La pecorella smarrita, di Giuseppe Germinario

Anche le immagini, nella loro crudezza, hanno bisogno di una interpretazione. Non conosciamo il retroscena e la dinamica, il non detto, sottostante alle immagini della cerimonia conclusiva della conferenza. Qualche accesa confabulazione da retrobottega deve aver turbato la solennità del momento. Quella più verosimile è probabilmente quella più amara. Il Presidente Conte ha affermato che l’Italia è riuscita a mantenere “un posto in prima fila” nella gestione della crisi libica. Non sappiamo quale credito possa avere un personaggio che con tutta evidenza non riesce a conquistare nemmeno in una foto di rito una posizione di primo piano. Forse il nostro confonde il ruolo di primo piano con l’esposizione in prima linea. Tutto lascia presagire che l’Italia sarà tra i paesi, notoriamente il più ligio e solerte agli ordini, che più si esporranno militarmente e politicamente nella “pacificazione” della Libia, ma che meno raccoglieranno i frutti di quel processo. I precedenti lasciano poco scampo. L’Italia nel 2011 è stato l’unico paese che ha partecipato in Libia ad una guerra contro il legittimo capo di quella nazione, ma anche contro se stessa. La tragedia è che anche nell’altro versante politico nostrano non siamo messi meglio. Ormai non rimane che confidare nello stellone o nella imperscrutabilità della trama in corso che lasci aperta una via di fuga. In Libia appare sempre più chiaro che Al Serraj è ormai parte in causa del conflitto; stanno maturando i tempi perché sorga in Libia una figura terza in grado di ricomporre il mosaico tribale. Tra i papabili potrebbe esserci la reincarnazione della vittima sacrificale di quell’anno. Sarebbe l’ultima beffa, postuma, di un abile istrione _Giuseppe Germinario

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