka Trump visibilmente terrorizzata o di un agente di polizia del Campidoglio ignorante che ha descritto gli scontri del 6 gennaio come “una scena di guerra”, cosa che certamente non era, lo spettacolo di giovedì ha solo rafforzato il divario tra i sostenitori di Trump, i Democratici e le élite dei media.
Anche gli strateghi democratici e i commentatori dei media ammettono che le audizioni non mirano a cambiare l’opinione pubblica. “Invece, il lavoro del comitato è più chiaramente rivolto ai vertici del Dipartimento di Giustizia che decideranno se sporgere denuncia contro Trump e i membri della sua cerchia ristretta”, ha scritto Jonathan Allen in un commento per NBC News.
Questo di per sé dovrebbe essere sufficiente a terrorizzare qualsiasi americano che ha vissuto la Guerra Fredda, o che legge Kafka al liceo o all’università.
Siamo entrati in un’era di processi farsa, proprio come le stravaganze prodotte dal dittatore sovietico Joseph Stalin negli anni ’30.
L’obiettivo del processo farsa è intimidire e deviare. In questo caso, i Democratici vogliono intimidire Donald Trump e i suoi sostenitori, minacciandoli di essere processati con l’accusa di sedizione per presunta pianificazione, incoraggiamento e sostegno ai rivoltosi. (Questo è senza dubbio il motivo per cui Ivanka Trump sembrava un cervo alla luce dei fari nel videoclip di 16 secondi della sua testimonianza Rep. Liz Cheney trasmessa all’udienza su uno schermo gigante sopra le teste dei membri del comitato).
Il pezzo di deviazione è ciò che i Democratici non vogliono che tu veda, e dal 3 novembre 2020 hanno cercato disperatamente di impedire agli americani di guardare.
Fin dall’inizio, hanno usato la frase “Grande bugia”, un termine introdotto dal capo della propaganda di Hitler, Josef Goebbels, per descrivere gli sforzi del presidente Trump per richiamare l’attenzione sulle prove dilaganti di irregolarità elettorali. Non puoi leggere o guardare la copertura delle notizie dei media d’élite sulle elezioni che non si riferiscono alle “menzogne non dimostrate di Trump” sulle elezioni.
Ma più il popolo americano guardava, più credeva al presidente Trump e ai suoi occhi bugiardi. Com’è stato, nel paese più esperto di tecnologia del mondo, che la maggior parte di noi è andata a letto a mezzanotte la notte delle elezioni con le immagini televisive degli inattaccabili margini di vittoria di Trump in tutti e cinque gli stati oscillanti con il 98% dei voti contati, e ti sei svegliato la mattina dopo per vedere che quei margini erano crollati e in qualche modo solo il 92% o il 94% percento dei voti era stato contato?
Nei mesi tra le elezioni e il 6 gennaio, abbiamo visto dozzine di azioni legali intentate in questi stati oscillanti, con migliaia di dichiarazioni giurate di testimoni oculari, presentate sotto pena di falsa testimonianza, che descrivono evidenti violazioni della legge elettorale, e tutte sono state archiviate. Come ho scritto all’epoca, molti americani hanno perso la fiducia nel nostro sistema di giustizia.
Ma anche questo non bastava. Trump semplicemente non se ne andrebbe, e nemmeno i suoi sostenitori. Quindi i Democratici al Congresso dovevano andare long. Hanno creato un comitato ristretto e lo hanno dotato di poteri di polizia incostituzionali per intimidire gli addetti ai lavori di Trump come Peter Navarro, trascinandolo giù da un aereo e bloccandolo con i ferri alle gambe, anche se aveva discusso con gli ufficiali dell’FBI su come presentare una testimonianza al comitato pur mantenendo il privilegio esecutivo.
Tre nuovi documenti di alto profilo stanno facendo impazzire i Democratici e incoraggiano loro e i repubblicani che odiano Trump a raddoppiare con le udienze del 6 gennaio.
Il 6 aprile, l’ex consigliere di Trump e presidente di Citizens United David Bossie ha pubblicato Rigged , una denuncia di come Mark Zuckerberg abbia acquistato una vasta burocrazia elettorale per 450 milioni di dollari.
Un mese dopo, grazie a un’indagine fenomenale di True the Vote, Dinesh D’Souza pubblicò 2000 Mules , che mostrava i soldi di Zuckerberg in azione, riempiendo le schede elettorali nei distretti chiave dell’altalena in tutta l’America.
Pochi giorni dopo, l’ex senatore dello stato del Michigan Patrick Colbeck ha pubblicato The 2020 Coup , che ha esaminato i difetti strutturali dei sistemi elettorali decentralizzati americani, come potevano essere manipolati, e poi li ha abbinati agli eventi a cui lui e altri avevano assistito sul campo e presentati davanti a vari tribunali di tutto il paese.
Colbeck ha descritto la “rasatura delle schede elettorali”, un processo di manipolazione dei voti con un piccolo margine in modo da non attirare l’attenzione o attivare un audit. Ho mostrato come ha funzionato questo processo nel mio romanzo di agosto 2020, The Election Heist , che prevedeva molti degli schemi effettivamente accaduti nelle elezioni del 2020.
Colbeck sostiene che gli americani scopriranno la verità – e inizieranno a sanare le profonde divisioni causate dal furto delle elezioni del 2020 – solo se gli sceriffi della contea e altre autorità giudiziarie condurranno indagini forensi complete sulle elezioni.
Nel frattempo, ogni volta che senti che un supervisore elettorale di contea o statale ha intentato una causa per impedire il rilascio di registri elettorali, o ha distrutto tali registri prima dei 22 mesi previsti dalla legge federale per conservarli, comprendi che hai appena assistito a un complice di frode elettorale.
I Democratici sapevano che Trump avrebbe ottenuto una vittoria schiacciante il 3 novembre 2020 e hanno concepito un intricato piano a livello nazionale per rubare quella vittoria, non generando nuovi elettori, ma inventandoli e, quando non ne avevano abbastanza. , introducendo algoritmi di giuntura del voto nei tabulatori elettorali la notte delle elezioni. Si sono persino vantati dei loro sforzi dopo il fatto.
Ora, con il Comitato del 6 gennaio, sperano di completare l’insabbiamento. Prevedo che falliranno, perché il popolo americano ha già visto attraverso di loro. Ma nel frattempo, potrebbe diventare molto brutto.
Il dodicesimo libro di saggistica di Ken Timmerman , And the Rest is History: Tales of Hostages, Arms Dealers, Dirty Tricks, and Spies , sarà pubblicato da Post Hill Press il 31 agosto. Il suo sito web è kentimmerman.com
https://www.americanthinker.com/articles/2022/06/the_show_trials_begin.html
Questo articolo, sia pure al momento in gran parte contraddetto dal prosieguo degli eventi, rappresenta plasticamente l’esistenza e la vivacità del dibattito presente tra i decisori cinesi riguardo alla collocazione geopolitica del paese e in particolare al rapporto da tenere nei confronti soprattutto degli Stati Uniti e quindi, in subordine, della Russia. Non è certamente il segno di un confronto politico esploso ora, in particolare con il conflitto militare in Ucraina.
Gli albori si sono potuti intravedere già a cavallo tra gli anni ’60 e ’70, in una fase di piena ostilità della Cina nei confronti della Unione Sovietica e di virulento confronto interno. I termini della discussione di allora erano del tutto diversi e riguardavano, tra le altre cose, il ruolo della pianificazione centralizzata, il rapporto centro/periferia e città/campagna, quello tra grande industia centralizzata, sul modello sovietico e sistema industriale decentrato fondato sulle comuni agricole. A farne le spese fu Liu Shaoqi, ex presidente della Repubblica Popolare Cinese; a guadagnarne, all’ombra di Mao Tze Tung, fu in realtà Zhou enLai, il vero artefice cinese dell’accordo con Nixon e Kissinger. Fu una svolta prettamente politico-diplomatica con pochi riflessi sulle scelte politiche interne al paese, quasi del tutto indipendenti. Il vero mutamento radicale avvenne alla fine degli anni ’80 con l’avvento di una politica economica aperta agli investimenti esteri e al mercato mondiale e la concretizzazione in economia della scelta di rapporti privilegiati con gli Stati Uniti. Fu una modalità di apertura paragonabile più che a quella di tanti paesi africani, dell’America Latina e dell’Europa Orientale, che portò ad una sorta di colonizzazione di quei paesi, quanto a quella piuttosto di paesi del Sud-Est Asiatico contemporanei e, storicamente, a quella degli stessi Stati Uniti, della Germania e del Giappone a fine ‘800. In quel periodo si assistette ad una sorta di congelamento della disastrata grande industria cinese e alla creazione di zone economiche aperte sulla fascia costiera, la più importante a Shangai, ma molto selettive dal punto di vista del controllo e dell’acquisizione delle capacità tecnologiche e imprenditoriali occidentali e del controllo politico del processo di trasformazione. E’ in quelle aree che si è formata una classe dirigente e una élite politica strettamente legata, anche culturalmente, ai centri decisori statunitensi e molto attiva nella lotta politica interna, usualmente molto aspra e spesso sanguinosa. La fase di ristrutturazione, sviluppo e potenziamento tecnologico dei grandi colossi industriali, piuttosto che la loro liquidazione così come avvenuta nei paesi dell’Europa Orientale, fu l’indizio e il segnale di affermazione definitiva di una classe dirigente dalle ambizioni sempre più distinte e assertive, ormai conflittuali con i disegni strategici statunitensi. Merito senza dubbio dei centri decisori dominanti cinesi, ma anche della “dabbenaggine” e presunzione, in realtà espressione anch’essa di un acceso confronto interno, statunitense. Quando si parla di “affermazione definitiva”, ci si riferisce ad una fase e non si vuole eludere l’esistenza in Cina di centri decisori in conflitto e quindi di uno scontro politico dall’esito mutevole. E’ l’esistenza dello stesso articolo qui sotto in qualche maniera a certificarlo e a collocare sotto un’altra luce l’attuale politica statunitense, avventurista sì, ma non irrazionale. Le elezioni presidenziali nel 2024, forse anche quelle di medio termine nel prossimo novenbre negli Stati Uniti e il Congresso del Partito Comunista Cinese a fine anno ci potranno dire qualcosa di più chiaro in merito all’esito del confronto. Non solo negli Stati Uniti, ma anche nella Cina stessa. La posizione espressa dall’autore è di fatto minoritaria; avrebbe però il vantaggio della soluzione in termini di conservazione e semplificazione di alcuni attuali dilemmi geopolitici storici della Cina, soprattutto nei confronti di India, Pakistan e Sud-Est Asiatico. A quale prezzo rispetto all’autonomia politica dagli Stati Uniti, è tutto da vedere. E’ la riprova ancora una volta, ma poco evidenziato da gran parte degli analisti, che il confronto geopolitico tra stati passa attraverso un confronto tra centri decisori tra di loro ostili e interconnessi nell’agone internazionale. Buona Lettura, Giuseppe Germinario
Le Grand Continent_Questo articolo, inviato dall’autore in lingua cinese al sito Usa-Cina Perception Monitor dove è stato pubblicato il 5 marzo e poi tradotto in inglese il 12 marzo, è da allora oggetto di acceso dibattito. Il suo autore, Hu Wei, è uno studioso cinese che occupa una posizione speciale nell’ecosistema delle relazioni internazionali a Shanghai. Viene presentato come vicepresidente del Centro di ricerca sulle politiche pubbliche dell’Ufficio del Consiglio di Stato, presidente dell’Associazione di Shanghai per la ricerca sulle politiche pubbliche e presidente del comitato accademico del Chahar Institute.
In questo breve testo, Hu Wei presenta possibili scenari per il resto della guerra, dieci giorni dopo l’inizio dell’offensiva russa. Per lui, il fatto che l’invasione dell’Ucraina distolga l’attenzione dagli Stati Uniti non deve essere preso troppo ottimisticamente: la Cina ha interesse a sostenere Putin se vincerà, ma Putin perderà sicuramente questa guerra e isolerà ulteriormente la Russia dal resto del Paese. il mondo. Per Hu la conseguenza sarebbe poi lineare: l’egemonia degli Stati Uniti si estenderà, parallelamente alla loro influenza sui loro alleati europei che potranno dire addio ai loro sogni di autonomia strategica; La Cina sarà isolata contro un Occidente di fronte unito; cadrà una “nuova cortina di ferro”, questa volta non più confinata in Europa ma separando le democrazie dai regimi autoritari su scala globale.
Non solo un tale risultato non distoglierebbe l’attenzione degli Stati Uniti dalla Cina nell’Indo-Pacifico, ma rafforzerebbe questo lavoro di “accerchiamento”, sia militare (NATO, Quad, AUKUS) che ideologico attraverso il sistema di valori occidentale. Drammatizzando questa sequenza come quella di una scelta storica, Hu identifica una finestra di opportunità “da una a due settimane” in cui la Cina dovrà fare una “scelta strategica” – in questo caso, smettere di sostenere Vladimir Putin.
Se non si deve dare troppa importanza all’autore negli ambienti decisionali di politica estera in Cina, il suo testo è stato censurato in questa lingua e non ha mancato di suscitare reazioni e risposte denunciando l'”eccessiva” attenzione riservata a questo articolo come un -op” guidato dall’occidente a dividere Russia e Cina… Tanti indizi che sono il segno che questo testo punta appunto ad una serie di elementi al centro del dilemma cinese che presiede gli arbitrati in questi giorni. Anche se è incerto se la Cina deciderà presto di abbandonare la sua neutralità o di smettere di alimentare la sua ambiguità strategica, come rivela la mappa delle reazioni globali all’invasione dell’Ucraina prodotto dal Geopolitical Studies Group – l’incontro di lunedì tra Jake Sullivan e Yang Jiechi potrebbe aiutare a districare alcune incognite, mentre la Russia ha chiesto aiuti economici e militari a Pechino.