Rielezioni in Spagna, di Antonio de Martini

La Spagna ha tenuto la sua terza elezione politica in quattro anni.
A Sánchez mancano 53 voti per avere la maggioranza utile a governare.
Il dato fondamentale è che assistiamo ad una polarizzazione delle forze politiche, all’aumento della partecipazione al voto di quasi dieci punti percentuali, al crollo dei popolari, alla nascita di un partito di estrema destra (vox) che da zero è passato a 27 deputati.

Appare chiara la motivazione del gesto inelegante di Sanchez che volle sfrattare la tomba del generale Franco dalla “valle de los caidos” dove riposano assieme i morti delle due parti: provocare la fuga degli elettori dai popolari verso Vox per indebolire il centro.

L’apprendista stregone c’e riuscito, ma non ha ugualmente ottenuto la maggioranza ed ora non ha un partner moderato su cui contare.

Vox entra in Parlamento dove l’estrema destra era assente dalla caduta del franchismo nel 1975.

Il tema caldo della Catalogna ( su cui Vox ha inspiegabilmente glissato divergendo l’attenzione verso la polemica anti-Islam finora inesistente in Spagna) rischia di provocare un ulteriore aumento dei seggi di Vox alle prossime elezioni che mi paiono inevitabili entro un anno o poco più.

A quattro elezioni in cinque anni, la crisi, anche istituzionale, sarà evidente mentre alcuni partiti ( popolari e ciudadanos certamente) dovranno cambiare la fallimentare leadership prima del prossimo confronto generale.

Più la situazione si incarognirà, più il boccino tornerà in mano al re, al quale non resteranno che scelte drastiche in mancanza della alternativa moderata del PP.