Il contenzioso tra Algeria e Marocco_di Bernard Lugan

La quasi totalità delle classi dirigenti e del ceto politico africani hanno esaurito da tempo il grande credito acquisito con le lotte di liberazione dalla colonizzazione protrattesi sino agli anni ’70. Hanno tentato la costruzione di stati nazionali sul modello illuministico-occidentale prescindendo dalla realtà clanica e tribale che nel continente, tranne un paio di significative eccezioni, aveva impedito la costruzione di una qualche forma statuale. L’implosione del blocco sovietico ha messo completamente a nudo i limiti di questi tentativi di costruzione fondati su una limitazione geografica arbitraria dettata dal retaggio amministrativo e geopolitico coloniale; ha spinto le classi dirigenti autoctone dominanti a rifugiarsi sempre più apertamente di volta in volta nella logica tribale, nella distribuzione parassitaria delle rendite, nella riproduzione di forme di dipendenza neocoloniale. La classe dirigente algerina per alcuni decenni si è conquistata sul campo ed ha goduto del maggior prestigio politico tra i popoli africani; ha saputo mettere a frutto le rivalità ed il contrasto di interessi tra i paesi europei, in primo luogo tra Francia e Italia, e la benevolenza interessata degli Stati Uniti e della Unione Sovietica per conquistare l’indipendenza prima e ottimizzare le rendite da idrocarburi e da metano. Due fattori strategicamente importanti ma che non sono stati sufficienti, da soli, a costruire uno Stato ed una nazione. Il tempo, per altro, non pare offrire una seconda possibilità visto il progressivo esaurimento delle risorse energetiche. L’Algeria è diventata alla fine uno dei tanti drammatici fattori di crisi e di instabilità nell’area mediterranea e subsahariana che non tarderà a riverberarsi inesorabilmente anche sull’Italia sia per la posizione geografica che per la dipendenza energetica del Bel Paese, ostaggio da troppo tempo di una classe dirigente talmente amorfa, smarrita ed ottusa da dilapidare il patrimonio di credibilità ed autorevolezza acquisita negli anni ’60 e ’70 con Mattei e seguito. Buona lettura, Giuseppe Germinario

La crisi che ha covato tra Algeria e Marocco da parecchi anni, è scoppiata clamorosamente il 24 Agosto 2021quando Algeri ha annunciato la rottura unilaterale delle sue relazioni diplomatiche con Rabat. Poi il 22 settembre, in un’escalation politica, il governo algerino ha deciso di chiudere il suo spazio aereo agli aerei marocchini e a tutti
quelli registrati in Marocco.
Questa rottura tra i due paesi è una semplice tensione che annuncia una grande contrattazione regionale, o potrebbe essere l’esatto opposto, considerata come una vigilia
del ricorso alle armi?
In Algeria, dove nulla è detto chiaramente, tutto si basa sul non detto. Or dunque,
a fine agosto il ministro degli Esteri algerino si è lasciato sfuggire il vero motivo della crisi, dichiarando che la disputa algerino-marocchina risale all’anno 1963. Nella “guerra delle sabbie ”, quindi che ha opposto i due paesi e che ha visto una vittoria militare marocchina. Un’umiliazione che ancora perseguita Algeri.
Il cuore del problema è proprio quello dei confini tra le due nazione. Per creare l’Algeria, un paese che non è mai esistito, la Francia infatti ha smembrato il Marocco su tutto il suo confine orientale, rimuovendo diverse regioni storicamente marocchine, che siano Tindouf, Gourara, Tidikelt e altre, come spiegato e mappato in questo numero.
A questo si aggiunge la questione del Sahara occidentale, immensità strappata al Marocco dalla colonizzazione spagnola. Tuttavia, per i marocchini, questa è la loro “Alsazia-Lorena”,
mentre gli algerini vorrebbero la creazione di uno “Stato Saharawi” a loro asservito e che vieterebbe al Marocco di avere una linea costiera di diverse migliaia di chilometri da Tangeri nel nord sino al confine con la Mauritania a sud.
Hubert Védrine, ex capo della diplomazia francese ha riassunto brillantemente la questione dicendo che: “(…) il contenzioso del Sahara è un affare nazionale per il Marocco e un affare di identità per l’esercito algerino “.
Affare di identità, anzi, tanto più dell’attuale capo di gabinetto algerino, il generale Saïd Chengriha, ex comandante della Terza Regione Militare, quella che ha per cuore il Tindouf, esattamente di fronte al Marocco, il quale nutre un’avversione risaputa nei confronti dei suoi vicini marocchini. Quanto alle sue simpatie per il Polisario non occorre cercare ulteriori conferme.
Ad un’Algeria “senza sbocco sul mare”, infossata in questo mare chiuso che è il Mediterraneo, risulta insopportabile prendere atto che il Marocco al contrario, dispone di un immenso fronte marittimo oceanico tale da aprire il regno al “mare aperto” atlantico e all’Africa occidentale. Mai l’Algeria accetterà di ammettere questa realtà geostrategica. È lì il fondo del problema.
In queste condizioni, il rischio è che, messa alle strette dai suoi colossali problemi interni, l’Algeria, paese in bancarotta dopo essere stata saccheggiata coscienziosamente dai suoi dirigenti dal 1962, decida una fuga in avanti suicida a capofitto verso l’uso delle armi.

Bernard Lugan.