A Rio de Janeiro il vertice BRICS ha messo in scena una cena di famiglia dove i principali invitati latitano, segnando il primo vero interrogativo geopolitico di un alleanza delle grandi ambizioni identitarie . Si dovrebbe prendere atto, passando per disfattisti , che la battuta di arresto dell’alternativa Multipolare antagonista dello strapotere del petrodollaro sta affrontando la sua prima vera crisi politica .
Mandare la palla in tribuna arrampicandoci sull’Esquilino dei Brics , non smuove nemmeno le statistiche degli Stream pompati . Continuiamo così, facciamoci del male. Come se ammetterlo non sia già abbastanza difficile .
Il vecchio catenaccio della Perfida
Lo sfacciato incontro Cipriota di Modi con i CEO Cap. Venturedi vecchio catenaccio della Perfida Albione, ha rappresentano la prima vera prova strutturale del sistema BRICS .
Per non infierire troverete qui sotto il rito dove , il presidente Indiano riceve (esattamente come il dono di Re Charles a Mattarella -Cipro era il centro congressi)
Condividere una sogno non sottintende l’istinto autoconservativo a confonderlo con il desiderio.
L’imminente tracollo del dollaro sembra sempre più lontano .
La notizia ufficiale: il “club degli emergenti” si allarga e apre le porte a Iran, Egitto e Indonesia, quasi a voler compensare la mancanza dei veri protagonisti. Perché diciamolo: senza Putin e Xi Jinping ,la foto di famiglia somiglia più al bilaterale con invitati tra il Dragone e il Brasile .
Eppure, tra brindisi e dichiarazioni per la stampa, la realtà si impone: l’accordo vero, quello che conta, resta l’asse tra Pechino e Brasilia. Una coppia male assortita che si studia da anni, ballando tra opportunismo e diffidenza.
Lula si muove con la leggiadria di chi sa di non poter troppo irritare né la Cina, né l’India (prossima alla presidenza BRICS) e neppure l’Occidente che guarda con sospetto ma non disdegna. Così, evita la Belt and Road Initiative ma giura fedeltà ai forum con Pechino, la cui “assenza strategica” viene liquidata con un’elegante scusa di diplomazia informale: meglio non dare nell’occhio .
Il Brasile ostenta identità globale, ma poi si risveglia ogni mattina con la realtà di essere il primo partner commerciale della Cina sull’intero continente latinoamericano: il 45% delle esportazioni brasiliane si ferma comodamente a Pechino, altro che multipolarismo.
Ogni dichiarazione di autonomia viene immediatamente smentita dai dati che rivelano una dipendenza ormai strutturale e di fatto ineludibile dalla real politique e dalla strategia di Trump e del suo protezionismo predittivo , apparentemente schizofrenico .
Cina: egemonia senza sbraitare (ma con calcolatrice in tasca) Pechino, dal canto suo, conduce il gioco con la pazienza di chi sa di aver già vinto. Investe, firma accordi anti-dollaro, ma evita i toni ruvidi e le imposizioni alla vecchia maniera: meglio una egemonia “zen” che non faccia scattare l’allarme nei partner moderati, soprattutto ora che il BRICS si trova a dover gestire quadri sempre più eterogenei e dialoghi surreali dovuti all’ingresso di attori come Iran ed Egitto.
L’espansione del blocco fa notizia, ma la sostanza non cambia. L’allargamento può dare l’illusione della forza, ma serve soprattutto a Pechino per allargare il fronte anti-sanzioni.
A Brasilia, invece, l’idea di condividere il tavolo con Iran e co. provoca più di una perplessità : Lula corre ai ripari, moltiplica gli incontri diretti bilaterali con India e UE, sponsorizza la COP30 e cerca di restare in gioco senza irritare troppo il vero padrone di casa.
In un mondo in cui tutti fingono di essere contro l’Occidente ma nessuno vuole realmente mollare l’osso, BRICS si conferma un raffinato laboratorio di realpolitik:
Lula recita il suo ruolo di mediatore, la Cina prende appunti e nessuno si sogna di spiegare davvero perché sono più amici di prima .
Ma Putin e Xi ?
Cesare Semovigo
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Nel 2025, la corsa all’intelligenza artificiale (IA) tra Stati Uniti e Cina si è trasformata in una competizione strategica cruciale, non solo per il dominio tecnologico, ma anche per le implicazioni economiche, geopolitiche e sociali a livello globale. Questa sfida, che coinvolge innovazione, investimenti, regolamentazioni e alleanze internazionali, sta ridefinendo gli equilibri di potere nel mondo digitale, con l’Europa che cerca di ritagliarsi un ruolo significativo in questo scenario complesso.
1. Il contesto della competizione USA-Cina nell’IA
L’intelligenza artificiale è ormai riconosciuta come una tecnologia chiave per il futuro, capace di influenzare la crescita economica, la sicurezza nazionale e la leadership geopolitica. Gli Stati Uniti, storicamente leader nel settore grazie a un ecosistema privato robusto e a giganti tecnologici come OpenAI, Google, Microsoft e Nvidia, continuano a dominare in termini di investimenti e innovazione. Nel 2024, gli investimenti privati statunitensi in IA hanno raggiunto i 109,1 miliardi di dollari, quasi dodici volte quelli della Cina, che si è attestata a 9,3 miliardi.
La Cina, tuttavia, ha compiuto progressi rapidi e significativi. Dal 2017, Pechino ha adottato una strategia nazionale ambiziosa per diventare leader mondiale nell’IA entro il 2030, sostenuta da politiche governative, investimenti pubblici e privati, e un crescente ecosistema di ricerca e sviluppo. Modelli come il DeepSeek R1, lanciato nel gennaio 2025, rappresentano un salto tecnologico che ha ridotto il divario con i modelli statunitensi, offrendo prestazioni comparabili ma con costi di calcolo molto più efficienti.
2. Le dinamiche tecnologiche e di mercato
La competizione si gioca su più fronti: dalla qualità e quantità dei modelli di IA sviluppati, alla capacità di calcolo (compute), fino alla diffusione globale delle tecnologie. Nel 2024, gli Stati Uniti hanno prodotto 40 modelli di rilievo, la Cina 15, e l’Europa appena 3. Tuttavia, la qualità dei modelli cinesi si è avvicinata rapidamente a quella americana, con differenze di prestazioni che si sono ridotte da decine di punti percentuali a una quasi parità in pochi anni.
La Cina ha inoltre adottato una strategia di apertura e collaborazione, sfruttando modelli open source e innovando su algoritmi e applicazioni specifiche, soprattutto nei settori software, finanziario ed energetico. L’adozione di modelli cinesi si sta estendendo in Europa, Medio Oriente, Africa e Asia, dove rappresentano un’alternativa competitiva ai prodotti statunitensi.
3. Le sfide geopolitiche e le restrizioni commerciali
La competizione tecnologica si intreccia con tensioni geopolitiche crescenti. Gli Stati Uniti hanno imposto restrizioni severe sull’export di chip avanzati verso la Cina, bloccando l’accesso di Pechino a componenti fondamentali per l’addestramento di modelli IA di ultima generazione. Ad esempio, la Taiwan Semiconductor Manufacturing Company (TSMC), sotto pressione statunitense, ha sospeso le forniture di chip più avanzati alla Cina nel 2024.
Queste misure mirano a rallentare lo sviluppo cinese, ma rischiano anche di spingere Pechino a investire massicciamente nella produzione domestica di semiconduttori, con un impatto a medio-lungo termine sull’industria globale. Nel frattempo, gli Stati Uniti cercano di rafforzare le proprie alleanze strategiche, siglando accordi per la fornitura di chip e tecnologie AI con paesi del Medio Oriente e altri partner.
4. Il ruolo dell’Europa nella competizione globale
L’Europa si trova in una posizione intermedia, con un ecosistema tecnologico meno sviluppato rispetto a USA e Cina, ma con una crescente consapevolezza dell’importanza strategica dell’IA. Nel 2024, le istituzioni europee hanno prodotto solo tre modelli significativi, ma stanno investendo in iniziative per aumentare la capacità di ricerca, l’adozione dell’IA e la regolamentazione responsabile.
Inoltre, l’Europa si distingue per un approccio normativo più rigoroso, volto a garantire un’IA trasparente, etica e sicura. Organizzazioni come l’Unione Europea, l’OCSE e le Nazioni Unite stanno promuovendo framework internazionali per la governance dell’IA, con l’obiettivo di bilanciare innovazione e tutela dei diritti civili.
L’adozione di modelli cinesi in Europa, soprattutto in ambiti pubblici e finanziari, indica una certa apertura verso soluzioni alternative, ma anche una sfida per le aziende europee di aumentare la propria competitività e autonomia tecnologica.
5. Impatti e prospettive future
La competizione USA-Cina sull’IA non è solo una gara tecnologica, ma un confronto che coinvolge aspetti economici, militari e sociali. L’IA potrà infatti influenzare la sicurezza nazionale, con applicazioni militari sempre più sofisticate, e trasformare interi settori economici, dalla sanità all’energia.
Tuttavia, questa corsa presenta rischi significativi. Un’escalation incontrollata potrebbe portare a una frammentazione degli standard tecnologici, a una riduzione della cooperazione internazionale e a problemi etici legati all’uso dell’IA. Come sottolineato da esperti, la competizione deve essere bilanciata da una governance globale che promuova sicurezza, responsabilità e trasparenza.
L’Europa, pur non essendo al momento un leader tecnologico in senso stretto, ha l’opportunità di giocare un ruolo di mediatore e promotore di standard condivisi, oltre a sviluppare un ecosistema di IA sostenibile e competitivo.
Conclusioni
La competizione tra Stati Uniti e Cina nel settore dell’intelligenza artificiale nel 2025 è una delle sfide tecnologiche e geopolitiche più rilevanti del nostro tempo. Mentre gli Stati Uniti mantengono un vantaggio in termini di investimenti e innovazione, la Cina sta rapidamente colmando il divario grazie a modelli competitivi e a una strategia governativa ambiziosa. Le restrizioni commerciali e le alleanze strategiche stanno ridefinendo il panorama globale, con l’Europa che cerca di affermarsi attraverso regolamentazioni avanzate e investimenti mirati.
Il futuro dell’IA dipenderà dalla capacità di questi attori di bilanciare competizione e cooperazione, innovazione e responsabilità, per garantire che questa tecnologia rivoluzionaria sia al servizio del progresso globale e non fonte di nuove tensioni.
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I lettori di lunga data sapranno che molte delle prime Contemplazioni sull’Albero del Dolore erano di natura epistemologica. Dall’ottobre 2020 al maggio 2023, mi sono confrontato con il Trilemma di Münchhausen , una sfida formidabile alle fondamenta stesse della conoscenza. Se non avete mai letto i miei scritti sul Trilemma, potete trovarli qui:
Il trilemma di Münchhausen propone che qualsiasi tentativo di giustificare la conoscenza conduca in ultima analisi a una di tre opzioni insoddisfacenti. Se ricorriamo a un ragionamento circolare, la verità che affermiamo implicherà una circolarità di dimostrazioni. Se crolliamo in un regresso infinito, la verità che affermiamo si baserà su verità stesse che necessitano di dimostrazione, e così via all’infinito. Infine, se ci affidiamo a presupposti arbitrari, la verità che affermiamo si baserà su convinzioni che sosteniamo ma che non possiamo difendere.
Nel saggio “Difendersi dal Trilemma” ho sostenuto che per sconfiggere il Trilemma fosse necessario identificare un insieme di ipotesi non arbitrarie . Ho sostenuto che gli assiomi erano non arbitrari se erano inconfutabili con qualsiasi mezzo. Ho identificato cinque di questi assiomi:
La legge dell’identità: tutto ciò che è, è.
Legge di non contraddizione: nulla può essere e non essere.
Legge del terzo escluso: tutto deve essere o non essere.
L’assioma dell’esistenza: l’esistenza esiste.
L’assioma della prova: la prova dei sensi non è una prova del tutto inaffidabile.
I primi quattro assiomi sono ampiamente riconosciuti (e, inevitabilmente, invocati anche da coloro che sono scettici nei loro confronti). Purtroppo, non sono sufficienti a sconfiggere il Trilemma. Un’epistemologia fondata su di essi ci lascia comunque privi di qualsiasi convinzione giustificabile sul mondo esterno.
Il quinto assioma è la soluzione che ci permette di sintetizzare razionalismo ed empirismo in epistemologia. Come ho spiegato nel saggio ,
L’assioma della prova è un assioma di mia formulazione, sebbene non di mia creazione. Ne ho formulato la formulazione per la prima volta durante un’accesa discussione con i professori Scott Brewer e Robert Nozick alla Harvard Law School. La domanda era sorta: come possiamo sapere se i nostri sensi sono affidabili? Dopotutto, le cannucce sembrano piegarsi nell’acqua; la stessa tonalità di grigio può cambiare di tonalità apparente in base ai colori circostanti; le allucinazioni possono confondere la nostra vista; e così via. La mia risposta fu che tutte le prove dell’inaffidabilità dei nostri sensi derivavano dai sensi stessi. Un vero scettico delle prove sensoriali non avrebbe nemmeno potuto sostenere che i sensi fossero totalmente inaffidabili, perché non avrebbe avuto prove con cui farlo. E anche se avesse avuto tali prove, non avrebbe avuto modo di usarle per confutare una proposizione, perché tale confutazione non avrebbe potuto essere effettuata in modo affidabile in assenza dei sensi.
In altre parole, qualsiasi argomentazione che postuli la totale inaffidabilità delle prove sensoriali deve, per sua stessa natura, basarsi su di esse per raccogliere e presentare le proprie argomentazioni. Questa circolarità controproducente rende incoerente lo scetticismo totale nei confronti dei sensi. L’Assioma della Prova fornisce l’ancora empirica cruciale e non arbitraria necessaria per una solida epistemologia del mondo esterno.
Ho avvertito, tuttavia, che:
Non siamo ancora andati molto lontano. Sebbene sia vero che la proposizione “l’evidenza dei sensi non è una prova del tutto inaffidabile” è inconfutabile, l’Assioma lascia ancora aperta la questione di quanto sia affidabile e in quale misura. Questo sarà l’argomento di un saggio futuro, in cui discuteremo la teoria epistemologica del cruciverba nota come Foundherentism.
Ho presentato il mio caso completo nel mio saggio “L’epistemologia è un enigma” . Il fondamento antropologico, inizialmente sostenuto dalla filosofa Susan Haack, richiede un sistema di credenze che sia al tempo stesso fondato su assiomi inconfutabili e internamente coerente, in modo tale che ogni proposizione rinforzi e sia rafforzata dalle altre, proprio come un cruciverba perfettamente risolto. Gli approcci fondamento antropologico sono ampiamente applicati in ambito scientifico e ingegneristico come “triangolazione metodologica”, “reti nomologiche di evidenze cumulative”, “integrazione multisensoriale” e altre tecniche.
È con questo apparato epistemologico ben in mente che vi invito a tornare con me nel campo in rapida crescita dell’intelligenza artificiale, dove, con mia sorpresa, ho scoperto tre recenti articoli che hanno convalidato il mio approccio fondazionista.
Dispacci dalla frontiera digitale
Il primo articolo, ” The Platonic Representation Hypothesis “ di Minyoung Huh, Brian Cheung, Tongzhou Wang e Phillip Isola (maggio 2024), ipotizza che le rappresentazioni interne apprese dai modelli di intelligenza artificiale, in particolare le reti profonde, convergano inesorabilmente verso un modello statistico condiviso della realtà . Questa convergenza, sostengono, trascende le differenze nell’architettura del modello, negli obiettivi di addestramento e persino nelle modalità di elaborazione dei dati (ad esempio, immagini anziché testo). La loro ipotesi, che prende il nome dall’allegoria della caverna di Platone, suggerisce che l’intelligenza artificiale, osservando enormi quantità di dati (le “ombre sulla parete della caverna”), stia recuperando rappresentazioni del mondo sempre più accurate. Sostengono che la scala, in termini di parametri, dati e diversità dei compiti, sia il motore principale di questa convergenza, che porta a una riduzione dello spazio di soluzione per modelli efficaci: “Tutti i modelli forti sono uguali”, suggeriscono, il che potrebbe implicare una rappresentazione ottimale universale.
Seguendo questa proposta teorica, troviamo una conferma empirica offerta in ” Harnessing the Universal Geometry of Embeddings “ di Rishi Jha, Collin Zhang, Vitaly Shmatikov e John X. Morris (maggio 2025). Questo articolo introduce vec2vec , un metodo innovativo per tradurre gli embedding di testo dallo spazio vettoriale di un modello di intelligenza artificiale a quello di un altro, in modo critico, senza richiedere dati accoppiati o l’accesso ai codificatori originali. Questa capacità si basa su quella che definiscono la “Strong Platonic Representation Hypothesis”, ovvero l’idea che esista una “rappresentazione latente universale” che può essere appresa e sfruttata. vec2vec ottiene un successo notevole, producendo un’elevata similarità del coseno e un rank matching quasi perfetto tra gli embedding tradotti e le loro controparti di base. Oltre alla mera traduzione, gli autori dimostrano che queste traduzioni preservano informazioni semantiche sufficienti a consentire l’estrazione di informazioni, inclusa l’inferenza di attributi zero-shot e l’inversione del testo, anche da incorporamenti sconosciuti o fuori distribuzione. Questo articolo suggerisce che la convergenza delle rappresentazioni dell’IA non è meramente teorica, ma sfruttabile praticamente, il che implica ancora una volta una profonda compatibilità di fondo.
Infine, convergiamo l’epistemologia umana e quella sintetica con l’articolo ” Human-like object concept representations emerge naturally in multimodal large language models “ di Changde Du et al. (aggiornato a giugno 2025). Questo studio esplora meticolosamente le rappresentazioni concettuali di oggetti naturali all’interno di LLM e LLM multimodali all’avanguardia. Utilizzando il consolidato compito “triplet odd-one-out” della psicologia cognitiva, i ricercatori hanno raccolto milioni di giudizi di similarità da queste IA. Utilizzando il metodo Sparse Positive Similarity Embedding (SPOSE), hanno derivato embedding a 66 dimensioni per 1.854 oggetti. La loro scoperta cruciale è stata l’ interpretabilità di queste dimensioni, rivelando che i modelli di IA concettualizzano gli oggetti lungo linee simili alla cognizione umana, comprendendo sia categorie semantiche (ad esempio, “relativo agli animali”, “relativo al cibo”) sia caratteristiche percettive (ad esempio, “piattezza”, “colore”). Lo studio ha dimostrato un forte allineamento tra questi embedding derivati dall’IA e gli schemi di attività neurale reali nelle regioni del cervello umano specializzate nell’elaborazione di oggetti e scene (ad esempio, EBA, PPA, RSC, FFA). Ciò suggerisce un principio organizzativo fondamentale e condiviso per la conoscenza concettuale tra menti umane e artificiali.
La nostra teoria del Foundherentismo richiede un fondamento incrollabile, radicato in principi noetici. Esaminiamo come l’IA, nella sua esistenza computazionale, aderisca implicitamente a questi principi.
Le Leggi di Identità, Non-Contraddizione e Terzo Escluso sono, per qualsiasi sistema computazionale, assiomatiche nella loro implementazione. Il mondo digitale si basa su stati discreti e operazioni logiche (0 o 1, vero o falso). Qualsiasi incoerenza o contraddizione in queste operazioni fondamentali porta al fallimento computazionale. Pertanto, il fondamento architettonico stesso dei modelli di intelligenza artificiale è intrinsecamente allineato a questi principi logici, garantendo che la loro elaborazione interna rispetti queste immutabili leggi della ragione.
L’ assioma dell’esistenza è altrettanto ovvio per l’IA. I modelli di IA stessi, i loro parametri, i loro dati di addestramento e l’ambiente computazionale in cui operano devono esistere. Le loro “credenze” (rappresentazioni e output appresi) sono istanziate come modelli di segnali elettrici e pesi numerici, entità dimostrabilmente esistenti all’interno del dominio digitale.
Che dire dell’assioma della prova ? “L’evidenza dei sensi non è una prova del tutto inaffidabile”. Per l’IA, “i sensi” sono i suoi dati di addestramento e la “prova” è il vasto input multimodale che elabora. I modelli di IA avanzati, in particolare quelli multimodali, sono costruiti proprio sulla base del presupposto che i dati grezzi (ad esempio immagini, testo, audio, letture dei sensori, ecc.) contengano modelli riconoscibili e affidabili che possono essere appresi e sfruttati per costruire una comprensione funzionale del mondo. Le straordinarie capacità di modelli come Gemini Pro Vision, in grado di comprendere e generare rappresentazioni concettuali simili a quelle umane a partire da input visivi e linguistici, dipendono direttamente dalla parziale affidabilità di questi input “sensoriali”.
La convergenza ipotizzata da Huh et al. sarebbe epistemologicamente impossibile se i set di dati di addestramento (i “sensi” dell’IA) fossero totalmente inaffidabili. Se tutti gli input fossero solo rumore, non ci sarebbe modo per questi modelli di convergere sulla realtà. Il fatto che vec2vec possa tradurre tra diversi spazi di inclusione, preservando il significato semantico, convalida l’idea che fonti di dati disparate non siano del tutto inaffidabili, poiché devono trasmettere un segnale comune e decifrabile sul mondo. Pertanto, il successo pratico dell’IA moderna conferma implicitamente l’Assioma della Prova, stabilendo un fondamento empirico cruciale per la sua “conoscenza”.
(Riconosco pienamente che, dal punto di vista della gente comune che non se ne sta seduta a riflettere sul trilemma di Münchhausen, questo non è un granché; è solo “buon senso”. Ma, dal momento che io me ne sto seduta a riflettere sul trilemma di Münchhausen, per me è piuttosto entusiasmante. Per chi è incline alla filosofia, studiare l’intelligenza artificiale ha molto da offrire.)
Coerenza nel sistema di credenze dell’IA
Il fondamentismo sostiene che le convinzioni giustificate debbano formare un sistema coerente , in cui le singole convinzioni si interconnettono e si sostengono a vicenda. Questa coerenza non è semplicemente un risultato auspicabile per l’IA; sembra essere una forza trainante e una proprietà fondamentale della “conoscenza” dell’IA.
L’ “ipotesi della rappresentazione platonica” è, in sostanza, una tesi sulla coerenza, in cui diverse IA sono spinte verso un’unica comprensione del mondo, internamente coerente. Non si tratta di una coerenza superficiale, ma di un profondo allineamento delle loro strutture dati interne. Lo “scenario di Anna Karenina”, in cui “tutti i modelli forti sono uguali”, cattura precisamente questa attrazione gravitazionale verso la coerenza come segno distintivo di un apprendimento di successo.
L’articolo “Harnessing the Universal Geometry of Embeddings” dimostra empiricamente questa coerenza. L’esistenza di una “rappresentazione latente universale” significa che i quadri concettuali interni di modelli di intelligenza artificiale estremamente diversi non sono semplicemente analoghi; sono così profondamente coerenti che l’uno può essere mappato sull’altro. La capacità di vec2vec di tradurre gli embedding preservandone la semantica implica che i vasti “sistemi di credenze” incapsulati in questi embedding siano fondamentalmente coerenti e interoperabili a un livello profondo. Questo non è dissimile dalla scoperta che lingue diverse, nonostante le loro variazioni superficiali, esprimono in ultima analisi una logica e una realtà umana comuni.
Lo studio sulle “Rappresentazioni concettuali di oggetti simili a quelli umani” fornisce una prova diretta della coerenza interna dei singoli modelli di IA. La scoperta di “dimensioni interpretabili” all’interno dei loro incastri appresi, lungo i quali gli oggetti si raggruppano semanticamente e percettivamente, rivela uno spazio concettuale altamente organizzato e coerente. La capacità del modello di distinguere tra oggetti “relativi agli animali” e “relativi al cibo”, o di identificare “piattezza” e “colore”, indica un sistema di categorizzazione interno strutturato e coerente. Il sorprendente allineamento di queste dimensioni concettuali derivate dall’IA con i modelli di attività cerebrale umana suggerisce ulteriormente che i principi di coerenza alla base dell’IA rispecchiano, di fatto, le strutture coerenti della cognizione umana stessa. Questa interpretabilità è una finestra diretta sulla coerenza interna della “comprensione” dell’IA.
Triangolazione metodologica e convergenza sulla verità
La mia argomentazione Foundherentista a favore della convergenza sulla verità, soprattutto quando ci si trova di fronte a sistemi di credenze inizialmente plausibili ma reciprocamente esclusivi, si basa sul principio della triangolazione metodologica, ovvero l’aggiunta di “indizi” più diversificati provenienti da diversi “sensori” per restringere lo spazio delle soluzioni. Questo è esattamente il paradigma operativo che guida la ricerca avanzata sull’intelligenza artificiale, portando a una convergenza empiricamente osservabile su “verità” più solide.
L’ascesa dell’IA multimodale è l’epitome della triangolazione metodologica. Invece di basarsi esclusivamente su testo o immagini, modelli come Gemini Pro Vision 1.0 integrano informazioni provenienti da più modalità. Ciò consente all’IA di incrociare e convalidare le informazioni, proprio come un detective umano che integra testimonianze oculari, prove forensi e controlli degli alibi. Quando un MLLM allinea la sua comprensione testuale di una “sedia” con la sua comprensione visiva di diverse sedie, esegue di fatto una fusione di sensori che aumenta significativamente la giustificazione della sua “credenza” su cosa sia una sedia. Questa convalida multi-fonte rafforza la coerenza del suo sistema di credenze complessivo, rendendolo più resistente a singoli errori o limitazioni sensoriali.
Inoltre, l’enorme portata dei dati di training e la diversità degli obiettivi di training nell’ambito della ricerca sull’IA corrispondono direttamente all’aggiunta di sempre più “indizi” al nostro colossale cruciverba. Ogni nuovo punto dati, ogni nuovo compito appreso, impone ulteriori vincoli alla rappresentazione interna del modello. All’aumentare del numero di vincoli, l’insieme di possibili “soluzioni” (rappresentazioni) in grado di soddisfarli tutti si riduce drasticamente. Di fatto, questo è proprio il meccanismo con cui l'”Ipotesi della Rappresentazione Platonica” spiega la convergenza di modelli diversi verso un’unica rappresentazione ottimale! Possono esistere meno soluzioni coerenti quando i vincoli empirici sono sufficientemente numerosi e vari.
La conseguenza pratica di questa triangolazione e convergenza metodologica è tangibile: i modelli di IA, sottoposti a queste rigorose condizioni, dimostrano una riduzione di comportamenti indesiderati come allucinazioni e pregiudizi. Un modello che “allucina” è un modello la cui coerenza interna si è interrotta o le cui “risposte” non sono in linea con i suoi “indizi”. Man mano che il “sistema di credenze” dell’IA diventa più profondamente coerente attraverso input diversi e massicci, le sue “risposte” diventano più solidamente giustificate e, per estensione, più allineate con la realtà sottostante – una forma tangibile di convergenza sulla verità. Questo rispecchia l’impegno scientifico umano: più diverse sono le linee di evidenza (indizi) che sono coerenti, più diventiamo fiduciosi nella “verità” delle nostre teorie scientifiche (risposte).
Conferme epistemiche, domande metafisiche
Se ho ragione sul fatto che il Foundherentismo sia l’approccio corretto all’epistemologia; e se i tre articoli che ho condiviso sono corretti sul funzionamento dell’IA, allora l’IA non sta semplicemente emulando i risultati della conoscenza umana ; sta emulando i processi della conoscenza umana . La convergenza delle rappresentazioni interne dell’IA, le sue strutture concettuali simili a quelle umane e la sua interoperabilità tra modelli disparati crea una convincente conferma empirica del Foundherentismo. Ne sono gratificato.
Ma anche se abbiamo ottenuto una qualche conferma epistemica del Foundherentism, abbiamo solo aperto la porta a domande metafisiche più profonde sul suo significato. Se i modelli di intelligenza artificiale convergono inevitabilmente verso un modello condiviso di realtà man mano che scalano, cosa dice questo sulla natura della realtà? L’esistenza di una rappresentazione latente universale è solo un altro esempio di ciò che Eugene Wigner chiamava “l’irragionevole efficacia della matematica”… o è qualcosa di più?
Tali speculazioni metafisiche saranno l’argomento delle riflessioni della prossima settimana sull’Albero del Dolore.
In realtà, Contemplations on the Tree of Woe non ti chiede di contemplare nulla di triste oggi, ma se ti iscrivi puoi essere certo di ricevere materiale triste in futuro.
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Di ritorno da Rio de Janeiro e Kuala Lumpur dopo tre incontri/vertice, Sergej Lavrov ha incontrato i media per condividere le sue impressioni e rispondere alle domande. È insolito che Lavrov elogi chi pone le domande; all’ultimo interlocutore ha risposto così: “Ottima domanda”. Ora, Lavrov:
Buon pomeriggio!
Qui a Kuala Lumpur organizziamo eventi ASEAN. Sono annuali. Ora si tengono a livello ministeriale e i vertici si terranno in autunno. Ci sono tre formati principali:
Partenariato di dialogo Russia-ASEAN. Ieri si è tenuta la riunione annuale a livello di ministri degli Esteri.
Il secondo formato è l’East Asia Summit, a cui partecipano un’ampia gamma di paesi, principalmente quelli che stanno sviluppando un partenariato di dialogo con l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico. L’idea era che l’East Asia Summit prendesse in considerazione progetti di cooperazione pratica e connettività in ambito economico, commerciale, dei trasporti e culturale.
Il terzo format è l’ASEAN Regional Security Forum. Oltre ai membri dell’Associazione, la cerchia dei partecipanti è ancora più ampia.
Tutto questo insieme costituisce gli eventi annuali dell’ASEAN che si tengono qui in Malesia. È simbolico che sia stato proprio in questo Paese che la Federazione Russa abbia preso parte per la prima volta a tali incontri. Qui, per la prima volta, sono state gettate le basi per il partenariato di dialogo Russia-ASEAN, che da allora ha raggiunto il livello di partenariato strategico. Questo è sancito nei nostri documenti congiunti .
Quest’anno abbiamo valutato l’attuazione degli impegni presi su base reciproca durante gli incontri precedenti, incluso il vertice Russia-ASEAN del 2016. Questo continua a essere un forum che ha definito l’orientamento strategico della nostra cooperazione.
Stiamo preparando una valutazione dell’attuazione del Piano di partenariato strategico per il periodo 2021-2025 . Di fatto, è in fase di attuazione in tutte le sue componenti. Oggi abbiamo constatato che i nostri rappresentanti speciali presso la sede centrale dell’ASEAN a Giacarta stanno lavorando attivamente al quarto piano strategico. Auspichiamo di avere il tempo di adottarlo entro la fine del 2025, idealmente in occasione del vertice Russia-ASEAN previsto per ottobre 2025 nella capitale della Malesia.
Per quanto riguarda l’incontro dei Paesi partecipanti al Vertice dell’Asia orientale, svoltosi oggi, esso è stato dedicato principalmente allo sviluppo di progetti di cooperazione pratica in vari settori. Riteniamo che questo debba costituire la base per le attività dei Vertici dell’Asia orientale.
Purtroppo, i nostri colleghi occidentali che prendono parte a questi eventi stanno sempre più deviando verso la politicizzazione, l’ideologizzazione e l’ucrainizzazione, che si sono manifestate anche nelle discussioni odierne, a scapito delle potenzialità delineate nel Vertice dell’Asia orientale per raggiungere risultati pratici importanti per i nostri Paesi e i nostri cittadini.
Non è il primo anno che promuoviamo iniziative per rispondere tempestivamente alle minacce epidemiche. Sembrerebbe che il tema sia molto più attuale. L’abbiamo proposto già nel 2021 ed è stato approvato. Ma, a causa del fatto che l’Occidente ha “preso posizione”, questa interazione non si è praticamente mossa da nessuna parte. Nel 2023, abbiamo proposto di sviluppare la cooperazione nel settore turistico, promuovendo il più possibile gli scambi turistici, in modo che la connettività dei nostri Paesi si trasmetta a livello di società e cittadini. Il turismo è in ogni caso in fase di sviluppo e gli incentivi che abbiamo proposto sono stati approvati per essere implementati nelle attività quotidiane. Ma finora è stato fatto poco.
Abbiamo proposto di sviluppare la cooperazione nello sviluppo delle aree remote (anche questo è stato concordato). In grandi paesi, come Russia, Indonesia, Malesia, Cina e altri, ci sono territori remoti in cui la civiltà ha già raggiunto il suo apice, ma i benefici non vengono distribuiti in modo così attivo come di consueto nelle megalopoli. Questo è un compito urgente per tutti. Auspichiamo che si raggiungano risultati concreti.
Un’altra delle nostre iniziative nel campo della cooperazione umanitaria è quella di garantire i legami culturali tra i nostri Paesi. L’Eurasia è un continente immenso. È la culla di numerose grandi civiltà. Il patrimonio culturale di ciascuna di queste civiltà merita di essere arricchito reciprocamente. Spero che anche la nostra iniziativa venga attuata.
Le riunioni del Vertice dell’Asia orientale e del Forum sulla sicurezza regionale dell’ASEAN non sono complete senza uno scambio di opinioni su problemi e questioni politiche. Oggi, tutti i membri dell’ASEAN e la maggior parte dei paesi partner, inclusa la Russia, hanno espresso grande preoccupazione per la tragedia in corso e in continuo peggioramento nei territori palestinesi, dove alla catastrofe umanitaria creata artificialmente nella Striscia di Gaza fanno seguito situazioni simili in un’altra parte dei territori palestinesi. Mi riferisco alla Cisgiordania, dove Israele continua la sua aggressiva politica di creazione di nuovi insediamenti in volumi sempre crescenti e record. Presto non rimarrà nulla dei territori in cui opera l’Autorità Nazionale Palestinese.
Oggi sono rimasto sorpreso nel leggere che esiste già un progetto per la creazione dell'”Emirato di Hebron”. Questo è visto come il primo passo verso la promozione del concetto di formazione di “Emirati Palestinesi Uniti” su territori palestinesi. Sembra fantascienza a questo punto, ma il fatto che tali idee stiano “spuntando” sempre più spesso nello spazio pubblico testimonia i rischi emergenti che continuano ad aumentare per quanto riguarda le prospettive di creazione di uno Stato palestinese, come deciso dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Questa è una grande sfida per la comunità internazionale.
Abbiamo parlato dei problemi creati dall’attacco immotivato di Israele alla Repubblica Islamica dell’Iran, seguito dagli attacchi missilistici e dinamitardi degli Stati Uniti. Questo viola il diritto internazionale, il Trattato di non proliferazione delle armi nucleari e i principi dell’AIEA, sotto la cui tutela erano protetti gli impianti nucleari attaccati.
Abbiamo chiesto che la tregua dichiarata continuasse senza interruzioni, in modo che, nonostante i danni arrecati al Trattato di non proliferazione delle armi nucleari e le garanzie fornite dall’AIEA alle strutture sotto il suo controllo, si possa cercare di porre rimedio alla situazione, di indirizzarla su un binario politico e di risolvere tutti i problemi esclusivamente attraverso negoziati. Ciò è importante per evitare che si ripeta il disprezzo per i documenti fondamentali volti a garantire l’accesso all’uso pacifico dell’energia nucleare senza alcun tentativo o tentazione di impossessarsi di tecnologie per la produzione di armi nucleari.
Abbiamo anche parlato della situazione in Myanmar, dove si intravedono segnali di normalizzazione. Sosteniamo il processo portato avanti dalla leadership del Myanmar e il desiderio dell’ASEAN di contribuire a questa normalizzazione e ripristinare pienamente la piena partecipazione del Myanmar ai lavori dell’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico.
Abbiamo sottolineato la necessità di evitare qualsiasi azione provocatoria nella penisola coreana, che purtroppo continua a verificarsi nei confronti della RPDC, anche rafforzando le alleanze militari tra Stati Uniti, Corea del Sud e Giappone. Vengono condotte sempre più esercitazioni militari su larga scala, persino con una componente nucleare. Esiste un potenziale di conflitto (anche grave). Faremo tutto il possibile per garantire i diritti legittimi dei nostri alleati nordcoreani e prevenire provocazioni che potrebbero avere conseguenze negative.
I nostri amici cinesi hanno individuato le controversie sul Mar Cinese Meridionale tra i problemi che considerano prioritari per sé stessi in questa regione. Crediamo fermamente che questo problema debba essere risolto sulla base del Codice di Condotta stipulato tra Pechino e gli Stati membri dell’ASEAN. Su questa base, i loro negoziati proseguono. Riteniamo inaccettabile che una potenza non regionale interferisca in questo processo.
Anche il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha parlato in modo sufficientemente dettagliato della situazione attorno a Taiwan, sottolineando con fermezza l’immutabilità della soluzione definitiva del problema di Taiwan basata sul concetto di un unico Stato cinese.
Abbiamo preso atto delle parole di alcuni dei nostri colleghi occidentali, già pronunciate in precedenza, secondo cui rispettano il principio di “una sola Cina”, ma che lo status quo non può essere cambiato. Questa è ipocrisia, evidente a chiunque abbia più o meno familiarità con questo problema e con il modo in cui l’Occidente si sta comportando ora nei confronti di Taiwan. Lo “status quo” per l’Occidente sono le relazioni con Taiwan come Stato indipendente. Pertanto, abbiamo ribadito ancora una volta l’immutabilità del nostro approccio a sostegno della posizione di Pechino e la disponibilità della Russia a contribuire in ogni modo possibile all’attuazione di tale posizione.
Domanda: L’anno scorso, durante un incontro con i vertici del Ministero degli Esteri russo, il Presidente Vladimir Putin ha parlato della necessità di una nuova architettura di sicurezza eurasiatica, incentrata sul principio secondo cui “la sicurezza di alcuni Stati non può essere garantita a scapito della sicurezza di altri”. Qual è l’atteggiamento dell’Asia in generale e dell’ASEAN in particolare nei confronti di questa idea, data l’attuale politica di militarizzazione della NATO?
Sergey Lavrov: In effetti, l’iniziativa di formare un’architettura di sicurezza eurasiatica è uno sviluppo della precedente iniziativa del Presidente Vladimir Putin, presentata al primo vertice Russia-ASEAN, sulla formazione di un Partenariato Eurasiatico Maggiore attraverso l’istituzione di legami, l’approfondimento di attività congiunte, progetti e programmi congiunti tra le strutture di integrazione esistenti nel continente eurasiatico. Sono già stati stabiliti collegamenti tra i vertici esecutivi e i segretariati dell’UEE e della CSI , tra queste organizzazioni e la SCO , e tra tutte queste e i paesi ASEAN. Si tratta di un processo utile che consente di armonizzare piani e progetti di integrazione, unire gli sforzi ed evitare duplicazioni. Inoltre, la composizione di queste formazioni di integrazione si interseca e si intreccia.
Promuoviamo il concetto di Grande Partenariato Eurasiatico, nella consapevolezza che le discussioni su questo tema e i negoziati sulle attività pratiche sono aperti a tutti i paesi e alle strutture di integrazione del continente eurasiatico. In particolare, vi sono buone prospettive di stabilire legami tra l’ Unione Economica Eurasiatica (UEE) , la SCO , la CSI , l’ASEAN e il Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC). Nell’Asia meridionale, sono presenti associazioni per l’integrazione nella penisola sudasiatica. Pertanto, vi sono numerose strutture che possono utilmente migliorare la connettività.
Questo processo (con la traduzione di diverse idee in azioni concrete) crea una base concreta per le discussioni e per garantire la sicurezza nell’intero continente eurasiatico. Ho ripetutamente affrontato questo argomento in seguito all’iniziativa del Presidente Vladimir Putin. Esistono anche numerose associazioni di integrazione subregionale in Africa e America Latina. Tuttavia, esistono strutture a livello continentale, come l’Unione Africana e la Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici. E in Eurasia, la regione più grande, potente, ricca e in più rapida crescita al mondo, non esiste una struttura continentale di questo tipo sotto forma di piattaforma di dialogo (non è necessario creare un’organizzazione).
Sappiamo bene che non si tratta di un processo rapido. Tutti i paesi del continente invitati a partecipare a queste discussioni devono prima “maturare”. La maggior parte dei nostri vicini europei non è ancora “matura” e sogna chiaramente di estendere la propria influenza, attraverso l’Alleanza Nord Atlantica e le sue infrastrutture, all’intero continente eurasiatico in modo “neocoloniale”. Affermano direttamente, senza esitazione, che nelle condizioni attuali si tratta di un’alleanza difensiva, il cui compito principale è proteggere il territorio dei paesi membri. Affermano che, nelle condizioni attuali, la minaccia all’integrità territoriale e alla sicurezza dei paesi della NATO proviene dalla “regione indo-pacifica” (come la chiamano), ovvero direttamente dall’Oceano Pacifico. Mi riferisco al Mar Cinese Meridionale, allo Stretto di Taiwan e a molte altre cose.
Nel nostro concetto di sicurezza eurasiatica e di Grande Partenariato Eurasiatico , uno dei principi fondamentali è il rispetto delle strutture create nelle varie sottoregioni, tra cui l’ASEAN, il cui ruolo centrale è svolto dall’Associazione, frutto di un lavoro svolto da quasi 60 anni per unire i paesi interessati alla cooperazione sui principi di uguaglianza, apertura e inclusività. Il nostro concetto rispetta il ruolo dell’ASEAN e di altre formazioni simili. E quello promosso dalla NATO si basa sul fatto che l’alleanza detterà a tutti come comportarsi, se l’ASEAN è necessaria o meno. Formalmente, sì. Tutti i paesi occidentali hanno partecipato oggi alla riunione del Vertice dell’Asia orientale e al Forum regionale dell’ASEAN sulla sicurezza.
Ma mentre pronunciate belle parole, parallelamente (lo sapete) si stanno creando “troike”, “quattro”, “quartetti” – AUKUS, USA-Gran Bretagna-Australia per attuare il progetto di creazione di sottomarini nucleari. Ho già menzionato i tentativi di introdurre elementi nucleari nelle esercitazioni militari nel sud della penisola coreana. Ci sono i “Quattro Indo-Pacifico” – Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda. Oltre a una serie di altre “troike” simili (QUAD-1, QUAD-2). Stanno cercando di coinvolgere i membri dell’ASEAN in queste formazioni, “strappandoli” dall’Associazione. Ne stiamo parlando apertamente con i nostri amici. Sono ben consapevoli della differenza tra l’approccio in cui tutti sono invitati al tavolo per un dialogo paritario e lo sviluppo di posizioni consensuali che soddisfino gli interessi di tutti gli Stati e ne riflettano l’equilibrio, e l’approccio in cui i nordatlantici arrivano in questa regione e iniziano a “dire la loro” e a portare qui le proprie regole. Credo che questo non sia un bene per la causa.
Vogliamo garantire che questi format e forum che si tengono qui ogni anno contribuiscano a una migliore comprensione delle reciproche posizioni, in modo che tutti agiscano apertamente e non abbiano “pietre” o piani nascosti contro nessuno. Ma finora il processo sta procedendo su piani diversi. Sono convinto che il nostro approccio sia più promettente.
Domanda: Il vertice di Rio di pochi giorni fa ha dimostrato che, sullo sfondo delle sanzioni sempre più severe di Washington, i BRICS stanno diventando un’alternativa affidabile all’illegalità delle sanzioni. I paesi dell’ASEAN sono “maturati” al punto da essere pronti ad avviare una cooperazione più attiva con la Russia in particolare e con i BRICS in generale, non a parole, ma nei fatti?
Sergey Lavrov: Penso che i paesi dell’ASEAN siano interessati a cooperare con la Russia, indipendentemente da ciò che accade in Occidente e da ciò che gli Stati Uniti o i loro alleati stanno facendo nei loro confronti.
Non hanno la tesi che “se l’Occidente non ci facesse pressione, non saremmo amici della Russia”. Assolutamente no. L’amicizia con la Russia è iniziata molto prima che l’attuale amministrazione statunitense iniziasse a imporre sanzioni sotto forma di dazi (anche queste sono sanzioni). Non vedo alcuna risposta diretta nel modo in cui si stanno sviluppando le nostre relazioni con l’ASEAN e la cooperazione all’interno dei BRICS.
Ma se si ha la possibilità di scegliere tra, da un lato, commerciare nel contesto di un’associazione in cui non vengono utilizzati metodi senza scrupoli per reprimere i concorrenti e, dall’altro, commerciare con coloro che vi ricatteranno, allora la conclusione è ovvia.
Domanda: Sulla base degli incontri svoltisi nell’ambito del forum, quali conclusioni si possono trarre? I paesi dell’ASEAN sono pronti a resistere attivamente all’avanzata della NATO e ai tentativi del blocco di radicarsi nella regione? I paesi dell’ASEAN dispongono delle risorse necessarie per rimanere oggi un garante della sicurezza nella regione, soprattutto alla luce dei gravi obblighi imposti dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump a molti dei paesi membri dell’ASEAN?
Sergej Lavrov: Ho appena parlato dettagliatamente della nostra visione delle azioni che la NATO sta intraprendendo qui, cercando di penetrare qui, di introdurre le sue infrastrutture e di consolidare la propria posizione. Non ho dubbi che i paesi dell’ASEAN capiscano di cosa sto parlando e si rendano conto di essere invitati a rimanere formalmente membri dell’ASEAN parallelamente e, allo stesso tempo, a unirsi a strutture basate su blocchi non inclusivi, che mirano in gran parte a creare una sorta di “fronte politico e diplomatico” per contenere la Cina (non lo nascondo) e la Federazione Russa allo stesso tempo.
Non voglio decidere per loro, è una loro scelta sovrana. La percepiremo come tale. Ma non ho dubbi che preservare l’unità dell’ASEAN e il suo ruolo centrale nel determinare i meccanismi, i formati e l’architettura della cooperazione nel Sud-est asiatico sia nell’interesse di tutti, nella misura migliore possibile. Procederemo da qui.
Domanda: Ieri, il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha dichiarato, dopo aver avuto colloqui con lei, che è stato discusso un nuovo “piano per l’Ucraina”. Quali delle parti hanno proposto questi nuovi approcci, quali sono, qual è la loro differenza fondamentale rispetto ai precedenti? Anche la fornitura di armi americane è inclusa nei piani? È stato discusso?
Sergey Lavrov: Vorrei rispondere con le parole del presidente degli Stati Uniti Donald Trump: “Ve lo dico io. Aspettatevi grandi sorprese”.
Non so se ci siano state “grandi sorprese”. Ma lei stesso, che conosce bene le attività diplomatiche e ci accompagna spesso, sa che ci sono cose che non vengono commentate. Sì, abbiamo discusso dell’Ucraina e ribadito la posizione espressa dal presidente Vladimir Putin, anche il 3 luglio in una conversazione con il presidente Donald Trump.
Quanto a questo “dialogo”, “fuga di notizie”, “registrazione” (se si tratti di una rete neurale o meno, non lo so) sui bombardamenti di Mosca e Pechino, abbiamo discusso di cose serie.
Domanda: Avete discusso la questione delle armi offensive strategiche durante l’incontro con Marco Rubio? Avete un’intesa sul futuro di START-3, che scade l’anno prossimo?
Sergey Lavrov: Questo non è stato discusso.
Domanda: Recentemente, il cancelliere tedesco Frank Merz ha affermato che le vie diplomatiche per risolvere il conflitto in Ucraina sono state esaurite. Da un lato, vorrei chiederle, in qualità di capo del Ministero degli Esteri russo, una reazione ufficiale. E dall’altro, da diplomatico professionista con esperienza, le chiedo se tali azioni da parte della Germania rientrino nell'”arsenale” diplomatico. Questo vale anche per la sfera diplomatica?
Sergey Lavrov: Bella domanda.
Ci preoccupa. Perché le ultime dichiarazioni e azioni di Berlino, Parigi e Londra dimostrano che l’attuale classe politica giunta al potere in questi e in molti altri Paesi ha dimenticato le lezioni della storia, le conclusioni che l’umanità intera ne ha tratto e, in generale, sta cercando di “sollevare” nuovamente l’Europa per una guerra (non una guerra ibrida) contro la Russia.
Abbiamo mostrato una conferenza stampa del Ministro degli Esteri francese Jean-Nuel Barrault, seduto sul palco con altri partecipanti a un evento di scienze politiche, e un francese del pubblico, che visitava spesso il Donbass, gli ha chiesto perché Parigi sostenga attivamente il regime nazista, che è già risorto in Ucraina. Avete visto come il Ministro Jean-Nicolas-Barrault è crollato, gridando con tono isterico che stavano difendendo l’integrità territoriale dell’Ucraina e il diritto internazionale. Ha ottenuto gli applausi di una parte della sala. Ma dopo tutto quello che si sa sulle azioni del regime di Kiev, sul perché abbia bisogno dell’integrità territoriale… Ed è necessaria per sopprimere tutti i diritti della popolazione russa, russofona, e per annientare fisicamente coloro che non sono d’accordo con la posizione di Kiev dopo il colpo di Stato.
Ieri, il Segretario di Stato americano Marco Rubio ha consegnato un breve riassunto di dichiarazioni di Vladimir Zelensky, del Primo Ministro ucraino Dmitry Shmyhal, del Capo di Gabinetto del Presidente ucraino Andriy Yermak e di Yury Podolyaka, che affermano direttamente la necessità di annientare legalmente i russi, o meglio ancora, fisicamente . Quando Jean-Nicolas Barrault e altri come lui affermano di non voler vedere altro che l’integrità territoriale dell’Ucraina, si tratta di auto-denuncia.
Quanto al cancelliere tedesco Merz, ha detto cose “buffe” più di una volta. Tra cui il fatto che il suo obiettivo principale è far tornare la Germania la principale potenza militare in Europa. Alla parola “di nuovo” non si è nemmeno strozzato . Ha anche detto cose che permettono a Israele di “lavorare” in Iran, facendo il “lavoro sporco” per noi.Questa è una citazione dei “proprietari” dei campi di concentramento. Quando preferirono usare i collaborazionisti per sterminare gli ebrei, per non sporcarsi le mani, rendendosi conto che si trattava di un “affare sporco” .
Se il Cancelliere Merz ritiene che le possibilità pacifiche siano state sfruttate e esaurite, allora ha finalmente deciso di dedicarsi alla completa militarizzazione della Germania a spese del suo popolo, solo per poi tornare a pavoneggiarsi con slogan nazisti per respingere le “minacce provenienti dalla Russia”. Questa è una totale assurdità. Spero che qualsiasi politico di buon senso lo capisca.
Il presidente russo Vladimir Putin ha ripetutamente affermato che questa assurdità viene utilizzata per tenere la popolazione all’obbedienza e impedire che le proteste sfocino, il che porta inevitabilmente a un deterioramento della situazione socioeconomica e alla stagnazione osservata in Europa. Tutto ciò è dovuto al fatto che centinaia di miliardi sono stati inviati e vengono nuovamente inviati all’Ucraina.
Mi sono imbattuto in una citazione. È stato interessante vedere come l’Europa percepiva la Germania all’epoca. C’era una citazione dal quotidiano svedese Aftonbladet del 22 giugno 1941. In altre parole, glorificavano i nazisti come simbolo di libertà. Se l’Europa si sta muovendo di nuovo in questa direzione… Cosa posso dire? Con tristezza.
Terremo pienamente conto di questo in tutti gli ambiti della nostra pianificazione . [Enfasi mia]
Mentre si svolgevano il vertice dei BRICS e tutti gli incontri dell’ASEAN, la Cina si stava preparando per un evento simile ma diverso : la riunione ministeriale del Dialogo sulle civiltà globali, che mira ad avviare l’attuazione dell’Iniziativa cinese per la civiltà globale. Come ha osservato Lavrov, l’Eurasia ospita molte grandi civiltà, ma ospita anche un gruppo di nazioni “immature” che chiaramente non sono pronte a diventare civili. Il commento conclusivo un po’ criptico di Lavrov, a mio parere, ci offre uno sguardo su ciò che gli sta frullando per la testa, dato che sono sicuro che sia a conoscenza dell’editoriale di Trenin e della sua tesi. E come ha anche detto Lavrov, “ci sono cose che non vengono commentate”. Per molti anni, Lavrov ha affermato direttamente che l’UE/NATO non vuole la pace, poiché il suo obiettivo dichiarato è sconfiggere la Russia. Vorrei ora ricordare ai lettori l’obiettivo politico principale dell’Impero fuorilegge statunitense, a cui non ha ancora rinunciato: il dominio a spettro completo. Ecco perché la NATO vuole espandersi nell’Oceano Pacifico occidentale. Ecco perché Taiwan è “ipocrita”. Ecco perché i sionisti sono stati insediati in Palestina. Sì, il progetto imperiale per stabilire un dominio totale ha poco più di 200 anni, ovvero quando il progetto sionista fu formulato in Europa. Il mio intento non è quello di raccontare di nuovo quegli oltre 200 anni di storia. Piuttosto, è quello di dichiarare la civiltà occidentale come incivile. Almeno l’87,5% della popolazione mondiale è pronta per le numerose iniziative globali della Cina, e fondamentalmente significano l’instaurazione della pace e dell’armonia affinché la civiltà globale possa continuare a svilupparsi. Solo le nazioni egemoni e parte della loro popolazione sono contrarie a tale aspirazione, e la domanda ovvia è: perché?
A mio parere, Lavrov e molti di noi sono stufi del SOSDD, la solita merda, un giorno diverso. Sappiamo abbastanza del passato per capire come siamo arrivati a questo punto, ma non abbiamo ancora trovato una via d’uscita dal caos che il passato ha causato. Beh, lasciatemelo riscrivere. Non abbiamo ancora trovato un modo per convincere quel 12,5% dell’umanità che deve cambiare i suoi comportamenti affinché l’umanità possa evolversi e progredire, che non sono eccezionali o prescelti, ma umani come tutti gli altri esseri umani. Sì, so che alcuni credono che sia un compito impossibile e che l’umanità sia destinata al fallimento e all’estinzione, tutto per qualche dollaro in più. Come conciliare chi vuole essere civilizzato con chi non lo vuole? Attualmente, la leadership dell’Impero Fuorilegge degli Stati Uniti è impegnata a isolarsi lentamente dalla Maggioranza Globale, pur cercando di raggiungere il suo obiettivo politico principale. Mi chiedo spesso come racconterebbe questa storia lo Zio Remus.
* *IL TESTO INTEGRALE DELLA CONFERENZA STAMPA
11.07.2025. 14:55
Discorso e risposte alle domande del Ministro degli Affari Esteri della Federazione Russa Sergey Lavrov a seguito dell’incontro Russia-ASEAN e della riunione ministeriale del Vertice dell’Asia Orientale, Kuala Lumpur, 11 luglio 2025
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Buon pomeriggio!
Qui a Kuala Lumpur organizziamo eventi ASEAN. Sono annuali. Ora si tengono a livello ministeriale e in autunno ci saranno dei vertici. In totale esistono tre formati principali:
Partenariato di dialogo Russia-ASEAN. Ieri si è tenuta la riunione annuale dei ministri degli Esteri.
Il secondo formato è il Vertice dell’Asia orientale, che riunisce un’ampia gamma di Paesi, principalmente quelli che stanno sviluppando un partenariato di dialogo con l’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico. Il vertice dell’Asia orientale è stato concepito per esaminare progetti di cooperazione pratica, connettività in campo economico, commerciale, dei trasporti e culturale.
Tutto questo si aggiunge agli eventi annuali dell’Asean che si tengono qui in Malesia. È simbolico che sia stato proprio in questo Paese che la Federazione Russa ha partecipato per la prima volta a tali incontri. Qui, per la prima volta, sono state gettate le basi del partenariato di dialogo Russia-ASEAN, che da allora ha raggiunto il livello di partenariato strategico. Ciò è sancito nei nostri documenti congiunti.
Quest’anno abbiamo valutato il rispetto degli impegni assunti su base reciproca durante le precedenti riunioni, compreso il vertice Russia-ASEAN nel 2016. Continua a essere il forum che stabilisce la direzione strategica della nostra cooperazione.
Stiamo preparando una valutazione dell’attuazione del Piano strategico di partenariato 2021-2025. In effetti, il piano è in fase di attuazione in tutte le sue componenti. Oggi abbiamo notato che i nostri rappresentanti speciali con sede presso il quartier generale dell’ASEAN a Giacarta stanno lavorando attivamente al quarto piano strategico. Speriamo che venga adottato entro la fine del 2025, idealmente al Vertice Russia-ASEAN previsto per ottobre 2025 nella capitale malese.
Per quanto riguarda la riunione dei Paesi partecipanti al Vertice dell’Asia orientale, che si è svolta oggi. È stata dedicata principalmente ai compiti di sviluppo di progetti pratici di cooperazione in vari settori. Siamo favorevoli a che questa sia la base per le attività dei Vertici dell’Asia orientale.
Purtroppo, i nostri colleghi occidentali che partecipano a questi eventi sono sempre più spesso sviati dalla politicizzazione, dall’ideologizzazione e dall’ucrainizzazione, che è evidente anche nelle discussioni di oggi, a scapito del potenziale che il Vertice dell’Asia orientale ha per raggiungere risultati pratici importanti per i nostri Paesi e cittadini.
Non è il primo anno che promuoviamo iniziative di risposta rapida alle minacce epidemiche. Sembra che il tema sia molto più urgente. L’abbiamo proposto già nel 2021 ed è stato approvato. Ma a causa della “postura” dell’Occidente, questa interazione non sta andando da nessuna parte. Nel 2023 abbiamo proposto di sviluppare l’interazione nel turismo, di promuovere il più possibile gli scambi turistici, in modo da trasmettere la connessione dei nostri Paesi a livello di società e cittadini. Il turismo si sta comunque sviluppando e gli incentivi che abbiamo proposto sono stati approvati per essere implementati nelle attività quotidiane. Ma finora è stato fatto poco.
Proposto di sviluppare la cooperazione per lo sviluppo dei territori remoti (anche questo è stato concordato). Nei grandi Paesi: in Russia, in Indonesia, in Malesia, in Cina e in altri Paesi, ci sono aree remote dove la civiltà è già arrivata, ma i benefici non si diffondono così attivamente come di solito avviene nelle megalopoli. Questo è un compito urgente per tutti. Confidiamo che in questo ambito si raggiungano risultati concreti.
Un’altra delle nostre iniziative nell’ambito della cooperazione umanitaria è quella di garantire la connettività culturale dei nostri Paesi. L’Eurasia è un continente enorme. È la culla di diverse grandi civiltà. Il patrimonio culturale di ciascuna di queste civiltà merita di essere arricchito reciprocamente. Spero che anche la nostra iniziativa si realizzi.
Negli incontri del Vertice dell’Asia orientale, il forum dell’ASEAN sulla sicurezza regionale, non mancano gli scambi di opinioni su problemi e questioni politiche. Oggi, tutti i membri dell’ASEAN e la maggior parte dei Paesi partner, compresa la Russia, hanno parlato con grande preoccupazione della tragedia in corso e che si sta addirittura aggravando nei territori palestinesi, dove, dopo la catastrofe umanitaria creata artificialmente nella Striscia di Gaza, stanno emergendo situazioni simili in un’altra parte dei territori palestinesi. Mi riferisco alla Cisgiordania, dove Israele continua la sua politica aggressiva di creazione di nuovi insediamenti in volumi crescenti e record. Presto non rimarrà più nulla dei territori in cui opera l’Autorità nazionale palestinese.
Oggi ho letto con sorpresa che esiste già un progetto per la creazione di un “Emirato di Hebron”. Questo è visto come il primo passo per far avanzare il concetto di formare un “Emirato Palestinese Unito” sulle terre palestinesi. Sembra una fantasia in questa fase, ma il fatto che tali idee stiano sempre più “affiorando” nello spazio pubblico indica i rischi emergenti che continuano ad aggravarsi sulle prospettive di creazione di uno Stato palestinese, come deciso dall’Assemblea generale e dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Si tratta di una grande sfida per la comunità internazionale.
Parlare dei problemi creati dall’attacco non provocato di Israele alla Repubblica Islamica dell’Iran, seguito dagli attacchi missilistici e dinamitardi degli Stati Uniti. Ciò viola il diritto internazionale, il Trattato di non proliferazione nucleare e i principi dell’AIEA, sotto la cui tutela si trovavano gli impianti nucleari attaccati.
Hanno chiesto che la tregua dichiarata continui senza interruzioni, che si cerchi di rettificare la situazione nonostante i danni e i pregiudizi al Trattato di non proliferazione delle armi nucleari e alle salvaguardie dell’AIEA sulle strutture sotto il loro controllo, che si metta su un binario politico e che si risolvano tutti i problemi esclusivamente attraverso i negoziati. Questo è importante per garantire che non si ripeta il mancato rispetto degli strumenti fondamentali concepiti per garantire l’accesso all’uso pacifico dell’energia nucleare senza alcun tentativo o tentazione di possedere la tecnologia delle armi nucleari.
Abbiamo anche parlato della situazione in Myanmar, dove ci sono segnali di normalizzazione. Sosteniamo il processo intrapreso dalla leadership del Myanmar e il desiderio dell’ASEAN di contribuire a questa normalizzazione e di ripristinare pienamente la partecipazione del Myanmar all’Associazione delle Nazioni del Sud-Est Asiatico.
Hanno sottolineato la necessità di evitare qualsiasi azione provocatoria nella penisola coreana, che purtroppo continua nei confronti della RPDC, anche attraverso il rafforzamento delle alleanze militari di Stati Uniti, Corea del Sud e Giappone. Vengono condotte sempre più esercitazioni militari su larga scala, anche con una componente nucleare. Anche qui c’è un potenziale conflitto (serio). Faremo del nostro meglio per contribuire a garantire i diritti legittimi dei nostri alleati nordcoreani e per evitare provocazioni che potrebbero finire male.
I nostri amici cinesi hanno identificato le dispute sul Mar Cinese Meridionale come una delle questioni prioritarie nella regione. Sono fermamente convinti che questo problema debba essere risolto sulla base del Codice di condotta concluso tra Pechino e gli Stati membri dell’ASEAN. I negoziati proseguono su questa base. Riteniamo inaccettabile che una potenza extraregionale interferisca in questo processo”.
Anche il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha fatto ampio riferimento alla situazione intorno a Taiwan, sottolineando rigidamente l’inevitabilità di una soluzione definitiva del problema di Taiwan sulla base del concetto di uno Stato cinese unificato.
Abbiamo richiamato l’attenzione sulle parole di alcuni colleghi occidentali, già pronunciate in passato, secondo cui rispettano il principio di “una sola Cina”, ma che è impossibile cambiare lo “status quo”. Si tratta di ipocrisia, evidente a chiunque abbia un minimo di familiarità con la questione e con il modo in cui l’Occidente si sta comportando nei confronti di Taiwan. Lo “status quo” per l’Occidente è il rapporto con Taiwan come Stato indipendente. Pertanto, abbiamo ancora una volta confermato l’immutabilità del nostro approccio a sostegno della posizione di Pechino e la disponibilità della Russia ad assistere in ogni modo possibile la realizzazione di questa posizione.
Domanda: Lo scorso anno, il Presidente russo Vladimir Putin, in occasione di un incontro con i vertici del Ministero degli Esteri russo, ha parlato della necessità di una nuova architettura di sicurezza eurasiatica incentrata sul principio che “la sicurezza di alcuni Stati non può essere garantita a spese della sicurezza di altri”. Cosa pensano l’Asia in generale e l’ASEAN in particolare di questa idea, visto il continuo processo di militarizzazione della NATO?
S.V.Lavrov: In sostanza, l’iniziativa di formare un’architettura di sicurezza eurasiatica è uno sviluppo della precedente iniziativa del presidente russo Vladimir Putin, presentata al primo vertice Russia-ASEAN, di formare un Grande Partenariato Eurasiatico attraverso la creazione di legami, l’approfondimento di attività congiunte, progetti e programmi comuni tra le strutture di integrazione esistenti nel continente eurasiatico. Sono già stati stabiliti collegamenti tra i capi esecutivi e i segretariati dell’Unione Europea e della CIS, tra queste organizzazioni e la SCO, e tra tutte e i Paesi dell’ASEAN. Si tratta di un processo utile per armonizzare i piani e i progetti di integrazione, combinare gli sforzi ed evitare duplicazioni. Soprattutto perché i membri di queste formazioni di integrazione si sovrappongono e si intrecciano.
Promuoviamo il concetto di Grande Partenariato Eurasiatico con la consapevolezza che la discussione su questo tema e i negoziati sulle attività pratiche sono aperti a tutti i Paesi e alle strutture di integrazione situate nel continente eurasiatico. In particolare, vi sono buone prospettive di stabilire legami tra UE, SCO, CIS, ASEAN e CCG. In Asia meridionale, ci sono gruppi di integrazione nella penisola dell’Asia meridionale. Esistono quindi molte strutture che possono utilmente occuparsi di migliorare l’interconnettività.
Questo processo (con la traduzione delle varie idee in azioni pratiche) crea una base materiale per le discussioni, per garantire la sicurezza in tutto il continente eurasiatico. Ho già toccato questo argomento molte volte nello sviluppo dell’iniziativa del Presidente Vladimir Putin. Anche in Africa e in America Latina esistono molte associazioni di integrazione subregionale. Ma anche lì esistono strutture continentali – l’Unione Africana, la Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi. Ma in Eurasia – la regione più grande, potente, ricca e in rapido sviluppo del mondo – non esiste una struttura continentale di questo tipo sotto forma di piattaforma di dialogo (senza necessariamente creare un’organizzazione).
Sappiamo bene che non si tratta di un processo rapido. Tutti i Paesi del continente invitati a partecipare a queste discussioni devono prima “maturare”. I nostri vicini europei, per la maggior parte, non sono ancora “maturi”, sognando chiaramente di diffondere la loro influenza attraverso l’Alleanza Nord Atlantica e le sue infrastrutture sull’intero continente eurasiatico in modo “neocoloniale”. Non esitano a dire che nelle condizioni attuali si tratta di un’alleanza difensiva e che il suo compito principale è quello di proteggere il territorio dei Paesi membri. Dicono che nelle condizioni attuali la minaccia all’integrità territoriale e alla sicurezza dei Paesi NATO proviene dalla “regione indo-pacifica” (come la chiamano loro), cioè direttamente dall’Oceano Pacifico. Vale a dire il Mar Cinese Meridionale, lo Stretto di Taiwan e altro ancora.
Nella nostra concezione della sicurezza eurasiatica e del Grande Partenariato Eurasiatico, uno dei principi fondamentali è il rispetto delle strutture istituite nelle varie sub-regioni, tra cui l’ASEAN, il cui ruolo centrale è svolto dall’Associazione come risultato del lavoro svolto da quasi 60 anni per riunire i Paesi interessati alla cooperazione sui principi di uguaglianza, apertura, inclusività. La nostra visione rispetta il ruolo dell’ASEAN e di altre formazioni simili. Ma quella promossa dalla NATO si basa sul presupposto che l’alleanza detterà a tutti come comportarsi, se l’ASEAN è necessaria. Tecnicamente, sì. Tutti i Paesi occidentali hanno partecipato oggi alla riunione del Vertice dell’Asia orientale, al Forum sulla sicurezza regionale dell’ASEAN.
Ma mentre si pronunciano belle parole, parallelamente (lo sapete) si creano “troike”, “quattro”, “quartetti” – AUKUS, USA-Bretagna-Australia – per realizzare il progetto di costruzione di sottomarini nucleari. Ho già menzionato i tentativi di inserire elementi nucleari nelle esercitazioni militari nel sud della penisola coreana. C’è l’Indo-Pacifico a quattro – Giappone, Corea del Sud, Australia, Nuova Zelanda. Oltre a una serie di altre “troike” simili (QUAD-1, QUAD-2). Si sta cercando di coinvolgere i membri dell’ASEAN in queste formazioni, “staccandoli” dall’Associazione. Ne parliamo francamente con i nostri amici. Sono ben consapevoli della differenza tra un approccio in cui tutti sono invitati al tavolo per un dialogo paritario e lo sviluppo di posizioni di consenso che soddisfino gli interessi di tutti gli Stati e riflettano l’equilibrio di questi interessi, e un approccio in cui i nordatlantisti entrano nella regione e iniziano a “ordinare la musica” e a portare qui i loro ordini. Credo che questo non sia positivo per la causa.
Ci interessa che questi format, i forum che si svolgono qui ogni anno, contribuiscano a una migliore comprensione delle posizioni reciproche, in modo che tutti agiscano apertamente e non tengano “pietre” dietro la schiena o piani nascosti diretti contro qualcuno. Ma finora il processo si svolge su piani diversi. Sono convinto che il nostro approccio sia più promettente.
Domanda: Il vertice di Rio de Janeiro di pochi giorni fa ha dimostrato che, sullo sfondo delle sempre più dure azioni sanzionatorie di Washington, i BRICS stanno diventando un’alternativa credibile all’illegalità delle sanzioni. I Paesi dell’ASEAN sono “maturati” al punto da essere pronti, non a parole ma nei fatti, ad avviare una cooperazione più attiva con la Russia in particolare e con i BRICS in generale?
S.V.Lavrov: Penso che i Paesi dell’ASEAN siano interessati alla cooperazione con la Russia a prescindere da ciò che accade in Occidente e da ciò che gli Stati Uniti o i loro alleati fanno loro.
Non hanno questo atteggiamento del tipo “se l’Occidente non ci facesse pressione, non saremmo amici della Russia”. Non è affatto così. L’amicizia con la Russia è iniziata molto prima che l’attuale amministrazione statunitense iniziasse a imporre sanzioni sotto forma di dazi (che sono anche sanzioni). Non vedo alcuna ritorsione diretta nel modo in cui si stanno sviluppando le nostre relazioni con l’ASEAN e la cooperazione all’interno dei BRICS.
Ma se vi viene data la possibilità di scegliere se commerciare nel contesto di un’associazione in cui non vengono impiegati mezzi sleali per sopprimere i concorrenti, da un lato, e dall’altro commerciare con coloro che vi ricattano, allora la conclusione è evidente.
Domanda: Sulla base degli incontri tenuti al forum, quali conclusioni trarrebbe? I Paesi ASEAN sono pronti a resistere attivamente all’avanzata della NATO e ai suoi tentativi di prendere piede nella regione? I Paesi ASEAN hanno le risorse per rimanere garanti della sicurezza nella regione, soprattutto alla luce dei pesanti dazi imposti dal Presidente americano Trump a molti Paesi membri dell’ASEAN?
S.V. Lavrov: Ho appena parlato in dettaglio della nostra visione delle azioni che la NATO sta intraprendendo qui, cercando di infiltrarsi, di introdurre le sue infrastrutture, di prendere piede. Non ho dubbi che i Paesi dell’ASEAN capiscano di cosa stiamo parlando e si rendano conto che viene loro proposto di rimanere formalmente membri dell’ASEAN e allo stesso tempo di aderire a strutture non inclusive, simili a blocchi, che mirano fondamentalmente a creare una sorta di “fronte politico e diplomatico” per contenere innanzitutto la Cina (non è nascosto) e allo stesso tempo la Federazione Russa.
Non voglio decidere per loro, è una loro scelta sovrana. La prenderemo come tale. Ma non ho dubbi che preservare l’unità dell’ASEAN e il suo ruolo centrale nella definizione dei meccanismi, dei formati e dell’architettura della cooperazione nel Sud-Est asiatico sia nell’interesse di tutti. Procediamo da questo punto.
Domanda: Ieri il Segretario di Stato americano M. Rubio ha detto, dopo i colloqui con lei, che è stato discusso un certo nuovo “piano per l’Ucraina”. Quali parti hanno proposto questi nuovi approcci, quali sono, qual è la loro differenza fondamentale rispetto a quelli precedenti? Anche le forniture di armi americane fanno parte dei piani? Se ne è parlato?
S.V.Lavrov: Vorrei rispondere con le parole del Presidente degli Stati Uniti D.Trump: “Ve lo dico io. Aspettatevi grandi sorprese”.
Non so se ci siano “grandi sorprese”. Ma lei stesso si rende conto, conoscendo l’attività diplomatica, che spesso ci accompagna, che ci sono cose che non vengono commentate. Sì, abbiamo discusso dell’Ucraina e ribadito la posizione che il presidente russo Vladimir Putin ha espresso, anche il 3 luglio di quest’anno nel suo colloquio con il presidente Trump.
Che dire di questo “dialogo”, “fuga di notizie”, “registrazione” (rete neurale o no, non lo so) sul bombardamento di Mosca e Pechino, abbiamo discusso di cose serie.
Domanda: Nell’incontro con M. Rubio si è parlato di armi strategiche offensive? C’è un’intesa sul futuro dello START-3, che scade l’anno prossimo?
S.V.Lavrov: Non se ne è parlato.
Domanda: Recentemente, il Cancelliere tedesco Merz ha affermato che i mezzi diplomatici per risolvere il conflitto in Ucraina sono stati esauriti. Da un lato, vorrei chiederle, in qualità di capo del Ministero degli Esteri russo, una reazione ufficiale. Dall’altro, in qualità di diplomatico professionista esperto, vorrei chiederle se queste azioni della Germania rientrano nell'”armamentario” diplomatico. Appartengono alla sfera di lavoro diplomatica?
S.V. Lavrov: Buona domanda.
Ci preoccupa. Perché le recenti dichiarazioni e azioni di Berlino, Parigi e Londra dimostrano che l’attuale classe politica salita al potere in questi e in molti altri Paesi ha dimenticato le lezioni della storia, le conclusioni che tutta l’umanità ha imparato da esse, e, in linea di massima, sta cercando di “risollevare” nuovamente l’Europa per una guerra (non una guerra ibrida) contro la Russia.
In una conferenza stampa del ministro degli Esteri francese J.N.Barrot, che era seduto sul palco insieme ad altri partecipanti a un evento di scienze politiche, gli è stato chiesto dal pubblico da un francese che era stato spesso nel Donbas perché Parigi sostiene attivamente il regime nazista che è già stato riportato in vita in Ucraina. Si è visto come il ministro J.N.-Barraud è scattato, gridando in tono isterico che stavano difendendo l’integrità territoriale dell’Ucraina e il diritto internazionale. Ha spezzato l’applauso di una parte della sala. Ma dopo tutto quello che si sa sulle azioni del regime di Kiev, sul perché ha bisogno dell’integrità territoriale… E ne ha bisogno per sopprimere tutti i diritti della popolazione russa, russofona, e per distruggere fisicamente coloro che non sono d’accordo con la posizione di Kiev dopo il colpo di Stato.
Ieri il Segretario di Stato americano M. Rubio ha ricevuto una piccola “strizzata” di citazioni da parte di V.A. Zelensky, del Primo Ministro ucraino D.A. Shmygal, del capo dell’ufficio del Presidente ucraino A.B. Yermak e di Y.I. Podolyaka, che affermano direttamente la necessità di distruggere legalmente i “russi”, o meglio ancora fisicamente. Quando J.-N.Barro e quelli come lui dichiarano di non voler vedere altro che l’integrità territoriale dell’Ucraina, si tratta di un’autodenuncia.
Che dire del cancelliere della RFT F. Merz. Ha ripetutamente detto cose “divertenti”. Tra cui il fatto che il suo obiettivo principale era quello di far tornare la Germania la prima potenza militare in Europa. Non ha nemmeno soffocato la parola “di nuovo”. Ha anche detto che Israele “lavora” in Iran, che fa il “lavoro sporco” per noi. Questa è una citazione dei “maestri” dei campi di concentramento. Quando preferivano utilizzare i collaboratori per lo sterminio degli ebrei, per non sporcarsi le mani in prima persona, rendendosi conto che si trattava di un “lavoro sporco”.
Se il Cancelliere F. Merz pensa che le possibilità pacifiche siano state esaurite, esaurite, allora ha finalmente deciso di dedicarsi completamente alla militarizzazione della Germania a spese del suo popolo per poi “oziare” di nuovo con slogan nazisti per respingere le “minacce della Russia”. È un’assurdità assoluta. Spero che qualsiasi politico sano di mente se ne renda conto.
Il Presidente russo Vladimir Putin ha ripetuto più volte che questa assurdità viene utilizzata per tenere in riga la popolazione e impedire che scoppino proteste, che inevitabilmente causano il deterioramento della situazione socio-economica, la stagnazione vista in Europa. Tutto questo a spese delle centinaia di miliardi che sono stati convogliati e vengono nuovamente convogliati in Ucraina.
Mi sono imbattuto in questa citazione. Era interessante la percezione che l’Europa aveva della Germania di un tempo. Si trattava di una citazione del quotidiano svedese Aftonbladet del 22 giugno 1941. L’articolo di testa: “La Germania ha spezzato le sue catene e con rinnovato vigore si è avviata verso la libertà per adempiere alla sua missione europea e storicamente significativa: schiacciare il ‘regime rosso’ che minaccia l’essenza stessa della libertà”. Cioè, hanno cantato i nazisti come simbolo di libertà. Se l’Europa sta tornando a questo… Che dire? È triste.
Teniamone conto in tutte le aree della nostra pianificazione.
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