Perché i politici non risolvono quasi mai i problemi dei loro elettori? di Davide Gionco
Perché i politici non risolvono quasi mai i problemi dei loro elettori?
di Davide Gionco
09.01.2023
Per quale motivo i politici eletti non riescono quasi mai a rispondere alle attese dei loro elettori?
E’ vero il teorema di Beppe Grillo, intorno al quale si formò il Movimento 5 Stelle?
Secondo questo teorema i politici sarebbero tutti corrotti e sarebbe sufficiente eleggere dei “normali cittadini” per avere finalmente dei parlamentari onesti e capaci di risolvere i problemi degli italiani.
La storia recente ci ha dimostrato che non è vero. Nelle ultime legislature gli italiani hanno eletto molte facce nuove le quali, una volta entrate in Parlamento, non hanno saputo risolvere i principali problemi degli italiani, in primis quelli economici.
Peraltro neppure i politici cresciuti nei partiti e neppure i politici “competenti” hanno dimostrato di saper fare meglio.
La storia recente italiana ci dimostra che esistono dei politici corrotti, così come esistono dei funzionari pubblici corrotti. Ma non è realistico che tutti i politici si corrompano non appena entrano in Parlamento o vanno al governo, diventando di colpo nemici del popolo.
Tuttavia è un dato di fatto che in Italia, anche quando i politici cambiano, i problemi principali del paese restano. E spesso peggiorano.
Possibile che tutti i politici si mettano ogni volta d’accordo per fare andare le cose di male in peggio?
E non sono solo luoghi comuni: i dati statistici sulla situazione economica italiana sono davvero impietosi.
La povertà è in aumento da molti anni.
Il reddito disponibile è sceso ai livelli del 1990, il PIL è in sostanziale decrescita da 15 anni, la capacità di risparmio è crollata.
Le stesse considerazioni le potremmo fare sul deterioramento dei servizi sanitari, sul peggioramento della scuola pubblica, sullo strapotere delle banche, sul malfunzionamento della giustizia, ecc.
Possibile che tutto questo sia dovuto ad una costante mala fede dei decisori politici degli ultimi 30 anni?
O ci sono altre ragioni che portano a queste conseguenze?
Ci sono indubbiamente dei vincoli esterni che impediscono ai politici eletti di fare ciò che vorrebbero.
L’adesione dell’Italia a trattati internazionali comprensivi di “clausole-capestro” non permette all’Italia di fare tutto quello che dovrebbe e le converrebbe nel confronto di soggetti esteri. Tuttavia è il caso di ricordare che l’adesione ai trattati internazionali è una decisione politica del passato, che può essere modificata, ovviamente tenendo conto delle conseguenze nelle relazioni internazionali. Inoltre i trattati internazionali non sono delle leggi. E’ possibile attuarli in modo integralista, come in genere fa l’Italia, o in modo parziale, secondo convenienza, come da sempre fanno i nostri vicini francesi e tedeschi.
Nei rapporti internazionali contano non solo i trattati scritti, ma anche i rapporti di forza. E l’Italia, quantomeno in Europa, è un paese di un certo peso, che potrebbe avere degli importanti spazi di manovra.
Un altro vincolo esterno all’azione dei politici eletti è posto dai funzionari pubblici “poco collaborativi”. E’ chiaro che difficilmente una decisione politica può essere eseguita se gli organi dello stato adibiti marciano in direzione opposta. O per ragioni di vicinanza ideologica ai partiti del precedente governo o per regioni di vicinanza ad altri gruppi di interesse.
Negli USA esiste la prassi dello spoiling system ovvero che quando cambia il governo vengono sostituiti i dirigenti dei vari dicasteri. In Italia la cosa viene annunciata dai giornali come quasi scandalosa, quasi che il nuovo governo volesse “vendicarsi dei nemici” sconfitti alle elezioni. Ma in realtà è la cosa più logica da fare, se dei politici eletti vengono ostacolati nelle loro decisioni da funzionari pubblici che, per qualsiasi motivo, non obbediscono al mandato popolare rappresentato dagli eletti.
Tuttavia, anche nei casi in cui gli eletti siano determinati a cambiare la linea politica, avviene che, all’atto dei fatti, i cambiamenti sostanziali non arrivano quasi mai.
Questo succede perché i decisori politici sono sottoposti alle fortissime pressioni delle tecniche di manipolazione messe in atto dai gruppi di potere che intendono piegare le decisioni dei politici ai propri interessi. Tali tecniche vengono utilizzate non sono, come noto, per far approvare dall’opinione pubblica decisioni politiche che di per sé non sarebbero accettabili, come una guerra o un aumento delle tasse, ma soprattutto per piegare la volontà degli stessi decisori politici verso l’approvazione di misure gradite al manipolatore di turno.
Gli studi sulle tecniche di manipolazione dell’opinione pubblica iniziarono con l’antropologo francese Gustave Le Bon che nel 1895 pubblicò il libro “Psicologia delle folle”. Fra i suoi successori più influenti ricordiamo il giornalista americano Walter Lippman, che nel 1922 pubblicò il libro “Opinione Pubblica” ed il fondatore delle pubbliche relazioni, Edward Bernays, nipote di Sigmund Freud, che nel 1928 pubblicò il libro “Propaganda”.
Il primo governo ad attuare sistematicamente queste tecniche, spingendole fino agli estremi, fu quello tedesco di Adolf Hitler, grazie al ministro della propaganda Joseph Goebbels, il quale riuscì nel giro di pochi anni a convincere l’intero popolo tedesco (tranne poche eccezioni) del fatto che gli ebrei erano dei sub-umani, dei parassiti degni di essere sterminati, cosa che avvenne nei campi di concentramento.
Naturalmente dall’inizio del XX secolo ad oggi le tecniche si sono ulteriormente evolute.
Uno dei maggiori divulgatori dei nostri tempi su questi argomenti è lo psicologo americano Robert Cialdini, autore del libro “Le armi della persuasione”, edito nel1984, il quale riassume le tecniche in 6 “armi” a disposizione dei manipolatori:
1) Autorevolezza
2) Riprova sociale
3) Scarsità
4) Simpatia
5) Reciprocità
6) Coerenza
Le decisioni del politico vengono spesso influenzate dall’autorevolezza (o autorità) di persone che si presentano come tecnici, esperti della materia oggetto di decisione.
Questi personaggi possono essere consulenti assunti dalle istituzioni pubbliche, ma anche degli specialisti che prendono parola su tv e giornali.
Un politico non può essere competente di tutto, per cui alla fatica di formarsi preferisce fidarsi ciecamente dell’autorità proposta nel prendere le proprie decisioni.
In questo modo, però, il manipolatore di turno avrà gioco facile ad influenzare le decisioni del politico o corrompendo lo specialista (competente non significa necessariamente onesto) oppure facendo in modo che i politici incontrino solo tecnici che, nel pluralismo della discussione scientifica, sostengono posizioni utili agli interessi del manipolatore. Il manipolatore, corrompendo chi seleziona gli specialisti da proporre al politico, crea il pensiero unico in materia. “There is no alternative” (non c’è alternativa), come diceva Margareth Thatcher.
In questo modo il politico sarà portato, in totale buona fede, a prendere decisioni sbagliate per il popolo e giuste solo per gli interessi del manipolatore.
Un politico è sempre attento alla riprova sociale delle proprie decisioni. Il terrore di ogni politico è di non essere rieletto per il fatto di avere scontentato i propri elettori.
Tuttavia il politico ha poco tempo per incontrare direttamente i propri elettori, tendendo a interpretare come opinione pubblica quanto scrivono tv e giornali. Peraltro la contrarietà di tv e giornali alle posizioni del decisore politico porterà anche la gente a pensare che quel politico è inadeguato, dato che anche l’opinione pubblica è oggetto delle tecniche di manipolazione.
Un politico attento a ciò che dicono tv e giornali sarà portato a decidere cercando il loro consenso. Tuttavia se accadesse (e in Italia accade spesso) che i mezzi di informazione sono di proprietà di soggetti vicino ai manipolatori, il messaggio di tv e giornali sarebbe falsato per indurre in inganno i decisori politici, i quali prenderebbero decisioni sbagliate per cercare il consenso falsato dell’opinione pubblica.
Per chi non sapesse come funzionano oggi i mass media, invitiamo il lettore a conoscere la testimonianza del defunto giornalista tedesco Udo Ulfkotte o quella di Marcello Foa sugli “spin doctors”. Un politico accorto deve conoscere queste realtà e tenerne conto nelle sue decisioni.
Il principio di scarsità in genere viene usato dai venditori per convincere i clienti ad acquistare in fretta, senza riflettere: “è rimasta solo un’auto di quel tipo”, “lo sconto sarà valido sono fino a domani”. La fretta porterà il cliente a decidere in modo imponderato, a tutto vantaggio del venditore.
Nel caso del decisore politico succede spesso che una decisione importante debba essere presa entro una scadenza troppo ravvicinata, senza avere il tempo necessario per approfondire a sufficienza l’argomento.
Nei casi in cui il manipolatore abbia il potere di imporre delle tempistiche strette per le decisioni politiche, avrà gioco facile ad indurre in errore il politico che, non avendone il tempo, si dovrà fidare delle informazioni superficiali di cui dispone o dell’autorità tecnica di turno (combinazione del principio 1 con il principio 3).
Al manipolatore sarà sufficiente influenzare, in qualche modo, chi detta i tempi delle decisioni (ad esempio la Commissione Europea o chi stabilisce l’agenda del Parlamento) per indurre in errore molti decisori politici.
Il principio di simpatia viene utilizzato dai venditori per creare fiducia nei clienti, così come viene utilizzato dai manipolatori per carpire la fiducia di un politico. La persona “simpatica” che viene a contatto con il decisore politico utilizzerà questa fiducia, al di là dei meriti e delle capacità, per influenzare le sue scelte.
In altri casi l’innata simpatia viene utilizzata da qualcuno per portare consensi a se stesso ed al proprio partito politico, arrivando a guadagnare il ruolo di leader di partito.
Il politico eletto, per disciplina di partito, dovrà sottostare alle decisioni di quel leader.
I manipolatori hanno il potere di selezionare persone non capaci, ma “simpatiche” e fedeli al mandato del manipolatore, introducendole alla vita politica ed usandole per influenzare le decisioni dei politici.
La reciprocità è l’arma preferita dai manipolatori per influenzare le decisioni dei politici eletti. Umanamente ogni volta che riceviamo un favore ci sentiamo in obbligo di contraccambiare.
Il manipolatore offre dei favori “gratuiti” al politico: regali, occasioni di visibilità, incarichi di prestigio, di potere e remunerativi, incarichi presenti o futuri. Dopo di che il decisore politico si sentirà in obbligo di restituire il favore, accondiscendendo alle richieste del manipolatore. Questo anche senza arrivare a fenomeni di corruzione.
Il potere e la visibilità personale per un politico sono garanzie per il futuro. Difficile rinunciarvi. La decisione di restituire il favore, votando provvedimenti a vantaggio dei manipolatori, dei quali non ci si preoccupa neppure di conoscere le conseguenze, viene ritenuta una decisione “innocente”.
Una volta che un politico abbia preso un impegno pubblico, farà di tutto per confermare agli elettori la sua coerenza rispetto all’impegno preso.
La coerenza è certamente un fattore di serietà e di credibilità quando una persona mantiene ciò che ha promesso. Ma diventa una trappola micidiale per il decisore politico ogni volta in cui si sia precedentemente sbagliato nelle proprie valutazioni. Ovvero ogni volta in cui sia stato tratto in inganno tramite uno degli altri 5 metodi sopra esposti.
Un decisore politico serio dovrebbe avere il coraggio di ammettere pubblicamente di essersi precedentemente sbagliato, perché mal consigliato o per non avere prima sufficientemente approfondito la questione. In questo modo avrebbe la libertà di correggersi e prendere le decisioni giuste in favore degli elettori. Ma molto spesso questo non succede, perché il meccanismo psicologico è fortissimo, sia nei confronti del politico eletto, sia nei confronti degli elettori.
Tu, cittadini, che leggi questo articolo, preferiresti votare per un politico che si presenta sempre coerente, senza mai riconoscere i propri errori anche quando si accorge di avere sbagliato o votare un politico che ammette pubblicamente di essersi sbagliato e di avere cambiato opinione?
In questo meccanismo noi elettori non siamo esenti da responsabilità.
Cosa potrà fare un politico accorto per evitare di cadere nelle dinamiche di condizionamento sopra illustrate?
Per evitare di sottomettersi alle false consulenze degli specialisti autorevoli la prima cosa da fare per un politico è di formarsi, per arrivare a disporre di competenze proprie di base sulle principali questioni, soprattutto su quelle che richiamano maggiori interessi economici e, quindi, maggiori pressioni dei manipolatori.
A tale scopo, per chi fosse interessato, la nostra associazione Confederazione Sovranità Popolare ha organizzato un corso di cultura politica, che inizierà il prossimo 25 gennaio 2023.
Per informazioni: https://sovranitapopolare.info/corso-politica/
In secondo luogo un politico sinceramente motivato a fare il bene del proprio paese approfondirà la conoscenza delle tecniche di manipolazione dell’opinione qui sopra citate ed eviterà, per quanto possibile, di cadere nei tranelli dei manipolatori.
Avrà quindi sempre un atteggiamento critico nei confronti degli specialisti tecnici, ricercando anche punti di vista alternativi, prima di prendere delle decisioni.
Il politico accorto deve sapere che oggi i mezzi di informazione sono fortemente condizionati dagli interessi dei poteri forti, per cui saprà che non sempre la voce di tv e giornali corrisponde alla verità ed all’opinione della gente. E saprà che gli stessi mezzi di informazione spesso operano manipolando l’opinione pubblica.
Il decisore politico cercherà, anche con coraggio, di non farsi mettere alle strette nelle proprie decisioni, prendendosi il tempo necessario per decidere bene, perché una decisione sbagliata costerà al popolo molto di più di una settimana di ritardo sui tempi imposti per l’approvazione.
Un politico serio cercherà sempre di valutare gli interlocutori sulla base della loro serietà e competenza e non sulla base della simpatia o di favori concessi.
L’umiltà, necessaria per fuggire la vanagloria dei posti di prestigio, e la sobrietà, intransigente, necessaria ad evitare che l’azione politica sia finalizzata al servizio del popolo e non all’arricchimento personale, sono delle qualità fondamentali. L’etica, in un decisore politico, è un fattore fondamentale. Non devono essere ammessi compromessi.
La risposta alla domanda iniziale, del perché i politici non riescono quasi mai a risolvere i problemi dei cittadini, sono quindi i seguenti 3 punti:
1) Fondamenti etici poco solidi;
2) Limitate competenze proprie di base, unite ad una eccessiva fiducia malriposta negli specialisti tecnici;
3) Ignoranza delle tecniche di manipolazione messe in atto da chi vuole asservire la politica ad interessi privati.
Per cambiare veramente il nostro paese abbiamo bisogno di una nuova generazione di politici attenti a questi aspetti e di elettori che sappiano apprezzare, quando vanno al voto, i politici con queste qualità.
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