Quest’analisi funzionava bene con l’AI tradizionale, quella che si programmava. Ma quella non ha mai veramente messo a rischio le professioni intellettuali e creative. L’AI generativa, come quella dei Large Language Model, funziona in maniera diversa e, in termini generali, non garantisce la standardizzazione e l’omologazione dei processi produttivi. Al contrario, il motivo per cui ancora scarseggiano le applicazioni industriali su larga scala e’ proprio la quasi-impossibilita’ di stabilire certificati “safe & reliable” e protocolli per la quality assurance come ISO per sistemi basati su deep learning (si specula di sviluppare “trust marks” qualitativi, ma per ora la soluzione migliore sembra essere quella di usare… macchine per valutare qualitativamente le operazioni eseguite da altre macchine su larga scala. E’ ovvio che c’e’ un problema irrisolto di circolarita’). Attualmente, le applicazioni piu’ caratteristiche di questi sistemi sono quelle di aiuto “creativo”, ma sono meramente ausiliarie e supplementari rispetto all’attivita’ umana (il designer, con l’AI, puo’ generare all’istante 100 concepts e sceglierne uno da sviluppare poi autonomamente, mentre con il suo team di umani ne avrebbe sviluppati solo 3 o 4). Ovviamente in futuro ci sara’ uno sforzo di rendere queste tecnologie omologabili e standardizzate: questo ad esempio e’ l’ostacolo principale nella commercializzazione di veicoli a guida autonoma di livello 4 e 5. Ma non e’ detto che, in ultima analisi, la traiettoria sia universalmente quella di una ulteriore omologazione e standardizzazione dei processi produttivi. Anzi, l’AI generativa, in congiunzione ad altre tecnologie emergenti, come il 3D printing, potrebbe portare alla lunga alla capacita’ di customizzazione universale da parte degli utenti e, nel breve periodo, a un’enorme diversificazione delle forme di produzione, anche e soprattutto quelle intellettuali: da dove verra’ la musica del futuro e in che forma la si ascoltera’ con che modalita’ di fruizione e pagamento? Avra’ senso parlare ancora di Proprieta’ Intelletuale? Boh, fare previsioni adesso e’ come scegliere un numero alla roulette. Un altro aspetto da considerare e’ che l’AI trasformera’ profondamente il mercato del lavoro e mettera’ a rischio i lavori intellettuali e creativi (almeno nella loro forma attuale) molto prima di aver sviluppato capacita’ paragonabili a quelle umane: attualmente l’AI puo’ fare solo l’80 o 90 per cento del lavoro di un radiologo professionista, per cui per quanto efficiente, accurato, e veloce il lavoro dell’AI deve essere sempre accompagnato dall’attivita’ di un radiologo umano (che supervede e mette la firma). ll problema e’ che se prima in un reparto di radiografia di un grosso ospedale servivano 3 radiologi senior e 20 junior, con l’AI ne basta 1 senior un paio di umani che lo aiutano a settare i parametri dell’AI. Complessivamente, c’e’ una perdita di opportunita’ di lavoro per gli umani. L’idea che l’AI possa rimpiazzare un insegnante al momento sembra ridicola, ma il problema grosso e’ che se prima per insegnare un corso a 2000 studenti servivano, diciamo, 2 Prof senior e 5 o 6 assistenti (per fare tutorial, grading, etc.) nel prossimo futuro (soprattutto se si diffondera’ il modello dell’insegnamento telematico diacronico) potrebbero bastare 1 Prof senior e 1 solo assistente specializzato in educazione tecnologica. La qualita’ dell’insegnamento potrebbe essere inferiore in alcuni ambiti ma la natura di questa inferiorita’ potrebbe essere intangibile o difficile da dimostrare e allora in quel caso, se le amministrazioni annuseranno un’opportunita’ per risparmiare sul personale, l’esito sara’ ovvio e scontato. Potrebbe pero’ anche verificarsi il contrario: che in alcuni contesti si decida di investire in insegnanti umani, soprattutto se specializzati nell’uso dell’AI, per promuovere un’offerta didattica innovativa, con l’idea che l’AI e’ un complemento e non un sostituto, per consentire nuove forme di insegnamento tecnologicamente aumentate. Anche in questo caso l’esito a lungo termine non e’ facilmente prevedibile ma l’equazione tradizionale per cui “tecnologia = standardizzazione e meccanizzazione” potrebbe non essere piu’ valida. In alcuni ambiti l’AI potrebbe favorire l’esito opposto (un chatbot si presta meglio per fare chiacchierate aperte di natura esplorativa e riflessiva, come un consellor, che per fornire informazioni precise in base e protocolli iterabili, tipo customer service). E questa e’ d’altra parte la differenza sostanziale tra “automazione” (che ha caratterizzato le rivoluzioni industriali del passato, soprattutto le prime due) e “autonomia” (che dovrebbe essere al centro della quarta e, ipoteticamente, della quinta). E autonomia vuol dire soprattutto imprevedibilita’, varieta’, e fluidita’ dei contenuti.
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