Tratto dal blog di Antonio de Martini https://corrieredellacollera.com/
Ho resistito.
Mi ero ripromesso di lasciar passare sia la data dell’8 settembre che quella del 24 ottobre senza commentare questi due avvenimenti che puntualmente scatenano la cupidigia di servilismo di moltitudini di scrivani che si improvvisano strateghi e si tolgono la soddisfazione di insultare gente che ha negato una croce di guerra al nonno o più probabilmente lo ha fatto fucilare per diserzione. Piccoli uomini che regolano i conti coi morti che i loro padri non seppero affrontare da vivi.
Ho resistito anche quando il mellifluo Paolo Mieli ha organizzato in TV una sceneggiata con un paio di compari di quarta fila e con nomi da opera buffa, cui faceva rispondere a memoria sciocchezze che la prudenza gli sconsigliava di pronunziare in prima persona.
Ho resistito anche alle rievocazioni apparse su ” Il Corriere della sera” – buona duella di Danilo Taino, inutilmente squallida l’altra- e ho evitato di commentare quella del generale Graziano ( capo di Stato Maggiore della Difesa) che finge di non sapere la differenza tra ” reparto” e ” soldato” forse nella speranza di mendicare un rinnovo di qualche nell’incarico. Poi anche la rana più paziente giunge al punto di ebollizione. L’ANSA – agenzia di stampa ufficiosamente servile come lo fu la Stefani verso Mussolini e il fascismo – lancia il titolo ” La più grande sconfitta della nostra storia” e questa frase mi ha ricordato un caro amico scomparso, triestino, carrista e mio compagno di reggimento, Lucio Monego pensionato come generale di divisione, forse un po per colpa mia e per un episodio che mi ha invelenito per via del titolo dell’ANSA, acronimo che certamente vuol dire Associazione nazionale stampa asservita.
Lucio Monego, ufficiale brillantissimo, eccezionale etica militare nel senso più nobile del termine, poliglotta, frequentò con successo la scuola di guerra – sia l’ italiana a Civitavecchia che quella tedesca ad Amburgo – e diresse il primo corso di ardimento – di fatto ne fu il fondatore e plasmatore – alla scuola di fanteria di Cesano.
Mentre prestava servizio a Roma allo Stato Maggiore dell’Esercito, l’intero corpo degli ufficiali di SM presenti in sede fu convocato dal capo di SME, che all’epoca era il generale Francesco Mereu, il quale, furente, spiegò come si doveva preparare e servire un cocktail, visto che aveva assistito a una scena che gli aveva procuraro, parole testuali ” la più grande umiliazione della sua vita di soldato”. Il ten colonnello Monego, dall’alto dei suoi due metri virgola due e col suo vocione baritonale lasciò cadere , come parlando col vicino di fila: ” chissà dov’era l’8 settembre“. Le parole di Monego mi rimbombano nelle orecchie ogni volta che si parla di storia patria.
LA PRIMA GUERRA MONDIALE
Un brillante ricercatore italo britannico – Edwin Morley Fletcher – ha ritrovato un documento per un suo libro in via di preparazione, che il 17 settembre, proprio mentre si consumava il dramma di Carzano, il capo di gabinetto del governo inglese e anima della guerra, Alfred Milner, si trovava nella residenza di campagna del primo Ministro inglese con la proposta di spostare il centro degli sforzi strategici alleati dal fronte francese a quello italiano.
Quella notte, Luigi Cadorna stava giocando le sue carte in trentino, ai piedi dell’altopiano di Asiago, dove un battaglione bosniaco aveva deciso di defezionare e di agevolare la penetrazione delle truppe italiane verso Trento che era a soli 40 km di distanza su un percorso guarnito di difese. Il battaglio era stato narcotizzato, il primo battaglione di bersaglieri che doveva precedere quattro divisioni comandate dal generale Etna era entrato nella breccia ed aveva raggiunto il paesino di Carzano e attendeva che giungesse la brigata comandata dal generale Zincone per proseguire.
Zincone, pur sapendo la strada libera ed avendone ottenuto conferma, ordinò di seguire un camminamento che consentiva il passaggio di un uomo alla volta, perse tempo e non diede mai l’ordine di avanzare fuori dalle trincee. Sul far del giorno, gli austriaci se ne accorsero, entrarono in azione le artiglierie e il battaglione fu sterminato. Etna e Zincone furono destituiti ( benché Etna fosse figlio naturale del re) e anche all’epoca Cadorna parlò di reparti e non di soldati. Un mese dopo gli austriaci ci resero la pariglia a Caporetto.
Tutti gli storici sono concordi nel convenire sul fatto che il Monte Grappa era stato fortificato da alcuni mesi perché Cadorna voleva arroccarsi sul Piave per risparmiare i soldati che era costretto a sacrificare perché il patto di Londra faceva obbligo all’Italia di “attaccare incessantemente” per evitare che gli austriaci potessero inviare truppe di rincalzo in Francia.
La ritirata pianificata non si era ancora fatta perché le autorità civili nelle retrovie non avevano ancora dato vita e azione al piano di sgombero delle popolazioni civili. Molte truppe, mal guidate da ufficiali di complemento si arresero, ma nel complesso l’Esercito resse, ripiegò sulle posizioni già personalmente scelte e fortificate da Cadorna e i trecentomila prigionieri fanno il paio con le torme di prigionieri inglesi e francesi e tedeschi e russi che affollarono i campi di concentramento.
Per capire come gli italiani condussero la guerra, basterà una cifra: italiani morti nella guerra, seicentomila. Francesi morti nella guerra un milione e settecentomila. Gli inglesi persero in un solo giorno tra morti e feriti sessantamila uomini, mentre gli italiani persero nella settimana di Caporetto undicimila uomini con trentamila feriti.
LA SECONDA GUERRA MONDIALE
Passando a cose più amene , parliamo dell’8 settembre 1943. Pur avendo avuto un mese e mezzo per prepararsi, il governo Badoglio ( il re aveva avuto oltre un anno, ma questo è un altro discorso)consumò alcune vecchie ruggini personali ( la destituzione del generale Vittorio Ruggero che aveva rifiutato di sparare sui milanesi inermi che manifestavano il 25 luglio) e benché lo Stato Maggiore avesse pianificato il rovesciamento del fronte col piano ” OP 44″ , Badoglio pensò solo a fuggire dimenticando di dare disposizioni all’esercito. Il Capo di SM Cavallero non trovo altra soluzione che il suicidio mentre il generale Carboni restò acquattato ai Castelli romani con l’amante di turno, mentre Roma protetta da sette divisioni ( cinque di fanteria e due corazzate) dopo una resistenza proforma si arrese a due divisioni tedesche. Notevole il fatto che gli americani avessero offerto l’apporto di una divisione paracadutisti di élite – la 82 a- che sarebbe sbarcata a Pratica di mare prendendo alle spalle i tedeschi. Gli italiani rifiutarono preferendo la fuga e ritardando di nove mesi la liberazione della Capitale e di almeno dodici la fine della guerra in Italia.
Ecco ho pensato al mio amico Monego e a Dio. Non credo che esista e, se esiste, perché ce l’abbia tanto con l’Italia. Ha fatto morire Lucio Monego con un tumore alla gola e lascia che il giornalista dell’ANSA trascini la sua inutile esistenza .
Badoglio comandava un’armata e mirava ( non era il solo) a sostituire Cadorna. Scelse di non obbedire all’ordine di aprire il fuoco con le artiglierie e fermare subito gli austriaci. voleva che penetrassero e poi li avrebbe fermati col fuoco di sbarramento di quattrocento cannoni passando per il salvatore. Per non farsi raggiungere e intimare l’ordine di intervento, lasciò il posto comando rendendosi irreperibile, ritenendo di poter dare l’ordine via radio una volta giunto il momento. Aveva fatto i conti senza la guerra elettronica già operativa. Gli austriaci gli disturbarono le trasmissioni e i cannoni di Caporetto in assenza di ordini, tacquero. Badoglio non partecipò minimamente alla resistenza del Piave. Si augusto suggerimento si rese irreperibile per parecchi giorni.
Due ministri del governo vennero al fronte col bollettino già pronto in cui si parlava di” reparti arresisi vilmente”. Cadorna accennò a una obiezione e poi firmò pensando che aveva di meglio da fare che parlare con Bissolati e il suo compare. Cadde così nella seconda trappola – questa volta italiana- in una settimana. Accusato di aver parlato male dei soldati fu defenestrato, Generalissimo divenne Armando Diaz con Badoglio vice.
La commissione governativa di inchiesta lo ritenne completamente innocente MAstracciò le pagine con le risultanze relative al comportamento di Badoglio dal rapporto finale.
Nella seconda guerra mondiale il ruolo di Badoglio è chiaro a tutti. Essendo stato salvato dal re nella guerra precedente , pensò che a sua volta avrebbe salvato , se non il re, la dinastia. Tradì tutti , calpestò l’onore nazionale, fece uccidere a freddo chi poteva opporsi ( Muti) e non solo e lasciò – ancora una volta- l’Esercito senza alcun tipo di ordini, se non “reagire se attaccati” che non significa nulla. settentatre divisioni sparse tra l’Italia ( 33) , la Grecia, I Balcani, La Francia, la Corsica, l’Albania, il Dodecanneso, si trovarono acefali nel giro di un giorno.
Anche questa volta l’ambizione sbagliò i calcoli: credeva che avrebbe avuto a che fare a che fare coi monarchici inglesi ( coi quali casa Savoia aveva trattato) e invece si trovò davanti i repubblicani americani che come contentino agli inglesi scelsero un successore a nome Ivanoe. Giuda non ha mai avuto buona stampa nemmeno tra i membri del sinedrio.