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I media rivelano l'”inversione” privata delle convinzioni di Trump sulla guerra in Ucraina_di Simplicius

I media rivelano l'”inversione” privata delle convinzioni di Trump sulla guerra in Ucraina

Simplicius 21 ottobre
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Un’altra affascinante rivelazione è giunta tramite l’ultimo articolo del FT, le cui “fonti” rivelano un ritratto di Trump completamente diverso dalla sua immagine “ad uso del pubblico”:

https://www.ft.com/content/7960c6aa-dbfa-4a55-91e8-ae44601842ec

Certo, insisto spesso sul fatto che le “fonti” di queste mierdia mainstream non dovrebbero mai essere prese per oro colato, ma in questo caso il buon senso e la ragione ci dicono che probabilmente c’è del vero in queste notizie. Contrariamente alle sue dichiarazioni pubbliche secondo cui la Russia sta perdendo milioni di uomini e la sua economia è sull’orlo del collasso, Trump ha avvertito privatamente l’Ucraina che la Russia avrebbe “distrutto” lo Stato ucraino se Zelensky non avesse fatto immediatamente importanti concessioni rinunciando al Donbass.

Secondo un funzionario europeo a conoscenza dell’incontro, Trump avrebbe detto a Zelenskyy che il leader ucraino avrebbe dovuto raggiungere un accordo, altrimenti sarebbe stato annientato.

Il funzionario ha affermato che Trump ha detto a Zelenskyy che stava perdendo la guerra, avvertendolo: “Se [Putin] lo vuole, ti distruggerà”.

Come se non bastasse, l’opinione privata di Trump sulla situazione economica della Russia è completamente opposta a quella pubblica. Ricordate il video che ho pubblicato nell’ultimo articolo in cui Trump afferma che l’economia russa sta “collassando”? Sembra che nemmeno lui creda alle sue stesse sciocchezze:

Bene, bene, bene; chi avrebbe mai pensato che i leader occidentali fornissero alle loro masse ingenue una quantità di cibo inutile per motivi di convenienza politica?

Inoltre, non dimentichiamo l’ormai celebre sfogo di Trump sui social media, in cui dichiarava che l’Ucraina può sicuramente vincere la guerra e dovrebbe passare all’offensiva. La mia posizione, secondo cui si trattava di una vera e propria presa in giro da parte di Trump, è stata considerata “controversa” da alcuni, poiché la gente l’ha semplicemente presa per buona; un’altra delle nostre interpretazioni dell’inganno di Trump si è dimostrata corretta.

I realisti occidentali si stanno rendendo sempre più conto di questa realtà più che ovvia:

https://www.independent.co.uk/news/world/europe/ukraine-russia-war-defeat-david-richards-world-of-trouble-podcast-b2844349.html

Il feldmaresciallo Lord Richards, che era a capo dell’intera forza armata britannica e il più alto dirigente della struttura di comando, ritiene che l’Ucraina non abbia alcuna speranza di vittoria. Sebbene questa opinione sia ormai divenuta un luogo comune, la differenza fondamentale è che Richards ritiene che l’Ucraina non abbia alcuna possibilità di vittoria, nemmeno con le risorse che gli alleati riusciranno a reperire e a consegnare:

Riflettendo sulle possibilità di successo dell’Ucraina contro la Russia, ha affermato: “La mia opinione è che non vincerebbero”.

“Non potresti vincere, nemmeno con le risorse giuste?” gli è stato chiesto.

“No”, rispose.

Incredulo, l’Independent gli chiese una seconda volta:

Incalzato ulteriormente dal quotidiano The Independent, gli è stato chiesto: “Anche con le risorse giuste?”

“No, non hanno la manodopera necessaria”, ha detto l’ex commando.

BENE.

In effetti, i pensieri successivi di Lord Richards sono ancora più rivelatori per il loro senso della realpolitik :

Nella sua prima lunga intervista in un podcast, Lord Richards, l’unico ufficiale britannico ad aver comandato truppe statunitensi in massa in guerra dal 1945, ha affermato che le prospettive per l’Ucraina non sono buone.

“A meno che non ci schieriamo con loro, cosa che non faremo perché l’Ucraina non è una questione esistenziale per noi. Per i russi, tra l’altro, lo è chiaramente “, ha dichiarato a World of Trouble.

“Abbiamo deciso, poiché non è una questione esistenziale, di non andare in guerra. Siamo, si può sostenere – e lo accetto pienamente – in una sorta di guerra ibrida [con la Russia]. Ma non è la stessa cosa di una guerra in cui i nostri soldati muoiono in gran numero.

“Nonostante la nostra attrazione per tutto ciò che hanno realizzato e il nostro sincero affetto per così tanti ucraini, continuo a seguire questa scuola che sostiene che questo non rientra nei nostri vitali interessi nazionali.

“Il mio istinto mi dice che il meglio che l’Ucraina può fare, e lo vedete già, il presidente Zelensky, che è un leader ispiratore… il meglio che possono fare è una sorta di pareggio.”

A proposito, ci sono alcune cose importanti da dire sulla proposta dell’incontro di Budapest.

In primo luogo, come accaduto l’ultima volta, sono stati gli Stati Uniti a riferire dell’imminente incontro come se fosse cosa fatta, mentre i russi hanno affermato con molta più circospezione che la proposta di incontro verrà esaminata. Per non parlare del fatto che Rubio e Lavrov dovrebbero incontrarsi inizialmente per definire l’ordine del giorno, molto prima che l’incontro tra Trump e Putin possa aver luogo. Ci sono buone ragioni per credere che l’incontro non avrà luogo, perché è difficile immaginare su quale “ordine del giorno” le due parti possano concordare: semplicemente non c’è nulla da discutere tra Trump e Putin, dato che le due parti non sono nemmeno sulla stessa lunghezza d’onda per quanto riguarda la risoluzione del conflitto.

Ma su questo argomento – e questa è l’altra cosa più importante – ci sono nuove voci secondo cui, durante la recente telefonata con Trump, Putin avrebbe ribadito di essere disposto a rinunciare a parti di Kherson e Zaporozhye in cambio della rinuncia dell’Ucraina al Donbass, ovvero le parti di quelle regioni non sotto il controllo russo. Questo ha scatenato l’ira e il rifiuto della fazione “Z-Patriot”. Ma sono qui per dirvi: l’idea non è irrealistica,  implica di per sé la “capitolazione” di Putin o un ridimensionamento degli obiettivi del conflitto, anche se in superficie potrebbe sembrare così.

Il motivo è che questa presunta affermazione deve essere interpretata nel contesto appropriato. Il contesto qui non è la fine totale e definitiva della guerra – Putin non ha mai offerto una cosa del genere. Ciò che Putin ha offerto è che avrebbe indetto un cessate il fuoco immediato – inteso come condizionale e temporaneo – qualora le truppe ucraine si fossero ritirate dalle regioni di Donetsk e Lugansk.

Lo scopo di questo cessate il fuoco – come appena affermato – non è la fine totale della guerra, ma una riduzione provvisoria volta a facilitare ulteriori negoziati concreti sulle restanti questioni. Pertanto, in quest’ottica, l'”offerta” di Putin di Kherson e Zaporozhye può essere vista sotto questa luce: a suo avviso, è una situazione vantaggiosa per tutti, perché lo fa apparire disponibile nei confronti dei suoi “partner”, non ultimo Trump. Allo stesso tempo, procura alla Russia un’enorme quantità di territorio a titolo gratuito, ovvero Donetsk e Lugansk. L’aspetto più significativo è l’intero agglomerato di Slavjansk-Kramatorsk, che l’Ucraina dovrebbe cedere.

Ed è qui che entra in gioco l’astuzia. Da un lato, ci sono pochissime possibilità che Zelensky o l’AFU abbandonino volontariamente sia Slavyansk che Kramatorsk in questo modo, il che rende l’offerta di Putin una mossa a basso rischio, pensata per farlo apparire disponibile ai negoziati.

D’altro canto, Putin sa anche che, anche se Zelensky dovesse smascherare il suo bluff e cedere Slavjansk e Kramatorsk, l’abisso di disaccordi tra Ucraina e Russia sulle varie questioni che pongono fine alla guerra è così ampio che Putin sa che ci sono poche possibilità che il cessate il fuoco condizionato regga. Ciò significa che la Russia otterrebbe Slavjansk e Kramatorsk gratuitamente – che ora sarebbero “dietro” l’esercito russo – mentre le regioni di Kherson e Zaporozhye apparentemente “cedute” da Putin in cambio rimarrebbero di nuovo sul tavolo della liberazione russa. Il vantaggioso valore della teoria dei giochi in questo caso è abbastanza semplice da vedere.

Sul fronte russo, continuano ad arrivare grandi guadagni.

Il caso più notevole è stato quello della zona del fiume Yanchur, lungo il fronte di Gulyaipole. Ricordiamo che le forze russe avevano appena iniziato ad assaltare la catena di insediamenti in quella zona. Ora, in qualche modo, hanno attraversato il fiume e invaso Novomykolaivka, conquistandola completamente, così come parte della vicina Novovasilyvske:

Nei pressi di Pryviliya, appena conquistata nell’ultimo rapporto, le forze russe hanno già ampliato notevolmente la zona verso sud, allargando il saliente:

Questa catena del fiume Yanchur viene rapidamente smantellata dalle forze russe, il che dimostra che le difese ucraine ormai esaurite devono essere in pessime condizioni.

A Pokrovsk, le forze russe si sono limitate a consolidare il centro della città, potenziando la logistica e fortificandosi per avanzare. Nella vicina Mirnograd, le forze russe hanno continuato a incunearsi nella periferia meridionale della città:

Ancora più critico è il fatto che in quel momento le forze russe hanno preso una larga fetta di Rodynske dalla direzione nord-est:

Il fatto che Rodynske sia ora per metà o quasi per metà catturata è una notizia ancora più importante perché la cattura completa di questa città significherebbe il completo blocco della principale via di rifornimento, piuttosto che il mero controllo del fuoco, come illustrato di seguito:

Poco più a nord, sul fianco orientale del saliente di Dobropillya, le forze russe iniziarono finalmente ad assaltare Shakhove da nord-ovest, catturando per la prima volta la prima sezione dell’insediamento:

In direzione Lyman, le forze russe consolidarono il percorso verso la città stessa, conquistando una buona parte di territorio corrispondente all’incirca all’area evidenziata in blu qui sotto:

Come potete vedere, ciò significa che le forze russe sono ormai praticamente alle porte della città, il che spiega perché l’ultima volta c’erano state segnalazioni secondo cui i DRG avevano già fatto irruzione nella città stessa.

Nel frattempo, ecco come l’ultimo articolo di successo dell’Economist pubblicizza l’inesorabile avanzata russa:

https://www.economist.com/interactive/europe/2025/10/17/russia-latest-big-ukraine-offensive-gains-next-to-nothing-again

A dire il vero, non vale nemmeno la pena di soffermarsi sui dettagli di questa sciocchezza. È sempre la solita vecchia e stanca sofisticazione sulla Russia che non guadagna molto territorio quando “si allontana abbastanza dalla mappa”.

Ehi, guarda, vedi quella linea ondulata, è tutto ciò che la Russia ha catturato, ah ah!

Ehi, guarda un po’! Vedi quel minuscolo puntino rosso? È tutto ciò che la Russia è riuscita a catturare, ah ah!

Si tratta sempre della solita vecchia sofisticheria e delle solite tattiche infantili. L’Occidente sa benissimo che l’esercito ucraino è sotto pressione e che le sue infrastrutture statali stanno crollando, mentre il sostegno europeo e alleato è sceso ai minimi storici – ricordate cosa ho detto a proposito del PURL?

Gli aiuti militari all’Ucraina hanno registrato un forte calo nei mesi di luglio e agosto 2025, nonostante l’introduzione dell’iniziativa PURL (Prioritized Ukraine Requirements List) della NATO .

Gli aiuti militari diminuiscono del 43 per cento rispetto alla prima metà dell’anno

L’articolo dell’Economist si conclude con questa ridicola previsione:

Ma la capacità della Russia di continuare a combattere al ritmo attuale potrebbe anche essere prossima al termine. E se Putin continuasse comunque a insistere, correrebbe un altro rischio. Dopo tre anni di offensive sventate, un crollo improvviso potrebbe diventare più probabile nell’economia di guerra russa che nelle linee difensive dell’Ucraina.

Una rapida ricerca mostra una miriade di articoli dell’Economist risalenti al 2022 che prevedevano il collasso economico della Russia. Per essere una rivista chiamata Economist, sa davvero poco di economia.


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Tajani, Quindi Roosevelt ed Eisenhower Erano “Sovietici”?_di Cesare Semovigo

Tajani, Quindi Roosevelt ed Eisenhower Erano “Sovietici”?

In un dibattito che ha infiammato il panorama politico-economico italiano, Antonio Tajani, figura di spicco di Forza Italia, ha liquidato con decisione la proposta di tassare le banche, bollandola come un’idea degna dell’Unione Sovietica. Questa etichetta, che richiama un passato di controllo statale estremo, sembra voler difendere a tutti i costi i grandi profitti del settore finanziario, lasciandoli Invariati . Ma per i cittadini comuni – i risparmiatori che faticano a mettere da parte qualcosa per il futuro – e per chi, come noi, osserva con attenzione le dinamiche geopolitiche globali, questa posizione appare come un’occasione mancata. 

Viviamo in un mondo dove l’inflazione, ovvero l’aumento continuo dei prezzi che erode il valore del denaro, è strettamente legata a extraprofitti aziendali che oscillano tra il 18% e il 25%. In questo scenario, i guadagni smisurati delle banche finiscono per colpire duramente pensioni, conti correnti personali e quella stabilità economica che dovrebbe essere il pilastro di una società moderna e giusta.

L’ironia di questa situazione salta agli occhi se guardiamo al passato. Prima dell’accordo di Bretton Woods – un sistema internazionale nato nel 1944 per regolare il commercio e la finanza globale, legando le valute al dollaro americano e il dollaro all’oro per garantire stabilità – gli Stati Uniti, simbolo del capitalismo mondiale, imponevano tasse molto elevate sui redditi dei più ricchi. 

Non lo facevano per inseguire ideologie estremiste, ma per finanziare una crescita economica senza precedenti e per rafforzare le difese nazionali, creando quello che è stato chiamato il “secolo americano”. Leader come Theodore Roosevelt, Franklin D. Roosevelt e Dwight D.

Eisenhower lo avevano capito: vedevano le tasse alte non come una punizione contro chi aveva successo, ma come uno scudo per proteggere la società da squilibri pericolosi, che oggi alimentano crisi globali sempre più gravi.

No, signor Tajani, questi presidenti non erano comunisti. Erano piuttosto architetti di un capitalismo equilibrato, in cui la ricchezza andava di pari passo con la responsabilità, per tutelare i risparmi delle persone comuni e il potere nazionale complessivo.

Questo principio è cruciale oggi, in un mondo dove le banche centrali – come la Federal Reserve negli Stati Uniti o la Banca Centrale Europea – sembrano spesso collaborare con il sistema finanziario per sostenere una moneta fiat. Con “moneta fiat” intendiamo una valuta che non è garantita da beni fisici come l’oro o l’argento, ma solo dalla fiducia nel governo che la emette.

Questo sistema può portare a un debasement monetario, ovvero una perdita graduale del valore del denaro, perché i governi o le banche centrali stampano più moneta per coprire debiti o stimolare l’economia. Quando ciò accade, il potere d’acquisto delle persone si riduce, mentre i prezzi di beni rifugio come l’oro schizzano alle stelle. Non è un caso che il prezzo di un’oncia d’oro abbia superato i 4.200 dollari: è un segnale lampante che il valore delle monete tradizionali sta crollando.

Eppure, in questo contesto, assistiamo a mosse che sembrano quasi un tradimento della fiducia pubblica. Prendiamo il caso di BlackRock, una delle più grandi società di gestione patrimoniale al mondo. Recentemente, hanno gestito outflows – cioè vendite massive di asset che riducono il valore degli investimenti – per circa 300 Bitcoin, in un momento di calo dei prezzi delle criptovalute, seguito a minacce di nuove tariffe doganali annunciate da Trump. 

Queste operazioni hanno sollevato sospetti che alcuni hanno “ esagerando “ tacciato come pratiche al limite dell’insider trading, ovvero guadagni basati su informazioni riservate , rumors interni tra addetti ai lavori , rigorosamente non accessibili al pubblico, amplificando accuse di profitti ottenuti sfruttando variaziazioni , volatilità , financo a  crolli improvvisi del mercato.

 Nel frattempo, l’embrione del fondo sovrano di Trump cerca un precedente istituzionalizzato che nonostante  l’inflazione proprio a questi extraprofitti aziendali. 

Tutto ciò appare come un affronto aperto, specialmente se consideriamo i recenti riposizionamenti dell’Arabia Saudita, che con accordi da trilioni di dollari sta spostando i suoi investimenti dal petrolio verso settori come la tecnologia e le criptovalute.

Le “tre sorelle” – BlackRock, Vanguard e State Street, colossi della gestione patrimoniale che controllano enormi fette di mercato – stanno pompando liquidità in modi che sembrano incoerenti, quasi come una strategia per proteggersi da un’imminente instabilità. 

Noi, che osserviamo con attenzione questi movimenti, percepiamo un rischio: tutto questo potrebbe essere il preludio a un crollo sistemico, una crisi che coinvolge l’intero sistema finanziario globale. La nostra inchiesta predittiva, basata su analisi di interruzioni e anomalie nei mercati, ha visto l’indice di confidenza – una misura che indica quanto siano probabili le nostre previsioni – passare da 0.90 a 1.30 in direzione negativa. 

Questo lavoro,  è un analisi geoeconomica olistica, che integra prospettive economiche, politiche ampliate  tecnologiche. Utilizziamo strumenti moderni come gli esploratori di blockchain – software che permettono di tracciare transazioni pubbliche sulle reti di criptovalute, come quelle di Bitcoin – e l’intelligenza artificiale per identificare pattern ricorrenti nei dati. 

È un’analisi che si allinea perfettamente alla realtà accelerata in cui viviamo, dove, ad esempio, le uscite di BlackRock da 1 miliardo di dollari in Bitcoin il 14 ottobre 2025 hanno mantenuto il prezzo della criptovaluta sopra i 100.000 dollari, nonostante un crollo legato a minacce tariffarie. Questo conferma i nostri modelli predittivi, aiutandoci a colmare il divario tra ciò che vediamo e ciò che sta per accadere, prima che il tempo a disposizione finisca.

I Roosevelt, Tasse Progressive e Predizioni sul Potere Economico-Militare: Sovrapposizione con la Realtà Accelerata

Theodore Roosevelt, conosciuto come il “trust-buster” per la sua lotta contro i monopoli aziendali, affrontò i cosiddetti “robber barons” – quelli senza scrupoli che dominavano l’economia americana durante la Gilded Age, un periodo di grande ricchezza ma anche di profonde disuguaglianze . Questi colossi rischiavano di soffocare la democrazia con il loro potere economico. Roosevelt sosteneva una tassa progressiva sulle grandi fortune, cioè un sistema in cui chi guadagna di più paga una percentuale maggiore di tasse, per garantire che il successo economico fosse condiviso equamente. 

Diceva che “nessuna nazione può permettersi lo spreco delle sue risorse umane”, sottolineando che ignorare le disuguaglianze indebolisce la società nel suo complesso. Questa visione si sovrappone perfettamente alla nostra realtà accelerata, fatta di speculazioni sulle criptovalute e svalutazione della moneta fiat. La nostra inchiesta  utilizza dati raccolti dopo i discorsi di Trump per spingere l’indice di confidenza a 1.30 in direzione ribassista, rivelandosi un capolavoro di geoeconomia olistica. Questo lavoro valida schemi storici – pattern che si ripetono nel tempo – con dati on-chain, ovvero informazioni registrate sulla blockchain, la tecnologia dietro le criptovalute che garantisce trasparenza e immutabilità delle transazioni, per decifrare movimenti di liquidità che non tornano.

Le predizioni di Roosevelt, come l’idea che “le corporazioni giganti creano un’aristocrazia irresponsabile” o che “dietro una grande fortuna c’è spesso un grande crimine”, riecheggiano il lobbismo militare – le pressioni delle industrie belliche sui governi per ottenere contratti miliardari – che erode i risparmi delle famiglie. Queste idee si allineano alle recenti uscite di BlackRock e ai riposizionamenti strategici dell’Arabia Saudita, creando un distanziamento esponenziale, un divario che cresce rapidamente e che dobbiamo colmare con urgenza per non perdere il controllo della situazione.

Franklin D. Roosevelt, l’architetto del New Deal – un insieme di riforme economiche e sociali lanciate negli anni ’30 per risollevare gli Stati Uniti dalla Grande Depressione – portò le tasse sui redditi più alti fino al 94%. Sosteneva che “le tasse sono debiti che paghiamo per far parte di una società organizzata” e che “nessuno dovrebbe arricchirsi sfruttando la difesa nazionale”. In un’epoca di crisi e guerra, queste misure salvarono il capitalismo da se stesso.

La sua visione si sovrappone alla nostra inchiesta, dove i pattern di interruzioni e anomalie, amplificati da dati raccolti dopo i discorsi di Trump, dimostrano che la realtà accelerata in cui viviamo è prevedibile grazie a tecnologie moderne. È un capolavoro geoeconomico progettato per evitare che l’umanità si estingua in mezzo a queste turbolenze.

Le sue parole – come “l’accumulo di potere economico mette in pericolo la democrazia” o il lobbismo bellico “affama le risorse umane” – trovano eco nelle uscite di BlackRock e nei riposizionamenti sauditi, un distanziamento esponenziale che dobbiamo colmare per agire in tempo.

Eisenhower, Tasse GOP e Allarmi sul Complesso Militare: Risparmiatori Avvisati 

Forse Salvati

Dwight D. Eisenhower, generale e presidente repubblicano che guidò gli Stati Uniti durante la Guerra Fredda, univa una visione olistica che intrecciava difesa nazionale ed economia. Mantenne tasse alte, fino al 91% sui redditi elevati, sostenendo che “una nazione non può permettersi lo spreco delle sue risorse umane” e che “le tasse sono legami essenziali per una difesa forte senza indebolire l’economia”. Questo approccio si sovrappone alla nostra inchiesta predittiva sulle interruzioni sistemiche, un capolavoro di geoeconomia applicata a tecnologie moderne che valida schemi storici come una forma di protezione contro l’instabilità futura.

Eisenhower è famoso per aver avvertito del pericolo del “complesso militare-industriale”, un’alleanza tra forze armate, industrie belliche e governo che potrebbe esercitare un’influenza eccessiva e non giustificata sulle decisioni nazionali.

Disse anche di “non rischiare improvvisazioni nella difesa nazionale”, un monito che risuona ancora oggi. Ministro Tajani, questi leader non erano comunisti, ma statisti di spessore (ormai estinti ) con tanta autevolezza e coraggio da opporsi al lobbismo che divora trilioni di dollari, erodendo i risparmi delle famiglie e la sovranità nazionale.

Questo avvertimento si allinea perfettamente alle uscite di BlackRock e ai riposizionamenti strategici di Riad, l’Arabia Saudita, dove la nostra inchiesta approfondisce un mix sovrapposto alla realtà accelerata. 

Per i risparmiatori che seguono la geopolitica, tassare le banche non è un’eresia sovietica, ma l’eco di un capitalismo equilibrato che protegge una ricchezza condivisa. Viva i ricchi, ma con la responsabilità di contrastare gli squilibri globali – un concetto che la nostra analisi, un capolavoro olistico applicato a strumenti tecnologici nuovi, sovrappone alla realtà accelerata per non estinguerci in questo distanziamento esponenziale.

Le mosse di BlackRock, come le uscite di Bitcoin da 1 miliardo di dollari il 14 ottobre 2025, segnalano che il tempo per agire sta per scadere.

Cesare Semovigo – italiaeilmondo.com

Note:

1. Theodore Roosevelt, “Seventh Annual Message to Congress,” 3 December 1907: “A heavy progressive tax upon a very large fortune is in no way such a tax upon thrift or industry as a like tax upon a small fortune.” (Fonte: Miller Center, University of Virginia).

2. Theodore Roosevelt, speech on corporations: “The great corporations which we have grown to speak of rather loosely as trusts are the creatures of the State, and the State not only has the right to control them, but it is duty bound to control them wherever the need of such control is shown.” (Fonte: Goodreads, da “An Autobiography”).

3. Franklin D. Roosevelt, “Message to Congress on Curbing Monopolies,” 29 April 1938: “The accumulation of economic power in few hands is the danger of democracy.” (Fonte: American Presidency Project).

4. Franklin D. Roosevelt, “Address at Worcester, Mass.,” 21 October 1936: “Taxes, after all, are the dues that we pay for the privileges of membership in an organized society.” (Fonte: American Presidency Project).

5. Dwight D. Eisenhower, “Farewell Address,” 17 January 1961: “In the councils of government, we must guard against the acquisition of unwarranted influence, whether sought or unsought, by the military-industrial complex.” (Fonte: National Archives).

6. Dwight D. Eisenhower, “The President’s News Conference,” 8 April 1959: “Reduction of taxes is a very necessary objective of government—that if our form of economy is to endure, we must not forget private initiative.” (Fonte: American Presidency Project).

Summit Trump-Putin: la rivincita di Orban e la “variabile cubana” – AGGIORNATO_di Gianandrea Gaiani

Summit Trump-Putin: la rivincita di Orban e la “variabile cubana” – AGGIORNATO

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(aggiornato alle ore 23,55)

Donald Trump sorprende di nuovo quasi tutti e soprattutto coloro che lo immaginavano sul piede di guerra contro Vladimir Putin e la Russia e al fianco degli “alleati” europei. Mentre in Europa e Ucraina tutti si aspettavano l’annuncio della fornitura di missili da crociera Tomahawk a Kiev, l’istrione della Casa Bianca, cambia gioco, spiazza tutti e va in rete annunciando un nuovo summit con il presidente russo.

Dopo un colloquio telefonico di quasi due ore e mezza, ii leader delle due maggiori potenze nucleari si vedranno infatti entro due settimane a Budapest, per discutere la fine della guerra in Ucraina.

Trump ha espresso nuovo ottimismo sulla possibilità di concludere il conflitto attribuendo questo momento favorevole anche al cessate il fuoco tra Israele e Hamas: “Credo che il successo in Medio Oriente ci aiuterà nei negoziati per arrivare alla fine del conflitto con Russia e Ucraina”.

Prima del summit, il segretario di stato americano Marco Rubio guiderà una delegazione statunitense in un primo incontro preparatorio con rappresentanti russi, tra cui il ministro degli Esteri Sergei Lavrov, già la prossima settimana.

Su X il premier ungherese, Viktor Orban, ha parlato di “una grande notizia per le persone del mondo che amano la pace. Siamo pronti!”.

Dopo gli attacchi e gli ostracismi subiti dall’Ucraina, da gran parte dei partner europei e dalla Commissione UE, Viktor Orban si gode la rivincita e il prestigio offerto dal palcoscenico internazionale che un simile vertice assicura. Trump ha dichiarato sui social che la telefonata con Putin è stata “molto produttiva” e ha portato a “progressi significativi”, aggiungendo che “abbiamo anche dedicato molto tempo a parlare di commercio tra Russia e Stati Uniti una volta terminata la guerra con l’Ucraina”.

Tomahawk fantasma?

E i Tomahawk, l’ennesima arma “game changer” che secondo la propaganda avrebbe permesso agli ucraini di mettere finalmente in ginocchio la Russia e che Zelensky spera di portare a casa dall’incontro di oggi con Trump alla Casa Bianca?

Trump, ha ammesso di “avere parlato un po’” anche della possibilità di fornire i missili a lungo raggio Tomahawk all’Ucraina, durante la sua telefonata con Vladimir Putin. “Ne abbiamo tanti, ma servono anche a noi e non possiamo esaurire le nostre scorte: non so cosa potremo fare su questo“, ha detto ai giornalisti alla Casa Bianca.

Esattamente il contrario di quanto aveva affermato il 15 ottobre, quando Trump aveva affermato circa questi missili che “ne abbiamo molti, e lui (Zelensky) li vuole”.

Oggi, incontrando il presidente ucraino Zelensky a Washington ha aggiunto che gli attacchi dell’Ucraina in territorio russo “sarebbero una escalation, ma ne parleremo”. Poi ha ammesso di ”sperare di poter finire la guerra senza dover dare i Tomahawk. Sono armi devastanti che servono anche a noi nel caso di una guerra e a rendere l’esercito degli Stati Uniti il più forte al mondo. Stiamo vendendo molti tipi diversi di armi all’Unione europea” (in realtà gli Sati Uniti  le starebbero vendendo agli alleati della NATO) .

Secondo Mark Cancian, ex funzionario del Pentagono oggi al Center for Strategic and International Studies, gli Stati Uniti dispongono attualmente di 4.150 missili Tomahawk. Tuttavia, il Pentagono ha acquistato solo 200 unità dal 2022 e ne ha già utilizzate oltre 120 durante esercitazioni e altri nelle recenti operazioni contro gli Houthi yemeniti e l’Iran. Per il 2026 il Pentagono ha chiesto fondi per l’acquisto di ulteriori 57 Tomahawk, armi necessarie in caso di nuovi attacchi a Iran e Venezuela.

Secondo Stacey Pettyjohn, direttrice del programma di difesa presso il Center for a New American Security, citata dal quotidiano Financial Times. “Washington potrebbe stanziare dai 20 ai 50 missili Tomahawk, il che non cambierebbe le dinamiche della guerra”!

Anche il presidente bielorusso Alexander Lukashenko, amico di Putin ma in ottimi rapporti anche con Trump, ha valutato il 14 ottobre che la fornitura dei Tomahawk all’Ucraina “non risolverà il conflitto ma potrebbe solo portare la situazione a una guerra nucleare. Nessun Tomahawk risolverà la questione. Questo intensificherà il conflitto fino a una guerra nucleare.

Probabilmente, questo è capito meglio di tutti dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, che non ha fretta di consegnare queste armi letali e di permettere di colpire in profondità la Russia, come si aspetta il presidente ucraino Volodymyr Zelensky”, ha detto Lukashenko.

Lukashenko probabilmente ha visto giusto: sono state valutazioni legate alla deterrenza a influenzare l’apparente passo indietro di Trump sui Tomahawk.

La versione di Mosca

Riferendo alla stampa, il consigliere presidenziale russo, Yury Ushakov, ha precisato che il colloquio tra i due presidenti è stato, “estremamente franco”, e Putin “ha fornito una valutazione dettagliata della situazione attuale, sottolineando l’interesse della Russia a raggiungere una soluzione politica e diplomatica pacifica” in Ucraina.

Quindi, ha aggiunto, i due leader hanno discusso anche della possibile fornitura a Kiev dei missili Tomahawk e Putin ha ribadito che “non cambierebbero la situazione sul campo di battaglia, ma causerebbero danni importanti alle relazioni tra i nostri Paesi e al processo di pace“.

Putin ha avvertito che l’invio dei Tomahawk all’Ucraina rappresenterebbe una “linea rossa”. Inoltre, “è stato sottolineato, in particolare, che nell’operazione militare speciale le Forze armate russe possiedono completamente l’iniziativa strategica lungo tutta la linea di contatto”, ha dichiarato Ushakov.

Ushakov ha riferito che “una delle tesi principali del presidente statunitense è stata che la fine del conflitto in Ucraina aprirebbe enormi prospettive per lo sviluppo della cooperazione economica tra Stati Uniti e Russia”.

Qualche considerazione

Il nuovo summit Trump-Putin, proprio mentre in molti parlavano di esaurimento della spinta propulsiva emersa dall’incontro in Alaska, è una sorpresa per molti ma forse non per tutti.

E’ il caso di sottolineare che poche ore prima dell’annuncio di Trump, il premier ungherese Viktor Orban aveva lanciato l’ennesima dura critica al bellicismo dell’Unione europea riprendendo gli stessi temi toccati il giorno prima dal ministro degli Esteri Peter Szijjarto.

“L’Europa è consumata da una psicosi pro-guerra. Invece, i leader devono svegliarsi e assumersi la responsabilità di raggiungere una vera pace. Il momento di negoziare è adesso!” ha scritto ieri su X il premier ungherese. Solo un caso che il tweet abbia anticipato di poco l’esito del colloquio telefonico tra Trump e Putin?

Nel suo post Orban è tornato a puntare il dito contro la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, che “viaggia per il mondo parlando di guerra senza alcun mandato, mentre i trattati dell’Ue assegnano chiaramente la politica estera e di sicurezza agli Stati membri“.

Un attacco al presidente della Commissione UE non solo giustificato (persino il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius ne aveva criticato i proclami bellicosi fuori dal suo mandato) ma di certo apprezzato da questa amministrazione statunitense che non ha mai perso l’occasione per umiliare i vertici UE.

Infatti nessun leader europeo ha espresso entusiasmo per gli spiragli di pace che sembrano aprirsi, nel Parlamento Europeo i partiti che sostengono la Commissione von der Leyen esprimono scetticismo per gli esiti del summit (che deve ancora tenersi) mentre le forze di opposizione come il gruppo dei Patrioti, hanno reagito con entusiasmo alla notizia. Del resto sia Bruxelles che Kiev faranno molta fatica a mascherare sorpresa e rabbia per il fatto che sarà “l’Ungheria ribelle”, indicata spesso come putiniana e filo-russa, ad ospitare il summit tra Trump e Putin.

Non è u caso che molte reazioni politiche oggi negli ambienti che sostengono a Commissione von der Leyen non mostrino alcun apprezzamento, sostegno o speranza per il summit Putin-Trump ma evidenzino l’obbligo formale del governo ungherese di arrestare il presidente russo in base al mandato della CPI.

Del resto Orban ha sempre cercato di risolvere il conflitto con un negoziato mentre l’intera Ue chiedeva di combattere fino all’ultimo ucraino per fermare “i russi alle porte”. Il leader magiaro si fece ambasciatore (ostracizzato dall’Unione europea) del piano di pace di Trump prima ancora delle elezioni presidenziali statunitensi.

Comunque vada il vertice, per Orban sarà un grande successo e un riconoscimento da parte delle due maggiori potenze militari mondiali del rilevante ruolo politico e diplomatico ricoperto dall’Ungheria mentre per la UE e i suoi vertici costituirà l’ennesimo smacco.

Inoltre Putin verrà sul suolo dell’Unione dove dovrebbero arrestarlo in base al mandato di cattura della Corte Penale Internazionale che oggi ha ricordato oggi che dal 2023 c’è un mandato d’arresto nei confronti di Putin in relazione all’invasione russa dell’Ucraina. Un portavoce ha ribadito in dichiarazioni a Europa Press che per l’Ungheria sussiste il dovere di arrestare Putin nonostante la decisione di ritirarsi dallo Statuto di Roma annunciata nei mesi scorsi.

Il ritiro dallo Statuto di Roma è una decisione sovrana, soggetta alle disposizioni dell’articolo 127 dello Statuto – ha rimarcato il portavoce – Un ritiro diventa effettivo un anno dopo la notifica al segretario generale delle Nazioni Unite”, quindi il 2 giugno 2026. Per questo, ha insistito, “un ritiro non pregiudica i procedimenti aperti o qualsiasi altro caso già all’esame del tribunale prima che il ritiro sia effettivo”.

Invece ieri abbiamo appreso che persino le sanzioni europee poste a Putin e Lavrov, riguardano l’immobilizzazione dei loro beni nell’Unione Europea e il divieto di attività economiche o di finanziamenti da parte di soggetti che operano nell’Ue ma non impediscono loro l’ingresso nell’Unione europea.

L’unico aspetto positivo per il grosso delle nazioni aderenti alla UE è rappresentato dal fatto che se Washington rinuncerà a fornire i missili Tomahawk all’Ucraina noi europei risparmieremo un po’ di euro. Perché sia chiaro a tutti, li dovremmo pagare (o li avremmo dovuti pagare) noi.

E in ogni caso se la guerra finisse forse potremmo evitare di pagare 90 miliardi di dollari di armi americane da fornire agli ucraini.

Colto o meno di sorpresa dall’annuncio del summit, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ieri ha dichiarato che “domani è previsto un incontro con il Presidente Trump e ci aspettiamo che lo slancio nel contenere il terrorismo e la guerra, che ha avuto successo in Medioriente, aiuti a porre fine alla guerra della Russia contro l’Ucraina.

Putin non è certamente più coraggioso di Hamas o di qualsiasi altro terrorista. Il linguaggio della forza e della giustizia funzionerà inevitabilmente anche contro la Russia”.

Zelensky, grazie anche al suo background professionale. ha trovato anche una battuta efficace dichiarando che “possiamo già vedere che Mosca si affretta a riprendere il dialogo non appena sente parlare dei Tomahawk. Non deve esserci altra alternativa se non la pace e una sicurezza affidabilmente garantita ed è fondamentale proteggere le persone dagli attacchi e dalle aggressioni russe il prima possibile”.

Difficile dire se si tratti dei soliti slogan a cui l’istrionico presidente ucraino ci ha ormai abituato o se Trump abbia già imposto a Zelensky le condizioni di pace, cioè le indispensabili cessioni territoriali e condizioni di sicurezza per la Russia che Putin non ha mai smesso di porre come punto fermo per chiudere il conflitto.

Condizioni che Zelensky dovrebbe però far digerire agli ultranazionalisti in Ucraina e ai “bellicosi” in Europa.

Zelensky a Washington 

Durante l’incontro tra Trump e Zelensky oggi a Washington di contenuti veri ne sono emersi davvero pochi.  Trump sembra averci ripensato circa la  disponibilità a fornire i missili da crociera Tomahawk all’Ucraina ma sui possibili accordi di pace non ci sono novità.

Trump sostiene che Zelensky e Putin stanno “negoziando bene ma devono eliminare un po’ di odio reciproco. Ora cerchiamo di capire cose può succedere, credo che le cose ora si possono allineare bene. Riusciremo a fare finire questa guerra”.

Anche il presidente ucraino si è detto fiducioso. “Penso che Putin non sia pronto” per la fine della guerra “ma sono fiducioso che con il tuo aiuto possiamo fermarla” ha detto Zelensky, rivolgendosi al presidente americano e complimentandosi “per il successo con il cessate il fuoco in Medioriente”.

Trump ha aperto all’ipotesi di un incontro a tre. “L’incontro sarà in Ungheria perché c’è un premier che ci piace, sta facendo un ottimo lavoro e quindi abbiamo deciso di incontrarci lì. Credo che sarà un doppio incontro, avremo il presidente Zelensky in contatto, è una situazione difficile perché non si piacciono e quindi potrebbe essere un incontro a tre o forse separati. Ieri ho parlato per oltre due ore con Putin, anche lui viole che la guerra finisca“.

Più tardi la Casa Bianca ha fatto sapere che a Budapest vi saranno incontri separati e non a tre. Il presidente russo “vuole finire la guerra o non parlerebbe così“, ha aggiunto Trump.

Sui temi militari Zelensky ha proposto a Trump di scambiare i droni ucraini con i missili da crociera americani Tomahawk ma ha anche  assicurato che i russi “non stanno avendo progressi sul campo di battaglia e hanno molte perdite in termini di economia e per le persone“.

In realtà i russi continuano ad avanzare, le ultime roccaforti in Donbass sono assediate e le perdite spaventose le soffrono gli ucraini, ma la narrazione di Zelensky ha l’evidente lo scopo di aggirare il vero ostacolo su cui potrebbero infrangersi ancora una volta i negoziati. e cioè le condizioni postbelliche dell’Ucraina e la cessione di territori a Mosca.

Nello scambio di battute con i giornalisti (un po’ puerile il tenore delle risposte dei due presidenti), Trump è stato come spesso accade evasivo e non ha mai fatto riferimento a una base negoziale su cui aprire i colloqui mentre Zelensky ha fatto un confuso riferimento alla necessità di fermare la guerra sulle posizioni attuali, lasciando quindi intendere di volere un cessate il fuoco pima di negoziare. Opzione già da mesi rigettata da Mosca.

Del resto non è dato sapere se Trump ha ripetuto al presidente ucraino che non è nella posizione di dettare condizioni. ma all’aeroporto anche Trump ha parlati con i giornalisti di “fermare la guerra sull’attuale linea del fronte e che tutti tornino a casa dalle loro famiglie”.

Visione un po’ semplicistica. Non a caso dopo aver incontrato Trump, il presidente ucraino ha telefonato ad alcuni leader europei per confrontarsi con loro sul da farsi.

La variabile cubana

I missili Tomahawk che gli USA sembrava potessero eventualmente cedere a Kiev non avevano molto impressionato i russi sul piano militare (“rafforzeremo le difese aeree” aveva detto Putin) ma rischiavano di far tornare Russia e USA al un braccio di ferro tale da rievocare la crisi di Cuba e quella degli Euromissili.

Come è facile intuire Mosca non potrebbe lasciare senza risposta la provocazione di schierare a ridosso del confine russo e in una nazione esterna alla NATO missili da crociera potenzialmente in grado di trasportare testate nucleari e gestiti necessariamente da personale militare statunitense.

Per questo dovremmo chiederci quanto abbia influito, non solo nella apparente decisione di Trump di frenare sulla fornitura dei Tomahawk a Kiev ma sul contesto complessivo che ha portato i due presidenti a decidere di vedersi in un campo amichevole per entrambi (Budapest) un elemento del tutto esterno alla guerra in Ucraina e che potremmo definire la “variabile cubana”.

Anche se, come spesso accade per le notizie davvero rilevanti, i nostri media e TV non ne hanno quasi per nulla riferito, l’8 ottobre il Consiglio della Federazione Russa ha ratificato in sessione plenaria l’accordo intergovernativo di cooperazione militare con Cuba che fornisce piena base giuridica per definire gli obiettivi, le modalità e gli ambiti della cooperazione militare tra i due Paesi, rafforzando ulteriormente i legami bilaterali nel settore della difesa.

L’accordo era stato firmato il 13 marzo all’Avana e il 19 marzo a Mosca. In passato, esperti e funzionari russi avevano ipotizzato un possibile dispiegamento di sistemi militari russi nell’area caraibica, tra cui Cuba e il Venezuela. La portavoce del ministero degli Esteri, Maria Zakharova, ha ribadito che eventuali decisioni in tal senso rientrano nelle competenze del ministero della Difesa ma secondo i servizi segreti militari ucraini almeno un migliaio di volontari cubani combatterebbero attualmente al fianco dei russi in Ucraina.

In base al nuovo accordo potrebbero forse venire trasferiti in Russia reparti organici dell’Esercito Cubano, come è accaduto con l’esercito della Corea del Nord.

L’accordo russo-cubano viene ratificato mentre le forze statunitensi operano al largo delle coste del Venezuela e un attacco alla nazione alleata di Mosca non viene escluso dallo stesso Trump, che ha confermato di aver autorizzato operazioni clandestine della CIA in Venezuela, come anticipato dal New York Times.

Non a caso Alexander Stepanov, dell’Istituto di Diritto e Sicurezza Nazionale dell’Accademia Presidenziale Russa di Economia Nazionale e Pubblica Amministrazione, ha dichiarato alla TASS che la ratifica dell’accordo di cooperazione militare russo-cubano, rappresenta “una risposta simmetrica alla potenziale fornitura di Tomahawk”.

“L’accordo ratificato amplia al massimo la nostra cooperazione militare e consente, nell’ambito dell’interazione bilaterale e in coordinamento con il governo della Repubblica di Cuba, di schierare praticamente qualsiasi sistema offensivo sul territorio dell’isola”.

Per intenderci, è probabile che Putin abbia spiegato a Trump che in risposta ai Tomahawk in Ucraina, la Russia potrebbe schierare i missili ipersonici Kinzhal o Oreschnik a Cuba.

In attesa di avere tra poche ore chiarimenti ulteriori dall’incontro tra Trump e Zelensky, a indurre Trump a rivalutare la cessione dei Tomahawk potrebbe aver contribuito la valutazione che mentre i missili americani subsonici verrebbero almeno in parte intercettati dalle difese aeree russe, contro i missili ipersonici russi non ci sono al momento difese efficaci negli Stati Uniti e in Europa.

Quindi il contesto che potrebbe aver dato vita al nuovo summit russo-americano potrebbe risultare molto diverso da quello raccontato da Zelensky, cioè la paura russa dei Tomahawk.

Di conseguenza le possibilità di giungere alla pace in Ucraina dipenderanno soprattutto dalla disponibilità di Zelensky e degli europei ad accettare le ben note condizioni poste da Mosca (che sta vincendo la guerra sui campi di battaglia), tese a ridefinire una cornice di sicurezza ai confini occidentali della Russia e a quelli orientali dell’Europa con l’obiettivo di concludere definitivamente il conflitto, non solo di sospenderlo a tempo determinato.

Foto: TASS, Ministero Difesa Russo, Presidenza Ucraina, Faebook/Viktor Orban

Il retroscena delle turbolenze in Nexperia_di Fred Gao

Il retroscena delle turbolenze in Nexperia

Il rapporto di Yicai su come il CEO Zhang Xuezheng ha perso il controllo

Fred Gao17 ottobre
 
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Ho trovato questo articolo sul caso Nexperia pubblicato da Yicai (第一财经) e penso che valga la pena condividerlo. L’articolo descrive in dettaglio il caso Nexperia che ha portato alle dimissioni dell’amministratore delegato Zhang Xuezheng. Le tensioni tra Zhang e i principali dirigenti europei in merito alla direzione strategica, aggravate dalle richieste olandesi di un potente consiglio di sorveglianza con potere di veto sulle operazioni critiche, sono culminate in una lotta di potere. La situazione è esplosa quando gli Stati Uniti hanno inasprito le norme sul controllo delle esportazioni, spingendo il governo olandese a emettere un’ordinanza che ha effettivamente protetto i dirigenti dissidenti, i quali hanno poi presentato con successo una petizione a un tribunale olandese per sospendere i poteri di Zhang e porre le azioni di Wingtech sotto custodia, privandolo del controllo.

La controversia verteva principalmente sulla richiesta del governo olandese che Nexperia istituisse un potente consiglio di sorveglianza con potere di veto su quasi 20 aree critiche, dal trasferimento di proprietà intellettuale e investimenti globali superiori a 1 milione di dollari all’assunzione di personale di ricerca e sviluppo in Cina, mentre tali condizioni avrebbero comportato la cessione di diritti di controllo significativi sulla sua controllata.

È accessibile sul sito web. L’autore è Peng Haibin:

Il retroscena delle turbolenze in Nexperia: come il CEO Zhang Xuezheng ha perso il controllo

https://m.yicai.com/news/102868689.html


Zhang Xuezheng, frustrato, ha lasciato i Paesi Bassi. Durante le vacanze della Festa Nazionale cinese, Zhang Xuezheng, amministratore delegato di Nexperia, è stato sospeso dalle sue funzioni e le azioni di Wingtech Technology (600745.SH) in Nexperia sono state poste sotto custodia. Wingtech Technology ha speso 33,4 miliardi di RMB per acquisire una partecipazione di controllo in Nexperia, ma ora quest’ultima sta gradualmente sfuggendo al suo controllo. Le pressioni degli Stati Uniti hanno influenzato l’orientamento politico del governo olandese e hanno distrutto la già fragile fiducia reciproca all’interno del senior management di Nexperia. Su questioni fondamentali come il posizionamento di Nexperia e lo sviluppo del suo business globale, Zhang Xuezheng si è trovato in grave contrasto con il Chief Legal Officer e il Chief Financial Officer di Nexperia, tra gli altri. Zhang Xuezheng aveva inizialmente intenzione di licenziare diversi dirigenti, ma è stato inaspettatamente estromesso da una coalizione formata proprio da loro.

Le persone che hanno rovesciato Zhang Xuezheng
Zhang Xuezheng era stato amministratore delegato di Nexperia solo per cinque anni. Nel dicembre 2019, Wingtech Technology ha completato l’acquisizione del 79,98% delle azioni di Nexperia per 26,854 miliardi di RMB. Successivamente, Wingtech ha raggiunto il 100% della proprietà di Nexperia. Ha utilizzato vari metodi di finanziamento, spendendo in totale oltre 33 miliardi di RMB. Si è trattato della più grande acquisizione nel settore dei semiconduttori nella storia della Cina e della prima volta che un’azienda cinese ha acquisito un’azienda leader a livello mondiale nel settore dei semiconduttori. Il 25 marzo 2020, l’allora CEO di Nexperia, Frans Scheper, ha deciso di andare in pensione anticipatamente e di dimettersi dal consiglio di amministrazione. Contemporaneamente, Zhang Xuezheng, presidente del consiglio di amministrazione di Nexperia, ha assunto il ruolo di CEO.

Frans Scheper era un veterano di NXP. Il predecessore di Nexperia era la divisione Standard Products dell’azienda olandese NXP. Dopo aver iniziato la sua carriera nel settore IT, Scheper è stato direttore generale della divisione Standard Products di NXP prima dello spin-off di Nexperia, rimanendo nell’azienda per quasi 20 anni. Ha anche gestito uno dei principali stabilimenti di produzione di wafer di Nexperia, lo stabilimento di Amburgo in Germania. Lo stabilimento di Amburgo di Nexperia produce wafer da 8 pollici, con una capacità mensile di circa 35.000 wafer. Questa produzione si traduce in 70 miliardi di unità di semiconduttori all’anno, rendendolo il più grande impianto di produzione di wafer al mondo per dispositivi discreti a piccolo segnale e diodi. “Ho deciso di non prolungare il mio mandato quadriennale, quindi ora è il momento che Wingtech, proprietaria di Nexperia, decida la futura leadership di Nexperia”, ha dichiarato Scheper al momento delle dimissioni da CEO.

L’attuale Chief Financial Officer e CEO ad interim di Nexperia è Stefan Tilger. Ha iniziato la sua carriera in Philips e NXP, dove ha ricoperto varie posizioni finanziarie. È entrato in Nexperia nel 2017 come Vice President of Global Business Control. Il management di Wingtech lo ha valutato come una persona con forti capacità professionali e una personalità flessibile. Nel 2021, dopo l’acquisizione di Nexperia da parte di Wingtech e il pensionamento del precedente CFO, Stefan Tilger è stato promosso a CFO sulla base delle sue riconosciute competenze professionali.

Il responsabile legale che attualmente supervisiona gli affari legali di Nexperia è Ruben Lichtenberg. Dopo l’acquisizione di Nexperia da parte di Wingtech, ha guidato i team legali e di proprietà intellettuale a livello globale e ha anche ricoperto il ruolo di amministratore legale di Nexperia.

Prima del 2022, a causa della pandemia, Zhang Xuezheng lavorava principalmente dalla Cina, gestendo gli affari e comunicando con questi dirigenti chiave online. A partire dal 2022, Zhang Xuezheng ha iniziato a lavorare dai Paesi Bassi. Il periodo che seguì fu una fase di luna di miele tra Zhang e i vari membri del team dirigenziale. “C’è stato un periodo in cui il rapporto era ottimo; ad esempio, continuavano a cenare e bere insieme”, ha rivelato un manager di Wingtech Technology.

La pressione esterna arriva senza essere invitata

Nel gennaio 2023, Stati Uniti, Paesi Bassi e Giappone hanno raggiunto un accordo, con i Paesi Bassi e il Giappone che, sotto la pressione degli Stati Uniti, hanno avviato controlli sulle esportazioni di apparecchiature per semiconduttori verso la Cina. Anche il principale produttore di apparecchiature dei Paesi Bassi, ASML, è stato soggetto a restrizioni. Nel 2024, ASML non solo non ha potuto vendere apparecchiature EUV alla Cina, ma ha anche visto revocare dal governo olandese le licenze di esportazione per alcune apparecchiature DUV.

Se si guarda alla storia aziendale, sia Nexperia che ASML possono far risalire le loro origini alla società olandese Philips Group. Con il controllo delle esportazioni di apparecchiature per semiconduttori di ASML verso la Cina, il management di Nexperia ha naturalmente percepito la minaccia come molto vicina.

Per affrontare questo problema, Nexperia ha creato un nuovo dipartimento: Affari societari. Ha assunto un manager con molti anni di esperienza nella diplomazia olandese per guidare questo dipartimento e ha iniziato a contattare in modo proattivo il Ministero dell’Economia olandese. Si sono consultati su come l’azienda dovesse rispondere alle tensioni geopolitiche internazionali, discutendo su come modificare la struttura di governance di Nexperia per garantirne l’indipendenza. Nexperia era preoccupata di non essere riconosciuta come azienda olandese, ma semplicemente etichettata come “azienda di proprietà cinese”. La comunicazione tra il dipartimento Affari aziendali di Nexperia e il Ministero dell’Economia olandese mirava a “ottenere l’appoggio del governo olandese in Europa, riconoscendoci come un attore importante nell’industria olandese dei semiconduttori”.

Fu a questo punto che iniziò la grave frattura all’interno della dirigenza di Nexperia. Sorsero disaccordi su come rispondere alle pressioni degli Stati Uniti e su come gestire i rapporti con il Ministero dell’Economia olandese, portando a opinioni significativamente diverse sulla strategia di sviluppo tra i dirigenti di Nexperia. Il breve periodo di relazioni amichevoli tra Zhang Xuezheng e i diversi dirigenti giunse al termine. Nel settembre 2025, Zhang Xuezheng fece in modo che Nexperia licenziasse questi dirigenti. Inaspettatamente, i tre dirigenti hanno organizzato una controffensiva collettiva, che ha avuto successo. Un dirigente di Wingtech Technology ha commentato che Zhang Xuezheng era “personalmente piuttosto colpito da questo”.

La contraddizione fondamentale
A partire dalla fine del 2023, Nexperia ha avviato un dialogo con il Ministero dell’Economia olandese. Fino al luglio 2024 si sono susseguiti diversi cicli di comunicazioni. I principali argomenti discussi includevano la necessità di modificare la struttura di governance di Nexperia per garantirne l’indipendenza, l’opportunità che il governo olandese rafforzasse il proprio controllo su Nexperia e l’opportunità di indebolire il controllo degli azionisti di Nexperia.

Una delle richieste avanzate dal Ministero dell’Economia olandese era che Nexperia dovesse avere un cittadino olandese nel proprio consiglio di amministrazione. Per questo motivo è stato scelto come amministratore Ruben Lichtenberg, Chief Legal Officer. Anche Zhang Qiuhong, ex presidente di Wingtech Technology, era stata amministratore di Nexperia. Tuttavia, nel luglio di quest’anno ha rassegnato le dimissioni da presidente di Wingtech e di conseguenza ha cessato di essere amministratore di Nexperia. Prima dell’ottobre 2025, Nexperia aveva solo due amministratori: Zhang Xuezheng e Ruben Lichtenberg.

Il punto centrale della controversia tra il Ministero dell’Economia olandese e Wingtech Technology era la richiesta del primo affinché Nexperia istituisse un consiglio di sorveglianza. “Le responsabilità di questo consiglio di sorveglianza sono molto diverse da quelle dei consigli di sorveglianza in Cina. Il consiglio di sorveglianza olandese può essere sostanzialmente inteso come un comitato degli azionisti; i suoi membri hanno diritto di voto sulle questioni aziendali più importanti”, ha rivelato un alto dirigente di Wingtech. Il governo olandese ha chiesto che il consiglio di sorveglianza istituito da Nexperia non solo avesse diritto di voto, ma anche potere di veto su quasi 20 questioni riservate. Queste 20 categorie di questioni riservate includevano il trasferimento di proprietà intellettuale o tecnologia a paesi al di fuori dell’UE, progetti di investimento superiori a 1 milione di dollari in qualsiasi parte del mondo, l’assunzione di personale di ricerca e sviluppo in Cina e persino la completa separazione delle reti interne di Nexperia in Cina e in Europa.

“Questa serie di questioni richiedeva che il consiglio di sorveglianza avesse potere di veto su di esse”, ha dichiarato il dirigente senior di Wingtech Technology. “Dopo che la nostra società quotata in borsa (Wingtech Technology) ha incaricato alcuni avvocati di condurre un’analisi dettagliata, abbiamo ritenuto che fosse inaccettabile. Dal punto di vista di una società quotata in borsa, accettare questa serie di punti fondamentali avrebbe significato rinunciare a una parte dei nostri diritti di controllo. Questo è stato quindi un punto centrale di contesa che abbiamo discusso con il Ministero dell’Economia olandese in merito alle questioni di governance aziendale a partire dal 2024”.

Wingtech ha affermato che, secondo la legge olandese, Nexperia non rientrava nella categoria che imponeva l’istituzione di un consiglio di sorveglianza e che la sua attuale assenza non violava alcuna disposizione legale obbligatoria. In una lettera inviata da Nexperia al Ministero dell’Economia olandese in data 17 aprile 2024, Nexperia ha chiesto parità di trattamento: si aspettava lo stesso trattamento riservato ad altre società simili con sede anch’esse nei Paesi Bassi, con importanti azionisti stranieri e operanti secondo la legge olandese.

Il 17 ottobre Wingtech Technology ha dichiarato a Yicai che Wingtech e Nexperia avevano discusso attivamente con il Ministero dell’Economia olandese la possibilità di istituire un consiglio di sorveglianza. L’intero processo non è stato un adeguamento unilaterale alla normativa, come descritto dalla parte olandese, ma piuttosto un processo in cui l’impresa, dopo aver chiarito i limiti legali, ha difeso i propri diritti e interessi legittimi. “La condizione preliminare di Nexperia per accettare di istituire un consiglio di sorveglianza era che, in qualità di filiale di una società quotata in borsa con un solido sistema di controllo interno, la sua indipendenza decisionale operativa doveva essere garantita, piuttosto che accettare interventi non di mercato da parte di forze esterne. Ad oggi, Nexperia non solo non ha ottenuto il riconoscimento, ma non è stata nemmeno inclusa nell’associazione olandese dell’industria dei semiconduttori”, ha dichiarato Wingtech a Yicai.

Anche la vendita delle azioni di Nexperia e una quotazione secondaria rientravano nell’ambito delle discussioni. Alcuni dirigenti di Nexperia erano inoltre motivati a promuovere la vendita di una quota parziale agli investitori europei, o addirittura a cercare una quotazione indipendente all’estero per Nexperia. “L’attuale CFO di Nexperia è piuttosto proattivo al riguardo. In realtà aveva già cercato ampiamente investitori in Europa. Naturalmente, questo è strettamente legato ai suoi interessi personali perché, in qualità di CFO, portare a termine una transazione di tale portata gli garantirebbe un bonus significativo”, ha affermato un dirigente di Wingtech Technology.

Queste contraddizioni irrisolte tra Zhang Xuezheng e i dirigenti, e tra Nexperia e il Ministero dell’Economia olandese, sono esplose completamente quando gli Stati Uniti hanno implementato la regola del 50% di proprietà per l’Entity List.

La partenza
Zhang Xuezheng aveva inizialmente intenzione di licenziare prima i dirigenti. All’inizio di settembre 2025, il dipartimento risorse umane di Nexperia ha iniziato a rappresentare l’azienda nelle trattative con il responsabile legale e altri dirigenti in merito al loro licenziamento. “Da un lato, ritenevamo che ci fosse stata una certa negligenza nel loro operato nel corso del tempo, aggravata da una serie di piccoli problemi accumulati negli anni; dall’altro, ritenevamo che il loro atteggiamento relativamente conservatore non fosse adatto allo sviluppo strategico futuro dell’azienda”, ha rivelato un dirigente senior di Wingtech Technology.

Secondo quanto riferito da Wingtech, le due parti avevano sostanzialmente raggiunto un accordo e stavano solo aspettando di sedersi formalmente al tavolo per firmare i contratti di risoluzione. L’intenzione iniziale era quella di annunciare l’uscita dei dirigenti con una dichiarazione concordata di comune accordo. “Dopotutto, sono stati dirigenti autorevoli dell’azienda per molti anni; volevamo che tutti potessero salvare la faccia”.

Il 29 settembre 2025, il Dipartimento del Commercio degli Stati Uniti ha rivisto e ampliato l’applicazione della regola del 50% delle affiliate per l’Entity List. In base a questa regola, anche Nexperia, in qualità di controllata di Wingtech Technology, potrebbe essere soggetta a restrizioni in materia di controllo delle esportazioni.

Il 30 settembre 2025, ora olandese, il Ministero dell’Economia e della Politica climatica dei Paesi Bassi ha emesso un decreto ministeriale nei confronti di Nexperia, imponendo a Nexperia e a tutte le sue controllate, filiali, uffici e altre entità globali (30 soggetti in totale) di non apportare modifiche alle proprie attività, proprietà intellettuali, affari o personale per un periodo di un anno. Secondo il management di Wingtech Technology, la disposizione contenuta in tale ordine secondo cui “il personale chiave non può essere licenziato né subire modifiche alla propria posizione era, in una certa misura, intesa a proteggere quei tre. Essi hanno utilizzato direttamente l’ordinanza ministeriale per essere reintegrati”.

Il 1° ottobre 2025, l’amministratore delegato e il responsabile legale di Nexperia, con il sostegno degli altri due dirigenti, il direttore finanziario e il direttore operativo, hanno presentato una richiesta urgente al tribunale commerciale olandese affinché avviasse un’indagine sulla società e adottasse misure provvisorie. Lo stesso giorno, il Tribunale delle imprese ha applicato direttamente diverse misure di emergenza con effetto immediato senza udienza, tra cui la sospensione di Zhang Xuezheng dalla carica di amministratore esecutivo di Nexperia e l’affidamento delle azioni di Nexperia a un terzo indipendente. Queste misure immediate sono rimaste in vigore fino all’udienza del 6 ottobre, quando è stata emessa una sentenza sulla richiesta di misure immediate dopo un’udienza orale.

“L’atto di accusa è stato presentato al mattino e nel pomeriggio/sera ci hanno notificato la sentenza provvisoria”. I dirigenti di Wingtech Technology hanno ritenuto che tale efficienza fosse insolita per i Paesi Bassi. L’autorità gestionale di Zhang Xuezheng è stata sospesa dopo il 1° ottobre. I dirigenti europei di Nexperia hanno bloccato direttamente l’accesso all’e-mail interna di Nexperia, ai sistemi di comunicazione e all’account di Zhang Xuezheng. “Ciò ha impedito a noi, in qualità di parte convenuta, di ottenere prove in modo ragionevole. Anche i nostri avvocati olandesi ritengono che vi siano vizi procedurali”, ha dichiarato un dirigente di Wingtech Technology. “Col senno di poi, siamo stati un po’ troppo clementi nel gestire la questione [riferendosi al licenziamento dei tre dirigenti]. Guardate come hanno bloccato direttamente gli account del presidente Zhang e tutto il resto, il giorno successivo”.

Le prove presentate da diversi dirigenti che Wingtech ha ottenuto dal tribunale consistevano in oltre 500 pagine di testimonianze e dichiarazioni giurate. Queste oltre 500 pagine includevano il contenuto delle e-mail scambiate tra Nexperia e il Ministero dell’Economia olandese dall’inizio della loro collaborazione nel 2024. “Abbiamo bisogno di tempo per assimilare il linguaggio, tempo per studiare queste 500 pagine e anche tempo per raccogliere prove e controinterrogare”, ha affermato il dirigente di Wingtech Technology. Tuttavia, la richiesta di rinvio dell’udienza è stata respinta. “Avevamo solo 2 giorni lavorativi per prepararci, o 5 giorni compreso il fine settimana, prima dell’udienza del 6. È stato estremamente ingiusto”.

Il tribunale olandese competente in materia di imprese ha tenuto l’udienza nel pomeriggio del 6 ottobre. Nel pomeriggio del 7 ottobre, il tribunale ha emesso una sentenza che conferma in gran parte le misure immediate sopra menzionate.

Attualmente, Zhang Xuezheng ha lasciato i Paesi Bassi ma non è tornato in Cina. Rimane l’azionista di controllo effettivo di Wingtech Technology. I dirigenti di Wingtech rimangono in contatto con Zhang Xuezheng, ma affermano di non conoscere la sua attuale ubicazione.