Politici – servi  e politici – profeti: dal passato al presente attraverso le sfide del mondo attuale_del professor Yari Lepre Marrani

Riceviamo e pubblichiamo_Giuseppe Germinario

Politici – servi  e politici – profeti: dal passato al presente attraverso le sfide del mondo attuale.

 

La Storia dell’umanità ha conosciuto condottieri eccelsi, comandanti sanguinari, politici acuti e lungimiranti, militari ambiziosi ma il prezioso dono di essere, al contempo, depositari delle vicende di una determinata fase storica e profeti – di ventura – capaci di “scrutare” oltre il mondo politico presente assommando su di se potere governativo e intuito mistico è stato raro privilegio di poche personalità. Essere uno Statista non è sinonimo di essere capo del governo di un paese: le difficoltà geopolitiche in cui versa l’Italia e, oltre essa, l’Europa nell’attuale fase storica può, forse, dimostrare che non basta il voto popolare a rendere necessariamente sovrano un popolo se lo stesso vota per “rassegnazione”, senza riconoscere quello spirito profetico – politico in chi elegge. Il corollario del precedente assunto è visibile agli occhi più attenti quando essi osservano, concentrati seppur desolatamente, il nostro periodo storico, il più difficile del secondo dopoguerra, ove la geopolitica non può più eludere la presenza della guerra e della strategia militare nei rapporti tra i popoli. Sottovalutare o eludere definitivamente questo assunto è un omaggio alla falsità civica e, ben oltre, all’attuale situazione internazionale.

L’Italia ha avuto l’ultimo periodo storico di autentica grandezza ed eroica virtù nel Risorgimento ottocentesco: nell’arco di tempo che va dal Congresso di Vienna(11/1814 – 06/1815) al 1873 l’eroismo si è incarnato in personalità che, pur non necessariamente onerate da incarichi politici di prima linea, hanno saputo operare al servizio dell’agognata indipendenza nazionale, con il pensiero laico ma profetico e l’azione politica – Giuseppe Mazzini – o attraverso l’abilità militare vissuta anche come missione(G. Garibaldi). Mazzini incarnò la politica come Religione civile, missione di tutti gli individui e lanciò un messaggio di socialismo riformatore, unione dei popoli europei e necessità irrevocabile di un Azione braccio del Pensiero e veicolo di Progresso dell’Umanità che l’ha reso il “Cristo laico” del Risorgimento italiano. Mazzini ebbe modo di agire come politico e diplomatico durante i sei mesi della gloriosa Repubblica Romana(IX Febbraio 1849 – 4 Luglio 1849) e profeta illuminato, costretto all’esilio e condannato a morte dai Savoia(1833), ma il cui nome rimane a fondamento della nostra Repubblica.

I grandi esempi dell’eroismo politico missionario del passato tornano prepotentemente, come positivi fantasmi, tra i venti di tensione che agitano l’Europa contemporanea ove nulla è più impossibile, nemmeno una terza guerra mondiale che trovi origine proprio a causa della debolezza dell’UE, “inchinata” a quel Tratta del Nord Atlantico che ha nome NATO. La Russia ha mostrato tutta la sua criminale sete di potere giustificando l’aggressione russa all’Ucraina come conclusione di un lungo periodo di turbamento iniziato nel 2014:la questione discussa, reiterata, della possibile entrata dell’ucraina nella Nato come causa  dell’attacco di Putin può essere un meschino alibi che nasconde una volontà russa di squartare l’Europa. Ma quest’ultima non può difendersi militarmente né sostenere potentemente e duramente l’Ucraina sino alla vittoria perché militarmente debole. Gli USA non vogliono un’Europa militarmente forte e compatta, ma debole e politicamente ridotta ad una politica estera “da conigli”. Ecco a cosa servirebbero i politici nuovi che siano anche profeti di ventura ma, se il caso o le contingenze storiche lo richiedono, anche di sventura purchè dalle parole del profeta laico si generi quella fiamma che arda le coscienze civili e sproni ad un capovolgimento dello status quo.

Nel ‘800 l’Italia ha combattuto per la propria Liberta, Indipendenza e Dignità. I risultati, ad avviso dello scrivente, non sono stati i migliori che una simile lotta meritava al suo epilogo: un’Italia repubblicana cioè, che nascesse nel seno del  repubblicanesimo mazziniano e garibaldino.

Oggi il mondo europeo, stretto tra due incudini, ha molti politicanti e pochi statisti-profeti. Lo scrivente è convinto che il cuore del mondo, oggi, sia nell’est europeo dove si giocherà la partita per il futuro: o sarà guerra totale o sarà vittoria del coraggio dei popoli europei nel rafforzarsi con ferreo vigore per diventare una Potenza capace di interfacciarsi con le Superpotenze minatorie che la circondano. E lo spirito dei popoli dovrebbe concretizzare sua sponte il messaggio mazziniano che il genovese lanciò in una sua opera minore, ma ricca di spunti “vaticinatori”. Lo scrivente si riferisce al breve scritto mazziniano “La Santa Alleanza dei Popoli”(1849) ove l’autore riportò per iscritto quanto già voleva per l’ormai defunta Repubblica Romana del triumvirato Mazzini, Saffi, Armellini: una rivoluzione cui a capo ci fossero i popoli, unici depositari laici di ogni periodo storico. “Dopo la Roma degli imperatori, la Roma dei Papi, ci sarà la Roma del Popolo” egli scrisse. Fu proprio nell’opuscolo della Santa Alleanza dei popoli che Mazzini volle idealmente sostituire all’Europa dei Re l’Europa dei popoli.

Oggi non si può più guardare – e non si deve – ad una provinciale idea di “Roma caput mundi” poiché l’Europa delle Patrie non ha futuro e Roma, come tutte le città europee, se semplice nucleo svincolato da un patto sovranazionale europeo, non sarà niente più che un’isolata protagonista della Storia contemporanea. Ma il periodo che viviamo non è poi così dissomigliante dalle lotte di affermazione nazionale che visse l’Italia tra le due date citate, in quel periodo storico che va sotto il nome di Risorgimento. Occorre, però, riportare gli eventuali paragoni a due realtà diverse: da quella nazionale a quella sovranazionale dell’oggi.

Ancoriamoci però a quanto di buono è stato detto dal Mazzini che, fondando il 15 aprile 1834 la Giovine Europa, non mostrò mai un ottuso provincialismo ma ebbe sempre visione europea: quell’Europa di masse “vaste e unite” doveva essere guidata da una Nazione illuminata dai secoli. Quella Nazione era l’Italia a cui il genovese dette un posto, ruolo e missione speciali nella creazione di un’Europa federalista.

La chiusa di questo articolo è dunque chiara: il passato va superato ma non dimenticato, il presente va affrontato con le sfide che esso pone. La guerra è una realtà nata con l’uomo e, nel 2022, ha mostrato che nemmeno nel pieno dell’era atomica essa è stata superata; al contrario la guerra è ancora strumento di sopraffazione dei popoli sui popoli. Alla guerra non si può rispondere che con la guerra ma non è quanto sta avvenendo attualmente nell’Europa dell’Est, ove se l’Ucraina perderà – e non sembra ci siano prospettive contrarie – si avrà la dimostrazione che la sconfitta di questo poverissimo paese dell’Est(il più povero per PIL pro capite) è stata determinata dal prevalere della forza sulla debolezza non solo di un popolo europeo arretrato ma dell’Europa intera. Gli ucraini, nella più funesta delle ipotesi, saranno condannati a una vita da servi. Kharkiv sarà simbolo e spettro della devastazione odierna e i cittadini europei, dietro il fragile scudo dei governanti, saranno condannati ad una “vita da castori” per usare un’altra espressione mazziniana che potrebbe essere facilmente attualizzata e parafrasata in “vita da impauriti”.

Si schiudano quindi le porte del prossimo e lontano futuro a una nuova fase storica che non avrà più il nome di Rinascimento, Risorgimento o Ricostruzione ma Rinascita.

La Rinascita italiana ed europea.

 

Prof. Yari Lepre Marrani

 

Prima, seconda, terza Repubblica. Confrontiamo. Non dimentichiamo_di Yari Lepre Marrani

Riceviamo e pubblichiamo

Prima, seconda, terza Repubblica.

Confrontiamo. Non dimentichiamo.

 

Passione e politica sono un connubio imprescindibile. Un vero uomo politico è quell’ individuo visceralmente appassionato della cosa pubblica per la quale combatte ogni giorno; considera lo Stato un mezzo per migliorare le condizioni dei cittadini non un fine da raggiungere per scopi personali: un uomo che perde e vince ma cerca sempre di lottare per affermare un ideale di progresso collettivo. La politica italiana,nel turbinio degli anni, ha perso un grande valore: quella dignità d’intenti e riforma che rende i suoi rappresentanti figure forti di riferimento, leader e statisti “capaci di governare”. La conseguenza di questa perdita ha mostrato quanto sia fragile l’equilibro tra l’incompetenza e il potere, e pericoloso. Quanto siano labili e sottomessi i politici italiani di oggi è palese, lo riconoscono i cittadini e il popolo disilluso lascia all’astensionismo sempre più alto il suo responso. L’astensionismo diviene un simbolo sociale di un disagio ingravescente di individui che disertano le cabine elettorali in un silenzioso disprezzo.

Grandi ideali,sublimi speranze di riscatto sociale e popolare tradite – si veda la parabola del M5S, il suo percorso, la sua catastrofica caduta, il rinnegamento dei suo nobili obiettivi, le personalità che l’hanno abitato e che lo sfruttano ancora – sono, tra molti altri, i tumori di uno Stato che barcolla nell’instabilità e nell’asservimento a poteri palesi e occulti. In questa sferza di disastri, doppiogiochismi, opportunismi,debolezze possiamo ripensare al passato, agli anni perduti, a protagonisti i cui errori sono stati svelati e legalmente condannati ma dei quali non possiamo negare l’intelligenza e lungimiranza nonchè l’indiscussa capacità di leadership. E torna il nome, amato e esecrato, di Craxi: uomo “totus politicus”, simbolo di un intero decennio di benessere – gli anni ’80 – che lui ha segnato con 2 governi e la cui figura controversa torna alla memoria e al doveroso confronto quando pensiamo (e osserviamo) la politica di oggi, dal berlusconismo in poi. Craxi riemerge come simbolo di una politica concreta, riformista, estremamente attiva il cui presente articolo non vuole delimitare al celeberrimo episodio della base di Sigonella. Se il nome e le idee di Craxi possono tornare alla ribalta nell’oceano di desolazione della politica attuale che tradisce elettori e ripugna astensionisti, non è solo per la differente statura del personaggio e le riforme attivate nei suoi governi ma per un’intuizione politica chiara che il leader socialista ebbe nel settembre 1979 quando lanciò, all’alba del pentapartito, l’idea rimasta inattuata di una Grande Riforma dello Stato non in senso settoriale ma istituzionalmente vasta, coinvolgente tutte le forze politiche, culturali e sociali del paese. Una Grande Riforma costituzionale, istituzionale, amministrativa preludio di un’Era italiana nuova. E fu l’idea più illuminata dell’allora leader nascente del PSI: un’idea di riforma universale che trasformi lo Stato  italiano, ne muti la politica debole, moralmente velenosa, incapace di galvanizzare  i lavoratori italiani in un sigillo di reciproca fiducia tra governanti, politici e uomini del popolo per risollevare uno Stato in perpetua crisi sociale. L’Italia necessita di cambiamenti  profondi, riforme non episodiche ma risolute e migliorative delle condizioni del popolo stesso sempre più rabbioso  con palesi, gravi parentesi di sofferenza sociale la quale finisce per mutarsi, inevitabilmente,in bruttura morale  e stagnazione economica. La figura di Craxi va ricordata non solo per la notte tra il 10 e l’11 ottobre del 1985 ovvero la Crisi di Sigonella: una minuta goccia d’orgoglio in un oceano di asservimento italiano alla “Fedeltà agli Alleati”.

Craxi è morto da latitante e nessuno nega le condanne in giudicato, la corruzione della politica italiana che toccò l’apice tra il 1987 e il 1992. Nessuno nega gli errori finali di un leader che è stato tanto rilevante come statista quanto degradato a “lupo delle tangenti”. Non possiamo tuttavia, se illuminati da onestà intellettuale, negare la sua intelligenza politica.

 

Quella “Grande Riforma” non è mai stata realizzata, neanche lontanamente si è cercato di porne le basi realistiche per una sua concreta realizzazione il cui fine andrebbe ricercato nella riforma profonda e integrale della cosa pubblica. E l’Italia da oltre 40 anni si perde nell’oblio. Di quell’idea Craxi è stato l’artefice nel marasma degli anni che portarono alla progressiva autonomia del PSI e quest’ultimo al governo.

 

Confrontare passato e presente non è solo doveroso: è strumento necessario per valutare e giudicare i cambiamenti e i peggioramenti, le loro genesi, per gettare le basi  a grandi mutamenti, non piccole riforme stagnanti che nascono nel silenzio e per il silenzio sono state concepite. Si cercano “Grandi Riforme” innanzi al mondo che corre, ad un’Italia assopita, frustrata,delusa, ad un’Europa finta e disunita, incapace persino di reagire militarmente forte e compatta al criminale attacco russo.  E Craxi, al netto delle sue colpe ma anche dell’importanza incontestabile dei suoi governi, ha lanciato una visione su cui i suoi successori hanno calato un velo funereo senza accorgersi che con quel velo coprivano l’orgoglio (e il benessere) del popolo italiano per decenni. Craxi ha acceso una fiammella che i suoi successori non hanno voluto trasformare in fuoco riformatore. Eschilo diceva che “la vita è un complesso di felicità e sventura”: Craxi ne è stato un vivo esempio, dagli altari di Palazzo Chigi alla cupa latitanza di Hammamet. Ricordare dunque, confrontare sempre. Mai dimenticare. Diversamente dall’oblio nasce solo altro oblio, dall’ignoranza nuova ignoranza. Dalla censura vendicativa del passato nasce lo sfacelo attuale e aumenta lo scetticismo e la distanza del popolo verso i governanti: i cittadini finiscono per essere sempre illusi e poi traditi dopo ogni tornata elettorale. L’astensionismo è solo un sintomo di un malessere molto più poderoso. Chi ha cercato di contenerlo non ha mantenuto le promesse ma si è dimostrato un vuoto fallimento figlio di opportunismi e profonda ignoranza: il M5S, fondato da un comico e affondato dalla finale sua indifferenza e dall’incapacità dei suoi uomini e donne che ancora occupano molte poltrone nella grande casa della politica.

Dott. Yari Lepre Marrani

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