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Il futuro dell’economia statunitense: contraddizioni, resilienza e nuove direzioni

Alberto Cossu – 30/07/2025

Il futuro dell’economia statunitense: contraddizioni, resilienza e nuove direzioni

Alberto Cossu

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Visione e tendenze globali

L’economia statunitense si trova a un bivio cruciale nel 2025. Dopo anni di volatilità caratterizzati da una pandemia globale, tensioni geopolitiche e una storica guerra commerciale, gli economisti sono nettamente divisi nelle loro previsioni. Molti prevedevano una recessione o addirittura un periodo di stagflazione, mentre l’economia reale ha mostrato una sorprendente resilienza. Mentre gli Stati Uniti si orientano verso l’aumento delle esportazioni, la riduzione delle importazioni e la riorganizzazione della propria base industriale, il divario tra le previsioni degli esperti e i dati attuali è diventato un elemento centrale del dibattito economico.

Previsioni negative: stagflazione, recessione e incertezza

Nel corso del 2024 e del 2025, i principali economisti hanno espresso preoccupazione per diversi rischi chiave:

  • Allarme stagflazione: Torsten Sløk, capo economista di Apollo Global Management, ha lanciato l’allarme: gli Stati Uniti potrebbero trovarsi ad affrontare una situazione di stagflazione, una combinazione di crescita lenta e inflazione persistente. Ha attribuito gran parte di questo rischio ai dazi dell’amministrazione Trump, che ha descritto come “shock stagflazionistici” che rallentano la crescita e spingono i prezzi al rialzo. Sløk ha previsto che la crescita del PIL potrebbe scendere ad appena l’1,2% nel 2025, con un’inflazione intorno al 3% e una disoccupazione in aumento dal 4,2% a un potenziale 5% o superiore entro il 2026.
  • Rischio di recessione: la probabilità di una recessione è stata stimata da alcuni analisti al 25%, soprattutto perché il PIL si è contratto dello 0,3% nel primo trimestre del 2025, il primo calo dal 2022.
  • Incertezza politica: l’economista capo di JPMorgan, Michael Feroli, ha descritto le prospettive come “più nebulose del normale”, con l’economia che si trova ad affrontare un potenziale boom dovuto ai tagli fiscali e alla deregolamentazione, o una crisi stagflazionistica se prevarranno l’incertezza politica e le restrizioni commerciali.
  • Sentimento pubblico: nonostante la precedente crescita, solo il 23% degli americani aveva una visione positiva dell’economia alla fine del 2024, riflettendo un diffuso scetticismo sulle prospettive future.

La situazione attuale: contraddire i pessimisti

Nonostante questi avvertimenti, l’economia statunitense ha sfidato le previsioni più negative in diversi modi:

  • Le esportazioni accelerano, le importazioni diminuiscono: sulla scia delle nuove politiche commerciali e dei dazi, le esportazioni statunitensi sono aumentate mentre le importazioni sono diminuite. Questo cambiamento è in parte dovuto a misure politiche mirate volte a ridurre il deficit commerciale e a incoraggiare la produzione interna.
  • Contrazione del PIL, ma non crollo: sebbene il PIL si sia contratto nel primo trimestre del 2025, il calo è stato modesto , pari allo 0,3%. Molti analisti si aspettavano una flessione molto più marcata. La contrazione è ampiamente considerata una correzione dopo un periodo di crescita superiore al trend, piuttosto che l’inizio di una recessione prolungata .
  • L’inflazione si stabilizza: contrariamente ai timori di un’inflazione galoppante, gli aumenti dei prezzi sono rimasti relativamente stabili. La maggior parte delle previsioni prevede ora che l’inflazione si attesti intorno al 3% alla fine del 2025, un livello superiore a quello pre-pandemico, ma non ai livelli di crisi.
  • Il mercato del lavoro regge: la disoccupazione è leggermente aumentata, ma resta storicamente bassa, con previsioni che suggeriscono un aumento al 4,4% nel 2025 e forse al 5% nel 2026, comunque ben al di sotto dei picchi delle precedenti recessioni.
  • Investimenti e produttività delle imprese: la riduzione delle tariffe doganali e i nuovi accordi commerciali hanno stimolato gli investimenti delle imprese, soprattutto ora che l’inflazione è in calo e la Federal Reserve adotta una posizione più accomodante, tagliando gradualmente i tassi nel corso del 2025 e del 2026 1 .

Cambiamenti politici: reindustrializzazione e crescita trainata dalle esportazioni

L’agenda economica dell’attuale amministrazione è chiara: allontanare gli Stati Uniti da un modello dipendente dalle importazioni e orientarli verso un’economia basata sulle esportazioni e sulla produzione manifatturiera. I pilastri principali includono:

  • Rilancio della produzione statunitense: un rinnovato focus sulla produzione nazionale è fondamentale. Le politiche includono incentivi per il reshoring delle catene di approvvigionamento, investimenti in settori chiave e sostegno all’innovazione tecnologica.
  • Riorganizzazione della politica commerciale: rinegoziando gli accordi commerciali e imponendo tariffe mirate, l’amministrazione mira a ridurre la dipendenza dalle importazioni, soprattutto da parte dei rivali strategici, e ad aprire nuovi mercati per i prodotti americani.
  • L’immigrazione come leva economica: gli sforzi dell’amministrazione per contenere e riformare l’immigrazione mirano a rafforzare il mercato del lavoro e la crescita salariale. Nel tempo, un sistema di immigrazione più controllato potrebbe anche apportare benefici ai paesi limitrofi, incoraggiando investimenti e sviluppo nelle loro economie, riducendo potenzialmente la pressione migratoria.

Le prospettive: scenari e implicazioni strategiche

Le prospettive economiche per gli Stati Uniti nel 2025 e oltre sono caratterizzate da una netta divergenza tra potenziali scenari di espansione e di contrazione:

ScenarioAutistiRischi/SfideProbabilità
Boom della produttivitàTagli alle tasse, deregolamentazione, guadagni di produttività guidati dall’intelligenza artificialeEsecuzione delle politiche, domanda globale, clima degli investimentiModerare
StagflazioneRestrizioni commerciali, tariffe persistenti, deriva politicaInflazione, crescita lenta, aumento della disoccupazioneModerare
Crescita moderataPolitica equilibrata, tagli graduali dei tassi, inflazione stabileShock esterni, instabilità politicaPiù probabilmente
  • Scenario di boom: se i tagli fiscali e la deregolamentazione avranno successo e se gli investimenti delle imprese continueranno ad aumentare, alimentati dall’intelligenza artificiale e dai progressi tecnologici, gli Stati Uniti potrebbero assistere a una nuova ondata di crescita della produttività e di espansione del PIL.
  • Rischio di stagflazione: se le tensioni commerciali dovessero intensificarsi e l’incertezza politica persistesse, il rischio di stagflazione persisterebbe. Ciò significherebbe crescita lenta, inflazione stagnante e aumento della disoccupazione, uno scenario che metterebbe alla prova sia le imprese che i decisori politici.
  • Crescita di base/moderata: la maggior parte delle previsioni più diffuse, comprese quelle di RSM e Deloitte, prevede una crescita degli Stati Uniti del 2-2,5% nel 2025, con un’inflazione che si stabilizzerà intorno al 2,5-3% e una disoccupazione in aumento solo modesto. Questo scenario presuppone un equilibrio tra sostegno politico e rischi esterni.

Cambiamenti strutturali e prospettive a lungo termine

Sono in atto diversi cambiamenti strutturali che potrebbero rimodellare l’economia statunitense negli anni a venire:

  • Fine dei tassi ultra-bassi: l’era dei tassi di interesse prossimi allo zero è finita. Si prevede che la Fed taglierà i tassi lentamente, ma la nuova normalità sarà rappresentata da costi di finanziamento più elevati, che potrebbero sostenere i risparmiatori e ridurre le bolle speculative.
  • Risultati della politica industriale: gli Stati Uniti stanno investendo massicciamente in settori cruciali: semiconduttori, energia verde (anche se la situazione potrebbe cambiare con una nuova leadership) e manifattura avanzata. Ciò potrebbe rendere l’economia più resiliente agli shock globali.
  • Afflussi di capitali esteri: gli Stati Uniti continuano a esercitare un’attrazione per i capitali globali, contribuendo a finanziare gli investimenti e a sostenere il ruolo del dollaro come valuta di riserva mondiale.
  • Evoluzione del mercato del lavoro: la riforma dell’immigrazione e le tendenze demografiche influenzeranno la forza lavoro. Controlli più severi sull’immigrazione potrebbero aumentare i salari nel breve termine, ma potrebbero anche creare carenze di manodopera in settori chiave se non gestiti con attenzione.

Conclusione: resilienza nell’incertezza

L’economia statunitense nel 2025 presenta un paradosso. Mentre molti economisti mettevano in guardia contro la stagnazione e la recessione, la realtà è stata più sfumata. Le esportazioni sono in aumento, le importazioni in calo, l’inflazione è stabile e il mercato del lavoro rimane solido. L’attenzione dell’amministrazione sulla reindustrializzazione e sulla crescita trainata dalle esportazioni segna un cambiamento significativo rispetto al passato, e il contenimento dell’immigrazione mira a rafforzare queste tendenze.

Tuttavia, permangono rischi significativi. Errori politici, rinnovate tensioni commerciali o shock globali potrebbero ancora ostacolare la ripresa. Il prossimo anno sarà un banco di prova per verificare se gli Stati Uniti riusciranno a transitare con successo verso un modello economico più equilibrato e resiliente, che sfrutti i propri punti di forza in termini di innovazione, capitale e produzione, gestendo al contempo le sfide di un mondo in rapida evoluzione.

L’esito finale dipenderà dall’interazione tra le scelte politiche, le condizioni globali e la capacità di adattamento delle imprese e dei lavoratori americani. Per ora, l’economia sta reggendo meglio di quanto molti temessero, il che offre un cauto ottimismo per il futuro.

Riferimenti

  1. https://www.deloitte.com/us/en/insights/topics/economy/us-economic-forecast/united-states-outlook-analysis.html
  2. https://www.economist.com/topics/the-world-ahead-2025
  3. https://economictimes.com/news/international/us/top-economist-warns-us-faces-a-crisis-worse-than-recession-heres-what-could-be-coming-us-economy-news-us-recession-news-us-stagflation-news/articleshow/122094031.cms
  4. https://www.businessinsider.com/stagflazione-recessione-economia-statunitense-inflazione-disoccupazione-prospettive-apollo-torsten-slok-2025-6
  5. https://www.entrepreneur.com/business-news/predictions-for-the-us-economy-in-2025-ey-chief-economist/485414
  6. https://rsmus.com/insights/economics/the-us-economic-year-ahead-2025.html
  7. https://www.benzinga.com/economics/macro-economic-events/24/11/42137929/2025-us-economy-outlook-cloudier-than-normal-jpmorgan-says-boom-bust-scenarios
  8. https://www.morningstar.com/economy/how-healthy-is-us-economy-heres-what-top-economic-indicators-say
  9. https://www.wsj.com/economy/us-economy-shrugs-off-trade-war-and-soldiers-on-e4d18881?mod=hp_lead_pos1
  10. https://www.nytimes.com/2025/05/07/business/economy-tariffs-recession-indicators-fed.html

DAZI STRUMENTO GEOPOLITICO: DAL COMMERCIO ALLA COERCIZIONE STRATEGICA, di Alberto Cossu

DAZI STRUMENTO GEOPOLITICO: DAL COMMERCIO ALLA COERCIZIONE STRATEGICA

Alberto Cossu – Vision & Global Trends

I dazi doganali sono sempre stati una leva fondamentale della politica economica nazionale. Nati come strumenti di protezione delle industrie locali, di correzione degli squilibri commerciali e di generazione di entrate fiscali, essi hanno accompagnato la formazione degli Stati moderni e l’emergere del capitalismo industriale. Tuttavia, nel XXI secolo, la loro funzione si è trasformata radicalmente. Sempre più spesso, i dazi non vengono applicati per ragioni strettamente economiche, ma diventano strumenti di pressione geopolitica, usati per influenzare il comportamento politico di altri Stati. In questo senso, i dazi stanno assumendo il ruolo di vere e proprie sanzioni mirate, adottate per costringere un Paese ad allinearsi agli interessi di un altro.

Questa trasformazione riflette una più ampia tendenza alla geo-economicizzazione delle relazioni internazionali, dove il potere non si esercita solo con la forza militare o diplomatica, ma anche attraverso strumenti economici strategici. In questo saggio analizzeremo questo passaggio, con particolare attenzione al caso delle relazioni tra Stati Uniti e Unione Europea, un esempio paradigmatico di come anche tra alleati i dazi possano diventare terreno di scontro.

Dazi e logiche economiche: dalle origini alla liberalizzazione

Nel XIX secolo, pensatori come Friedrich List sostennero l’uso dei dazi come elemento essenziale per lo sviluppo economico. Secondo questa visione, le industrie emergenti dovevano essere protette dalla concorrenza internazionale fino al raggiungimento di una sufficiente maturità. Stati come gli Stati Uniti, la Germania e il Giappone adottarono ampiamente questa logica durante la loro industrializzazione.

Con la fine della Seconda guerra mondiale e la nascita del sistema multilaterale basato sul GATT (poi WTO), la tendenza si è invertita. I dazi furono progressivamente considerati ostacoli al commercio e alla crescita globale. L’idea dominante diventò quella del libero scambio, e le grandi potenze economiche cercarono di ridurre le barriere tariffarie attraverso negoziati multilaterali.

Ma anche in quell’epoca, l’uso politico dei dazi non era del tutto scomparso: erano ancora utilizzati come strumenti difensivi in caso di crisi settoriali, per motivi di sicurezza nazionale o come risposta a pratiche commerciali scorrette.

Il ritorno della geopolitica: la trasformazione dei dazi nel XXI secolo

Negli ultimi due decenni, il quadro internazionale è mutato radicalmente. La crescente rivalità tra Stati Uniti e Cina, l’indebolimento del multilateralismo, la pandemia e la guerra in Ucraina hanno contribuito a ridisegnare le priorità strategiche delle potenze economiche.

In questo contesto, i dazi sono stati rivalutati come strumenti di pressione geopolitica, con caratteristiche ben precise:

  • coercizione mirata: si impongono dazi per colpire settori strategici di Paesi rivali o per forzare negoziati.
  • strumento negoziale: i dazi diventano leve per ottenere concessioni in ambiti come tecnologia, difesa, energia o ambiente.
  • segnale strategico: il loro uso comunica risolutezza e volontà di difendere gli interessi nazionali con ogni mezzo.

Questa logica è stata adottata con forza dagli Stati Uniti, che negli ultimi anni hanno utilizzato i dazi non solo contro i rivali, ma anche verso gli alleati.

La strategia tariffaria degli Stati Uniti

Con l’amministrazione Trump (2017–2021), gli Stati Uniti hanno rilanciato i dazi come strumenti centrali della politica estera ed economica. Le tariffe imposte su centinaia di miliardi di dollari di merci cinesi – giustificate con accuse di furto di proprietà intellettuale e pratiche commerciali scorrette – hanno segnato l’inizio di una nuova stagione di conflitto commerciale. Ma i dazi non hanno colpito solo la Cina: anche alleati storici come l’Unione Europea, il Canada e il Giappone sono stati coinvolti.

Trump ha invocato la “sicurezza nazionale” (Sezione 232) per giustificare tariffe su acciaio e alluminio, e ha minacciato misure simili anche per automobili europee. L’obiettivo era chiaro: ristrutturare le relazioni economiche globali secondo una logica di potere.

Contrariamente alle aspettative, l’amministrazione Biden ha mantenuto molte di queste misure. Pur adottando un tono più cooperativo, Biden ha integrato i dazi in una strategia industriale più ampia, centrata su resilienza, decoupling tecnologico e competitività industriale interna. Ad esempio, nel 2024 gli Stati Uniti hanno aumentato le tariffe su veicoli elettrici e pannelli solari cinesi non per proteggere l’occupazione, ma per limitare l’espansione tecnologica di Pechino.

Il caso USA-UE e della Cina

Il deterioramento delle relazioni commerciali tra Stati Uniti e Unione Europea è un chiaro esempio di come i dazi stiano diventando strumenti di conflitto tra partner strategici.

Nel 2018, gli Stati Uniti hanno imposto dazi del 25% sull’acciaio e del 10% sull’alluminio anche ai Paesi europei, con la giustificazione della sicurezza nazionale. L’Unione Europea ha risposto con dazi di ritorsione su prodotti americani iconici, tra cui whisky, motociclette Harley-Davidson e jeans Levi’s.

Nel 2021, l’amministrazione Biden ha sostituito i dazi con un sistema di quote, ma ha mantenuto la logica del controllo strategico delle importazioni, lasciando irrisolta la tensione di fondo.

L’approvazione dell’Inflation Reduction Act (IRA) nel 2022 ha aggiunto ulteriore benzina sul fuoco. La legge prevede sussidi e incentivi fiscali per la produzione interna di tecnologie verdi – auto elettriche, batterie, pannelli solari – ma esclude i prodotti europei se non realizzati negli Stati Uniti o con “Paesi amici”.

Per l’UE, si tratta di un chiaro esempio di protezionismo discriminatorio, contrario alle regole del WTO. Per Washington, è una misura strategica per contrastare la Cina e garantire la sicurezza delle catene di approvvigionamento.

La Commissione Europea ha avviato negoziati con Washington per ottenere uno status di “partner qualificato”, ma la disputa ha rafforzato la consapevolezza, in Europa, della necessità di una maggiore autonomia strategica.

Anche la Cina ha utilizzato le tariffe come strumento politico. Dopo che l’Australia ha chiesto un’indagine internazionale sull’origine del COVID-19, Pechino ha imposto dazi e restrizioni su prodotti australiani come vino, orzo, carbone e manzo. Ufficialmente motivati da “questioni sanitarie” o “normative tecniche”, questi provvedimenti sono stati ampiamente interpretati come una forma di punizione per una presa di posizione politica non gradita.

Rischi e implicazioni della nuova logica dei dazi

L’uso dei dazi come strumenti geopolitici ha importanti conseguenze sul sistema internazionale. Invocare continuamente la sicurezza nazionale o l’emergenza strategica per imporre dazi mina il ruolo dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, il cui meccanismo di risoluzione delle controversie è già in crisi. Se tutti gli Stati si sentono legittimati ad agire unilateralmente, le regole comuni perdono valore. Si genera un erosione del sistema multilaterale.

L’emergere di politiche di friend-shoring e decoupling contribuisce alla frammentazione delle catene di approvvigionamento globali. Mentre ciò può aumentare la resilienza di alcune economie, aumenta i costi, riduce l’efficienza e crea nuove disuguaglianze tra Paesi integrati e Paesi esclusi.

I dazi contro partner strategici come l’UE rischiano di indebolire le alleanze occidentali, spingendo gli Stati colpiti a rispondere con misure proprie. La reazione europea all’IRA è un segnale di questa tendenza: l’UE ha iniziato a elaborare una propria politica industriale e a chiedere maggiore autonomia dai vincoli imposti da Washington.

Conclusione

Il ritorno dei dazi sulla scena internazionale segna una svolta epocale. Da strumenti puramente economici, essi sono diventati armi geopolitiche, usate per difendere interessi strategici, punire comportamenti ostili e negoziare vantaggi politici. Questo vale per i rapporti tra potenze rivali, come nel caso USA-Cina, ma anche per quelli tra alleati, come tra Stati Uniti e Unione Europea.

Nel nuovo scenario globale, dove la sicurezza economica è diventata una priorità politica, è probabile che i dazi continueranno a essere usati come strumenti di influenza e coercizione. Tuttavia, l’uso eccessivo o disordinato di queste misure può generare effetti controproducenti: aumento delle tensioni, ritorno del protezionismo e crisi del sistema multilaterale. Bisogna però considerare che i dazi possono indurre alcuni stati a correggere politiche economiche che rischiano di avere effetti distorsivi sul sistema economico mondiale. Questo è il caso della Cina la cui proiezione esterna in termini di esport genera problemi al sistema economico mondiale, cosi come anche il saldo positivo nella bilancia commerciale dell’Europa con gli Usa.

Per evitare la deriva verso un mondo frammentato e conflittuale, sarà necessario ristabilire un equilibrio tra interessi strategici e cooperazione internazionale, tra sicurezza e apertura, tra potere e regole condivise.

Additive Manufacturing: l’impatto sulla geopolitica e il trasporto marittimo, di Alberto Cossu

Additive Manufacturing: l’impatto sulla geopolitica e il trasporto marittimo

Autore: Alberto Cossu – 09/06/2025

Additive Manufacturing: l’impatto sulla geopolitica e il trasporto marittimo

Alberto Cossu

Introduzione

La globalizzazione, spinta dall’ottimizzazione dei costi e dall’efficienza delle catene di approvvigionamento, ha profondamente rimodellato il panorama manifatturiero mondiale negli ultimi decenni. Questo modello, caratterizzato da una produzione frammentata su scala globale e da un’intensa dipendenza dal trasporto marittimo per la movimentazione di beni semilavorati e prodotti finiti, ha innegabilmente favorito la crescita economica e l’accesso a beni di consumo a prezzi competitivi. Tuttavia, la sua complessità intrinseca ha anche rivelato significative vulnerabilità. Eventi imprevisti come disastri naturali, tensioni geopolitiche o, più recentemente, pandemie globali, hanno esposto la fragilità di queste reti interconnesse, causando interruzioni diffuse, carenze di prodotti e una volatilità senza precedenti nei mercati. La resilienza delle catene di approvvigionamento è diventata, quindi, una priorità strategica per governi e imprese, spingendo verso la ricerca di modelli produttivi alternativi e più robusti.

In questo contesto di crescente incertezza e di ricerca di maggiore agilità, emerge con forza la produzione additiva, comunemente nota come stampa 3D e 4D, come una tecnologia dal potenziale trasformativo radicale. Lontana dalle sue origini come mero strumento per la prototipazione rapida, la manifattura additiva ha raggiunto oggi livelli di maturità e precisione tali da consentire la produzione di componenti complessi e prodotti finiti con una gamma crescente di materiali, dai polimeri ai metalli. La sua capacità di costruire oggetti strato dopo strato, partendo da un design digitale, introduce paradigmi produttivi fondamentalmente diversi da quelli sottrattivi o formativi tradizionali. Questo cambiamento non è solo incrementale; rappresenta una discontinuità che promette di ridefinire i processi industriali, la logistica e persino la geografia economica.

L’affermazione della produzione additiva è destinata a provocare una rivoluzione profonda nelle catene di approvvigionamento globali, catalizzando un significativo spostamento verso la localizzazione della manifattura e, di conseguenza, una trasformazione dei tradizionali flussi di trasporto marittimo.

La stampa 3D consente la produzione su richiesta, la personalizzazione di massa e una riduzione drastica della necessità di stoccaggio e movimentazione di prodotti finiti, spostando il focus logistico verso la gestione di materie prime. Le implicazioni economiche, operative e strategiche di questa transizione, comportano sfide e opportunità per l’industria, il sistema logistico e le politiche commerciali globali. Infine, si delinea un futuro in cui la logistica diventerà più snella, distribuita e intrinsecamente legata alle capacità produttive locali, ridefinendo il concetto stesso di “mercato globale”.

II. I Fondamentali della Produzione additiva

La produzione additiva rappresenta un paradigma di fabbricazione radicalmente diverso dai metodi tradizionali. Al suo nucleo, la stampa additiva consiste nella costruzione di oggetti tridimensionali strato dopo strato, basandosi su un modello digitale creato tramite software di progettazione assistita dal computer (CAD).[1]

Questa metodologia consente la realizzazione di geometrie di una complessità ineguagliabile con i processi tradizionali. Le tecnologie si differenziano in base al materiale utilizzato e al metodo di

solidificazione.

I vantaggi intrinseci della produzione additiva sono molteplici e catalizzano il suo ruolo dirompente. Innanzitutto, offre una libertà di design quasi illimitata, permettendo la creazione di strutture interne complesse, reticoli ottimizzati e parti consolidate che riducono il numero di componenti in un assemblaggio finale.

 Questo non solo migliora le prestazioni e riduce il peso, ma semplifica anche la catena di montaggio. La capacità di produrre su richiesta (on-demand production) elimina la necessità di grandi inventari, riducendo i costi di magazzino e lo spreco di materiali. Inoltre, la personalizzazione di massa diventa economicamente fattibile, consentendo di adattare i prodotti alle esigenze specifiche del cliente senza costi aggiuntivi proibitivi. I tempi di prototipazione e sviluppo del prodotto sono drasticamente ridotti, accelerando notevolmente l’innovazione.

Nonostante questi progressi, la produzione 3D affronta ancora diverse sfide che ne limitano l’adozione su vasta scala in alcuni settori. La velocità di produzione rimane un fattore limitante per la manifattura di massa di grandi volumi, sebbene la tecnologia sia in continua evoluzione. Esistono ancora limitazioni sui materiali, sia in termini di varietà sia di proprietà meccaniche rispetto ai materiali convenzionali, sebbene la ricerca stia rapidamente ampliando il portafoglio.

Molti processi richiedono post-elaborazione significativa (es. rimozione di supporti, finitura superficiale, trattamenti termici) che aggiunge tempo e costo al ciclo produttivo. Infine, gli investimenti iniziali in macchinari industriali e i costi dei materiali specializzati possono essere elevati, e le questioni relative alla garanzia di qualità e alla standardizzazione delle parti stampate in 3D sono ancora in fase di definizione per applicazioni critiche.[2]

Nonostante queste sfide, i rapidi avanzamenti tecnologici e l’abbattimento progressivo dei costi stanno rendendo la produzione additiva sempre più competitiva e accessibile per un’ampia gamma di applicazioni industriali.

III. L’Imperativo della Localizzazione: Produzione additiva e Manifattura Decentralizzata

L’ascesa della produzione additiva non è semplicemente un’evoluzione tecnologica; è il motore di un profondo ripensamento della logica manifatturiera globale, che spinge con forza verso modelli di produzione localizzata e decentralizzata. Questo imperativo nasce da una confluenza di fattori economici e strategici, amplificati dalle capacità uniche della stampa 3D.

Sul fronte degli stimoli economici e strategici alla localizzazione, il più evidente è la riduzione dei costi di trasporto e dei tempi di consegna dei prodotti finiti. Eliminando la necessità di spedire componenti e beni assemblati attraverso lunghe distanze geografiche, le aziende possono tagliare significativamente le spese logistiche e ridurre i tempi di attesa per i consumatori finali.

Questo è particolarmente vero per prodotti ad alto valore aggiunto, con geometrie complesse o che richiedono una forte personalizzazione. Un altro driver cruciale è la mitigazione dei rischi della catena di approvvigionamento. La pandemia di COVID-19 ha evidenziato in modo drammatico la vulnerabilità delle catene globali eccessivamente estese, esponendo le imprese a interruzioni improvvise e carenze critiche.[3]

 La produzione localizzata, abilitata dalla stampa 3D, consente alle aziende di creare hub di produzione regionali o persino locali, aumentando la resilienza contro shock esterni (come disastri naturali, conflitti geopolitici o blocchi commerciali) e garantendo una maggiore stabilità nella fornitura. Inoltre, la capacità di rispondere rapidamente alla domanda dei consumatori per prodotti personalizzati e di provenienza locale è un vantaggio competitivo sempre più rilevante. I consumatori sono sempre più attenti all’origine dei prodotti e desiderano opzioni personalizzate, un’esigenza che la manifattura additiva può soddisfare in prossimità del punto di consumo, riducendo anche l’impatto ambientale legato al trasporto[4]. La produzione su richiesta riduce drasticamente anche i costi associati alla gestione dell’inventario e all’obsolescenza dei prodotti, liberando capitali e spazio prezioso.

A rendere possibile questa transizione verso la produzione in loco sono gli abilitatori tecnologici che hanno trasformato la stampa 3D da strumento di prototipazione a vero e proprio metodo di produzione industriale. I progressi nella compatibilità dei materiali hanno ampliato la gamma di applicazioni della stampa 3D, includendo metalli ad alte prestazioni, ceramiche avanzate e polimeri con proprietà meccaniche e termiche superiori, rendendo le parti stampate adatte a usi finali critici[5].

 Parallelamente, lo sviluppo di stampanti 3D su scala industriale, con volumi di costruzione maggiori e velocità di processo incrementate, ha reso economicamente fattibile la produzione di lotti più ampi. È emerso il concetto di “micro-fabbriche”, piccole unità di produzione automatizzate che possono essere dislocate strategicamente vicino ai mercati o ai centri di consumo, operando con un’efficienza e una flessibilità elevate.

 L’integrazione della produzione additiva con l’intelligenza artificiale (AI), l’Internet delle Cose (IoT) e la robotica sta ulteriormente potenziando la manifattura distribuita, permettendo processi più intelligenti, autonomi e ottimizzati, che possono essere gestiti da remoto e adattarsi rapidamente alle variazioni della domanda o delle forniture.[6]

Numerose industrie stanno già adottando o esplorando la produzione 3D localizzata. Nel settore aerospaziale, la stampa 3D viene utilizzata per produrre pezzi di ricambio su richiesta direttamente nei centri di manutenzione, riducendo i tempi di fermo degli aeromobili e il costoso stoccaggio di migliaia di componenti obsoleti. Nel campo dei dispositivi medici, la possibilità di stampare impianti, protesi e guide chirurgiche personalizzate sul paziente, in ospedali o centri specializzati, sta rivoluzionando la cura della persona. L’industria automotive sfrutta la stampa 3D per prototipazione rapida, produzione di utensili personalizzati e, in misura crescente, per componenti finali leggeri o di design specifico. Anche i settori dei beni di consumo stanno sperimentando la stampa 3D per offrire opzioni di personalizzazione su scarpe, occhiali o articoli per la casa direttamente nei punti vendita o in centri di produzione regionali, segnando un netto spostamento verso un modello più reattivo e personalizzato di fornitura.

IV. Impatto sulla Logistica Marittima Globale

Lo spostamento verso la produzione localizzata, abilitato dalla manifattura additiva, è destinato a ridisegnare il paesaggio della logistica marittima globale. Le attuali dinamiche di trasporto, profondamente radicate nel movimento di enormi volumi di beni finiti attraverso gli oceani, subiranno una trasformazione che ne altererà non solo la quantità ma anche la tipologia di merci trasportate e le rotte prevalenti.[7] Sebbene il numero di studi riguardo all’impatto della diffusione dell’AM sui traffici marittimi siano ancora limitati si può dire quanto segue[8].

Il primo e più significativo impatto sarà la diminuzione della domanda di trasporto di prodotti finiti a lunga distanza. Man mano che la produzione si avvicina ai mercati di consumo, la necessità di spedire beni come elettronica di consumo, ricambi automobilistici, dispositivi medici e persino articoli di abbigliamento dall’Asia all’Europa o alle Americhe diminuirà.

“The maritime and shipping industry, one of the streams of logistics and supply chain networks, is expected to be revolutionized by the mainstreaming of AM. It is reported that the industry is serving more than 90% of global trade and providing employment to an estimated 1.65 million seafarers worldwide . A recent study showed that AM has the potential to reduce the transportation of finished products and increase the shipping volume of raw materials.

Consequently, it can significantly impact maritime communities (shipping owners,manufacturers and operators), traditional manufacturing industries and businesses”.[9]

“Recently, the impact of AM on car shipping supply chain logistics in the Middle Eastern region has been quantitatively studied predicting a 26–39% reduction in ton-miles of shipping by 2040” [10]

Invece di trasportare un prodotto completamente assemblato, pesante e voluminoso, si trasporteranno le materie prime necessarie per stamparlo localmente. Questo significa un potenziale calo nel traffico di container marittimi carichi di merci finite, che costituiscono la spina dorsale del commercio globale moderno. [11]

Il focus si sposterà, invece, sul trasporto di volumi più piccoli ma specializzati di materie prime per la stampa 3D, come polveri metalliche, polimeri granulari, resine e filamenti. Questo cambiamento di tipologia di carico influenzerà l’intera filiera del trasporto, dalle navi ai porti.

Questa trasformazione porterà a un cambiamento significativo nelle rotte commerciali e nelle dinamiche portuali. I grandi hub portuali che hanno prosperato come snodi per l’import-export di prodotti finiti, soprattutto quelli che gestiscono enormi volumi di container, potrebbero vedere una contrazione del loro traffico principale.[12]

La loro centralità potrebbe essere messa in discussione se la maggior parte della produzione si decentralizza. Parallelamente, potremmo assistere all’ascesa di porti specializzati nella movimentazione di materie prime per la manifattura additiva, fungendo da centri di distribuzione per polveri e altri materiali verso le nascenti “micro-fabbriche” terrestri.

Questo richiederà nuovi investimenti in infrastrutture portuali e tecnologie di movimentazione dedicate a questi specifici tipi di carico, potenzialmente più sensibili a umidità o contaminazione. L’impatto sulla redditività delle maggiori compagnie di navigazione e degli spedizionieri sarà profondo, costringendoli a riadattare le loro strategie, passando da un modello basato sul volume di prodotti finiti a uno orientato alla gestione di catene di approvvigionamento di materie prime più complesse e di nicchia.

Pertanto la rivoluzione additiva aprirà anche a nuove opportunità per la logistica marittima. Un’area chiave sarà lo sviluppo di catene di approvvigionamento efficienti per le materie prime della manifattura additiva. Questo richiederà soluzioni logistiche innovative per il trasporto, lo stoccaggio e la gestione di materiali spesso costosi e delicati, garantendo purezza e tracciabilità. Inoltre, sebbene la produzione di massa di beni di consumo si localizzi, alcune componenti ad alto valore o di dimensioni eccezionali stampate in 3D (come grandi strutture aerospaziali o parti di macchinari industriali specializzati) potrebbero ancora richiedere il trasporto internazionale, creando un segmento di mercato per servizi di spedizione altamente specializzati e a valore aggiunto.

Infine, un’opportunità trasformativa risiede nello sviluppo di “shipping hubs” che integrano direttamente strutture di produzione additiva all’interno o in prossimità dei porti. Questi porti potrebbero evolvere da meri punti di transito a veri e propri centri manifatturieri, dove le materie prime arrivano via nave, vengono immediatamente trasformate in prodotti finiti tramite stampa 3D e poi distribuite ai mercati locali o regionali. Questo modello massimizzerebbe l’efficienza, riducendo ulteriormente i tempi di consegna e la complessità logistica.

V. Implicazioni Economiche e Geopolitiche

L’onda d’urto della produzione additiva si estende ben oltre le singole catene di approvvigionamento e i flussi logistici, toccando le fondamenta stesse dell’economia globale e le dinamiche geopolitiche. La localizzazione della manifattura, guidata dalla stampa 3D, non è solo una questione di efficienza o resilienza; è un fattore di trasformazione che ridefinirà il potere economico e la sicurezza nazionale. Inoltre si estenderà alle esplorazioni spaziali:

Astronauts can print tools and[13] replacement parts on-demand, reducing the need for costly resupply missions. NASA recently made the bold claim that it wants to use AM to build habitable structures on the moon by 2040. Researchers have made a great deal of progress printing objects with simulated lunar soil, so this goal may be in reach, especially with so many advancements in additive construction”. La missione italiana “small mission to Mars” prevede per esempio la produzione di manufatti in loco con materiali disponibili sul suolo marziano.[14] 

Il primo e più ampio impatto si manifesta nella riconfigurazione delle catene del valore globali. Il modello predominante, basato sulla frammentazione della produzione e sulla sua distribuzione geografica per sfruttare i vantaggi di costo e scala, si è tradotto in catene lunghe e complesse. La manifattura additiva consente un accorciamento radicale di queste catene, promuovendo un modello più agile e spesso regionale.

Le aziende possono ridurre la dipendenza da un’unica base produttiva globale, optando per una rete di impianti distribuiti che servono mercati locali o continentali.[15] Questo potrebbe portare a una diminuzione della “esternalizzazione” (offshoring) di alcune fasi produttive a favore di una “re-industrializzazione” (reshoring) o “vicinanza” (nearshoring), con conseguenze significative sulla bilancia commerciale dei paesi e sulla creazione di valore aggiunto interno.

Per le nazioni in via di sviluppo, l’avanzamento della produzione 3D presenta un duplice scenario. Da un lato, offre un’opportunità senza precedenti di saltare fasi industriali tradizionali, passando direttamente a una manifattura avanzata e ad alto valore aggiunto. Paesi che non hanno le infrastrutture o i capitali per stabilire grandi fabbriche convenzionali potrebbero investire in hub di stampa 3D, creando economie di nicchia specializzate in prodotti personalizzati o complessi. Questo potrebbe stimolare l’imprenditorialità locale e ridurre la dipendenza dalle importazioni di beni finiti, contribuendo a una maggiore industrializzazione endogena.

Dall’altro lato, c’è il rischio che questi paesi, in particolare quelli la cui economia è fortemente dipendente dalla manifattura a basso costo per l’esportazione, possano essere lasciati indietro. Se le nazioni più avanzate riportano la produzione in patria, i paesi in via di sviluppo potrebbero subire un calo delle esportazioni e una perdita di posti di lavoro, ampliando il divario economico e tecnologico se non riescono ad adattarsi e a investire in nuove competenze e infrastrutture.

Dal punto di vista della sicurezza nazionale e della resilienza strategica, la capacità di produrre beni critici internamente è un vantaggio inestimabile. In tempi di crisi (sanitarie, economiche, geopolitiche), la dipendenza da catene di approvvigionamento estere per farmaci, dispositivi medici, componenti per la difesa o infrastrutture essenziali si è dimostrata una vulnerabilità significativa.

 La produzione additiva permette ai paesi di rafforzare la propria autonomia strategica, garantendo la disponibilità di beni vitali anche quando le rotte commerciali internazionali sono interrotte o quando i rapporti geopolitici si deteriorano. Questa capacità di fabbricazione interna è cruciale non solo per la risposta alle emergenze ma anche per il mantenimento di un’industria della difesa robusta e per la protezione delle proprietà intellettuali sensibili.

Infine, l’impatto sul mercato del lavoro sarà profondo. La transizione verso la manifattura additiva comporterà una significativa riallocazione delle competenze. Mentre i lavori di assemblaggio e produzione a basso costo e ad alta intensità di manodopera, tipici della manifattura tradizionale, potrebbero diminuire a causa dell’automazione e della localizzazione, aumenterà drasticamente la domanda di professionisti altamente qualificati.

Questi includeranno ingegneri additivi, specialisti nella progettazione per la stampa 3D, tecnici di manutenzione per le stampanti avanzate, esperti di scienza dei materiali e ingegneri del software per la gestione dei flussi di lavoro digitali. Questo richiederà investimenti sostanziali nella formazione e riqualificazione della forza lavoro per garantire che le popolazioni siano preparate per i lavori del futuro, mitigando il rischio di disoccupazione strutturale.

VI. Sfide e Prospettive Future

Nonostante il potenziale trasformativo della produzione additiva e la sua crescente adozione, il cammino verso una sua piena integrazione nelle catene di valore globali è ancora costellato di sfide significative. Superare questi ostacoli sarà fondamentale per realizzare appieno la promessa della localizzazione e della resilienza manifatturiera.

Uno dei principali ostacoli è la carenza di normative e standardizzazione internazionali complete per le parti prodotte con tecnologie additive.

A differenza della manifattura tradizionale, dove esistono decenni di standard consolidati per materiali e processi, la produzione additiva è ancora relativamente nuova ed ha bisogno di tempo.[16] Questo rende più complesso garantire la qualità, la ripetibilità e l’affidabilità delle parti stampate, specialmente in settori critici come l’aerospaziale, il medico o l’automotive, dove la sicurezza e le prestazioni sono essenziali.

Sono necessari sforzi concertati a livello globale per sviluppare protocolli di test, certificazioni dei materiali e delle macchine, e linee guida per la progettazione e la produzione che possano infondere fiducia nell’affidabilità dei componenti additivi. Inoltre, emergono questioni complesse relative alla proprietà intellettuale dei file digitali che sono la base della produzione 3D, richiedendo nuovi quadri giuridici.

Un’altra sfida cruciale riguarda lo sviluppo delle infrastrutture necessarie per supportare una rete di produzione più distribuita. La transizione verso hub di manifattura locali o “micro-fabbriche” richiede investimenti significativi non solo in macchinari per la stampa 3D, ma anche in un’infrastruttura energetica affidabile e, idealmente, sostenibile, nonché in una connettività digitale robusta.

La gestione dei nuovi flussi di materie prime e dei potenziali rifiuti generati dai processi additivi locali richiederà anche sistemi logistici e di smaltimento adattati. La disponibilità di una forza lavoro qualificata è altrettanto critica, con la necessità di programmi di formazione e riqualificazione per formare i tecnici, gli ingegneri e i designer del futuro.

È importante riconoscere che il ritmo di adozione della produzione additiva sarà graduale e diseguale. Non tutte le industrie o i tipi di prodotti sono ugualmente adatti alla stampa 3D con le attuali tecnologie e costi. Settori come l’aerospaziale e il medicale, con la loro enfasi su personalizzazione, complessità e valore aggiunto elevato per unità, sono stati tra i primi ad abbracciare la tecnologia.

Tuttavia, per la produzione di massa di beni di consumo a basso costo, le tecniche tradizionali rimangono spesso più efficienti. La velocità con cui la stampa 3D si affermerà dipenderà dai continui progressi tecnologici (soprattutto in velocità e costi), dalla maturazione degli standard industriali e dalla volontà delle aziende di reimmaginare le proprie catene di valore. Ci saranno anche disparità regionali, con i paesi più tecnologicamente avanzati o con politiche industriali mirate che probabilmente guideranno l’adozione.

Guardando al futuro, è improbabile che si verifichi una sostituzione completa della manifattura tradizionale con la sola produzione additiva. Piuttosto, il panorama manifatturiero globale evolverà verso un modello ibrido. In questo scenario, la produzione di massa di beni standardizzati e a basso costo continuerà a beneficiare delle economie di scala della manifattura convenzionale, spesso ancora centralizzata.

Contemporaneamente, la produzione additiva assumerà un ruolo sempre più centrale per la realizzazione di prodotti altamente personalizzati, componenti complessi, pezzi di ricambio su richiesta e produzioni a basso volume. Questa coesistenza permetterà alle aziende di sfruttare i punti di forza di entrambe le metodologie, creando catene di approvvigionamento più flessibili, resilienti e in grado di soddisfare una gamma diversificata di esigenze del mercato.

La stampa 3D non eliminerà il trasporto marittimo, ma lo ridefinirà, spostando il focus dal trasporto di prodotti finiti a quello di materie prime e di componenti ad alto valore, e integrando la logistica con la capacità produttiva distribuita.

VII. Conclusione

La produzione additiva si sta affermando non come una semplice innovazione tecnologica, ma come un catalizzatore che potrebbe essere destinato a rimodellare in modo profondo il panorama della manifattura globale e, di conseguenza, la logistica marittima. Come abbiamo esplorato, la sua capacità di abilitare una produzione flessibile, su richiesta e altamente personalizzata spinge inevitabilmente verso una localizzazione delle catene di approvvigionamento, riducendo la dipendenza dal lungo trasporto di beni finiti e mitigando le vulnerabilità esposte da un sistema eccessivamente globalizzato.

Questo spostamento avrà un impatto trasformativo sui flussi marittimi, orientandoli sempre più verso la movimentazione di materie prime specializzate piuttosto che di voluminosi prodotti assemblati, e delineando nuove dinamiche per porti e rotte commerciali. Le implicazioni economiche e geopolitiche sono vaste, promettendo una maggiore resilienza nazionale e la possibilità di una ri-industrializzazione localizzata, sebbene con significative sfide per il mercato del lavoro e per le nazioni in via di sviluppo che non sapranno adattarsi.

In definitiva, il futuro della manifattura e della logistica sarà ibrido, un connubio tra processi tradizionali su larga scala e una produzione additiva agile e distribuita. Comprendere e abbracciare questa rivoluzione è essenziale per le imprese e i governi che mirano a costruire catene di approvvigionamento più resilienti, innovative e sostenibili nell’era a venire.

La capacità della produzione additiva di consentire una manifattura decentralizzata ha profonde implicazioni geopolitiche, ridefinendo la sicurezza nazionale[17] e l’equilibrio del potere economico globale. Tradizionalmente, le nazioni dipendono da catene di approvvigionamento globali, spesso complesse e frammentate, per l’accesso a beni strategici, componenti militari critici, dispositivi medici essenziali e infrastrutture vitali. Questa dipendenza può diventare una vulnerabilità significativa in contesti di tensioni geopolitiche, conflitti commerciali o crisi internazionali, poiché la fornitura può essere interrotta o “armata”.

La stampa 3D offre la possibilità di “reshoring” o “nearshoring” della produzione di questi beni critici, permettendo alle nazioni di rafforzare la propria autonomia strategica e ridurre la vulnerabilità a shock esterni.

Questo accorciamento delle catene di approvvigionamento non solo migliora la resilienza in tempi di crisi, ma contribuisce anche alla sicurezza economica, proteggendo l’innovazione e la proprietà intellettuale. Inoltre, l’adozione diffusa della manifattura additiva potrebbe alterare gli equilibri di potere nel commercio internazionale, poiché i paesi con solide capacità di produzione 3D potrebbero diventare meno dipendenti dalle importazioni di beni finiti e, al contrario, focalizzarsi sull’esportazione di materie prime specializzate o di know-how tecnologico.

Per le nazioni in via di sviluppo, ciò presenta sia l’opportunità di “saltare” le fasi tradizionali di industrializzazione, sia il rischio di rimanere ai margini se non riescono a investire nelle tecnologie e nelle competenze necessarie. In sintesi, la produzione additiva emerge come uno strumento chiave nella ridefinizione della sovranità industriale e della capacità di una nazione di proiettare il proprio potere economico e strategico in un mondo sempre più interconnesso ma anche volatile.


[1] Gibson, I., Rosen, D., & Stucker, B. (2014). Additive Manufacturing Technologies: 3D Printing, Rapid Prototyping, and Direct Digital Manufacturing. Springer. https://link.springer.com/book/10.1007/978-1-4939-2113-3

[2]https://www.researchgate.net/publication/373362740_Some_Challenges_and_Opportunities_in_Additive_Manufacturing_Industrialization_Process

[3] http://journal.sagpb.com/index.php/SAJOL/article/view/126

[4] https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0360835223006241

[5]https://www.researchgate.net/publication/364468293_A_review_of_various_materials_for_additive_manufacturing_recent_trends_and_processing_issues

[6]https://www.researchgate.net/publication/346656885_Additive_Manufacturing_Applications_for_Industry_40_A_Systematic_Critical_Review

[7] file:///C:/Users/Hp/Downloads/ssrn-4311254%20(1).pdf

[8] https://www.mpa.gov.sg/docs/mpalibraries/mpa-documents-files/ittd/additive-manufacturing-(closed)/maritime-sg-am-landscape-rpt-2022.pdf?sfvrsn=805d0201_4

[9] file:///C:/Users/Hp/Downloads/ssrn-4311254%20(1).pdf pag.191

[10] file:///C:/Users/Hp/Downloads/ssrn-4311254%20(1).pdf pag.202

[11]https://manufacturingdigital.com/articles/manufacturing-unwrapped-3d-printing-in-the-maritime-sector

[12] https://www.maritimestudies.nus.edu.sg/wp-content/uploads/2021/01/DT2020_Impact-of-disruptive-technologies-on-maritime-trade-and-maritime-industry_final-report_Final.pdf

[13] https://wohlersassociates.com/uncategorized/challenges-and-future-trends-in-additive-manufacturing/

[14] Destinazione Marte, , pubblicato da Distretto Aerospaziale della Sardegna DASS, 2013, Cagliari

[15] https://www2.deloitte.com/content/dam/insights/us/articles/additive-manufacturing-business-case/DR15_3D_Opportunity_For_Production.pdf

[16] https://www.astm.org/membership-participation/technical-committees/committee-f42

[17] https://nap.nationalacademies.org/read/25890/chapter/1

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