SPILLOVER, a cura di Pierluigi Fagan

SPILLOVER. (Post consigliato a grandi e piccini ) Questo è un post di servizio ovvero riepilogare i tratti salienti del libro di D. Quammen uscito sei anni fa ed oggi assurto agli onori della cronaca per via dell’argomento trattato. Il libro di Q. è l’opera divulgativa più completa esista su i virus. Ne riproduco le tesi non per consigliare la lettura del libro che per i miei gusti è stata noiosa parecchio. Ahimè ormai da parecchi anni leggo solo saggi e questo non è un saggio ma un reportage di un giornalista scientifico il cui contenuto duro sta in cinquanta pagine affogate in altre quattrocento di descrizioni di posti esotici ed indomabile spirito scientifico di questo o quel ricercatore. Ma a chi invece non dispiace questa parte preponderante, il libro piacerà e parecchio perché è interessante e scritto bene. Detto ciò passiamo al succo.

A premessa, “spillover” sta per salto da una specie animale (in genere selvatica) a quella umana di un batterio o virus, direttamente o tramite una specie intermedia. “Zoonosi” sta per malattia provocata da virus proveniente da animale, circa il 60% delle malattie infettive sono zoonosi. “Virus”sta per tratto abbastanza corto di codice genetico semplice RNA (ma ve ne sono anche a DNA), circondato da proteine ed a volte da una pellicola che tiene coeso il tutto. Un Nobel del campo l’ha definito “cattive notizie avvolte in una proteina”. Se siano “viventi” c’è dibattito perché certo ha codice genetico, si riproduce e quindi è oggetto di selezione naturale, ma non ha metabolismo. Com’è noto, si riproducono scassinando cellule dell’ospitante, penetrano, usano il DNA per replicarsi, poi escono a vanno in cerca di un’altra cellula. Finito con un ospite ne cercano un altro, entrano ed escono da questi attraverso sangue, feci, sperma, saliva, i più “evoluti” tramite goccioline emesse dal contagiato col fiato, starnutendo, tossendo. Poiché si replicano facendo occasionali errori di scrittura del codice, mutano nel tempo, sono le cose più mutevoli della biologia. Poiché sono semplici mutano e poiché mutano spesso sono molto adattivi, dovrebbero avere miliardi di anni. Possono non dare effetti, dar qualche fastidio o essere una piaga biblica. Ad una conferenza del 1997 (ricordo che il libro esce in lingua originale nel 2012, è ignaro degli eventi contemporanei), il massimo esperto in materia affermò che i virus più “pericolosi” per loro varie caratteristiche erano i coronavirus. Dopo decenni di circolazione virale, negli ultimi trenta-venti anni, i virologi di tutto il mondo hanno condiviso la comune preoccupazione per quello che chiamavano Next Big One, ovvero l’avvento dell’inevitabile Grande Pandemia il cui effetto poteva esser solo in parte la mortalità, più ampio è l’effetto sanitario (collasso del sistema sanitario), poi quello sociale ed economico, politico e geopolitico.

Il succo arriva a pagina 445: 1) Gli esseri umani hanno avuto una crescita esponenziale da 2,5 a 7,7 mld in soli settanta anni (9/10 tra trenta anni). La natura avrebbe dovuto fare lockdown per evitare la circolazione della specie infestante ma purtroppo ha seguito la strategia dell’immunità di gregge con risultati, al momento, problematici (per la natura ed in subordine per noi stessi); 2) il disordine ecologico provocato dagli uomini (disboscamento, terra bruciata, inquinamento atmosferico, allevamenti intensivi, manipolazione animali ed aumento del loro consumo alimentare, commercio di specie esotiche prelevate direttamente nel mondo selvatico) ha portato sempre più spesso a contatto uomini ed animali selvatici sia perché noi invadiamo i loro spazi, sia perché a quel punto loro si adattano a penetrare i nostri; 3) il passaggio dei virus da animali selvatici ad uomini, diretto o intermediato da specie semi-domestica, ha poi esito diverso se gli uomini contagiati vivono in villaggi al limite dello spazio selvatico o se poi arriva a megalopoli di milioni di abitanti. Il bacino di primo contagio cambia il gioco e la semplice fortuna di intercettarlo all’inizio della diffusione epidemica o meno, cambia il risultato finale passando da caso annotato in letteratura scientifica a epidemia; 4) nel caso arrivi in grandi città riproducendosi in svariate copie, dipende poi se lì c’è un aeroporto e quanto questo sia collegato al resto del mondo. Se il virus in trasferta arriva altrove ed è prontamente intercettato avremo epidemia, altrimenti pandemia. La faccenda è quindi un sistema con variabili demografiche, ecologiche, biogeografiche, di zoonosi, biologia molecolare ed ovviamente interazioni tra queste. Tante variabili? Cosa complessa!

Il virus più noto è quello dell’influenza, virus mutante in tre tipi principali che ogni anno fa il giro del mondo contagiando tre milioni di persone e uccidendone 250.000 l’anno (morti SCoV2 in due mesi: dichiarati 235.000, stimabili 400-500.000). Molto noto anche HIV la cui malattia AIDS ha fatto più di trenta milioni di morti in 38 anni. I coronavirus si sono affacciati alla nostra attenzione già due volte, SARS 2003 e MERS 2012, il primo con mortalità al 10%, il secondo al 34%, fortunatamente contenuti ai primi passi di diffusione, 774 morti il primo, 322 il secondo. Gran parte dei patogeni da raffreddore sono coronavirus. I virus sono in migliaia di tipi in natura e nel mondo umano rientrano nelle dinamiche della “teoria degli eventi” che studia i pettegolezzi, i meme, il panico, le infezioni. Le pandemie virali sono infezioni in cui al panico sanitario si somma quello dei “pettegolezzi” mainstream o su Internet, colpisse le pecore sarebbe solo sanitario. Con le pecore simbolico-parlanti la faccenda si complica ovvero la complessità aumenta.

Il libro poi illustra fattori quali il tasso di infezione, di guarigione, di mortalità, densità di soglia, super untori, competenza di serbatoio, carica virale, numero riproduttivo di base (R > o < 1 detto “erreconzero”) che confluiscono in una scienza detta epidemiologia teorica la cui nascita formale è negli anni ’50, negli studi sulla malaria. Uno dei casi peggiori non per gli effetti ma per la potenzialità, fu la prima SARS. Spuntato fuori il virus nel Guangdong cinese (più a sud di Wuhan) proveniente dai pipistrelli e per via delle strane abitudini alimentari della zona (i famosi wet market, gastronomia del selvatico detta “yewei”), arrivato a diffondersi in settanta ospedali pechinesi (gli ospedali sono il primo amplificatore di contagio sorprattutto per via della pratica di intubazione da evitare se non si hanno condizioni di massima sicurezza), poi imbarcatosi in volo da Hong Kong e sbarcato in Canada. Per fortuna fu preso all’inizio dell’evento, circolò poco e poi scomparve per mancanza di rete di replicazione. Venne cioè trattato con quello che noi chiamiamo oggi “modello Sud Corea” che però in realtà proviene proprio dalla Cina, non è un modello politico è un modello sanitario-epidemiologico che si può usare solo se si arriva all’inizio della diffusione, dopo c’è solo il lockdown. Poiché aveva mortalità del 10% si fece notare presto, paradossalmente il nostro che ha minor mortalità lo ha reso inizialmente meno evidente. Dava sintomi che potevano esser facilmente scambiati per influenza fino alla polmonite, il che lo rendeva infido poiché -come detto- per questo tipo di virus tutto sta a quanto presto lo si diagnostica. Era proprio un coronavirus il virus temuto come causa dell’aspettato Next Big One, per sue specifiche caratteristiche potenziali di diffusione e contagio, a prescindere dalla mortalità che nel caso del SC2 è infatti bassa, ma il cui tasso di infettività è alto.

Oggi noi sorridiamo degli antichi che quando ignoravano la cause materiali di qualche fenomeno inventavano Grandi Spiriti agenti sopra il teatro umano. Ma continuiamo a fare lo stesso. Oggi chi nulla sa di demografia, ecologia generale e virologica, biogeografia, zoonosi, statistica e biologia molecolare, inventa altri tipi di Grandi Spiriti agenti, cause misteriose, intrighi internazionali, cospirazioni. Non è detto del tutto queste cose non esistano, anzi esistono senz’altro, ma si dovrebbe discriminare caso per caso ove applicare queste cause ipotetiche, finezza del discorso da cui siamo molti lontani per ignoranza diffusa. Solo chi ha la conoscenza completa potrebbe passare all’analisi dell’ipotesi “cospirazione intenzionale” la quale non è negata in via di principio ma solo a coloro che partono da questa a priori senza nulla sapere del ciò su cui andrebbe applicata.

A chiusura, si potrebbero far tre considerazioni in forma di domande: 1) perché nel discorso pubblico chiunque voglia esprimere giudizi su qualsivoglia argomento sa di doversi procurare qualche conoscenza minima sullo stesso se non vuol far la figura del cretino, mentre nel caso in oggetto nessuno sa quasi niente di biologia ed ecologia e tuttavia parla di tutto ed il suo contrario? 2) perché nessun intellettuale fa notare che il problema non è se debbano decidere i biologi sulle cose sociali o i politici di biologia stante che nessuno dei due sa niente dell’altro argomento e non invece si nota la mancanza di una cultura ampia e diffusa che permetta a gli specialisti di esser utili a i generalisti e viceversa arrivando addirittura a “filosofi” che parlano di bio-politica e non sanno nulla di biologia? In filosofia, il trattato forse più importate di Politica è stato scritto forse non a caso dal primo proto-biologo dell’Antichità (Aristotele); 3) perché nessuno si domanda il perché del fatto che da più di venti anni i virologi temevano l’arrivo di una pandemia probabilmente di un qualche coronavirus e nessuno ha fatto nulla per approntare delle difese preventive?

Del senno di poi, come si dice in questi casi “son piene le fosse”. Quelle fosse che se potessero parlare chiederebbero di riaprire, non i negozi, la mente.

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E’ MEGLIO NON SAPERE?, di Pierluigi Fagan

E’ MEGLIO NON SAPERE? Financial Times lancia il sasso: secondo una brutale comparazione tra la mortalità media 2015-2019 dei mesi di marzo ed aprile e quella 2020, ci sarebbero circa il 50% di morti in più in Europa occidentale. Speriamo i dati siano giusti.

A livello di fatto forse alcuni sono morti a casa di altre patologie su cui si è scelto di non intervenire per paura di andare negli ospedali infetti o forse gli stessi servizi sanitari alle prese con l’emergenza non hanno fornito la dovuta attenzione di cura. Di contro, ci dovrebbero anche esser in teoria meno morti per altri tipi di cause che la reclusione a casa ha evitato. Poco importa la precisione del dato, se sia del 40% o del 60%, la cosa va vista a gran grossa. Peggio sta andando fuori dell’Europa, viepiù si procede verso paesi meno organizzati o organizzati al punto da negare i dati. Sappiamo per certo che UK ha scelto di non contare i morti delle case per anziani e private (pare che l’unico paese al mondo che conta i morti in senso ampio sia il Belgio ed infatti ha la mortalità più alta del mondo), seguito da USA, Canada e probabilmente Olanda. Ai paesi anglosassoni questa cosa della morte e dei vecchi non piace.

Ma questa è solo la metà della metà dell’informazione mancante. In tanti in questi giorni si sono lanciati in comparazione dati strapazzando l’ISTAT per falsificare o validare l’entità dell’epidemia come se per misurarla si dovessero contare solo i morti. Certo i morti sono fatti clamorosi, sono l’antimateria per la nostra mente che si è evoluta per farci vivere il più a lungo ed al meglio possibile. Ma l’epidemia non si conta solo con i morti. Pur non avendo ancora dati affidabili a largo spettro e soprattutto essendo ancora a + due mesi dall’inizio del fenomeno che durerà forse un anno o poco più anche se a ritmi diversi, probabilmente la mortalità del Sars-CoV2 è relativamente bassa. Magari un po’ più alta nei paesi con molti vecchi e con strutture sanitarie approssimate o dove dinamiche che i più fanno fatica a comprendere per eccesso di variabili (metropoli, densità abitativa, stile di socialità, ritardo nell’individuazione dell’epidemia, presenza di più uno o più focolai di contagio) hanno creato situazioni sfortunate. Vedo insospettabili nei social che ancora pubblicano tabelle su paesi più bravi e meno bravi redatte prendendo appunto solo i morti e deducendo da questo totale la semplicità dell’equazione pregressa che invece non è semplice per nulla. Sono secoli che tribù africane vengono colpite da qualche patogeno proveniente dalla foresta, arriva, stermina uno o due villaggi, poi scompare. Se invece prende l’aereo e sbarca a New York, la cosa si fa più vistosa. Se correggessimo quella connessione mentale semplificata per la quale ogni volta che qualcuno convoca la demografia appare il fantasma del reverendo Malthus e coro greco che brontola giudizi censori con annessa recensione critica di Marx, e contassimo invece la dimensione relativa, assoluta, dinamica e di composizione dei gruppi umani, forse capiremmo qualcosa di più del mondo e delle nostre società, ma comprendo che per mentalità forgiate nel XIX secolo, la cosa sia difficile. Collegare poi demografia a sociologia è utopia, verificare le fonti dei dati per carità, metterci l’asse del tempo per capire se il dato di chi sta in epidemia da due mesi sia comparabile con quello di chi ci sta da un mese non se ne parla.

Comunque, l’altra metà della fotografia degli effetti dell’epidemia è socio-strutturale. Addirittura il sito dei debunkers è dovuto scendere in campo per correggere la bufala del primato europeo dei tamponi dei tedeschi. Anche se ci stanno antipatici, credere ai tedeschi fa parte della religione condivisa. Il primato europeo dei tamponi, tolti i paesi con poca popolazione, è italiano i tedeschi sono solo terzi dopo anche la Spagna. Ma qui sarebbe anche interessante notare l’incredibile inefficienza di francesi, britannici e svedesi. Poi ci sarebbe da verificare a posteriori lo stress test sulle strutture sanitarie e la differenza tra quelle centrali e diffusamente territoriali. Se la mortalità del Sars-CoV2 come tutti sanno è relativamente bassa anche dopo tutte le correzioni statistiche ex-post, la percentuale dei richiedenti cure di vario tipo (dai medicinali all’ossigeno all’intubazione) è invece molto alta. Molto più alta della capacità di gestire il fenomeno di quasi tutti i paesi dell’Europa occidentale. That’s the point! Ma essendo un dato più complicato non piace, meglio i morti.

Ne sortirebbero infatti domande imbarazzanti sulle nostre credenze di economia politica, disciplina scotomizzata dalla confusa materia politica per distillare numeri che fanno dell’economia una “scienza”, non perché lo sia o possa esserlo ma perché è ideologicamente utile che si creda lo sia e possa esserlo. Poi ci sarebbe a verificare lo stress test sulla gestione degli anziani. Gli anziani sono problematici, abbondano sempre più in Europa, vivono sempre più a lungo, non servono a niente e costano un sacco di soldi. Meno male che quello che li si dà in pensione rientra nella spesa farmaceutica e sanitaria, altrimenti sarebbe da promuovere una eutanasia generalizzata come fanno i pragmatici olandesi. Pudicamente lo stesso FT tratta i dati di tredici paesi europei occidentali ma evita la Germania. Cosa sia davvero successo in Germania con l’epidemia è un mistero statistico, nessuno dotato di minimo comprendonio sa spiegarsi i dati tedeschi ovvero nessuno tra questi crede ai dati tedeschi. Ci sono tutti gli elementi per creder vero che efficienza, prontezza, posti letto, materiali e quant’altro hanno contenuto il fenomeno meglio che altrove, tuttavia il dato della mortalità tedesca non sembra credibile dal punto di vista della logica geo-demo-statistica.

Quindi, è meglio non sapere. La gente è turbata e vuole normalità e noi gliela diamo occultando dati, fatti e considerazioni critiche, anzi meglio si sfoghino criticamente aiutando la macchina della difesa psico-sociale arrivando a negare ci sia una epidemia o prendendosela col governo tiranno che non li fa uscire di casa o ipotizzando la macchinazione dei paladini del New World Disorder a trazione circo mediatico-farmaceutica-digitale-finanziaria panoptica post-biopolitica anche un po’ neo-liberale. Le auto-prodotte armi di distrazione di massa, vere e proprie valvole di sfogo dall’ansia della impotente pressa d’atto, spuntano tutti i giorni come i funghi su i social. Storici fieri avversari dello status quo si stanno riposizionando come inconsapevoli truppe speciali di complemento violando ogni principio di non contraddizione. Domandarsi perché nessuno ha fatto niente in previsione di cose stranote e strapreviste, no? Immagino il godimento delle élite nel vedere masse inferocite di persone che invocano il “torniamo a lavorare, a consumare, ad esibirci, a drogarci, a scopare” insomma il “pacchetto libertà” accluso al nostro sempre più sbilenco contratto sociale.

Dei tanti funerali che non si sono potuti celebrare di questi tempi, quello della nostra convinzione si viva in un mondo di liberi dati, informazioni, diritto di critica , numero-peso-misura a base del realismo scientifico, democrazia, comunità degli europei, rispetto delle persona, non si deve celebrare né ora, né mai. Ogni epoca ha la sua credenza centrale sulla cui fede si basa il gioco sociale. Nel medioevo era la provvidenza benevola di dio, nella modernità è la provvidenza benevola della libertà di produrre e comprare. Che quel re sia nudo è meglio non sapere, anche al punto da far finta di non sapere.

[Ai non credenti dell’esistenza di un “naturale” problema pandemia suggerisco di invalidare il post ipotizzando che della lobby “circo mediatico-farmaceutica-digitale-finanziaria panoptica post-biopolitica anche un po’ neo-liberale”, il Financial Times sia l’organo ufficiale ed è per questo che si è preso la briga di esagerarne le dimensioni. La fede ne sa sempre una più del diavolo, no? :-)]

https://www.ft.com/content/6bd88b7d-3386-4543-b2e9-0d5c6fac846c?fbclid=IwAR1k3DqvuRP4FlQOVKACfA8GNG1D697oE8fQMSZtdmiB4PQecMl1WGvvuDg

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AQUIS-GRANA, di Pierluigi Fagan

AQUIS-GRANA. Come va la trattativa europea sul fare fronte all’emergenza economica e poi sociale procurata dal virus? Per i dettagli tecnici che tanto appassionano i lettori del mondo con occhiali economici, avrete di che saziarvi altrove. Mi permetto solo di aggiungere una lettura fatta da chi segue quello che succede nei vari paesi europei e nei vari principali giornali di quei paesi. Quindi niente MES, SURE, Conte, Salvini-Bagnai, condizionalità, Grillo folgorato sulla via di Bruxelles et similia. Segnalo solo che:

A. L’asse Parigi, Madrid, Roma esiste. Credo che, contrariamente a quanto detto da Conte, l’idea sia stata di Macron. E credo che sia stato fissato dati i rapporti tra Macron e Sanchez che sono ottimi da lunga data e dato il viaggio che Macron ha fatto in Italia, il c.d. “Patto di Napoli” del 27 febbraio. L’asse era pensato anche precedentemente la pandemia e rispondeva ad un semplice logica di peso nella relazione di Aquisgrana. La Francia ha molto meno peso della Germania in quella relazione e così come oltretutto la Germania si presenta con dietro il codazzo nordico, la Francia ha pensato opportuno presentarsi con un proprio codazzo che in via naturale è quello latino-mediterraneo.

B. Qualche giorno fa, Macron ha rilasciato una intervista a FT, in cui la buttava giù dura “o si risolvono i problemi di Spagna ed Italia o l’UE è finita”, naturalmente in linguaggio trasversale. Ma solo uno sprovveduto da facebook, può immaginare davvero le cose stiano così in termini di amicizia disinteressata e fronti, la faccenda è immancabilmente “più complessa”.

C. Il punto che a molti sfugge è che Macron non sta messo per niente bene. Le previsioni di punti persi di Pil francese fatte da IMF, non sono poi molto migliori di quelle fatte per l’Italia. Alcuni avranno letto di prime “sommosse” qui e lì in Francia e sappiamo che i gilet gialli sono pronti a “tamponare” l’esecutivo nella fase 2 che inizierà, forse, una settimana dopo la nostra.I francesi, che si sa sono piuttosto nazionalisti, pare non stiano prendendo per niente bene le frizioni al confine tra Alsazia-Lorena e Saarland-Renania. Nei sondaggi, dopo un primo momento di “stringiamoci a coorte” di cui hanno beneficiato tutti leader, Macron ora sembra al’inizio di una discesa libera e ricordo che il giovane ha preso poco più del 20% al primo turno. Solo la nostra italica mania di auto-svalutazione può spiegare il fatto che nessuno qui sappia delle polemiche sul disastro logistico francese. La Francia ha 3500 morti meno di noi ma, ammesso li abbia contati tutti e per bene, sopratutto quelli delle RSA, ha una settimana di ritardo nello sviluppo del’epidemia. Ha ancora 5000 persone in TI (di cui “in genere” un terzo muore) e noi la metà. in più proprio perché aveva una settimana di anticipo rispetto a noi, ci si domanda perché non si sia organizzata meglio e per tempo. Segnalo che la Francia ha fatto ad oggi 7.000 tamponi per milione di abitanti, noi 26.000. La Spagna sta messa anche peggio.

D. Il gioco delle parti, ha previsto che Conte facesse “Ivan il pazzo” ovvero “coronabond o morte!”. Nel mentre, è toccato a Sanchez avanzare l’idea di un fondo molto simile al Recovery bond di cui ora si tratta, in cui si noti la clausola di “debito perpetuo” su cui ci sarebbe da scendere in dettaglio ma qui non possiamo. Ieri su le Monde c’era un elogio di Conte. Macron, ha parlato di alta strategia al FT, in quanto caposquadra e mediatore ultimo non può esporsi su i particolari, ovvio.

E. Segnalo che i ben informati transalpini, dicono che il nuovo consigliere speciale dell’inquilino dell’Eliseo, sia Strauss Khan e chissà che la giravolta copernicana di M.me Lagarde alla guida della BCE non sia un nuovo “usami come vuoi” a cui la signora parigina pare sia stata dedita anche in passato.

F. Infine, chi s’immagina che la Merkel voglia finire nei libri di storia come colei che ha distrutto l’euro e l’UE, mi sa che farebbe bene a sospendere un attimo la sua attività di commentatore politico su facebook. Come saprete il prossimo 5 maggio, giorno triste per i napoleonici e gli interisti, si pronuncia verdetto a Karlsruhe sull’ipotetico conflitto tra Grundgesetz e QE tra cui la novità BCE di accettare anche la spazzatura.

Quindi, non so come andrà a finire, chi tratterà più di qui e chi più di là. Sia Parigi che Madrid potrebbero nel frattempo finanziarsi sul mercato ma sopratutto Parigi potrebbe veder lievitare oltre il desiderato il rapporto deficit/Pil, non bello per una aspirante potenza, magari perdendo una A per strad … . In più, “perdere Roma” non conviene a nessuno. Di contro, ognun penserà a sé e non regalerà niente e cercando di “fare il massimo” in realtà cercherà di imporrà condizioni sottilmente capestro all’altro, a seconda dei rapporti di forza.

La “grana” alla fine si troverà il modo di tirarla fuori, ma quanta ed a che condizioni sarà tutto da vedere, la partita è ancora lunga. Infine, appunto, la partita è ancora lunga nel senso che i danni della questione virus non si esauriscono con le cifre di cui oggi si sta parlando.

tratto da facebook

PAESE CHE VAI, VIRUS CHE TROVI….SOCIALISMO CHE FAI, di Pierluigi Fagan

PAESE CHE VAI, VIRUS CHE TROVI. Rapido giro mattutino della stampa int’le (SPA,FRA,UK,GER,USA).

1) L’EUROPA. Nel gruppo euro, siamo a 15 paesi contro 4 (GER-OLA-AUS-FIN). I 4 hanno capito di aver clamorosamente sbagliato il primo round, critiche interne si sono sollevate soprattutto in Olanda ed un po’ anche in Germania. Soprattutto hanno capito di star mettendo seriamente a rischio euro ed UE. Così ora scatta l’operazione elemosina ovvero gettare in pasto alle opinioni pubbliche un marasma di ipotesi di intervento tutte largamente insufficienti, ma che possono dar l’impressione si stia facendo fattivamente qualcosa. Si parla di un fondo per la disoccupazione di 100 mld () e l’olandese Rutte, si è anche spinto fino all’idea di una donazione caritatevole da 10 mld che i Paesi “ricchi” farebbero ai “poveri”🤣. Von der Leyen ci scrive chiedendoci scusa, i tedeschi ci prendono qualche decina di malati da qualche giorno, Rutte ha chiesto scusa alla Spagna per l’infelice uscita che gli è valso quel “ripugnante” da parte del premier portoghese. L’importante è non fare nulla o poco, guadagnare tempo, minimizzare i danni d’immagine ed evitare che il “sogno europeo” venga percepito come “incubo europeo”. “Percepire”, questo è secondo questi illusionisti il problema, diagnosi che si commenta da sé. Segnalo però anche l’avvenuta gara europea per le fornitura centralizzata di miliardi di mascherine (Cina, India, Vietnam). Aspettiamoci quindi una invasione di mascherine con il logo europeista da portare tutti quando sarà obbligatorio, di modo da confermarci che l’Europa ci protegge.

2) POPOLI E GOVERNI. FAZ pubblica un sondaggio a 100.000 casi (Cambridge, Princeton, Harvard) sull’umore dei popoli. I più contenti del proprio governo sono gli austriaci, poi noi. Due terzi di consenso per Merkel, mentre così così (sotto o sopra 50%) stanno gli olandesi e svizzeri sebbene più positivi che negativi, mentre un po’ meno positivi ed un po’ più negativi francesi e spagnoli. Più di due terzi critici i britannici, più dell’80% degli americani (russi e turchi ancora peggio, secondo il sondaggio). Britannici, americani ed olandesi si auto-criticano anche come reazioni e comportamenti della popolazione all’emergenza, ma anche un po’ francesi e canadesi. Giudizi critici sull’onestà del proprio governo nel dire come stanno le cose soprattutto in USA, ma anche in Francia, Gran Bretagna e Spagna. Italia, più o meno a livello di Germania, Olanda, Svizzera e Svezia in territorio decisamente positivo.

3) CAPITALE vs SALUTE. Ovunque si mostra il conflitto tra interessi economici ed interessi sanitari. Segnalo che i governi spagnolo ovviamente ma anche francese, britannico e tedesco, sembrano voler frenare (come in Italia per altro) l’impeto a “riapriamo e fatturiamo”. Ovunque e stamane ne ho letto addirittura sulla stampa tedesca, c’è il semplice problema che noto ad alcuni fatica ad entrare in testa, della capacità ricettiva degli ospedali. Gli “altri” poi, sono indietro a noi nella tempistica di sviluppo dell’epidemia. Segnalo che oltre ovviamente a noi che abbiamo iniziato per primi e gli spagnoli che stanno sotto un treno, in termini di rapporto morti per 1 milioni di abitanti, cominciano a star maluccio anche francesi, belgi, olandesi e svizzeri, più indietro i britannici. Com’è noto i tedeschi sono invulnerabili, perché allora si preoccupino non si capisce. A proposito di tedeschi segnalo che per la terza volta in breve tempo, dopo la tempestosa riunione dei premier eurogruppo ed un messaggio alla nazione, Merkel continua a mandare messaggi vocali ma si rifiuta di comparire in video come nella conferenza stampa di ieri. Ricordo che Merkel è ufficialmente in “isolamento”, forse non si è fatta la messa in piega e non vuole mostrasi “scapigliata”?

4) SALUTIAMO L’AMERICA. Trump sta capendo in che razza di casino è capitata l’America. Diventato a fatica serio e preoccupato, pochi giorni fa ha annunciato di aspettarsi 100.000 morti poi appena qualche giorno dopo è passato a 240.000. L’America sta mostrando un livello di organizzazione pari forse solo all’Iran. Manca tutto in termini di materiali, c’è un casino tra entità federali pazzesco, non sanno dove mettere i morti e sono solo a poco più di un terzo dei nostri morti (e sono pure cinque volte più grandi di noi per non parlare della ricchezza). Non hanno fatto scattare alcun lockdown serio e quindi continueranno a contagiarsi e finire in ospedale per mesi e mesi. In più stanno fallendo compagnie di shale gas una dopo l’altra e seguiranno vari tipo di industria. La foto che gira degli homeless messi sdraiati per terra a distanza di sicurezza occupando – per “distanziamento sociale” – ognuno uno scacco dei parcheggi vuoti di Las Vegas con tutti gli alberghi vuoti a teorica disposizione dice dello stato di civiltà di quella nazione. Ricordo qualche settimana fa i commenti dei liberali italici indignati per i miseri ospedali messi su in una settimana dai cinesi, ma si sa, noi viviamo in un eterno presente e nessuno si ricorda quello che ha detto l’altro appena due giorni fa. Poi arriveranno i ghetti in rivolta e con la nazione che ha un terzo della popolazione con almeno un’arma (ma in complesso in USA ci sono più armi private che abitanti quindi alcuni hanno veri e propri arsenali), vedremo film à la Carpenter con Jena Plissken dal vivo.

Di cinesi, giapponesi, indiani, brasiliani ed africani ci occuperemo un’altra volta. A chiedere tre punti: 1) nonostante le difficoltà in cui si dibattono, i popoli si stringono al proprio leader o forse solo alla nazione detto in senso culturale, il “noi”. In emergenza, nessuno sente il bisogno di far esagerate polemiche, non è il momento, ora. Ma il momento arriverà, sembra che pochi abbiamo capito l’entità e la durata di questa storia; 2) l’epidemia è come un apparato radiografico semovente. Mano a mano che procede, rivela di ogni Paese e di ogni popolo, le nudità strutturali. Ogni giorno qualcuno scopre qualcosa di nuovo e di inaspettato, è un bagno di realismo il che in un’epoca surreale è interessante; 3) ricordo che i cinesi, a Wuhan, hanno chiuso tutto ma tutto davvero per dieci settimane. Oggi però sono alle prese con nuovi possibili focolai ed hanno richiuso Hong Kong. L’Imperial College, in uno studio -mi sembra logicamente affidabile-, ha detto settimane fa che la faccenda, a cicli di up&down, durerà probabilmente 18 mesi. Ognuno ne tragga la conclusione che crede su tempo e spazio del fenomeno.

[La foto è Associated Press, la prima agenzia di stampa del mondo ed è tratta da Time. Nulla meglio di foto+AP+Time dice dello stato delle cose occidentali]

IDEE DI SOCIALISMO SANITARIO. Oggi ci lanciamo in una semplice idea guida, un esempio di modo di ragionare che può tornare utile quando le cose saranno se non normali, meno eccezionali. Ed a tale proposito, da ieri possiamo dire -per il momento- che si vede forse la fine almeno della fase 1, quella emergenziale. L’emergenza era data da un semplice fatto, bisognava diminuire il flusso dei contagiati negli ospedali perché questi si riempivano più di quanto non si svuotassero. In quelle condizioni i morti sarebbero aumentati di molto.

In questi giorni molti hanno continuato a non darsi conto del fatto che i morti complessivi per e con coronavirus non fossero più delle normali epidemia di influenza. A parte il fatto che più di 11.000 morti in poco più di un mese sono ben più dello standard statistico delle influenze annuali, il problema principale in termini di “urgenza” (ciò che viene prime vs ciò che viene dopo) non erano solo i morti ma i bisognosi di ricovero (terapia d’assistenza respiratoria + terapia intensiva), tant’è che molti non ce l’hanno fatta, rimanendo a casa perché non c’erano posti nelle strutture ricettive. Nonostante giri da febbraio un disegnino con le curve a picco del “se non fai niente” o a curva sdraiata “se fai il lockdown”, ovvero spalmare i richiedenti ricovero bloccando i contatti sociali, come hanno capito per altro tutti i dotati di senno in tutto il mondo, vedo che molti hanno avuto insormontabili difficoltà a collegare un numero sufficiente di neuroni per capire questo fatto. Ieri però Callera ha detto che tra entrati ed usciti dagli ospedali lombardi, il saldo era solo di +2 e quei due letti in più ci sono, quindi incrociamo le dita per gli andamenti futuri e passiamo ad altro.

L’altro non è la fase 2 o 3 del coronavirus, ma quella posteriore l’epidemia. Ieri mi veniva in mente un sistema circolare di questo tipo. Lo Stato con suoi capitali, potrebbe creare un sistema che chiameremo Officine Sanitarie Nazionali. Sarebbe un network di imprese che producono, non tutto ma una buona parte dei materiali necessari al Servizio Sanitario Nazionale. Ora abbiamo avuto lo shock da mascherine, disinfettanti e ventilatori polmonari, ma ci sono anche molti farmaci con le molecole a libera produzione, solventi, vari tipi di liquidi necessari in varie terapie, strumenti diagnostici, strumenti di cura, fino ai letti reclinabili, l’arredo delle ambulanze e quant’altro d’uso comune e non solo per il coronavirus che prima o poi avremo domato. Tutto il necessario per un SSN in un Paese con un terzo di abitanti anziani quale abbiamo scoperto finalmente di essere. Una gran parte del valore di spesa della voce di bilancio “Sanità” che ogni anno lo Stato italiano deve spendere attingendo alla fiscalità generale, oltre a gli stipendi per le maestranze, se ne va per comprare tutto il necessario sul libero mercato, italiano ed estero.

La cosa tra l’altro produce costi enormi per via del’enorme macchina amministrativa (ordini-fatturazioni-rendicontazione) che deve indire gare a ripetizione. In più, oltre al costo vivo dei materiali ed al costo indiretto di gestione, c’è il costo occulto delle migliaia di atti di micro o macro corruzione che affliggono la gestione della spesa pubblica in Italia. Questi tre costi sarebbero semplicemente eliminati o abbassati grandemente perché se il fornitore è unico ed è dello Stato: 1) la spesa d’acquisto del SSN diventa guadagno del produttore statale, una buona parte della spesa sanitaria annua diventa una partita di giro; 2) non c’è da mantenere alcun ipertrofico apparato amministrativo perché non c’è da fare alcuna gara, solo ordini; 3) non c’è alcuna mazzetta che gira tra privati, Regioni, partiti, ospedali e primari.

L’occupazione persa tra amministrativi degli ospedali e delle Regioni così come le maestranze che oggi lavorano in aziende private verrebbe semplicemente assorbita dal network di aziende pubbliche che crea una sorta di socialismo sanitario nazionale (SSN). Ci sarebbe ovviamente da meglio curare l’efficienza delle imprese pubbliche, un problema che il “socialismo teorico” dovrà prima o poi affrontare perché il problema c’è ed è innegabile. Ma studiando credo si possa trovarne soluzione almeno parziale. Gran parte di questi costi, rimarrebbero in Italia in quanto potremo produrre molte cose qui invece che esser dipendenti da fornitori esteri. Ovviamente questo non coprirebbe tutte le necessità. Molti farmaci speciali, macchinari particolari, strumenti troppo costosi da produrre in pochi pezzi, rimarrebbero da acquistare sul mercato. In più, altri stanziamenti in ricerca, potrebbero alimentare continuamente di idee nuove e nuove soluzioni l’upgrade tecno-scientifico delle produzioni magari competitive al punto da avere anche un loro mercato estero. Di base però, cedo che il risparmio e l’efficienza di costo e gestione, sarebbe comunque notevole. In più permetterebbe di acquisire una certa resilienza per un servizio che è sempre più necessario data l’estrema longevità dei connazionali e che non può dipendere dalle sempre più frequenti perturbazioni di quadro internazionale. Un buon servizio sanitario nazionale, ovviamente, sarebbe anche un risparmio di spesa per singoli e famiglie ed il servizio nazionale potrebbe esser implementato proprio a partire dai risparmi ottenuti fornendo materiali prodotti in casa su cui non è più necessario far profitto.

Non mi viene in mente altro modo di onorare le vite di coloro che sono morti oltre il dovuto solo perché ci siamo fatti trovare “impreparati”, che far del loro sacrificio una lezione da apprendere. Quando inizieranno le geremiadi retoriche per coprire con l’emozione empatica il disastro a cui non siamo stati in grado di far fronte, facciamoci trovare pronti con altre soluzioni che non i pianterelli di circostanza. Finiremmo con l’esser colpevoli due volte, il che è inammissibile. Glielo dobbiamo …

senza né Capua, né coda, di Pierluigi Fagan

SENZA NE’ CAPUA, NE’ CODA. (Un’avvelenata) Il post è sull’uso improprio degli “esperti” nel dibattito pubblico, un problema già noto che è passato dalla sovraesposizione di economisti che non saprebbero gestire neanche il bilancio della rosticceria sottocasa, ai biologi che passano dalle piastre di Petri al crisis management con altrettanta nonchalance.

Nulla in particolare contro la signora in questione, già parlamentare della lista Monti (Scelta civica), che tutti i giorni ci spiega come si dovrebbe gestire l’emergenza da coronavirus in Italia stando a Miami, senza far i conti con il fastidioso attrito della realtà concreta. Senz’altro una “eccellenza” (mammamia questo uso smodato del vocabolario retorico mi fa venire l’orticaria), in più “donna e scienziata”, quindi mille punti, per carità. Ma “mille punti” a che gioco? in che contesto? mille punti ad un idraulico valgono anche per risolvere problemi dell’impianto elettrico? Il problema è che se aprite un qualsiasi quotidiano nazionale spagnolo, francese o inglese, scoprirete che con ritardo di una settimana, le stesse questioni che dibattiamo qua, vengono improvvisamente “scoperte” anche là. E così scopriamo tutti la stesse cose che -in breve- sono quattro:

1) mentre diventavamo tutti Paesi con concentrati di vecchi anziani che si camuffano con botulino e jeans, i nostri Paesi hanno continuato a ragionare come fossimo ai primi del Novecento quando cinque rivoluzioni tecno-scientifiche (energia, meccanica, chimica, elettrica e sanitaria) dettero lo start all’incredibile sviluppo economico del Novecento. I nostri Paesi cioè, non sono “paesi per vecchi” eppure siamo sempre più vecchi;

2) abbiamo creduto … alla favola bella che ieri ci illuse ed oggi ci delude … di un rampollo di famiglia portoghese sefardita trapiantata a Londra e proprietario di una banca (tal David Ricardo) che, due secoli fa, sosteneva che ogni Paese deve concentrarsi a produrre sempre meglio una specifica cosa e poi la scambia con altri Paesi per avere tutte le altre che non produce eppure servono per vivere. Così in ogni Paese mancano mascherine, camici, ventilatori, tamponi, reagenti chimici, farmaci ed ogni altro strumento necessario improvvisamente ed in quantità inimmaginabili per far fronte all’emergenza sanitaria. Quindi il primo che dice “facciamo a tutti i tamponi”, è pregato di tirar fuori anche i reagenti, i biologi, i laboratori e le attrezzature, altrimenti taccia.

3) come ben espresso da una studiosa politica britannica ieri sul Guardian, la nostra immagine di mondo è settata sul modo “aspettiamo di non avere scelta e poi ci adattiamo”, quando il mondo complesso funziona in modo che se non prevedi per tempo e ti attrezzi ex ante, quando ti svegli è tardi e il locomotore sulla rotaia su cui ti eri appisolato pensando di esser nel migliore dei mondi possibili, di trancia la gola;

4) pensavamo di vivere in un “mondo globale”, un grande villaggio comune mentre invece eravamo solo in un Risiko di giocatori egoisti competitivi che rubano le mascherine e la clorochina gli uni a gli altri. Pensavamo di esser in una commovente comunità degli europei ed invece stiamo in un tavolo da poker in cui si gioca a “mors tua vita mea”. Pensavamo di esser nell’era dell’informazione e della conoscenza ed invece tutti quanti non sappiamo e forse mai sapremo quanta gente ha preso davvero il virus, quanta ha l’influenza, quanta ne muore a casa, quanti tamponi davvero si fanno, quanti i ricoverati, gli ossigenati, gli intubati e soprattutto i morti. Dai cinesi ai russi, dai tedeschi a gli inglesi ed americani è gara a non dirla tutta e non turbare troppo il bambino che è in noi. Sulla “democrazia” non spendo parole, di questi tempi sparare sulla croce rossa è inelegante.

Ecco allora che quando il problema è complesso, l’esperto della frazione infinitesimale, apporta solo entropia, confusione falsa conoscenza. E giù col solito tormentone: gli economisti non sanno di biologia, i biologi di logistica, i logistici di geopolitica, i geopolitici di economia, in circoli vari sempre più larghi e senza chiusura, cioè senza né capo né coda. In questo triste momento di clamoroso fallimento cognitivo ed adattivo, ci illumina solo il terso pensiero dell’intramontabile di Ponte a Ema, il quale scuotendo sconfortato la testa diceva: “L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare”. Aggrappiamoci alla sua saggezza, quando i sopravvissuti avranno acquisito tutti l’immunità di gregge, finito di contare i morti, forse sarà il caso di ripartire rimettendo proprio in discussione la nozione di “gregge” e cominciar col rivedere molte cose, se non tutte visto che son tra loro interconnesse.

DER ELEFANT IM RAUM (L’elefante nella stanza), di Pierluigi Fagan

I migliori, i più furbi. Non è detto i più intelligenti_Giuseppe Germinario

DER ELEFANT IM RAUM (L’elefante nella stanza). Un fantasma si aggira nelle statistiche mondiali sul fenomeno pandemico. Un solo Paese al mondo, mostra statistiche del tutto fuori logica tra i dichiarati contagiati ed i morti: la Germania.

E sì che la Germania è il Paese europeo più grande (demograficamente circa un terzo circa più grande dell’Italia, della Francia e dell’UK), ha un peso di popolazione anziana praticamente pari all’Italia ed in più, è il primo Paese europeo in cui si è accertata la precoce presenza del virus il che è ovvio visto che è anche il Paese con i maggiori contatti ed interscambi economici coi cinesi. Il virus è lì da più tempo che altrove, in un Paese pieno di anziani, un terzo almeno di più che in Italia, ma i tedeschi non muoiono. Lo “spread dei morti” tra ogni Paese del mondo e la Germania è ovunque alto ma si sa, quando si tratta di spread, ai tedeschi piace ben figurare.

Il mistero ha attratto i giornalisti anglosassoni, vi hanno scritto articoli a vario titolo il FT, the Guardian, the Indipendent, WSJ, ma molto meno la stampa europea. L’Espresso, l’altro giorno, vi ha posto ritardata attenzione confezionando un “the best of” di ragioni a spiegazione, copiato dagli articoli anglosassoni che avevano doverosamente riportato le risposte tedesche alle domande poste:

1) Il loro facente funzione di ISS, il Robert Koch Institute (RKI) afferma che i morti tedeschi sono più giovani quindi la popolazione anziana è stata misteriosamente per il momento evitata dal virus (a parte il medico della Merkel). Qualcuno sostiene che gli anziani tedeschi vivono più “isolati” dai giovani che non in Italia o Cina, ma francamente a me pare una stupidaggine insostenibile, anche perché andranno pur in giro a far la spesa come tutti, no? ma le spiegazioni arzigogolate hanno anche varianti;

2) i tedeschi sostengono che l’epidemia, da loro, si sarebbe sviluppata più tardi. Ma come? esistono studi pubblicati su the Lancet che confermano la precocità del paziente 0 in Germania come è ovvio che sia. Portano loro l’infezione in Lombardia ma non in Germania? Tutta Europa ha più morti percentuali di loro perché loro sono “in ritardo” nella diffusione del contagio? Incredibile … anche perché la stampa tedesca se ne uscì a gennaio e primi febbraio con notizie di una incredibilmente contagiosa e virulenta epidemia di influenza polmonare, rigorosamente diagnosticata come tale e non corona virus come probabilmente era. Alla domanda se RKI dispone di test Covid-19 post mortem, gli interessati hanno risposto sì ma i giornalisti inglesi hanno verificato che la strana struttura sanitaria tedesca che è iper-federale, crea notevoli asimmetrie tra centro e periferia, ognuno fa un po’ come gli pare. In più perché fare i tamponi ex post e non ex ante visto che dichiarano di farne in ognidove? Questa strana struttura della sanità tedesca darebbe anche conto del perché i tedeschi danno le cifre in ritardo mentre John Hopkins University che segue la pandemia dall’inizio, dà cifre diverse perché attinge direttamente ai Lander. Insomma, a voler pensar male si potrebbe notare una certa cortina fumogena di grande confusione fatta apposta per render difficile la comprensione reale degli eventi e sopratutto per darsi la libertà di sparare cifre ad estro;

3) poi c’è la versione secondo la quale i tedeschi farebbero molti più tamponi di chiunque altro, dichiarazione del RKI riportata anche dalla stampa inglese (in effetti RKI dichiara che “possono” far tamponi, non che li fanno). Non so, a me secondo altri dati non risulterebbe, o sono sbagliati i miei dati o la stampa inglese riporta dichiarazioni tedesche senza verificarle e chissà perché tutti fanno finta di crederci;

4) si arriva così alle note enormi capacità di ricovero ospedaliero e letti di terapia intensiva tedesche. Ma dati alla mano, è vero che la Germania sta messa meglio dell’Italia ma l’Italia starebbe comunque messa meglio di (in ordine) Francia, Svizzera, UK ed Olanda oltre a molti altri. Ma più che altro, questa spiegazione se sembra logica di primo acchito non lo è in approfondimento. In Italia il SSN ha retto botta per un bel po’ prima di andare in affanno ed è andato in affanno solo nell’area più colpita. I morti a casa perché gli ospedali son pieni, in Italia non compaiono nelle statistiche. In più i morti italiani censiti, passano dai letti di terapia intensiva e finiscono nella bara comunque, come per altro in tutto il mondo visto che non sembra esserci una cura effettiva ma solo un supporto terapeutico che è lo stesso in tutto il mondo. Cos’hanno i tedeschi di diverso? Letti più comodi? Respiratori fabbricati dalla Mercedes? Dottor House in ogni stanza? Non si sa …

Ma una rasoiata di Occkam comincia qui e lì a comparire a mezza bocca. Un portavoce del direttivo del’ISS che ogni sera affianca Borrelli in conferenza stampa, a precisa domanda, qualche giorno fa ha risposto qualcosa tipo “io so che noi contiamo sia “morti di” che i “morti con”, come contano gli altri, non lo so”. Da qualche giorno questo insistere sul fatto che noi contiamo -tutti- i morti è stata ripetuta da Borrelli, Brusaferro e altri membri dell’ISS che si alternano giornalmente anche fuori dal contesto della “questione tedesca”. Ieri hanno avanzato dubbi su questa differenza che è logicamente l’unica e per giunta auto-evidente statisticamente e logicamente parlando, un biologo su la Stampa ed uno sul Corriere.

Nessuno può ufficialmente accusare i tedeschi di contare i morti in modo scorretto è evidente, sarebbe guerra diplomatica ed anche improprio perché non lo si può dimostrare, ovviamente. E’ inoltre una questione più politica che non virologica o biologica, non sta a gli scienziati fare ipotesi di tal fatta anche se ogni biologo o virologo o statistico sa che quella sproporzione è talmente esagerata che non c’è altro modo per spiegarla. E così si spiega anche il silenzio pudico in Europa, chi va a fare una accusa così grave ed indimostrabile e pure antipatica perché politicizzare i morti è davvero brutto?

Abbiamo visto tutti come ogni cancelleria ha negato sin dall’inizio l’esistenza del problema del virus pur nota a tutti come ora viene fuori nei rapporti dati con grande anticipo tanto negli USA che in Francia, UK e non c’è motivo di non ritenere, anche Germania. E tutti abbiamo visto come i Paesi più ostinatamente difensori del mercato come ordinatore sociale abbiamo ritardato gli interventi a costo di mentire, inventare idiozie come “l’immunità di gregge”, modulare interventi ma salvaguardando l’operatività economica come plaudono anche molti insospettabili difensori del “market first”, forse involontari, qui da noi. Magari avanzando cautele costituzionali o biopolitiche o libertarie o sdilinquendosi davanti ai miracoli del “modello coreano” o solo perché ormai il far polemica su tutto gli parte di riflesso facebook-esistenziale. E vediamo tutti la reazione furibonda al decreto del Governo pur in ritardo, pur mal comunicato, pur pieno di difetti, quando tocchi la fabbrica ed il denaro scoppiano scintille, è ovvio.

Il governo tedesco non conta i morti reali per non spaventare la propria popolazione che lo costringerebbe a misure che vogliono ritardare il più a lungo possibile, come hanno provato a fare tutti, e questo avviene nel cuore dell’Europa, dell’Occidente democratico e trasparente che s’indigna per i ritardi cinesi e le nebbie russe. Il virus in Germania colpisce solo giovani alti, biondi e sanissimi, per questo le Merkel va in quarantena stanziando miliardi di miliardi per far fronte ai 90 morti dichiarati (cioè come gli svizzeri che sono otto volte di meno!) in un mese e mezzo su 82 milioni di individui. “Buying time”, comprare tempo pagandolo con morti non censiti. Berlino manipolando la sua opinione pubblica ed iniettando al contempo denaro nell’economia, si vuole garantire il suo rimaner al centro del sistema europeo anche nel “dopo”, perché è quella la sua “potenza”. Ed alla potenza si sacrifica tutto.

[Il post è della serie libere opinioni. Naturalmente seguo la faccenda da giorni ed ne ho letto e studiato il più possibile, per quanto mi è stato possibile. Se qualcuno ha da postare dati (le opinioni di articoli che si arrampicano sugli specchi per favore no), che facciano ulteriore luce, è il benvenuto. Vediamo chi mi fa cambiare opinione …]

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PREVISIONI BRITANNICHE, di Pierluigi Fagan

PREVISIONI BRITANNICHE. Secondo la PHE britannica (Ministero della Sanità), l’epidemia di CV, durerà fino alla primavera 2021 con un calo estivo ed un ripresa nel prossimo autunno-inverno. In questa sua, inarrestabile, diffusione, infetterà circa l’80% della popolazione. Stimano 8 milioni di ricoverati, (spalmati non uniformemente nell’anno epidemico aprile 2020-aprile 2021) e circa 320.000 morti con un rate tra infettati complessivi (asintomatici, sintomatici influenzati a casa e sintomatici problematici e gravi ricoverati) dello 0,6% di quell’80%. Se fossero invece ad un rate dell’1% i morti sarebbero 530.000. Questo non è un post su come gestire il fenomeno, se all’inglese o all’italiana (tema interessantissimo che discuteremo a parte), è un post sulla attesa dimensione del fenomeno in quanto tale che rischia di rimaner più o meno tale a prescinder da come i diversi Paesi decideranno di gestirlo.

Alcune considerazioni:

1) la biologia non è l’ingegneria, le cifre dei fenomeni biologici non vanno prese alla lettera ma come media possibilmente oscillante tra +/-;

2) il PHE, come alcuni hanno fatto notare in questi giorni generando discussioni anche accese, ritiene che il virus non possa esser debellato se non con vaccino o medicinali oggi ancora in fieri. Tali medicinali sono in studio e creazione. Ma il protocollo int’le prevede –credo- un test topi e almeno tre test successivi su gli umani, poco più di un anno di tempo, di solito, prima di poter esser messi in circolazione. WHO però, potrebbe decidere di semplificare alcuni passaggi ed in assenza almeno di gravi effetti collaterali, autorizzare in via eccezionale una più precoce diffusione sperimentale di massa. A Pomezia dove una joint italo-britannica sembra esser molto avanti (vaccino) stimano comunque una eventuale operatività accelerata non prima di questo autunno-inverno. Altro discorso per medicinali che aiutano la gestione delle crisi respiratorie che diventano letali, su cui sono in corso altre sperimentazioni;

3) il virus non potrà mai esser fermato completamente perché anche ne rimassero in giro pochissismi esemplari, si riattiverebbe comunque la catena trasmissiva daccapo. Su dove, come e quanto resista il virus fuori del corpo umano, non ci sono certezze. Pare comunque resista quindi anche in assenza di casi conclamati per un po’ di tempo, potrebbe sempre rimettersi in circolo. Ovviamente, stante che non si potranno tenere i singoli Paesi ermeticamente isolati gli uni dagli altri per un anno, il circuito va inteso in senso ampio. La logica globale del CV è paradossale per noi, da una parte ti dice che l’alta interrelazione lo favorisce, dall’altra ti dice che, stante che anche minimizzandola non la puoi eliminare del tutto se non per brevissimi periodi, siamo parti di un unico sistema comunque tu decida di gestire tali interrelazioni.

4) gli indici di una contaminazione all’80% o un rate infettati/morti dello 0,6% o dell’1.0%, sono stime. Potrebbero esser 70%, l’indice potrebbe esser 1,5% – 1,0% – 0,5%, siamo a grana grossa, le cifre esatte le avremo solo fra qualche anno visto che il fenomeno non ha storia precedente su cui basarsi. Siamo dunque nel campo delle ipotesi. Ho usato fonti britanniche visto che queste sembrano -per alcuni- le meno colpite da virus sansazionalistici.

Ricordo che: 1) per quanto i morti siano il dato più clamoroso che attira la nostra attenzione, i dati da tener sottocchio sono due: A) i morti; B) gli ospedalizzati più o meno gravi. PHE, stima in 12% questi secondi sul totale popolazione, 15% sul totale infettati (80% della popolazione). Nessun sistema sanitario la mondo è in grado di gestire tali cifre, se non provando il più possibile a spalmarle in modo il più orizzontale possibile nei prossimi 12 mesi. Sul come farlo ci sono varie strategie, quella cinese , quella coreana, quella italiana, vedremo poi quali altre una volta che UK, Germania ed USA arriveranno a tassi di contagio più ampi.

Applicando gli indici dello studio britannico qui da noi, sarebbero tra i 5.5 ed i 7 milioni di ospedalizzati in un anno, con tra circa 250.000 – 500.000 morti in dodici mesi. Morti che si confermano per lo più (non del tutto ma grandemente) nella fascia anziana con da 2 a 4 patologie pregresse. Tra le patologie, si trovano anche i semplici diabetici, gli ipertesi, quelli con cuore un po’ ballerino. Qualcuno ancora sostiene la tesi CV=influenza, ma per quanto i dati siano disomogenei, si stima mi pare tra soli 4.000 a 10.000 i morti annui per complicazioni da virus influenzale, e molti ma molti meno ospedalizzati. Quell’equivalenza quindi non sembra avere senso.

Conclusioni: 1) questo studio britannico si muove sul solco di altri (un australiano, uno mi sembra americano) che rimangono per lo più secretati o poco pubblicizzati visto che danno una dimensione del problema piuttosto evidente e chiaramente, si cerca di non allarmare più di tanto le già allarmate popolazioni; 2) siamo nel campo di ipotesi su ipotesi ma A) non si può far a meno di fare ipotesi; B) questo è quello che si può fare stante dati, esperienze, conoscenze incomplete e senza storia pregressa; 3) chiaramente, il fenomeno sembra mostrarsi con un profilo davvero epocale ed a suo modo catastrofico intendendo questo termine per etimologia (καταστρέϕω «capovolgere»). Molti parametri della nostra vita associata vanno in capovolgimento.

Aggiungo una mia riflessione veloce che giustifica questo stesso post. Dal momento che c’è la fondata previsione andremo incontro a tempi di molteplici capovolgimenti, su quali aspetti e con quale intensità è tutto da vedere, chi se la sente, potrebbe cominciare a dar vita ad un dibattito di accompagno del fenomeno. La storia diventa, in questo periodo, una materia malleabile. Alcune forze potranno dar forma a questa storia, più che in passato. C’è da aumentare la nostra riflessione, la nostra facoltà previsionale della cascata degli eventi, preparare la partecipazione a gli stessi eventi. Si apre una finestra di contendibilità delle forme sociali, tramite la politica. Veniamo tutti da decenni di anestesia intellettiva e soprattutto di impotenza politica, di arrendevole pessimismo, di sviluppo della sola funzione critica passiva. La nostra vita associata verrà sconvolta dal passaggio dell’angelo della storia ed il futuro non è scritto. E’ il momento di prender la penna, collegare la mano al cervello, le menti tra loro, è mettersi nella nuova condizione di scriverla assieme questa storia. Altrimenti la scriveranno altri. Il mondo non sarà più lo stesso ormai tutti hanno capito, come sarà però lo deciderà la nostra partecipazione attiva al dargli forma.

[Nei giorni scorsi ho avuto discussioni anche nervose con amici di matita come Giorgio Bianchi e Vincenzo Cucinotta. Anche grazie a loro tesi, per me eterodosse, è stato scritto questo post. Non vergogniamoci di litigare, di discutere, di far cozzare l’un contro l’altro i nostri sistemi di idee. Solo l’intelligenza collettiva può tentar di scalare questo esplosione di complessità in atto. Di tale sistema collettivo pensante, ognuno di noi è un neurone o piccolo gruppo di neuroni. Se qualcuno trova errori di calcolo nel post li segnali, ho preferito la puntualità della notizia più che l’accuratezza, possono quindi esserci errori, se me li segnalate, li correggiamo. Nel discutere tra noi, il nemico comune è l’inconosciuto non quello che dice una cosa diversa dalla tua. Se su singoli dati qualcuno ha altre fonti le posti]

CONTINUARE A RIFLETTERE MENTRE ACCADONO I FATTI, di Pierluigi Fagan

CONTINUARE A RIFLETTERE MENTRE ACCADONO I FATTI. Una settimana fa, scrivemmo un post sul fatto dei tempi, lasciando lì una domanda di accompagno allo svolgersi dei fatti: in che misura quanto sta succedendo cambierà la mentalità e poi le forme sociali, se le cambierà? Mi pare la domanda sia e sarà, a lungo, attuale. Vediamo allora, se qualcosa sta cambiando, cosa sta cambiando.

Al momento sta cambiando una cosa sola che però non è di poco conto. Stiamo mano a mano sapendo di non sapere. Il virus sta avendo una funzione socratica, almeno potenzialmente. Non sappiamo un sacco di cose, vediamo di farne un primo elenco:

1) Del virus non sappiamo l’origine. Le tesi possibili, al momento, sono due, l’origine animale e quella umana. Quella umana ipotizza il caso o l’intenzione deliberata. La prima possibilità, l’inavvertita fuga da un laboratorio mi pare molto improbabile, la seconda mi pare ancor meno probabile per varie ragioni, ma il post non è su quello che io penso a riguardo quindi lasciamo lì la pista. L’origine animale a sua volta, chiama due considerazioni. La prima, come alcuni stanno cominciando a fare, è sul quanto il cambiamento climatico ovvero il cambiamento degli equilibri dinamici delle ecologie, stia portando a contatto le specie in modo nuovo, contatto che forma le prime catene si trasmissione che poi arrivano all’uomo.

La seconda considerazione invece è più una constatazione, una deduzione cioè cosa certa eppure fintanto che viene espressa, non conosciuta esplicitamente. L’ha espressa ieri una biologa italiana “gli uomini sono animali”. Questo potente ritorno del biologico che riprende il dominio dell’immagine di mondo dopo esser stato a lungo chiuso in cantina mentre all’attico dell’edificio cognitivo il metafisico, l’economico e l’informatico si dilettavano a dar dell’umano astratte descrizioni ad hoc necessarie poi a sciorinare il loro discorso egemone, è il grande ritorno del principio di realtà. Si noti ad esempio come alcuni concetti di recente o meno recente, grande diffusione stiano cambiando significato: il virale ad esempio, la realtà aumentata, la sempiterna relazione problematica mente-corpo, l’altra sempiterna problematica relazione emozione-ragione, il presunto concetto di “singolarità”, il nostro tendere a costruire cose morte che poi ci fanno pensare di essere divinità creatrici, il trans umanesimo e l’immortalità, il grande significato dei Big data, la distruzione creatrice, confini e frontiere, libertà, e molto altro. Il virus, sull’immagine di mondo, potrà avere un certo effetto, credo.

2) La seconda cosa che non sappiamo è anch’essa duplice: che effetto ha sugli individui e che effetto ha nei grandi numeri? Il virus si sta scavando una sua nicchia definitoria tra l’influenza nomale e quella spagnola. Ma fanno fatiche molte menti ad aggiornare la classificazione e quindi s’è speso inutilmente molto tempo per cercar di capire se fosse dell’una o dell’altra categoria, quando il suo posto è semplicemente in un’altra categoria, una categoria propria. Fanno fatica le menti individuali ma fa molta più fatica la mente collettiva anche perché gli esperti riflettono lo stato di incertezza. Scopriamo così lo statuto limitato della stessa nozione di “esperto”. Esperto di cosa? Innanzitutto se il virus è di tipo nuovo e categoria propria, le analogie non funzionano. La novità poi di per sé significa che non ha storia pregressa e quindi è difficile fare induzioni. Poi tra i biomolecolari, i biologi, gli epidemiologi, i medici, gli statistici, i nutrizionisti, gli immunologi, i farmaceutici ci sono decine di gradazioni di esperti. Ci vorrebbe une esperto di esperti, ma temo che direbbe: ancora non sappiamo dire precisamente. Forse è proprio che quell’aspettativa di “precisione” è sbagliata, le cose morte sono precise, quelle vive no. Ma a noi piacciono i numeri, i confini definiti, le cose chiare e distinte e poiché non vogliamo rinunciare a questa aspettativa a priori, costringiamo i fatti nel nostro letto di Procuste, tagliandoli, allungandoli, legandoli, obbligandoli a stare lì dove non possono stare ed a dirci quello non ci possono dire. Ci metteremo un po’ a cambiare i nostri presupposti, è questo il destino del nostro obbligo ad adattarci alla realtà. Questo poi se gli esperti vivessero nel migliore dei mondo possibili. Nei fatti però vivono nel nostro imperfetto mondo e quindi ecco che prima si allarmano, poi rimangono allarmati ma gli vien detto di esser rassicuranti, poi sono in competizione tra loro, oscuri funzionari della scienza vengono sbattuti davanti al microfono ed il video provando il warholiano quarto d’ora di celebrità e fanno pasticci. Ne potrebbero conseguire effetti positivi, tipo domandarsi cos’è la scienza o se sono legittime le nostre aspettative per un certo tipo di scienza che però non corrisponde alla scienza in quanto tale, quanto finanziamo e quale scienza finanziamo nella ricerca e molto altro. Ma è presto per dire, vedremo. Nel frattempo scopriamo di non sapere molte cose come accadde a suo tempo per il termine “spread” ovvero la differenza tra epidemia e pandemia, tra causa unica (il virus ammazza) e causa complessa (il virus può portare sistemi già compromessi all’esito finale, è causa quindi? O concausa? Che cos’è una concausa?). Non sapendo che WHO ha lanciato un voluminoso paper su i rischi epidemico-pandemici come fenomeno probabile per una serie di ragioni già nel 2007 (ma altri ne parlavano già negli anni ’70), ci meravigliamo che Bill Gates se ne occupi per cui se si occupa sapendo cose che noi non sappiamo, invece di domandarci cosa non sappiamo, deduciamo che Bil Gates fabbrica apposta virus per sterminarci. Anche se il virus ha mortalità relativa. Tra l’altro, WHO ossia OMS è l’unica entità pubblica ad aver mantenuto costante forma e contenuto del suo dire in queste settimane, un dire settato sul problematico-plumbeo direi.

Il secondo effetto è nei grandi numeri. Qui appaiono chiare alcune cose, ovvero che le cose non sono chiare. Come fa il Sud Est asiatico ad avere così pochi casi? O il Pakistan? O le monarchie del Golfo? E l’Africa? La Germania? Gli Stati uniti d’America? Abbiamo citato tutte aree che statisticamente hanno dalle decine alle centinaia di linee di interrelazione coi cinesi, più che non quelli di Codogno lodigiano. Scopriamo così che in alcune parti del mondo globale gli standard sanitari non sono globali (accipicchia, una deduzione davvero illuminante!), ma non lo sono neanche quelli politici. Spicca il caso americano dove il presidente ha nominato addirittura uno “Zar”, un terminale unico che è l’unico che ha diritto a parlare di cosa sta succedendo. Però è scientificamente affidabile visto che si è più volte dichiarato per il “disegno intelligente”. E cosa succede quindi nel Paese che non ha una sanità pubblica, in cui i test tamponi sono a volte a pagamento, dove la lobby delle assicurazioni private trema al timor di doversi dissanguare per pagare gli effetti del cigno nero, dove il partito di opposizione rischia di veder nominato candidato uno che propugna la sanità pubblica sul modello europeo e dove tra nove mesi si va ad elezioni col rischio di esser in recessione economica e l’evidenza che solo i ricchi possono sperare di sopravvivere indenni alla cieca furia infetticida del virus cinese? Ma che domande, non succede (quasi) niente, è ovvio! Quindi, sì non sappiamo perché non abbiamo esperienza ma neanche sapremo perché chi detiene le chiavi del diritto pubblico all’informazione, deciderà che è meglio non sapere. Infatti, una prima cosa che abbiamo capito presto, è che non il virus in sé ma le aspettative su i suoi effetti sono molto più dannose del virus stesso, per cui la società dell’informazione diventa improvvisamente la società della non informazione. I dati saranno Big per le banche dati che servono la marketing ed al controllo panoptico ma rimarranno Small per quanto riguarda ampiezza e velocità dell’epidemia.

Questa enorme bolla di incertezza oscura poi tutto il resto. L’Antartide nell’ultimo mese si sta sciogliendo e se si scioglie tutta, dio non voglia, i mari saliranno di cinquanta metri. Di cavallette abbiamo già parlato in altro post. In India si massacrano tra hindu e musulmani con un bilancio morti e feriti che fa di Delhi un posto più rischioso di Vo’ euganeo. Trump fa finta di fare pace coi talebani ma con effetti a quattordici mesi per cui c’è tutto il tempo per presentarsi alle elezioni come “ho mantenuto le mie promesse” e poi ripensarci. La Nato che ha perso l’andata della guerra in Siria, vuole giocare il ritorno scendendo in campo con i turchi che nel frattempo ci vogliono inondare di siriani, a noi che poi in teoria siamo Nato. A dirigere la CDU si candida un certo Merz che oggi lavora per Blackrock che fa paura solo a guardarlo con la sua aria da feldmaresciallo sadico che ci farà ricordare la Merkel come Nonna Papera. Prestigiose università americane hanno verificato e confermato che i risultati delle elezioni che si tennero in Bolivia erano assolutamente corretti e quindi abbiamo cacciato un presidente legittimo perché trionfasse la vera democrazia. Roubini è l’unico che dice quello che tutti sanno ovvero che ci sarà una recessione globale. Nel mentre torme di sciacalli si aggirano furtivi intorno al caos per trarne qualche piccolo vantaggio, economico, finanziario, politico, geopolitico, di momentanea notorietà.

Non sappiamo poi tante altre cose, dal quanto durerà, al che effetto finale avrà, del che faremo dopo, se ci saremo nel dopo e così via. Ma dovremo abituarci, è passata una sola forse un paio di settimane dall’inizio della storia, almeno la sua italica fase conclamata. C’è tempo per sapere quante altre cose non sappiamo e sapremo e domandarci meglio che ruolo hanno informazione e conoscenza nei funzionamenti delle nostre società complesse. Intanto, laviamoci le mani …

NB tratto da facebook

DELLA FUNZIONE INTELLETTUALE IN SOCIETA’, di Pierluigi Fagan

DELLA FUNZIONE INTELLETTUALE IN SOCIETA’. I rapporti tra immagini di mondo individuali e quella collettiva sono complessi. Chi ha quasi coincidenza, naturale o indotta, tra le due, avrà successo sociale assicurato. Chi no, dipende da come gestirà la relazione. Un individuo a tendenze intellettuali in una popolazione seminomade-militare, ad esempio, potrà soffrire di disadattamento finendo con l’esser un cattivo soldato sebbene sia un ottimo pensatore. Ma c’è anche la possibilità di scavarsi una nicchia adattiva, ad esempio diventare un cantore delle gesta dell’orda (fornirle la funzione di memoria), uno storico, il redattore dei discorsi pubblici dei capi, colui che aiuta a spiegare al “popolo” perché si fa così ed è giusto si faccia così e non in altro modo.

Può anche diventare un sacerdote, molte volte gli individui a tendenze intellettuali, nella storia, hanno avuto sfogo solo nell’appartenenza al clero. Così era nell’Antico Egitto ed in Mesopotamia, nei mille anni del medioevo europeo è stato così, lo studioso confuciano nella longeva Cina imperiale anche, (sebbene il confucianesimo non sia propriamente una religione per il significato che diamo in Occidente del termine), il monaco buddista pure, i filosofi arabi in effetti aristotelico-neoplatonici erano necessariamente, prima, islamici. Poi qualcuno ha capito il trucco ed ha detto “se siete islamici siete già dotati di un filosofia, quindi il resto fa solo confusione” e da allora l’islam non ammette più il pensiero filosofico (circa 1200 d.C.). Spesso, sono proprio gli intellettuali se in forma civile o i chierici in forma religiosa a “costruire” l’immagine di mondo. Non che se la inventino, usano certo pezzi esistenti, svolgono però la funzione di cucitori di pezzi dandone coerenza estesa, ci mettono le cause, abbinano i valori e conseguenti giudizi, danno coerenza ed offrono compiuta forma narrativa.

Poiché l’idm collettiva non ha un Io penso, per giungere sul piano sociale alla complessità funzionale che hanno le idm individuali, qualcuno dotato di Io penso deve confezionarle e revisionarle di continuo in nome e per conto del gruppo sociale o come più spesso avviene, delle proprie élite di potere. Gramsci aveva capito il problema e la sua definizione di “intellettuale organico” era appunto la presa di coscienza e di responsabilità dell’intellettuale che invece di operare al servizio del potere, si mette a servizio dei suoi simili. La cosa poi non è così semplice perché se i contro-poteri o poteri alternativi, non hanno parte anche minoritaria del potere sociale (come accadde in Italia con l’egemonia del PCI anni ’50-’60-’70), non potranno mantenere i propri intellettuali che comunque sono individui necessitati come chiunque altro. Se quindi un potere domina tutte le fonti di reddito per intellettuali, coloro che sfidano quel potere non avranno gli “Io penso” che costruiscono, coordinandole, le immagini di mondo organiche ed estese e quindi non avendo una facoltà pensante condivisa, la loro azione politica sarà depotenziata ed inefficace.

Alcune forme di potere nelle varie comunità occidentali, si sono talmente evolute, da prevedere a loro beneficio, anche la coltivazione del pensiero dissenziente. Naturalmente sarà un pensiero dissenziente inefficace, cioè che non produce teorie viabili per un altro modo di stare al mondo. In Occidente, ciò ha preso la forma tipica del “pensiero critico”, una voluminosa tradizione di chirurghi della contraddizione e giudici morali che sanzionano lo status quo, i quali producono solo “coscienza infelice”. Hanno qualche cattedra, pubblicano qualche volume, vengono interrogati pubblicamente quando la società ha bisogno di far della falsa contrizione e pentimento, ma tanto si sa che tutto questo non sposta l’ordine sociale di un millimetro. Purtroppo, le vicende del pensiero occidentale, ad un certo punto hanno portato questa convinzione che la funzione critica o negativa, sia parte dello sviluppo adattivo di una immagine di mondo. In parte è così, ma in parte no, perché la forma complessiva di una immagine di mondo non cambia perché cambiano o si aggiustano alcune sue parti minori. Su quelle maggiori o strutturali, i poteri dominanti accettano l’alternativo volo pindarico solo se è di tipo ideale, cioè ineffettivo sul piano pratico.

Così, gli ultimi centosettanta anni di invocazione dell’uscita dal capitalismo che è come invocare di uscire dalla polmonite per uno che vive nudo al polo nord.

tratto da facebook

la matassa, di Pierluigi Fagan

Avevamo detto che la logica degli eventi culminati con l’uccisioni di Soleimani, ci sarebbe apparsa più chiara in seguito ai suoi sviluppi. Proviamo dunque a fare il punto del cosa e quanto successivamente successo, ha o non ha chiarito il quadro.

L’Iran ha inviato una serie di missili forse avvertendo per tempo gli americani di modo da non fare vittime. Ha mostrato i suoi gioielli (i missili erano tutti made in Iran), ha dato in pasto alle sue opinioni pubbliche un segno di presenza, ha minimizzato gli effetti concreti dell’attacco. In realtà, per dichiarazioni convergenti dei suoi vari vertici politici e militari, l’Iran ha ribadito che l’obiettivo di fondo rimane l’estromissione degli americani dalla regione, che a sua volta è una dichiarazione propagandistica che va ridotta a “estromissione dall’Iraq”.

Ci sono almeno tre buoni motivi per perseguire questo obiettivo: 1) non avere gli americani vicini di terra, stante che rimarranno vicini di acqua sulla sponda occidentale del Golfo Persico ed in parte nel Kuwait; 2) poter espandere la propria influenza sul territorio vicino vista la maggioranza sciita di quest’ultimo; 3) continuare a perseguire l’obiettivo del continuum territoriale che dia in qualche modo a Teheran la possibilità di portare una pipeline a sfociare nel Mediterraneo che poi era il cuore del lavoro tessuto da Soleimani.

A proposito di gas e Mediterraneo, va segnalato che: 1) il giorno dell’attacco Netanyahu si trovava in Grecia dove ha firmato con la Grecia e Cipro, accordi per una nuova pipeline che partendo dalle acque territoriali israeliane, via Cipro, arriverà in Grecia. I Greci hanno specificato che dell’accordo fa implicitamente parte l’Italia (poiché la pipeline, dalla Grecia andrebbe in Italia) che però non era presente per suoi motivi interni di governo; 2) pare che i Greci si apprestino anche a diventare porto d’attracco per l’importazione di gas GNL offerto dagli USA (fonte analista di al Jazeera ovvero Qatar). Più in generale, si stanno configurando due cartelli del gas, uno è quello turco-russo, l’altro è quello americano-israeliano-egiziano-cipriota-greco (con la linea egiziana che è concorrente di quella israeliana). Entrambi contano sulla riconversione energetica europea di transizione (da petrolio e carbone a gas, in attesa delle rinnovabili) ampiamente annunciata dalla ex punk U. von der Leyen; 3) pochi giorni fa il cartello turco-russo ha inaugurato il TurkStream che arriverà in Bulgaria e da lì Serbia ed Ungheria, mentre per completare a nord il NorthStream2 che arriverà in Germania, mancano solo 300 Km su i 2.500 previsti e già pronti. Su entrambi o meglio su i paesi partner, Trump è pronto ad elevare sanzioni secondo una legge firmata a dicembre e ratificata dal Congresso. Per altro i russi hanno fatto anche un nuovo accordo con gli ucraini nell’ambito dell’operazione disgelo promossa da Macron per far passare il gas di nuovo anche tramite loro. In Italia arriverà anche il TAP si stima nel 2020.

I turchi sono su tutte le furie con gli israeliani-greci-ciprioti in quanto, sebbene non riconosciuta dalla comunità internazionale, c’è una parte turca di Cipro e quindi pretendono di esser messi in torta al nuovo progetto. Ignorati, hanno allora fatto un accordo con la Libia e questa nuova liaison spiega anche il perché delle truppe di jihadisti siriani amici di Ankara inviati da quest’ultima in Libia. Libia in cui oltre a quello di terra, si può perforare nel Golfo di Sirte sotto il quale c’è sicuramente altro gas abbondante. La faccenda turco-greca animerà le cronache dei prossimi mesi/anni poiché sotto c’è una certa confusione su i diritti delle acque territoriali e quindi ci sarà da questionare parecchio. In questo casino s’inscrive l’ambizione di Teheran di aggiungersi al “porta anche tu il metano in Europa”, stante che a questo punto potrebbe anche portare quello del Qatar (visto che l’operazione Siria non è andata in porto) che è alleata e finanziatrice di Serraj tramite Erdogan, anche condividendo i panni ideologici sempre utili della comune “fratellanza musulmana”, che invece fa venire l’orticaria a quelli del Golfo ed all’Egitto.

Tornando a USA vs Iran, il giorno dopo lo strike iraniano, Trump ha detto che aumenterà la pressione sanzionatoria verso Teheran e tutti coloro che ancora fanno affari con Teheran (cioè l’Asia e la Russia), pretendendo più impegno da parte della NATO. Si potrebbe allora ipotizzare che Trump voglia in effetti quasi uscire quatto-quatto dall’Iraq facendo bella figura elettorale tipo “riporto i ragazzi a casa”, facendo anche finta di assecondare le volontà irachene che però vanno pesate in quanto sunniti e curdi non sono affatto d’accordo col ritiro americano voluto dagli sciiti, allentando la tensione con Teheran, ma senza effettivamente levare il piedino dall’Iraq poiché sostituito da quello NATO che è pur sempre una sistema ordinato dagli americani. La cosa diventerebbe confusa, con sopra tutta l’ulteriore confusione propagandistica, si guadagnano un po’ di mesi e dopo la rielezione si vedrà.

Ma Trump, invero, nel mentre tutti si aspettavano notizie sul fatto del giorno che era lo strike missilistico, è apparso circonfuso di luce avvicinandosi al leggio della conferenza stampa in quel della Casa Bianca, parlando invece di nucleare. E sul nucleare iraniano ha detto che tutti i paesi del precedente accordo debbono archiviarlo, incluso l’Iran che per altro non lo ha abbandonato del tutto pur avendo dichiarato l’aumento delle produzioni connesse. La sua raccolta di nuovi accordi da portare all’esame elettorale (di cui parlammo in un precedente post), avrebbe compimento laddove potesse presentarsi con un nuovo accordo con l’Iran. Trump infatti, mentre tutti aspettavano di sapere notizie sull’attacco, si è dilungato su i miliardi dati da Obama all’Iran a seguito di quell’accordo, mostrando alla propria opinione pubblica come questi abbiamo finanziato le strategie del super-cattivo Soleimani. Vedo analisti che snobbano la partita elettorale americana nell’analisi dei fattori, ma mi sa che sono poco informati sulle reali condizioni politiche di Trump e del suo centro di potere. Super sanzioni all’Iran quindi ed a tutti coloro che ci fanno affari cioè i co-firmatari del precedente accordo, a dire: “perché non la fate finita e mi fate fare questo nuovo accordo che ce ne stiamo tutti più tranquilli e felici?”.

Sul piano militare si segnala che gli USA stanno silenziosamente rinforzando la presenza aero-navale-missilistica nella zona a dire “io voglio trattare con le buone ma se necessario da qui a novembre, posso anche usare le cattive se preferite”. Tant’è che i dem hanno fatto un pronunciamento che tanto non passerà al Senato, per limitare i “poteri di guerra” del Presidente. Certo che i dem sanno cosa sta succedendo sul piano militare e lo sanno dal di dentro. “Speak softly and carry a big stick; you will go far” diceva Theodore Roosevelt, tra i beniamini di Trump per sua esplicita ammissione.

Middle East Eye (Qatar, se non amico, quasi-amico o non nemico dell’Iran, stante che comunque ospita la più grande base americana della zona da cui probabilmente è partito il drone killer di Soleimani, ma ha anche in condominio con l’Iran il più grande giacimento di gas del mondo sotto le onde del Persico) ha sostenuto che spifferi ottenuti dai diretti interessanti, dicono che le forze irregolari alleate di Teheran nella regione non sono pronte a condurre attacchi significativi, la decapitazione missilistica americana ha anche gettato in confusione le forze sciite in Iraq. Tant’è che si segnala la nascita di una sorta di federazione delle forze sciite perché lo sbandamento è stato forte. Iraq in cui si comincia a giocare anche la partita di nuove elezioni per un nuovo governo (parallelamente anche in Israele, con probabilità) che è poi quello che dovrebbe dar seguito ai pronunciamenti del parlamento sull’uscita della forze straniere dal proprio territorio e stante che il nazionalismo iracheno (inclusa una parte sciita), comincia a mal soffrire tanto gli americani, che gli iraniani.

Infine, Teheran, ha ammesso l’errore dell’abbattimento dell’aereo ucraino. Poteva non farlo ma l’ha fatto, segno che ci tiene a tenere un certo profilo a livello di comunità internazionale, pagando in immagine di affidabilità ma guadagnando in onestà. Potrebbe anche trattarsi di un segno di prevalenza dell’ala riformista vs quella militare, partita nota a gli USA da prima di colpire Soleimani e parte del quadro come dicemmo il giorno dopo il fatto.

Insomma, non abbiamo le idee molto più chiare o meglio abbiamo chiarito certi punti ma se ne sono aperti altri, come al solito. Chiudo con una nota metodologica. Allego cartina presa da un post di un contatto amico che ringrazio (Davide Ragnolini) perché esemplifica visivamente che sorta di grande casino sia il Medio Oriente, tenuto conto che manca l’affaire palestinese-israeliano, le questioni petrolifere, quelle ideologiche, gli sciiti e sunniti, per “semplificare”. Nonché la Cina, l’India e Keyser Söze. Anche a consigliare a molti amici di moderare gli impeti ideologici nel fare analisi, la realtà è già bella complicata e dovremmo tutti cercar di comprenderla meglio moderando l’entropia dei giudizi in libera uscita. Dopo tifiamo, ma prima raccontiamo la partita. Al prossimo aggiornamento che tanto la faccenda, come si sarà capito. “non finisce qui”.

 

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