Italia e il mondo

Putin ha accidentalmente avviato una rivoluzione in Germania, di Jeff Rathke

L’Europa tra timide velleità di resistenza e precipitosi ripiegamenti sotto l’ombrello atlantico. L’intervento militare russo in Ucraina deve costringere a centrare il focus dell’analisi e del confronto politico sul continente in cui viviamo quando la stretta che si prospetta sta spingendo alla ulteriore normalizzazione di tutta la classe dirigente e dell’intero ceto politico. I costi saranno però sempre più pesanti e drammatici, difficilmente sostenibili. Buona lettura, Giuseppe Germinario

L’invasione dell’Ucraina sta innescando un drammatico capovolgimento della grande strategia di Berlino.

Di  , presidente dell’American Institute for Contemporary German Studies della Johns Hopkins University.

La politica tedesca è normalmente caratterizzata da una cauta continuità, finemente equilibrata e lenta ad adattarsi alle mutevoli circostanze. Ma resta in grado di sorprendere. Nella scorsa settimana, il cancelliere Olaf Scholz e il suo governo hanno compiuto una rivoluzione nella politica estera tedesca, scartando nel giro di pochi giorni le ipotesi superate dei sogni di Berlino del dopo Guerra Fredda e stabilendo una rotta per il confronto con la Russia che porterà un aumento drammaticamente risorse e modernizzare le forze armate del Paese.

Ogni giorno ha portato nuove rotture con la tradizione tedesca. Il 27 febbraio, in una sessione straordinaria del parlamento tedesco (la prima riunione domenicale in assoluto), Scholz ha descritto l’attacco russo all’Ucraina come un “punto di svolta” che ha richiesto uno sforzo nazionale tedesco per preservare l’ordine politico e di sicurezza in Europa . Scholz ha annunciato la creazione di un fondo una tantum di 100 miliardi di euro (113 miliardi di dollari) per l’esercito tedesco quest’anno e ha impegnato la Germania a spendere il 2% del PIL per la difesa d’ora in poi. Ha evidenziato i contributi della Germania alla NATO e ha ampliato gli impegni, inclusa la sua presenza deterrente in Lituania e la messa a disposizione dei sistemi di difesa aerea tedeschi degli Stati membri dell’Europa orientale. Ha sottolineato il ruolo nucleare della Germania nella NATO e ha indicato che il governo avrebbe probabilmente acquisito velivoli F-35 invece dell’acquisto F/A-18 Super Hornet precedentemente pianificato. Il cancelliere ha sottolineato le responsabilità di Berlino all’interno della NATO, ma allontanandosi dallo stile della politica di difesa tedesca ha anche definito queste misure come garantire la sicurezza nazionale della Germania.mezzo milione di manifestanti in tutto il centro di Berlino.

Ed era solo domenica. Il giorno prima, il governo ha abbandonato la sua posizione come una delle ultime resistenze transatlantiche contro l’esclusione delle banche russe dal sistema di messaggistica finanziaria SWIFT e il ministero della Difesa ha annunciato che avrebbe fornito 1.000 sistemi anticarro e 500 armi antiaeree Stinger all’Ucraina, invertendo la politica di lunga data della Germania contro la fornitura di armi alle zone di crisi. (Berlino ha anche revocato le prese chiave ai paesi terzi che forniscono attrezzature di origine tedesca all’Ucraina.) Queste mosse storiche si sono aggiunte alle dure sanzioni economiche imposte dall’Unione Europea a Mosca entro 24 ore dall’inizio dell’invasione russa, misure che ha colpito anche la Germania, dal momento che la Russia è uno dei primi cinque partner di esportazione e importazioneal di fuori dell’UE. Solo cinque giorni fa, il 22 febbraio, Scholz ha deciso di interrompere il processo di certificazione per il gasdotto Nord Stream 2.

In sette giorni, la Germania ha eliminato il suo più grande progetto energetico russo, ha imposto sanzioni che causeranno notevoli dolori in patria e ha istituito un corso che renderà la Germania il più grande investitore europeo della difesa, con i velivoli più avanzati e una crescente presenza in avanti nel centro e Europa orientale. Ci si può chiedere se i detrattori devoti della Germania a Washington se ne accorgeranno. Come è successo così rapidamente, quando i funzionari tedeschi avevano difeso così tenacemente le loro politiche di status quo per così tanto tempo?

La sfacciata brutalità della guerra del presidente russo Vladimir Putin all’Ucraina è la ragione più importante. Scholz e il suo governo hanno compiuto ogni sforzo diplomatico per evitare la guerra, inclusa la visita di Scholz il 15 febbraio a Mosca, in cui ha cercato di salvare il processo di Minsk. Putin ha avanzato le sue rimostranze percepite e la storia distorta – che Scholz in seguito ha definito “ridicolo” – e attraverso il suo riconoscimento delle regioni separatiste di Donetsk e Luhansk ha effettivamente ucciso gli accordi di Minsk. Scholz e il ministro degli Esteri tedesco Annalena Baerbock sapevano per esperienza personale che la Russia aveva chiuso le strade della diplomazia.

I nuovi schieramenti politici della Germania hanno aperto la strada a questa rivoluzione. Il Partito socialdemocratico di Scholz (SPD) governa con i Verdi guidati dai valori e i Liberi Democratici liberali, entrambi i quali sostengono una linea più dura verso Mosca. Le ambizioni di trasformazione energetica del governo, che fissavano un obiettivo di neutralità del carbonio per il 2045, hanno ora acquisito una dimensione di sicurezza nazionale. Ciò potrebbe complicare la certezza a breve termine di un’adeguata fornitura di gas naturale, ma il ministro dell’Economia e del clima tedesco Robert Habeck dei Verdi ha colto la crisi russa come ulteriore giustificazione per accelerare la transizione verso le energie rinnovabili e costruire la rete energetica. Scholz ha formulato l’obiettivo per la Germania di costruire due terminali di gas naturale liquefatto “il prima possibile” come parte di uno sforzo nazionale per superare la sua dipendenza dai singoli fornitori.

All’interno del suo stesso partito, il pragmatico Scholz ha sostenuto una rivalutazione dell’approccio obsoleto dell’SPD nei confronti della Russia, basato sulla reciproca dipendenza economica e sull’eredità del controllo degli armamenti. L’invasione di Putin ha offerto a Scholz l’opportunità di cancellare la lavagna e non ha perso tempo. Di fronte a indifendibili azioni russe, l’ala “dialogativa” dell’SPD ha visto sgretolarsi le sue argomentazioni. Il più visibile sostenitore delle posizioni filo-russe , l’ex cancelliere Gerhard Schröder dell’SPD, è stato preso di mira dall’intera dirigenza del partito per le sue posizioni nei consigli di amministrazione di società energetiche russe come Nord Stream AG, Rosneft e, di recente, Gazprom (sebbene sia ancora in sospeso). Schröder è passato in poche settimane dall’essere una delle risorse più preziose della Russia in Germania a una responsabilità politica.

Infine, un po’ di merito va all’amministrazione Biden. Nonostante le pressioni del Congresso degli Stati Uniti e della comunità di politica estera, il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha costruito con cura una partnership sulla politica russa, prima con la cancelliera Angela Merkel attraverso la dichiarazione congiunta di luglio 2021 sulla sicurezza energetica e poi difendendo l’approccio della Germania, anche durante il febbraio di Scholz. 7 visitaa Washington. Biden ha dovuto affrontare il contraccolpo dei repubblicani e di alcuni democratici, ma si è reso conto che un cambiamento nella politica tedesca della Russia avrebbe dovuto venire da Berlino, non essere imposto da Washington. Se Biden avesse ceduto alle richieste di sanzioni unilaterali degli Stati Uniti sul Nord Stream 2, avrebbe generato una risposta difensiva da parte del governo tedesco che avrebbe reso inconcepibile il completo ribaltamento della Russia di Scholz.

IL RESOCONTO DI UN AMERICANO A KIEV_tratto da visionetv.it

IL RESOCONTO DI UN AMERICANO A KIEV
Quando oggi ho scritto il post sulla prevedibile durata della prima fase della guerra, non avevo letto questo resoconto, tradotto da Visione TV, che sta facendo un ottimo lavoro (link del video tradotto dall’inglese nel primo commento).
E’ la dimostrazione che il pensiero può ricostruire la verità di una guerra, anche senza conoscere i fatti, purché sia graniticamente impermeabile alla propaganda.
Le azioni dei belligeranti, infatti, anche di quelli che la propaganda dipinge come mostri, sono sempre razionali e ragionevoli, tenuto conto dell’obiettivo che essi hanno.
***
Oggi è sabato 26 febbraio ed è il terzo giorno dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
La gente in USA non sembra capire niente di quello che concerne siffatta invasione, continuano a dire che la Russia sta fallendo nel suo attacco perché non ha preso le infrastrutture, non ha colpito ad esempio il sistema elettrico, non ha distrutto i ripetitori del telefono oppure ancora non ha colpito le riserve idriche, continuano a dire che non capiscono perché la Russia sembra avanzare per poi fermarsi ogni volta che incontra qualche una resistenza. E’ davvero mancanza di immaginazione da parte dei commentatori americani.
Perché vedete il modo americano di fare le cose è andare e distruggere una nazione, distruggere tutto, distruggere il sistema elettrico, i ripetitori telefonici , le riserve idriche, basta distruggere tutto, per poi avanzare, ma questo non è fare la guerra, questo è spianare tutto, annichilire il nemico. E lo abbiamo visto fare così tante volte in Afghanistan, in Iraq, in Libia, in Siria, cioè hanno provato a farlo in Siria.
Ma allora cosa vogliono fare i russi? Non vogliono distruggere l’Ucraina, la vogliono prendere intatta, e non vogliono fare del male ai civili, perché dovrebbero voler far loro del male? Dal loro punto di vista se fanno male ai civili si creano dei nemici, quindi vogliono prendere l’Ucraina intatta, cambiarne la leadership politica e mettere una leadership che sia in linea con la Russia per ricavarne un alleato sulla lunga distanza. Ma se nel fare questo fanno del male ai civili, poi saranno proprio loro a mandare via il regime diretto da Mosca, non prendiamoci in giro. Vogliono un regime di marionette a cui gli ucraini siano più o meno indifferenti, non vogliono mettere nessuno al potere dopo aver reso la vita degli ucraini miserabile.
Quindi come stanno mettendo in atto la loro strategia? Stanno invadendo il paese in maniera molto rapida ed è sotto gli occhi di tutti quanto velocemente stiano invadendo l’Ucraina, senza colpire alcuna infrastruttura civile, ma solo colpendo obiettivi militari, e ogni volta che raggiungono una città e trovano una resistenza, intendo una seria resistenza da parte dell’esercito ucraino, si fermano e arretrano. In questo modo stanno li accerchiando, basta guardare una mappa. E’ una strategia tanto semplice quanto efficace, e stanno facendo questo in tutte le maggiori città, tipo a Kiev e Karkov, accerchiano le città e poi che fanno? Semplice: aspettano. Se circondi una città alla fine cadrà, non c’è un finale diverso.
Altra cosa che la gente sembra non capire è che vogliono prendersi l’esercito, e questo è il motivo per cui se vedete non ci sono state battaglie con centinaia o migliaia di morti o feriti. I russi è come se stessero prendendo l’Ucraina in punta di piedi. Per quel che riguarda lo spazio aereo, i russi posseggono lo spazio aereo ucraino al 100%. Ogni aereo che passa è russo. Non possiamo pensare all’esercito russo come all’esercito arretrato della seconda guerra mondiale, quello che vediamo oggi è l’esercito russo moderno, con una strategia ben precisa per catturare Ucraina ed esercito ucraino intatti. I russi hanno capito che una volta che avranno cambiato la leadership politica al paese, dovranno avere un esercito in loco che si prenda cura della nazione e delle persone.
E’ per questo che, come ho già detto, quando incontrano una resistenza maggiore, si fermano e arretrano. In occidente questa cosa è interpretata come debolezza, dicono che la Russia avanza molto velocemente ma poi non concretizza, perché è debole. Per la gente i russi sono deboli perché non sbaragliano l’esercito ucraino, e questo solo perché gli americani quando vanno in guerra fanno questo. distruggono l’esercito, e qualsiasi cosa che incontrino sul loro cammino, a loro non interessa. Ma ai russi si. ai russi invece interessa.
Una cosa che un mio amico mi ha fatto notare, una cosa che se ci si pensa è anche ovvia, è che i vertici militari ucraini, i generali e gli altri sono andati all’accademia militare insieme ai russi, erano compagni di scorribande fin da quando magari avevano 18 o 19 anni, bevevano insieme, uscivano insieme, si conoscono, si conoscono bene e non si vogliono uccidere tra di loro. Magari le loro vite si sono separate, ma gli anni passati insieme li mettono in una posizione in cui hanno qualcosa in comune e di certo non vogliono uccidersi l’uno con l’altro.
Una volta che i russi posseggono il cielo, lo sappiamo, ci mettono un attimo a colpire una zona e annichilirla causando una crisi umanitaria dalle proporzioni gigantesche ma loro non lo hanno fatto e non lo faranno. Come so questo? Perché hanno avuto tre giorni per farlo e niente, non l’hanno fatto. Sto facendo questo stupido video da un motel in centro a Kiev, pensate che potrei mai fare un video e avere linea internet se i russi facessero sul serio con l’Ucraina?
Mentre in occidente pensano che Putin e la Russia siano il male, la personificazione dell’anticristo. Non capiscono, non lo capite, e i vostri leader occidentali non vogliono di certo che capiate, leaders come Boris Johnson, Joe Biden, vogliono che vi immaginiate questa storia come un film della Marvel dove c’è il cattivo da demonizzare ed il cattivo è Putin, mentre gli americani insieme agli altri sono i cappelli bianchi, i bravi ragazzi che vinceranno il confronto.
Quello che mi da fastidio, e forse non è una cosa saggia da dire finché mi trovo qui in Ucraina, è che il regime di Zelensky invece vorrebbe vedere gli ucraini morti, non avrebbero problemi ad avere una crisi umanitaria. E come lo so? Lo so perché hanno dato le munizioni alla gente, da quel che so almeno 10 mila ak47. Se non hai pratica con un’arma del genere, puoi diventare molto pericoloso per la gente intorno a te e anche per te stesso. ci vogliono anni di training per imparare e sapere dove stai mettendo le mani, non è come nei film, è una cosa davvero pericolosa e davvero puoi farti seriamente male. Il regime di Zelensky non solo distribuisce le armi ma insegna alla gente come fabbricare ed utilizzare le molotov, vogliono fomentare la guerra, vogliono che la gente comune combatta contro i russi.
I russi hanno un esercito professionista, per cui se incontrano qualcuno di armato per la strada, sia un civile oppure un militare, gli sparano, non fanno discorsi. E se è un civile sarà il soggetto perfetto per una operazione fotografica in cui ritrarranno il civile morto per colpa del russo cattivo, e sarà presentato al mondo come scusa per le altre nazioni che verranno coinvolte come ad esempio gli Stati Uniti, fino a far arrivare la situazione ad un punto tale che le conseguenze potrebbero essere inimmaginabili.
E’ il regime di Zelensky che sta facendo qualcosa di demoniaco, perché deve essere demoniaco il fatto di incoraggiare i civili a fare qualcosa di cosi pericoloso e irresponsabile. Inoltre il regime di Zelensky ha di fatto messo nelle mani dei civili artiglieria pesante, e come è normale e giusto, i russi hanno il diritto di distruggere queste armi, e quindi saranno costretti a colpire anche dei civili. Mettiamo il caso che una cosa del genere avvenga in mezzo a dei condomìni, ci saranno i russi che nel tentativo di disarmare gli ucraini si troveranno costretti ad uccidere i civili. Il regime di Zelensky ha distribuito queste armi in aree popolose proprio perché vuole che una cosa del genere accada.
Vi racconterò anche qualcos’altro che il regime di Zelensky sta facendo: stanno impedendo a tutti gli uomini tra 18 e 60 anni di lasciare la nazione, se provano ad andarsene sono arrestati e arruolati immediatamente nell’esercito ucraino. Così succede che molti uomini stanno scappando dalle città. Ma non scappano dai russi, scappano dall’essere arruolati a forza. Non hanno paura che i russi distruggano le loro abitazioni o facciano loro del male.
Ora le donne, i bambini e gli anziani stanno nascondendo gli uomini tra i 18 ed i 60 anni, e non è una cosa che ho sentito dire, ma che so personalmente di gente che conosco, con cui lavoro, con cui sono uscito, sono andato a bere insieme, al ristorante insieme, ci ho fatto affari. Hanno dovuto lasciare Kiev per la paura di essere costretti con la forza ad entrare nell’esercito ucraino. Gente di mezza età come me, bravissimi business men magari, che però sono delle schiappe a fare i soldati con in mano un’arma, senza un briciolo di esperienza.
Il governo ucraino, il regime di Zelensky sta facendo tutto questo. E perché lo stanno facendo? Beh non costringi certo i tuoi uomini ad arruolarsi a forza se pensi che stai vincendo, o sbaglio? No di certo. E seconda cosa, attraverso questo sistema coatto crei un’intera classe di rifugiati che ha paura di te, governo, non certo dei russi. Così in occidente si rivendono quei filmati di gente che scappa dalle città e vi dicono e voi dite ” guarda scappano perché hanno paura dei russi”, no, assolutamente, non è così, hanno paura del regime di Zelensky.
Ma se dovessi dire cosa mi spaventa di più, è dare armi in mano ai cittadini che non sanno nemmeno come utilizzarle, perché il solo fatto di dar loro delle armi non li rende assassini perfetti. Poi accade che li trovano i russi e cosa succede? Cosa succede con un’arma che nemmeno sanno come utilizzare? Succede che i russi sparano, e così si ha inutile spargimento di sangue, per un’arma che nemmeno dovrebbero avere tra le mani. E questo è davvero diabolico. Da qui come ho già detto il regime ci può costruire una photo op perfetta.
Non pensate che le cose che vi sto dicendo le stia dicendo perché sono pro Russia o pro Putin, a me non interessano le opinioni qui, ma solo i fatti, e questa è la verità. Sono qui a Kiev in centro e sto ancora aspettando che i russi invadano la città, quindi so ciò di cui sto parlando. E nulla di ciò che sto dicendo viene detto dai media mainstream, o sbaglio? Guardate, tiro ad indovinare perché nemmeno li seguo i media americani o europei perché so che sono solo un ammasso di menzogne.
Probabilmente quello che state ascoltando qui non lo avete mai sentito altrove, benissimo, lo sentite adesso. Cosa vi ho sempre detto in questo canale? Pensate con la vostra testa e chiedetevi sempre perché qualcosa che sta avvenendo, sta avvenendo nel modo in cui avviene. Qui non ci sono casualità, c’è sempre chi pensa alle cose affinché avvengano in un certo modo, e sicuramente questo è ciò che hanno fatto i russi, i russi hanno pensato ad ogni singola mossa.
L’unica cosa che c’è da sperare è che il regime di Zelensky fallisca nel tentativo che sta mettendo in atto di coinvolgere in questo conflitto America ed Europa, e che il regime crolli o se ne vada, e che la Russia sia in grado quindi di prendere l’Ucraina intera senza feriti o morti, o con il numero minore possibile. Se le cose non vanno così, la nazione intera sarà distrutta, milioni di persone verranno ricollocate, milioni di persone verranno uccise e questa è esattamente la stessa cosa avvenuta in Iraq. Speriamo di non avere un secondo Iraq.

A COLPI DI GROSSRAUM, di Teodoro Klitsche de la Grange

 A COLPI DI GROSSRAUM

Diversamente dalla crisi pandemica e dai DPCM, quando molti ricordavano – e ricorrevano – alla teoria di Schmitt sullo stato d’eccezione, per quanto spesso cercando di amputarla dall’essere un criterio d’identificazione del sovrano, che fa troppo Salvini – non mi risulta che la crisi ucraina sia stata inquadrata in un’altra delle idee di Schmitt, così utili ad interpretare la situazione contemporanea: quella del Grossraum (grande spazio). Per connotare tale concetto occorre premettere che s’iscrive nella concezione di decadenza dello Stato moderno, cui Schmitt contrapponeva l’insopprimibilità del “politico”, quale essenza (Freund).

Onde se lo Stato non “fa” politica (o si autolimita in ciò) a colmare tale assenza ci pensano altri soggetti (dai partiti, alle chiese, agli imperi e così via). Dopo di che, atteso che un limite spaziale, nelle civiltà sedentarie (Hauriou) è necessario, come lo è un soggetto (e principio) ordinatore, il Grossraum può essere considerato come uno spazio delimitato, organizzato intorno ad un’egemonia di comando, in grado di governare una pluralità di sintesi politiche (cioè in primo luogo, gli Stati), escludendone le potenze esterne allo stesso.

In un’interpretazione post-Huntington tale spazio può somigliare alle “civiltà” i cui componenti sono affini per un patrimonio di idee, tradizioni, valori comuni. A tale tesi si può tuttavia replicare che il Grossraum, anche se non esclude – anzi è favorito – (dalle) affinità non vi trova un elemento essenziale. Questo perché lo sono, invece l’egemonia e la delimitazione spaziale, possibile anche in spazi di popoli non omogenei né affini. Come d’altra parte in altre sintesi politiche, come gli imperi, per lo più multi-etnici, multi razziali, multi religiosi            [1]. Più vicino al concetto di Grossraum è quello di “sfera d’influenza” e altre consimili, che designano l’effettività di un comando egemonico (e relativa pretesa) su più sintesi politiche. Che questo emerga da millenni fa parte della storia. Ogni (aggregato di) potenza si circonda, ove possibile – di stati-clienti, gli obblighi dei quali vanno dal massimo di fornire risorse – anche militari – alla sintesi politica egemone, al minimo di conservare una neutralità in caso di guerra tra quella e le altre, in effetti una rinuncia a muover guerra alla potenza egemone.

Già la storia romana e bizantina ci danno esempi di tale tipo di rapporto. Lacmidi e Gassanidi erano stati – clienti degli imperi persiano (sassanide) e romano. Gerusalemme, qualche secolo prima era stata  assediata dall’esercito di Tito, formato in buona parte da soldati forniti dai tre vicini stati – clienti dell’impero romano.

È chiaro che tali limitazioni assunte o imposte agli Stati clienti costituiscono  altrettanti paletti alla sovranità; questa, in senso giuridico ha il significato di non tollerare alcun limite (Romagnosi, Orlando tra i tanti). Onde al contrario di quanto succede in altri casi, gli strenui difensori dell’Ucraina lo sono diventati (forse a malincuore) anche della sovranità della medesima.

Più che alle incoerenze tra atteggiamenti concreti e affermazioni ideali, tuttavia la riflessione sul punto non dovrebbe prescindere da quanto pensava Spinoza: che la sovranità è illimitata in diritto, ma è limitata in fatto dalla possibilità reale di azione: tantum juris, quantum potentiae. Il sovrano non è colui che puote quel che si vuole, ma è chi è libero nel decidere tra alternative possibili. Questo vale in modo – ovviamente – assoluto per l’impossibile ontologico, e in modo relativo per l’impossibile concreto. Del pari per le scelte azzardate o, al limite insensate (Aron). Come quella del Principato di Monaco che intendesse muovere guerra alla Francia. Una scelta dall’esito positivo impossibile, in particolare per la sproporzione dei mezzi a disposizione e quindi (altamente) inopportuna. É la disparità delle forze tra le potenze aderenti e quelle egemoni (sostanzialmente, di converso, pari tra loro) della Nato e del Patto di Varsavia che ha conservato, dopo Yalta, la pace in Europa, e l’egemonia nei rispettivi blocchi degli USA e dell’URSS.

Dopo l’implosione dell’URSS, che è equivalsa ad una guerra perduta, la Russia ha dovuto rinunciare all’egemonia sulle nazioni dell’Europa orientale, e tollerare la perdita dell’unità politica delle repubbliche federate nell’URSS. Analogamente a quanto praticato e deciso a Yalta per gli imperi giapponese, italiano e il Reich tedesco. Tuttavia l’enorme estensione territoriale e la popolazione della Russia hanno conservato alla stessa nello spazio eurasiatico un primato dovuto allo squilibrio dei rapporti di forza con le vicine repubbliche ex sovietiche: l’Ucraina che è la più popolosa, ha comunque una popolazione pari o poco più di un quarto di quella russa; il PNL ucraino è circa 10 volte inferiore. Questo tralasciando altri fattori di potenza, dalla proporzione simile, e senza andare alla storia dei due paesi.

L’unica possibilità per l’Ucraina è una violenta guerra partigiana, che pare assai remota e comunque portatrice di enormi danni a ucraini, russi, nonché (almeno economici) agli europei occidentali. Qualcuno forse spera che gli aspiranti guerriglieri ucraini ripetano, per Putin, l’impresa dei loro predecessori della seconda guerra mondiale, che uccisero il generale Vatutin che aveva appena riconquistato l’Ucraina alla Russia.

Per cui l’avvertimento dato più volte negli anni trascorsi da politici e politologi come Kissinger, il nostro Prodi (ed altri – non molti) di non cercare di estendere la Nato a Stati ex-sovietici, appare come un consiglio assai azzeccato, e il più idoneo a conservare la pace e l’ordine internazionale. Come intuito da Schmitt con la sua dottrina del Grossraum. Questa è il contrario di quanto sbandierato nell’ultimo trentennio, di una visione del mondo propiziata della “fine della storia” (la quale si è affrettata a ricominciare), e fondata sulla condivisione di valori che per quanto apprezzabili, hanno il limite, politicamente decisivo, per essere efficaci  d’esser condivisi: se non lo sono, non servono a creare coesione politica e sociale, ma solo ad attizzare conflitti.

Teodoro Klitsche de la Grange

[1] Per gli imperi è (quasi) la regola. Riguardo all’Ucraina proprio Huntington sostiene che “la linea di faglia” tra civiltà cristiana occidentale e cristianesimo orientale, attraversa l’Ucraina.

Perché Draghi otterrà effetti contrari a quelli annunciati, di Davide Gionco

Come un pessimo governo intende stravolgere l’ottimo provvedimento economico del Bonus 110%.
Perché Draghi otterrà effetti contrari a quelli annunciati.
di Davide Gionco
26.02.2020

Le truffe sui bonus del 110% e le correzioni proposte da Mario Draghi
Siamo ancora assordati dai cori mediatici di beatificazione di “San Mario Draghi”, nonché dalle continue emergenze e paure che incombono sul popolo italiano, per cui quasi nessun commentatore si prende la briga di analizzare in modo critico le recenti prese di posizione del presidente del Consiglio Draghi nei confronti del famoso “Bonus fiscale 110%”, che probabilmente ha rappresentato l’unica misura governativa significativa per la crescita dell’economia italiana degli ultimi 10 anni.
Più ancora degli indicatori statistici ne è prova la rapida saturazione del settore dell’edilizia, con imprese che non riescono a rispettare le scadenze pattuite, nonostante le assunzioni di personale e gli aumenti dei prezzi nel settore. Qualcosa che nessuno ricordava almeno dagli anni 1980.

Nelle ultime settimane Draghi ha denunciato numerose truffe (pari oltre 4 miliardi) da parte di soggetti senza scrupoli, che hanno portato alla concessione di bonus fiscali in cambio di lavori mai realizzati, dopo di che i bonus fiscali, ceduti alle banche, sono stati convertiti in euro ed investiti (o imboscati) nella solita finanza speculativa.
Per evitare il ripetersi di queste truffe, nonostante tutta la burocrazia necessaria per la concessione dei bonus fiscali, Draghi propone di limitare la cedibilità dei crediti ai soli soggetti “finanziari” ovvero alle banche. Secondo Draghi questa misura dovrebbe evitare le truffe e, quindi, rendere i bonus fiscali sostenibili per le casse dello Stato e fare sì che il lavori di ristrutturazione energetica vengano effettivamente realizzati.
Ma siamo sicuri che la risposta di Draghi otterrà questi obiettivi?

Il meccanismo della cessione dei crediti
Per capire come stanno le cose è innanzitutto necessario comprendere i meccanismi di funzionamento dei bonus fiscali (del 110% energetico o altri) cedibili a terzi.
La grande novità introdotta dal governo Conte II e poi mantenuta da Draghi non è stata tanto la concessione di sgravi fiscali, cosa a cui gli italiani erano da tempo abituati, ma la possibilità di ottenere dei bonus fiscali che possono essere ceduti a terzi per il pagamento di prestazioni lavorative.
In passato gli sgravi fiscali venivano coperti da altre entrate fiscali, da nuovi tagli alla spesa pubblica o, al limite, da un aumento del debito pubblico (copertura tramite emissione di nuovi titoli di stato). Ad esempio, se venivano concessi 10 miliardi di sgravi fiscali per le ristrutturazioni edilizie, il governo doveva mettere in conto un aumento di altre entrate fiscali per 10 miliardi di euro (o 10 miliardi di tagli in altre spese o 10 miliardi in più di debito o una combinazione fra queste soluzioni).
Gli esperti di macroeconomia mi faranno notare, giustamente, che il conto non è corretto, in quanto esiste il famoso “moltiplicatore keynesiano”.
Infatti dando degli incentivi fiscali, le famiglie o le imprese andranno a commissionare lavori che senza incentivi non avrebbero fatto. Queste commesse aggiuntive portano ad un aumento dei redditi, quindi della capacità imponibile delle imprese del settore dell’edilizia, quindi un aumento dei loro versamenti tributari che, senza incentivi, non ci sarebbe stato. Quindi quando lo stato concedeva sgravi fiscali di 10 miliardi per le ristrutturazioni edilizie, in realtà andava a spendere di meno. 10 miliardi in meno di entrate dai contribuenti “sgravati”, ma anche 4 miliardi in più (ad esempio) incassati da parte delle imprese beneficiarie delle commesse aggiuntive. Quindi, al netto, lo Stato “pagava” solo 6 miliardi.

La proposta originaria dei bonus del 110%, quella a cui si sono ispirati i promotori del Movimento 5 Stelle, era quella dei CCF, certificati di compensazione fiscale, promossa dal Gruppo della Moneta Fiscale (economisti Marco Cattaneo, Giovanni Zibordi, Biagio Bossone ecc.) e rilanciata a marzo 2020 con la proposta del Piano di Salvezza Nazionale (www.pianodisalvezzanazionale.it), trasmesso a tutti i parlamentari e tutti i ministri, con il corredo di oltre 35 mila firme di cittadini, la quale prevedeva la creazione di una piattaforma di scambio dei crediti fiscali fra soggetti privati e la possibilità di usarli come sgravi fiscali solo a partire da 2 anni dopo la data di concessione dei bonus.
Con questo meccanismo il condominio, per fare un esempio, avrebbe ottenuto dallo Stato, una volta eseguiti i lavori, un “bonifico” in bonus fiscali direttamente sul proprio “conto corrente” della piattaforma di scambio. Da lì il condominio avrebbe pagato alle imprese le fatture dei lavori eseguiti usando quei bonus fiscali. Le imprese, a loro volta, avrebbero potuto usare quei crediti fiscali per pagare i loro fornitori, compresi i propri dipendenti. Alla fine, dopo 2 anni, chi si fosse trovare proprietario dei bonus fiscali, li avrebbe potuti usare per pagare le proprie tasse in sostituzione degli euro.
L’esistenza della piattaforma di scambio avrebbe facilitato la cessione dei crediti. E ad ogni cessione sarebbe corrisposta una fatturazione (o una busta paga), che avrebbe generato un aumento dell’imponibile fiscale.
Chiedendo venia agli esperti di macroeconomia, semplifico i numeri per rendere chiaro il concetto ai meno esperti. Se ai tempi dei classici sgravi fiscali l’emissione di 10 miliardi euro di sgravi allo stato costava in realtà 6 miliardi, con la novità del meccanismo dei bonus cedibili a terzi tramite piattaforma pubblica, con una estrema facilitazione di fare pagamenti direttamente in crediti fiscali offerta ad una economia caratterizzata dalla mancanza di credito e di liquidità, nel giro di 2 anni avrebbe trasformato l’emissione di 10 miliardi di bonus fiscali in un incremento dell’imponibile almeno di 25 miliardi, quindi consentendo introiti fiscali aumentati di 12 miliardi. Il che significa per lo Stato una perdita di 10 miliardi compensata da un maggior incasso di 12 miliardi ovvero un utile netto di 2 miliardi per le casse dello Stato.
Queste cifre sono puramente indicative, per aiutare la comprensione del meccanismo.
Chi volesse approfondire la conoscenza dei meccanismi ed i calcoli effettuati dagli economisti citati, è invitato a farlo sulle fonte originali.

Una volta compresa l’importanza del meccanismo della cessione dei crediti fiscali nel bilancio complessivo della manovra, ora possiamo giudicare a ragion veduta l’operato dei governi Conte II e, soprattutto, di Mario Draghi.

I veri costi e le vere coperture
Come abbiamo compreso sopra, il “costo” per lo Stato di una manovra finanziaria in cui si prevedono dei bonus fiscali non si misura al momento della emissione dei crediti fiscali, ma al momento in cui quei bonus fiscali verranno utilizzati per pagare le tasse (quindi pagando meno euro) e tenendo conto degli effetti della crescita economica indotta da quella manovra, i quali portano ad un contemporaneo aumento delle entrate fiscali.
Questo significa che il “costo di emissione” di 10 miliardi di bonus fiscali non è di 10 miliardi, come sostengono erroneamente troppi giornali e troppe trasmissioni televisiva, ma è pari a zero. Lo Stato non spende nulla nel momento in cui concede ad una impresa o ai proprietari di un condominio un bonus fiscale. Quello che conta è la contabilità d’insieme al termine del processo macro-economico che l’emissione di quei bonus fiscali ha innescato.

Quindi la copertura di una manovra fiscale che prevede la concessione di crediti fiscali non dipende da un bilancio “statico”, come siamo abituati a fare nei conti di una famiglia o di una azienda, ma dipende molto, moltissimo, dalla crescita economica che verrà innescata negli anni a seguire da quella manovra.
Se vogliamo giudicare l’efficacia delle modifiche che Draghi intende attuare alle disposizioni previste per i bonus del 110% dobbiamo porre l’attenzione molto poco sulle cifre (comprese quelle delle truffe) e molto di più sui meccanismi economici, i quali sono influenzati dalle norme e dalla burocrazia che disciplinano la manovra.

L’imposizione fiscale futura, quella che consentirà di compensare le future mancate entrate fiscali, dipende dal “fatturato” futuro delle imprese e dal reddito futuro dei lavoratori. Il fatturato ed il reddito aumentano ogni volta che dei soldi, ma anche dei bonus fiscali, vengono spesi in cambio della produzione di beni o servizi.
Il meccanismo previsto nella proposta originaria, quello della piattaforma pubblica per la cessione fra privati, era tale da facilitare al massimo, con burocrazia ridotta al minimo, la cessione dei crediti fiscali in cambio di prestazioni lavorative, non solo nel primo passaggio, ad esempio per il pagamento dei lavori di ristrutturazione, ma in ogni passaggio successivo. Ad esempio l’impresa, una volta incassato il pagamento in crediti fiscali, li userà per pagare i mattoni, il produttori di mattoni li userà per pagare l’energia, il venditore di energia per pagare i propri tecnici e quei tecnici per pagare una parte della spesa del supermercato, il supermercato per pagare i contadini, ecc.
Molti passaggi = molto fatturato = molte entrate fiscali = maggiore copertura al momento di sconto dei bonus fiscali, dopo 2 anni. Perché è necessario lasciare il tempo affinché gli scambi avvengano.
E’ fondamentale sottolineare come in ogni passaggio non sia necessaria la conversione in euro del credito fiscale. I bonus, infatti, consentirebbero di pagare i beni e servizi acquistati, senza bisogno di euro.

Gli errori del governo Conte II
Già nella prima versione, modificata rispetto a quella originaria, il governo Conte II aveva deciso di modificare il meccanismo “originario” mettendoci di mezzo le banche. Fin dall’inizio è esistita la possibilità di convertire subito i bonus fiscali in euro, cedendoli alle banche in cambio di euro. Probabilmente questo processo sta alla base della cifra “110%”, 10% per le commissioni delle banche e 100% per pagare i lavori di ristrutturazione.
Qui mi sento di denunciare un primo grave errore commesso dal governo Conte II.
Se è vero che i bonus fiscali valgono come gli euro, non è vero che sono la stessa cosa.
I bonus fiscali hanno valore di “sconto fiscale” solo per coloro che pagano le tasse. Hanno valore solo in Italia e quindi verrebbero usati soprattutto per pagare fornitori italiani. Un fornitore estero, infatti, dovrebbe successivamente preoccuparsi di trovare un fornitore italiano per ri-spendere quei bonus.
Gli euro, invece, hanno valore sia per i fornitori esteri, sia per coloro che guadagnano usando gli euro per investimenti puramente finanziari.
La possibilità concessa da Conte di convertire subito in euro i bonus fiscali ha fatto sì che fra i beneficiari vi siano state in parte anche delle imprese estere, riducendo le potenziali entrate fiscali future.
La conversione in euro da parte delle banche ha inoltre fatto sì che i “soliti furbi” abbiano trovato il modo di investirli in prodotti finanziari (azioni, criptovalute, fondi esteri, ecc.), anziché spenderli per pagare imprese e lavoratori.
E sappiamo bene che i “prodotti finanziari” generano molta poca crescita del fatturato nazionale e molte poche entrate fiscali.
Il fatto di metterci di mezzo le banche ha trasformato, in parte rilevante, i bonus fiscali nell’ennesimo meccanismo di rendita finanziaria di pochi, anziché in uno strumento di crescita dell’economia del paese, che avrebbe garantito la copertura economica del provvedimento.
Il coinvolgimento attivo delle banche da parte del governo Conte II, ovviamente confermato da Draghi, è stato un “dettaglio” che ha reso meno certa la copertura finanziaria della misura proposta.

Gli errori di Draghi
Nelle ultime settimane Mario Draghi ha denunciato le truffe legate ai bonus fiscali.
In realtà tali truffe hanno riguardato unicamente il processo di emissione dei bonus fiscali ovvero i bonus sono stati emessi a fronte di lavori mai effettuati.
Stendiamo un velo pietoso sul fatto che, oltre a pretendere tanta carta inutile e tanta burocrazia, il Governo avrebbe potuto mandare delle persone con un minimo di competenze tecniche a verificare sul posto l’effettivo svolgimento dei lavori, evitando questo tipo di truffe, ma non lo hanno fatto. Sappiamo che in Italia la carta prevale sulla sostanza.
Da come abbiamo spiegato sopra in realtà lo Stato non spende nulla al momento della emissione del bonus fiscale. Quindi, dal punto di vista del bilancio dello stato, è assolutamente irrilevante che i lavori siano stati fatti o meno.
Per intenderci: nella proposta originaria di Marc o Cattaneo era previsto di “regalare” dei bonus fiscali ai lavoratori a basso reddito. In cambio di nulla, con il solo obiettivo di  accrescere la loro capacità di spesa e, quindi, il fatturato aggiuntivo che quella spesa avrebbe generato per l’intera economia italiana.
Nelle truffe riscontrate, è invece molto rilevante e molto grave che i bonus siano stati ceduti alle banche in cambio di euro (e neppure le banche hanno controllato la loro origine), dopo di che quegli euro sono usciti dall’economia reale italiana e sono finiti nei circuiti della finanza. In questo modo non verranno ceduti ad altre imprese ed altri lavoratori, per cui non genereranno alcuna crescita dell’imponibile futuro e lo Stato si troverà di fronte ad una ridotta (rispetto al potenziale) crescita economica, quindi a mancate entrate fiscali, mentre dovrà accettare che le banche usino i bonus fiscali per pagare meno tasse in futuro. Il gioco rischia di essere in perdita, non per colpa dei bonus fiscali, ma per colpa della loro trasformazione in euro ad opera delle banche.
Di fronte a queste truffe qual è la proposta di Mario Draghi?
Draghi propone sostanzialmente di limitare la cedibilità dei crediti fiscali solo alle banche, mentre non è chiaro se proporrà qualcosa di concreto, tipo ispezioni sui cantieri, per verificare che i bonus vengano emessi a fronte di lavori reali. Ovvero: se fino ad oggi, pur con qualche difficoltà. Il condominio poteva saldare il conto pagando l’impresa direttamente con i crediti fiscali, la quale impresa poteva a sua volta usarli per i propri pagamenti, con la riforma Draghi i crediti fiscali saranno cedibili solo alle banche in cambio di euro, dopo di che le banche li trasformeranno in un prodotto finanziario di propria convenienza.

A questo punto lascio ai lettori giudicare se Mario Draghi sia incompetente o in mala fede.
Se la cessione dei crediti fiscali sarà possibile solo alle banche, convertendo i bonus fiscali in euro, una parte maggiore dei benefici andrà ai fornitori esteri (che non pagano le tasse in Italia) o a soggetti del mondo delle rendite finanziarie. E sarà impossibile innescare la catena del “moltiplicatore keynesiano”, la sola capace di assicurare la copertura finanziaria del provvedimento.
Il risultato inevitabile sarà una ridotta crescita attuale dell’economia italiana e, in futuro, minori entrate fiscali per lo Stato, con conseguenti problemi di bilancio.

Altri errori di pianificazione economica
Vorrei concludere evidenziando altri 2 gravi errori commessi già nel corso della prima proposta dei bonus fiscali da parte del governo Conte II e poi, ovviamente, confermati da Mario Draghi.

Un primo errore è stato quello di voler concentrare gli stimoli fiscali principalmente nel settore delle costruzioni. Dopo oltre 10 anni di profonda crisi del settore, di licenziamenti, di pensionamenti di lavoratori anziani esperti senza assunzioni di giovani, di mancata formazione professionale, di mancati investimenti, come si poteva pensare che nel giro di un solo anno il settore fosse in grado di fare fronte a nuove commesse per decine di miliardi di euro?
Il risultato, ovviamente, è stata una rapida saturazione del settore, con aumenti esagerato dei prezzi, mentre altri settori in crisi, come ad esempio il turismo o la piccola distribuzione commerciale, sono rimasti in profonda crisi come e peggio che nei 10 anni precedenti.
Non a caso la proposta originale di Cattaneo & c. prevedeva di assegnare i bonus fiscali in modo graduale e in molti settori dell’economia, portando una crescita economica diffusa, fermo restando il meccanismo di copertura finanziaria sopra illustrato (senza l’intermediazione delle banche).
Molto bene investire sul risparmio energetico degli edifici privati (e quelli pubblici?), ma tutta l’economia italiana ha bisogno di crescere, non solo l’edilizia. Sarebbe stata molto meglio una crescita equamente distribuita nei vari settori.

Il secondo errore è stato quello di non dare un respiro pluriannuale all’iniziativa. Sono anni che ci parlano delle famose “riforme strutturali” richieste dagli economisti “quelli che sanno”. Ma cosa c’è di strutturale in una misura che non si sa se l’anno successivo verrà rinnovata? Come si fa a pretendere che una impresa edile (o di altri settori) assuma dei giovani, investendo sulla loro formazione, che acquisti dei macchinari, che sviluppi competenze, se l’orizzonte delle commesse è al massimo di 1-2 anni?
Solo una iniziativa con una prospettiva certa di almeno 10 anni può dare alle imprese lo stimolo per investire in assunzioni a tempo indeterminato, in formazione professionale, in assunzione di macchinari per migliorare la propria efficienza produttiva.
Anche in prospettiva di un piano nazionale per il risparmio energetico, che certamente è fondamentale per un paese che importa dall’estero una parte molto rilevante del proprio fabbisogno, non ha alcun senso un piano che non abbia come minimo una prospettiva decennale, considerando il pessimo stato energetico del patrimonio edilizio italiano.

Pur essendo chiaro che la misura dei bonus fiscali del 110% è in grado di assicurare da sé la copertura finanziaria, se non ostacolata dall’inserimento di meccanismi che bloccano la cedibilità dei crediti fiscali, chi ci governa ha deciso di renderla ulteriormente inefficace, prima relegandola ad un solo settore dell’economia, poi rendendola una misura “una tantum” e totalmente non strutturale, in modo da non offrire al Paese delle prospettive di crescita.
Con queste argomentazioni mi sento di dare un pessimo giudizio sulle competenze economiche di chi ci governa. E se non si tratta di incompetenza, si tratta di mala fede, che sarebbe ancora peggio.
Questo nonostante il coro unico delle televisioni non perda occasione di osannare “San Mario Draghi”. Che Dio ce ne liberi quanto prima.

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