L’importanza dell’informazione in una democrazia, di Max Bonelli

 

 

Quanto vale la libertà d’informazione in Italia?

Meno di un uovo di gallina.

 

Il gigantesco gruppo mediatico che fa capo a Repubblica e Corriere per almeno due giorni ha messo in prima pagina il volto tumefatto dall’impatto

di un uovo lanciato da un commando di razzisti contro la cittadina italiana di origine nigeriana ,discobola  di caratura nazionale, Daisy Osakue. Anche il lettore meno arguto riusciva a fare il suo bravo collegamento neanche tanto sub liminare con il capo del “Ku Klux Klan italiano” il ministro dell’interno Salvini.

“Il clima di odio verso gli stranieri, i migranti di cui il paese ha tanto bisogno sta portando i suoi drammatici frutti” era uno dei tanti commenti che si poteva leggere sulle voci della democrazia sopra citate. Ad un attento lettore quasi sfuggiva una riga in quarta, quinta battuta dove si leggeva “i carabinieri escludono per ora il movente razzista”.

Questo atteggiamento inspiegabile delle forze dell’ ordine di fronte a tanto evidente gesto razzista risulta spiegabile al lettore italico con le proverbiali ironie sulla benemerita oppure che il comando dei carabinieri di  Moncalieri ,dove si sono svolti i fatti, sia ossequioso al nuovo corso “razzista” del Viminale.

 

Avendo sviluppato un sesto senso per le polpette avvelenate democratiche

somministrate fin dalle prime rivoluzione arancione o primavere arabe che siano,  vado ad informarmi nei meandri di internet.

A Moncalieri , verosimilmente, la stessa banda di teppisti si è allenata nei giorni precedenti al lancio dell’uovo contro tre ragazze e contro un pensionato tutti con una pigmentazione cutanea in linea con la media nazionale.

Di questi episodi non si trova traccia od informazione su Corriere e Repubblica ma probabilmente vale anche per il resto della stampa e televisione.

I nostri bravi carabinieri, famosi per essere pignoli, questi due episodi li avevano registrati e da qui l’esclusione del movente razzista.

Altrettanto pignoli non si possono dire i media sopra citati che invece bucano inspiegabilmente un fatto di cronaca contemporaneo a quello capitato alla nostra discobola.

Nella stessa regione a Torino un immigrato somalo aggredisce due agenti della polizia ferroviaria che per fermarlo hanno dovuto usare la pistola d’ordinanza ferendolo alle gambe dopo che uno dei due aveva avuto la peggio nella colluttazione seguita ad un controllo dei documenti.

Per i particolari rimando ad uno dei pochi quotidiani on line riportante

i fatti:

https://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/immigrato-somalo-aggredisce-agenti-polfer-a-torino-90444/

 

Come bucano il giorno dopo una donna rapinata di 300 euro a Roma da tre nordafricani con una siringa come arma

 

https://www.ilprimatonazionale.it/cronaca/roma-aggredita-rapinata-siringa-africani-90577/

 

e la maxirissa a Vittoria nata per impedire ai carabinieri l’arresto di uno spacciatore

 

https://www.ilprimatonazionale.it/primo-piano/vittoria-spacciatore-tunisino-aggredisce-carabinieri-e-una-coppia-di-italiani-90552/

 

Mi scuso con i lettori se utilizzo sempre la stessa fonte d’informazione ma sui giornali più quotati di questi gravi fatti di cronaca non si trova traccia.

 

La riflessione sullo stato dell’informazione in Italia sorge spontanea.

Di fatto siamo alla censura dei principali organi d’informazione delle notizie che non si adattano al messaggio mediatico globalista-mondialista propagandato dai finanziatori di queste testate.

Perchè solo andando a  guardare nei bilanci di questi media troveremmo la risposta ad una informazione così a senso unico. Questa superficiale analisi fatta su  due giorni d’informazione può tranquillamente essere un campione statistico da riportare su tutto l’anno. Solo allora capiremmo l’ampiezza di questo pensiero unico mediatico.

La speranza che due nomi quotati del giornalismo italiano indipendente come Marcello Foa o Giampaolo Rossi possano presiedere alla Rai è un alito di democrazia dopo anni di censura od autocensura atlantico-globalista. Per capire la caratura dei due personaggi vi invito ad ascoltare

una splendida intervista fatta da Bio Blu a Foa

https://www.youtube.com/watch?v=px0FaA0K35w

 

 

ed un ottimo articolo di Rossi sulla politica USA in  Ucraina

https://blogdellanarca.wordpress.com/2014/03/19/victoria-e-henry-i-due-volti-della-politica-estera-americana/

 

Il nostro paese ha bisogno di giornalisti “teste pensanti” che non hanno nel loro vocabolario la parola “assertivo” al sistema.

Il gruppo Espresso li chiama sovranisti perchè hanno dimenticato il significato di “giornalisti indipendenti “e non assertivi della vulgata globalista.

Mentre scrivo apprendo che il nome Foa non ha raggiunto il quorum sufficiente in commissione vigilanza. Lo stato profondo dei sudditi atlantisti Forza Italia e PD uniti nella battaglia per difendere gli interessi del loro padrone. Mai potranno permettere una voce democratica che persegue l’intento di una libera ed obbiettiva informazione. Oggi è Foa domani Rossi l’obbiettivo è unico: tappare la voce al dissenso che cresce nel paese.

 

Max Bonelli

 

 

 

 

 

UN MONDO SENZA EUROPA, intervista a Marcello Foa (tratta da ticinolive.ch)

Marcello Foa:”L’Europa non ha più una Politica Internazionale”|Panoramica sulla Politica Mondiale

NOTA DEL REDATTORE_ Marcello Foa è un giornalista-intellettuale, esperto di mass-media e tecniche di comunicazione (da segnalare il suo libro “”Gli stregoni della notizia_ed GUERINI E ASSOCIATI), figura riconosciuta di quel mondo liberale ormai sempre più attratto dalle chiavi interpretative del realismo politico. Chiavi utilizzate da più punti di vista i quali a volte partono “dal basso” dei fondamenti popolari, democratici, meglio del cittadino, a volte “dall’alto” dell’azione delle élites. E’ il terreno d’incontro, quello dell’azione dei  centri strategici, sul quale le varie culture politiche che hanno conformato l’azione politica nel ‘800 e nel ‘900 ma che sono attualmente in crisi profonda, possono individuare nuovi fondamenti sui quali poggiare l’azione politica. Qui sotto l’interessante intervista_Germinario Giuseppe http://www.ticinolive.ch/2017/11/02/marcello-foaleuropa-non-piu-politica-internazionalepanoramica-sulla-politica-mondiale/
Marcello Foa, in un’intensa intervista, densa di contenuti, racconta a Ticinolive la sua visione in merito ai leader mondiali d’Europa, America, Russia Turchia e Medio Oriente

Marcello Foa, scrittore e giornalista

Europa. Macron il candidato europeista getta la precedente maschera del cambiamento. Cosa ne pensa?
«Bisogna innanzitutto capire chi sia davvero Macron: già il fatto che stia calando nei sondaggi è emblematico. Ha conquistato l’Eliseo sulla base di promesse che, una volta eletto, ha smentito quasi subito.  Come avevano intuito solo pochi osservatori, la sua elezione è in realtà frutto di un’operazione di Marketing politico. Jacques Attali, il guru della politica francese aveva profetizzato, un anno prima del voto, che a vincere le elezioni sarebbe stato uno sconosciuto, capace di cavalcare l’onda della voglia di cambiamento del popolo. In un’intervista televisiva Attali aveva ipotizzato proprio i nomi di Macron e di Le Maire. (quest’ultimo è comunque diventato ministro dell’economia). Tutto ciò dimostra come dietro l’elezione di Macron vi fosse un disegno ben definito. Macron non è l’interprete di un vero cambiamento, è piuttosto il rappresentante dell’establishment e ora getta la maschera; è in continuità con Hollande. Il suo disegno è di rafforzare l’Europa e scongiurare possibili uscite dall’UE.»
Si dice che Macron abbia vinto anche per questo, ovvero per il timore di uscire dall’UE nel caso di vittoria dell’avversaria Le Pen
«Tematiche vecchie. Personalmente ritengo che per qualunque popolo sia legittimo voler uscire dall’Unione Europea e difendere la propria sovranità. Anche in Germania, ad esempio, nonostante il successo di Angela Merkel, ci sono segnali di disaffezione. Con l’elezione di Macron l’obiettivo di prolungare la stabilità dell’Unione dopo lo choc della Brexit è stato raggiunto, ma di sicuro l’Unione Europea continuerà a non dormire sonni tranquilli, come dimostrano i recenti risultati in Austria e nella Repubblica Ceka.»
Angela Merkel viene rieletta con uno scarso successo. Cosa ne pensa? Ritiene che la spinta di AfD avrà ripercussioni sull’Europa oppure sia irrilevante?
«La Merkel, nonostante la sua straordinaria passata lungimiranza politica, è uscita decisamente ridimensionata dalle ultime elezioni e la coalizione Jamaica stenta a decollare. È una Merkel meno forte di prima che deve contare ora su due alleati, anziché su uno solo. Il successo di AfD si basa soprattutto su due fattori: anzitutto i cosiddetti Mini Jobs, pagati pochissimo (4-500 euro mensili), che danno lavoro a oltre 7 milioni di tedeschi; in secondo luogo l’immigrazione incontrollata, permessa per un certo periodo di tempo, ha provocato reazioni di rigetto molto forti. Inoltre l’ex Germania dell’Est non è risorta come ci si poteva aspettare. Tutto ciò per dire come la Germania, benché sia il primo Paese europeo, debba affrontare problemi interni che la Merkel non ha risolto e davanti ai quali non può continuare a chiudere gli occhi. Inoltre, sino a quando i paesi d’Europa accetteranno l’egemonia della Germania? La Francia di Macron ha bisogno di Berlino per spingere la propria agenda europeista, però i liberali tedeschi, probabili alleati della Cdu, sono molto più freddi al riguardo. molto meno convinti di riporre la loro fiducia nella Cancelliera. E sino a che punto la Merkel stessa potrà permettersi di sostenere l’agenda di Macron?»
L’Europa chiude gli occhi di fronte ai problemi, anche alla Questione Catalana…
«L’UE si è schierata con Rajoy, poiché altrimenti, se avesse sostenuto la causa catalana avrebbe rischiato di incoraggiare altri movimenti indipendentisti aspiranti alla secessione in altre regioni europee. E’ interessante notare come i Catalani non siano antieuropeisti, ma, al contrario, abbiano sempre progettato una secessione restando un paese all’interno dell’UE stessa. Ma questo non è bastato a convincere Bruxelles che ora teme qualunque forma di instabilità.»
Trova un parallelismo con la Lega Nord degli anni ’90 di Bossi, la cui Secessione prevedeva una Padania nell’orbita europea e non al di fuori di essa?
«Anche se Bossi non aveva il consenso che ha tutt’ora Puigdemont, il paragone è plausibile. Tuttavia non riguarda la Lega di oggi che non mette più questi temi al centro del proprio progetto politico.»
Proprio in merito a Puigdemont, un leader politico in esilio, cosa pensa?
«La Catalogna è un paradigma: è giusto concedere l’indipendenza a un popolo che la reclama? In Kosovo la risposta occidentale fu sì, in Catalogna è no… D’altra parte la questione, una volta portata all’estremo, non doveva essere abbandonata: Puigdemont, fuggendo in Belgio, ha dimostrato che non era pronto a condurre gli eventi, né a gestire una sfida così grande. La Catalogna è una lezione per tutti coloro che sognano grandi cambiamenti, come l’abbandono dell’euro: si può fare ma con un livello di preparazione altissimo e un leader davvero all’altezza. Puigdemont chiaramente non lo era e non lo è.»
America. Trump è stato eletto contro la maggior parte dei pronostici. Come vede la sua figura?
«Trump ha interpretato con successo il disagio dell’America profonda; raccogliendo consensi anche tra l’elettorato che aveva creduto alle promesse di cambiamento di Obama. La furibonda opposizione a Trump nasce dal fatto che egli non appartiene all’establishment, a cui invece aderiscono i leader democratici e repubblicani. Ma l’establishment non poteva permettersi di perdere la Casa Bianca, da qui la reazione. Trump si è fatto “normalizzare”, soprattutto sul piano della politica internazionale: per esempio aveva promesso una politica molto meno interventista in Medio Oriente e invece ha continuato sulla stessa linea in Siria; chiaramente non ci sarà la distensione con la Russia e, ancora, in politica economica non ha ancora limitato le politiche globaliste a favore di programmi di tutela nazionale. Trump continua ed essere imprevedibile solo sul fronte mediatico, ma nella sostanza ha fatto molti passi indietro; eppure, nonostante ciò, l’establishment non lo accetta, e cerca di estrometterlo con ogni pretesto.»
Russia. Cosa pensa riguardo ai rapporti tra Russia, Europa e Stati Uniti?
«L’Europa avrebbe tutto l’interesse ad avere rapporti distesi con Putin, ma si è accodata all’America accettando di sanzionare Mosca. L’Europa di oggi non ha più una politica internazionale, come dimostra l’emblematico caso in cui Biden, ex vice di Obama, preso da slancio durante una sua conferenza in un’università, ammise: “Abbiamo costretto i nostri amici europei a imporre le sanzioni alla Russia”. Le logiche sono esclusivamente americane, per gli europei di dubbio beneficio. A mio giudizio mirano a un cambio di regime a Mosca, con un leader amico al posto di Putin, il quale però è molto scaltro e ancora oggi molto popolare.»
Putin, a differenza dei leader sovracitati è al potere da quasi vent’anni. Come giudica il suo operato?
«Continuerà ancora per molto a stare al potere, e a governare abilmente il suo Paese. Personalmente conosco la realtà della Russia, Paese che ho seguito da inviato speciale dagli anni ’90 sino al 2008. In questo lasso di tempo la Russia è cresciuta, anche nelle classi sociali più basse la povertà è diminuita. La popolarità di Putin è autentica e le logiche russe sono, all’Occidente, sconosciute. Il successo economico è attribuibile al petrolio e Putin negli anni di prosperità ha commesso un errore: quello di non aver spinto la conversione e la diversificazione dell’economia russa; lo sta facendo ora, dopo le sanzioni ma, se lo avesse fatto prima, oggi la Russia sarebbe più forte. Per quanto riguarda la politica estera, la sua capacità di prendere in contropiede gli Usa, ad esempio in Siria, è stata notevole, grazie anche all’intelligenza dei suoi collaboratori.»
Oriente. Proprio riguardo la suddetta Siria, cosa pensa del paese e del suo governatore, Assad?
«La guerra in Siria si combatte ormai da alcuni anni, la cosiddetta Rivoluzione Colorata altro non è stata che una maschera di una rivoluzione in realtà violenta. La novità è che non si è conclusa con la caduta del regime come invece era accaduto per la Tunisia, l’Egitto e, in modo assai violento, in Libia, nel 2011. Certamente la Siria non tornerà il Paese di prima e il prezzo pagato in termini umanitari sarà davvero spaventoso.»
Turchia. Come giudica Erdogan, tra la maschera di una politica moderata e la contemporanea missione di islamizzazione?
«Sono sempre stato molto scettico su Erdogan. Già dieci anni fa, in controtendenza rispetto all’opinione di allora, scrivevo che l’allora premier fosse tutt’altro che un moderato, e che perseguisse un’agenda nascosta di matrice fondamentalista. Erdogan è un integralista, e si considera l’erede non di Ataturk ma del Califfato ottomano. Ciò ha delle implicazioni molto forti, perché sposta gli interessi strategici turchi verso i Paesi del Golfo. La questione della Turchia dovrebbe esser presa seriamente in considerazione da parte dell’Occidente, tenendo anche conto che è un paese membro della NATO. L’Occidente si dovrebbe porre delle domande chiedendosi, ad esempio, se sia giusto chiudere gli occhi di fronte agli arresti dei giornalisti e alle innumerevoli volte in cui in Turchia sono stati calpestati i diritti umani. Come dire: possiamo davvero fidarci della Turchia di Erdogan?»

Intervista di Chantal Fantuzzi