Manifestazioni in Serbia , un paese diviso tra l’influenza occidentale e i legami storici con la Russia. Le università sono in fermento e Chiara Nalli presenta in esclusiva per Italia e il mondo un reportage direttamenta dalla protesta e dal mondo studentesco. Da settimane, manifestanti scendono in piazza contro il governo di Aleksandar Vučić, accusato di autoritarismo e di imprecisata corruzione.
Interferenze straniere nel tentativo di destabilizzare il paese o Desiderio di cambiamento ? Nikola Duper Regista e pensatore libero interviene in questo approfondimento con una visione alternativa per spezzare il dualismo della polarizzazione .
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Più che un semplice sopracciglio, questo solleva chiaramente delle domande su come sia possibile negoziare con un personaggio così instabile, che esemplifica un pregiudizio così sfrenato e poco professionale.
Il narocrate, ora debitamente eletto, ha poi ammesso che l’Ucraina non è in grado di riconquistare con la forza i territori perduti:
La dichiarazione più interessante è stata fatta dalla stessa CBS, attribuita a Zelensky sui social media: l’Ucraina ha fino a “100.000 soldati morti”:
L’ufficio stampa di Zelensky ha immediatamente cercato di limitare i danni:
Zelensky non ha menzionato i presunti 100.000 soldati uccisi nell’intervista con la CBS – l’addetto stampa di Zelensky.
Secondo Serhii Nykyforov, la CBS News ha attribuito le proprie cifre al presidente Zelensky. Le perdite dell’Ucraina ammontano a 45.100 soldati morti a febbraio.
Quindi, l’Ucraina è ancora ufficialmente sulla linea dei 45.000 morti. È curioso che già nel maggio 2022 Zelensky ammettesse essenzialmente 100 morti al giorno nei combattimenti di intensità molto minore:
Dico “a bassa intensità” perché questo avveniva molto prima della mobilitazione russa – a questo punto forse 150-200k truppe russe totali erano state coinvolte nella guerra, rispetto alle oltre 600k di oggi. La guerra è ora al giorno 1145, e se si moltiplica questo dato per 100 KIA al giorno, si ottiene un minimo di ~115.000. Ma, come ho detto, la linea del fronte era molto più piccola all’epoca, e possiamo aspettarci che le perdite siano salite alle stelle, il che può significare che la cifra reale è molto più alta di 115.000.
Da parte sua, Trump è esploso per l’intervista, definendo la CBS un’emittente fallita e altri insulti prevedibili. Il problema è che Trump si è arenato sulla sua posizione sull’Ucraina, scavandosi una fossa sempre più profonda per la disperazione di salvare la faccia dopo il fallimento dei colloqui con la Russia. Nei suoi tentativi, ha fatto emergere parecchie contraddizioni. Avvertendo l’opinione sempre più diffusa che il conflitto ucraino sia ormai “di sua proprietà”, Trump è passato all’offensiva sostenendo che, in fin dei conti, si tratta di un conflitto di Biden. Ma allo stesso tempo, ha continuato a vantarsi di essere stato il presidente che ha dato all’Ucraina il primo grande impulso militare con i Javelin, che hanno vinto la loro “prima grande battaglia” e presumibilmente distrutto molti carri armati russi:
Quindi, di chi è la guerra, davvero?
Questo puzza di disperazione infantile:
In effetti, Trump sta diventando molto nervoso per la ferma adesione della Russia ai suoi principi di lunga data. Desideroso di ottenere una spinta in termini di pubbliche relazioni per porre fine a una guerra fastidiosa di cui non sa nulla, Trump sta quasi implorando la Russia di smettere di avanzare e di vincere:
La Russia deve fermare la guerra perché stanno morendo troppe persone? Dalle labbra dell’uomo che ha appena bombardato lo Yemen, sfasciando decine di bambini e civili?
No, non ci lasciamo ingannare così facilmente. Non gli importa assolutamente nulla di eventuali “morti” immaginati in Ucraina, altrimenti suonerebbe il suo shofar altrettanto forte sul genocidio in corso in Palestina, aiutato in pieno dalla sua amministrazione, per non parlare del massacro insensato in Yemen. In realtà, è probabile che Trump si stia agitando per due motivi: il primo, come detto prima, per guadagnare punti politici per la sua amministrazione in difficoltà; il secondo è probabilmente perché tutti gli operatori del MIC Deep State che lo circondano stanno esercitando forti pressioni interne su di lui per riorientarsi verso la Cina, e lui sa che il conflitto in Ucraina è un enorme freno per le risorse degli Stati Uniti.
È probabile che ci siano anche ragioni più segrete, come il fatto di non volere che la Russia espanda troppo il suo controllo e la sua influenza in Europa, dato che gli influencer dei think tank hanno probabilmente informato Trump delle conseguenze di ciò: La rapida conquista dello status di superpotenza da parte della Russia.
Tornando al tema delle vittime, c’è un’altra serie di cifre interessanti che sono emerse negli ultimi giorni. Innanzitutto, c’è stato il rapporto “scioccante” di Verstka Mediache il reclutamento militare è aumentato in Russia, anche più del normale:
L’analista nota nel thread la sua convinzione che la Russia subisca ~200 KIA al giorno in guerra, il che significherebbe che, secondo i suoi numeri, la Russia sta ampiamente superando le perdite.
Secondo Sibreal.org, il reclutamento militare è in aumento nelle regioni russe, con i funzionari che offrono bonus per la firma e spingono in modo aggressivo i contratti. A Irkutsk, a partire dal 1° marzo, le nuove reclute ricevono 1,4 milioni di rupie di bonus, più di un intero stipendio medio annuale.
Il primo pezzo di Verstka è un grande fallimento della propaganda; non solo hanno scoperto che la regione di Mosca ha registrato un numero record di arruolamenti in aprile – il che va contro le rozze affermazioni sulla Russia che “sfrutta” le regioni più povere a vantaggio dei “ricchi moscoviti” – ma anche che i russi si arruolano non per i soldi, ma per vendicarsi di Kursk e, cosa più importante, per aumentare il morale grazie ai crescenti successi percepiti dell’esercito russo:
Parlando di ciò che motiva i volontari moscoviti ad arruolarsi oggi nell’esercito, la fonte che li seleziona osserva che si tratta, tra le altre cose, del successo dell’esercito russo sul campo di battaglia, della propaganda e del desiderio di vendetta. Per quanto riguarda il primo punto, il selezionatore fa riferimento alla liberazione della regione di Kursk, e per quanto riguarda il secondo, ai resoconti dei media filogovernativi su possibili crimini da parte delle forze armate ucraine.
Questo è lo sviluppo più negativo che si possa immaginare per l’Ucraina: significa che i russi sono sempre più fiduciosi e il loro patriottismo rafforzato non fa altro che ampliare le dimensioni e la forza dell’esercito.
Ma c’è di peggio: Il vice capo dell’Ufficio presidenziale ucraino Pavel Palisa ha rilasciato un altro dato devastante in un’intervista con BIHUS Info, come riportato da Ukrainian Pravda:
Ucraina: nonostante l’offerta di un sussidio in denaro una tantum di 1 milione di grivna (24k dollari) “solo 500 persone tra 18 e 24 si sono arruolate nell’esercito” Vice Capo dell’Ufficio Presidenziale Pavel Palisa.
Quindi, pur avendo offerto praticamente lo stesso bonus di firma di oltre 24 mila dollari delle truppe russe, la tanto decantata campagna di reclutamento di Zelensky tra i 18 e i 24 anni ha ottenuto un totale di …. 500 signups.
No, non solo ad aprile, ma dall’inizio dell’intero programma, a febbraio. Ciò significa che da questa coorte critica di 18-24, nonostante gli incentivi monetari record, sono riusciti a reclutare – da tutto il Paese, nientemeno che 160 persone circa al mese. Questo mentre la Russia ne recluta più di 1.000 al giorno.
Il punto è che si tratta di un segnale di pericolo per la coorte critica 18-24: significa che praticamente nessuno in quella fascia di età vuole servire volontariamente in guerra. Come una sorta di prova per una futura mobilitazione forzata di questo gruppo, dimostra che praticamente nessuno di questo gruppo vuole servire volontariamente, e che costringerli a combattere quando sarà il momento sarà un affare molto complicato.
Questo avviene in un momento in cui si moltiplicano le segnalazioni di donne reclutate nei ranghi, anche dalla prigione:
Un soldato catturato delle Forze armate ucraine del 425° reggimento d’assalto “Skala” ha riferito durante l’interrogatorio dell’arruolamento di donne dalle carceri nelle Forze armate ucraine. Le hanno preparate per un mese e mezzo, e ora ci sono 2-3 donne nell’unità d’assalto composta da 8 persone.Gli uomini della Roccia hanno circa 45 anni, e le donne circa 30.
Per non parlare dei primi decessi riportati dalla nuova coorte 18-24, tra cui una ragazza di 21 anni che è stata presentata in un video in cui si parlava con orgoglio della sua iscrizione al programma di bonus da 1 milione di grivna:
Non molto tempo dopo, è stata segnalata la sua morte sul fronte, insieme a un’altra 18enne della sua coorte:
Sono stati segnalati i primi decessi tra coloro che hanno firmato un contratto nell’ambito del “programma 18-24” con l’esercito ucraino. Si tratta di un ragazzo di 18 anni di nome Alexander e di una ragazza di 21 anni di nome Veronika.
La cosa davvero interessante è che, a giudicare dal necrologio, Alexander è morto il 5 aprile. Anche se avesse firmato il contratto il giorno dell’annuncio del programma, l’11 febbraio (cosa improbabile), dal momento della firma al momento della sua morte sono passati poco più di 50 giorni invece dei 3 mesi di addestramento promessi (in pratica 45 giorni + 14 giorni + 14 giorni). È evidente che queste promesse non vengono mantenute e che le giovani reclute vengono mandate al fronte molto prima.
Qualche ultima notizia:
La notizia che la “coalizione dei volenterosi” per galvanizzare l’intervento sul terreno in Ucraina è fallita di nuovo:
Allo stesso tempo, gli esuberanti uomini rana di Mad Macron sembrano essere pronti a combattere in Romania:
L’esercito francese si prepara a combattere la Russia al confine con la Romania, – Le Figaro
L’esercito francese mappa il territorio al confine della Romania con l’Ucraina e la Moldavia in caso di un possibile scontro tra la NATO e la Russia.
Nel 2024, i soldati della 28esima unità militare separata delle forze di terra francesi, l’unica unità topografica militare della repubblica, sono arrivati in Romania per aggiornare le mappe dell’area. I militari hanno prestato particolare attenzione alla mappatura della Porta di Focsani, un corridoio tra le propaggini dei Carpazi e il Danubio che, secondo la NATO, potrebbe essere utilizzato dall’esercito russo per un’offensiva.
In condizioni di combattimento, le truppe devono essere pronte a continuare le operazioni anche se i segnali satellitari sono soppressi.
“Gli Alleati avevano bisogno di informazioni aggiornate sul campo di battaglia previsto”, ha spiegato il comandante dell’unità, colonnello Guillaume Schmidt, lo scopo della missione.
Il risultato del lavoro congiunto dei topografi militari francesi e dell’Agenzia Cartografica Nazionale della Romania è stato una mappa tridimensionale dell’area.
“Ci permetterà di determinare con precisione la posizione dei ponti e dei possibili attraversamenti”, ha spiegato il sergente Joannie.
Una battaglia tra l’esercito francese e quello russo ai confini orientali della Romania è possibile solo se le forze armate russe cattureranno prima la regione di Odessa e la Moldavia.
RVvoenkor
Rileggete l’ultima parte:
Una battaglia tra l’esercito francese e quello russo ai confini orientali della Romania è possibile solo se prima le forze armate russe conquistano la regione di Odessa e la Moldavia.
È vero il contrario: è chiaro che sono lì per tracciare le rotte per impadronirsi rapidamente di Odessa nel caso in cui le difese ucraine crollino e le truppe russe si abbattano sulla città chiave.
L’articolo del Times travisa ciò che ho detto. Parlavo di una forza di resilienza dopo il cessate il fuoco a sostegno della sovranità dell’Ucraina. Nelle discussioni sulla spartizione, mi riferivo ad aree o zone di responsabilità per una forza alleata (senza truppe statunitensi). Non mi riferivo a una spartizione dell’Ucraina.
L’amministrazione Trump non ha la minima idea di come porre fine al conflitto e ieri Lavrov ha detto che gli Stati Uniti non si sono ancora avvicinati a riconoscere gli interessi fondamentali della Russia nella guerra. Le due parti si sono incontrate di nuovo a Istanbul pochi giorni fa, ma si dice che dell’Ucraina non si sia discusso affatto, avendo invece la precedenza altre aree di riavvicinamento preliminare tra i due Paesi.
Witkoff ha comunque incontrato Putin e ha pubblicato un promettente riassunto delle “cinque ore di incontro”: Putin ha effettivamente espresso per la prima volta di persona le condizioni esatte necessarie per raggiungere un cessate il fuoco.
Ciò significa che l’amministrazione Trump non ha più alcuna scusa per fingere di non comprendere le richieste e gli interessi di sicurezza della Russia.
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(testo 100% senza l’uso di Intelligenza Artificiale, immagini generate da Grok 3)
Riceviamo e pubblichiamo_Giuseppe Germinario
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Re(h)Arm Europe è il nuovo brillante piano da 800 miliari di Ursula von der Leyen & friends per consolidare e accelerare il suicidio dell’Europa che conta (i debiti). Dopo i successi ottenuti dalle politiche green e pandemiche appare saggio riproporre il medesimo schema incentrato sull’emergenza di turno, vale a dire la conquista del Vecchio Continente da parte della Russia; non subito però, niente allarmismi, bensì a partire dal 2030: godetevi quindi i prossimi 5 anni come se fossero gli ultimi.
Per capire meglio affidiamoci a un Q&A come fanno i top del mestiere.
· Ci sono sti 800 miliardi?
Sì, basta indebitarsi, così come gli Stati Uniti insegnano per lo meno dalla grande crisi finanziaria del 2008. Lo schema è questo: più spese —> più debito —> inflazione galoppante —> rialzo dei tassi (in ritardo) —> avvisaglie di una nuova crisi —> taglio dei tassi—>ulteriori spese e ulteriore debito per rimandare la catastrofe (vedrete, succederà lo stesso con la questione tariffaria).
Certo, per noi europei sarà più difficile senza un mercato obbligazionario comune e una valuta credibile; comunque state tranquilli, 150 miliardi ce li dà direttamente Ursula von der Leyen, mentre per gli altri 650, cari Stati Membri, dimenticatevi un Ventennio di austerità e sfondate pure i vostri bilanci.
· C’è consenso istituzionale attorno a questo piano?
Pare di sì, il Parlamento europeo ha votato preventivamente a favore con alcune eccezioni (i Patrioti ad esempio). E il consenso dei cittadini? Chi se ne importa, dai.
· A sto punto abbiamo tutti gli ingredienti o serve altro?
Qualcosina direi di sì.
1) Materie prime. Le abbiamo? Direi di no, dato che l’energia ce la forniva (e fornisce) il nostro nemico (la Russia), mentre tutto il resto arriva per lo più da Est (ancora Russia e Cina). Detta semplice, se Pechino blocca l’esportazione di alcuni minerali riusciamo forse a fare i fuochi d’artificio a Capodanno e basta.
2) Uomini. Li abbiamo? Direi di no. Ufficialmente l’UE ha circa 1 milione e mezzo di militari, più o meno come la Russia. Peccato però che i russi siano tutti “combat ready”, vale a dire mobilitati, addestrati e pronti a menare, forti dei 3 anni di esperienza sul campo che nessun esercito al mondo può vantare.
Su quel milione e mezzo di europei andrebbe invece fatta una bella indagine visto che in Italia si chiudono caserme ogni mese, in Inghilterra si dismettono navi, sottomarini ed elicotteri per mancanza di personale, mentre in Francia come è ventilata l’ipotesi di schierare un paio di brigate in Ucraina c’è stata una fuga verso la pensione o la vita civile da parte di migliaia di ufficiali. Evitiamo di toccare il tasto dolente riguardante i nostri stili di vita; basta levare 2 ore internet a un 20enne o un’apericena a un 30enne per rendersi conto che non sono adattissimi a una trincea.
3) Competenze sufficienti. Le abbiamo? Direi di no, i dirigenti delle aziende di settore lo confermano e i militari in servizio se va bene sono stati impegnati in “missioni di pace” contro milizie e non contro eserciti regolari, se va male hanno fatto da bodyguard a medicinali o naufraghi (loro malgrado, ben inteso).
4) Tecnologie. Le abbiamo? Direi di no, nessun Paese NATO (o UE, qual è la differenza?) ha i missili ipersonici, mentre Russia, Cina, Iran e Corea del Nord sì. Nessun Paese NATO ha armi nucleari che si siano dimostrate pronte all’uso. Gli inglesi di recente han fatto una prova fallimentare, statunitensi e francesi eseguiranno alcuni test a breve. Tralasciamo la questione satelliti che molti vorrebbero aggirare acquistando il sistema Starlink di Musk. Ottimo per carità, sta facendo un gran servizio in Ucraina però…però che senso ha implementare un sistema di difesa europeo e poi affidarsi a tecnologie USA? Tra l’altro tecnologie oggi indispensabili anche per la vita civile. Cina, Russia, India e ora anche Iran stanno sviluppando sistemi propri; la Cina è addirittura più avanti di Elon, con comunicazioni laser non solo tra satelliti, ma anche tra satelliti e pianeta Terra.
E ancora, che senso ha indebitarsi per arricchire le società USA da cui compriamo aerei di dubbia efficacia e sistemi di difesa poco efficienti? Qualcuno si è mai chiesto cosa accadrà se avremo un interesse in conflitto con Washington? Ormai dovremmo avere capito che ad ogni cambio di presidente gli “americani” si scordano di tutto quello che è accaduto fino a 2 minuti prima, tranne di una cosa: dei loro interessi.
5) Scorte. Le abbiamo? Direi di no. UK, Germania e Francia lo han detto più volte, in una guerra contro la Russia durerebbero un paio di settimane, poi starebbero a guardare. Basti pensare che i famosissimi ATACMS, missili a corto raggio con cui l’Ucraina avrebbe dovuto vincere la guerra, sono finiti.
6) Unità di intenti e catene di comando unificate. Le abbiamo? Direi di no. In guerra sono fondamentali, la Russia stessa ha avuto le sue difficoltà pur essendo un solo stato e per di più formato da un popolo coeso. Figuriamoci un’armata europea diretta da un francese che vuole primeggiare, un tedesco che va per conto suo e un italiano che, messo alle strette, si inventa un qualcosa di non programmato per non lasciarci le…la pelle.
7) Tempo. Lo abbiamo? Direi di no. Siamo indietro su tutta la linea (vedi la recente esplosione del razzo Spectrum). E la programmazione futura non lascia spazio a concrete possibilità di recupero. Di Starlink abbiamo già detto. Non pare nemmeno una gran pensata sviluppare un aereo da guerra di sesta generazione (cioè, basato sull’intelligenza artificiale) con gli inglesi (e giapponesi) che non fan parte dell’Unione Europea e che hanno una impercettibile tendenza a voler comandare; a maggior ragione ora che gli USA hanno appena annunciato il loro caccia di sesta generazione F-47. E non parliamo dei costi, il progetto F-35 (2 trilioncini chiavi in mano) non ci ha insegnato alcunché? Con gli stessi soldi, in un decimo del tempo, potremmo…leggere fino alla fine
· A parte questi piccoli dettagli serve ancora altro?
Beh, magari serve uno Stato, se non vogliamo un Euro 2.0 con la Germania che ride e gli altri un filino meno. Le premesse, purtroppo, vanno in questa direzione.
Poi serve anche capire cosa fare della NATO: ce la teniamo così com’è, la smantelliamo o la rafforziamo? Se poi Roma dovesse attaccare Mosca lo farebbe come Italia, come UE o come NATO? È importante saperlo così da dettare ai russi la risposta adeguata; nel primo e secondo caso possiamo risolverla a cannonate, nel terzo no, è escalation nucleare certa. Il tutto sempre tra 5 anni; Vladimir non ti azzardare ad attaccare quando non siamo ancora pronti!
· Ok ci sono alcuni aspetti negativi, però almeno sconfiggeremo Putin?
Tenuto conto che già oggi gli Stati Membri spendono per la difesa più del doppio della Russia (326 contro 146 miliardi di dollari l’anno) e, nonostante il supporto di USA, Canada, Sud Corea, Giappone, Australia e Nuova Zelanda non cavano un ragno dal buco, proviamo ad avanzare qualche dubbio.
Se poi aggiungiamo che un carro armato costa il doppio di cinque anni fa e un proiettile di artiglieria il triplo, possiamo addirittura ipotizzare che per essere realmente competitivi 800 miliardi siano pochi (qui lo dico e qui lo nego). Mica Ursula von der Leyen & friends avranno sparato una cifra a caso senza sapere cosa realmente serve? No dai…
· Quindi che si fa?
Per chi ha ancora la pazienza di leggere e non ha ancora assunto antidepressivi, proponiamo delle possibili alternative, anche al solito “meglio investire in scuole e ospedali”, tanto non lo faranno; prendiamo quello che c’è e volgiamolo a nostro favore, ovviamente al grido di: ce lo chiede l’Europa!
· Cambiare mentalità.
I recenti conflitti (in Ucraina, Medio Oriente e Africa) dovrebbero averci insegnato una cosa: che chi più spende…più spende.
A cosa serve avere armamenti complicatissimi da gestire, con costi di esercizio e manutenzione da paura, tra l’altro fragili e non così efficaci come si teorizzava se poi con 2 droni, 2 apparecchiature elettroniche e 2 missili ben lanciati ti metto in crisi 30 anni di spese per la difesa e il commercio internazionale (vedi Houthi nel Mar Rosso)?
Le guerre moderne si combattono con soldati ben addestrati, ingegneri sul campo di battaglia, industrie competitive, droni, artiglieria, missili hi-tech per gli obiettivi importanti e nucleari per la deterrenza.
Le armi usate nel 2022 in Ucraina non sono quasi più le stesse, si sono evolute. I droni, i satelliti e la guerra elettronica han preso il sopravvento. Si sparano 15 20 mila pezzi di artiglieria al giorno, a cosa serve produrre munizioni da 150 mila dollari l’una che tra l’altro funzionano poco? Meglio avere 50 missili ipersonici non intercettabili per gli obiettivi strategici e poi qualche milione di pezzi di artiglieria old fashion per le necessità quotidiane. Meglio avere un vecchio carro armato con un motore efficiente e una copertura contro i droni che un carro iper costoso, pesante, lento e talmente complicato che per cambiargli un cingolo devi riesumare Einstein. Meglio utilizzare aerei non all’avanguardia che però hanno grandi serbatoi, radar ad ampio raggio e missili (o bombe) che puoi sparare da decine e decine di chilometri: il nemico li vede, ma non può farci nulla; i russi hanno appena cominciato ad usare i loro aerei più moderni e più per testarli che per altro; la differenza l’han fatta dei kit per guidare le bombe sul bersaglio da poche migliaia di dollari.
Certe spese folli, come navi a go go e diverse varianti di aerei di sesta generazione, solo la Cina può permettersele, perché ha tutto ciò che occorre. Eppure, anche a Pechino puntano tantissimo sui droni aerei, di terra, navali e sottomarini. Costi contenuti e resa altissima. La Russia ha 6 mila testate nucleari montate su dei vettori che possono viaggiare a velocità ipersonica o sostare nello spazio così come sul fondo del mare: caro duo delle meraviglie dove vogliamo andare? Ah, e Putin non usa Signal per progettare gli attacchi o Whatsapp per fare gli ordini (chicca per intenditori).
· Seguire l’esempio tedesco
Dato che la locomotiva d’Europa (o meglio, di se stessa) per aiutare il proprio apparato industriale abbellisce da tempo immemorabile i propri bilanci, non potremmo anche noi ricorrere alla chirurgia estetica? Come?
Beh, ad esempio, iniziando il riarmo dall’acquisto di materie prime a buon mercato (tramite accordi bilaterali con Cina, paesi africani e…Russia), dalla formazione di tecnici, dallo sviluppo di software (guerra elettronica, cyber sicurezza e un sistema operativo made in Europe), dalla realizzazione di infrastrutture per spostare armi e soldati (strade porti aeroporti) e per comunicare (satelliti con tecnologia laser); insomma, un bel ritocchino completo per la prova costume.
Finito ciò rimarranno forse 3/4 mila euro; a quel punto, in pieno stile unionista europeo, avanti tutta! Altri soldi e via al riarmo vero e proprio fatto di? Droni (sull’esempio di Turchia, Iran, Russia e Cina), marina per sto benedetto Mediterraneo in cui oramai contiamo come le isole Sandwich Australi, mezzi e armi a basso costo e di facile manutenzione da esportare ad esempio in Africa (dove dovremo competere con Russia e Turchia).
· Favorire le collaborazioni tra Paesi membri
Ampliare le Joint Venture europee migliorando quelle già esistenti, con il coinvolgimento dei governi nazionali anche in fase di marketing (vedi l’accordo da 40 miliardi siglato in Arabia Saudita dall’Italia). Questo implica che ogni produzione interna o acquisto presso fornitori esterni all’UE venga deciso autonomamente dagli Stati e dalle aziende coinvolte e mai e poi mai a livello centralizzato; ne abbiamo già visto l’inutilità e gli sprechi miliardari in fase di acquisto dei vaccini. Se proprio proprio Ursula von der Leyen insiste, diamole una commissione per averci ispirato e lasciamo che si goda una meritata pensione.
· Investire e non solo spendere
L’obiezione più immediata cui si accennava prima (meglio usare questi soldi per scuole e ospedali), parte da un presupposto errato, vale a dire considerare ogni spesa esclusivamente come un costo a fondo perduto o un aumento incontrollato del debito; si può anche produrre qualcosa di utile, vendibile e allo stesso tempo creare lavoro (prima che l’IA si prenda tutto) e profitti, ossia avere dei ritorni sui soldi spesi sia in termini economici sia sociali. L’importante è che il grano non vada ai soli azionisti e ai mercati finanziari, ci siamo capiti.
Parimenti, non bisogna dimenticare che molte delle tecnologie civili nascono da ricerche militari. Pensiamo ai cellulari e a internet. Ancora una volta, investire per avere dei ritorni sulla vita quotidiana di ognuno.
Quindi, per concludere la filippica: o saluti l’UE (come molti di noi compreso chi scrive auspicano) o, visto quello che ci costa ogni anno, cerchi di sfruttare le occasioni che si presentano. Come singolo stato e nell’interesse nazionale, perché l’Unione nel suo complesso non ha più alcuna credibilità. Ciò detto, care Ursula von der Leyen e Kaja Kallas, il ReArm Europe:
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In Chinatown (1974) di Roman Polanski, l’investigatore privato Jake Gittes affronta il perfido oligarca Noah Cross a proposito del suo piano per creare una siccità: deviare l’acqua dalla San Fernando Valley per cacciare i residenti, svalutare i terreni e comprarli a basso prezzo per un enorme progetto di bacino idrico. “Perché lo fai?”, chiede Gittes. “Quanto di meglio puoi mangiare? Cosa puoi comprare che non ti puoi già permettere?”. Cross non esita. “Il futuro, signor Gittes”, rutta. “Il futuro!”Questa scena rivela l’arroganza di un uomo ricco che, dopo aver accumulato più ricchezze di quante potesse effettivamente utilizzare, si è prefissato di raggiungere la grandezza e lasciare un segno. Persone come Cross non vogliono essere ricordate solo come uomini che hanno accumulato fortune, ma come “grandi uomini” che hanno creato il futuro della civiltà umana.Ai nostri giorni, Donald Trump ed Elon Musk incarnano le ultime iterazioni di questo archetipo. Mentre la seconda amministrazione Trump si accingeva a inaugurare il post-neoliberismo ristrutturando lo stato amministrativo interno e rivoluzionando l’ordine mondiale per la prima volta dalla rivoluzione di Reagan e Thatcher, i suoi principali esponenti hanno anche delineato le loro visioni per il futuro, che credono fermamente appartenga ancora all’America.Può sembrare strano attribuire l’etichetta di “futuristico” al movimento che ha reso popolare lo slogan “Make America Great Again”, con tutte le sue connotazioni nostalgiche. Ma il suo futurismo è evidente nell’ambizione tecno-utopica di Elon Musk di colonizzare Marte, così come nel desiderio di acquistare la Groenlandia ed espandere la sua base spaziale, e nel vago piano del presidente di trasformare Gaza nella “Riviera del Medio Oriente”. Nel suo discorso d’insediamento, Trump ha ulteriormente sostenuto le ambizioni spaziali di Musk: “Perseguiremo il nostro destino manifesto verso le stelle, lanciando astronauti americani per piantare le stelle e le strisce sul pianeta Marte”.È facile liquidare il futurismo MAGA come una mera montatura pubblicitaria. Ciononostante, Trump e Musk sembrano essere tra le poche figure di spicco del nostro tempo ad avere una visione del futuro e a volerla perseguire come programma politico, non come l’ennesima startup di intelligenza artificiale. Ma questo potrebbe essere più indicativo della più ampia scomparsa di qualsiasi idea convincente per il futuro, che ha lasciato un vuoto che sono in grado di colmare.L’idea di futuro, così come la concepiamo oggi, ha le sue origini nell’Illuminismo ed è strettamente correlata all’idea di progresso. La certezza che il futuro fosse latente, ricco di possibilità che avrebbero radicalmente migliorato la sorte dell’umanità, e che la ragione e l’azione umana fossero la via per raggiungerlo, un tempo animava il movimento socialista, convinto che il socialismo avrebbe rappresentato un progresso rivoluzionario sul capitalismo.Anche da una prospettiva liberal-democratica, è fondamentale che le persone credano che il futuro sia aperto, non scolpito nella pietra. Le fazioni politiche in competizione devono essere in grado di presentare alternative concrete allo status quo, preservando la possibilità che la società possa evolversi in direzioni diverse. Il popolo, essendo sovrano, può scegliere la strada che desidera seguire. Il familiare cliché di una “transizione pacifica del potere” si basa sull’idea che il futuro possa cambiare: anche chi perde un’elezione avrà altre possibilità di ottenere il sostegno pubblico per la propria visione.Uno dei motivi per cui la democrazia liberale è in crisi da decenni è che non c’è più un futuro comune verso cui crediamo di muoverci. Le questioni politiche vengono trattate come meramente tecniche, anziché andare alla radice dell’organizzazione della società, svuotando la politica di sostanza e significato.Molti progressisti contemporanei, ironicamente, vedono poche speranze di progresso e sono pieni di paura per ciò che riserva il futuro. Vedono solo catastrofi incombenti – crisi climatica, pandemie e simili – e ritengono il loro ruolo quello di prevenirle attraverso la “decrescita”. I tecnocrati liberali considerano il futuro come qualcosa da calcolare e gestire: aggiustare questo, stabilizzare quello, guardare cosa dicono le previsioni del PIL, stabilire questi obiettivi di decarbonizzazione e così via.Non sorprende che questi approcci facciano fatica a competere con il futurismo trumpiano, per quanto alienante quest’ultimo sia per molti. Il liberalismo tecnocratico non offre ai cittadini il senso di appartenenza a un’impresa collettiva, di sostegno a qualcosa di comune. Il catastrofismo di sinistra cerca di ispirare le persone all’azione dicendo loro che le aspirazioni devono essere limitate nell’interesse della semplice sopravvivenza, piuttosto che della prosperità.“Al suo centro c’è un nucleo razionale.”La forza del futurismo trumpiano e muskiano risiede nel suo inconscio attaccamento alle idee di progresso borghese, avanzamento tecnologico, sviluppo e apertura storica. Si contrappone alla visione secondo cui il futuro è già determinato, qualcosa da gestire nella speranza di evitare lo scenario peggiore. Al suo centro c’è un nucleo razionale: la convinzione che i limiti del potenziale umano non siano stati ancora esauriti.Per fare un esempio, le ambizioni di Elon Musk di promuovere l’esplorazione spaziale e infine colonizzare Marte possono sembrare donchisciottesche, basate com’è sul suo assunto di lunga data che l’umanità abbia bisogno di un “Piano B” nel caso in cui la Terra diventi inabitabile. Ma se tali sforzi avessero successo, la trasformazione sociale che ne deriverebbe sarebbe profonda, forse la più significativa dai tempi della colonizzazione delle Americhe e della rivoluzione industriale. Un’ulteriore estensione del dominio dell’umanità sulla natura comporta ogni sorta di rischi, opportunità e contraddizioni, ma deve essere considerata in una prospettiva storica e non moralistica.Il ritorno di una visione storica così grandiosa, qualunque ne sia la motivazione, implica un’innovazione senza precedenti nei campi della biotecnologia e della robotica; implica forme avanzate di energia nucleare e di intelligenza artificiale . Nelle attuali condizioni, queste saranno utilizzate a beneficio del capitale e per il dominio di uomini, donne e natura. Ma in condizioni diverse, hanno un potenziale incredibile per ampliare la portata della libertà dell’umanità.Il rischio è che il futurismo MAGA, uno dei pochi futurismi popolari oggi, offra poco più di un’altra distopia capitalista in veste utopica. Tuttavia, vale la pena ricordare che, sebbene le fabbriche e le ferrovie del XIX secolo fossero forgiate in condizioni infernali, i socialisti vi vedevano comunque i semi di un futuro migliore. Ciò che viene usato per opprimere e sfruttare in un certo contesto potrebbe, in un altro, essere usato per emancipare e dare potere. Ma questo richiede di credere in un futuro per cui valga la pena lottare.