Nessuno deve morire_ del dr Giuseppe Imbalzano

Nessuno deve morire

 

Il male non è soltanto di chi lo fa è anche di chi, potendo impedire che lo si faccia, non lo impedisce.

Tucidide

Esiste un solo bene la conoscenza. Esiste un solo male l’ignoranza.

Socrate

Se l’incendio non si spegne subito, è il momento di chiamare i pompieri.

Generali Assicurazioni

 

Why did the world’s pandemic warning system fail when COVID hit?

Nearly one year ago, the World Health Organization sounded the alarm about the coronavirus, but was ignored. Nature 589, 499-500 (2021)

Perché il sistema di allarme pandemico mondiale ha fallito quando COVID si è diffuso?

Oltre un anno fa, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha lanciato l’allarme sul coronavirus, ma è stato ignorato.

 

Il Covid 19 non è stato eradicato sin dalle prime manifestazioni epidemiche, come indicato dall’OMS.

Considerato che avevamo, e abbiamo, di fronte un problema grave di sanità pubblica, l’obiettivo dell’Oms era sicuramente quanto di più corretto e concreto si potesse proporre.

Invece non tutti hanno avuto la sensibilità di promuovere azioni utili e necessarie per raggiungere questo risultato.

Ed anzi le idee meno coerenti rispetto alle soluzioni che garantivano di più e meglio la nostra comunità, sono state esposte, espresse e purtroppo realizzate in modo concreto, con danni che possiamo definire disastrosi per la comunità stessa e per i singoli cittadini e le loro famiglie, sia per la salute che economiche, di vita e di relazioni sociali.

Se abbiamo un incendio, non è lasciando consumare tutto quello che trova sulla sua strada che diventa la soluzione al problema.

L’incendio va spento e bisogna evitare che si espanda. Ed evitare di trasportare i tizzoni ardenti in ambienti dove rischia di determinare ulteriori focolai.

L’incendio va spento subito e con tutte le risorse disponibili. I malati devono essere evitati, i contagi devono essere evitati. Bisogna impedire che l’infezione si diffonda e la sicurezza deve essere assoluta, non relativa.

La comunicazione e le informazioni nel corso di questa epidemia sono state molto carenti e spesso contradditorie, con toni inutilmente conflittuali e critici quando, per spegnere un incendio, è necessario dare coordinamento e partecipazione e risposta ai bisogni per garantire coesione e soddisfazione ai bisogni di tutti.

Il Covid 19 non è una infezione presente da tempo nella comunità, non è correlata al clima e alla temperatura, ma può essere trasmessa con il semplice contatto, al solo contagio diretto con un soggetto non infetto.

La trasmissibilità infettiva, le conseguenze, molto spesso gravi, per alcune categorie di cittadini, l’insidiosità e la facilità diffusiva sono temibili strumenti di danno individuale e sociale.

È complesso agire di conseguenza, in modo sollecito e radicale, per garantire un ambiente che sia adeguato per una vita sociale libera e senza limitazioni.

Ci chiediamo se in questi mesi sia stato predisposto un vero piano delle emergenze a qualsiasi livello (Stato, Regioni, Aziende sanitarie e tutti coloro che ne sono direttamente coinvolti), considerato che era evidentemente assente quando si è posto il problema nella nostra comunità, oppure gli interventi sono stati svolti all’impronta, con una esperienza non sempre brillante alle spalle, che ha portato a risultati, non raramente, del tutto inadeguati per garantire una vita sociale sicura e nella normalità quotidiana.

La sintesi di quanto accaduto, senza voler entrare nel merito di quanto avvenuto è nella conoscenza di tutti. Il disastro sanitario e sociale è sottostimato poiché il numero dei malati e dei deceduti è ben più elevato di quanto non descriva la curva di mortalità e i dati dei malati che sono stati esposti in questi mesi.

Sono deceduti di Covid? Per Covid?

Crediamo che la scelta di dare responsabilità o meno, diretta o indiretta alla epidemia in atto, non abbia valore, poiché, purtroppo, le persone sono decedute.

Lo sapremo in futuro.

Ma è chiaro che la condizione devastante e priva di confronti con il passato recente ha determinato questa gravissima perdita di vite umane, di libertà personale, di impossibile sviluppo economico e sociale, proprio per la presenza di questa epidemia che ha avuto una grande e importante diffusione nazionale ed internazionale.

Ci auguriamo che ci sia stata genuinità nelle richieste di mantenere funzionanti tutte le attività sociali ed economiche e non ci siano state spinte a creare condizioni di opposizione e di rifiuto a quanto, obiettivamente, stava accadendo. Questo ha creato danno a molte più persone, e un atteggiamento di cautela e di logica attenzione ad impedire la diffusione infettiva avrebbe evitato molte delle vittime e dei malati che abbiamo avuto in questo periodo.

Non si può passeggiare in mezzo al bosco in fiamme.

Nessuno lo farebbe e nessuno pretenderebbe che accadesse.

Vite in pericolo e certamente persone morte, anche solo soffocate dal fumo, per rifiutare un accorgimento che appare chiaro e indiscutibile.

Solo i pompieri, adeguatamente protetti, possono intervenire per spegnerlo.

Per spegnerlo, non per sfidarlo o per diffonderlo.

La contrapposizione che è stata determinata ha creato focolai che potevano essere evitati?

Gli atteggiamenti liberali e lassisti sono stati causa di diffusione infettiva e creazioni di cluster gravi e importanti?

La gestione dell’assistenza sanitaria che ha utilizzato in modo misto presidi ospedalieri, case di riposo e domicilio dei malati ha determinato un incremento dei casi e danni gravi a molte persone?

Temiamo di sì rivedendo alcuni comportamenti avvenuti nel corso di questa epidemia.

Una epidemia è meno evidente, molto più insidiosa, si diffonde per contiguità e, come il fuoco, si espande in modo rapido e colpisce chiunque sia nel proprio raggio d’azione.

Ma può e deve essere spento, con le necessarie azioni ed interventi.

Con le risorse necessarie e indispensabili.

Oltre 100 mila persone decedute in più, in meno di un anno.

Forse in questo periodo dovremmo ipotizzare alcune domande.

Sono giustificate per una epidemia di questa importanza, nel 2020?

Gli interventi che sono stati messi in atto sono stati sufficienti ed efficaci?

Il sistema sanitario ha reagito adeguatamente?

Ha operato in modo corretto e coerente con le tecniche di igiene e prevenzione e cliniche consolidate?

Siamo riusciti a comprendere e far comprendere cosa si intenda per prevenzione e come applicarla?

È stato predisposto un piano locale e regionale per la gestione di questa fase e delle successive dell’epidemia?

Le Autorità, il Prefetto, i Presidenti delle ex Province, i Comuni e i Sindaci sono stati coinvolti e sono partecipi in questi interventi per la sicurezza e la salute pubblica?

I Datori di Lavoro, i gestori di strutture di comunità, i gestori di servizi al pubblico, i responsabili dei servizi comunitari sono stati adeguatamente informati e formati per garantire sicurezza ai propri dipendenti e alla propria clientela?

È il caso di identificare un “Covid Manager” di comunità o dei singoli settori, delle Aziende, per garantire che le indicazioni, generali e specifiche, vengano attivate e attuate nei diversi ambienti?

Riusciamo a prevenire i contagi?

Siamo arrivati a tracciare e a interrompere la catena di trasmissione del virus?

O eseguiamo solo i tamponi nella prospettiva, speranza, di individuare nuovi casi?

Sapendo che sono nuovi malati e che abbiamo perso il momento della prevenzione?

Sapendo anche che i test negativi possono essere positivi il giorno successivo ad aver effettuato il prelievo?

Riusciamo a testare i sintomatici e rintracciare i loro contatti?

O abbiamo perso il tracciamento dei contatti?

I sistemi proposti per il tracciamento dei contatti sono efficaci?

Riusciamo ad assistere in modo adeguato i malati non ricoverati in ospedale, separandoli dai sani e garantendo un rientro in famiglia solo quando il paziente è completamente guarito e non infettivo?

Riusciamo ad individuare ambienti in cui assistere i possibili contatti da mantenere in quarantena e ad avere sufficienti luoghi di ricovero extraospedaliero per non creare cluster familiari, che come abbiamo visto, hanno determinato quasi il 60% dei nuovi casi?

L’attivazione di USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale), mediche ed infermieristiche ambulatoriali e domiciliari, in sostituzione della medicina generale classica per pazienti affetti da patologie infettive trasmissibili, è stata completa e ben distribuita su tutto il territorio regionale? Nazionale?

Abbiamo la garanzia che il 100% dei pazienti sia assistito adeguatamente in ambienti protetti per evitare ulteriori infezioni senza la creazione di cluster familiari o locali?

Gli ospedali e le case di riposo sono stati messi in sicurezza?

Sono stati distinti gli ospedali e le strutture sanitarie indirizzate unicamente ad attività di ricovero per malati infettivi senza creare, in alcun modo, ospedali misti (salvo che per malati nei servizi di malattie infettive)?

Il personale sanitario è garantito nella propria attività quotidiana?

Cosa stiamo facendo per la prevenzione?

Le informazioni e l’educazione dei Cittadini è adeguata e possiamo essere certi che i messaggi di protezione individuale e di prevenzione della infezione siano stati compresi e applicati?

Il materiale di protezione è disponibile e garantito e ha un costo accettabile?

È stato distribuito a tutti i cittadini non in condizione di acquistarlo?

Le regole che sono state indicate sono sufficienti e sono state esposte in modo adeguato a chi dovrebbe seguirle?

Viene garantito il controllo delle regole?

Qual è il modello di gestione della comunità in attesa che sia dispensato a tutta la popolazione il vaccino e siano disponibili terapie adeguate?

La popolazione a rischio, anziani, malati cronici, immunodepressi, soggetti fragili, etc. è sufficientemente protetta e garantita?

È garantita particolare attenzione alle esigenze sociali e cliniche dei pazienti fragili, non Covid, a domicilio per permettere di svolgere una assistenza che non conduca alla necessità di ricoveri ospedalieri?

Considerato che dobbiamo attenderci nuove recrudescenze del virus, come dobbiamo operare per garantire l’intera popolazione e quella più suscettibile a subire i danni più gravi determinati dal virus?

È stato attivato un servizio di sorveglianza e follow up dei malati che sono stati affetti da Covid?

Il Virus è un serio pericolo per la Salute Pubblica, ma non è una minaccia incombente se gli interventi di protezione e prevenzione sono ben attivati e coerenti con il problema da affrontare.

La Coscienza di una Nazione, se compatta e coerente di fronte ad un pericolo, può affrontarlo e risolverlo più rapidamente e con una modalità solidale e cooperativa.

La creazione di conflitti o il prevalere di interessi di parte non può che rendere più complessa e difficile la soluzione dei problemi, ed ancora di più quello di una epidemia vera, significativa, che ha determinato oltre 100 mila decessi e milioni di casi in Italia, oltre 100 milioni di casi nel Mondo.

 

Economia e Covid 19

 

L’impatto che ha avuto l’epidemia a livello mondiale è stato variabile ma comunque molto importante ovunque e persino devastante per alcune categorie.

Una brevissima analisi economica serve per comprendere quali siano le politiche che hanno ottenuto migliori risultati e costi meno elevati, sia per i malati che per la propria economia.

Il danno è stato gravissimo perché dobbiamo tenere conto non solo della perdita di Pil ma anche del mancato incremento mondiale di circa il 3% che era previsto. Ed è una condizione che, se non verrà modificata rapidamente verrà recuperata con tempi particolarmente lunghi.

Sicuramente ha creato danni importanti che sono, tipicamente, determinati da una pandemia espansiva e diffusiva come lo sono quelle per virosi aerotrasmesse.

Il diverso approccio delle Nazioni alla pandemia cosa ha comportato?

E con quali risultati economici e sociali?

C’è stata una correlazione tra la gestione della epidemia e le condizioni economiche?

E se sì, quale comportamento nella gestione della epidemia ha dato migliori risultati sanitari, sociali ed economici?

Partiamo da questi perché solo con le valutazioni concrete possiamo evidenziare i risultati effettivi.

In Europa abbiamo avuto una diversificazione del calo del PIL, ma va valutato anche quali prospettive di sviluppo avessero le diverse Nazioni europee, e confrontare le diverse realtà nazionali. La gestione della epidemia è stata differenziata tra le diverse realtà europee, ma i danni economici sono stati significativi e con valori mediamente importanti.

La perdita del PIL è stata mediamente del 8,5% con variazioni tra le differenti realtà nazionali.

La realtà delle Nazioni sudamericane è stata simile a quanto avvenuto in Europa.

Gli Stati Uniti hanno avuto una riduzione percentuale molto inferiore alla perdita economica europea che è certamente molto significativa. Il danno è comunque maggiore poiché le prospettive di crescita erano più elevate rispetto alla realtà europea.

Crediamo che, nonostante le diverse modalità di valutazione e di rilevazione dei dati sulla mortalità (che è ampiamente sottostimata per gli eccessi di mortalità avvenuti in questo periodo) possano rappresentare una informazione adeguata nel confronto tra i risultati ottenuti nel corso di questi mesi di pandemia.

 

Gli abitanti in Europa sono circa 750 milioni mentre negli Stati Uniti sono circa 344 milioni.

La mortalità è risultata, sinora, praticamente equivalente.

Su quanto accaduto effettivamente lo sapremo tra qualche tempo quando verranno riviste le statistiche sanitarie con una diversa attenzione e quelle di mortalità in modo più equilibrato e approfondito.

Siamo ad un tasso di mortalità, in meno di un anno, di circa 120 – 130 deceduti per 100 mila abitanti.

Il Brasile ha circa 210 milioni di abitanti e il tasso di mortalità è simile ai precedenti riferimenti.

Circa 1,45 miliardi di abitanti, meno di 5 mila morti. Il tasso di mortalità cinese è dello 0,34 per milione di abitanti (0,034 per centomila abitanti)

In Australia il tasso di mortalità è stato dello 0,4 circa per centomila abitanti.

Con circa 5 milioni di abitanti ha avuto una mortalità di circa lo 0,5 per centomila abitanti

Con circa 51 milioni di abitanti hanno avuto una mortalità di circa 3 casi per centomila abitanti.

Quali sono stati i problemi economici e come è variato il PIL in queste quattro Nazioni?

I loro modelli, particolarmente rigidi, hanno creato maggiori danni all’economia e al benessere dei cittadini? Hanno determinato una gestione critica delle attività sanitarie e condotto ad una gestione complicata e con disagio dei malati di patologie croniche e acute nei loro servizi sanitari?

Naturalmente la seconda domanda ha una risposta semplice perché il sistema sociale e sanitario sono stati appena sfiorati dal problema. Un impegno fondamentale, invece, è stato indirizzato all’eliminazione del rischio e alla identificazione dei positivi, alla separazione dei contatti e ad evitare, in qualsiasi modo, la diffusione dei contagi.

Non possiamo considerare, comunque, il mero dato economico come vantaggioso o meno del risultato ma deve essere inserito nella valutazione generale della libertà e del benessere generale della popolazione, delle condizioni di vita e di salute di tutta la popolazione in generale.

I fattori di costo e di danno devono essere anche considerati secondo altri parametri. Certamente i costi sanitari del Covid 19 (che vanno a creare Pil) sono elemento critico. Gli extra costi nei servizi e dei danni possibili per le patologie sofferte e le conseguenze che saranno possibili nel futuro dei malati e di chi è stato infettato, sono ulteriori elementi critici. I danni, malattie e perdite di operatori, al servizio sanitario sono ulteriori elementi critici che vanno sommati ai danni economici di chi ha avuto un numero elevato di decessi, che vanno considerati come danno sociale ed economico, e dei debiti che comunque si sono accresciuti nel periodo di gestione delle problematiche sociali e che comunque sono inseriti in valori incrementali del Pil.

 

Australia

La riduzione del PIL è del 4,2%

 

Nuova Zelanda

La riduzione del Pil è del 6,1%

 

Cina

Il Pil è cresciuto dell’1,9%

 

Repubblica di Corea (del Sud)

Riduzione del Pil 1,9%.

 

Come abbiamo premesso la valutazione economica è molto semplice e su un macrovalore come il Pil che può rappresentare, in forma indiretta, il disagio economico e i danni sociali prodotti dalla epidemia a livello mondiale.

Appare chiaro che gli interventi preventivi e radicali che sono stati messi in atto sono particolarmente vantaggiosi per il benessere dei cittadini, per la libertà individuale, per la sicurezza sociale e per la cura dei malati, acuti e cronici che si presentano annualmente.

Con la produzione del vaccino, reso disponibile in tempi rapidi rispetto ad ogni più rosea previsione, appare molto preoccupante immaginare che non si possa abbattere in modo imponente la diffusione epidemica e rendere più serene e vivibili la gestione e la relazione comunitaria nei mesi a venire.

Ma è necessario intervenire e perseguire obiettivi di grande rigore e correttezza gestionale della epidemia, che invece non appare essere condotta in modo adeguato e spesso appare priva di attenzione all’elemento principale, la prevenzione della diffusione infettiva.

Ancora oggi sono troppi gli operatori che si infettano e purtroppo anche i decessi e le malattie che ne conseguono.

Un sistema “premiante”, non quello dei colori, con numeri settimanali talmente elevati da rappresentare casistiche dell’intera epidemia in alcune Nazioni, potrebbe garantire una diversa tranquillità sociale e una ripresa economica più rapida e robusta, solida.

Non sono ammissibili disattenzioni nel tracciamento e separazione dei malati e dei contatti, proprio per impedire la diffusione di questa infezione, che non è stata certamente affrontata in modo adeguato e ne vediamo purtroppo i risultati.

La mortalità ha superato costantemente i 3000 casi settimanali e ha una tendenza a mantenere questo livello nonostante appaia (o sembri) che i casi siano in calo.

È evidente che qualcosa, tra la gestione del tracciamento e la sicurezza dei malati, non riduce la diffusione e i danni relativi.

La scelta, nei fatti, di rendere endemica l’epidemia, non va certo verso la sicurezza sanitaria e sociale e verso la garanzia di una ripresa rapida delle attività sociali in tranquillità e fiducia.

Si ribadisce la necessità di perseguire gli obiettivi che sono stati proposti in apertura di questo contributo.

Vorremmo vedere la curva tendere costantemente verso nessun decesso.

È molto più semplice (e meno costoso) evitare una malattia che doverla curare.

 

L’incendio va spento subito, non si può lasciar bruciare l’intera foresta.

 

Giuseppe Imbalzano – Medico