Corte incostituzionale o incompetente?_ di Davide Gionco
Riceviamo e pubblichiamo. Giuseppe Germinario
640 giorni prima di pronunciarsi
Lo scorso 1° dicembre 2022 la Corte Costituzionale si è pronunciata in merito alla legittimità costituzionale dell’obbligo vaccinale e della sospensione dal lavoro e dallo stipendio per gli operatori sanitari inadempienti all’obbligo di vaccinazione contro il Covid-19. Responso: “Le scelte del legislatore sull’obbligo vaccinale del personale sanitario sono non irragionevoli, né sproporzionate”.
Non intendo entrare nel merito dell’imparzialità politica della Corte . I meccanismi di nomina dei membri sono noti e ciascuno è in grado di giudicare se le nomine vengano fatte per garantire i cittadini o altri interessi di parte del mondo della politica.
La Corte si è dovuta pronunciare a seguito del ricorso fatto da uno dei soggetti aventi diritto. Lo aveva fatto il Consiglio di Giustizia Amministrativa della Regione Sicilia, in una ordinanza del 22.03.2022, contro il Decreto Legge 44/2021 del 01.03.2021, successivamente convertito in legge il 28.05.2021, dopo che già il Consiglio di Stato si era pronunciato favorevolmente al provvedimento con la sentenza n. 7045 del 20.10.2021.
Per chi non ne fosse al corrente, il D.L. 44/2021 prevedeva la sospensione dal lavoro e dallo stipendio degli operatori del settore sanitario (compresi gli amministrativi), i docenti ed il personale della scuola, i militari e le forze di polizia.
Ora non vogliamo entrare nel merito della correttezza formale della sentenza, in quanto il sottoscritto non ha le competenze.
Come cittadino, per quel poco che ho studiato di educazione civica, so che la Corte Costituzionale è il massimo organo di garanzia a tutela dei cittadini contro eventuali violazioni della Costituzione da parte del legislatore.
Ovvero è un organismo che dovrebbe evitare che i cittadini subiscano a motivo di leggi non conformi alla Costituzione delle gravi privazioni dei loro diritti fondamentali sanciti nella prima parte della Carta, in primis il diritto al lavoro (art. 1), il diritto alla solidarietà politica, economica e sociale (art. 2), eccetera.
Tutti diritti che, obiettivamente, sono stati limitati e ridotti dal D.L. 44/2021 e da moltissimi altri provvedimenti elaborati dal parlamento o dal governo durante il periodo della pandemia del covid-19. E questo fatto ha riguardato milioni di persone, che in questi 2 anni hanno subito danni economici molto rilevanti per la sospensione dal lavoro, nonché gravi danni alla salute per gli effetti avversi da vaccino. Al di là del merito della decisione, possiamo oggettivamente dire che si tratti di una questione molto rilevante.
Come cittadino constato che la Corte Costituzionale non solo non si è preoccupata di intervenire con urgenza per verificare la costituzionalità o meno di tutti i provvedimenti anti-covid, ma addirittura ha atteso ben 254 giorni per pronunciarsi, solo dopo il ricorso della Regione Sicilia, su alcuni di questi provvedimenti e ben 640 giorni dopo la pubblicazione del decreto legge.
Gli esperti di diritto mi risponderanno che è normale, che l’intervento della Corte Costituzionale può avvenire solo dietro richiesta di certi organismi della repubblica, che la Corte ha un calendario molto fitto di impegni, per cui le richieste che le pervengono hanno bisogno di tempi lunghi per essere trattate.
Io, da cittadino, rispondo che non è normale che dei provvedimenti legislativi così rilevanti, che:
– riducono per milioni di persone, e pesantemente, il diritto al lavoro
– che privano milioni di persone del diritto a potersi sostenere economicamente
– che obbligano di fatto milioni di persone a subire un trattamento sanitario contro la propria volontà
– che portano per mesi centinaia di migliaia di persone in piazza a protestare
Non è normale che il massimo organo di garanzia non intervenga con urgenza per verificare la costituzionalità o meno di tali provvedimenti.
Anzi, non è neppure normale che il Governo e il Parlamento, prima di emanare un decreto e votare una legge con tali gravi ricadute, non si siano neppure preoccupati di verificare se fosse costituzionale o meno e che la Corte Costituzionale non sia disponibile, in tempi ragionevolmente rapidi, a fare da supporto agli organi legislativi nel verificare la costituzionalità di un provvedimento rilevante.
Non stiamo parlando di provvedimenti che impongono di modificare (ad esempio) l’etichettatura dei salumi, ma di provvedimenti che hanno oggettivamente creato degli enormi problemi a milioni di cittadini, privandoli di diritti fondamentali riconosciuti dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.
Se anche quanto avvenuto è formalmente legittimo, non possiamo dire che sia “normale”.
Se il 1° dicembre la Corte Costituzionale avesse dichiarato la sostanziale incostituzionalità del D.L. 44/2021, milioni di persone si sarebbero ritrovate per ben 640 giorni “ufficialmente” private di diritti costituzionali fondamentali, senza essere state tutelate dal supremo organo di garanzia.
Se domani il governo di Giorgia Meloni emanasse un decreto incostituzionale che leda i diritti umani fondamentali di altri milioni di italiani, dovremmo ancora attendere altri 640 giorni prima che gli organi di garanzia dello stato dichiarino che è incostituzionale?
I tempi e le modalità di intervento della Corte Costituzionale a garanzia dei cittadini sono costituzionali o incostituzionali? Garantiscono i diritti fondamentali dei cittadini?
Non è sufficiente che i diritti siano garantiti formalmente, ma che lo siano fattivamente. Quindi i modi e i tempi dei pronunci
Legittimo e ragionevole non significa “scientificamente fondato”
La sentenza della Corte del 1° dicembre 2022 non ha rilevato degli estremi di incostituzionalità dei provvedimenti esaminati, né una loro “irragionevolezza“.
Secondo la Corte il supposto fine di tutelare la salute pubblica ha costituzionalmente giustificato i provvedimenti che hanno causato a milioni di persone la sospensione dal lavoro, la perdita dello stipendio ed il sostanziale obbligo di “vaccinarsi” con un farmaco per le persone che volessero evitare quelle conseguenze, anche se quelle persone lo ritenevano un farmaco non sicuro per la propria salute
La Corte si è pronunciata sia sulla legittimità costituzionale, sia sulla ragionevolezza.
Il requisito fondamentale di costituzionalità che avrebbe giustificato i provvedimenti è la “tutela della salute pubblica” (art. 32) La Corte ha stabilito che le supposte esigenze di salute pubblica devono prevalere sul diritto di una parte rilevante della popolazione a poter lavorare e mantenersi con il reddito del proprio lavoro, nonché la legittimità del trattamento obbligatorio, in quanto “Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge” (seconda parte dell’art. 32).
Effettivamente, se in Italia ci fosse realmente una grave epidemia di peste bubbonica, con il rischio concreto della morte di 1/3 della popolazione, come avvenne alla metà del XIV secolo, e se davvero esistesse un farmaco in grado di evitare tutte queste morti, senza causare effetti avversi rilevanti, nessuno avrebbe dubbi sulla legittimità costituzionale e sulla ragionevolezza di provvedimenti legislativi che obblighino la popolazione ad assumere quel farmaco, pena la sospensione dal lavoro, dallo stipendio e magari anche dal diritto di circolare liberamente.
Viceversa, se in Italia non vi fosse alcuna pandemia, senza rischio alcuno di morte né di malattia grave per nessuno, sarebbe con ogni evidenza del tutto incostituzionale e irragionevole imporre a chicchessia l’assunzione di un farmaco per curarsi da una malattia che non costituisce un pericolo o sospendere milioni di persone dal lavoro per inesistenti ragioni di salute pubblica.
Lo stesso potremmo dire, persino in caso di epidemia conclamata di peste bubbonica, se il legislatore volesse imporre alla popolazione di curarsi assumendo cianuro di potassio, un noto veleno. Sarebbe a tutti evidente, anche ai membri della Corte, la contrarietà al diritto alla salute e l’irragionevolezza del provvedimento.
Ma…
Se arrivassero dei medici in televisione a sostenere che non esistono cure alla peste bubbonica, tranne che il cianuro di potassio, da assumersi in piccole dosi, secondo modalità approvate dall’autorità sanitaria, ripetendoci ogni giorno su TV e giornali che si tratta dell’unica cura possibile alla pandemia di peste bubbonica in corso…
Che cosa crederebbe la gente? Che cosa crederebbero i legislatori? Che cosa crederebbero i giudici costituzionali?
La paura di morire e la mancanza di cure efficaci, di fronte all’autorevolezza dei medici su TV e giornali potrebbero portare molte persone, compresi i membri della Corte, a ritenere “ragionevole” la proposta.
Questo anche se, scientificamente parlando, il cianuro di potassio continuerebbe a restare un pericoloso veleno.
Finalmente abbiamo centrato i termini della questione su cui i giudici costituzionali si sono pronunciati.
La legittimità costituzionale e la ragionevolezza dei provvedimenti legislativi esaminati non si fondano su questioni giuridiche, sulle quali la Corte è certamente esperta, ma su questioni che hanno a che fare con i fondamenti scientifici delle decisioni del legislatore e, se vogliamo, con la credibilità dei mezzi di informazione, che hanno il potere di far credere come vero qualcosa che potrebbe in realtà essere scientificamente falso.
La Corte Costituzionale ha emesso la sua sentenza del 1° dicembre 2022 dando per certo che la situazione sanitaria del paese, al momento dell’emanazione del D.L. 44/2021, fosse realmente della gravità dichiarata dal governo e che la soluzione proposta fosse realmente adeguata alla supposta gravità della situazione, ovvero che l’assunzione obbligatoria del “vaccino” per poter lavorare, fosse scientificamente l’unica soluzione possibile ed una soluzione priva di rischi di gravi effetti avversi per la salute.
La Corte non poteva avere le competenze (e probabilmente neanche la volontà, per evitare lo scontro con il potere politico) per pronunciarsi sui fondamenti scientifici dei provvedimenti legislativi esaminati. Si sono “fidati ciecamente” dei fondamenti di verità in base ai quali il legislatore ha deciso. Hanno giudicato “legittimo” e “ragionevole” il fatto che il legislatore si sia fidato dei propri consulenti scientifici, con la conferma di credibilità garantita dai mezzi di informazione.
Per diventare giudici costituzionali non è necessario conoscere il metodo scientifico, né l’epistemologia della Scienza di Karl Popper.
Né è necessario avere competenze sui metodi stabiliti a livello internazionale per la validazione dei farmaci e dei vaccini e sul rischio per la salute di milioni di persone se sottoposti a rischi di effetti avversi sconosciuti, causati da farmaci non sufficientemente testati.
Per essere nominato membro della Corte Costituzionale non è neppure necessario conoscere le tecniche della propaganda mediatica, anche se conoscibili da tutti leggendo i libri dei vari Edward Bernays e Walter Lippmann, per cui è altamente probabile che i membri della Corte vengano ingannati da chi manipola i mezzi di informazione di massa esattamente come succede alla maggior parte degli altri cittadini.
E’ solo il caso di evidenziare come il sostenere a priori che la propaganda non esista non è un approccio scientifico alla questione, ma fideistico (non ci credo, perché non potrebbero arrivare a tanto). L’approccio scientifico è verificare con il metodo scientifico ciò che TV e giornali scrivono.
I giudici costituzionali non sono neppure chiamati a conoscere i fondamenti della logica aristotelica e di un ragionamento rigoroso, il che potrebbero evitare loro di arrivare a conclusioni “ragionevoli” sbagliate, per vizio di ragione.
Allo stesso modo tutte queste competenze non sono richieste a coloro che fanno i legislatori, i quali, a loro volta, si fidano dei loro consulenti scientifici e dei mass media.
La brutta notizia per noi non è solo che la Corte Costituzionale non abbia saputo tutelare in questa occasione (come in diverse altre, peraltro) i diritti fondamentali di milioni di cittadini a poter lavorare, guadagnarsi uno stipendio per vivere e non doversi forzatamente inoculare un farmaco non sufficientemente testato, nonostante tutte le evidenze ed i dubbi provenienti dai dati scientifici reali (senza limitarci a quelli ritenuti dalle autorità pubbliche), come ben evidenziato nei dossier presentati dai vari avvocati come i benemeriti Mauro Sandri o Augusto Sinagra.
La brutta notizia è che i cittadini italiani, compresi i legislatori, non dispongono di alcun organo di garanzia che li tuteli dal fatto che i consulenti tecnici del legislatore forniscano informazioni scientificamente non fondate.
E non dispongono di alcun organo di garanzia che li tuteli dall’azione manipolatoria dei mass media che usano le tecniche della propaganda per diffondere informazioni false.
Se gli italiani disponessero di tali organi di garanzia, attualmente non previsti dalla “costituzione più bella del mondo”, i loro diritti fondamentali potrebbero certamente essere garantiti un po’ di più.
Nel frattempo, ogni volta che i consulenti tecnici del legislatore ed i mezzi di informazione, per una qualche ragione, offriranno informazioni oggettivamente (scientificamente) false, nessuno potrà tutelare i cittadini da violazioni, anche gravi, dei diritti costituzionali fondamentali.
Questa non è purtroppo solo una ipotesi teorica o un fatto raro, ma è probabilmente la ragione principale per cui in Italia i diritti fondamentali stabiliti dalla Costituzione sono, nella sostanza, sempre meno garantiti.
Rivolgo quindi un invito agli studiosi costituzionalisti affinché elaborino delle soluzioni di riforma migliorativa della Costituzione da proporre al Parlamento, introducendo nell’ordinamento istituzionale dei nuovi organi di garanzia indipendenti (come lo dovrebbe essere la Corte Costituzionale) e che non siano limitati alle sole competenze giuridiche, perché gli attacchi ai nostri diritti fondamentali non arrivano solo da violazioni formali dal punto di vista del diritto, ma anche e soprattutto da violazioni sostanziali, derivanti da falsi fondamenti tecnico-scientifici.
A poco possono servire organismi tecnici come il famoso CTS (Comitato Tecnico Scientifico) di nomina politica, senza che nessuno a nome dei cittadini abbia avuto modo di verificare le competenze e l’assenza di conflitti di interessi dei consulenti tecnici nominati.
Si tratta quindi di elaborare anche dei meccanismi di nomina che consentano di evitare questi problemi.
E se non sarà possibile riformare le attuali istituzioni, vorrà dire che, per tutelare i nostri diritti fondamentali, saremo obbligati a rifiutare le attuali istituzioni, per costituircene delle altre, scrivendo una nostra costituzione.
Perché, ricordiamocelo, la sovranità appartiene al popolo. Se lo vogliamo, abbiamo sempre la libertà di accettare o di rifiutare il sistema che ci governa, costituendone uno alternativo.