Eichmann in Palestina, di Antonio de Martini

Ogni paese, ogni popolo, ha avuto le sue compromissioni col fascismo ( vedasi, tra tutti il libro di Dino Sanzò, ” l’ebreo nero” e “i dieci ” di Franco Cuomo che fa i nomi degli scienziati italiani che firmarono il documento sulla razza, editore Bonanno) e col nazismo antiebraico; anche i più accaniti fautori della nascita dello Stato di Israele.

Vi racconto due fatterelli, uno che riguarda Adolf Eichmann ( che nel dopoguerra fu giustiziato in Israele) e un altro riguardante Avraham Stern, il creatore del movimento “Lehi”, poi meglio noto come ” la banda Stern” che contava tra i suoi adepti anche il futuro premier di Israele Yitzak Shamir.

Il primo è tratto da pagina 446/447 dal libro di Peter Frankopan – docente di storia Bizantina all’Università di Oxford e “senior research fellow”al Worcester college- ” Le vie della seta” edito da Mondadori.

Il secondo, lo trovate a pagina 315 nel libro nel libro di David Ysraeli ( editore Ramat Gan) ” The palestinian problem in German Politics 1889-1945. ”

PRIMO EPISODIO ” Verso la fine degli anni trenta, nel 38, lo stesso Hitler aveva parlato ufficialmente a favore di una politica di emigrazione degli ebrei tedeschi in Medio Oriente.

Fu inviata in Palestina una missione di alto livello guidata da Adolf Eichmann con l’obbiettivo di discutere con l’Agenzia sionista circa un possibile accomodamento che risolvesse una volta per tutte la cosiddetta ” questione ebraica” mediante emigrazione dalla Germania.

Non si misero d’accordo su come incrementare l’emigrazione ebraica in Palestina, ma il fatto resta in tutta la sua interezza.

SECONDO EPISODIO: Nell’autunno 1940 – badate alle date- Avraham Stern inviò un messaggio a un autorevole diplomatico tedesco di stanza a Beirut, ammettendo fin dall’incipit che ” potrebbero esistere interessi comuni tra la Germania e le autentiche aspirazioni del popolo ebraico”.

Il messaggio continuava con una proposta che oggi appare strabiliante: ” se le aspirazioni del movimento per la libertà di Israele fossero riconosciute” continuava il messaggio, Stern si diceva disposto a prendere parte attivamente alla guerra a fianco della Germania.

Stern non rappresentava certo il futuro popolo di Israele, e comunque, per ragioni a ME ignote, la proposta non ebbe seguito.

Resta anche qui il fatto che è storicamente provato che ci furono commistioni tra il nazismo, l’Agenzia sionista e anche gli ambienti ebraici che combattevano per Israele.
E quando Hitler sembrò vicino alla vittoria si offrirono di collaborare col massimo antisemita di tutti i tempi per raggiungere il loro ideale.

Nel giorno in cui si cerca di capire come sia potuto accadere un genocidio industrialmente pianificato ( quello turco con gli armeni fu volenteroso artigianato spontaneo) credo importante portare alla luce che i buoni e i cattivi rigidamente separati esistono solo nei film di Walt Disney e il mondo va capito nella sua interezza.

Altrimenti l’accaduto si ripeterà.

PALESTINA INFELIX, di Luigi Longo

Si pubblicano due brevi articoli, il mio di un paio di anni fa, sulla distruzione del popolo palestinese per rafforzare e rilanciare la potenza regionale di Israele come contrafforte delle altre due potenze emergenti regionali come l’ Iran e la Turchia. Sullo sfondo l’attacco USA al nascente asse Russia-Cina  probabili  poli di potenze mondiali che hanno la visione di un ordine mondiale multicentrico. Luigi Longo

Una riflessione e una domanda a proposito di << due popoli due stati>>.

di Luigi Longo

La riflessione che pongo necessiterebbe di un lungo racconto sull’uso del territorio ( meglio sarebbe spazio) nel conflitto tra Israele e la Palestina, a partire dal 1948 anno di proclamazione formale dello stato di Israele. Mi limito qui a constatare che si tratta di un conflitto tra un aggressore, Israele, che sta malvagiamente ridimensionando un popolo palestinese che cerca di resistere e di difendere legittimamente i residui territori a propria disposizione che non possono più formare una nazione.

La questione avanti posta va vista nei giochi strategici che le potenze mondiali (soprattutto gli USA) hanno fatto, fanno e continueranno a fare per ottenere l’egemonia dell’area mediorientale, tutto storicamente dato.

La riflessione è: non ci sono più le condizioni territoriali per la creazione di due popoli e due stati. La politica territoriale di Israele, con lo strumento delle colonie e con tutta la sua strumentazione scientifica e tecnica (che non è mai neutrale, è bene ricordarlo), di fatto non permette più di parlare di due stati e di due popoli, ma bensì di uno stato per gli israeliani e di enclave per i palestinesi. Usando un linguaggio lagrassiano direi che storicamente gli agenti sub-dominanti della sfera politica, della sfera religiosa, della sfera militare e della sfera istituzionale-territoriale hanno avuto un ruolo fondamentale nel concentrare il popolo palestinese in enclave e distruggere l’idea stessa di una loro nazione con un territorio, una istituzione, delle risorse, una storia e una cultura propri.

Esiste un popolo israeliano con uno stato, gestito da agenti strategici sub dominanti spietati e insaziabili di potere e di egemonia, che è una pedina fondamentale (fino a poco tempo fa) degli USA e delle loro strategie mediorientali nella scacchiera del conflitto per l’egemonia mondiale.

Esiste un popolo palestinese rinchiuso in enclave le cui condizioni di vita sono sempre più difficili e al limite della sopravvivenza (almeno per la maggioranza della popolazione).

Una domanda ora sorge spontanea: perché si continua a lanciare missili innocui su Israele sapendo delle conseguenze inenarrabili sulla popolazione palestinese (donne, bambini e anziani, i numeri dei morti della guerra in atto lo stanno a dimostrare)?.

Avanzo un dubbio: siamo sicuri che i gruppi dominanti del popolo palestinese ( con le loro articolazioni in forze politiche: OLP, Hamas, eccetera) non utilizzano ideologicamente l’obiettivo dei << due popoli due stati >> per le loro strategie di potere e di egemonia per meglio posizionarsi, sia negli accordi di pace sia nelle strategie complessive delle potenze mondiali, con i gruppi strategici egemonici sub dominanti (israeliani e non solo) e dominanti ( USA e non solo) in questa crisi d’epoca di chiaro avvio della fase multipolare?

Se rimaniamo nella dialettica << due popoli due stati >> non riusciamo a capire i rapporti sociali e le trasformazioni sociali che avvengono in quell’area nevralgica del medioriente. E non riusciremo mai a capire perchè si lanciano missili innocui su Israele, ritorsivi e autodistruttivi per la maggioranza dei palestinesi.

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Italia costruirà gasdotto a Israele (per rubare il greggio palestinese)
www.maurizioblondet.it/italia-costruira-gasdotto-israele-aiutarla-rubare-greggio-palestinese/
“Non esiste ancora una pipeline così lunga e così profonda”, esulta il ministro dell’energia sionista Juval Steinitz. L’Italia e la Grecia (ma soprattutto l’Italia) gli costruiranno il gasdotto che costerà 6 miliardi e sarà completato nel 2025, che pomperà gas e greggio del grande giacimento davanti a Gaza, che ovviamente i sionisti si sono accaparrati, rubandolo ai palestinesi, in condominio con Cipro (che ha perfettamente diritto, perché il giacimento è nelle sue acque territoriali). Il memorandum in questo senso è stato firmato martedì a Nicosia, fra l’ambasciatore italiano a Cipro, e i ministri dell’energie di Israele, Cipro, Grecia. Benediceva l’operazione il commissario europeo all’energia Miguel Arias Cañete. E’ probabile che sarà la UE a pagare il progetto, perché l’eurocrazia persegue instancabilmente la strategia di svincolare l’Europa dalla “dipendenza energetica da Mosca” (oltre a quella di fare regali allo Stato razziale mediterraneo). Il tubo, chiamato EastMed che approderà in Italia nel 2025, trasporterà fino a 16 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno, pari a circa il 5% del consumo annuale in Europa, secondo quanto riferito da EUObserver. Si è costituita allo scopo una joint venture fra Edison e la consorella greca Depa.
Lasciamo perdere la presunta “polemica” e “presa di distanza” dell’Europa dalla decisione trumpiana di dichiarare Gerusalemme capitale indivisa di Sion, lo “scontro” di Netanyahu con Macron, i “disaccordi” di costui coi ministri degli esteri della UE che sa per incontrare a Bruxelles. Quello è teatro per la scena. La realtà è che gli europei restano legati a filo doppio, anzi sempre più soggetti, agli interessi israeliani.

LA GERUSALEMME LIBERATA_UNA SFIDA CAPITALE_una conversazione con Antonio de Martini

Trump ha dato seguito ad un altro degli impegni elettorali. Con la sua decisione di procedere al trasferimento, entro due anni, dell’ambasciata americana a Gerusalemme ha sparigliato le carte e strappato il velo di ipocrisia che ammantava il groviglio mediorientale, e gli atteggiamenti delle classi dirigenti arabe; ha privato gli Stati Uniti del ruolo di mediatore; sta sancendo la realtà dell’ingresso di nuovi soggetti politici nel gioco di quella zona cruciale. Qui sotto una interessante conversazione con Antonio de Martini

SIRIA, il vaso di Pandora dalle tante sorprese_ conversazione con Antonio de Martini

Continua il viaggio in Medio Oriente. Antonio de Martini è la bussola che ci consente di orientarci in quel vero e proprio vaso di Pandora che sta diventando il Medio Oriente. Questa volta si parte dalla Siria, l’attuale epicentro di una competizione, grazie soprattutto ai Saud, dai tratti a volte medievali_ Giuseppe Germinario

Breve consuntivo sulla Siria, di Antonio de Martini

Mi pare una sintesi efficace ed una valutazione attendibile di quanto sta accadendo attualmente in Siria ad opera di un personaggio che ha conosciuto e vissuto come pochi la Siria  _ Giuseppe Germinario

SIRIA: ASSAD MOSTRA DI NON CADERE NELLA TRAPPOLA DEL ” FRONTE SUD” E SI RIPRESENTA ALLA FRONTIERA LIBANESE PER RIAPRIRE IL CONTENZIOSO CON GLI ISRAELIANI. di Antonio de Martini

SIRIA: ASSAD MOSTRA DI NON CADERE NELLA TRAPPOLA DEL ” FRONTE SUD” E SI RIPRESENTA ALLA FRONTIERA LIBANESE PER RIAPRIRE IL CONTENZIOSO CON GLI ISRAELIANI. di Antonio de Martini

Sbarcando in Israele per una visita ufficiale predisposta da tempo, il ministro della Difesa russo  Sergei Shoygu si è trovato di fronte a uno dei rompicapo classici del Vicino Oriente: pensava di fare un incontro in atmosfera serena sfuggendo all’inverno di Mosca per qualche giorno e la patata bollente gli è caduta in mano all’improvviso, rivoluzionando l’agenda dell’incontro che peraltro  conferma il nuovo ruolo di arbitro della Russia nel contenzioso mediorientale, accettato anche da Israele.Due giorni fa un aereo di Tsahal è stato attaccato nei cieli del Libano da un sistema missilistico AS 200 in dotazione alla contraerea siriana e l’aeronautica, israeliana ha risposto con sospetta immediatezza attaccando la centrale radar che aveva diretto il tiro dal territorio siriano, distruggendola.

E’ necessaria una premessa mnemonica, necessariamente lunga, ai lettori: il Libano, piccolo e disarmato, è da sempre oggetto di contesa tra i suoi due potenti vicini. Entrambi considerano i cieli libanesi  zona propria sorvolandoli a piacimento, ma dall’inizio della guerra nel 2011 Israele non era più stato contrastato nelle sue scorrerie sul cielo di Beirut.

Assad, preso da altre più pressanti preoccupazioni e ansioso di non accumulare nemici, ha per sei anni ” sorvolato” sulle circa cento incursioni compiute dagli israeliani con due diverse motivazioni: impedire il trasferimento di ” armi strategiche a Hezbollah” e reagire a colpi perduti che colpivano il territorio israeliano senza troppo badare a chi era il mittente.

Ora che la situazione si era andata calmando si è constatato che almeno una delle due motivazioni era artefatta e – poiché le incursioni dell’aeronautica di Tsahal avevano sempre come obbiettivo installazioni militari governative – gli “insurgents” operanti ai confini israeliani avevano preso l’abitudine di sparare qualche colpo di mortaio  ( curando che non colpisse nessuno) sul territorio occupato da Israele, in maniera da ottenere di fatto un appoggio aereo “a richiesta” sotto forma di legittima rappresaglia.

L’intervento dell’aeronautica russa pose fine a questa ambigua forma di sostegno aereo ai ribelli.

Dato che le FFAA di Israele già assistevano i feriti ribelli più gravi  , fino a prelevarli con elicotteri per ricoverarli ed operarli, questo secondo “coordinamento” colp- di-mortaio-senza-danni-intervento-aereo-anti-esercito-siriano, è diventato un ulteriore elemento di accusa di ingerenza israeliana nel conflitto.

Con l’affievolirsi delle prospettive di vittoria dei mercenari ribelli, gli israelo-americani hanno precauzionalmente cessato ogni azione proveniente dalla Giordania e più in generale nelle zone prospicienti il confine israeliano.  Per evitare ogni minimo  rischio,  hanno cessato di pagare e rifornire le truppe in tutta l’area e creato una newsletter finta filo governativa mirante a suggerire la strategia desiderata  ” southfront” che osanna ogni piccolo progresso delle truppe lealiste nell’area di Deir el Zohr. In occidente il bollettino  ha trovato adepti, ma non nel Levante. Oltretutto la terminologia usata dagli arabi non è quella e i filmati e le cartine particolareggiate non fanno parte dell’arsenale siriano.

L’attacco missilistico dei siriani  all’aereo militare  israeliano che solcava i cieli del Libano ha il significato che Assad considera la guerra sul proprio territorio liquidata, che non ha abdicato al ruolo di protettore del Libano e che non abboccherà al giochino di contrastare i curdi che hanno occupato Rakka ” la capitale del Califfo”. Ai curdi ci pensano le truppe irachene che hanno occupato Kirkuk e costretto a un armistizio i seguaci di Barzani che si sono impegnati a rientrare nei confini del 2003 ossia all’inizio dell’avventura di Bush il piccolo, mentre i curdi di Rakka saranno presto impegnati dai turchi che hanno gia annunziato ufficialmente di aver installato “posti di osservazione ” nella zona di Idlib, ossia in territorio siriano ( zona di Aleppo, per intenderci). Nessuna protesta di sovranità violata da parte della Siria.

Gli israeliani, dal canto loro, hanno preferito mettere alla prova le intenzioni siriane proprio mentre arrivava  Sergei Shoygu, responsabile dei rifornimenti di nuove armi alla Siria, per poter disporre di un mediatore autorevole in caso di aggravamento della crisi nascente dal test libanese.

Si torna alla casella di partenza in questo gioco di scacchi in cui tutti sembrano conoscere le regole ad eccezione degli americani che sono riusciti in una nuova performance: hanno unificato turchi, siriani e iracheni contro i curdi.

Dopo l’Operazione ” Pace in Galilea” del 1982 in cui si volle costringere alla pace con Israele  il Libano togliendogli anche un pezzo di territorio ( e che ha dato vita a Hezbollah), assistiamo agli ultimi fuochi della “Operazione Assad” che mirava ad eliminare la Siria come avversario di Israele e che ha trasformato un oculista nel protagonista principale  della politica araba e del Levante.

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