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CINA e STATI UNITI, due piani di sicurezza nazionale a confronto_di Giuseppe Germinario

CINA e STATI UNITI, DUE PIANI DI SICUREZZA NAZIONALE A CONFRONTO

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Il dibattito politico-strategico internazionale di quest’ultimo mese si è incentrato quasi esclusivamente sul NSS (National Security Strategy) statunitense. È passato infatti in secondo piano il fatto che anche i governi cinese, nel maggio scorso e  russo, due mesi fa, hanno a loro volta presentato un documento analogo. Il corollario di questa relativa “attenzione” è stato una produzione asfittica di analisi comparate dei tre documenti delle tre principali realtà geopolitiche.

Una disattenzione in qualche modo comprensibile nei riguardi di quello russo, tutto incentrato sulla situazione interna e sulla gestione in particolare delle differenze etniche e di nazionalità presenti nella Federazione Russa. Non che l’amministrazione russa abbia trascurato i temi della coesione sociale, dello sviluppo economico e della diversificazione produttiva interni al paese, della postura geopolitica e della strategia militare. Tutt’altro! Li ha semplicemente esposti in documenti nettamente separati e a se stanti.

Colpisce, invece, l’enfasi all’approccio “olistico” che promana dai due documenti cinese e statunitense, nel primo ostentato e dichiarato continuamente, quasi ossessivamente, nel secondo più sotteso.

Tre impostazioni diverse quindi  che, a loro modo, rivelano tre impostazioni ed urgenze diverse: quella russa, apparentemente più regionale, se così si può parlare di un paese diffuso in quattro continenti, non fosse altro perché assillato fondatamente dalla sicurezza  dei propri confini e confortato ormai da una economia sviluppata  e dinamica che può e potrà contare su risorse proprie addirittura ridondanti.

Le altre due dal carattere esattamente speculare nella loro acuta attenzione alla collocazione geopolitica e al nesso tra politica estera e situazione interna.

Della situazione russa continueremo ad approfondire in altre occasioni.

Il sito, per altro, ha riservato una attenzione costante e originale, sin dalla sua nascita, alla situazione e alle posizioni e tendenze presenti negli Stati Uniti.

L’attuale leadership statunitense, tornata al governo da circa un anno, ma non ancora saldamente al potere, se mai ci riuscirà pienamente e stabilmente, ha compreso il nesso tra la sua insostenibile sovraesposizione internazionale, così poco selettiva, l’approccio universalistico dell’eccezionalismo americano, il globalismo predicato e la allarmante fragilità interna della propria formazione sociale. Una fragilità provocata ed alimentata dalle precedenti leadership al governo, ma detentrici ancora di significative leve di potere, le quali hanno consentito di “parassitare” il proprio paese ad opera di forze esterne di cui sono espressione. Una narrazione, quella di un paese parassitato, per altro poco credibile agli occhi del resto del mondo, con qualche fondamento in situazioni di decadenza imperiale, tesa comunque ad identificare e additare un nemico esterno, anche se, per il momento, di natura diversa rispetto alle narrazioni precedenti e ad additare e delegittimare, pur con buone ragioni, l’avversario politico interno come nemico.

Ne consegue un radicale cambiamento, almeno nelle intenzioni, delle priorità e delle modalità di esercizio dell’impegno politico e di ottenimento dei risultati, quindi, in ordine decrescente:

  1. Difesa ed impermeabilità dei propri confini nazionali ed epurazione degli immigrati illegali e in condizione precaria. Ricostruzione della base industriale del paese fondata sui primati tecnologici dei quali dispone il paese e ripristino su basi nuove della coesione sociale fondata sulla valorizzazione dei ceti produttivi
  2. Delimitazione, nei limiti del possibile, dell’intervento diretto e proattivo e nelle sue più svariate forme al proprio “giardino di casa”, esteso dalla Groenlandia all’America Latina. Dovrebbe essere questo, quindi, lo spazio di confronto più diretto con Russia e Cina, ma in condizioni molto diverse rispetto solo a pochi decenni fa. La Russia e soprattutto la Cina hanno avuto il tempo di tessere importanti relazioni politiche ed economiche con i paesi di quel continente, grazie anche alla “complicità” statunitense nei passati processi di deindustrializzazione di quelle aree; le élites politiche locali non sono più, per altro, di stretta e totale emanazione nordamericana
  3. Il confronto con le maggiori potenze emerse, Cina e Russia, viene, per meglio dire si vorrebbe trasformare in un rapporto di accesa competizione però  di lunga durata e di cooperazione tattica in attesa del riaccumulo delle forze necessarie a sostenere un eventuale confronto aperto
  4. Sussunzione sempre più rigorosa delle strategie e politiche economiche, delle stesse catene di produzione alle strategie politiche, geopolitiche e militari. Di fatto le catene di produzione dei settori strategici devono coinvolgere la sola cerchia dei paesi più fidati, lasciando libero il commercio e le catene di produzione dei soli settori complementari

Da questo la riconsiderazione di una nuova stratificazione del sistema di alleanze, di un ruolo più proattivo, nelle rispettive aree, dei soggetti da aggregare e/o riaggregare, di una qualità diversa delle modalità operative e di esercizio della politica estera, diplomatica, economica e militare.

Tutti propositi e schemi attuativi che prevedono una fase transitiva di scompaginamento del sistema consolidato di relazioni inquadrabile in una definizione particolare e spregiudicata, tipicamente trumpiana, di multilateralismo.

Si osserva curiosamente l’utilizzo di un primo termine comune, il multilateralismo, alle due opzioni strategiche speculari  cinese e statunitense.

L’altro tratto comune a quello cinese, che risalta nella NSS, è la trasformazione della cosiddetta politica di aiuti, legata alla famigerata attività delle ONG,  in quella di investimenti produttivi, a quanto pare anche con forme di compartecipazione delle élites locali nella gestione. L’Africa e l’America Latina sono i continenti maggiormente deputati a ricevere queste attenzioni. Se per i cinesi, la pratica degli investimenti produttivi ed infrastrutturali sono stati sin dall’inizio fondativi delle relazioni economiche, per gli Stati Uniti potrebbe rivelarsi un ritorno al passato remoto, rispetto alle politiche quasi esclusivamente  direttamente finanziarie-predatorie o assistenziali dei tempi recenti. Resteranno da verificare quote, modalità e pretese a svelare le reali intenzioni.

Ci sono, però degli aspetti che in qualche maniera caratterizzano diversamente questi due tratti “comuni”:

  1. Se è vero che la NSS presuppone una iniziale, scompaginante dinamica molecolare e variabile delle relazioni con i singoli paesi, è altrettanto vero che l’obbiettivo dell’attuale leadership statunitense è quello di ricostruire il più rapidamente possibile nuove reti  di alleanze a strutture concentriche con i paesi e le leadership più affini politicamente e culturalmente, il documento parla appunto di civiltà di fatto giustapposte, nella fascia più prossima al centro di gravità. Gli esempi di questa prima fascia sono sicuramente l’AUKUS, l’area della “pax silica” ( Giappone, Olanda, Gran Bretagna, Taiwan in via ufficiosa, Corea del Sud, Singapore, Australia, Emirati Arabi Uniti, Israele e, presumo, Arabia Saudita). Sono paesi, in quest’ultimo caso,  ai quali è riservato il privilegio a vario titolo e grado  della compartecipazione ai grandi progetti strategici economico-scientifici-militari, quali l’intelligenza artificiale e il ciclo di hardware connesso. Sono paesi che sono particolarmente istigati e che sono delegati ad assumere un ruolo di guida periferica e regionale delle gestione della competizione e dello scontro in primo luogo con la Cina, ma sempre sulla base di relazioni primarie strategiche di tipo bilaterale tra il paese capofila, gli Stati Uniti e ciascuno di essi. E sempre con la consapevolezza dell’incertezza e mutevolezza, della diffidenza che caratterizza questa fase di transizione. A sottolineare quanto questa contezza sia ben più radicata di come traspaia nel NSS può essere sufficiente questa rivelazione: il documento del NSS  sottolinea più volte il rischio concreto, a causa delle élites che lo governano e dei conseguenti processi migratori incontrollati, che i paesi dell’Europa e della UE, in particolare i più rilevanti (Regno Unito, Francia, Germania, Italia) cambino di natura e perdano l’impronta specifica della loro civiltà, allontanandole, grazie al prevalere di forze islamiche radicali ormai annidate,  in maniera ostile dagli attuali profondi legami che consentono strette collaborazioni e sinergie anche militari. Due di questi, Regno Unito e Francia, dispongono di arsenale atomico proprio. Ebbene, la Casa Bianca e il Dipartimento della Guerra hanno incaricato il Dipartimento di Stato di preparare un piano di sicurezza entro il 1928 cui seguirà un piano operativo del Pentagono e dei servizi segreti , da completare entro il 1935, che prevede l’utilizzo di un gran numero di forze speciali, già presenti in loco, per sequestrare e rimuovere l’arsenale atomico intero, intanto del Regno Unito. Se ne parlerà più diffusamente in altre occasioni.  A corollario, già adesso gli Stati Uniti stanno limitando pesantemente i visti di accesso dalla Gran Bretagna. Il recente divieto di ingresso negli USA dell’ex commissario UE, Breton, rappresenta un altro indizio della fondatezza di questi propositi
  2. Esiste una seconda fascia, in fase avanzata di formazione, di “alleati” deputati ad essere particolarmente spremuti e spogliati, nella loro doppia funzione di paesi tributari e di paesi di prima linea disposti ad assumere il ruolo suicida ed autolesionista di gestione diretta del confronto militare regionale. I paesi della UE, nella quasi totalità, sono deputati consapevolmente ad immolarsi a questo sacrificio!
  3. La terza fascia è costituita dai terreni di caccia: 1)- l’Africa in particolare, dove sarà possibile una competizione ed un conflitto con non tracimi in uno scontro generalizzato incontrollato, ma con un fattore di ulteriore imprevedibilità rispetto a qualche decennio fa: la presenza di élites locali più indipendenti e consapevoli degli spazi di agibilità offerti dalla presenza di forze multipolari;e le regioni artiche 2)- la regione caucasica, turcomanna (kazaki, ect) ed artica, pericolosamente vicine queste tre ultime ai confini delle potenze competitrici
  4. Una quarta fascia, quella destinata ad assumere un ruolo di comprimari di un mondo multipolare e ad arricchire gli spazi di agibilità ed imprevedibilità, costituita al momento in particolare da India, Turchia, Iran, Brasile(?), interessata a protrarre il più possibile, in questo tendenzialmente più consonanti  con Russia e Cina, una fase di transizione scevra da alleanze politiche rigidamente ben definite

La sottolineatura, sia pure ancora approssimativa di questi quattro punti,  serve a definire meglio i fondamenti culturali, le caratteristiche comuni e le differenze dell’impostazione “olistica” dei due documenti e delle terminologie e degli schemi adottati, ma anche delle “ipocrisie” presenti soprattutto nel documento cinese.

  • Se la natura sottesa, sotto traccia, dell’impostazione olistica del documento statunitense deriva dal fondamento pragmatico-empirico del bagaglio culturale anglosassone, l’impostazione ribadita continuamente  nel documento cinese, deriva dall’attenzione e dall’appartenenza al “tutto” del bagaglio culturale confuciano e dalla schema peculiare del bagaglio comunista di procedere rigorosamente nell’esposizione e nello schema mentale dal generale al particolare. Impostazioni corroborate dalla formazione professionale stessa delle due classi dirigenti e in particolare dei due presidenti
  • La maggiore insistenza, di fatto l’ossessione, che spinge i redattori cinesi ad affermare la dinamica multilaterale di soggetti atomizzati non vincolati specificatamente in alleanze consolidate nasce da una aspirazione, probabilmente al momento genuina, e consapevolezza che un sistema rigido di alleanze, specie in uno schema tripolare, costituisca il prodromo di un conflitto generalizzato catastrofico
  • Il multilateralismo nella accezione cinese consiste in una relazione paritaria tra stati che consenta rapporti compromissori e diplomatici non condizionati da alleanze politico-militari e da identità ideologiche, ma regolati da istituzioni internazionali rette da procedure consensuali. La visione di un paese in espansione che deve alimentare con le esportazioni il suo imponente apparato produttivo industriale e il suo fabbisogno di materie prime ed energetiche da importare. La natura e i limiti dei BRICS sono il prodotto più evidente di questa visione, tipica di una élite libera dai cascami interni di un retaggio imperialistico recente e nutrita, quindi, di una visione progressiva di sviluppo della propria formazione sociale
  • Una visione che induce e funge da supporto  ad una contrapposizione dualistica e semplicistica, di fatto impregnata di ipocrisia, tra le forze positive propugnatrici della globalizzazione foriera di vantaggi comuni e relazioni regolamentate pacifiche, di cui la Cina si pone come paladina e le forze protezionistiche, fautrici di azioni unilaterali e arbitrarie, de stabilizzatrici, impersonate in particolare dagli Stati Uniti. Da qui la riesumazione delle mirabilie della teoria dei vantaggi comparati di Adam Smith che consente di proclamare tutti vincitori nell’agone internazionale. La realtà impone una interpretazione più prosaica del sistema di relazioni di un paese e della sua classe dirigente, la Cina, capace di utilizzare con grande abilità pratiche protezionistiche e aperture di mercato selettive in funzione delle esportazioni e di sfruttare  gli spazi offerti  dal contesto di una globalizzazione alimentata da una classe dirigente statunitense talmente presuntuosa ed accecata dalla propria missione da ritenere possibile il controllo egemonico globale grazie al proprio complesso e sofisticato predominio militare, tecnologico, politico-culturale, finanziario e di direzione manageriale, rinunciando alla propria base produttiva nazionale e ad una sufficiente coesione della propria formazione sociale nazionale. Una dinamica che sta producendo nel mondo nuovi perdenti e nuovi vincitori nonché nuovi squilibri destabilizzanti che non tarderanno a produrre nuovi conflitti e nuove ricomposizioni pur in un quadro tendenziale  di sviluppo medio. Un paese, gli Stati Uniti, che fonda la propria esistenza e predominio su un debito colossale e su una rendita militar finanziaria, e un paese che fonda gran parte della sua potenza detenendo il 40% delle esportazioni mondiali, con tutti gli scompensi che tale attivo comporta e tutte le dipendenze dalle rotte commerciali e dalle basi di estrazione che induce sono entrambi, per il momento a diverso grado, fattori che alimentano nuovi squilibri, contraddizioni e conflitti nonché nuove gerarchie.
  • A leggere tra le righe del documento cinese la nebbia degli enunciati irenici è attraversata ampiamente, anche se in maniera strisciante, dalla luce del realismo di una classe dirigenze che sottolinea il tema del controllo interno flessibile e pone, nello stesso documento,  allo stesso livello il tema della sicurezza e dell’espansione, del controllo e dello sviluppo interno delle attività e delle tecnologie strategiche, del controllo e della sicurezza delle rotte commerciali, della regolamentazione con una propria giurisdizione delle relazioni internazionali specifiche, di una selettiva apertura interna consentita dall’acquisizione sufficiente di potenza e predominio tenologico-finanziario. Anche se sottaciuti, i problemi creati dal procedere difficoltoso della “belt and road”, dal recupero di ingenti crediti ai paesi terzi e delle garanzie draconiane imposte, dalla natura ovviamente interessata degli investimenti infrastrutturali all’estero esistono ed indurranno prima o poi alla accentuazione di politiche di influenza.

Per concludere, ferma restando la diversa natura e qualità delle attuali politiche estere dei due paesi, sono innegabili le affinità presenti nei due documenti. Entrambi colgono il nesso tra politica estera e politica interna, ma uno, quello cinese, per affermarlo pienamente, l’altro per liberarsene e ricostituirlo su nuove basi. Entrambi fautori di una politica listiana (da Friedrich List); per uno, quello statunitense, è una grande novità averla  enunciata  e praticata apertamente e violentemente, piuttosto che in maniera subdola; con dinamiche e condizioni operative diverse dovute ad una realtà espansiva più lineare, quella cinese, e una di arretramento e riassestamento, quella statunitense.

Oltre che per le ragioni culturali già citate, il nesso è apertamente proclamato in quello cinese perché il confronto e scontro politico è più controllato grazie alla fase espansiva del sistema e alla attuale maggiore funzionalità dell’assetto istituzionale, più flessibile di quanto la narrazione occidentale racconti, in grado però di nascondere potenzialmente anche a se stesso per troppo tempo le pecche e le tare; un tema, comunque, ben presente nella dirigenza cinese, sempre più attenta ai criteri di selezione e di verifica dei risultati. E’ presente, ma sottinteso, in quello statunitense preda di un violento scontro politico interno dall’esito incerto  e di un crescente disordine e riassetto  istituzionale.

Gli Stati Uniti, dal canto loro, devono trattare se non risolvere un paradosso ed affrontare un rischio supplementare.

  • Il paradosso è  determinato dagli strumenti disponibili per innescare e realizzare il processo di reindustrializzazione. Parte di questi sono gli stessi che hanno determinato questa situazione e che dovranno essere a loro volta ridimensionati e ricondotti a modalità di controllo e funzioni diverse: i circuiti finanziari e la funzione del dollaro. Un paradosso di per sé, ma anche perché contribuisce a rendere fluida ed instabile la composizione del blocco sociale che sostiene l’attuale amministrazione
  • Il rischio è legato alla parziale consegna, alla porticina lasciata socchiusa, obtorto collo, della gabbia entro cui vivono i propri uccellini, alias i propri alleati. Si sa che gli uccellini abituati in gabbia, difficilmente riescono ad apprezzare il valore della libertà ed approfittare delle opportunità, la porticina socciusa, appunto, di quella gabbia. I paesi europei sono l’esempio più deprimente. Non è detto, però, che le attuali dinamiche interne alla NATO, così oltranziste e legate ad una fazione precisa dello schieramento politico statunitense, non producano una propria nemesi. Qualche uccellino potrebbe tentare l’avventura in proprio.

La Cina, d’altro canto, corre rischi di diversa natura, in primo luogo che sorgano rapidamente altri paesi intenzionati a perseguire, con altri strumenti, le stesse finalità di riorganizzazione e di riequilibrio perseguite dagli Stati Uniti e con questo rimettere in discussione i tempi e le modalità di riequilibrio della postura decisi dalla dirigenza cinese. Il contenzioso che si sta riaprendo nelle aree “periferiche” del mondo potrebbe aprire nuovi spazi in questa direzione.

Per concludere, una visione conciliativa ed irenica di una classe dirigente, pur nella sua probabile ipocrisia, è sostenuta sicuramente dall’humus culturale e dalla tradizione del paese, ma può essere “aggiustata” e capovolta dalle dinamiche geopolitiche esterne suscettibili di cambiare la direzione e ribaltare gli equilibri interni alla stessa classe dirigente.

Una preoccupazione latente nel documento cinese. Una preoccupazione, quindi, di stabilità interna, anch’essa, che accomuna i due paesi, l’uno, la Cina, impegnata a costruire un welfare universale quanto meno carente e discriminatorio al momento, l’altro, gli Stati Uniti, a ricostruire attraverso il tentativo di reindustrializzazione quel ceto medio produttivo indispensabile a garantire dinamismo e coesione. Una preoccupazione mascherata da un trionfalismo da “magnifiche sorti e progressive” tipiche della sicumera statunitense.

Due documenti che annunciano di fatto una progressiva separazione di aree e standard operativi, una competizione accesa e ambiti di cooperazione condizionata, piuttosto che di accordi strategici.

Il discorso di J. D. Vance al raduno di Erika Kirk: testo integrale

Il discorso di J. D. Vance al raduno di Erika Kirk: testo integrale

Mentre il movimento trumpista si frammenta sotto l’effetto di divisioni sempre più radicali – una frangia per la quale l’antisemitismo è una leva per conquistare il potere – il vicepresidente americano cerca di trovare un equilibrio.

Ma su quali basi è possibile riunire i sostenitori di Hitler con gli eredi di Reagan?

Lo traduciamo.

Autore Il Grande Continente

Il discorso è importante; offre una panoramica del retroterra culturale che muove il movimento MAGA. La chiosa è interessante per l’unilateralità e la faziosità dell’interpretazione. Il segno degli scarsi strumenti di analisi e comprensione di cui dispone il progressismo liberale_Giuseppe Germinario


J.D. Vance ha tenuto domenica 21 dicembre un importante discorso alla conferenza AmericaFest 2025, creata dall’organizzazione Turning Point, fondata dall’attivista trumpista Charlie Kirk, assassinato quest’anno, e poi ripresa dalla moglie Erika Kirk

Al centro di questo discorso vi sono un omaggio al suo «amico Charlie» e un invito al resto del movimento conservatore a rimanere unito, in uno dei momenti più delicati dal ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca.

Accompagnato sul palco dalla vedova di Kirk, colui che è considerato uno dei potenziali successori di Trump alla guida del movimento MAGA per il 2028 ha rifiutato di sottoporre i repubblicani a “test di purezza”, ritenendo che le controversie siano la prova della libertà di pensiero e di opinione all’interno del movimento conservatore.

Questa facciata fiduciosa fatica tuttavia a nascondere le profonde divisioni che si stanno accentuando tra le diverse fazioni del partito repubblicano e che hanno una matrice radicale: l’emergere all’interno del partito di un movimento antisemita e hitleriano.

Al centro della controversia c’è il podcaster di estrema destra Nick Fuentes, le cui dichiarazioni antisemite, razziste e misogine gli sono valse l’esclusione dalla maggior parte delle piattaforme e degli eventi mainstream, ma che grazie al suo pubblico e alla sua influenza tra i giovani del partito repubblicano — il New York Times stima che il 40% il numero di giovani quadri che seguirebbero scrupolosamente le sue trasmissioni radicali — sembra essere la figura emergente del mondo trumpista.

Criticato da Charlie Kirk per il suo sostegno a Israele e la sua mancanza di radicalità nei confronti della comunità LGBT, Fuentes ha visto il suo pubblico crescere notevolmente dopo la morte di quest’ultimo; nel novembre 2025, un’intervista con l’ex conduttore di punta della Fox News Tucker Carlson ha causato un’onda d’urto nel mondo conservatore. Il presidente del potente think tank Heritage Foundation, uno dei principali autori del Progetto 2025, ha dovuto ritirare il suo sostegno all’intervista a causa delle critiche e delle dimissioni all’interno della sua stessa organizzazione.

Tra coloro che hanno criticato l’approccio di Carlson c’è Ben Shapiro, altro podcaster e fondatore del Daily Wire, presente da molti anni nel movimento conservatore. Di fede ebraica ortodossa e difensore di Israele, in seguito all’intervista e alle numerose osservazioni antisemite che la costellano, ha definito Tucker Carlson «il più virulento propagatore di idee ignobili in America» 2 ».

Presente alla conferenza AmericaFest, Ben Shapiro ha accusato apertamente di codardia coloro che rifiutano di condannare le dichiarazioni complottiste e antisemite, chiedendo una maggiore vigilanza di fronte all’ascesa di queste idee radicali. Questo intervento è stato immediatamente seguito da quello di Tucker Carlson, che da parte sua ha affermato di «aver riso» davanti al suo discorso, deridendo l’idea di introdurre la censura in un evento dedicato a Charlie Kirk 3.

Tra le persone prese di mira da Shapiro figura anche la podcaster Candace Owens. Figura conservatrice in ascesa, ha fatto parte del Daily Wire, prima di essere licenziata nel 2024 a seguito di commenti antisemiti.

Da allora Candace Owens continua, sui propri canali social, a diffondere teorie complottistiche provenienti dall’alt right, spesso su sfondo antisemita, condividendo ormai con i suoi milioni di ascoltatori testi tratti dalla propaganda antisemita nazista. Sostenitrice di Donald Trump durante il suo primo mandato, oggi afferma di pentirsi di questo impegno, in particolare dopo il sostegno che il presidente ha dimostrato a Israele contro l’Iran 4.

Owens non è stata invitata a partecipare all’AmericaFest 2025, probabilmente a causa delle tensioni esistenti tra lei ed Erika Kirk. Dopo l’omicidio di Charlier Kirk, Owens aveva realizzato numerosi video e podcast in cui avanzava teorie complottistiche relative all’assassinio, mettendo in discussione l’identità dell’assassino e le sue motivazioni. In particolare, affermava che i servizi segreti israeliani e francesi fossero coinvolti e che Charlie Kirk stesse per ritirare il suo sostegno a Israele, il che lo avrebbe messo in contrasto con alcuni donatori ebrei di Turning Point USA 5.

Se alcuni, come Tucker Carlson, hanno sostenuto sui social network le affermazioni di Owens, altri deridono la sua ossessione complottista antisemita. D’altra parte, questi video hanno contribuito in modo significativo alla crescita del suo pubblico: grazie alla potenza degli algoritmi, questa figura marginale è diventata una delle figure centrali del movimento MAGA.

Il discorso di J. D. Vance cerca di trovare un compromesso tra queste due posizioni, secondo l’idea che non si debba escludere nessuna delle voci conservatrici, indipendentemente dalla loro virulenza, mentre il partito repubblicano ha appena subito una sconfitta alle elezioni locali e l’amministrazione Trump è scossa dagli scandali legati al caso Epstein, che ha già portato alle dimissioni della rappresentante al Congresso Marjorie Taylor-Greene  6.

Il potenziale futuro candidato cerca quindi di unificare il più possibile i conservatori, mentre una separazione tra il movimento MAGA e il partito repubblicano sembra più che mai una possibilità. 

Per riunire un partito diviso su una matrice così radicale, è necessario proiettare la violenza all’esterno, e in primo luogo in Europa: «Aiutiamo gli anziani americani in pensione, in particolare eliminando le tasse sulla previdenza sociale, perché crediamo che sia necessario onorare il padre e la madre piuttosto che inviare tutti i loro soldi in Ucraina».

Sul territorio degli Stati Uniti, il nemico è multiforme: i democratici, la sinistra, l’«estrema sinistra» — tutte cose confuse per J. D. Vance — sono ovunque; mantengono il loro controllo sul dibattito pubblico; i loro gruppi «avvelenano i vostri figli con trattamenti ormonali sostitutivi e tossine nelle vostre riserve idriche», aprendo al contempo il Paese agli stranieri a scapito dei nativi: ad esempio, il governatore democratico del Minnesota Tim Walz «permette agli immigrati somali di frodare [il programma di assicurazione sanitaria MediCaid] per miliardi di dollari».

Questa sinistra antinazionale «che vince quando il nostro Paese perde» deve essere annientata. Mentre gli americani, secondo Vance, «hanno sete di identità e di appartenenza», il programma non può che essere chiaro: « più azioni legali», «espulsioni più rapide» per restituire l’America ai «veri patrioti».

Come va, Phoenix? Sono davvero felice di essere qui con tutti voi in questo giorno speciale che conclude l’incredibile AmFest 2025. Siete un pubblico fantastico e devo ammettere che questa giornata ha dissipato uno dei miei più grandi dubbi, perché quando ho visto Nicki Minaj dichiarare il suo sostegno alla verità, al coraggio e alla saggezza, una vocina insistente nella mia testa mi chiedeva se lei pensasse che io assomigliassi al meme di J. D. Vance  7. E a quanto pare, e l’ho confermato quando è scesa dalle scale, Nicki Minaj sa davvero come sono realmente, e questo è il più bel complimento che potessi immaginare.

Devo iniziare esprimendo la mia gratitudine. Erika, non potrò mai ringraziarti abbastanza per la tua forza, la tua eleganza e le tue gentili parole di sostegno nei confronti di questa amministrazione e di me stesso. Stai guidando un movimento incredibile a Turning Point, e io combatterò al tuo fianco, al fianco del presidente Trump e di tutti i patrioti presenti in questa sala per difendere il Paese che amiamo tanto.

E quando dico che combatterò al vostro fianco, intendo al fianco di tutti voi, senza eccezioni. Il presidente Trump non ha costruito la più grande coalizione politica sottoponendo i suoi sostenitori a interminabili e controproducenti test di purezza. Dice “Make America Great Again” perché tutti gli americani sono invitati. Non importa se siete bianchi o neri, ricchi o poveri, giovani o anziani, contadini o cittadini, controversi o un po’ noiosi, o qualcosa a metà strada tra questi estremi.

Persone di tutte le fedi religiose si uniscono alla nostra causa perché sanno che il movimento America First migliorerà le loro vite, e sanno anche che ai democratici non interessa nulla se non forse rendere transgender i loro figli.

Quindi, se amate l’America, se volete che siamo tutti più ricchi, più forti, più sicuri e più orgogliosi, c’è posto per voi in questa squadra.

Non ho portato con me una lista di conservatori da denunciare o escludere, e non mi interessa se alcune persone… Sono certo che i media che diffondono fake news mi denunceranno dopo questo discorso. Ma lasciatemi solo dire che il modo migliore per onorare Charlie è che nessuno di noi qui presenti faccia dopo la sua morte ciò che lui si è rifiutato di fare quando era in vita. Ci ha invitati tutti qui. Charlie ci ha invitati tutti qui per un motivo. Perché credeva che ognuno di noi, che tutti noi, avessimo qualcosa di interessante da dire, e si fidava di voi nel formarvi la vostra opinione.

Abbiamo compiti ben più importanti da svolgere che escluderci a vicenda. Dobbiamo costruire, e il presidente Donald Trump è un costruttore. Stiamo costruendo un Paese migliore, e voi avete il vostro legittimo posto nel successo della vostra nazione e nel successo di questo movimento. E stiamo costruendo aggiungendo, crescendo, non distruggendo.

Charlie Kirk era anche un grande costruttore. Capiva che ogni famiglia può avere i suoi disaccordi, le sue conversazioni difficili. Possiamo imparare, migliorare e trattarci meglio l’un l’altro. Possiamo amarci nonostante i nostri disaccordi. Ma per vincere bisogna lavorare in squadra, e sono onorato di far parte della squadra di Turning Point, sono onorato di far parte della vostra squadra, e continuerò ad esserlo.

C’è ancora molto lavoro importante da fare, amici miei. Siamo solo all’inizio di questo mandato, non è nemmeno passato un anno, ma sono molto orgoglioso dei risultati ottenuti dal presidente e dall’intera amministrazione. In solo un anno abbiamo posto fine alla crisi al confine causata da Joe Biden e Kamala Harris. Dicembre segna il settimo mese senza alcun passaggio al confine meridionale. Più di 2,5 milioni di immigrati clandestini hanno lasciato gli Stati Uniti, il che rappresenta la prima volta in oltre cinquant’anni che il nostro saldo migratorio è negativo, e questo è solo l’inizio.

Quando si ripristina ciò che dovrebbe essere fatto al confine, si vedono i risultati ovunque. Gli affitti stanno diminuendo da quattro mesi consecutivi e il numero di americani nativi che oggi hanno un lavoro è più alto che mai.

Kamala Harris ha aperto le frontiere e distrutto l’economia, mentre l’amministrazione Trump vi ha offerto un tasso di migrazione netto negativo e una creazione di posti di lavoro molto più elevata. I salari reali stanno finalmente aumentando. L’inflazione è la metà rispetto a quella dei democratici, i prezzi della benzina sono ai minimi storici da anni e abbiamo finalmente dimostrato chiaramente che negli Stati Uniti crediamo nel duro lavoro e nel merito.

A differenza della sinistra, noi ci opponiamo a qualsiasi forma di discriminazione, e mi piace ciò che Nikki ha detto al riguardo: non trattiamo nessuno in modo diverso a causa della sua razza o del suo sesso. Abbiamo quindi relegato la DEI nel cestino della storia, dove è giusto che stia. Negli Stati Uniti d’America non è più necessario scusarsi per essere bianchi. E se sei asiatico, non devi parlare del colore della tua pelle quando fai domanda per l’università, perché giudichiamo le persone in base alla loro personalità, non alla loro etnia o ad altre caratteristiche che non possono controllare.

Non vi perseguiamo perché siete uomini, perché siete eterosessuali, perché siete omosessuali, perché siete qualsiasi cosa. L’unica cosa che vi chiediamo è di essere ottimi patrioti americani. E se lo siete, fate parte della nostra squadra.

Basta confrontare le due situazioni. Kamala Harris ha usato il governo per censurarvi. Nell’amministrazione Trump, usiamo il governo per proteggere la vostra libertà di espressione, sia nei campus universitari che nel mercato digitale delle idee. Oggi, il nostro esercito accoglie i patrioti invece di licenziarli per aver rifiutato di accettare un obbligo vaccinale illegale.

E per onorare Charlie, ma anche per onorare tutti voi, ci stiamo impegnando per porre fine al flagello della violenza di sinistra negli Stati Uniti d’America. Stiamo perseguendo le reti criminali di estrema sinistra, ma stiamo anche perseguendo i mostri che le finanziano. Non vogliamo solo perseguire il membro di Antifa che ha lanciato un mattone contro un agente dell’ICE. Vogliamo sapere chi ha comprato quel mattone e perseguire anche loro.

Stiamo riportando l’America alla salute grazie al nostro eccellente Segretario alla Salute e ai Servizi Sociali, Bobby Kennedy. Stiamo abbassando il prezzo dei farmaci e ripulendo la nostra catena alimentare dal veleno che si è accumulato nel corso di una generazione.

Ma amici miei, c’è ancora molto da fare. E a coloro che dicono: «Dobbiamo fare di più, dobbiamo andare più veloci», credetemi, vi capisco. La grandezza attende ciascuno di voi nel movimento America First che stiamo costruendo insieme, ma abbiamo bisogno del vostro aiuto per riuscirci.

Volete più azioni legali? Bene, anche noi. Donald Trump e io abbiamo una lista dei migliori giudici e procuratori in grado di rendere la giustizia più rapida, quindi unitevi a noi nella lotta contro le stupide regole del Senato che li ostacolano.

Volete che le espulsioni avvengano più rapidamente? Allora visitate il sito ICE.gov/join, perché stiamo formando un esercito di patrioti e abbiamo bisogno di persone benevole che abbiano a cuore il Paese per aiutarci a rendere più sicuri i confini e ad agire ancora più rapidamente.

Volete che gli affitti continuino a diminuire e che gli stipendi continuino ad aumentare come hanno fatto negli ultimi mesi? Allora unitevi a noi. Non restituite il potere a coloro che hanno inizialmente causato il crollo dell’economia. Unitevi al movimento America First e avrete sempre un posto nel nostro fantastico team.

Il mese prossimo segnerà il primo anniversario ufficiale dell’amministrazione Trump e sono davvero orgoglioso dei risultati ottenuti finora. Oggi i democratici parlano già del 2028 e sembra che nomineranno un liberale californiano responsabile di blackout elettrici generalizzati, dell’apertura delle frontiere e dell’ascesa di bande violente incontrollate. I democratici esitano semplicemente tra Gavin Newsom e Kamala Harris.

E nel frattempo, cosa propongono i democratici? Devo dire, signore e signori, che non stanno mandando i loro migliori elementi. Omar Fateh era il candidato di Ilhan Omar a sindaco di Mogadiscio… volevo dire Minneapolis. Piccolo lapsus.

Il candidato democratico al Senato nel Maine mi definisce nazista, il che è piuttosto divertente detto da uno che ha letteralmente un tatuaggio nazista sul petto. 

Per quanto riguarda Jasmine Crockett, il suo percorso parla da sé. Vuole diventare senatrice, anche se la sua immagine di ragazza di strada è reale quanto le sue unghie.

Chiedetevi cosa hanno in comune tutte queste persone. La risposta, purtroppo, è che sono burattini. In realtà non hanno alcuna importanza. Sono gli ingranaggi di una macchina che vuole impoverirvi, indebolirvi e mettervi in pericolo nel Paese che i vostri antenati hanno costruito.

E mentre il presidente Trump ed io stiamo facendo tutto il possibile per smantellare questa macchina, la sinistra è ancora lì, amici miei, ed è ancora molto potente. Non fatevi illusioni. Sono i gruppi militanti che vogliono avvelenare i vostri figli con terapie ormonali sostitutive e tossine nelle vostre riserve idriche. Sono i consigli di amministrazione delle aziende che impongono quote di diversità mentre si lamentano che Donald Trump non permette loro più di delocalizzare i posti di lavoro americani all’estero, e che piangono per questo. Sono i giudici distrettuali ribelli che emettono ingiunzioni nazionali ogni volta che il presidente muove un dito. Sono i procuratori di Soros che hanno applaudito mentre le loro città bruciavano.

Cosa li accomuna? Guadagnano quando il nostro Paese perde. Si arricchiscono quando voi vi impoverite. Assumono clandestini che fanno venire per rubarvi il lavoro. Bevono buon vino nei paesi in cui delocalizzano i vostri posti di lavoro. Vi censurano perché preferiscono distruggere la Costituzione piuttosto che rischiare di perdere un dibattito. Fanno arrivare milioni di elettori perché sanno che non possono vincere il dibattito con le persone che sono già qui.

Sapete cos’altro li accomuna? Li prenderemo tutti a calci nel sedere il prossimo novembre e ogni anno a seguire.

Parte del sogno americano è l’idea che siamo tutti, ognuno di noi, nella stessa squadra, che facciamo tutti parte della stessa famiglia americana. Se volete distruggere questo, fate quello che hanno fatto i democratici, non solo negli ultimi cinque anni, ma negli ultimi trent’anni o quarant’anni. Rendete una razza nemica di un’altra. Rendete un sesso nemico dell’altro. Fate in modo che gli americani diffidino e si disprezzino a vicenda invece di amare il loro Paese comune.

Quando penso ad alcuni dei dibattiti più accesi che si svolgono nel nostro Paese, alla natura della cittadinanza, al significato di essere americani, tutto ciò rimanda a una verità evidente. Gli americani hanno sete di identità e di appartenenza. Abbiamo sete di trovare il nostro posto nel mondo, e non c’è da stupirsi.

Da molti anni ormai, i nostri compatrioti americani devono confrontarsi con un’economia globalizzata che ha omogeneizzato le culture e svuotato le nostre città della loro essenza. Gli accademici e gli attivisti impongono a tutti, 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, le loro teorie sul genere e sulla razza. I giganti della tecnologia utilizzano le loro piattaforme Internet per censurare gli articoli che mettono in discussione il discorso dominante dell’estrema sinistra nel nostro Paese.

Più che mai, posso testimoniarlo, la gente parla dell’identità americana e cerca di capire cosa ci unisce. Ma vorrei dire una cosa. L’unica cosa che è davvero servita da punto di riferimento per gli Stati Uniti d’America è che siamo stati, e per grazia di Dio saremo sempre, una nazione cristiana.

Vorrei essere chiaro, perché, ovviamente, i media che diffondono notizie false distorceranno tutto ciò che dirò. Non sto dicendo che bisogna essere cristiani per essere americani. Sto dicendo qualcosa di più semplice e più vero. Il cristianesimo è la fede dell’America. Il linguaggio morale comune dalla Rivoluzione alla Guerra Civile e oltre. Nel corso di tutta questa storia, i grandi dibattiti del nostro Paese hanno sempre riguardato il modo migliore, come popolo, per compiacere Dio.

© AP Photo/Jon Cherry

© AP Photo/Gerald Herbert

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Pensateci bene: questa convinzione ha ispirato la nostra comprensione della legge e dei diritti naturali, il nostro senso del dovere verso il prossimo, la convinzione che i forti debbano proteggere i deboli e la fede nella coscienza individuale. E la nostra famosa idea americana di libertà religiosa è un concetto cristiano.

Poiché siamo tutti creature di Dio, dobbiamo rispettare il percorso di ogni individuo verso Dio. Ma negli ultimi cinquant’anni l’attenzione si è concentrata su una cosa specifica: è stata condotta una guerra contro i cristiani e il cristianesimo negli Stati Uniti d’America. Lasciate che vi dica che, di tutte le guerre che Donald Trump ha posto fine, questa è quella di cui siamo più orgogliosi.

Per decenni, la sinistra ha cercato di escludere il cristianesimo dalla vita nazionale. Lo ha bandito dalle scuole, dai luoghi di lavoro, dagli elementi fondamentali della sfera pubblica. La libertà di religione si è trasformata in libertà dalla religione. E in una sfera pubblica priva di Dio, abbiamo ottenuto un vuoto. E le idee che hanno riempito questo vuoto hanno sfruttato il peggio della natura umana, invece di elevarla.

Non ci hanno detto che eravamo figli di Dio, ma figli di questo o quel gruppo identitario. Hanno sostituito il magnifico disegno di Dio per la famiglia, su cui uomini e donne potevano contare e a cui potevano tornare, con l’idea che gli uomini potessero trasformarsi in donne a condizione di prendere le pillole giuste fornite dalle grandi aziende farmaceutiche. Avevano tutto il fervore religioso di un convertito zelante, senza la grazia e il perdono di un vero cristiano.

Le Scritture ci dicono: «Li riconoscerete dai loro frutti». E potremmo chiederci: quali sono i frutti di queste persone e dei loro principi? E la risposta è un uomo di nome Tyler Robinson, che ha ucciso il mio amico.

Pensateci. Ha tutto ciò che l’estrema sinistra si aspetta dai nostri giovani. Ha rifiutato il conservatorismo e la spiritualità, i valori di una famiglia di una piccola città. Si è trasferito in un piccolo appartamento, è diventato dipendente dal porno, è diventato dipendente dall’odio e ha finito per andare a letto con qualcuno che non sa se è un uomo o una donna.

È uno scenario da incubo, ma è lo scenario che la sinistra ha attivamente presentato come quello che desidera per le famiglie americane, e in particolare per i giovani uomini presenti in sala. È proprio per questo che dobbiamo combatterli.

Perché i frutti del vero cristianesimo sono uomini come Charlie Kirk. I frutti del vero cristianesimo sono buoni mariti, padri pazienti, costruttori di grandi cose e uccisori di draghi, e sì, uomini disposti a morire per un principio se questo è ciò che Dio chiede loro di fare. Perché molti di noi riconoscono che è meglio morire da patrioti che vivere da codardi.

Vi dirò una cosa di cui non ho mai parlato pubblicamente prima d’ora, ma nei giorni successivi alla morte di Charlie ho sofferto molto. Sono sicuro che molti di voi hanno provato la stessa cosa. Ricordo di aver guardato tutti i video dell’omicidio, alla ricerca di indizi, cercando di capire cosa fosse successo. Cercavo di nascondere il mio amico e quel terribile proiettile che lo aveva colpito, ma cercavo anche di guardarmi intorno.

Ho passato diverse notti insonni di fila, informandomi su tutte le teorie del complotto, esplorando tutte le piste. Quando la mia adorabile moglie, Usha, mi ha detto di andare a letto, le ho risposto che dovevo a Charlie di provare a rivoltare ogni pietra. Ed è quello che ho cercato di fare.

Ricordo di essere stato tormentato dal timore che la morte di Charlie non solo privasse una famiglia del marito e di un buon padre, ma privasse anche il nostro movimento di un grande leader e di un grande uomo d’azione. È l’unica volta che ricordo che mia moglie mi abbia detto di essere davvero preoccupata per me. Me lo ha ripetuto più volte.

Ma ciò che mi ha salvato non è stato mentire a me stesso, bensì accettare la realtà della lotta in cui siamo impegnati. La morte di Charlie è stata una perdita immensa, una perdita irreparabile. Abbiamo subito un duro colpo, amici miei, e non serve a nulla abbellire le cose o fingere che non sia successo nulla. Dobbiamo accettarlo.

E ciò che mi ha salvato è stata la consapevolezza che la storia della fede cristiana, come quella degli Stati Uniti d’America, è quella di una perdita immensa seguita da una vittoria ancora più grande.

È una storia di notti molto buie seguite da albe molto luminose. Ciò che mi ha salvato è stato ricordare la bontà intrinseca di Dio e il fatto che la sua grazia trabocca quando meno te lo aspetti. Non molto tempo fa, alcune settimane fa, ho trascorso del tempo in un ministero cristiano per uomini. Ecco cosa fanno. Prendono uomini che soffrono di dipendenze o vivono per strada e li aiutano a rimettersi in piedi. Li nutrono. Li vestono. Offrono loro un riparo e consigli finanziari. Mettono in pratica la parte migliore della missione di Cristo.

Dopo di che, ho pranzato con quattro di questi uomini. C’erano due bianchi, un ispanico e un nero. Tutti avevano avuto delle difficoltà, ognuno a modo suo. Alcuni avevano perso i contatti con la loro famiglia, a volte da molto tempo. Altri cercavano disperatamente di ricongiungersi con i propri figli per poterli vedere a Natale. Ma tutti erano riusciti a rimettersi in piedi. E cosa li ha salvati? Non è stata una comunità razziale o un risentimento comune. Non è stato un gergo filosofico. Non è stato un corso preparatorio alla DEI, né un aiuto sociale. È stato il fatto che un figlio di un falegname era morto 2000 anni fa e aveva cambiato il mondo.

© Laura Brett/Sipa USA

© AP Photo/Jon Cherry

© Laura Brett/Sipa USA© AP Photo/Jon Cherry

Se vi recate in quasi tutte le mense per i poveri di questo Paese, troverete cristiani che danno da mangiare ai bisognosi. Se vi recate dai tossicodipendenti che le loro famiglie non vogliono più nemmeno guardare in faccia, come mia madre in un certo periodo della sua vita, spesso sono i ministeri cristiani a stare al loro fianco nei momenti più difficili. Troverete cristiani seduti pazientemente accanto ai letti degli ospizi, nelle sale di risveglio e in tutti i luoghi del mondo dove le persone hanno abbandonato gli altri.

Ed è questa verità morale che cerchiamo di porre al centro del nostro lavoro all’interno dell’amministrazione Trump e nel nostro grande movimento. Una vera politica cristiana non può limitarsi alla protezione dei bambini non ancora nati o alla promozione della famiglia, per quanto importanti siano queste questioni. Deve essere al centro della nostra comprensione globale del governo.

Perché penalizziamo le aziende che delocalizzano i posti di lavoro americani all’estero? Perché crediamo nella dignità intrinseca del lavoro umano e in ogni persona che ha un buon lavoro in questo Paese. Perché abbiamo lavorato, senza l’aiuto del Congresso, per limitare i visti H-1B, ad esempio? Perché riteniamo ingiusto che le aziende aggirino la manodopera americana per rivolgersi a opzioni meno costose nel terzo mondo.

Aiutiamo gli anziani americani in pensione, in particolare eliminando le tasse sulla previdenza sociale, perché crediamo che sia necessario onorare il proprio padre e la propria madre piuttosto che inviare tutti i loro soldi in Ucraina. Crediamo che ci si debba prendere cura dei poveri, ed è per questo che abbiamo Medicaid, affinché i più bisognosi tra noi possano permettersi le medicine o portare i propri figli dal medico. Ed è per questo che siamo indignati dall’ingiustizia di Tim Walz, che permette agli immigrati somali di frodare questo programma per miliardi di dollari. Questi soldi dovrebbero andare agli americani, perché è a loro che sono destinati.

Ora vorrei concludere, amici miei, ma vi ho ascoltato e so che alcuni di voi sono impazienti di fronte alla lentezza dei progressi, e la mia risposta è: bene. Siate impazienti. Usate questo desiderio di giustizia per il vostro Paese come carburante per impegnarvi in questo movimento in modo più significativo, migliore e più potente.

So che alcuni di voi sono scoraggiati dalle dispute interne su una serie di questioni. Non scoraggiatevi. Non preferite guidare un movimento di liberi pensatori che a volte sono in disaccordo piuttosto che un gruppo di automi che ricevono ordini da George Soros?

So che molti di voi sentono la mancanza del nostro caro amico Charlie Kirk. Anch’io. Mi manca il suo ottimismo. Mi manca la sua energia. Mi mancano le telefonate in cui elaboravamo strategie per spingere questo o quel membro del Congresso repubblicano ad agire. Ma soprattutto mi manca la saggezza di Charlie.

Mi manca il suo monito che la politica non è una prova generale o un gioco. Stiamo prendendo decisioni che salveranno il nostro Paese e daranno al popolo americano una nuova possibilità di realizzare i propri sogni. Se vi manca Charlie Kirk, promettete di lottare per la causa per cui è morto? Promettete di riprendervi il Paese da coloro che gli hanno tolto la vita? Promettete di aiutare a sconfiggere i radicali che hanno applaudito alla sua morte? Promettete di onorare la sua memoria avendo fede in Dio, che lui amava?

Amici miei, impegnatevi a fare queste cose e vi prometto la vittoria. Vi prometto frontiere chiuse e comunità sicure. Vi prometto buoni posti di lavoro e una vita dignitosa. Solo Dio può promettervi la salvezza in paradiso, ma insieme possiamo realizzare la promessa della più grande nazione nella storia della Terra.

Buon Natale, amici miei. Continuiamo a lottare.